01 meccanismi di difesa

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PSICANALISI 3° ANNO LEZIONE ONLINE n° 1

I MECCANISMI DI DIFESA Sappiamo che, a difesa dell'integrità della persona, l'Io, interagendo col SuperIo, e con l’Es ponga in essere meccanismi di difesa. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta e come agiscono. Per meccanismo di difesa s'intende un'attività psichica automatica e non sempre conscia, mediante la quale si tenta di escludere dalla consapevolezza un impulso che altrimenti creerebbe angoscia o sensi di colpa.

Anche in questo caso ci serviamo, a scopo esclusivamente didattico, di una rappresentazione grafica nella quale sono riprodotte le strutture della personalità nell’ottica dei meccanismi di difesa. La freccia nera sta a rappresentare la pulsione che nasce e cresce nell'Es, per tentare poi l'avventura verso il conscio, verso l'IO.

Il primo ostacolo che deve affrontare è il giudizio critico da parte del Super-Io che le conosce, le analizza, le giudica, le seleziona e, soprattutto, che permette o meno l'avanzata verso la coscienza.

Secondo ostacolo, direttamente dipendente dal Super-Io, sono appunto i meccanismi di difesa che intervengono ogniqualvolta la pulsione scatena, o rischia di scatenare, sofferenza sotto forma di angoscia.


Essi potrebbero essere definiti valvole di sicurezza, fusibili della personalità, salva-vita che stanno a protezione e a garanzia dell'integrità dell'individuo. Essi sono la risposta automatica all'angoscia di cui disattivano il meccanismo intrinseco: essi limitano la componente emotiva e rendono più tollerabile la realtà psichica conflittuale. I meccanismi di difesa devono essere vissuti come anticorpi che permettono una protezione a servizio dell’Io mentre diventano agenti patogeni quando alienano il nostro percorso di crescita. Nessuno di noi è esente dall’utilizzarli ed essi hanno la funzione di aiuto preventivo per i momenti di pericolo. Sono come difese immunitarie che ci proteggono dalle “intemperie psichiche” rischiose e violente che potrebbero, se non adeguatamente controllate, danneggiare il nostro equilibrio interiore. Potremmo paragonarli a una sorta di “vaccino protettivo” che può essere utilizzato quando l’influenza emotiva attacca la sfera personale, cioè quando l’Io è incapace di controllare situazioni, persone e decisioni che fanno traballare e mettono in agitazione il mondo delle nostre emozioni. I meccanismi di difesa sono quindi a servizio del nostro equilibrio fisico e psichico fino a che la loro funzione è quella di “parare”, proteggere e nel contempo attivare il sistema immunitario mentale. Va però detto che questi meccanismi possono diventare essi stessi agenti patogeni quando si tramutano in strumenti inadeguati o vengono utilizzati per alienare il nostro Io e inserire una frattura nella comunicazione, mettendo in serio pericolo il percorso della nostra crescita e autorealizzazione.


Freud ha speso parte della sua vita a studiare tutti i processi che avvengono all’interno della personalità. Tra questi egli ha identificato il processo di nascita e realizzazione dei meccanismi di difesa. Prima però di conoscere singolarmente i meccanismi di difesa, va sottolineato come non si stia parlando di patologia e non bisogna pensare che essi vengano usati solo da persone disturbate psichicamente; anzi si potrebbe dire che essi sono alla base del comportamento normale e, a volte, è proprio la loro totale assenza protettiva a qualificare un atteggiamento patologico.

I M.D.D. vengono usati ogni qualvolta venga ritenuto necessario impedire ad un impulso inaccettabile di salire a livello di coscienza. Ciò che distingue il meccanismo di un sano da quello di un ammalato non è il tipo in sé, bensì l'uso che se ne fa. Normalmente un M.D.D.: - è di applicazione relativamente breve (ore, giorni) e non continuativo; - ha un potere fortemente adattivo, per cui permette una buona socializzazione ed un valido contatto con la realtà. - può essere riconosciuto anche dal soggetto, per cui può essere verificato e , eventualmente, modificato; - è autolimitato, nel senso che, una volta esaurito il suo compito, si annulla o tende a sparire; - riguarda solo aree limitate della psiche e non interferisce sulle funzioni più importanti.

Mi preme far notare come Freud considerasse i meccanismi di difesa come ausilio delle personalità; essi sono delle difese immunitarie contro lo stato primitivo dell’individuo. Essi sono mobilitati a intervenire in funzione dell’integrità dell’Io. Diventano meccanismi inadeguati quando non permettono all’Io la produttività dei talenti e delle risorse; allora l’individuo comincia a mostrare dei disagi. La grafia ne è un esempio: non c’è grafia al mondo, per quanto armonica essa sia, che non sottenda dei meccanismi auto-protettivi.


TIPI DI MECCANISMI In questa sede ci limiteremo ad analizzarne alcuni tra i più comuni e tra i più facilmente individuabili attraverso lo studio della scrittura.

RIMOZIONE: respingere nell’inconscio contenuti e ricordi che provocano eccessivo allarme. Con tale meccanismo si rimuove tutto ciò che può creare della sofferenza o che non viene accettato dal soggetto, come la repulsione, l’odio, la gelosia ecc.; in tal caso l’Io cerca di cancellare tali pulsioni dalla sua coscienza. Quindi l’Io opera una specie di inibizione degli impulsi o di una esperienza dolorosa che viene dal soggetto cacciato dalla memoria e posta nell’inconscio. Per mettere in atto un meccanismo di difesa si spende sempre e comunque una parte più o meno cospicua di energia vitale che serve non solo per iniziare il processo, ma pure per mantenerlo. E' un po' come la batteria di un'automobile che è indispensabile per accenderla, e per intraprendere un percorso, ma che deve funzionare correttamente anche durante la marcia. Questa energia è investita e non può essere utilizzata per altri scopi. E' come se l'individuo fosse concentrato su una cosa pur senza esserne consapevole. Anzi, proprio perché c'è in atto un meccanismo di difesa, che sta rimuovendo, egli giustamente negherà. Quando poi la rimozione dovesse cedere, si riformerebbe un conflitto e crescerebbe l'angoscia. Subito il soggetto si renderebbe conto che qualcosa non va e di nuovo automaticamente porrebbe in atto delle nuove difese più resistenti.

Tutti possiamo osservare la rimozione in alcune situazioni normali: nelle amnesie, quando cioè non ricordiamo qualcosa, anche se ci viene suggerito il ricordo; nelle dimenticanze sintomatiche quando riusciamo a ricordare solo se ci viene rammentato il ricordo; nei lapsus linguae e lapsus calami, cioè in quegli errori automatici che nascondono un significato recondito.


Tutte queste situazioni possono, se contenute come frequenza ed importanza, rientrare nella normalità. Non vi rientrano quando sono talmente frequenti da occupare gran parte della vita dell'individuo o quando vanno a toccare sfere che hanno avuto o hanno importanza nel determinare un conflitto.

LA RIMOZIONE DALLA SCRITTURA Non c'è il segno tipico della rimozione, ma esiste una costellazione di segni che possono lasciare trasparire come è avvenuto o utilizzato tale meccanismo. Se è vero che per trattenere le pulsioni spiacevoli dobbiamo impiegare delle forze, i segni grafologici che evidenziano tale caratteristica sono: - la pressione leggera, che è espressione del dispendio di energie mobilitate per rimuovere e tenere a bada l’ansia; - allunghi rattrappiti nelle parti inferiori delle lettere. L'impulso è trattenuto e rimosso, per cui non viene espresso come prolungamento nella zone sottostante il rigo, che rappresenta l'Es. - inceppamenti e tremolii dello scritto che sono un generico segnale di malessere inconscio legato allo sforzo e alla tensione per mantenere operativa la rimozione.

ESEMPIO con dominanza zona centrale

PROIEZIONE: disconoscere aspetti negativi della propria personalità e conferirli ad altri. Indica pertanto l'attribuzione automatica e inconscia dei propri atteggiamenti e impulsi inaccettabili ad un certo agente esterno che è solitamente rappresentato da una o più persone.

Tale meccanismo viene utilizzato quando il soggetto non riconosce i propri conflitti interni di ostilità o di biasimo e quindi essi vengono attribuiti ad altri. Per esempio i sentimenti di collera possono essere attribuiti ad un’altra persona che è totalmente estranea oppure il desiderio sessuale verso una persona viene assegnato alla stessa come se fosse proprio lei a volerlo sedurre.


Nella proiezione viene allontanato e proiettato su un'altra persona l'intera realtà angosciate e non il solo impulso. Nel comportamento normale la proiezione ha origine dalla naturale tendenza del bambino piccolo di attribuire ciò che è male agli altri e ciò che è bene a se stesso. Il famoso "compagno immaginario" altro non è che il primo e principale frutto di proiezione: egli è il colpevole di ogni malefatta, l'oggetto di punizione e di vendetta, il compagno di ogni sventura. Il bimbo, per giunta, è indotto dal suo egocentrismo a pensare che chiunque può tranquillamente accettare una simile fantasia e non ci sarà alcun bisogno di dare troppe spiegazioni. Sarà quindi anche sollevato dall'impegno di ulteriori razionalizzazioni. Crescendo, l'individuo tenderà a perpetuare tale illusione e capita spesso di trovare spunti proiettivi anche in persone adulte del tutto normali. (disattenzione nel parcheggiare l’auto = “maledetto marciapiedi!”). Nell'adolescenza la proiezione assume tonalità intense. Nel suo egoismo l'individuo si lamenta della poca comprensione da parte degli altri, senza accorgersi che così facendo attribuisce loro una caratteristica che è invece propriamente sua. Allo stesso modo la crudeltà dell'adolescente nei confronti del compagno che presenta tratti effeminati altro non è che proiezione di un tormento della propria non completa maturità fisica. La permanenza di tale meccanismo di difesa in modo frequente e intenso nell'adulto è un indice piuttosto sicuro di patologia psichica. Lo stesso bullismo è una proiezione di una personalità carente che necessita di aiuto per proiettare la propria superiorità sull’altro.

LA PROIEZIONE DALLA SCRITTURA Non è sempre possibile individuare dalla sola scrittura la presenza del meccanismo proiettivo, che è uno dei più complessi meccanismi. Come indicazione segnaliamo alcuni segni pilota che, all'interno di un complesso grafico, potrebbero essere segnale di questo meccanismo. - parallelismo degli assi laterali, che dà luogo ad una scrittura rigida, sinonimo di dogmatismo e intransigenza, legati entrambi all'introiezione di modelli fortemente rigidi;


- forte inclinazione verso destra della scrittura, a significare un atteggiamento moralistico e censurante: se non è possibile avere l’altro in modo lineare e trasparente, meglio distruggerlo; - eccesso di cura della scrittura, che produce un grafismo lezioso, accurato e controllato, espressione di un'attenzione particolare all'esteriorità, al bisogno di sentirsi accettati e, qualora ciò non avvenisse, al discredito e al pettegolezzo distruttivo e pregiudiziale.

ESEMPIO con pendente e …accurata

FORMAZIONE REATTIVA: sostituire un impulso angosciante col suo opposto. Essa provoca atteggiamenti, comportamenti e sentimenti automatici ed inconsciamente motivati che sono esattamente l'opposto delle pulsioni inaccettabili che hanno scatenato il meccanismo stesso.

L’impulso che produce angoscia viene sostituito con il suo esatto opposto nella coscienza. Ad esempio, una persona che prova spavento per i propri impulsi sessuali finisce per mascherare gli stessi diventando oltremodo moralista e portabandiera di una crociata per la difesa dei costumi. Oppure sentimenti inaccettabili di odio vengono trasformati in compassione e amabilità esterna. Per E. Fromm tale impulso ostile è una reazione all’angoscia; “l’individuo impaurito è ostile, a meno che non sia talmente impaurito e impotente da vedersi costretto a rimuovere la propria ostilità”. Ed è proprio questo che porta il soggetto a vivere comportamenti ambivalenti. E' un meccanismo a controcorrente: l'aggressività diventa gentilezza; il sadismo diventa masochismo; l'attività passività e l'accumulo sperpero. Tali attività sono anomale perché mantengono delle caratteristiche a loro estranee, cioè che non apparterrebbero loro se fossero vissuti spontaneamente: la gentilezza non è genuina, il masochismo non è vero... La formazione reattiva è un meccanismo di sostegno per la rimozione ed entra in azione quando questa perde in efficacia. Essa possiede quasi sempre delle caratteristiche che appartengono all'impulso da rimuovere. Ad esempio


l’atteggiamento gentile come risposta a impulsi di ostilità sarà rigido e inflessibile e quindi inappropriato alla qualità "gentilezza". La reattività maligna, che Fromm definisce “ostilità necrofila”, avrà quindi delle componenti sadiche, tiranniche, coercitive e sottilmente dissimulate dall’ironia sarcastica; essa nasconde il bisogno inconscio di distruggere l’oggetto, un atteggiamento che può persino minare l’equilibrio del soggetto. Cambiare il meccanismo di difesa posto in atto in prima battuta è senza dubbio più facile perché la persona può risolvere la collera in un tempo ragionevole; ma il meccanismo posto in essere in seconda battuta, cioè la reattività maligna, diventa più difficile da risolvere perché nel frattempo si è instaurato in lui una mania di persecuzione difficile da sconfiggere.

LA FORMAZIONE REATTIVA DALLA SCRITTUA Prescindendo dal fatto che ogni meccanismo di difesa è collegato ad altri e che non esiste, all'interno di ognuno dei meccanismi, un atteggiamento puro e ben delineato, ma che tutti partecipano alla rimozione, possiamo tentare un'analogia grafologica sapendo che non può esistere un segno solo che possa definire un sintomo, un atto o un impulso, ma tutti i segni si collegano tra loro. La formazione reattiva benigna può essere colta da: Grafia rotonda e grande: il soggetto copre l’aggressività con la gentilezza e la disponibilità. Grafia rovesciata verso sinistra: indica un’ostilità vero il mondo femminile sia che appartenga a un maschio o a una femmina. Il primo perché si sente posseduto dalla femmina, la seconda perché si sente posposta; tuttavia il loro atteggiamento esteriore sarà fatto di comprensione e di cordialità.

Campione di grafia positiva (Ilaria Montebelluna)

Formazione reattiva maligna Quando alla base c’è un forte rancore e un bisogno di distruzione sia di sé che dell’altro, siamo di fronte ad una patologia ossia nel non controllo dell'impulso, per cui il soggetto lascerà libera la propria pulsione reattiva: saranno l'intensità


e l'insieme dei segni a darci un metro per distinguere se il meccanismo viene utilizzato dall’Io a detrimento dello stesso.

RAZIONALIZZAZIONE: Rendere qualcosa più accettabile attribuendovi ragioni più plausibili. E’ un atto inconscio e involontario con il quale si danno spiegazioni logiche e ragionevoli di un comportamento irrazionale; tale comportamento irrazionale è il risultato di impulsi inaccettabili o delle difese utilizzate per fronteggiare tali impulsi.

Un marito che ha perso interesse affettivo verso la moglie invocherà pretesti, quale un superlavoro in ufficio, per tenersi lontano da casa e quindi anche dalla consorte. Questo tipo di comportamento gli serve per giustificare la lontananza affettiva e per cacciare dalla consapevolezza il senso di colpa. Spesso la razionalizzazione viene usata come seconda o terza linea di difesa, dopo aver utilizzato altri meccanismi. Si tratta di un dispositivo molto comune e apparentemente innocuo, se non fosse che, servendosi della dissimulazione, finisce per far più male agli altri che all'individuo stesso, soprattutto in quelle situazioni in cui il soggetto si trovi in posizione di comando o quantomeno di influenza. E' infatti piuttosto frequente che persone “dipendenti” subiscano ed accettino come autentiche le spiegazioni che tali individui apportano per giustificare un loro comportamento altrimenti inaccettabile. Chi usa la razionalizzazione di solito raffredda tutto il mondo delle emozioni e l'espressione esterna, assumendo atteggiamenti rigidi, tentando di spiegare ogni cosa con la ragione, chiudendo la porta al sentimento. Colui che razionalizza esclude dalla sua vita gli elementi sentimentali, intuitivi e sensoriali, avvalendosi dei puri elementi intellettivi che non si fondano sul raziocino, ma sulla pietrificazione e su una logica stereotipa. Non è più il soggetto che gestisce gli ingredienti, che li coordina in modo armonico, affinché l'uno non prevalga sull'altro, poiché egli utilizza tale difesa a suo favore giustificando ogni sua azione.


La razionalizzazione dalla scrittura I segni che la caratterizzano sono: scrittura rigida, che esprime una difesa ad oltranza dei propri principi - parallelismo degli assi delle lettere, con aste rette; atteggiamento mentale improntato sull'intransigenza del pensiero e sulla logica stereotipata; - andamento dritto del rigo senza nessun ondeggiamento: forte attenzione normativa per fare in modo che esteriormente tutto sia in perfetto ordine e nulla sia criticabile. Ecco perché la scrittura appare oltremodo curata nel gesto, tanto da sembrare a volte stampata; - intrecci e sovrapposizioni tra lettere e/o tra righe che invadono spazi a loro non appartenenti. Simbolicamente essa rivela la stessa dinamica comportamentale: la ragione invade e disturba il sentimento, soffocandolo e impedendogli una manifestazione libera; - le parti superiori delle lettere allungate sono abbondanti, a rappresentare una predilezione dello scrivente per la zona alta, simbolo di un idealismo difficile da raggiungere, che potrebbe sfociare in una “collera sociale”.

ESEMPIO grafia rigida

SUBLIMAZIONE: iperattività per raggiungere mete altruistiche e culturali. Rinuncia della soddisfazione immediata dei propri impulsi istintivi legati al principio del piacere per utilizzare le proprie forze istintive verso mete più alte

E’ l’espressione di un impulso socialmente inaccettabile attraverso vie accettabili. Essa consiste in un orientamento dell’impulso da un oggetto che necessita una immediata gratificazione, ad un altro di carattere sociale sicuramente più accettato. Diventare un’artista o attore permette al soggetto di trasferire i propri impulsi in un mondo creativo che potrà creare dell’inquietudine, della tensione, dello scarso appagamento, ma la propria soddisfazione sarà maggiore poiché


l’energia o libido viene impiegata per raggiungere mete socialmente valorizzanti il proprio Ego. Il soggetto avrà così frenato o controllato la necessità di appagamento immediato, ma ciò può costargli un forte dispendio di energie che può paradossalmente portarlo, come avviene per certi artisti, ad una attività frenetica.

ESEMPIO con pressione spostata

RIVOLGIMENTO CONTRO IL SE': processo automatico e inconscio con cui una persona devia l'aggressività ostile, originariamente diretta verso un individuo, indirizzandola contro di sé.

Così facendo rende irriconoscibile, almeno alla propria coscienza, l'oggetto della propria aggressività e con esso l'emozione legata all'ostilità. Il rivolgimento contro il sé induce la persona in questione a ferirsi fisicamente o a nuocere moralmente, socialmente, o anche finanziariamente. Esempi di rivolgimento contro il Sé sono le forme gravi di onicofagia (rosicchiarsi le unghie o le 'pellicine' fino a farle sanguinare), le autolesioni e la facilità agli incidenti. Questo meccanismo di difesa è la risultante di una difficile o impossibile espressione di aggressività nei confronti di un oggetto esterno dovuta a vera e propria impotenza (come nel caso del lattante che piange, si dibatte, si morde, si graffia...) o all'incapacità di risolvere altrimenti una tensione interiore dovuta ad un impulso inconscio inaccettabile. Il rivolgimento contro il Sé presuppone quindi un'aggressività o un'ostilità nei confronti di qualcuno. Tale aggressività peraltro presuppone a sua volta una causa in qualche modo legata alla persona oggetto di ostilità.


Con tale meccanismo si diventa soggetto e oggetto insieme di quel processo. Si potrebbe dire che con esso si crea una situazione che ricorda il conflitto, ma che esclude da tale conflitto la persona odiata. Questo meccanismo è normale nel bambino che batte violentemente i piedi o si picchia in testa quando fa i capricci. E' normale nell'adulto quando, in momenti di particolare tensione o frustrazione, presenta sfoghi di aggressività contro se stesso, come quando batte la testa con la mano, oppure batte il pugno sul tavolo con tale violenza da prodursi dolore.

Il rivolgimento contro il sé dalla scrittura Sono molti i segni che possono indicare autoaggressività. Ci limitiamo a citarne alcuni, che non devono necessariamente essere tutti presenti, ma che, quando esistono, certamente segnalano una componente aggressiva rivolta verso se stessi: - inclinazione rovesciata degli assi verso sinistra, cioè contro il proprio ambiente, le proprie radici. E' indice di reattività e di dispettosità che può, in un contesto adeguato, portare all'autolesionismo; - aggrovigliamento e arrotolamento degli occhielli delle lettere ed inanellamento delle 'm', 'n' e 'u' nella parte superiore. Questo segno indica la chiusura in sé che può condurre alla comunicativa e, in presenza di stimoli aggressivi, risolverli nel chiuso del proprio sé; - scrittura che verso destra del rigo scende in basso e che insieme presenta una dimensione ridotta delle lettere ed uno spazio abbondante tra le parole. E' questa una costellazione grafica che predispone alla depressione e che può dare momenti di sconforto, premessa a volte, di autoaggressività; - sfumatura verso destra del taglio della 't', indice di paura nell'esprimere all'esterno l'aggressività, che può quindi essere rivolta verso di sé. - barratura da destra a sinistra del proprio nome nella firma. E' un gesto simbolico che rappresenta, in modo abbastanza palese, la voglia di autodistruzione.


L'ADEGUAMENTO è un meccanismo, adottato soprattutto dall'uomo contemporaneo, che sottintende la paura di crescere, di affrontare la realtà non conosciuta, ossia la paura del futuro e di cosa accadrà. Il soggetto bloccato dall'ansia esistenziale si adegua ad una realtà quotidiana sottomettendosi a modelli e identità precostituite.

Tale meccanismo, di solito, fa capolino nell'età evolutiva, quando il carattere è in fase di formazione e quindi più flessibile e plasmabile. Se in tale periodo i modelli, siano essi genitoriali o culturali, sono rigidi o minacciosi il soggetto adotta dei meccanismi di fuga o di deresponsabilizzazione. Nel nostro caso il soggetto impaurito si sottomette diventando per così dire un “bravo ragazzo” che accetta tutto e si adegua agli pseudo-valori dettati dalle direttive adulte. Tale situazione, che comprime l'espansione e l'espressività autonoma del soggetto, può provocare dei sentimenti di aggressività o di ostilità latente verso l'oppressore o verso qualcosa di indefinito. D'altro canto lottare con una persona o una società ritenuta onnipotente, manifestando la propria ostilità, potrebbe essere troppo pericoloso. Gli rimane quindi l'adeguamento che è l'assunzione di un comportamento mascherato e remissivo, causa di ansie o di sfide verso un mondo sentito nemico. E' una condizione assai sfavorevole per lo sviluppo dell'Io che rimane come ibernato: il seme è rattrappito e le potenzialità personali mutilate. Il meccanismo d'adeguamento, oggi così in voga, è segnale di modelli culturali troppo oppressivi e minacciosi l'integrità della specie, per cui l'individuo si tutela e si sottomette quasi ad esorcizzare un'inconscia paura distruttiva. L'adeguamento mette a tacere l'individualità e tende a far razionalizzare il vissuto. Il soggetto sente di non poter esprimere un'identità diversa che gli permetta di compiere un cammino personale. Al ragazzo non è permesso il confronto con la realtà circostante; egli non è facilitato dalla cultura ad esprimere le proprie potenzialità intellettive, emotive e creative poiché dall'adulto queste non sono più riconosciute come relazioni individuali ma come mezzi.


Immesso nel mondo dell'efficienza, dell'immediatezza, della velocità, della preparazione nozionistica e computerizzata, non ha tempo per riflettere sul significato vitale e produttivo della trasformazione in atto. L'adulto ha creato la paura per il futuro, ha fornito più preparazione sulle funzioni, ha concesso apparentemente più spazi liberi in cui il ragazzo possa muoversi, credendo con ciò di fornirgli libertà di movimento e di azione. Ma tale libertà non è stata basata sull'etica e sul rispetto alla Vita. Egli si trova a scorrazzare su ampie praterie ove certe barriere sono cadute e gli incontri si sono ravvicinati; ma egli si sente un isolato e pertanto ansioso e pauroso nel dover affrontare il futuro. Il giovane d'oggi sembra più licenziato che libero. L'isolamento fa ammalare, per cui o si sfugge da esso intruppandosi in nuove dipendenze o ci si sottomette ad un mondo adulto in crisi e malato d'ansia perché disadattato. L'emotività blocca il passo e frena la progettazione per cieli e terre nuove. E mentre l'adulto si dimena in tanti perché, affannato nel trovare soluzioni salvifiche, il ragazzo è messo in 'attesa passiva' e nel frattempo si annoia, privato com'è della voglia di crescere, di vivere e di sentirsi parte vitale dell'Universo. Occorre che egli trovi stimoli nuovi per poter progredire verso la piena realizzazione di sé. Bisogna permettergli il ripristino di una fede nuova verso l'inspiegabile, il non tangibile, il trascendentale, per investire la tensione vitale che altrimenti trova terreno fertile nella nevrosi. I giovani devono avere la possibilità di un ascolto attivo da parte del mondo adulto e di un dialogo sereno e aperto.

L'equilibrio mentale è caratterizzato: - dalla possibilità di comunicare, di entrare in relazione con il mondo e quindi di imparare ad amare e a creare; - dalla possibilità di costruirsi una propria identità per fondersi con l'altro senza confondersi in esso; - dall'essere autonomo e nel contempo inserito nell'ambiente - dal sentirsi libero da legami possessivi e quindi condizionanti


- dalla capacità di essere leale con sé e con l'altro, soggettivo ed obiettivo nel contempo.

Bisogna che egli possa sentire che il significato dell'esistenza consiste, come dice Fromm, nel vivere intensamente ( sentirsi parte vitale 'con'), nel nascere completamente (sentirsi adulti) e nel diventare completamente desti (sentirsi creativi). La persona mentalmente sana è quella che vive con amore, ragione e fede, che rispetta la vita, propria e dei suoi simili. La persona alienata non può quindi essere sana. L'uomo alienato è infelice.

L'adeguamento dalla scrittura Grafologicamente si può riconoscere il meccanismo dell'adeguamento attraverso i seguenti segni: - scrittura mollemente adagiata su un rigo ideale; - gesto fortemente rotondo, specie negli occhielli; - lettere addossate tra loro sparse qua e là nello scritto; - eventuale presenza di circoletti al posto dei puntini delle "i" minuscole; (esempio di scrittura)


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