PSICANALISI 3° ANNO LEZIONE ONLINE n° 3
I COMPLESSI VERI E FALSI
I COMPLESSI Il termine “complesso” indica una situazione psichica, di origine soprattutto emotivo-affettiva, che porta il soggetto a vivere tendenze e sentimenti in conflitto tra loro che possono recare disagio alla psiche. Il termine di complesso è stato introdotto nella sua accezione psicologica da Jung e indica una situazione psichica, soprattutto di origine emotivo-affettiva, per cui il soggetto è affetto da tendenze e sentimenti in conflitto tra loro che possono recare disagio alla psiche. Spesso sono chiamati “complessi“ certi atteggiamenti che, pur essendo bizzarri, non hanno nulla di patologico, ma sono espressioni di un carattere. I complessi sono sintomi, attraverso i quali un individuo manifesta un disturbo interiore. Nei casi lievi denunciano un modo transitorio di adattamento all’ambiente e al proprio fisico (vedi adolescente che teme di non piacere). Nei casi più gravi assumono il significato di disturbo più profondo chiamato “nevrosi“ (vedi la persona grassa che, sentendosi obesa non esce di casa, ma, ciononostante, non fa nulla per diminuire di peso).
I TIPI PRINCIPALI •
Complesso d’inferiorità
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Complesso di superiorità
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Complesso di colpa
•
Complesso fisico relativo al proprio corpo.
COMPLESSO DI INFERIORITA’ Il complesso d’inferiorità è caratterizzato dall'ipovalutazione del "Sé", dall'insicurezza ontologica, ossia esistenziale. Tale insicurezza è entrata nella "pelle dell'Io" fino a diventare una caratteristica della personalità. L'Io ha diminuito la coscienza di sé, ha ristretto i campi dell'esperienza ritirandosi sempre più e chiudendosi in sicurezze soggettive. La torre d'avorio, costruita come difesa, non permette ossigenazione all'Io, ed esso, asfittico, rimane impoverito: tutte le volte che dovrà uscire all'aria aperta soffrirà di vertigini, il passo sarà incerto e traballante, per cui il rientro nel suo rifugio sarà immediato. Solo con se stesso esso si sente sicuro e al riparo dai pericoli. Tale situazione può accentuarsi ogni qualvolta che l'individuo deve affrontare delle responsabilità che ritiene superiori alle proprie forze. Esse appaiono al soggetto come insormontabili e gli creano ansie interiori che lo paralizzano e ne staticizzano le doti. L'esperienza è così vissuta in maniera passiva, adeguandosi alla vita, e senza mordente, come se ci si sentisse condannati a vivere. E' questa l'esperienza che fa ogni individuo che soggiace alla forza dell'ambiente e non lotta per una propria affermazione; è il cosiddetto passivo che si sforza di comunicare, senza tuttavia possedere il senso di compartecipazione alla vita. Così l'irreale prevale sul reale e la sua identità è sottoposta a continue verifiche conflittuali: "Vivo sperimentando ogni giorno la morte"; "non posso vivere integralmente"; "faccio morire la parte viva di me": siamo di fronte alla necrofilia. Si tratta quindi di un Io diviso tra realtà interna ed esterna, un Io disgiunto dal proprio corpo, un innesto tra due nascite, quella fisica e quella psichica, che non ha funzionato e quindi non può dare frutti. Se poi l'esperienza inadeguata ha congelato il seme o ha conservato un frutto acerbo e selvatico, il soggetto non potrà gustare il sapore, né alimentarsi per la vita. E' la perturbazione nello scambio che fa dell'insicuro un essere preoccupato di sé, poiché l'ipovalutazione o la disistima sono barriere che: 1 - non permettono l'autonomia
2 - alterano la percezione di sé e degli altri. 3 - impediscono la relazione. 4 - rafforzano il senso di impotenza e di debolezza psichica. 5 - danno al soggetto la continua sensazione della minaccia. Da ciò possiamo capire come sia importante il fattore sicurezza per la costruzione di una propria identità e come tale ingrediente sia la base per affrontare l'esistenza con fiducia. Aiutare un ragazzo a costruire la stima significa aiutarlo a entrare con sicurezza e fiducia nel mondo. La Grafologia può essere usata a tale scopo sia dal genitore sia dall'insegnante perché siano facilitati nel loro compito di educatori. Potremmo, infatti, accorgerci in tempo e quindi prevenire se fossimo capaci di cogliere alcuni micro-segnali, sia comportamentali che grafologici, che si instaurano man mano che il livello di sicurezza si abbassa.
Il complesso d’inferiorità può generare le stesse reazioni del complesso di superiorità. Una persona, infatti, che si sente costantemente inferiore, giudicata o addirittura inadeguata agli altri, può assumere atteggiamenti di timidezza, di imbarazzo o di aggressività, esattamente come una persona afflitta da sentimenti di superiorità. Il carattere dell’insicuro complessato risulta vacillante, ansioso, timoroso, indeciso, adeguato, dipendente, timido e spesso anche apatico. Viceversa si può anche assistere all’esatto contrario per cui li vedremo in perenne movimento, con continui spostamenti, cambiamenti, anche di studio, di giochi o di lavoro, al fine di esorcizzare l’ansia. Il suo comportamento sarà caratterizzato dalla paura delle responsabilità, dal bisogno d’intermediari e di figure protettrici per costruirsi un mondo magico con conseguente affidamento a colpi di fortuna. Anche fisicamente si noteranno segnali tipo il rossore, il pallore, il tremore o la secchezza delle fauci. E’ naturale che tali soggetti possano adottare meccanismi di difesa quali la rimozione, la resistenza o l’inibizione.
CAUSE: debolezze, reali, immaginarie o presunte, di tipo fisico, psichico o sociale.
SITUAZIONE PSICHICA: conflitto tra desiderio di grandezza e sensazione d’impotenza.
EFFETTI: . Tendenza alla ricerca della perfezione e della potenza. . L'Io si paralizza e s’intimidisce di fronte a un Tu ritenuto superiore.
ATTEGGIAMENTI: . Autocontrollo per paura dell'errore: RIGIDITA' . Ritiro per timore del confronto: CHIUSURA . Apparente indifferenza con distacco dalla realtà: PIETRIFICAZIONE . Dubbio per paura della responsabilità: INIBIZIONE . Bisogno d’intermediari per l'insorgere di ansia: DIPENDENZA . Affidamento al magico per delegare le responsabilità: SUGGESTIONE.
COMPLESSO D’INFERIORITA’ DALLA SCRITTURA Scrittura piccola o Si traduce in bassa valutazione dell'Io, sfiducia in sé ed esigenza di perfezione Scrittura che ondeggia un po’ a destra un po’ a sinistra disordinatamente o Gesto che indica insicurezza e dubbio nel
procedere verso il futuro
Accartocciamento degli occhielli e prevalenza di aste col concavo a destra o Denota la tendenza al ritiro di fronte alle difficoltà e la paura a uscire da se stesso Pressione leggera o Segnala mancanza di forza d'urto e difficoltà nel padroneggiare la frustrazione. Sensi d'impotenza psicofisica Presenza di accumuli d’inchiostro lungo il tratto o Si traduce in instabilità emotiva e suggestionabilità
Spazio abbondante tra le parole o Vuol dire perfezionismo e apparente indifferenza Scrittura rattrappita verticalmente per la mancanza di allunghi o Corrisponde alla dimensione ristretta che il soggetto dà a sé e al mondo Contorsione repentina degli assi letterari tra loro o Si traduce in autocontrollo che trattiene il passo impedendo scelte libere e proiettate nel futuro
COMPLESSO DI SUPERIORITA’ Jung definisce il complesso di grandezza personale come un bisogno di autostima: egli dice che tale bisogno si esprime prima di tutto nell’affettazione. L’affettazione secondo Jung serve a mettere in risalto la personalità. La dignità rappresenta il bisogno di sentirsi valorizzati, stimati e apprezzati. Una modalità normale, perché tutti abbiamo bisogno di questa risposta e conferma. Diventa, come per ogni cosa, disturbante quando viene vissuta in modo eccessivo e il bisogno di valorizzazione di sé raggiunge un’intensità esasperata, fino a diventare modalità narcisistica. Tale modo può diventare manierismo, affettazione e quindi contrastare la situazione reale e la crescita della personalità. Il complesso di superiorità più che essere un vero e proprio complesso rappresenta una compensazione che deriva direttamente dal sentimento d’inferiorità. L'Io ipertrofico invece reagisce in modo rabbioso a qualsiasi appunto che fatto ed è portato quindi a considerare ogni critica come un attacco ostile verso di esso da parte del mondo esterno, giacché a causa della sua emotività non può entrare in dialettica e contrapporsi in maniera adeguata all'altro. L'intensità di questa reazione rabbiosa verso l'altro è comprensibile solo se si considera che il soggetto teme l'alterità, in quanto la comunicazione con l'oggetto è fondata sulla paura. L'ansia che si viene a creare è poi compensata con il rigonfiamento dell'Io. Egli stesso è il mondo e non esistono altre realtà al di fuori di lui. Per
questo motivo egli si sente minacciato e scosso quando è messa in discussione la sua sicurezza. Se l'unica protezione contro la paura è rendere l'Io grosso e gonfio, ossia ipertrofico, quando è minacciato, s’innescano meccanismi di difesa inadeguati atti a tenere lontano la presunta minaccia. Il soggetto con un Io ipertrofico è collerico e la sua collera è tanto più intensa quanto più sia per lui impossibile mitigare la minaccia o trovare contro-misure adeguate. Solo l'annullamento di chi ha espresso la critica - o paradossalmente il proprio annullamento - può preservarlo. Esiste ancora un'alternativa agli sfoghi di rabbia come risposta all'Io ferito, ed è la depressione. Quando l'Io viene ferito e per motivi vari non può permettersi uno sfogo d'ira, per esempio a causa della debolezza, soggettiva o oggettiva, della sua posizione nei confronti di chi lo critica, allora diventa depresso. Proprio perché una persona portata alla depressione teme l'abbattimento derivante dall'offesa del suo egocentrismo primario, egli cerca disperatamente di evitare una tal eventualità aggredendo. Esistono diverse possibilità di farlo. Una consiste nel rafforzare ulteriormente l'ipervalutazione di sé, affinché nessuna critica dall'esterno e nessun fallimento possano scuotere veramente la sicurezza dell'Io. Un'altra consiste nell'ostentare sicurezza attraverso una logica forzata, stereotipata e fatta di resistenza ostinata. Naturalmente ciò significa che il comportamento si aggrava e può creare interferenze negative nella comunicazione. Esiste però ancora un'altra soluzione, quella cioè di modificare la realtà, in modo da adattarla a sé, cercando di ottenere il massimo consenso dall'ambiente. E' inutile dire che "la compensazione di superiorità" nasce da una educazione non corretta e repressiva del genitore che fa crescere nel figlio il bisogno reattivo di superarlo. Per farlo, egli deve idealmente ingigantire il proprio Io opponendosi all'ambiente. Se tale sensazione può essere normale come meccanismo di difesa, diventa invece anomalo se va a interferire con la struttura del carattere.
COMPLESSO DI SUPERIORITA’ DALLA SCRITTURA Ampiezza verticale delle lettere
o Corrisponde ad un grande sentimento dell'Io, con connotazioni ipertrofiche Esagerato prolungamento in alto degli allunghi o Denota forza vitale che sorregge l'Io nella lotta e quindi dà una connotazione di aggressività al vissuto Presenza di tremolii e stentatezze del tratto o Il comportamento è caratterizzato da collera di fronte ai richiami per intolleranza di carattere Tratto ben marcato in scrittura che sale in alto a destra o Capacità di scontro e aggressività ingerita; scatti di rabbia Assi letterari paralleli tra loro o Denota una logica basata su canoni fissi e forme stereotipate Accuratezza formale del gesto grafico o L'Io innesca comportamenti affettati per darsi un vestito dignitoso da mostrare alla società Tagli delle “t” sopraelevati o Bisogno di innalzarsi per distinguersi *** SENTIMENTI DI SUPERIORITÀ: L'AFFETTAZIONE PASSIVA Jung definisce il complesso di grandezza personale come un bisogno di autostima. Egli dice che tale bisogno si esprime prima di tutto nell'affettazione. L'affettazione secondo Jung serve a mettere in risalto la nostra personalità. La dignità rappresenta il bisogno di sentirsi valorizzati, stimati, apprezzati. Una regola del tutto normale, perché tutti abbiamo bisogno di questa risposta. Diventa, come in ogni cosa, disturbante quando è vissuta in modo eccessivo, e il bisogno di valorizzazione di sé raggiunge un'intensità esasperata, fino a diventare regola narcisistica. Quando tale atteggiamento diventa manierismo e contrasta con la situazione reale, la personalità assume atteggiamenti di onnipotenza e di ostentata sicurezza che sono espressi con comportamenti alterati, con espressioni affettate o con parole ricercate.
I SEGNI GRAFOLOGICI DELL’AFFETTAZIONE PASSIVA
Accurata in modo esagerato o Tendenza al mascheramento Leggera pressione sul foglio o Scarsa tolleranza alle frustrazioni Tagli delle “t” sopraelevati o Compensazione di vecchi sensi d’inadeguatezza con sentimenti di superiorità Forte inclinazione a destra della scrittura o Propensione all’accaparramento Presenza di gesti fuggitivi in fine di parola sia orizzontali verso destra sia ad uncino verso sinistra o Espressione di meccanismi di difesa a protezione dell’Io Dimensione grande delle lettere o Connotazione invasiva e usurpante Angoli negli occhielli o Difesa di sé
COMPLESSO DI COLPA Uno dei complessi più angosciosi e angoscianti di cui un adolescente soffre è quello di colpa. Bisogna premettere che, per questo danno psicologico, va considerata la divisione fra complesso lieve e pesante. Molte nevrosi, infatti, si manifestano proprio attraverso la continua, esasperata, limitante percezione di essere in colpa, di cercare a tutti i costi l’approvazione degli altri, di fare di tutto pur di non essere censurati o rimproverati. Quando questo sentimento invade troppo incisivamente e profondamente la personalità, finisce per portare al blocco totale. Per paura di essere colpevolizzati, si può arrivare a evitare ogni realtà, chiudendosi ai rapporti con il mondo esterno e impedendosi di vivere ogni relazione interpersonale. Però, restando nell’ambito di un complesso di colpa tollerabile, chi ne soffre spesso si crea una vita pericolosamente infelice.
Chi soffre di complessi di colpa, vive nella convinzione profonda e costante di essere indegno. Questa percezione d’indegnità può spingere a comportarsi con gli altri come un soggetto deteriorato, dal punto di vista sia morale sia dei comportamenti. Questo spiega perché alcune persone raccontino a volte oscenità sessuali su di sé, quasi per essere scoperte e giudicate negativamente. In alcune persone questo senso d’indegnità si fa tanto forte da spingere a certe reazioni. In fondo, ognuno ha avuto esperienze infantili che possono farlo sentire in colpa anche in età più avanzata, eppure non tutti sviluppano un complesso di colpa. Le ragioni vanno cercate in due direzioni: da un lato in strutture psicologiche particolarmente sensitive e fragili, dall’altro in certi ambienti familiari talmente dannosi che riescono a far sentire un bambino profondamente indegno fin dalla più tenera infanzia. Sono quelle situazioni in cui la severità e le punizioni, fisiche o morali, non sono mai compensate da calore affettivo e da solidarietà. Chi vive un complesso di colpa, non soltanto è un personaggio sofferente, ma è faticoso vivere anche per chi gli sta accanto. Egli tende, infatti, alla menzogna costante e quindi, se lo si accetta, bisogna di volta in volta capire se dice la verità o se mente. Non solo, ma è un soggetto suscettibile, permaloso, costantemente in allarme e spaventato di fronte a ogni possibile pericolo di colpevolizzazione. Insicuro di fondo, fa di tutto per essere ben accetto: di qui una caratteristica abbastanza comune a questi complessati, l’estrema gentilezza con cui si muovono nel mondo. Non farebbero mai uno sgarbo, il più piccolo compimento li rende felici, loro stessi ne fanno tanti di complimenti e di solito quelli giusti, quelli che fanno più piacere alla persona cui sono diretti. In questo senso sono persone gradevoli, sempre che non entrino in una relazione più intima che scateni e faccia affiorare le paure che tengono nascoste.
I SEGNI GRAFOLOGICI DEI SENSI DI COLPA Dipendono dalle situazioni che causano questo disturbo e vanno pertanto vagliate singolarmente poiché variano da individuo a individuo.
COMPLESSI FISICI Veniamo ora a parlare di un argomento scottante e diffusissimo non solo tra gli adolescenti; quello dei complessi che possono invadere una persona nei confronti del proprio aspetto fisico. Bisogna premettere che oggi, più che in altri tempi, uomini e donne possono essere segnati da questa difficoltà, perché il mondo di fuori preme da ogni parte con la seduzione e l’allettamento di modelli di eccezione: la pubblicità, il cinema, le riviste in carta patinata, il mondo della moda propinano immagini cui ben poca gente assomiglia ma a cui, in proporzione inversa, tantissima gente vorrebbe assomigliare. C’è poi il mito di essere magri: soltanto in questo modo si può affrontare il mondo, soltanto in questo modo si conserva l’amore. Ogni tanto, è pur vero, si leva da qualche parte la rivolta dei ben pasciuti: in nome della libertà, del diritto a essere come si crede, qualche slogan reclamizza il diritto alla pastasciutta... La convinzione che “magri è meglio” resiste. Questo per quanto riguarda l’aspetto esterno del proprio fisico. Se poi entriamo nel campo più segreto di certe angosce da inadeguatezza circa gli attributi della femminilità o della virilità, la faccenda si fa ancora più complessa. Il trionfale ingresso del nudo integrale nel cinema, sulle riviste, bene o male, ha messo una infinità di gente di fronte a riflessioni sul proprio corpo, allontanandola il più delle volte dall’accettazione di sé. Così, oltre alle reazioni istintive che si possono scatenare in ciascuno di noi, come la scontentezza, l’insicurezza e l’inferiorità, oggi le cose si complicano nell’impatto continuo con certe immagini. La gamma delle reazioni di un individuo che soffre di un complesso per il suo corpo, è vastissima. Dal punto di vista psicologico, questo disagio si può individuare in un conflitto fra la propria realtà corporea e una sorta di fantasia legata all’idea di un proprio ideale fisico. Ciascuno di noi, più o meno inconsciamente, si crea un aspetto (viso, corpo, statura, forma) che gli sembra in armonica corrispondenza con il proprio mondo interiore o con le sue aspirazioni per muoversi con sicurezza in mezzo agli altri. Quando però questa
immagine non corrisponde a sufficienza con la realtà, possono scatenarsi i guai. Spesso nel maschio, forse più per tradizione che per esigenza profonda, un’alta statura, la conservazione dei capelli, due spalle larghe sono motivo di rassicurazione. Parecchi uomini, ma anche ragazzi, compensano poi nella maniera più nevrotica la mancanza di questi attributi: ad esempio una persona piccola assume atteggiamenti dittatoriali e ostenta forza e sicurezza. Inoltre, fiducioso della favola che più si è piccoli, più si è sessualmente potenti, si dà arie di grande amatore. Comunque sia, in certi tipi particolarmente predisposti, con problemi interiori irrisolti, un complesso fisico può essere la causa scatenante di crisi dolorose e pesanti, fino al punto, in certi casi, di bloccare un armonico sviluppo fin dall’adolescenza. Per quanto riguarda le donne, esiste tutta una tematica sull’argomento del corpo che assume a volte implicazioni gravi. Quanto pesanti possano essere le conseguenze di un complesso di grassezza! Una ragazza affetta da “bulimia”, ha l’esigenza irrefrenabile di ingurgitare cibo a compensazione di altre consolazioni da cui si sente esclusa o da cui si esclude da sola. In qualche caso la ragazza aveva già qualche chilo di troppo fin dall’infanzia, è stata presa in giro per questo, si è sentita rifiutata dall’ammirazione dei ragazzi, è stata sempre considerata soltanto un’amica… e così il giorno che si innamora è talmente convinta che quel ragazzo nemmeno la degnerà di uno sguardo che, inconsciamente, si butta sul cibo per consolarsi. Questo gesto ha però motivi assai più profondi: serve a farla ingrassare ancora di più e a renderla definitivamente e spesso irrimediabilmente sgradevole. In questo modo lei inconsciamente ritiene di essersi “tolta il pensiero” e così facendo si difende da una delusione. Vanno sempre ricercate le radici più profonde del malessere, poiché fa più comodo individuare in un elemento esterno a noi le cause del nostro insuccesso relazionale, piuttosto che andare a cercarlo o riconoscerlo in motivazioni più interne. Sempre restando nel campo femminile, il naso rappresenta motivo di angoscia e insicurezza per molte ragazze. Sarà perché l’arte, la letteratura, la poesia,
l’iconografia tradizionale ci presentano un modello di “nasino”, ma è un fatto che si vedono situazioni di pesante disagio psicologico risolte con una rinoplastica. Che poi, obbiettivamente, magari quella ragazza fosse molto più vera e personale con un naso lungo e anche un po’ storto, non significa nulla. Da quando lei ha un nasino alla francese, è cambiato anche il suo modo di porgersi agli altri, è diventata più sicura, più simpatica, più disponibile: gli altri di conseguenza sono più aperti con lei, la accettano e lei non è più angosciata. Grave problema anche quello del seno, per una donna. Qui, è chiaro, entra in gioco direttamente una fortissima componente di tipo sessuale che nell’adolescenza si sta proprio costruendo. Essere senza seno o con un seno piccolissimo dà ad alcune un senso di castrazione, d’inadeguatezza profonda. La situazione si aggrava quando questo complesso inibisce una normale attività relazionale spingendo il soggetto, addirittura, a rifiutare o rompere un rapporto. Anche le gambe, che dovrebbero essere sempre lunghe e snelle, sono motivo di gravi complessi. Finché la cosa si conserva, anche qui, al limite di qualche accorgimento, con abiti, scarpe o cose del genere, non è un problema. Quando, invece, il complesso s’ingigantisce e invade l’intera personalità, può diventare pericoloso. In genere, anche i complessi legati al fisico hanno la loro origine nell’infanzia e, in particolare, nel rapporto con i genitori.
CURARLI O ACCETTARLI? Chiunque, nell’impatto con la realtà dell’amore, del lavoro, dei tanti incontri e scontri dell’esistenza, sa per certo che può essere quasi costretto a subire certe situazioni disagevoli, come lo sono i complessi. Sente che queste forze hanno ben poco a che fare con i suoi processi razionali e con la sua volontà. Quanti dicono: “Ci avessi pensato prima! Dovevo comportarmi diversamente, ma è stato più forte di me”. Sono le situazioni in cui è affiorato d’istinto un comportamento dettato dal profondo. Come si diceva, parlando dei vari complessi, le reazioni (di timidezza, aggressività, menzogna, paura, angoscia)
sono dettate da quanto è più nascosto in noi, da quanto appartiene alla sfera psichica. Quale strada seguire allora? Non ci sono regole in un campo così personale e misterioso, in una sfera in cui si aggrovigliano tante componenti diverse. Non solo, ma la cosiddetta “soglia del dolore”, che è spesso citata per i mali fisici, vale anche per quelli psichici: quello che fa vivere nella più deprimente angoscia una persona, può non incidere minimamente su un’altra, un’esperienza della prima infanzia che ha lasciato pericolosi segni in un bambino può essere assolutamente insignificante per un altro. Per questo ci vuole molto rispetto di fronte a chi vive strazianti disagi d’indefinita natura: la sua sofferenza è autentica. Un aspetto amaro, inoltre, di queste sofferenze è che non sono visibili come le malattie del corpo. E’ ben vero che esistono spesso segni esterni, le cosiddette malattie psico-somatiche, ma anche queste tendono a essere rapportate a un danno del fisico. Così una persona, più o meno danneggiata nella psiche, finisce per essere isolata, poco gradita. La fatica cui sottopone la gente che le sta intorno, la perenne scontentezza con cui si muove nel mondo, gli sbalzi di umore, l’insicurezza, l’ambiguità, tolgono luce a questi individui, ne fanno personaggi oscuri, di cui istintivamente non ci si fida. E così, in un circolo improduttivo, la loro sofferenza cresce, il loro impaccio si fa più pesante e i loro complessi aumentano. La prima cosa da fare è quella di imparare a conoscersi il più profondamente possibile, sentire in noi il peso delle forze sconosciute che spesso ci muovono, valutare il loro potere sulla nostra razionalità. Questo processo interiore dovrebbe anche portarci a capire che una certa dose di angoscia fa parte del più sano essere umano. Più si è attenti, intelligenti e sensibili, più i mille interrogativi sulla vita, sul destino, sul mondo, sull’universo, richiedono in noi sforzi di comprensione e di adattamento. Questi sforzi sono causa di angoscia, ma di tipo esistenziale, positivo e costruttivo; sono il sentimento che ha aiutato l’umanità a progredire. Pertanto nel cercare di capirsi, quando si sta male, non è all’angoscia che bisogna dar peso, bensì alla negatività e alla distruttività, che fa soffrire e blocca ogni azione.
Un piccolo segreto esisterebbe, a portata di tutti, che non costa nulla, che non fa male: reimparare il gusto delle piccole cose educandosi a compiere ogni gesto della nostra giornata come un atto a sé, importante, carico di significato. Dal primo caffè della mattina al più apparentemente noioso momento del lavoro, dal parlare a un amico all’alzare lo sguardo verso il cielo e vedere che tempo fa, dal riscoprire con amore il volto del proprio uomo e della propria donna, all’assaporare il gusto di un cibo: accettare i piccoli riti dell’esistenza è un’arte, e come tale va coltivata. Tutti aspirano a essere felici e questa tensione nasce da un anelito tanto potente da poterlo chiamare Dio, destino, fato, onnipotente o altro. Ciò che conta è che esso si basa sempre e comunque sull’amore, sulla solidarietà, sulla fedeltà, sul coraggio e sull’armonia.
I SEGNI GRAFOILOGICI DEI COMPLESSI FISICI Naturalmente non esistono segni grafologici specifici.