STORIA DELLA GRAFOLOGIA 2° ANNO LEZIONE ONLINE n° 3 GRAFOLOGI MENO NOTI Marco Aurelio Severino (1580-1656) Medico di Napoli, cominciò la pubblicazione di un’opera sulla divinazione del carattere dalla scrittura (“Vaticinater, sive Tractatus de Divinatione Literalia), ma egli morì di peste e non poté finire il lavoro. Goffredo Guglielmo Leibnitz (1646-1716) Dalla sua “Opera, tomo VI”: “La scrittura esprime quasi sempre in uno o in altro modo l’indole nostra, a meno che non sia opera di un calligrafo”. Johann Kaspar Lavater (1741-1801) Dietro consiglio di Goethe, si occupò della scrittura e vi consacrò un capitolo della sua opera sulla fisiognomica. Per primo ha affermato che ci sono scritture nazionali, come per le fisionomie, e soprattutto nota l’analogia che esiste tra il linguaggio, l’andatura e la scrittura. Delestre (pittore dell’800) “Scrivere è fissare l’immagine del gesto mentale: ciascuno ha una scrittura normale e una occasionale, secondo lo stato d’animo emotivo e di passione”. Eduard Hocquart (1787-1870) Contemporaneo di Michon, questo letterato non è riuscito a ottenere uguale fama del suo connazionale, forse per la forte personalità dell’abate o forse per non aver incontrato un pubblico pronto e ricettivo, visto che le sue opere precedono di qualche decennio quelle di Michon. Il primo scritto di grafologia viene infatti pubblicato a Parigi, per gli editori Saintier, nel 1812 (“L’art de
juger le caractére des homines sur leur écritures”) e il secondo nel 1843 (“Physionomies des homines politiques”). In queste opere l’autore affronta il problema della diversità tra ogni scrittura, sia in base al sesso che alla nazionalità, alla famiglia o all’età. Si sente in esse una forte influenza della fisiognomica e della caratterologia, ma esistono anche spunti di un certo interesse, soprattutto quando riesce a sganciarsi dai criteri rigidi della fisiognomica. Parlando dell’inclinazione e della velocità, sostiene che una scrittura “ardita”, nella quale gli assi si piegano repentinamente tra di loro (contorta), è indice di una “estrema vivacità e insieme di un carattere violento”. “E’ evidente che qui lo spirito, andando più veloce della mano, la costringe a uno sforzo invano di seguirlo nella sua marcia”. E’ un tentativo di trovare ragioni plausibili e spiegazioni razionali di un movimento grafico che è sostenuto da stimolazioni cerebrali che trovano nella mano uno strumento da un lato limitante (velocità) e dall’altro adatto (precisione) a rispondere adeguatamente allo stimolo. Le opere di Hocquart si concludono tutte con profili di personaggi famosi, tra i quali
ricordiamo
quelli
di
Luigi
XIV,
Napoleone
I,
Pascal,
Elisabetta
d’Inghilterra, Richelieu e Mazarino. G.B.F. Descuret Medico, pubblica nel 1851 “La medicina delle passioni”, che nel quinto capitolo, riguardante la semiologia, tratta del “modo di scrivere”, cioè di formare le parole, e sostiene che “anch’esso fa intravedere qualche cosa dell’indole dell’individuo e anche delle reazioni”. E’ questo un piccolo capitolo, che però ci dà un’idea di come già allora si osservasse la scrittura per trarne deduzioni sul carattere delle persone. Dice l’autore: “un piccolo scritto … parto del loro ingegno”. Come si vede è poca cosa, ma ci è sembrato comunque utile inserire questo autore nel quadro della storia della grafologia per sottolineare come una volta, forse per certi versi più di oggi, il mondo medico fosse attento a questo tipo di indagine che, se anche esulava dal metodo prettamente scientifico, era tuttavia utilizzata per aumentare il più possibile gli strumenti a disposizione del diagnostico per conoscere l’uomo. Una curiosità nel libro di Descuret è la nota dove l’autore riporta un profilo fatto dall’allora famoso abate Flandrin:
“Confesserò nonostante che avendo avuto occasione di porre sott’occhio dell’Abate Flandrin parecchi autografi di individui appartenenti a varie classi della società, sei volte sopra sei restai sorpreso dalla fedeltà de’ ritratti che delineava dopo qualche minuto di osservazione. Volendo tentare un’ultima prova, gli presentai alcune righe pregandolo a dirmi ciò ch’ei pensava del carattere della persona che le avea scritte. Ecco la risposta che mi dette nel momento: ‘Esito a decidere a qual sesso appartenga. S’è un uomo, ha la squisita sensibilità della donna; s’è una donna, ha l’energia e la fermezza di un uomo.’ Poi esaminando con maggiore attenzione soggiunse: ‘Or son certo ch’è un uomo chi ha scritto queste righe. Un uomo di nobile e bella immaginazione, ma di un cuore più generoso e nobile ancora. La sensibilità domina in esso, e se l’occasione si presentasse, il suo entusiasmo giungerebbe fino al sacrifizio della vita. Questa bell’anima non sa odiare, è troppo nobile e troppo elevata per vendicarsi. Alle ingratitudini, alle ingiustizie della vita non ha risposto che con l’amore e col perdono. Costui ha dovuto essere un figlio tenerissimo, un amico, il più fedele, generosissimo cittadino. Sarebbe stato un prode capitano; ma più valoroso che prudente. Se le circostanze nelle quali è stato collocato gli han permesso di sviluppare le sue facoltà intellettuali, deve essere un gran poeta; il poeta dell’amore, de’ nobili affetti, e della grandezza dell’animo. Se ha potuto conoscere il cristianesimo non è possibile che non sia cristiano. Il suo difetto dominante è la mancanza dello spirito d’ordine e di calcolo. Sarebbe stato un esperto negoziante; non è nato per gli affari; ora queste disposizioni portate all’eccesso possono formare un vero difetto. E questo difetto è il solo che un’attenta osservazione possa permettermi di appuntare in questo bel carattere che può anche avere avuto le debolezze delle sue virtù, ma non può essere stato schiavo di alcun vizio’. Ora colui il quale dal Flandrin veniva giudicato in tal guisa sopra il suo scritto era il virtuoso autore della Francesca da Rimini, delle Mie Prigioni e dei Doveri degli Uomini. Era Silvio Pellico”. M. Adolf Henze Grafologo tedesco, pubblica nel 1862 la sua “Chirogrammatomancie. Oder Lehre der Handschriftendemtun”, nella quale espone la sua teoria in cui si dà più spazio alle capacità intuitive di ogni singolo studioso che non alle possibilità diagnostiche della grafologia.
Alla base del suo metodo, comunque, stanno alcuni fatti che sono stati poi ripresi e approfonditi da altri studiosi. Egli sostiene che la scrittura è assolutamente personale già nell’età del suo apprendimento, e anzi mantiene un suo tipico carattere anche se stilata con la mano “non dominante” o con il piede. Variano invece, con il passare degli anni, alcuni fattori che, se pur non ne alterano l’essenza, segnalano i vari stati d’animo. Anche lo strumento usato può modificare la scrittura, ma Henze sostiene che già la scelta di un tipo di penna piuttosto di un’altra ha un suo preciso significato psicologico. L’autore infine dichiara apertamente che la grafologia non è utilizzabile nell’orientamento professionale, mentre può essere di aiuto nello studio della compatibilità matrimoniale, poiché è bene che nella coppia esista “omogeneità” di scritture. Adolphe Desbarrolles La sua opera “Rivelazioni complete della nuova chiromanzia, in armonia con le scienze della divinazione basate sulla fisiologia: frenologia, grafologia, studi fisiologici, rivelazioni del passato, conoscenza dell’avvenire”, pubblicata a Parigi nel 1922, è un tipico esempio di come la grafologia venisse spesso accostata ad altre scienze, non avendo una sua propria autonomia e codificazione. Ecco come il Desbarolles descrive la sua adesione a tale scienza: “L’idea dello studio della scrittura mi è venuta per intuizione, improvvisamente. Mi mancava il significato della scrittura, che deve naturalmente trovarsi in perfetto accordo con tutte le altre scienze della divinazione. Ho raccolto le lettere dei miei amici, dei quali conoscevo il carattere, le ho confrontate con quelle di altri amici di attitudine differente, e poi ho studiato in biblioteche le grafie degli uomini che nella storia ci hanno raccontato le loro passioni. Volevo conoscere non solo la rivelazione di qualche particolare, ma le loro attitudini, passioni, gusti, il genere delle malattie, le tendenze al bene e al male secondo gli impulsi buoni o cattivi degli astri”. Durante un viaggio in Germania incontra a Lipsia un grafologo che si interessa di autografi (Henze?). Decide di scrivere “I misteri della scrittura”, nel quale studia caratteri, passioni e istinti in rapporto alle influenze astrali.
S’incontra con Michon, ma ben presto entra in polemica (1870) e proclama la sua originalità rispetto a Michon. Ne “I misteri della scrittura” individua più di trenta segni o, meglio, gruppi di segni correlati a caratteristiche comportamentali e psicologiche reperibili in una scrittura. L’autore si sofferma ampiamente sulla riunione dei segni collegati in funzione astrologica, per cui si danno le tipologie: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte … In questa ottica esamina le grafie di personaggi famosi. Infine il Desbarolles si chiede quale è lo scopo nel cercare di penetrare i misteri della grafologia. “Evidentemente – sostiene – quello di trovare un mezzo che ci metta in guardia contro le persone nocive”. E allora ribadisce i segni rivelatori delle nature da evitare. Dopo aver minuziosamente analizzato i segni, l’autore si chiede quale utilità ha tratto dalla grafologia per le ricerche sui caratteri: ha avuto alcune indicazioni di dati, che avrebbe solamente intuito, una conferma di un’idea. E’ senza dubbio una scienza secondaria, ausiliaria, capace di rendere importanti servizi, ma col rischio di dare risultati poco importanti e anche pregiudizievoli. Critica la tendenza degli adepti della grafologia di mutare la scrittura, pur riconoscendo loro un lato misterioso che quasi tocca il misticismo. In sostanza, si tratta di un personaggio che ha trovato nella grafologia l’opportunità di ampliare il suo già esteso campo d’interessi e di ottenere eventuali conferme indirette ad altre scienze. Peccato che in questa dispersione si notino spesso leggerezze o, forse, curiosità che poco apportano alla crescita della scienza e molto invece alla sua divulgazione presso la massa. E’ il caso, ad esempio, dello studio sui tagli delle “t” minuscole, di cui esponiamo alcuni esempi significativi: -
=
orgoglio
-
=
spirito di dominio
-
=
perseveranza, temerarietà
-
=
vivacità, collera
-
=
difficile socializzazione
-
=
energia, tenacia
-
=
impetuosità senza perseveranza
-
=
immaginazione senza volontà
-
=
decisione rapida
-
=
mancanza di volontà
Cesare Lombroso (1835-1909) Il noto medico criminologo pubblica la sua “Grafologia” nel 1895, nella quale riprende la teoria di Crepiéux-Jamin e cerca di applicarla soprattutto alle scritture dei criminali. I risultati sono, senza dubbio, curiosi e anche interessanti, ma ci sembra che l’autore si sia lasciato prendere la mano e sia così giunto a conclusioni un po’ azzardate e pretenziose. Per quanto concerne la grafologia, sembra che egli si sia un po’ servito di teorie altrui spacciandole per proprie. Risulta infatti da alcune nostre ricerche che “dal Tribunale di Commercio di Rouen il prof. Lombroso e l’editore Hoepli furono condannati in solido a 2.500 lire di danni-interessi in favore di Crepiéux-Jamin, per avere il Lombroso compilati su di un suo libro parecchi capitoli di un’opera sulla “Grafologia” stampata dalla Hoepli”. La citazione così diceva: “Attesoché C. Lombroso e l’editore Hoepli pubblicarono in Milano un’opera che in parecchi capitoli e in gran numero di parti di questi capitoli non è che riproduzione pura e semplice in italiano del testo servilmente tradotto dell’opera di Crepiéux-Jamin; che insomma l’opera del Lombroso è una contraffazione e un vero falso”. (dalla Rivista Penale 1896, I, 98). La corte d’appello di Rouen ha confermato la sentenza di quel tribunale (Rivista Penale 1896, II, 389). Giulio Obici Medico psichiatra, pubblica nel 1898 un interessante studio “Sulla fisiologia della scrittura”, nel quale espone il proseguimento delle ricerche iniziate qualche anno prima e raccolte in un altro lavoro pubblicato nel 1897 “Di un istrumento per raccogliere le grafiche dei movimenti delle dita nella scrittura (Grafografo)” nella rivista di patologia nervosa e mentale. Già dai titoli si comprende che l’impostazione delle sue ricerche verte sullo studio delle componenti neuro-muscolari che producono lo scritto, premessa indispensabile per sostenere scientificamente le possibilità interpretative della grafologia. Non risulta che Obici si sia interessato direttamente degli aspetti
psicologici connessi al metodo grafologico, anche se nella premessa accenna al fatto che solo da un’analisi accurata della fisiologia si può poi passare a un approfondimento degli aspetti psichici interpretativi. Interessanti risultano, senza dubbio, le metodiche utilizzate, che tendono a trasformare le forze pressorie usate dallo scrivente in grafici dimostranti l’intensità dei movimenti parziali nei vari momenti scritturali: aste, filetti e curve. L’autore
sostiene
che,
purtroppo,
“i
grafologi
dimenticano
l’analisi
neuromuscolare della scrittura, mentre poi, a loro confessione, è appunto per mezzo di fenomeni neuromuscolari di movimento che si rivela il tono psichico coesistente nell’animo di chi scrive”. Raimondo Astillero Siamo nel 1920 e la prima edizione del Trattato di Moretti è uscita da qualche anno, quando nei “Manuali Hoepli” viene pubblicato il trattatello “Grafologia scientifica” di R. Astillero (emanazione di un non meglio precisato Istituto Grafologico Italiano con sede in Milano). Influenzato dalle scuole francesi, Astillero tenta di codificare un sistema interpretativo fondato su alcuni principi generali, secondo i quali, ad esempio, “il valore di un segno non può mai essere assoluto”. Traspare in tutta l’opera la diretta influenza di Crepiéux-Jamin, che viene, per così dire, “spezzettato e semplificato” a uso del lettore italiano. Così vengono ripresi i gruppi dell’autore francese, ai quali egli aggiunge alcuni sottogruppi che presentano una polarità: angolosa/arrotondata, vivace/molle, rapida/lenta, … Ognuno di questi sottogruppi poi presenta un significato “principale” e uno “accessorio”. Nel caso di costante uso di un certo segno, anche in condizioni di forte emozione, l’autore suggerisce di accordare il significato principale, mentre se l’uso è saltuario allora subentra l’accessorio. Così, ad esempio, la scrittura costantemente verticale rivela principalmente “freddezza, riserbo, energia, padronanza di sé, irrigidimento”, ma, nel caso a essa si alternino forme inclinate, il significato muta e diventa di “ragione, egoismo, chiarezza di idee, debole sentimentalismo”. Come si nota, siamo di fronte a un metodo grafologico ancora statico e giudicativo, nel quale non c’è molto spazio per la psicologia dinamica. D’altro canto non dobbiamo dimenticare che ci troviamo
nel pionierismo della grafologia quando, intuito il valore diagnostico di questa scienza, si tentava di strutturare un metodo che fosse ripetibile e trasmissibile, col rischio però di catalogazioni arbitrarie e un po’ soggettive. E. Solange Pellat Presidente della “Società Tecnica degli esperti in Scrittura” (una società francese), questo autore pubblica per le edizioni Librairie Vuibert, nel 1927, il suo “Les lais de l’écriture”, nel quale, facendo un chiaro riferimento ai suoi maestri Michon, Crepieux-Jamin, Depoin, Humbert e Busse, esprime un pensiero grafologico tutto di scuola francese. In essa riprende i concetti già espressi in una sua opera precedente (“La graphologie et ses méthodes de vérification esperimentale” 1907), secondo i quali è possibile stabilire leggi precise e per lui categoriche che regolano lo scrivere individuale. Su questa base si inseriscono poi le variabili educative che forgiano l’individualità di ogni scrittura e che possono essere interpretate: egocentrismo, volontà, funzioni mentali, sensibilità, vitalità e anche disposizioni patologiche. Paul Joire Professore dell’Istituto Psico-fisiologico di Parigi e Presidente della Scuola Universale di Studi Psichici, pubblica in Milano nel 1932, il suo “Trattato di Grafologia scientifica” per la casa editrice Mercurio. Nella prefazione egli sostiene che “chi vuol studiare l’organismo umano dal punto di vista fisiologico o anatomico, si vale delle conoscenze acquisite in tutti i rami della scienza. E’ così che il termometro ci permette di misurare la temperatura del corpo, lo sfigmografo ci mostra come avviene la circolazione del sangue, la respirazione, tanto nello stato normale come nei periodi morbosi. Il microscopio ci dà modo di studiare le cellule invisibile a occhio nudo, la fotografia e la radioscopia ci permettono di esplorare gli organi interni del corpo umano. Non è forse giusto che lo psicologo cerchi di adoperare vari mezzi e si rivolga a tutte le scienze per meglio conoscere l’essere psichico e lo stato d’animo degli individui? La Grafologia è la scienza che meglio ci permette di analizzare e conoscere lo stato intellettuale e morale degli uomini”. Più avanti l’autore si dilunga sull’analisi particolareggiata dei segni grafologici, di cui tenta una classificazione psicologica.
Interessanti e degni di nota ci sembrano i due capitoli sulla “Grafoterapia” e sulle “obiezioni”. Nel primo egli sostiene che gli esercizi grafologici per modificare la grafia sono un semplice punto di partenza, un germe per lo sviluppo della volontà. Lo sviluppo in effetti avviene trasportando a poco a poco gli atti nelle abitudini, nel carattere. Con la perseveranza ci si può disfare di un difetto e sviluppare la qualità contraria. Il capitolo sulle obiezioni serie è invece impostato schematicamente: 1.
La scrittura varia in una stessa pagina (è un vantaggio, indica diverse
impressioni dell’animo). 2. Si cambia scrittura a piacere (si può cambiare solamente l’inclinazione e la dimensione). 3. Un grafologo può comporsi una scrittura con tutte qualità (la vera natura ritornerebbe nel corso di una pagina). 4. La scrittura rende le impressioni di un momento (l’impressione di un momento non modifica tutto il carattere; esistono infatti tratti principali e accessori). 5. Impiegati e istitutori hanno la medesima scrittura (la scrittura ufficiale è spesso differente da quella intima. Se il soggetto ha solo una scrittura insignificante è un insignificante). 6. Ogni paese ha la sua scrittura (ogni paese ha il suo carattere entro il quale si deve distinguere il carattere personale) Sono queste risposte il risultato di ricerche che hanno impegnato l’autore per anni. Purtroppo non sono corredate da dati statistici probativi. E si arriva così all’ultimo capitolo, nel quale Joire espone il suo metodo per il profilo della personalità. Alla
base
di
un’analisi
della
scrittura
sta
l’individuazione
del
“ritratto
grafologico”. Esso ha per oggetto di ricostruire l’essere intellettuale e morale, armonizzando i vari significati dei segni della scrittura; e come base i segni generali. Questi ultimi vanno confrontati col maggior numero possibile di particolarità di una scrittura. Ciascun tratto di grafia è un movimento psicologico. Il suo significato equivale al rapporto tra l’energia del movimento e i sentimenti corrispondenti. I segni,
come i movimenti, si modificano gli uni con gli altri. Alla fine ogni scrittura dovrà essere classificata come armonica o disarmonica. Per analizzare una scrittura bisogna cercare i caratteri generali (dimensione, direzione,
intensità,
forma,
continuità e
ordine),
e
poi suddividerli in
“dominanti”, “secondari” e “debolmente marcati o tendenze”. Vanno poi individuati i “significati particolari”: volontà spirito ragionativo o assorbente sensibilità egoismo intuizione e deduzione finezza ingenuità dissimulazione carattere espansivo o taciturno immaginazione senso estetico analisi delle maiuscole, della firma e delle paraffe. E’
utile
quindi
correggere
i
significati
secondo
le
risultanti
(tendenze
intellettuali, atti abitudinari, movente degli atti, carattere e relazioni) e stilare una classificazione psicologica (relazioni personali, volontà, stato dinamico e stato psichico). Come si vede, un metodo complicato. La Grafologia è per Joire uno studio delicato nel quale non a tutti è dato riuscire.
Riescono
infatti
meglio
coloro
che
sono
muniti
di
spirito
di
osservazione e ordinati nelle idee. Occorre evitare due grandi scogli: non bisogna credere che sia molto facile e non bisogna perdersi di coraggio credendo che sia troppo difficile. Marianna Leibl Esponente di tutto rispetto nel quadro della grafologia italiana, la Leibl pubblica nel ’35 la sua “Grafologia Psicologica”, che vedrà ben quattro edizioni nel giro di vent’anni, e che contiene il frutto di vaste ricerche operative soprattutto nel campo della Neuropsichiatria. In essa l’autrice espone, oltre agli elementi fondamentali della tecnica grafologica, un quadro abbastanza ampio della
normalità e della patologia, tratte dall’analisi della scrittura. Si sofferma all’inizio a parlare dello sviluppo normale dell’uomo, descrivendo le varie tappe della vita dall’infanzia all’adolescenza,
sino alla vecchiaia,
sempre
con
un’attenzione particolare per gli aspetti devianti. Tratta poi dell’uomo che lavora e crea, stilando brevi ma esaurienti profili di personaggi più o meno famosi. La parte però più interessante è quella nella quale la Leibl tratta della patologia, alla quale dedica più di metà del libro. Innumerevoli sono gli esempi, anche se la consequenzialità tra analisi della scrittura e diagnosi ci sembra a volte un po’ forzata. Resta comunque degno di attenzione e di rispetto il tentativo di dare un metro diagnostico alla grafologia, cosa che fino ad allora nessuno aveva tentato di fare in modo così ampio. Da ultimo va ricordato il curioso capitolo, aggiunto nella quarta edizione, intitolato “Tipologia della donna”. La Leibl inizia a parlare della donna nel ventesimo secolo facendo una carrellata di tipologie originali. Tra i tipi materialistici pone fra le altre la “casalinga laboriosa” e la “donna mercenaria”; tra gli emotivi la “donna camaleonte”; tra gli intellettuali la “donna sfinge”; tra gli intuitivi la “veggente” e la “mistico-religiosa”. Al di là dei limiti che questo tipo di catalogazione può avere, ci sembra curiosa questa analisi differenziata della donna, almeno per quanto concerne alcuni aspetti operativi e sociali. In un certo qual modo la Leibl ha preceduto il movimento femminista, in quanto ha cercato di dare anche alla donna un’identità di stato e di funzione che in passato raramente ha avuto. G. Zanetti e C. Rolandini Zanetti e Rolandini pubblicano nel 1941 “Grafologia. L’arte di conoscere gli uomini dalla scrittura”, che può essere considerata un vero e proprio trattato. Essa parte dalla storia della grafologia, analizza la spontaneità e l’artificiosità dello scritto, l’armonia e la disarmonia, e arriva a codificare una settantina di segni che permettono di stilare un profilo della personalità. Una cosa che viene del tutto ignorata è la quantificazione dei segni, che quindi possono solamente essere presenti o assenti. Più interessanti ci sembrano essere invece gli ultimi capitoli riguardanti “l’età nella scrittura” e la “scrittura nei malati”, nei quali gli
autori, pur sempre riferendosi a Crepieux-Jamin, cercano di riordinare alcuni segni tipici e, ove possibile, patognomonici. Maurice Petiot – Paul Brosson Medico di Marsiglia il primo, ed esperto calligrafo presso il Tribunale di Parigi il secondo, questi autori pubblicano un interessante lavoro, “Morpho-Physiologie de l’écriture” (nel 1957), nel quale si sforzano di dimostrare la fondatezza della grafologia partendo da un discorso fisiologico piuttosto approfondito. La prima parte dell’opera, del dottor Petiot, è infatti tutta dedicata allo studio dei meccanismi motori centrali che sostengono la scrittura, fino ad arrivare, nel terzo capitolo, ad analizzare direttamente la fisiologia del gesto grafico. Originale e degna di attenzione è la parte che riguarda i “Quattro movimenti essenziali della scrittura”, seguita a sua volta da considerazioni fisiologiche, neurologiche e interpretative, con le quali gli autori tentano di mettere in relazione gli aspetti grafici con quelli neuro-motori. Se da un lato tutto ciò può sembrare azzardato, dall’altro ci piace il coraggio pionieristico sostenuto da ragioni e dimostrazioni, che meriterebbe di essere stimolato anche presso gli studiosi attuali, sempre ricordando che ogni affermazione, anche ipotetica, deve sempre essere sorretta da prove e controprove che ne permettano la validità. Nel prosieguo dell’opera il dr. Petiot fa un’analisi assai dettagliata delle variabili grafologiche, nella quale traspare l’influenza della scuola francese di CrepieuxJamin e seguaci. La seconda parte del libro, gestita da Paul Brosson, è invece dedicata alle attinenze che esistono tra tipi di scritture, temperamenti e possibili situazioni patologiche. Capitolo particolarmente degno di attenzione è il XII, dove si tratta di grafometria e si argomenta di una macchina, appunto il grafometro, col quale già nel 1921 Emile Malaspine aveva dato avvio agli esperimenti sulla pressione nella scrittura. Il metodo è semplice e anche un po’ rudimentale. Si tratta di far scrivere un soggetto su un piano mobile, i cui movimenti sono compensati dalla forza contraria di un dinamometro, di cui si registrano le variazioni. In questo modo ogni individuo produce un grafico del tutto personale, col quale possono essere quantificate, oltre naturalmente alla pressione, anche la velocità, la potenza grafica, la traiettoria, la periodicità e il ritmo di una scrittura. Questo
metodo meccanico di registrazione trova alcune applicazioni sperimentali e cliniche in fisiologia, in psicologia, in neurologia, in medicina legale, del lavoro e dello sport. In queste ultime tre, in particolare, viene usato da un lato per l’individuazione di falsi, data l’individualità di ogni grafogramma, e dall’altro per la valutazione dell’affaticabilità. In questo modo si è tentato di affiancare a quella che è la classica analisi di una scrittura, anche un corredo di prove che, separatamente ma in modo complementare, amplia il potere d’indagine attraverso la scrittura.