2 neuro 03 funzioni mano

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NEUROANATOMIA E FISIOLOGIA GRAFOLOGICA Anno 2° LEZIONE ONLINE n° 3 LE FUNZIONI DELLA MANO L’USO DELLA MANO La mano esegue un numero infinito di movimenti, alcuni complessi, altri semplici. Nell’homunculus cerebrale la mano è molto ben rappresentata proprio per l’infinità di movimenti che deve gestire. Tutti i movimenti delle dita, compresi quelli di

La mano

opposizione del pollice, vengono eseguiti grazie all’attività combinata dei muscoli dell’avambraccio e quelli, intrinseci, della mano. Per avere tutti i movimenti possibili mentre si scrive è necessario l’utilizzo del movimento del polso e di tutto l’avambraccio. Molti dei movimenti di estensione e flessione sono il risultato della contrazione di muscoli che stanno nell’avambraccio. I movimenti della mano sono più fini, nel senso di raffinati, frutto di gesti di estrema precisione. La mano ha la possibilità di compiere un numero incredibile di movimenti che, in condizioni normali, raggiungono i dieci milioni, secondo quanto ha calcolato un computer. Con l'esercizio o la pratica di un'attività fine come quella di un musicista


o di un abile artigiano, la mano può arrivare a venti milioni di movimenti diversi. Ma non è tutto: una mano eccezionalmente abile può raddoppiare ancora tali possibilità, raggiungendo i quaranta milioni di movimenti. La mano è però anche un organo di senso. Infatti, la cute della mano presenta un'infinità di recettori. Le informazioni che provengono dai recettori sono interpretate nella corteccia sensitiva cerebrale. Una delle parti essenziali di tutte le attività della mano è legata alla sua capacità di presa. Ad esempio, il movimento di presa per afferrare una penna è un movimento continuamente monitorato da tutto il sistema nervoso centrale. Quest'attività dei sensori, pur essendo automatica, è un’attività che manda continuamente messaggi ogni volta che tocchiamo o sentiamo qualcosa. Quando scriviamo la pressione delle dita sulla penna e la pressione della mano sulla carta sono continuamente monitorate per eseguire correttamente la scrittura. STRUTTURA E FUNZIONALITÀ DEL DITO UMANO Il dito umano assolve perfettamente alle sue funzioni in termini sia di agilità nei movimenti sia di forza applicativa. Basti pensare a un atleta allenato che può sorreggere il proprio corpo con un solo dito, come avviene nella disciplina sportiva del free climbing, oppure all'agilità e precisione nel movimento delle dita di un musicista. È d'altronde noto che uno tra gli elementi principali che hanno favorito l'evoluzione della civiltà umana è rappresentato dalla struttura della mano con il pollice opponente, fattore che permette una sicura presa. Si ha quindi a disposizione un mezzo ideale per le realizzazioni ideative di un encefalo evoluto. Nonostante i notevoli progressi tecnologici degli ultimi anni, al momento attuale le performance di un robot sono molto inferiori se paragonate alla capacità degli organismi viventi. Infatti, il rapporto tra le capacità motorie applicative rispetto alle dimensioni e al peso dell'unità funzionale nel suo insieme è a netto sfavore del robot e a vantaggio dell'organismo vivente. La superiorità è ancora maggiore se si considerano la versatilità di impiego e il tipo di controllo del movimento che, mentre


nell'organismo vivente è realizzato mediante un controllo in tempo reale delle forze applicate, nelle macchine esso è basato sul preposizionamento spaziale delle articolazioni di modo che venga poi eseguito un movimento ripetitivo che segua linee tridimensionali prestabilite, sotto il controllo di un programma preimpostato. Analizzandone sia le strutture sia i meccanismi di controllo motorio, si possono capire le ragioni della superiorità. Nel dito umano, infatti, il profilo di un'articolazione non è completamente sferico, bensì spesso irregolare. Non esiste quindi un asse che mantenga in maniera rigida il centro di rotazione articolare. Per ciò che concerne i sistemi di controllo della motilità, bisogna tener presente che il ritardo sinaptico, vale a dire il tempo di trasmissione dell'impulso elettrico da un neurone al successivo, è 2 millisecondi, mentre la velocità di conduzione di un nervo è circa 50 m/sec. Ne consegue che il tempo necessario perché si realizzi un controllo motorio a feedback è di circa 20 millisecondi. Analizzando, viceversa, un braccio meccanico, si nota che gli assi e i loro supporti sono progettati e realizzati con estrema precisione geometrica, al fine di ridurre al massimo i tempi di esecuzione del movimento, ammortizzare eventuali contraccolpi e ridurre gli attriti. Inoltre, in relazione alla peculiare caratteristica di rapidità della trasmissione degli impulsi nei circuiti elettronici, il ritardo di esecuzione dovuto al controllo del movimento in un robot è nell'ordine dei nanosecondi e la velocità di conduzione dei segnali è valutabile in diverse centinaia di chilometri al secondo. Il ritardo fisiologico nel controllo motorio a feedback dell'organismo vivente è, in definitiva, un fattore utile poiché permette un più efficiente monitoraggio dell'esecuzione motoria. Sulla scorta di queste considerazioni sono stati eseguiti da autori giapponesi (Himeno e Tsumura, 1983) studi modellistici sulla struttura e funzione del dito indice umano al fine di applicare le conoscenze acquisite alla realizzazione di robot avanzati. MODELLO DI UN DITO Il modello del dito indice dell'uomo, uno dei più importanti per la scrittura, è costituito da quattro ossa (un metacarpo e due falangi) e da tre articolazioni: quella metacarpofalangea (MF), l’interfalangea prossimale (Ip) e l’interfalangea distale


(Id). Il modello prevede cinque tendini responsabili del movimento (i due muscoli intrinseci, l'estensore, il flessore profondo e il flessore superficiale). SISTEMI DI CONTROLLO DELLA MOTILITA’ DELLA MANO Il modello di controllo della motilità di un dito può suggerire interessanti implicazioni anche per lo studio della scrittura, espressione motoria tipica dell’arto superiore dell’uomo. Come è noto nel muscolo sono collocati due tipi di sensori: uno è il fuso muscolare, sensore della lunghezza, l'altro è l'apparato tendineo, sensore della tensione muscolare. La posizione dell'articolazione umana è indirettamente controllata dai muscoli che regolano la tensione. Il controllo della motilità si realizza mediante un meccanismo a feedback che coinvolge sia strutture “inferiori”, rappresentate dagli alfa e gamma motoneuModello di un dito

roni, sia un livello “superiore” costituito dall'encefalo.

visione antero-posteriore

Si realizza in definitiva un tipo di controllo motorio

(sopra): l. muscolo intrinseco si-

gerarchico per cui le unità di controllo inferiori svol-

nistro, r. muscolo intrinseco destro, d.p.m. centri di

gono il ruolo di servo-controllo periferico della

rotazione articolare.

lunghezza o della forza esclusivamente nei riguardi

Visione laterale (sotto): 1.

degli effettori periferici. Tuttavia, pur esistendo un

muscolo intrinseco,. 2.

controllo a livello periferico, la posizione, la forza e il

estensore delle dita; 3. flessore

tono del sistema sono monitorati come se il livello

profondo; 4. flessore superficiale delle dita. I punti sulle

superiore (l'encefalo) fosse costantemente attivato.

articolazioni indicano i centri di

Un tale sistema di controllo gerarchico non solo riduce

rotazione. La freccia indica il

il carico di lavoro dell'unità superiore, ma abbrevia

punto di applicazione di una

pure il circuito a feedback facilitando un monitoraggio

forza.

molto rapido dell'articolazione. Questo è il motivo per


cui la regolazione del movimento articolare può essere accurata e veloce nonostante gli impulsi di comando nervoso umano siano molto lenti rispetto a quelli di un circuito integrato elettronico. RIDUZIONE DEL CONTRACCOLPO In ogni sistema articolare, meccanico o naturale, ogni movimento produce un contraccolpo che può disturbare il controllo preciso. Il dito umano è, da questo punto di vista, molto efficiente in quanto modifica gli atteggiamenti pressori sui capi articolari secondo le necessità. Ciò è dovuto alla regolazione della forza applicata dai muscoli agonisti e antagonisti. Infatti, quanto più deve essere accurato il controllo motorio o debbano venire applicate sollecitazioni violente, tanto più aumentano la forza di contrazione dei gruppi muscolari e le pressioni tra i due capi articolari affrontati. La forza di contrazione muscolare è invece minore qualora non venga richiesto un accurato controllo motorio ovvero il lavoro richiesto sia leggero o relativamente grossolano. Il dito è l'espressione di un eccezionale sistema che salvaguarda la sua integrità anatomica riducendo gli attriti e il logorio. Ciò vale anche per eliminare gli inconvenienti causati da vibrazioni o dislocazioni dei capi articolari durante il movimento. Quando i muscoli agonisti e quelli antagonisti si contraggono simultaneamente aumentano la rigidità articolare e la compressione sui capi a causa della tensione muscolare e ciò riduce eventuali spostamenti tra le superfici affrontate, rendendo però meno sciolto, armonioso, raffinato e preciso il movimento.


PRASSIA, PRENSIONE, PRESA E IMPUGNATURA E’ importante conoscere il meccanismo che sta alla base di ogni movimento volto ad afferrare e impugnare un oggetto per un’azione motoria complessa. Si tratta di gesti intenzionali che coinvolgono tutte le attività cerebrali e implicano la coscienza dell’utilizzo. La prassia Per prassia s’intende la capacità di scegliere i movimenti opportuni per attuare le operazioni che ci si propone di compiere. L’atto che ne deriva è la prensione. La prensione La prensione è diversa dalla presa perché prendere non è semplicemente afferrare. Quando si decide di prendere qualcosa, è necessario un atto materiale (la presa) e un’attività che permetta di progettare ed eseguire la presa stessa (la prensione). La presa, quindi, implica un’attività motoria ed una cerebrale. La prensione è posta in gioco nel momento di afferrare qualcosa con l’uso della mano e necessita dell’intenzione. Ci deve essere, dunque, l’idea, il pensiero che fa scattare questo meccanismo di presa e la costante informazione sensitiva di ritorno. La mano è un organo flessibile in tutte le sue dimensioni e permette i movimenti di adduzione, di abduzione, di flessione e di estensione. La prensione è un gesto intenzionale. Implica la coscienza di utilizzo ed è in questo che la prensione è diversa dalla presa. Quando parliamo di prensione intendiamo quel concetto che riguarda direttamente il sistema nervoso centrale. Essa è l’integrazione, il prodotto delle attività motorie in funzione dell’afferrare, dell’utilizzare quel qualcosa (la penna in questo caso) con l’uso della mano. La presa è diversa, quindi, dalla prensione. La prensione è l’insieme delle funzioni poste in gioco nel momento di afferrare qualcosa, che partendo dalla I movimenti delle dita

decisione di prendere arriva sino all’atto compiuto. Essa è un fatto prevalentemente neurologico e


dinamico, che necessita di un’intenzione, di un meccanismo di presa e di una costante informazione sensitiva. La presa è la componente meccanica della prensione e costituisce di per sé l’impugnatura di un oggetto. Le dita e il pollice eseguono una quantità infinita di movimenti di precisione. L’alternanza di tutte le articolazioni delle cinque dita con movimenti flessori ed estensori è necessaria per battere a macchina, per suonare, per cucire ecc...

Vie sensitive e motorie

Quando dita e pollice impugnano uno strumento scrittorio, precisi movimenti di flessione e di estensione delle articolazioni spostano la penna sul foglio di carta. Il modo di scrivere è direttamente dipendente dalle regole e dalle abitudini posturali che lo scrivente adotta. Storicamente sappiamo essere esistita una sorta di decalogo del calligrafo che risale al periodo dei Lumi. Nel ‘700 erano ben chiare e rigide le regole che dovevano essere seguite per scrivere correttamente. Le linee raffigurate ci fanno comprendere la “postura” rigida che assumeva chi stava scrivendo. Le mani dovevano essere simmetriche agli occhi ed il foglio perpendicolare ai bordi del tavolo. i principali movimenti delle dita


Questo ci fa naturalmente venire alla mente la rigidità della scrittura del ‘700. Molte delle gestualità grafiche che venivano assunte come modelli calligrafici erano la diretta conseguenza di quest'insegnamento, di quest'assunzione di postura e, quindi, anche di prensione. Postura corretta nel ‘700 La mano teneva la penna in un determinato modo; il risultato grafico è in quest'immagine: La penna era impugnata in modo particolare; il medio della mano faceva da regolatore laterale della penna. La punta dell’anulare e l’indice venivano usate come appoggio di riferimento. Il polso era rigido ed era mosso solo quando si muoveva per la scrittura. Il parallelismo era garantito. Le dita della donna avevano tutte una loro funzione e ciò

Impugnatura corretta della penna nel ‘700

veniva regolarmente insegnato affinché si tenesse la mano in un certo modo e si producesse pertanto un certo tipo di scrittura. Le punte dell’anulare e del mignolo facevano da punto di riferimento con il piano del foglio. Tutto ciò serviva per stabilire una corretta, anche se personale, inclinazione della penna.


Il modello era quello assunto in una determinata condizione legata allo status sociale, culturale o ad un frangente o situazione particolare, per cui se fosse stato necessario scrivere un atto notarile o un testamento occorreva far riferimento ad una manualità grafica diversa. L’impugnatura non era qualcosa di spontaneo ma era insegnata. La scrittura, dunque, era il prodotto, dal punto di vista storico, di questi atteggiamenti, più culturali che anatomici, da posizioni non fisiologiche né ergonomiche, ma appositamente studiate in funzione dell’espressione grafica Figura 1 Impugnatura nel ‘700

desiderata.

TIPI DI PRENSIONE La capacità di variare le modalità di afferramento a seconda delle esigenze funzionali si acquisisce progressivamente durante lo sviluppo motorio nel primo anno di vita. Alla nascita l'attività della mano è caratterizzata dal riflesso di prensione provocato dalla stimolazione della cute palmare. Poi, man mano che egli acquisisce una maggiore specializzazione anche nei movimenti, migliora la coordinazione e la prensione si fa volontaria. 1. La coordinazione tra occhio e mano è il primo stadio; a tre mesi il bambino inizia ad esplorare le sue mani attraverso la vista e guarda l'oggetto che gli viene posto nelle mani. 2. Il secondo stadio della prensione è caratterizzato dalle scariche "affettivomotorie": alla vista dell’oggetto il bambino esegue bruschi e disordinati movimenti bilaterali degli arti superiori di tutto il corpo che si esauriscono quando l'oggetto è sottratto alla vista. Le scariche affettivo-motorie iniziano al terzo mese e si attenuano al sesto per poi scomparire al nono mese.


3. Il terzo stadio inizia intorno al quarto mese quando il bambino abbozza un movimento per raggiungere l'oggetto desiderato: inizialmente si tratta di un tentativo maldestro e scoordinato che spesso non raggiunge lo scopo, per cui la mano si abbatte chiusa o a piatto sull'oggetto e se l'afferramento avviene è goffo e impacciato; dato il carattere spiccatamente atassico ed ipercinetico, cioè scoordinato, si definisce questo stadio come stadio cerebellare. Esso si attenua progressivamente fino al quinto o sesto mese, epoca in cui inizia la presa palmare o a più dita, oppure ancora tra il palmo e le quattro dita. All'ottavo-nono mese la prensione migliora e inizia, ancorché in maniera approssimata, la pinza pollice indice. In questa fase compaiono la prensione bimanuale, il passaggio dell'oggetto da una mano all'altra, l'inizio della manipolazione. Verso il decimo-dodicesimo mese compare l'opposizione del pollice con i polpastrelli dell'indice e del medio, la prensione è del tipo pinza superiore, coordinata, finalistica e associata ad esperienze visive e tattili. Compare inoltre la capacità di rilasciare l'oggetto. Alla maturazione della prensione volontaria seguono la capacità di usare le due mani simultaneamente e infine l'uso di una mano dominante nelle attività bimanuali. Il passaggio dagli atti fortuiti, imprecisi e disarmonici a quelli finalizzati, precisi ed armoniosi rappresenta l'origine delle vere e proprie prassie. CLASSIFICAZIONE DELLE PRESE Raggiunto un controllo completo dei movimenti della mano è possibile avere a disposizione una vastissima gamma di modelli prensili che vengono utilizzati per i differenti compiti che di volta in volta devono essere eseguiti. La modalità di prensione può essere classificata in due gruppi in rapporto alla natura del lavoro da sostenere: prese di forza e pinze di precisione. Prese di forza La presa di forza richiede l'impiego di tutta la mano, del pollice, delle quattro dita e del palmo. Lo scopo è una presa forte e sicura degli oggetti. Nelle prese di forza sono comprese:


presa a gancio: è usata per portare gli oggetti con impugnatura orizzontale. Le dita devono mantenere solo una posizione di semiflessione (fig. 43) su cui appendere l'oggetto. Il pollice può chiudere l'uncino. Il palmo non è quasi mai coinvolto;

presa cilindrica: è usata per oggetti con manico a struttura tubolare. Il movimento di base è la flessione ed adduzione delle dita a livello delle metacarpo falangee ed interfalangee ed opposizione del pollice (fig. 44);

presa sferica: è la presa più complessa perché richiede un'appropriata adbuzione e flessione delle dita con opposizione del pollice. Tale modalità di presa viene richiesta per oggetti sferici (fig. 45), a seconda del diametro si accentua il grado di abduzione.

Presa a gancio

Presa cilindrica

Presa a sfera

Pinze di precisione Si usano in genere le prime tre dita per la prensione degli oggetti più piccoli, a volte si usano solo le prime due. Nelle pinze di precisione sono comprese: 

Pinza laterale: il contatto avviene tra il pollice e la superficie radiale del dito indice. Può essere prossimale, media, distale a seconda del grado di abduzione del pollice;

Pinza palmare: il contatto del pollice con le altre due dita (indice e medio) avviene con i polpastrelli. Le dita sono addotte e semiflesse alle interfalangee


prossimali e alle metacarpo falangee ed estese alle interfalangee distali. E’ la pinza che permette di usare una penna; 

Pinze distali: o pinza per opposizione subterminale - richiede l'opposizione del pollice alle altre dita (fig. 48). o pinza per opposizione terminale - richiede l'opposizione dell'estremità ungueale del pollice a quello delle altre dita singolarmente. È una modalità di prensione molto- fine e discriminatoria (raccogliere un ago (fig. 49).

Pinza laterale

Pinza palmare

Pinza distale subterminale


Pinza distale terminale La struttura ossea e articolare della spalla, del gomito e dell'avambraccio può essere considerata un primo subsistema che ha il compito di orientare il polso nella posizione corretta perché la mano, come secondo subsistema, eserciti la sua funzione manipolativa e conoscitiva; infatti, il gesto di prensione può essere suddiviso in quattro fasi: 1. Proiezione della mano verso l'oggetto eseguita attraverso movimenti della spalla che regolano la direzione del gesto, movimenti del gomito che regolano la distanza per il raggiungimento dell'oggetto, ed i movimenti del complesso articolare avambraccio-polso che orientano la mano nel modo più appropriato in rapporto al tipo di oggetto da afferrare. 2. Prensione e manipolazione secondo gli stili di prensione descritti in precedenza. 3. Tenuta e trasporto dell'oggetto consiste nella combinazione di movimenti prossimali sui vari piani dello spazio, associati alla capacità di mantenimento dell'oggetto da parte della mano. 4. Rilascio la fase di rilascio volontario è esercitata dall'azione dei muscoli estensori delle dita mentre l'articolazione del polso accompagna fisiologicamente il movimento di estensione delle dita con una lieve flessione palmare. La mano oltre ad essere un organo di esecuzione, rappresenta un ricevitore sensoriale molto sensibile e preciso i cui dati sono indispensabili alla sua stessa azione. Nella manipolazione, infatti, le afferenze sensitive svolgono un ruolo fondamentale poiché guidano e modulano la funzione esplorativa e conoscitiva della mano, prevalentemente attraverso la percezione tattile. Le afferenze tattili oltre ad esplicare un'azione di tipo conoscitivo rispetto all'ambiente esterno, raccolgono informazioni che permettono all'individuo di


compiere adeguatamente le successive performance motorie; infatti sia i recettori tattili sia propriocettivi permettono l'adattamento alla forma dell'oggetto e la forza della presa.


LA PRESA La presa può essere a gancio, cilindrica, sferica o a pinza. Le prese a pinza, che più c'interessano per quanto concerne la scrittura, possono essere: a pinza laterale (sul laterale del dito); a pinza palmare (quella utilizzata nella comune impugnatura della penna; lo strumento viene appoggiato al palmo); a pinza subterminale (rispetto alle falangi); a pinza terminale (quando, ad esempio, tiriamo un pelo). Di queste prese la presa a pinza palmare è quella che c’interessa di più. Esistono varianti della presa palmare che per noi diventano impugnature dello strumento scrittorio. L’IMPUGNATURA Come abbiamo visto il concetto d’impugnatura si differenzia da quello di prensione poiché riguarda solamente l’atteggiamento della mano che tiene lo strumento scrittorio, mentre il concetto di prensione è assai più ampio riguardando anche tutto l’aspetto neurologico che sottende a tale atto motorio. Esistono vari tipi d’impugnatura, classificate secondo i vari autori in maniera diversa; noi abbiamo voluto riassumere le impugnature più comuni raggruppandole in 5 sottogruppi nei quali sono possibili piccole varianti personali. IMPUGNATURA CORRETTA O ERGONOMICA La penna viene impugnata in modo ergonomico, cioè senza tensione. Il dito indice appoggia l’intero polpastrello sulla parte anteriore dello strumento scrittorio. Il dito pollice fa da spinta laterale sempre con il polpastrello. Il dito medio è solo appoggiato, non spinge, nella sua parte laterale. Questa è la posizione assunta più di frequente. Le posizioni possono essere diverse a seconda della Impugnatura corretta

vicinanza o della lontananza dalla punta della penna. Questo perché possiamo scrivere tenendo la punta della

penna molto distante dalle dita o, con la stessa impugnatura, più vicina alle dita. Più è vicina l’impugnatura alla punta, più il risultato sarà tensivo; più è lontana


l’impugnatura più è indice di distacco, di allontanamento e d'imperturbabilità. Infatti, quando è lontana l’impugnatura si avvicina a quella del pittore. La scrittura in questo caso dovrebbe risultare più distesa e meno contratta. Se certe prese lasciano dei calli o delle incisioni sulle dita ciò è legato al fatto che quel dito ha un’azione particolare per il soggetto. La forza di pressione sulla penna, non sulla carta, nel momento in cui scrive è molto forte, C’è un bisogno di controllo. Lo strumento deve essere tenuto marcato perché la struttura del soggetto ha bisogno di ritorni molto forti. IMPUGNATURA DI PUNTA Il medio non appoggia lateralmente; fa solo da punto di riferimento e di appoggio alle dita indice e pollice che gestiscono quasi interamente la presa e la gestione dello strumento.

Impugnatura di punta IMPUGNATURA A QUATTRO DITA Presa con quattro punti di appoggio dove il medio prende il posto dell’indice. Sembra che il dito indice sia inutile, in aggiunta. A differenza delle prese precedenti, questa presenta quattro punti di appoggio sulla penna. C’è, infatti, il polpastrello del pollice, il polpastrello dell’indice, il medio e l’anulare, che fa il lavoro del medio. Questa presa segnala un aumento del controllo della mano sulla penna perché maggiore è il numero di punti d’appoggio.

Impugnatura a quattro dita


IMPUGNATURA LATERALIZZATA Lo strumento non è tra pollice ed indice ma tra indice e medio. Questo obbliga, abitualmente, ad un'estensione delle dita. Obbliga a scrivere con le dita estese. E’ una posizione simile alla figura 35 con il medio che fa da regolatore; è un’impugnatura a pugno chiuso.

Impugnatura lateralizzata

IMPUGNATURA A PUGNO Nella figura vediamo due dita che sopravanzano la penna. La persona sembra quasi avvolgere lo strumento. Spesso queste persone o hanno avuto problemi di motricità nell’infanzia o hanno avuto problemi di sofferenza prenatale per cui questa presa risulta essere residuo di un'afflizione dei centri nervosi, di controllo. E’ rimasta, dunque, un'impugnatura ma anche una prensione particolare, caratteristica questa che può essere presente anche in persone che hanno dita molto lunghe.

Impugnatura a pugno


LA SENSIBILITA’ TATTILE DELLA MANO I recettori tattili di cui il cervello dispone per fare della mano uno strumento di lavoro sensibilissimo sono infiniti. Nella pelle che ricopre la superficie volare della mano hanno sede circa 17000 unità tattili distribuite tra palmo e dita. Sono terminazioni di fibre afferenti primarie, mieliniche, con una notevole velocità di conduzione. Dal punto di vista funzionale si possono riconoscere tipi diversi di recettori tattili con differenti livelli di sensibilità. L'errore nella sensibilità è minimo nei polpastrelli e aumenta quando si risale in direzione prossimale lungo l'arto. È stato dimostrato che, su quasi tutta la superficie della mano, lo stimolo minimo capace di indurre la sensazione del contatto corrisponde perfettamente alla soglia di attivazione dei recettori. Infatti i recettori entrano in funzione per stimoli di entità a loro equiparata e non ad altri. Ciò significa che i vari recettori svolgono un importantissimo ruolo di sentinelle. Il sistema nervoso presta poi particolare attenzione ai messaggi anche minimi provenienti dai recettori dinamici e ciò è testimoniato dalla microstimolazione: basta, infatti, un solo impulso nervoso in una singola unità recettiva perché il contatto sta avvertito a livello centrale. Un altro importante aspetto della sensazione tattile riguarda la capacità di risoluzione spaziale, cioè la capacità di riconoscere, l'uno dall'altro, due punti contigui stimolati simultaneamente. E’ ben noto che la capacità di discriminazione spaziale è più sviluppata nei polpastrelli che nelle altre regioni della mano. È per questo che si usano le punte delle dita per apprezzare meglio la «grana» di una superficie ed è questa la ragione per la quale tali differenze permettono una corretta valutazione della pressione della penna sul foglio valutandone il solco. È intuitivo supporre che ciò dipende dalla maggior innervazione delle zone distali; la prova che ciò è vero viene dal confronto tra la minima distanza discriminabile e la densità delle unità recettive presenti nelle diverse aree della cute. Nelle zone in cui le unità recettive sono più affollate, come nei polpastrelli, si ha il massimo della


capacità discriminativa. Aumentando la distanza fra le singole unità recettoriali, queste non riescono più a coprire l'intera superficie cutanea e di conseguenza diminuisce la capacità discriminativa. La capacità discriminativa dipende dalla densità delle unità tattili a piccolo campo recettivo. È massima nei polpastrelli dove queste unità, sia statiche sia dinamiche, sono più numerose. Occorre aggiungere che, nonostante la distribuzione topografica del potere di discriminazione spaziale rimanga immutabilmente legato alla densità dei recettori, il suo valore assoluto in ogni punto può modificarsi, anche in modo rilevante. Diminuisce con l'età, per esempio, come quasi tutte le funzioni sensoriali; ma può anche aumentare. Basta addestrare i propri polpastrelli, anche soltanto per poche sedute, e la distanza minima percepita si riduce, fino anche a dimezzarsi. L'acuirsi della sensibilità non riguarda soltanto le dita allenate, ma anche, seppure in minor misura le dita corrispondenti dell'altra mano. Da questa plasticità della percezione deriva la maggior acuità Figura 2 Acuità visiva

tattile dei ciechi e la loro capacità di

leggere speditamente l'alfabeto Braille. Se l'esercizio è sospeso, il potere di discriminazione ritorna lentamente ai valori di partenza.


Queste notizie sono, per esempio, di primaria importanza nel controllo delle forze frizionali che mantengono salda la presa di un oggetto. Per ben afferrare sia un babà al rhum sia un martello o una mazza la forza delle dita deve essere calibrata in modo tale che l'oggetto né scivoli né rimanga schiacciato. E va tenuto presente che gli ambiti di forza compatibili con le due opposte necessità sono ben diversi negli esempi appena citati e negli innumerevoli altri che è facile trarre dall'esperienza quotidiana. Alcuni studiosi si sono presi la briga di verificare come varia la forza di prensione in rapporto alle caratteristiche di superficie dell'oggetto afferrato. Ne è risultato che la presa della pinza pollice-indice (vedi capitolo prensione) è di solito quella sufficiente a mantenere saldo l'oggetto. Essa è tanto più vigorosa quanto più l'oggetto è pesante e quanto più è scivolosa la sua superficie, rispettandone comunque l'integrità. La muscolatura delle dita sembra guidata dalle informazioni che giungono dalla superficie di contatto con l'oggetto: se questo tende a scivolare e sottopone la cute a uno stress tangenziale, la forza aumenta automaticamente solo di quel tanto che è sufficiente perché la presa si stabilizzi. Se si tratta semplicemente di sostenere ciò che si è afferrato, è giusto non eccedere, per non rischiare di deformare o di rompere le cose più fragili e delicate. Che tutto dipenda dai recettori cutanei lo dimostra il fatto che la regolazione è perduta se si anestetizza la pelle delle due dita di presa. Questo sistema di controllo basato sulle capacità tattili della mano è un sistema di controllo assai raffinato e serve anche per rendere così personalizzata la scrittura. Mentre si scrive le modulazioni delle dita della mano inviano continui messaggi sullo stato del movimento e ricevono a loro volta continue informazioni per regolare lo stesso sulla base di ciò che si vuole ottenere. In genere si può dire che è proprio la sensibilità legata ai corpuscolo sensori delle dita che permette micro-variazioni nella scrittura tanto da renderla assolutamente inimitabile e irriproducibile.


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