01 disgrafia e dislessia

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DISTURBI DEL LINGUAGGIO E MANCINISMO 3° ANNO LEZIONE ONLINE n° 1

DISGRAFIA, DISLESSIA E DISCALCULIA Definizione E’ disgrafico ogni bambino la cui qualità di scrittura, dopo la terza elementare circa, appare deficitaria, sempre che non sia dimostrabile alcun deficit neurologico o intellettuale importante che spieghi la deficienza. Si tratta quindi di bambini intellettivamente normali che presentano problemi a causa della loro scrittura poco o nulla leggibile o troppo lenta, che può impedire un normale cammino della scolarità. La dislessia è invece caratterizzata da una difficoltà ad acquisire la lettura in un epoca abitualmente adatta a tale scopo, cioè nei primi anni della scuola elementare. Per dislessia s’intende pertanto una difficoltà duratura dell'apprendimento della lettura in bambini di intelligenza normale, normalmente scolarizzati e indenni da turbe sensoriali e motorie.

DISGRAFIA = DISTURBO NELLA SCRITTURA Descrizione I disturbi della scrittura possono essere suddivisi in disturbi motori e disturbi ideativi. I disturbi motori consistono: a) incapacità di occupare correttamente lo spazio delle lettere, delle parole e delle righe, per cui si avrà come risultato una più o meno grande confusione; b) perseverazione, cioè duplicazione, di alcune lettere;


c) inversione di lettere. I disturbi ideativi hanno a che fare con l’ortografia, poiché vengono aggiunte o tolte lettere oppure viene invertito l’ordine consequenziale. Nella scrittura esistono errori tipici: •

confusione tra grafemi di forma identica orientati diversamente (p-b, d-q);

confusione tra grafemi foneticamente vicini (h-p, f-v);

omissioni di consonanti ("sano" invece di "strano");

omissioni di sillabe ("riso" invece di "riposo");

inversione ("mela" invece di "lame");

aggiunta di consonanti ("stufo" invece di "tufo").

Nel caso della disgrafia le condizioni patologiche di base sono pressappoco le stesse della dislessia, in quanto analoghe sono le capacità richieste per l'acquisizione del linguaggio scritto. Infatti, quando parliamo di scrittura, ci riferiamo non a un semplice esercizio di copia di forme, ma a una riproduzione di segni aventi un significato che esprime graficamente i fonemi della lingua. La scrittura di fatto non deve esser interpretata solo come un "tracciato", una gestualità o un grafismo. Essa richiede, al pari della lettura: •

rappresentazione spazio-temporale corretta che permetta una percezione orientata dello spazio

presenza della dominanza laterale

memorizzazione del segno grafico

capacità e rapidità di analisi nella differenziazione delle lettere

maturità emotivo-affettiva che si traduce in un atteggiamento disteso e privo d'ansia

La scrittura, inoltre, come caratteristica sua peculiare, richiede un grado di sviluppo motorio che consenta: •

postura corretta con atteggiamento generale di distensione;

assenza totale di contrazioni o movimenti anomali che non consentono posizione e movimento corretti della mano;


un controllo motorio fine per muovere e arrestare la mano nei momenti necessari;

Come dice Lurjia, infatti, l'attività della scrittura implica innanzi tutto che «l'individuo in questione sottoponga a un'analisi acustica i suoni che costituiscono la parola ... che il modello sonoro della parola, una volta analizzato, venga nuovamente "cifrato" nei modelli visivi delle lettere... che ogni suono del linguaggio si colleghi strettamente con un determinato modello visivo o grafema... che la strutturazione di ogni fonema nello schema visivo del grafema corrispondente, si realizzi tenendo conto della disposizione spaziale degli elementi che costituiscono il grafema... che si ristrutturi lo schema visivo delle lettere nel sistema cinetico della serie dei movimenti necessari alla scrittura...» Ecco perché una scorretta coordinazione oculo-motoria, accompagnata da difficoltà spaziali e motorie, possa gravemente compromettere le capacità grafiche del bambino. La scrittura, infatti, richiede una ben precisa organizzazione degli atti motori nello spazio, per cui, se il bambino non ha ancora raggiunto uno sviluppo spaziale e cinetico sufficienti, non riuscirà a riprodurre correttamente la forma della lettera, il suo orientamento, confonderà lettere costituite dagli stessi elementi strutturali ma con orientamento diverso; la grafia risulterà irregolare, il tracciato molto spesso, le lettere tenderanno ad uscire dalle righe, per cui si renderà necessario segnare chiaramente limiti e contorni, onde favorire una percezione più corretta dei rapporti spaziali.

Elementi da considerare: • lo sviluppo motorio • la dominanza laterale • l’organizzazione spaziale • il livello di ortografia • l’adattamento emotivo-affettivo


Sindromi disgrafiche differenti: I.

i malati, caratterizzati da una ricerca di controllo che, di fatto, costituisce più una tensione che non un controllo efficace;

II.

bambini con grafia rallentata: si presenta irregolare, ma non troppo;

III.

gli impulsivi che presentano una scrittura impulsiva e poco controllata. La forma delle lettere è sparita e l’organizzazione della pagina è molto scadente;

IV.

gli inetti con una scrittura essenzialmente goffa e cui la riproduzione pone un reale problema di esecuzione (peggiore qualità motoria);

V.

i lenti e precisi che si caratterizzano per la ricerca di precisione e di controllo, insieme ad una notevole lentezza.

Disortografia La scarsa capacità d'integrazione visu-motoria facilita d'altro canto l'instaurarsi quasi contemporaneo di disortografie, anche se studi recenti sarebbero propensi a considerare la disortografia come conseguenza diretta della dislessia, piuttosto che individuarne la cause solo in disturbi di natura grafo-motoria. Come scrive Olivaux, infatti, «essa denuncia, in molti casi, più un atto mancato, che una difficoltà di rappresentazione o di trascrizione di simbolo, spesso conseguenza di una dislessia o di un difetto di organizzazione individuale. Più che a un disturbo di linguaggio vero e proprio possiamo trovarci spesso di fronte a disturbi affettivi, che producono poi difficoltà ortografiche». In effetti, si assiste molto spesso a una coesistenza dei due disturbi (disgrafia e disortografia), per cui a volte l'intervento correttivo sull'uno porta alla contemporanea scomparsa dell'altra. Il superamento della disortografia libera la scrittura e la correzione della disgrafia spesso diminuisce o elimina il rischio di errori ortografici, in quanto, favorendo un maggior controllo, attenzione e sicurezza, si creano le condizioni ideali per una scrittura corretta.


DISLESSIA = DISTURBO NELLA LETTURA Descrizione I disturbi della lettura possono essere fatti risalire alla tecnica di apprendimento della lettura, anche se i difetti non possono esser fatti risalire solo ad errori pedagogici. Si notano: a) confusione di grafemi la cui corrispondenza fonetica è vicina (ad esempio a per an, s per ch oppure u per ou) oppure la cui forma è simile (ad esempio p per q, d per b) b) inversione di grafemi (ad esempio or per ro, cri per cir) c) omissione di lettere (ad esempio ba per bar, arbe per arbre) d) aggiunte di lettere (ad esempio Aa per A) e) sostituzioni di lettere. A livello della frase, esiste una difficoltà ad impadronirsi del ritmo e delle pause.

C’è dislessia quando un bambino di terza elementare ha delle difficoltà di apprendimento in lettura e scrittura. Esistono test lessimetrici (che calcolano l’efficienza nella lettura) tarati e capaci di quantizzare la dislessia, ma un ascolto attento può permettere di individuare tale disturbo: •

la lettura del dislessico è disseminata di incidenti di percorso;

il ritmo è esitante, irregolare;

il flusso è per sillabe e tende a ignorare la punteggiatura;

l'intonazione manca oppure non è correlata al senso della parola o della frase;

lo sguardo può percorrere lo scritto nelle due direzioni, per cui può legge "roma" invece di "amor", “viene" invece di "neve";

può essere attratto da una lettera o gruppo di lettere e poi organizzare le altre lettere della parola intorno a questo polo di attrazione in una sorta di anagramma familiare e personalizzato, per cui "caldo" diventa "dolce", "danzare" diventa "zanzara";

può associare termini per contaminazione di significato in parole che si


somigliano e leggere "splendido" invece di "stupendo", "canto" invece di "cento". Il livello di comprensione del significato di ciò che viene letto è debole, ma è anche possibile trovare dislessici che interpretano correttamente il senso del brano, pur leggendo molto male, poiché suppliscono all'imperfezione della decodificazione con una sorta d’intuizione semantica.

Diventando adolescente, il dislessico finirà per leggere più o meno correttamente, ma non gli piacerà mai leggere e la lentezza e la mancanza di intonazione dimostreranno sempre che gli automatismi della lettura non sono mai stati acquisiti. Sul piano della scrittura continuerà a fare molti errori di ortografia e di sintassi e per lui anche copiare un testo resterà sempre un’operazione lenta e densa di errori.

Elementi associati da considerare • il ritardo del linguaggio • alterazioni della lateralizzazione • il mancinismo • alterazioni nell’organizzazione visu-spaziale

La lateralizzazione Lateralizzazione è il processo di affermazione della lateralità, che, a sua volta, è l'affermazione della dominanza laterale. Il problema della lateralizzazione sinistra costituisce nella ricerca evolutiva un problema di complessa soluzione relativamente sia alle cause sia alle conseguenze. Ci si pone, ad esempio, la questione su qual è la reale incidenza sulle abilità cognitive e sulla personalità, o se davvero la lateralità diversa dalla destra è connessa alla dislessia o a difficoltà di apprendimento; se, infine, è opportuno intervenire per modificare la lateralità. C’è molta discordanza d’opinioni su questi argomenti. E’ necessario distinguere una lateralità manuale da una complessiva, che coinvolge anche piede, occhio e orecchio. Quanto alle tecniche diagnostiche, occorre distinguere tra questionari che


chiedono al soggetto stesso di riferire circa la propria preferenza laterale e osservazione diretta del comportamento a seguito di particolari situazioni-stimolo. Esiste un rapporto tra lateralizzazione e abilità cognitive. La valutazione della lateralità viene in genere compiuta mediante una serie di prove che riguardano le quattro modalità (mano, piede, occhio, orecchio) dalle quali è possibile desumere un indice quantitativo di lateralizzazione. Parallelamente possono essere somministrate prove psicometriche riguardanti l’orientamento destra-sinistra, la attenzione-concentrazione, la percezione, la memoria visumotoria, la memoria verbale, la capacità semantica e la comprensione linguistica. I soggetti decisamente lateralizzati non mostrano prestazioni migliori nelle prove cognitive e nel profitto rispetto a quelli ‘misti’ o con la lateralità ‘incerta’, cioè discordante nelle diverse modalità. Nei soggetti con ritardo mentale la percentuale di soggetti decisamente lateralizzata a sinistra incrementa rispetto ai normali, con riferimento soprattutto ai maschi e alla lateralità manuale: quasi un terzo dei ragazzi con ritardo usa decisamente la mano sinistra, mentre la percentuale si attesta intorno all’8% considerando la lateralità complessiva. La lateralità mista o incerta appare nei soggetti normali caratteristica evolutiva non specificamente collegata a deficit nelle aree cognitive e di apprendimento.

Fattori eziologici 1. fattori genetici 2. sofferenza cerebrale 3. alterazioni percettive, compresi i difetti di vista 4. equilibrio psicoaffettivo 5. ambiente socioculturale, abitualmente basso o mediocre 6. ambiente pedagogico, cioè relativo al metodo globale di apprendimento

Che cosa non è la dislessia Questa è una definizione prevalentemente in negativo. Essa esclude che si possa


parlare di dislessia quando la difficoltà di apprendimento in lettura sia •

sintomo di paralisi cerebrale,

sindrome da deficit dell'attenzione,

deficit sensoriale visivo,

deficit sensoriale uditivo,

insufficienza mentale,

scolarità irregolare con frequenti cambiamenti di scuola o di insegnanti e/o assenze ripetute e prolungate,

rifiuto e/o fobia scolare,

situazione di svantaggio sociale e quindi anche culturale,

difficoltà iniziale e transitoria, imputabile a una "immaturità" intellettuale o affettiva del bambino oppure a un ritmo di apprendimento troppo rapido o inadatto per quel bambino.

Generalmente si conviene che una difficoltà di lettura è duratura quando persiste ancora in terza elementare. In teoria la dislessia è una difficoltà selettiva in lettura o scrittura, ossia non è accompagnata da difficoltà in altre materie scolari e da disturbi del comportamento a scuola. In realtà, poiché la lettura e la scrittura pongono le basi per gli altri apprendimenti scolari, un bambino che legge o scrive male presenta facilmente difficoltà anche in altre materie; inoltre in questo bambino, spesso, il senso di inferiorità e di frustrazione di fronte all’insuccesso provocano delle turbe del comportamento di tipo reattivo, talora aggravate dall'incomprensione e dal rifiuto da parte dell'ambiente sia scolastico sia familiare.

La dislessia di origine funzionale Il dislessico è un soggetto in cui, per ragioni oggi ancora sconosciute, sono colpite le funzioni neurologiche più integrate e complesse, ed è solo l'esecuzione di compiti integrati e complessi, come l'apprendimento della lettura e della scrittura, che può rilevare l'esistenza di queste alterazioni. La lettura consiste in un’attività complessa, tale cioè da richiedere funzionalmente


la partecipazione di diverse parti del cervello e che consiste nell'utilizzazione di un codice grafico o visivo, in una sua traduzione in un codice fonetico o uditivo e in un atto linguistico conseguente silente o espresso. La scrittura viceversa implica l'utilizzazione e traduzione di un codice fonetico uditivo in un codice grafico visivo attraverso un atto motorio. In sintesi lettura e scrittura sono esercizi che richiedono il funzionamento integrato dell'analizzatore visivo e dell'analizzatore uditivo. Nei bambini dislessici non esistono differenze significative rispetto ai non dislessici relativamente alle funzioni neuromotorie e del quoziente intellettivo. Esistono invece differenze significative per tutte le prove riguardanti l'analizzatore visivo e quello uditivo. Le prove alterate in tutti i bambini dislessici esaminati, e che quindi operativamente si possono suggerire per tipizzarli, si possono ridurre alle seguenti: 1. copia e memoria della figura di Rey (analizzatore visivo), 2. analisi e fusione dei suoni, 3. ripetizione di cifre, 4. prova di Head (analizzatore uditivo).

L’analisi e quindi anche la diagnosi di dislessia va fatta da personale idoneo, qualificato e competente.

Per quanto riguarda le terapie della dislessia, della disortografia e della discalculia esse sono possibili, ma con esito incerto. Sostiene Yule, un ricercatore americano, a questo proposito: «Il bambino con difficoltà di lettura deve esercitarsi nella lettura piuttosto che fare psicomotricità, drammatizzazione, musica o altre cose simili di importanza probabilmente irrilevante...». Questa è la prima cosa da fare; infatti, le difficoltà del bambino dislessico sono accentuate dalle condizioni ambientali che si vengono man mano a crearsi attorno a lui: ha difficoltà ad acquisire la lettura, ma non viene incoraggiato, si sente escluso dal resto della classe e aumenta il livello di frustrazione. Così impara a odiare la


lettura, legge sempre meno e le difficoltà aumentano invece di diminuire. Per prima cosa deve perciò trovare a casa e a scuola chi lo incoraggia a leggere, magari le cose che più lo appassionano. Occorre pertanto: 1. operare innanzi tutto una diagnosi differenziale, con strumenti semplici e noti da un lato (anamnesi, esame neurologico classico, esame della vista e dell'udito) e tecnici e specifici dall'altro lato (prove operatorie di Piaget, figura di Rey, prova di Head, ripetizione di cifre, analisi e fusione dei suoni); 2. controindicare ogni terapia individuale o richiesta di un’insegnante di sostegno; 3. programmare con la scuola e la famiglia un piano di rieducazione pedagogica che contenga strategie ispirate al rispetto di tale disagio; 4. verifica dei risultati man mano raggiunti.

LA DISCALCULIA I casi di discalculia in media si presentano meno di frequente nella popolazione scolastica rispetto alle disgrafie o dislessia, poiché i principi che stanno alla base della lettura delle cifre e dei numeri appaiono più semplici. Infatti, non solo le cifre sono in numero limitato (dieci), ma la loro combinazione risulta assai più facile, in quanto nel calcolo il bambino si limita ad allineare dei segni con significato unico e preciso, mentre davanti alla frase da leggere, l'impossibilità di passare al livello simbolico, compromette totalmente la comprensione del testo. E’ chiaro che anche nel caso dei numeri è necessario stabilire una corrispondenza tra quantità, simbolo ed espressione grafica, anche se si tratta di un processo più semplice. La copia di numeri richiede inoltre tutte quelle capacità già messe in rilievo parlando della lettura e della scrittura quali: 1. percezione visiva della forma, 2. memoria evocativa del simbolo corrispondente, 3. espressione grafica corretta, 4. rappresentazione spazio-temporale,


5. simbolizzazione della quantità attraverso il numero ecc. Nel caso delle quattro operazioni inoltre accanto alle capacità sopra elencate, è necessario che il bambino abbia raggiunto un notevole grado di capacità d'astrazione, in modo da comprendere l'operazione non come meccanismo automatico di svolgimento, ma come rappresentazione interiorizzata di azioni reali. Nell'apprendimento di ciò che è matematico, il passaggio dall'aspetto figurativo a quello operativo diviene fondamentale: la possibilità d'anticitazione, come la definisce Piaget, fa sì che il bambino trasformi la pura e semplice azione materiale in rappresentazione mentale. E tale capacità diventa indispensabile anche quando si voglia impostare un'operazione aritmetica elementare come un'addizione. D'altro canto si verificano casi in cui una certa difficoltà a livello logico-matematico, accompagnata da un'insufficienza scolastica nel calcolo, non si ritrova in altri settori del ragionamento. Studi recenti hanno dimostrato come ragazzi con difficoltà in matematica si trovassero per certe operazioni a livello operatorio concreto mentre per altre a livello formale. Tali anomalie, definite come "disarmonie cognitive", hanno dato l'avvio a numerose ricerche sperimentali nell'ambito delle discalculie. Da tali ricerche è emersa la possibilità di individuare tre tipi diversi di discalculia: 1. La prima (DISCALCULIA DISPRASSICA), presente in bambini con difficoltà motorie o disturbi accentuati nello schema corporeo, si evidenzia attraverso un grave ritardo nell'acquisizione della nozione di conservazione delle quantità fisiche, mentre appare integra la capacità di ragionare su ipotesi astratte e utilizzare leggi. 2. Le seconde (DISCALCULIA DISGNOSTICA) riguardano soprattutto quei bambini che già presentano gravi difficoltà nell'apprendimento della lettura. In loro è presente una certa difficoltà di memorizzazione delle cifre e delle tabelline; la rappresentazione scritta di numeri e operazioni appare compromessa; possiedono una capacità di simbolizzazione molto modesta, accompagnata da una notevole difficoltà nel riconoscere ritmi e sequenze temporali.


3. La terza (DISCALCULIA DISCRONICA) si manifesta invece nei cosiddetti bambini "instabili". Si tratta di soggetti il cui pensiero appare sincretico e intuitivo: sono incapaci di compiere operazioni di seriazione e classificazione in quanto sono incapaci di collocare i fatti nel tempo; ignorano il nome dei giorni, delle settimane, dei mesi; il tempo ha un significato assolutamente arbitrario e individuale; nel rapporto con l'altro si dimostrano incapaci di relazioni stabili.

La conoscenza e l'approfondimento del tipo di discalculia (disprassica, disgnostica, discronica) permetterà ovviamente all'insegnante di impostare un programma d'intervento rieducativo opportuno ed efficace. Disgrafie, dislessie, discalculie presentano quindi pur nella loro specifica fenomenologia degli elementi comuni. Affinché il bambino inizi la scuola elementare con le maggiori garanzie di riuscita dal punto di vista della lettura, scrittura e del calcolo, egli dovrà aver raggiunto una maturità affettiva e psicomotoria tale da consentire: •

Un atteggiamento generale di distensione e serenità interiori;

Una corretta capacità di rappresentazione visu-spaziale e orientamento spaziotemporale;

L’integrità della percezione visiva e uditiva;

Capacità di memorizzazione;

Abilità nella simbolizzazione in modo tale da poter creare un'immediata corrispondenza tra significante e significato;

Un’intelligenza generale.


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