METODOLOGIA DI ANALISI DEL TRATTO INCHIOSTRATO Giovanni Bottiroli CNR – Università di Pavia INTRODUZIONE La caratterizzazione fisico‐chimica, morfologica e strutturale del tratto inchiostrato di una scrittura costituisce un approccio di fondamentale importanza per la definizione delle
modalità
e
della
cronologia
di
formazione
di
un
documento
e,
conseguentemente, per la valutazione della genuinità o meno di un documento. Gli approcci al problema possono essere molteplici, come molteplici, del resto, sono le tecniche analitiche attualmente si rendono disponibili. La scelta della metodologia più idonea rappresenta sicuramente un aspetto cruciale ai fini dell’attendibilità dei risultati e quindi della validità del giudizio finale che potrà essere espresso. Lo sviluppo tecnologico che caratterizza il nostro tempo mette a disposizione dell’analista soluzioni tecniche e strumentazioni sempre più sofisticate, che in linea di principio si prospettano di validità assoluta. L’esperienza generale tuttavia induce alla massima cautela nella scelta delle modalità operative, non tanto per il valore intrinseco della tecnica potenzialmente proposta, quanto per la serie di problematiche che possono derivare dalla natura del campione in esame e dal grado di complessità che può caratterizzare il sistema entro cui il particolare aspetto di interesse si colloca. Tecniche in grado di fornire indicazioni finissime sulla natura e sulla struttura di una sostanza difficilmente possono esprimere al meglio le loro potenzialità analitiche quando la sostanza da analizzare è immersa in un contesto di elevata complessità: le informazioni derivanti da questo ultimo finiscono con il mascherare o confondere le informazioni specifiche della sostanza in esame, rendendone difficile l’interpretazione. Da qui l’assoluta necessità di ricercare – sempre e
comunque – il giusto equilibrio tra le indicazioni fornite dalla tecnica e la logica che determina il costrutto entro cui tali indicazioni vanno collocate. Quanto sopra detto è particolarmente significativo se riferito al caso delle analisi forensi di documenti. I materiali che costituiscono un documento, unitamente alle modalità di formazione e di conservazione del medesimo, introducono tante e tali variabili da rendere quanto meno rischioso affidarsi ciecamente al dato tecnico fornito da una macchina, senza una accurata verifica diretta di tutti gli elementi che potenzialmente possono concorrere a formare il dato stesso. La caratterizzazione dei tratti inchiostrati di un documento ha una duplice finalità: da un lato la definizione dei materiali impiegati per la produzione delle scritture, dall’altro la loro collocazione temporale. Vengono qui di seguito riportati e descritti alcuni esempio di approcci metodologici alla datazione di scritture.
APPROCCIO STATICO E APPROCCIO DINAMICO La letteratura corrente individua due differenti approcci al problema della datazione di una scrittura: 1. Approccio statico: si basa sulla ricerca di possibili elementi anacronistici e, in ogni caso, prende in considerazione parametri che permangono immutabili dal momento della produzione della scrittura e consentono quindi di stabilire una correlazione temporale tra le diverse parti che compongono il documento. 2. Approccio dinamico: prende in considerazione elementi, quali inchiostri e carta, le cui proprietà si modificano nel tempo, come espressione del grado di invecchiamento della scrittura.
1) APPROCCIO STATICO A.
ELEMENTI ANACRONISTICI
Per elementi anacronistici si intendono tutti gli elementi relativi a carta, mezzi scrittori e inchiostri che non sono storicamente compatibili con la data apparente del documento. Per quanto riguarda la carta, gli elementi da considerare sono
principalmente la filigrana, il logo e l’intestazione, che presentano caratteristiche di forma e di organizzazione riconducibili a periodi storici definiti. L’aggiunta di sbiancanti ottici alla carta non è antecedente il 1950. Un approccio utile per stabilire se la carta di un documento appartiene o meno ad un lotto prodotto in un dato periodo può essere costituito da una analisi comparativa delle proprietà ottiche e di fluorescenza della carta. Per quanto riguarda i mezzi scrittori, il termine di riferimento temporale è costituito dalla loro epoca di immissione sul mercato (es. pennarelli a punta di feltro: 1960, roller‐ball: 1980, gel‐pen: 1984). Per quanto riguarda gli inchiostri la situazione appare più complessa stante la molteplicità dei composti utilizzati; esistono tuttavia alcuni riferimenti temporali, quale ad esempio il 1955 come periodo di comparsa di coloranti complessati a ioni metallici (es. rame‐ftalocianine). B.
ELEMENTI DI CORRELAZIONE TEMPORALE
Elemento tipico per stabilire una correlazione temporale diretta tra due scritture è la presenza di sovrapposizione dei tratti: sia tra di loro che nei confronti di elementi estranei alla scrittura, come piegature e macchie presenti sul supporto cartaceo. Si
tralascia
di
entrare
nel
merito
del
caso
di
sovrapposizioni
tratto
inchiostrato/macchie, a causa dell’estrema variabilità che una tale situazione può presentare, e si passa a trattare le altre tipologie di sovrapposizioni o incroci. i. Sovrapposizione Tratto inchiostrato – Piegatura del foglio Il valore probatorio associato a questo tipo di sovrapposizione si limita al caso in cui le due scritte in esame forniscono risultati temporalmente opposti rispetto al momento di formazione della piegatura (es. la firma precede la piegatura, mentre il testo è successivo). In caso contrario (entrambi precedenti o successivi) non è possibile trarre alcuna conclusione utile. Il razionale dell’analisi consiste nel fatto che – quando la piegatura è già presente all’atto della scrittura – la deformazione del supporto cartaceo nel punto di piegatura altera sensibilmente il deflusso di inchiostro dal puntale alla carta, determinando l’assenza di inchiostrazione nelle parti più profonde della piegatura, oltre che la comparsa di sbavature di inchiostro e allargamenti del tratto nelle parti più alte della piegatura per
l’aumentata superficie di contatto 1.
Scrittura e successiva piegatura
Piegatura e successiva scrittura
Il parametro discriminante è fornito dalla morfologia fine del tratto inchiostrato. Significato
incerto
è
da
attribuire
al
profilo
tridimensionale
dell’incrocio
tratto/piegatura: la possibilità concreta che il foglio abbia subito ripetute operazioni di piegatura successivamente alla formazione del documento concorre ad annullare le eventuali deformazioni indotte sulle creste della piegatura dalla pressione della scrittura. ii. Sovrapposizione di tratti inchiostrati Prima di passare alla trattazione dei diversi casi possibili, è opportuno inquadrare brevemente le modalità di formazione delle sovrapposizioni. A tale proposito, si prospettano diverse tipologie in dipendenza dai seguenti aspetti:
‐ La disposizione spaziale: sulla medesima facciata o su facciate opposte dello stesso foglio.
‐ La modalità di formazione del tratto: per scorrimento (penne sfera, roller ‐ball); per trascinamento (stilografica, pennarello); per apposizione con pressione (macchina da scrivere, timbri, stampante ad aghi); per deposizione/trasferimento senza pressione (fotocopiatori, stampanti laser, stampanti a getto d’inchiostro, stampanti termiche).
- La natura del mezzo ricoprente: liquidi (inchiostri in base acquosa, glicolica, oleosa, grassa); solidi (toner, nastri politenati). 1
J.S. Kelly and B.S. Lindblom – Sientific examination of questioned documents. CRC Taylor & Francis Group, USA 2006
- Le caratteristiche cromatiche del mezzo ricoprente. Per ciascuna delle tipologie sopra descritte, la sovrapposizione presenta delle peculiarità che sono di fondamentale importanza nell’indirizzare la scelta dell’approccio analitico più idoneo. Gli aspetti da prendere in considerazione per la definizione della sequenza temporale di apposizione dei tratti sono riassunti di seguito, in riferimento alla tipologia della sovrapposizione e alla tecnica di possibile impiego: a)
La morfologia fine dei tratti inchiostrati 2. E’ il parametro di riferimento per tutti i
casi in cui la presenza di un tratto apposto precedentemente altera le caratteristiche del supporto cartaceo: modificazioni della superficie per la presenza di solchi, deposizione di toner o di pellicola di carbon -black interrompe o comunque riduce la superficie
di
contatto
carta/puntale,
alterando
il
deflusso
di
inchiostro.
La
strumentazione idonea allo scopo è costituita dal microscopio ottico di elevata qualità (per ricerca biologica) con diverse geometrie di illuminazione, supportato – se necessario – da tecniche di elaborazione di immagini. b)
Le proprietà cromatiche della superficie dei tratti. L’analisi di questo parametro
trova una duplice applicazione nello studio della sovrapposizione: nella regione della sovrapposizione vera e propria quando questa avviene tra mezzo ricoprente fluido (inchiostro vero e proprio) e mezzo ricoprente solido (toner e pellicola di carbonblack); nelle regioni di tratto in uscita dalla sovrapposizione quando questa avviene tra inchiostri fluidi, per la verifica di contaminazioni cromatiche da trascinamento. La strumentazione
idonea
allo
scopo
è
costituita
dal
microspettrofotometro
(generalmente, multicanale ottico associato a microscopio o, meglio ancora, a microspettrografo). c)
Le proprietà di fluorescenza dei mezzi ricoprenti. La fluorescenza è un fenomeno
fotofisico per cui una sostanza irraggiata con luce di opportuna lunghezza d’onda e intensità può cedere all’ambiente l’energia assorbita sotto forma di radiazione luminosa. I parametri di fluorescenza sono particolarmente sensibili alle caratteristiche fisico-chimiche del microambiente: la caratterizzazione dell’emissione di fluorescenza può quindi fornire indicazioni in merito all’interazione tra i due mezzi ricoprenti presenti
in
sovrapposizione,
valide
per
stabilirne
la
sequenza
temporale
di
apposizione. Costituisce un parametro di riferimento nel caso di sovrapposizioni tra tratti da inchiostri fluidi (penne a sfera, pennarelli e stampa a getto di inchiostro) e tra questi e il tratto a stampa a mezzo toner. La strumentazione richiesta è 2
D. Ellen – Scientific examination of documents. Methods and techniques. International forensic science and investigation series. CRC Taylor & Francis Group, LLC, USA; 2006.
rappresentata dal microscopio di fluorescenza, corredato di filtri per la selezione delle idonee bande spettrali di eccitazione ed emissione.
d)
La capacità di migrazione degli inchiostri. Costituisce un parametro utile allo
scopo nel caso di sovrapposizioni tra inchiostro fluido e mezzo ricoprente solido (toner o film di carbon‐black): la tensione superficiale non consente all’inchiostro della penna sfera di penetrare nei micropori presenti nella deposizione di toner ovvero nelle microfratture dei film di carbon‐black, che pertanto devono apparire non inchiostrati, o minimamente inchiostrati, quando la manoscrittura è successiva alla stampa. La strumentazione richiesta è costituita dal microscopio da ricerca, supportato da tecniche di analisi cromatica per la caratterizzazione dei depositi di inchiostro fluido all’interno della matrice del mezzo ricoprente solido. e)
La struttura tridimensionale dei solchi. In linea di principio questo parametro
interessa le sovrapposizioni tra tratti caratterizzati dalla presenza di solchi (penne, macchine da scrivere) o rilievi (deposizioni di toner). All’atto pratico è da intendersi limitata al caso di scritture con solchi. Infatti, nel caso di sovrapposizione penna/toner, la letteratura attribuisce scarsa attendibilità all’analisi tridimensionale eseguita mediante microscopia elettronica a scansione (tipica tecnica di analisi tridimensionale, per altro in grado di fornire una immagine reale del campione) in quanto la consistenza del toner può impedire la comparsa di modificazioni della superficie
3
. Anche relativamente al caso di sovrapposizione di tratti con solco –
segnatamente da manoscritture ‐ permangono dubbi in merito alla conservazione nel tempo della struttura tridimensionale originaria della sovrapposizione, a causa delle proprietà elastiche della carta 4. Le tecniche disponibili per l’analisi della struttura dei solchi sono sostanzialmente: i) la microscopia ottica realizzata mediante impiego di idonea apparecchiatura impiegante obiettivi ad elevata apertura numerica, così da avere un’adeguata profondità di campo, intesa come distanza minima tra due piani focali differenti. Ad esempio, un obiettivo: 40X con Apertura Numerica di 0.65 assicura una profondità di campo, e quindi una risoluzione in termini di profondità, pari 1 ìm; ii) la microscopia confocale, ovvero una microscopia utilizzante una particolare configurazione ottica in grado di assicurare una elevata risoluzione sull’asse z (profondità). L’utilizzo di software dedicati consente la ricostruzione 3
Michael G. Planty - Determing the relative chronology in intersecting ball point pen lines in the laser printed documents. International Journal of Forensic Document Examiners 3; 31-34; 1997. 4 M. Alava and K. Niskane - The physics of paper. Reports on Progress in Physics, 69, 669-723, 2006
tridimensionale del campione in esame attraverso la combinazione delle immagini dei singoli piani focali. iii) La microscopia elettronica a scansione (SEM) opera sulle stesse basi del microscopio ottico, utilizzando un fascio di elettroni anziché la luce, reso possibile dall’uso di lenti magnetiche, e consente un notevole miglioramento della capacità di risoluzione. La SEM è stata proposta alcuni decenni or sono come tecnica di elevatissima affidabilità nello studio delle sovrapposizioni. L’incapacità di fornire una visione
completa
di
insieme
di
tutti
gli
elementi
che
caratterizzano
una
sovrapposizione di tratti – al di là della semplice visione tridimensionale ‐, oltre ad alcune limitazioni relative all’allestimento dei campioni da analizzare, ha di fatto limitato molto il ricorso a questa tecnica, nonostante la possibilità di una verifica in tempo reale delle caratteristiche del campione in esame. iv) “Scanning Probe Microscopy”: una nuova branca della microscopia che ricostruisce l’immagine di una superficie attraverso l’uso di una sonda fisica che esegue una scansione del campione. Rientrano in questo capitolo diversi tipi di microscopie: quella più diffusa è la microscopia a forza atomica (AFM), la quale sfrutta le modalità di contatto tra una sonda meccanica e la superficie
del campione per
determinare
la struttura
tridimensionale di quest’ultima. Pur offrendo notevoli potenzialità, la tecnica trova una applicazione molto limitata a causa di problemi connessi all’allestimento dei campioni da analizzare e alla ridotta libertà di movimento sull’asse z, che ne riducono l’impiego al solo caso di analisi di superfici sufficientemente piatte. v) L’olografia conoscopica: tecnica che sfrutta fenomeni di interferenza della luce per ricostruire la struttura tridimensionale delle superfici in esame. La tecnica è stata introdotta alcuni anni fa per applicazioni nel settore dello studio dei materiali. Recentemente è stata proposta con notevole enfasi per lo studio della sovrapposizione di tratti. La tecnica comporta tempi di misura e di elaborazione dei dati decisamente lunghi. La presentazione dei dati è spesso ad effetto, tuttavia non va dimenticato che la tecnica non consente il controllo diretto durante le fasi dell’analisi. Ciò può comportare – come di fatto verificato - rischi di interpretazione legati alla complessità e alla eterogeneità del sistema carta-scrittura in esame. Vengono qui di seguito riportate alcuni esempi di applicazione della microscopia ottica, di fluorescenza e della microspettrofotometria al caso di sovrapposizioni di varia tipologie. Sovrapposizioni su facciate opposte Questa tipologia di sovrapposizione riguarda, ad esempio, il caso di testi dattiloscritti
su due facciate con sottoscrizione in calce oppure di testi diversi redatti in tempi successivi, per i quali si richiede di verificare la corrispondenza tra l’ordine cronologico apparente e l’ordine reale di inserimento. Un caso tipico di sovrapposizione tra testo dattiloscritto e firma trattato dallo scrivente è mostrato nella figura che segue:
1) Sovrapposizione in verifica2) Modello della dattiloscrittura 3) Sovrapposizione in verifica osservata in trasparenza
L’immagine
1
mostra la
regione
interessata
dall’incrocio tra
un
puntino
di
dattiloscrittura e il tratto inchiostrato della firma. Dalle successive immagini si può rilevare con assoluta certezza che il solco del puntino dattiloscritto interessato dalla sovrapposizione con la firma sulla facciata opposta del foglio riportato nell’immagine (3) ha perso la sua struttura regolare a cratere visibile nell’immagine (2), presentando una chiara deformazione, evidenziata dai differenti piani focali su cui giace il fondo del cratere. Il passaggio del mezzo scrittorio impiegato per la firma è successivo alla produzione della dattiloscrittura. L’assenza/presenza di deformazioni del solco è analogamente rilevabile nel caso di sovrapposizioni tra due tratti di manoscrittura. La pressione esercitata dalla scrittura apposta successivamente determina la comparsa di un dosso nel solco della scrittura apposta in precedenza. Sovrapposizioni sulla medesima facciata: Toner-Carbon-black/Manoscrittura La larghissima diffusione attuale nell’impiego di stampanti laser e fotocopiatori rende questa tipologia di sovrapposizione particolarmente frequente. Basti ricordare il caso di riempimento abusivo a mezzo fotocopiatura o stampa laser di foglio firmato in
bianco. Come precedentemente riportato a proposito della microscopia elettronica a scansione, l’analisi tridimensionale della sovrapposizione non è in grado di fornire risposte certe. Al contrario, la microscopia ottica, realizzata in condizioni di illuminazione con luce radente a 30°, è in grado di evidenziare elementi che sono inequivocabilmente riconducibili al fatto che la manoscrittura sia antecedente o successiva alla deposizione di toner. Tali elementi consistono nella presenza/assenza di un viraggio cromatico dal nero puro (tipico del toner e del carbon black) al violaceo nella regione della sovrapposizione (da attribuire al deposito di un velo di inchiostro fluido contenente cristal violetto).
Manoscrittura + Toner
Toner + manoscrittura
Le potenzialità dell’analisi al microscopio ottico diventano ancor più evidenti quando si deve stabile l’ordine temporale tra firma e testo in assenza di vere e proprie sovrapposizioni tra i due. Nel caso di fotocopie è frequente rilevare la presenza di deposizioni
di
toner
estranee
al
testo
derivanti
dal
cattivo
funzionamento
dell’apparecchio, per deterioramento delle parti meccaniche o per la presenza di tracce sul piano di appoggio in vetro. Una accurata analisi microscopica della scrittura è in grado di rivelare la eventuale presenza di tali deposizioni in corrispondenza del tratto inchiostrato, fornendo così il presupposto per stabilire se la firma è antecedente o successiva al passaggio nel fotocopiatore. La figura che segue si riferisce ad un esempio di quanto sopra detto che lo scrivente ha avuto occasione di verificare. L’immagine
al
microscopio
(a)
mostra
una
deposizione
di
toner
posizionata
esattamente in corrispondenza del tratto inchiostrato di una firma. L’illuminazione in luce radente evidenzia una colorazione rosso‐violacea del toner, indicativa del fatto che questo è stato depositato prima della produzione della manoscrittura.
a) Campione in esame
b) RGB toner nel tratto
c)RGB toner puro
Alfine di confermare in modo obiettivo la presenza/assenza di viraggio cromatico sulla superficie del toner si può ricorrere all’analisi degli spettri di assorbimento ottenuti per via microspettrofotometrica o, più semplicemente, all’analisi informatizzata del profilo RGB nella zona di interesse. Nel caso specifico il confronto del profilo rilevato sul toner presente all’interno del tratto inchiostrato (b) con quello rilevato sul toner in regione esterna alla sovrapposizione (c) conferma la presenza della dominante rossa, indicando che la manoscrittura è successiva alla stampa da fotocopiatura. Comportamento analogo si rileva nel caso di sovrapposizione tra tratto inchiostrato e
pellicola di carbon�black da dattiloscrittura con nastro politenato. Viene mostrato un caso trattato dallo scrivente in cui la sovrapposizione interessa il tratto inchiostrato e frammenti di pellicola di carbon�black depositati sul foglio al momento del passaggio di questo nella macchina da scrivere.
a. Frammento in corrispondenza del tratto con relativo profilo RGB
b. Frammento esterno al tratto con relativo profilo RGB
Il confronto delle caratteristiche cromatiche dei due frammenti di pellicola di carbon ‐ black ‐ dominante rossa presente nel caso (a) e non nel caso (b) ‐ indica che sul frammento posizionato nel tratto (a) si è verificato il passaggio della penna sfera: la manoscrittura è quindi successiva al passaggio del foglio nella macchina da scrivere. Altro approccio utile nel caso di sovrapposizioni toner/penna sfera può essere costituito dalla microscopia di fluorescenza. Una buona parte dei toner sono caratterizzati da una emissione di fluorescenza nel rosso per eccitazione nella regione spettrale del verde. Il passaggio della penna sfera sul toner deposita – come già visto – un sottilissimo film di inchiostro, il quale, non essendo fluorescente nelle condizioni di osservazione usate per il toner, induce un effetto di spegnimento nei confronti della fluorescenza del toner. Le figure che seguono mostrano i quadri in fluorescenza nei casi in cui la deposizione di toner precede o segue, rispettivamente, la manoscrittura: nel primo caso appare chiaro lo spegnimento della fluorescenza nella zona di sovrapposizione, nel secondo caso il campo di fluorescenza del toner è perfettamente omogeneo.
Deposizione Toner + Penna sfera
Luce riflessa
Fluorescenza
Penna sfera + Deposizione Toner
Altro parametro utile in questa tipologia di sovrapposizioni è costituito dalla capacità migratoria dell’inchiostro fluido, ovvero dal grado di inchiostrazione rilevabile sul supporto cartaceo all’interno della deposizione di toner. Questa ultima, infatti, presenta di regola al suo interno spazi liberi le cui dimensioni particolarmente ridotte impediscono il contatto diretto del puntale di una penna sfera con la superficie della carta. L’inchiostro delle penne sfera, di consistenza oleosa con elevata tensione superficiale, difficilmente può penetrare all’interno dei pori presenti nella deposizione di toner: ne consegue che il supporto cartaceo in corrispondenza di tali pori potrà essere inchiostrato solo se il tratto della penna sfera ha preceduto la deposizione di toner 5. Sovrapposizione sulla inchiostro/Manoscrittura.
medesima
facciata:
Stampa
a
getto
Costituisce una situazione di particolare complessità in quanto uno dei due tratti – quello a stampa – è prodotto senza contatto diretto tra mezzo scrittorio e supporto cartaceo. Un utile approccio tecnico è stato messo a punto nel caso di impiego di stampanti a colori. Questo tipo di stampante – a differenza di quella in bianco/nero – forma il tratto mediante deposizione di microgocce di inchiostro di colore diverso, in proporzioni tali da riprodurre, all’osservazione, il colore impostato. Gli inchiostri impiegati presentano due caratteristiche fondamentali ai fini della dello scopo preposto: contengono sostanze volatili – necessarie per garantire tempi brevi di essiccazione – con elevata azione solvente nei confronti dei componenti degli inchiostri fluidi (tipo penna sfera); sono fluorescenti se eccitati ad opportune lunghezze d’onda, fatta eccezione per l’inchiostro nero. Ne consegue che quando depositato direttamente sul supporto cartaceo, l’inchiostro si secca in tempi brevi mantenendo inalterate le proprie caratteristiche di fluorescenza; al contrario quando la microgoccia di inchiostro viene depositata su un tratto inchiostrato, ad es. da penna, sfera, è in grado di solubilizzarlo parzialmente, risultandone quindi inquinato. Essendo i comuni inchiostri fluidi non fluorescenti, il risultato del processo sopra descritto
è
lo
spegnimento,
o
attenuazione,
della
fluorescenza
originaria
dell’inchiostro della stampante. Le figure che seguono illustrano quanto sopra descritto.
5
Novotny M. & Westwood P. – Determining the sequence of original ink writing and toner printing. J. Amer. Soc. Questioned Document Examiners, vol. 8, pag. 37-47, 2005.
Nella riga 1 è riportato la sovrapposizione in verificazione tra un carattere a stampa e un tratto inchiostrato di una firma. Nella riga 2 sono riportati i risultati dell’analisi su modello stampa + penna sfera, nella riga 3 i risultati dell’analisi su modello Penna sfera + stampa. I diagrammi riportati a destra mostrano sull’asse delle ordinate i valori di intensità di fluorescenza dell’inchiostro della stampante valutati rispettivamente nella zona di sovrapposizione e in una zona esterna alla sovrapposizione. Quando la stampa precede la manoscrittura i valori di intensità di fluorescenza entro e fuori la sovrapposizione
si
equivalgono
(236
vs
236);
quando
la
stampa
segue
la
manoscrittura, i valori di intensità di fluorescenza nella sovrapposizione sono circa la metà di quelli misurati fuori dalla sovrapposizione (142 vs 226) a causa a causa della parziale solubilizzazione dell’inchiostro da penna sfera. Nel caso in verifica, l’intensità di fluorescenza è anche minore della metà di quella misurata fuori dall’incrocio 114 vs 233), così indicando che l’inchiostro della stampante ha subito una spegnimento da contaminazione. Si conclude pertanto che la manoscrittura era gia presente sul documento al momento di effettuare la stampa.
1
Stampa ink-jet
2
+ Penna sfera Penna sfera
3
+ Stampa ink-jet
Sovrapposizione sulla medesima facciata: Manoscrittura/Manoscrittura Questa tipologia di incroci comprende diversi casi, in dipendenza dal tipo di mezzo scrittorio impiegato, penna sfera, stilografica, roller -ball, pennarello. Le situazioni che si verificano sono significativamente differenti tra loro in considerazione della
differente modalità con cui vengono prodotti i tratti. La penna sfera determina la comparsa di un solco, con deposizione omogenea di microgocce di inchiostro; la stilografica incide in misura minore sul supporto cartaceo, il tratto appare più omogeneo, con margini molto marcati; il roller -ball determina un tratto paragonabile a quello della penna sfera ma, di regola, l’inchiostrazione è più marcata per la maggiore fluidità dell’inchiostro; il pennarello non provoca significative deformazioni del supporto cartaceo, il tratto è di regola denso e compatto. Partendo dalla considerazione che ciascuno dei tratti sovrapposti è caratterizzato dalla presenza di un solco – più o meno evidente - si è naturalmente portati a ritenere che l’analisi della struttura tridimensionale di ciascun solco possa evidenziare, in uno dei due, la presenza di anomalie o deviazioni dal proprio naturale sviluppo come effetto di forze
deformanti
riconducibili
alla pressione
esercitata da
un
tratto apposto
successivamente. In questo senso sono da intendere le tecniche cosiddette 3D. Partendo dal medesimo razionale – ovvero che ogni scrittura determina la comparsa di un solco – può essere sviluppato un differente approccio metodologico basato sulla valutazione degli effetti (morfologia del tratto) piuttosto che delle cause (solco). Se si considera infatti che la superficie del supporto cartaceo è alterata dalla presenza di un solco di una scrittura preesistente, è lecito ritenere che il contatto carta -puntale, responsabile del deflusso dell’inchiostro, ne sia condizionato, così da modificare in modo permanente il grado di inchiostrazione, e quindi la morfologia fine del tratto, nel punto di sovrapposizione. La limitazione della tecnica – almeno in linea di principio – è rappresentata dal fatto che gli inchiostri dei due tratti sovrapposti devono avere caratteristiche cromatiche in qualche misura distinguibili. Nel caso in cui queste siano tra loro vicine, può risultare utile operare in condizioni di luce monocromatica con successiva elaborazione delle immagini mediante tecniche di imaging come già descritto in altra occasione6. Nel caso di intersezione tra due tratti da penna sfera è di particolare rilevanza il confronto tra le pressioni esercitate per ciascuna scrittura, ovvero la profondità dei due solchi. Quando una delle due scritture è stata prodotta con pressione significativamente minore rispetto all’altra, le dimensioni del tratto e il suo grado di inchiostrazione nel punto di incrocio sono strettamente dipendente dall’ordine temporale con cui è stata apposta. La figura sottostante (caso A) mostra il caso in cui il tratto a minor pressione (inchiostro nero) è successivo a quello a maggior pressione (inchiostro blue): all’osservazione il tratto dell’inchiostro nero presenta un restringimento della dimensione oltre che una chiara riduzione del grado di
inchiostrazione, particolarmente evidente nella porzione di sovrapposizione
2 1 1
immediatamente contigua all’ingresso (la profondità del solco preesistente determina una temporanea interruzione del contatto puntale ‐ carta). La deposizione di inchiostro nero diventa viceversa marcata nella seconda porzione della sovrapposizione, e particolarmente nel punto in uscita (indicato dalla freccia verde) il puntale della penna ha incrociato il bordo superiore del solco. Al contrario, quando il tratto più leggero precede quello più pesante, non si ha alcuna interferenza sul flusso di inchiostro e il fondo del solco presenta un grado di inchiostrazione del tutto confrontabile con quelli del tratto esterno all’incrocio. Il ricorso a tecniche informatizzate di elaborazione cromatica delle immagini consente la visualizzazione separata delle immagini corrispondenti a ciascuna delle due deposizioni di inchiostro. La situazione appare più complessa quando entrambi i tratti sono stati prodotti con elevata pressione. In questo caso non è lecito attendersi, per la scrittura apposta successivamente, modificazioni nella superficie di contatto carta ‐penna tali da alterarne il grado di inchiostrazione. E’ comunque verificato che l’impatto tra il puntale e la cresta del solco in uscita dall’incrocio determini, per il tratto apposto successivamente, una inchiostrazione più marcata, con chiari segni di sbavature. Nel caso di incroci di questo tipo è in ogni caso preferibile ricorrere ad un altro approccio tecnico, che sfrutta l’interazione che si viene a creare, a seguito della pressione, tra il puntale del mezzo scrittorio e la deposizione di inchiostro preesistente sul supporto cartaceo. Tale interazione comporta che parti dell’inchiostro della scrittura preesistente vengano trascinate dal passaggio successivo del puntale provocando una contaminazione da parte dell’inchiostro della scrittura che precede nei confronti di quello della scrittura che segue, particolarmente nel caso in cui gli inchiostri sono di uguale natura. Poiché la quantità di contaminante è di entità molto ridotta, per
rivelarne la sua presenza si richiede l’impiego di tecniche di elevata sensibilità e specificità. Utile allo scopo si è dimostrata la microspettrofotometria e, quando le caratteristiche dell’inchiostro lo consentono, la microspettrofluorimetria. Nel caso più generale, si tratta di effettuare misure di riflettanza o di assorbimento sugli inchiostri dei due tratti in incrocio e confrontare i profili spettrali dei tratti in ingresso e in uscita dall’incrocio stesso. Il tratto che presenta modificazioni spettrali nel confronto ingresso/uscita è da ritenersi apposto successivamente. In alcuni casi può essere sufficiente il confronto diretto dei profili spettrali, in altri casi – contaminazione cromatica particolarmente ridotta – si richiede l’impiego di tecniche di elaborazione di spettri (fitting spettrale). Un esempio di applicazione al caso di due scritte da pennarello è mostrato nella figura che segue.
Schema del processo
Campione in esame
Analisi spettrale
Il primo riquadro mostra lo schema del processo: la penna del tratto successivo (2) transita
sul
tratto
inchiostrato
già
presente
sul
foglio
(1)
e
determina
un
trascinamento di particelle di inchiostro che vanno ad inquinare la deposizione di inchiostro nella porzione di tratto in uscita. Il secondo riquadro mostra un esempio di sovrapposizione in verificazione tra due pennarelli. L’ultimo riquadro mostra il risultato dell’analisi eseguita per confronto tra gli spettri in uscita da una sovrapposizione presente sul medesimo documento contestato di cui è nota la sequenza (prima verde poi nero) e quelli in uscita dalla sovrapposizione in verificazione. Nella sovrapposizione a sequenza nota si rileva la presenza di inquinamento verde nel tratto nero in uscita; nel tratto in verificazione non c’è presenza di inquinamento indicando pertanto che il tratto verde è successivo a quello nero. Nel caso di tracce inquinanti particolarmente limitate in quantità da rendere difficile una loro valutazione diretta del profilo spettrale, è possibile ricorrere a specifiche tecniche di analisi spettrale (fitting
spettrale) che consentono di isolare e quantificare i singoli componenti che concorrono a definire la forma spettrale misurata.
2) APPROCCIO DINAMICO Questo approccio si fonda sulla valutazione di modificazioni di natura fisico ‐ chimica o meccanica che avvengono a carico dei componenti del documento (carta e inchiostri) dal momento della sua formazione. L’entità con cui tali modificazioni si manifestano è pertanto espressione del grado di invecchiamento del documento stesso. A.
INCHIOSTRI
Gli inchiostri sono costituiti da una complessa miscela di componenti di natura differente, combinati tra loro in proporzioni diverse al fine di ottimizzare le caratteristiche del prodotto commerciale in dipendenza sia dal tipo di mezzo scrittorio che li stilizza, sia dell’uso a cui sono destinati. Un inchiostro fluido, ad esempio, è costituito da coloranti (sostanze organiche aromatiche, di regola ottenute per sintesi, solubili in solventi organici), pigmenti (sostanze organiche o inorganiche, naturali o di sintesi, finemente disperse in un mezzo liquido), solventi (liquidi organici e/o acqua, con funzione di solubilizzare i coloranti e disperdere i pigmenti, volatili), resine (sostanze ad alto peso molecolare, solubili in solventi organici, con funzione di regolare la viscosità dell’inchiostro, favorire l’adesione al supporto cartaceo e aumentare il potere coprente), lubrificanti (sostanze di natura oleosa che favoriscono lo scorrimento della microsfera), e altre sostanze – in quantità minima – con funzioni specifiche: biocida per evitare formazione di muffe, anticorrosiva per evitare danne irreversibili a carico del mezzo scrittorio, complessazione per mantenere omogenea la distribuzione dei componenti cromatici. I parametri fisico‐chimici di un inchiostro che sono correlabili con l’invecchiamento della scrittura sono: 1) la presenza di componenti volatili; 2) la composizione relativa dei componenti cromatici; 3) la solubilità dell’inchiostro in solventi opportuni. Nel primo caso si fa riferimento al fatto che la proporzione di componenti volatili (principalmente, alcol benzilico, phenoxyethanolo, metylpirrilidinone), rapportata alla quantità di sostanze non volatili, subisce una continua riduzione nel tempo per effetto dell’evaporazione. E’ stata quindi sviluppata metodologia di indagine che utilizza la gas cromatografia come tecnica di misura per la quantità di solvente presente nel tratto inchiostrato. I risultati ottenuti non sembrano particolarmente incoraggianti per la
difficoltà di discriminare nel cromatogramma il contributo realmente ascrivibile al solvente dell’inchiostro dalle impurezze derivanti dalla termodecomposizione della carta. Studi sono tuttora in corso in merito a questa tecnica, ma in ogni caso si deve tenere presente che la sua valenza temporale è piuttosto limitata (sei mesi circa) in dipendenza dal fatto che l’evaporazione dei solventi è un processo relativamente veloce. Nel secondo caso si fa riferimento al fatto che i coloranti / pigmenti presenti negli inchiostri (principalmente il cristal violetto e il metil violetto, che sono due componenti largamente impiegati negli inchiostri blue, violetti e neri) subiscono modificazioni nelle loro proprietà cromatiche per esposizione agli agenti fisici e chimici dell’ambiente, e per le modificazioni del loro microambiente (pH, viscosità, ecc.) conseguente all’invecchiamento. Ne consegue che con il trascorrere del tempo dal momento della scrittura la proporzione tra i diversi componenti cromatici dell’inchiostro si va modificando in modo continuo rispetto a quella prevista dalla formulazione originale. La valutazione quantitativa della proporzione dei diversi coloranti dovrebbe quindi essere in grado di fornire – per confronto con la proporzione all’origine - indicazioni sul grado di invecchiamento dell’inchiostro. Tale valutazione può essere eseguita mediante tecniche cromatografiche o microspettrofotometriche realizzate in opportune condizioni operative. L’approccio – in linea di principio valido - non ha al momento portato a risultati particolarmente confortanti, oltre che per la complessità della procedura analitica, per la impossibilità di riprodurre sperimentalmente il fenomeno come standard di riferimento. Dai risultati riportati in letteratura sembra tuttavia che questo processo di variazione delle proprietà cromatiche si protragga per tempi anche superiori ai sei anni. Il parametro a cui viene riconosciuto valore probatorio è rappresentato dal grado di estraibilità dell’inchiostro per azione di solventi opportunamente scelti. L’inchiostro, dal momento della sua deposizione sul supporto cartaceo subisce modificazioni fisico chimiche a carico del mezzo veicolante – evaporazione del solvente, polimerizzazione e solidificazione delle resine – che ne riducono la capacità di essere disciolto da solventi deboli. Si può ritenere che l’inchiostro passa da un stato “fresco” ad uno stato “secco”: mentre il primo è solubile in solventi ad azione blanda, il secondo è solubile solo in solventi ad azione forte. Ne consegue che con il progredire dell’invecchiamento di regola diminuisce in modo continuo la percentuale di inchiostro che risponde
all’azione del solvente blando mentre aumenta la percentuale di quello che risponde solo all’azione del solvente forte. Esistono alcune rare eccezioni di inchiostri che danno luogo ad un fenomeno noto come “reverse extraction phenomenon”, per i quali la risposta alle coppie di solventi più comunemente impiegate comporta un aumento dell’estraibilità con l’invecchiamento. Le tecniche che sfruttano la dipendenza del grado di estraibilità dall’invecchiamento sono sostanzialmente due, l’una nota come “R‐ratio method”, l’altra nota come “extraction percentage method”. Nel primo caso si prende in considerazione la cinetica di estrazione ovvero il grado di estrazione in funzione del tempo di esposizione al solvente: il frammento di tratto inchiostrato viene trattato con un solvente debole, si rileva la quantità di inchiostro presente nel liquido di estrazione a tempi successivi prefissati, e si costruisce la curva percentuale di estrazione vs tempo di esposizione al solvente: all’aumentare del grado di invecchiamento diminuisce il rapporto delle quantità estratte a due tempi successivi. Nel secondo caso, il frammento di tratto inchiostrato viene esposta per tempi prefissati all’azione di un solvente debole e successivamente a quella di un solvente forte. Il grado di estraibilità viene quindi espresso in accordo con formule apposite. Il confronto dei valori di estraibilità a tempi diversi o del grado di estraibilità presentati da due inchiostri fornisce indicazioni sulla contestualità o meno di due scritture; il confronto con i valori ottenuti per scritture di riferimento con data certa consente di definire il periodo temporale in cui collocare una scrittura in verificazione. Entrambe le tecniche trovano applicazione nella datazione di scritture; tuttavia indicazioni riportate in letteratura
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attribuiscono una maggiore sensibilità e precisione
al grado di estraibilità rispetto all’estraibilità a tempi diversi. Nel caso della tecnica basata sul grado di estraibilità un aspetto di particolare importanza (anche in relazione al fenomeno di “reverse extraction” di cui sopra) è rappresentato dalla scelta dei solventi. Il primo punto riguarda il tipo di solvente. Anche nel caso degli inchiostri vale la regola generale dei solventi per cui una sostanza polare è solubile in solventi polari e, viceversa, una sostanza apolare è solubile in solventi apolari. Pertanto, gli inchiostri oleosi o glicolici (penne sfera) devono essere trattati con solventi apolari, mentre quelli fluidi (pennarelli e penne stilografiche) devono essere trattati con solventi polari.
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Aginsky V.N. – Current methods for dating ink on documents. 49th Annual meeting of American Academy Forensic Sciences. New York 1997.
Il secondo punto riguarda la scelta della coppia di solventi: il solvente debole e quello forte devono presentare caratteristiche di apolarità/polarità tali per cui ciascuno dei due agisca in modo il più selettivo possibile sulla componente fresca o secca dell’inchiostro, rispettivamente. Dal punto di vista analitico, l’andamento del grado di estraibilità di un inchiostro verso il tempo è rappresentata da una funzione esponenziale che tende in modo asintotico ad un valore minimo di estraibilità. Un simile andamento comporta una diminuzione di sensibilità della tecnica (intesa come intervallo di tempo minimo discriminabile tra due scritture) con l’invecchiamento delle scritture. Oltre un certo limite di tempo l’inchiostro esaurisce il suo naturale processo di invecchiamento e non si rilevano più variazioni significative di estraibilità Questo intervallo di tempo è differente per i vari tipi di inchiostri: è generalmente stimato in sei anni per gli inchiostri da penna sfera (più densi e ricchi di resine) e in tre -quattro anno per gli inchiostri da pennarello e penna stilografica (più fluidi e meno ricchi di resine). Sulla base delle premesse sopra esposte la tecnica trova due tipi di applicazioni: 1) per la verifica della condizione di contestualità o meno di due scritte me diante confronto diretto degli inchiostri, verificato che entrambe o almeno una delle due sia stata prodotta entro il limite di tempo per cui il processo naturale di invecchiamento è da considerarsi esaurito; 2) per accertare che una scritta sia stata prod otta antecedentemente o successivamente al suddetto limite di invecchiamento naturale (sei anni per penna sfera, tre -quattrro anni per inchiostri fluidi), mediante confronto del grado di estraibilità dell’inchiostro in questione con quello di un termine di riferimento
costituito
da
campioni
del
medesimo
inchiostro
sottoposto
ad
invecchiamento artificiale. Questa procedura si attua mediante esposizione di una parte dei campioni di inchiostro prelevati dalla scrittura a temperatura di 95 °C per tempi dell’ordine di 12 – 24 ore, sufficienti a garantire che il processo naturale di invecchiamento eventualmente attivo al momento delle analisi sia portato ad esaurimento. Lo schema operativo relativo ai due casi è riportato di seguito.
La misura della quantità di inchiostro presente nelle soluzioni di estrazione viene effettuata per via spettrofotometrica o per via densitometrica. Nel primo caso viene misurata direttamente la densità ottica della soluzione di estrazione ad un determinata lunghezza d’onda mediante uno spettrofotometro; nel secondo caso il liquido di estrazione viene trasferito su una lastra TLC e la macchia ottenuta viene quindi sottoposta a quantificazione mediante analisi microdensitometrica. La misura densitometrica su lastra TLC ha il vantaggio di operare su campioni concentrati di inchiostro e pertanto richiede l’asportazione di frammenti di tratto inchiostrato di dimensioni molto ridotte. La misura spettrofotometrica – che in linea di principio dovrebbe
dare
maggiori
garanzie
–
richiede
viceversa
frammenti
di
tratto
inchiostrato di dimensioni decisamente superiori. Per ovvi motivi di spazio ci si è limitati alla presentazione degli aspetti basilari della tecnica. La definizione delle condizioni e delle modalità di applicazione al caso concreto di scritture non può prescindere da una attenta valutazione di tutta una serie di aspetti metodologici principalmente legati alla natura degli inchiostri in verifica.
B. CARTA La carta – intesa come matrice di fibre cellulosiche con presenza di additivi specifici per l’uso – è anch’essa soggetta a modificare con il tempo le proprie caratteristiche fisico-chimiche
e
meccaniche.
Difficilmente,
tuttavia,
la
valutazione
di
tali
caratteristiche di per sé può costituire un elemento utile alla datazione di un
documento: in primo luogo perché esse presentano dinamiche di invecchiamento su scale
temporali
molto
ampie
è
fortemente
condizionate
dalle
condizioni
di
conservazione; in secondo luogo per la mancanza di informazioni certe sullo stato della carta al momento della formazione del documento (es.: un documento prodotto di recente utilizzando un foglio di carta conservato da molto tempo). Un aspetto relativo al supporto cartaceo che può essere di interesse è sicuramente rappresentato dal solco della scrittura. L’andamento della profondità del solco lungo la scrittura costituisce un parametro di sicuro interesse nell’accertamento della paternità di una scrittura: questo ed altri parametri di significato dinamico sono alla base dello sviluppo di tecniche cosiddette “on-line signature verification” relativamente al settore dell’informatizzazione delle firme Agli inizi degli anni 70, il criminologo svizzero M. Frei -Sultzer – a seguito di osservazioni casuali – rilevò che la profondità dei solchi variava in dipendenza dal tempo di produzione della scrittura: su queste basi propose una tecnica per la datazione di scritture basata sulla valutazione della risposta della carta alla deformazione subita a seguito della scrittura, nota come tecnica di rinvenimento e di isteresi del solco. Il razionale della tecnica consiste nel fatto che la carta, essendo materiale viscoelastico, quando sottoposta a forze deformanti, risponde con un processo di segno contrario che tende ad annullarne l’effetto (solco): la presenza, e l’entità, del processo di rinvenimento del solco può quindi considerarsi elemento utile per la datazione. La tecnica ha trovato svariate applicazioni ma, al contempo, ha suscitato non poche polemiche, principalmente basate sul fatto che in letteratura – se si esclude l’articolo di Frei e pochi altri – non si trovano adeguati riscontri, e che la carta costituisce un sistema così complesso da non consentire la necessaria standardizzazione. Una valutazione della letteratura scientifica relativa alle caratteristiche della carta, in realtà, porta a concludere che entrambi le posizioni – sia la favorevole che la contraria – sono piuttosto radicali. Se da un lato, infatti, si deve riconoscere che il sistema carta – per la sua complessità – non consente una descrizione in termini esatti dei suoi processi elastici/plastici, dall’altro lato non si può negare l’esistenza di tali processi. Essendo dotata di proprietà viscoelastiche, la carta è in grado di attivare, in assenza di fratture/rotture delle fibre cellulosiche, dei processi di “elastic recovery” che hanno come risultato il recupero, almeno parziale, della deformazione subita. E’ d’altra parte riduttivo attribuire la riduzione delle profondità dei solchi a fattori esterni, dipendenti unicamente dalle condizioni ambientali. Se così fosse, ad
ogni rilevazione le variazioni avrebbero lo stesso segno per tutti i campioni e la loro distribuzione in funzione del tempo sarebbe casuale, come le condizioni metereolgiche dei giorni in cui si sono eseguite le misure. Non ha certamente contribuito ad avvallare la tecnica l’uso improprio che ne è stato fatto in passato, con la pretesa di stabilire con certezza la datazione di una scrittura. Come detto, la complessità, sia in composizione che in struttura che si deve riconoscere al materiale carta, rende il processo non descrivibile in termini esatti. Ciò non toglie che la tecnica possa avere una sua validità, a patto che vengano riconosciuti e rispettati determinati limiti, quali ad esempio il fatto che le caratteristiche della carta variano con la direzione (necessità di misurare solchi equivalenti), che le condizioni ambientali possono alterare le misure (necessità di conservare il documento in ambiente controllato). Nel rispetto delle necessarie condizioni operative, rilevare la presenza di un processo di appiattimento del solco è indicativo del fatto che la scrittura è stata apposta in tempi sicuramente molto recenti, senza con ciò pretendere di stabilire esattamente quando. Una stima dell’intervallo di tempo per il quale è da attendersi che il processo di rinvenimento del solco sia attivo potrà essere fatta – con la dovuta approssimazione – valutando il comportamento di solchi analoghi a quelli in verifica, opportunamente prodotti sul medesimo documento. Nel caso in cui le misure non evidenziano alcuna modificazione della profondità del solco, è solo concesso di escludere che la scrittura sia particolarmente recente.
Giovanni Bottiroli Direttore di Ricerca IGM Sez. Istochimica CNR Università di Pavia