PSICOLOGIA 2° ANNO LEZIONE ONLINE n° 4 AGGRESSIVITA’
Freud sostiene che esistono nella personalità due forze opposte: EROS com'espressione della sessualità e dell’amore per la vita (biofilia) e THANATOS come fonte della pulsione distruttiva, come lato oscuro dell’individualità che per Fromm è espressione di necrofilia (amore per la morte), ossia negazione della vita. Com’è il comportamento dell’aggressivo o meglio come si manifesta l’aggressività nel comportamento umano? Possiamo elencare alcune caratteristiche che sono la motivazione che sta alla base di tale comportamento.
E’ aggressivo l’uomo che riduce sul lastrico chi si rivolge a lui per bisogno (lo strozzino).
E’ aggressivo colui che rifiutato in amore ammazza il partner.
E’ aggressivo colui che ruba (atti che succedono nei bambini, ma anche nelle persone ricche).
È aggressivo chi altera la verità diffondendo notizie false o non suffragate dal filtro (il cosiddetto pettegolezzo).
È aggressivo il bambino che dà un pizzicotto alla sorellina o al fratellino.
È aggressivo chi strombetta al volante.
Qual è l’essenza dell’aggressività?
Benché i comportamenti possano variare in forme diverse di violenza fisica e/o verbale, o di tacita offesa, sono tutti modi offensivi, che feriscono o recano danno a un’altra persona. Nella nostra cultura si riscontrano atteggiamenti aggressivi che sono incoraggiati negli affari, nello sport, nella pubblicità, nell’infanzia, nella famiglia, ma soprattutto si stimolano i ragazzi ad avere il più possibile e a fare pressione su chi conta o possiede di più. L’aggressività quindi è una pulsione che, se non controllata a modo, può
creare
atteggiamenti
violenti,
sottintendendo
sempre
una
frustrazione. Non si nasce aggressivi, non si nasce violenti, ma si diventa. Infatti, esistono persino scuole e corsi per formare ragazzini e giovani alla violenza. Tale sintomo sta diffondendosi, per cui è doveroso chiedersi il perché. Oggi il tabù sull’educazione sessuale ha lasciato il posto al liberalismo e l’assenza di norme non equivale a libertà. Occorre invece dare un significato
alla
vita
se
vogliamo
trovare
quel
coefficiente
indispensabile per l’equilibrio umano che è l’amore per la vita. I segnali della distruttività non vengono solo dall’America, ma anche dalla nostra cara Italia. Ci sono segnali universali di una società collettiva
basata
sulla
violenza:
vedi
Russia,
Medio
Oriente,
Indonesia, Cina e altre nazioni. E’ possibile prevenire la violenza? I segnali che vengono dai più giovani: certe compressioni, incerte situazioni economiche, errate educazioni allo sfruttamento dell’altro sono tutti segnali che possono indurre il ragazzo alla fuga, alla noia, alla distruzione per il solo desiderio d’avere. Ci sono poi modelli culturali che inducono il ragazzo a sfruttare la vita più che a viverla. C’è una sorta di eredità che è tramandata di padre in figlio, come nel caso della mafia.
La violenza è una spinta istintuale a dominare il più debole, a sopraffare l’altro, a competere in modo distruttivo. E nell’uomo l’istinto primordiale di andare contro il proprio simile diventa crudeltà. In tal caso egli non ragiona più e paragonarlo a un animale si fa quasi un’offesa a quest’ultimo. Se nel passato il bambino nell’età dello sviluppo veniva caricato di regole, di restrizioni, di ambiente troppo chiuso, di un eccessivo moralismo, oggi il fatto di avere poco tempo per stare con loro, per la fretta di fare e di ottenere, porta l’ambiente familiare a essere sempre più terribilmente lontano. L’apprendimento a vivere empaticamente le emozioni e a sentirsi insieme, stimola l’individuo e quindi permette di sentirsi parte necessaria della vita. Dice Freud, “due sono gli elementi d’equilibrio psicofisico: l’amore e il lavoro”. Sembra invece che l’eros oggi punti sulla devianza sessuale e il lavoro sia visto come maledizione, poiché basta girare una ruota o conoscere un motivetto o spacciare per avere tanto denaro senza fatica. L’avere tutto e subito toglie la passione della conquista, e quindi il valore che essa implica. Così il disagio economico o la povertà in assoluto fanno perdere la dignità all’individuo e, se tale disagio non trova risposte adeguate, l’esplosione alla violenza o alla guerra è la naturale conseguenza (vedi Pakistan, Ruanda, ecc…). Solo se un individuo è molto attivato e motivato può ridurre la violenza, indirizzando le proprie risorse verso scopi creativi. Aiutando il bambino fin da piccolo a investire la propria aggressività in attività
creative e sportive sottraendolo a giochi aggressivi o all’interferenza obbligata televisiva, noi potremo già indirizzarli a vivere con maggiore empatia la vita. E alla fine vorrei ricordare che c’è un atto criminale grave ancorché nascosto, ma non per questo meno violento, che è l’uccisione di sé stessi e della propria vita (toedium vitae), poiché come esseri dormienti si può vagare nel mondo senza significato, senza chiedersi un perché. Ne sanno qualcosa le Comunità che pullulano d’individui distrutti dal cancro della droga. Il mondo adulto si sente sradicato, impreparato e poco aiutato ai cambiamenti imprevisti e repentini. La stessa informazione dei mass media può essere chiamata in causa come elemento dissacrante la personalità. Forse l’adulto è in preda al panico perché lui stesso non sa quale strada prendere. Dice Heinz Kout, medico e psicoanalista a Chicago: “Un uomo non è in grado di sopravvivere psicologicamente in un contesto psicologico che non gli risponde empaticamente più di quanto non sia in grado di sopravvivere fisicamente in un’atmosfera priva di ossigeno”. Evoluzione dell’aggressività L’aggressività è una risposta alla frustrazione. Il territorio per il gioco, per vivere secondo natura, è importante per lo sviluppo armonico dell’individuo;
se
viene
a
mancare,
la
frustrazione
produce
aggressività, che può esprimersi attraverso diverse modalità, che vanno dal comportamento arrogante, spavaldo, insolente, maldicente, all’ironia, satira, insulto, pettegolezzo.
Inoltre, l’aggressività può essere sublimata. L’artista (pittore), spinto dal desiderio di superare la bidimensionalità della superficie, violenta fisicamente la tela, sublimando così la sua pulsione aggressiva. Essa può quindi essere traslocata in forme produttive, creative, socialmente utili e realistiche, ma comunque meglio accettate. In questo l’aggressività ha un contenuto di maturità emotiva. E’ questo tipo di aggressività che spinse l’uomo ad attuare un lavoro, a realizzare una ricerca scientifica, a creare un’opera d’arte. Perché l’aggressività sia produttiva occorre che essa si situi in un rapporto interpersonale. Mentre diventa motivo di alienazione quando questo rapporto viene interrotto; ne consegue che il soggetto è incapace di identificarsi con gli altri, di comunicare qualcosa di sé, di sentirsi parte del mondo e con il mondo. Questo isolamento affettivo porta a frustrazioni, che trovano ipercompensazioni nell’aggressività violenta come espressione di una profonda infelicità. L’aggressività più violenta è rivolta verso se stessi, è quella del suicidio, poiché contiene valenze di forte dipendenza dall’oggetto d’amore. Il suicida, uccidendo se stesso, è come se uccidesse la persona odiata e/o in precedenza amata. Può anche significare la determinazione del soggetto a “gettare il cadavere sulle spalle di qualcuno”, e quindi la possibilità di far sorgere sensi di colpa in chi rimane e si è sentito o si sentirà, anche se inconsciamente, causa del lutto. Esistono due forme di aggressività: L’aggressività
verbale,
diretta
verso
l’ambiente
quindi
eterodiretta. L’aggressività di contenuto, auto-diretta – cioè verso se stessi. La prima aggredisce all’esterno, e quindi butta fuori ciò che sente dentro (vomito che libera).
La seconda ingoia, trattiene, non manifesta ciò che sente e si riempie di rancore (covare aggressività = sintomo di fissazione anale). L’aggressività è istinto di vita, ma non deve trasformarsi in violenza; ma perché ciò avvenga, occorre che già il bimbo possa esprimerla nella sua pienezza, senza inibizioni, investendola, per esempio, nello sport o in attività artistiche. L’aggressività dei nostri giorni è dovuta all’impossibilità del giovane di esprimersi in modo creativo e ludico. La noia è portatrice di violenza, perché il soggetto ha bisogno di sentirsi vivo, seppur come eroe negativo. L’aggressività, pur dovendosi considerare una forza istintiva, emerge quando
l’individuo
subisce
una
frustrazione,
intendendo
per
frustrazione uno stato psicologico determinato dall’impedimento di un atto tendente a soddisfare un bisogno. La collera Una delle manifestazioni dell’aggressività è la collera, che va intesa come l’istinto aggressivo che reagisce a ciò che offende ed è una peculiarità dell’uomo. Essa ha, come spesso accade, due estremi, uno positivo e uno negativo che estremizzano un dato medio: In eccesso: TEMERARIETA’ Nel mezzo: CORAGGIO Per difetto: VILTA’ La vera contrapposizione però non avviene tra l’elemento mediano e i due estremi, bensì tra gli estremi stessi; non quindi temerarietà contrapposta a coraggio, bensì a viltà.