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IPPOLOGIA Rivista Ufficiale della SIVE • Anno 24, numero 1, trimestrale, marzo 2013 Ippologia è indicizzata su: SciSearch® - ISI Research Alert® - Focus on - Cab International - Index Veterinarius

ISSN: 1120-5776

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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Sindrome da tunnel carpale nel

IPPOLOGIA, ANNO 24, NUMERO 1, MARZO 2013

cavallo: reperti di risonanza magnetica in tre casi

Misurazione della profondità dello spazio sub-aracnoideo in puledri sani di diverse razze

ORTOPEDIA Frattura d’avulsione dell’origine della corda femoro-metatarsica (Peroneus Tertius) in un puledro

ONCOLOGIA Mastectomia monolaterale in una Pony affetta da carcinosarcoma mammario

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❚ Editoriale

Il futuro è nelle nostre mani Andrea Marcello Brignolo Presidente SIVE

vrei voluto scrivere il mio primo editoriale da Presidente della Sive con un messaggio di speranza alla luce di un’auspicata ripresa del settore del cavallo sportivo. Purtroppo mi trovo a rileggere l’ultimo editoriale del PastPresident Giorgio Ricardi (n. 4 del 2012) che analizza lucidamente la situazione della nostra categoria e del mondo del cavallo e devo constatare che siamo ancora a fronteggiare gli stessi problemi e che nulla sembra essere cambiato i questi mesi. È evidente che la ripresa del nostro settore è legata in modo imprescindibile ad una generale ripresa economica e ad una revisione della gestione dell’ippica e del cavallo sportivo più in generale e, visto che ciò non sembra essere imminente, bisogna necessariamente chiedersi quali strategie adottare per mantenere uno standard professionale dignitoso in questo difficile periodo storico. D’altra parte è necessario agire anche a livello politico affinché le istituzioni comprendano che solo coinvolgendoci è possibile uscire da questa crisi che è accentuata anche da una serie di norme spesso poco chiare e calate dall’alto che hanno perso di vista gli obiettivi per cui sono state scritte. È fondamentale che si acquisisca e si trasmetta la consapevolezza del ruolo centrale del veterinario riguardo al benessere animale rivendicando il diritto alla cura senza demonizzazioni strumentali riguardo l’uso del farmaco. Una semplificazione delle norme, anche fiscali, eviterebbe la fuga da questo settore che si è verificata in questi ultimi anni. Sempre con queste finalità La SIVE sta condividendo, insieme ad ANMVI, l’obiettivo di rilanciare e promuovere l’Ippica Italiana grazie ad una gestione privatistica e manageriale del Settore, attuata sotto la supervisione di Mipaaf, lavorando a fianco dell’Associazione “Imprenditori Ippici Italiani” per passare dall’odierna paralisi gestionale ad una ristrutturazione che ci veda molto più presenti e attivi in pianta stabile nei meccanismi decisionali che riguardano la medicina veterinaria.

A

Per quanto riguarda l’attività scientifica incontriamo di riflesso grandi difficoltà: da un lato nel coinvolgere i colleghi che non riescono più a vedere con chiarezza la formazione come indispensabile investimento e dall’altro nel gestire i costi di organizzazione dell’offerta formativa che non sono più sostenuti come in passato dalle aziende del settore le quali sentono pesantemente la crisi economica. In questa situazione il nostro impegno si concentrerà nella realizzazione di un numero probabilmente più contenuto di eventi che mantengano però alta la qualità scientifica chiedendo a tutti i soci uno sforzo di coesione e di partecipazione anche come segnale alle aziende che continuano a credere nel nostro settore e stanno compiendo, nonostante tutto, un grosso sforzo a riguardo. Nell’ottica di una revisione delle attività abbiamo deciso di trasformare le Società Scientifiche specialistiche in gruppi di studio ad iscrizione gratuita in modo da facilitare l’incontro tra neolaureati e professionisti di esperienza per una attività e una crescita comune meno vincolata ai problemi economici e più libera di autogestirsi con l’appoggio ed il coordinamento della segreteria e del CD SIVE. In conclusione non posso che riprendere le criticità e le possibili soluzioni già indicate come unica via di uscita: evitare la frammentazione delle risorse, sia private che pubbliche, maggiore coesione come categoria, necessità di mantenere alta l’offerta professionale con la formazione. Questi credo siano i soli atteggiamenti possibili da mettere in atto per continuare a offrire un servizio professionale serio che sia adeguatamente retribuito. Il mio augurio a tutti è di ritrovarci presto a parlare di futuro con più serenità e con spirito costruttivo e propositivo.

Svegliati, combatti, cammina, deciditi e trionferai nella vita; non pensare mai al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti. Pablo Neruda

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IPPOLOGIA, N. 1, MARZO 2013

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SOMMARIO

DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

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L

O

G

I

A

SINDROME DA TUNNEL CARPALE NEL CAVALLO: REPERTI DI RISONANZA MAGNETICA IN TRE CASI

MASTECTOMIA MONOLATERALE IN UNA PONY AFFETTA DA CARCINOSARCOMA MAMMARIO

CARPAL TUNNEL SYNDROME IN THE HORSE: MAGNETIC RESONANCE FINDINGS IN THREE CASES D. De Zani, D.D. Zani, G. Gardin, M. Di Giancamillo

MAMMARY CARCINOSARCOMA IN A PONY MARE M.E. Falomo, R. Rasotto, M. Isola

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MISURAZIONE DELLA PROFONDITÀ DELLO SPAZIO SUB-ARACNOIDEO IN PULEDRI SANI DI DIVERSE RAZZE MEASUREMENT OF SUB-ARACHNOID SPACE DEPTH IN HEALTHY FOALS OF DIFFERENT BREEDS M. Sgorbini, S. Unti, F. Bonelli, P. Marmorini, S. Di Maria, T. Valeriani, R. Di Martino, M. Corazza

O

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T

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U

B

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EDITORIALE/EDITORIAL

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Ippologia è indicizzata su: Ippologia is indexed in: SciSearch® (Science Citation Index Expanded) Research Alert® (ISI Alerting Service) Focus on: Veterinary Science & Medicine Cab Abstracts - Cab International

ISTRUZIONI PER GLI AUTORI sono disponibili sul sito della SIVE www.sive.it

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A

FRATTURA D’AVULSIONE DELL’ORIGINE DELLA CORDA FEMORO-METATARSICA (PERONEUS TERTIUS) IN UN PULEDRO AVULSION FRACTURE OF THE ORIGIN OF THE PERONEUS TERTIUS IN A FOAL F. Beccati, M. Pepe, S. Dante, S. Cavallini, R. Gialletti

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Index Veterinarius Impact Factor (aggiornato al 2011): 0,176


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❚ Diagnostica per immagini

Sindrome da tunnel carpale nel cavallo: reperti di risonanza magnetica in tre casi Donatella De Zani DVM, PhD, Via dell’Università 6, 26900 Lodi, Università degli studi di Milano Azienda “Polo Veterinario di Lodi”, Reparto di Radiologia

Davide Danilo Zani DVM, PhD, Via dell’Università 6, 26900 Lodi, Università degli studi di Milano Azienda “Polo Veterinario di Lodi”, Reparto di Radiologia

Giulia Gardin DVM, Via dell’Università 6, 26900 Lodi, Università degli studi di Milano Azienda “Polo Veterinario di Lodi”, Reparto di Radiologia

Mauro Di Giancamillo DVM, Via dell’Università 6, 26900 Lodi, Università degli studi di Milano Azienda “Polo Veterinario di Lodi”, Reparto di Radiologia

INTRODUZIONE RIASSUNTO La sindrome da tunnel carpale nel cavallo, così come in altre specie animali e nell’uomo, viene considerata una sindrome compartimentale riconducibile all’aumento di volume di una o più strutture comprese nel canale carpale, che provoca una compressione a livello di strutture vascolo-nervose. Le cause della sindrome possono essere svariate, pertanto una precisa diagnosi è conditio sine qua non per la scelta dell’opzione terapeutica più appropriata, nonché per l’emissione di una corretta prognosi. Nel presente lavoro vengono descritti i segni clinici ed i reperti di Risonanza Magnetica in tre casi di sindrome da tunnel carpale.

La sindrome da tunnel carpale nel cavallo deve essere considerata a tutti gli effetti una “sindrome compartimentale”. Tra le differenti cause rientrano infatti tutte quelle patologie che possano indurre un aumento di volume delle strutture contenute all’interno del canale carpale (Rantanen 2007) e conseguente compressione a livello di tronco vascolo-nervoso. Il canale del carpo comprende la guaina sinoviale del carpo, che avvolge i tendini flessore superficiale del dito (SDFT) e flessore profondo del dito (DDFT). La parete dorsale è costituita nella sua porzione prossimale dal legamento palmare del carpo che si continua distalmente nel legamento accessorio del tendine flessore profondo del dito (ALDDFT). L’osso accessorio del carpo (pisiforme) e i legamenti accessorio-quartale e accessorio-metacarpale delimitano l’aspetto laterale del canale, mentre quello mediale risulta delimitato dal legamento accessorio del SDFT (ALSDFT). Infine, la parete palmare del canale risulta formata, procedendo in senso prossimo-distale, dalla fascia antibrachiale caudale, dal retinacolo dei flessori e dalla fascia metacarpale palmare (Dyson 2011). Tra le differenti patologie più comuni ritenute alla base dell’insorgenza di tale sindrome sono da ricordare le tendinopatie del DDFT, le desmopatie dell’ALDDFT, le fratture del pisiforme e gli osteocondromi (Bertone 2002, Rantanen 2007, Byron et al. 2010). I cavalli affetti da tale sindrome possono presentare differenti gradi di zoppia con insorgenza sia acuta che a carattere ingravescente (Rantanen 2007, Dyson 2011) e solitamente rispondono positivamente alla flessione del carpo. In alcuni soggetti può essere osservata una lieve tumefazione a livello di superficie carpale/metacarpale prossimale palmare, riconducibile alla presenza di una moderata distensione della guaina tendinea (Dyson 2011). Per quanto riguarda le tecniche d’imaging di I livello, l’esame ultrosonografico costituisce indubbiamente un importante strumento diagnostico. Alcuni autori sostengono, tuttavia, che l’indagine della regione antibrachiale possa presentare per tale tecnica diagnostica alcune limitazioni che non sempre consentono di rilevare alterazioni clinicamente significative (Brokken et al. 2007, Powell et al. 2009). L’esame radiografico, invece, può evidenziare reperti significativi solo se nell’eziopatogenesi del-

“Articolo ricevuto dal Comitato di Redazione il 24/05/2012 ed accettato per la pubblicazione dopo revisione il 27/02/2013”.

Ippologia, Anno 24, n. 1, Marzo 2013

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❚ Diagnostica per immagini la patologia sono coinvolte le strutture mineralizzate. Per tali ragioni l’esame tomografico a Risonanza Magnetica (RM) viene ritenuto il “gold standard” diagnostico per l’indagine delle regioni antibrachiale e metacarpale prossimale (Brokken et al. 2007, Powell et al. 2009). A conoscenza degli autori non esistono in letteratura lavori in cui vengano descritti gli aspetti RM in cavalli affetti da sindrome da tunnel carpale. In questo lavoro sono riportati i rilievi clinici e i reperti tomografici di tre cavalli in cui era presente una sindrome compartimentale a livello antibrachiale.

DESCRIZIONE DEI CASI Visita clinica Nello studio sono stati inclusi tre cavalli adulti di età, sesso, razza e attitudine differenti (Tab. 1), riferiti per zoppia cronica di grado 2/5 (Ross 2010) localizzata a livello di regione antibrachiale-metacarpale prossimale. All’esame ispettivo non era evidente nessuna tumefazione e alla palpazione non era evocabile nessuna risposta algica. Tutti i soggetti mostravano un peggioramento della zoppia (grado 3/5) dopo l’esecuzione della prova di flessione. In due soggetti (caso 1 e caso 2) la zoppia veniva abolita a seguito dell’anestesia semeiologica perineurale dei nervi metacarpali palmari. Nel caso 3 la zoppia era abolita mediante l’esecuzione dell’anestesia intratecale effettuata a livello di guaina dei flessori.

Diagnostica per immagini I cavalli sono stati sottoposti ad esame radiografico prima dell’esecuzione dell’indagine a RM. In due casi (caso 1 e caso 2) sono state ottenute anche immagini ultrasonografiche. L’impossibilità di repertare alterzioni clinicamente significative con le tecniche d’imaging di I livello ha indotto i veterinari curanti a riferire i casi per l’esecuzione di un esame RM della regione antibrachiale. I cavalli sono quindi stati sottoposti ad esame RM in anestesia generale, impiegando un tomografo a bassa intensità di campo1,2.

Sono state effettuate sequenze pesate in T1, T2, Proton Density (PD) e sequenze ad inversione con soppressione del segnale lipidico, STIR (Short Tau Inversion Recovery), secondo differenti piani di scansione. In due casi (casi 1 e caso 2) è stato osservato in tutte le sequenze un discreto aumento di volume e di segnale a carico dell’ALDDFT. In entrambi i casi, sia le sequenze a breve che lungo TR (Tempo di Ripetizione) hanno evidenziato la presenza di materiale rispettivamente discretamente e moderatamente iperintenso posto tra ALDDF dorsalmente, tendini flessori palmaro-medialmente e retinacolo dei flessori lateralmente (Fig. 1 e Fig. 2). Nel caso 1 è stato repertato anche un moderato aumento di segnale a carico del retinacolo dei flessori, apprezzabile nelle sequenze T1 pesate e STIR (Fig. 1). Nel caso 3 le sequenze pesate in PD hanno permesso di osservare a carico del SDFT un moderato aumento di volume e di segnale in associazione ad irregolarità del profilo (Fig. 3). Distalmente all’articolazione carpo-metacarpica erano presenti alterazioni compatibili con la presenza di aderenze tra l’aspetto dorso-mediale del DDFT e quello palmaro-laterale del SL. L’ALDDFT appariva inoltre caratterizzato, oltre che da un discreto aumento dello spessore, anche da margini arrotondati e non netti, in particolare a livello di profilo mediale, oltre che da un moderato incremento di segnale. In base ai reperti RM osservati, in tutti i soggetti esaminati è stato possibile emettere diagnosi di “sindrome da tunnel carpale” riconducibile a desmopatia dell’ALDDFT in due casi (caso 1 e caso 2) e a tendinopatia del SDFT in associazione a desmopatia di ALDDFT in un caso (caso 3).

Trattamento ed esito Due dei tre soggetti (caso 1 e caso 2) sono stati sottoposti a recisione del retinacolo dei flessori al fine di ridurre la pressione a livello di canale carpale. Nel primo cavallo (caso 1) si è optato per un approccio chirurgico a cielo aperto sfruttando

1 2

Vet-MR, Esaote S.p.A., Genova, Italia. MR-V, Paramed Medical System, Genova, Italia.

TABELLA 1 Tabella riassuntiva in cui viene descritto il segnalamento dei casi. AAS = Anglo Arabo Sardo, SI = Sella Italiano, PSA = Purosangue Arabo

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Caso

Razza

Età

Sesso

Attitudine

Grado di zoppia

Durata

Palpazione

Risposta alla flessione

Risposta anestesie semeiologiche

1

AAS

11

Mc

Completo

2/5

60 gg

NDR

Peggioramento zoppia

Positività an. perineurale nn. metacarpali palmari

2

SI

6

F

Salto Ostacoli

2/5

60 gg

NDR

Peggioramento zoppia

Positività an. perineurale nn. metacarpali palmari

3

PSA

13

Mc

Endurance

2/5

30 gg

NDR

Peggioramento zoppia

Positività an. intratecale guaina flessori

Sindrome da tunnel carpale nel cavallo: reperti di risonanza magnetica in tre casi


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❚ Diagnostica per immagini

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FIGURA 1 - Caso 1. Immagini RM pesate in T1 (A, D) e T2 (B, E) dell’arto affetto da zoppia, condotte lungo il piano trasversale a livello di regione metacarpale prossimale. Per confronto sono state inserite anche immagini T1 pesate dell’arto controlaterale (C, F). Si osservi la presenza di materiale iperintenso localizzato tra ALDDFT, retinacolo e tendini flessori (freccia aperta) e aumento dello spessore della porzione palmaromediale del retinacolo dei flessori (freccia).

l’accesso mediale al carpo (Byron et al. 2010). Nel caso 2 si è deciso di intervenire attraverso un approccio tenoscopico, come descritto da Byron et al. (2010). Sono stati creati due portali: quello endoscopico in posizione prossimo-laterale, localizzato 3 cm prossimalmente al pisiforme e posto tra Ulnare Laterale (UL) ed Estensore Laterale del Dito (LDE) e quello strumentale posto 1,5 cm distalmente al pisiforme tra DDFT e UL. I cavalli sottoposti ad intervento chirurgico sono stati tenuti a riposo in box per una settimana e confinati in paddock di ridotte dimensioni per ulteriori 2 settimane. Successivamente è stato intrapreso un programma di riabilitazione che prevedeva passo a mano, inizialmente 10 minuti per poi arrivare a 30 minuti al giorno, per 4 settimane. In seguito i cavalli hanno eseguito lavoro al trotto alla corda in circolo ad entrambe le mani partendo da 5 minuti al giorno e incrementando progressivamente fino a 20 minuti al giorno in un periodo di 4 settimane. A partire dalla nona settimana dall’intervento i soggetti hanno iniziato ad essere sottoposti ad un ridotto carico di lavoro montati in piano. I soggetti sottoposti a chirurgia e riabilitazione sono tornati alle performances precedenti all’insorgenza della zoppia dopo circa 4 mesi nel primo caso e 5 mesi nel secondo. Nel caso 3, invece, sulla scorta di quanto deciso dal proprietario, non sono stati intrapresi né un trattamento di tipo chirurgico né medico. Il caval-

lo ha iniziato un periodo di riabilitazione della durata prevista di 24 settimane. Il cavallo è ancora in riabilitazione.

DISCUSSIONE In letteratura sono pochi i lavori in cui viene descritta la sindrome da tunnel carpale nel cavallo (Bertone 2002, Rantanen 2007, Byron et al. 2010). La diagnosi si basava comunemente sugli aspetti clinici unitamente ai reperti radiografici ed ecografici (Bertone 2002, Rantanen 2007, Byron et al. 2010). Tali tecniche diagnostiche hanno però dei limiti intrinseci: l’esame radiografico evidenzia reperti significativi solo se sono coinvolte strutture sufficientemente mineralizzate mentre l’indagine ecografica non sempre risulta di facile esecuzione ed interpretazione quando orientata all’esame delle strutture della regione antibrachiale (Brokken et al. 2007, Powell et al. 2009). Come già descritto da Labens et al. (2010) e Sampson e Tucker (2007), anche nei nostri casi l’esame ecografico è risultato avere una accuratezza limitata ed una sensibilità ridotta a causa della presenza di artefatti da flusso, di artefatti provocati dall’esecuzione recente di anestesie perineurali e di refrazione riconducibile alla presenza dei tessuti molli circostanti con differente ecogenicità (Dyson 2003, Labens et al. 2010, Sampson and Tucker 2007). Una Ippologia, Anno 24, n. 1, Marzo 2013

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❚ Diagnostica per immagini

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FIGURA 2 - Caso 2. STIR sagittale con reference lines delle sezioni trasversali. Sequenze T1 (B, D, F) e STIR (C, E, G) della regione metacarpale prossimale. Notare il tessuto reattivo iperintenso nelle T1 pesate (B, D, F) e STIR (C, E, G). L’ ALDDFT presenta un aumento di segnale (punta di freccia) sia nelle T1 che nelle STIR (F, G).

A

B

C

FIGURA 3 - Caso 3. Sequenza T1 pesata condotta lungo il piano trasversale, appena distalmente all’articolazione carpo-metacarpica (A). Si noti l’aumento di volume e di segnale a carico dell’ALDDFT, soprattutto nella sua porzione mediale (freccie vuote gialle). Le immagini B) e C) mostrano il confronto tra arto affetto da zoppia (B) e arto controlaterale (C). Nell’arto patologico il SDFT appare aumentato di volume e caratterizzato da una evidente alterazione di forma (B, freccia gialla e per confronto C, freccia rossa). Si può inoltre apprezzare un moderato aumento di volume dei tessuti peritendinei soprattutto a carico del compartimento palmaro-mediale.

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Sindrome da tunnel carpale nel cavallo: reperti di risonanza magnetica in tre casi


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❚ Diagnostica per immagini possibile ulteriore spiegazione in merito alla mancata corrispondenza tra reperti ecografici ed RM potrebbe essere ricondotta al periodo di tempo intercorso tra i due esami: infatti, come riportato da Labens et al. (2010), un intervallo di tempo superiore ai 13 giorni tra l’esecuzione dell’esame ecografico e di quello RM, può influire significativamente in merito alla possibilità di poter evidenziare i medesimi reperti (Labens et al. 2010). In questo studio l’impiego della RM è risultato indispensabile per poter raggiungere una corretta diagnosi poiché ha permesso di identificare in modo preciso le alterazioni delle strutture anatomiche del canale carpale coinvolte nella genesi della sindrome compartimentale. Le sequenze pesate in T1 e PD hanno permesso di ottenere un ottimo dettaglio anatomico che ha facilitato il riconoscimento delle alterazioni delle strutture anatomiche coinvolte nel processo patologico. Le seq. STIR, come già descritto da Holowinsky et al. nel 2010, hanno invece fornito utili indicazioni in merito alla “significatività” clinica dei reperti osservati. Il raggiungimento di una diagnosi precisa, conoscendo l’entità e l’estensione delle lesioni, è stato di grande ausilio nella scelta del piano terapeutico più adeguato. Storicamente la sindrome da tunnel carpale è stata trattata mediante release del retinacolo dei flessori attraverso un approccio chirurgico a cielo aperto (Mackay-Smith et al. 1972). Questo tipo di intervento, pur avendo un’efficacia clinica comprovata, comporta il rischio di poter danneggiare le strutture vascolo-nervose mediali, o di essere complicato dalla deiscenza della sutura con un conseguente risultato estetico insoddisfacente (Mackay-Smith et al. 1972, Textor et al. 2003). L’approccio tenoscopico offre diversi vantaggi: riduce l’incidenza di danni iatrogeni, la possibilità d’infezioni grazie all’accesso mininvasivo e consente una accurata valutazione delle strutture del canale carpale e la revisione delle lesioni superficiali riscontrate in sede intratecale (Byron et al. 2010).

Nei due casi sottoposti ad intervento chirurgico sono stati impiegati l’approccio a cielo aperto (caso 1) e quello tenoscopico (caso 2), ottenendo in entrambi i soggetti risultati ottimali in assenza di complicazioni. La terapia chirurgica è stata utile nel ridurre la sindrome compartimentale ma ulteriori terapie sono da prendere in considerazione per quanto concerne il trattamento delle patologie alla base dell’insorgenza della sindrome. In tutti i casi descritti si è optato per un trattamento di tipo conservativo per la terapia della desmopatia del DDFT (casi 1 e 2) e del SDFT (caso 3).

RINGRAZIAMENTI Si ringraziano il Dott. Stefano Tassan e il Dott. Nicola Perniola per aver riferito i casi.

Parole chiave Equino, RM, zoppia, canale carpale.

❚ Carpal tunnel syndrome in the horse: magnetic resonance findings in three cases Summary As in many other animal species, also in equine patients carpal tunnel syndrome is considered a compartimental syndrome due to increased volume of one or more structures included in the carpal canal that induced a compression on the vasculo-nervous trunk. The causes can be different, it is essential to recognize the underlying pathology in order to have a precise prognosis and establish an appropriate therapy. This paper describes the clinical and Magnetic Resonance findings in three cases of carpal tunnel syndrome.

Key words Equine, MRI, lameness, carpal canal.

BIBLIOGRAFIA 1. Bertone AL (2002) The carpus: Carpal Canal Syndrome. In: Stashak TS, Ed. Adams’Lameness in horses. Lippincott Williams and Wilkins, Baltimore, p. 830. 2. Brokken MT, Schneider RK, Sampson SN, Tucker RL, Gavin PR, Ho CP (2007) Magnetic resonance imaging features of proximal metacarpal and metatarsal injuries in the horse. Vet Radiol & Ultrasound. 48, 507-517. 3. Byron CR, Benson BM, Karlin WM, Stewart AA (2010) Modified tenoscopic method for carpal flexor retinaculum release in a horse. Vet Surg. 39, 239-243. 4. Dyson S. (2003) Proximal metacarpal and metatarsal pain: a diagnostic challenge. Equine Vet Educ 15, 134-138. 5. Dyson S. (2010) The carpal canal and carpal synovial sheath. In: Ross MW, Dyson SJ, Ed: Diagnosis and management of lameness in the horse. Elsevier-Saunders, Philadelphia, p. 777. 6. Holowinsky M, Judy C, Saveraid T, Maranda L (2010) Resolution of lesions on STIR images is associated with improved lameness status in horses. Vet Radiol & Ultrasound. 51, 479-484. 7. Labens R., Schramme MC, Robertson ID, Thrall DE, Redding WR (2010) Cli-

8. 9.

10. 11. 12. 13.

nical, Magnetic resonance, and sonographic imaging findings in horses with proximal plantar metatarsal pain. Vet Radiol & Ultrasound 51, 11-18. Mackay-Smith MP, Cushing LS, Leslie JA (1972) “Carpal canal” syndrome inhorses. J Am Vet Med Assoc 160, 993-997. Powell SE, Ramzan PHL, Head MJ, Sheperd MC, Baldwin GI, Steven WN (2009) Standing magnetic resonance imaging detection of bone marrow oedema-type signal pattern associated with subcarpal pain in 8 racehorses: a prospective study. Equine Vet J. 41, 10-17. Rantanen NW (2007) Carpal tunnel syndrome in horses. Proceedings of AAEP congress: Focus on Lameness and Imaging, - Fort Collins, Colorado, USA, 115-118. Ross MW (2010) Movement. In: Ross MW, Dyson SJ, Ed: Diagnosis and management of lameness in the horse. Elsevier-Saunders, Philadelphia, p. 64. Sampson SN and Tucker RL (2007) Magnetic Resonance Imaging of the Proximal Metacarpal and Metatarsal Regions. Clin Tech Equine Pract 6, 78-85. Textor J.A., Nixon A.J., Fortier L.A. (2003) Tenoscopic release of the equine carpal canal. Vet Surg. 32, 278-284.

Ippologia, Anno 24, n. 1, Marzo 2013

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❚ Diagnostica per immagini

Misurazione della profondità dello spazio sub-aracnoideo in puledri sani di diverse razze Micaela Sgorbini1, Serena Unti2, Francesca Bonelli1, Paola Marmorini3, Stefano Di Maria4, Tiziana Valeriani3, Roberta Di Martino3, Michele Corazza1 1

Dipartimento Scienze Veterinarie, San Piero a Grado (PI) Libero professinista, Lucca (LU) 3 Libero professionista, Pisa (PI) 4 Centro Militare Veterinario, Via Castiglionese, Grosseto (GR) 2

INTRODUZIONE RIASSUNTO Scopo - Misurare lo spazio sub-aracnoideo dorsale in puledri di razze diverse, al fine di: 1) ottenere degli intervalli di riferimento; 2) verificare un eventuale aumento dello spazio sub-aracnoideo nella prima settimana di vita; 3) verificare le differenze relative al sesso e alla razza. Materiali e metodi - Nel presente studio sono stati inclusi 64 puledri di razze diverse. In questi soggetti è stato misurato per via ecografica lo spazio sub-aracnoideo dorsale come distanza tra la dura madre e la porzione dorsale della pia madre cranialmente alle ali dell’atlante secondo il piano sagittale. Quindi la sonda è stata ruotata di 90 gradi e la misura è stata ripetuta sul piano longitudinale a livello della cisterna magna. La misurazione è stata eseguita a 1 giorno (T1) di età e ripetuta a 4 (T4) e 7 giorni (T7) di vita. Sono state calcolate media e deviazione standard. Quindi è stato applicato il test di Skewness-Kurtosis per verificare la distribuzione della popolazione. Infine è stata eseguita l’analisi della varianza (Anova) per verificare differenze tra le misurazioni nel tempo. È stato applicato il t-test per evidenziare differenze statisticamente significative tra maschi e femmine. Risultati - Nei PSI lo spazio SA dorsale aumenta in modo significativo durante la prima settimana di vita, mentre la sua profondità rimane costante nei QH e nei sella. Non sono state evidenziate differenze legate al sesso in nessuna delle razze esaminate. Discussione e conclusioni - Nel puledro è stata evidenziata una correlazione positiva tra l’aumento del liquido cerebro-spinale e l’incremento della profondità dello spazio SA dorsale. Il presente studio fornisce valori di riferimento in puledri sani di razze diverse da utilizzarsi nella pratica clinica per la valutazione di soggetti con sintomatologia neurologica riferibile ad un aumento del liquido cefalo-rachidiano.

L’esame ecografico dello spazio atlanto-occipitale (AO) è stato studiato nel bambino per valutare sia i rilievi fisiologici che le patologie congenite ed acquisite del midollo spinale e dell’articolazione atlanto-occipitale1. Anche in medicina veterinaria, in particolare nel cane e nel cavallo, la valutazione ultrasonografica dello spazio AO è stata utilizzata nella diagnosi delle malformazioni occipitali2 e delle patologie articolari3-6. La visualizzazione ecografica dello spazio AO è risultata molto importante anche per l’esecuzione ecoguidata del prelievo del liquido cefalorachidiano (LCR)7,8. Recentemente, è stata dimostrata una correlazione tra l’aumento della pressione del LCR e la profondità dello spazio sub-aracnoideo (SA) dorsale, pertanto l’ultrasonografia dello spazio AO è stata utilizzata per valutare le variazioni della pressione del LCR, sia in condizioni fisiologiche che patologiche, nel puledro neonato9. Il LCR è un ultra-filtrato prodotto attivamente dalle cellule ependimali e dal plesso coroideo e permea il sistema nervoso centrale (SNC). Attraverso il forame occipitale, il LCR entra nello spazio sub-aracnoideo. Il flusso del LCR è cranio-caudale ed il suo riassorbimento avviene nei seni venosi10. La sua produzione è indipendente dalla pressione sanguigna e avviene in maniera costante e non controllata da un feed-back negativo secondario all’aumento della pressione intraventricolare. Il SNC è un compartimento chiuso costituito da cervello, midollo spinale, LCR e sangue, quindi l’alterazione nel volume di uno dei suoi componenti richiede una modifica nel volume degli altri. Nel cavallo adulto, l’ipercapnia secondaria ad asfissia o a patologie polmonari gravi causa una vasodilatazione arteriosa cerebrale con incremento della produzione di LCR. Quando la PaCO2 raggiunge 80 mm/Hg, si ha un aumento della pressione del LCR11. Lo scopo del presente studio è stato quello di misurare la profondità dello spazio SA dorsale in puledri sani di razze diverse, quali il Purosangue Inglese (PSI), Sella Italiana (SI) e Quarter Horse (QH), al fine di ottenere dei limiti di riferimento da utilizzare nel neonato.

MATERIALI E METODI Lo studio è stato condotto su un totale di 64 puledri: a) 33 PSI di cui 13 femmine e 20 maschi, peso compreso 50 e i 59 kg; b) 21 SI, di cui

“Articolo ricevuto dal Comitato di Redazione il 21/08/2012 ed accettato per la pubblicazione dopo revisione il 15/01/2013”.

Ippologia, Anno 24, n. 1, Marzo 2013

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❚ Diagnostica per immagini 11 femmine e 10 maschi, di peso compreso tra 58 e 62 kg; c) 10 QH, di cui 4 femmine e 6 maschi, peso compreso tra 45 e 54 kg. Le fattrici e i puledri, pur provenendo da allevamenti diversi, sono stati gestiti in modo simile nel periodo pre-parto e nella prima settimana postparto. Per quanto riguarda l’alimentazione, durante l’ultimo trimestre di gravidanza è stato somministrato alle fattrici fieno polifita ad libitum e concentrato per un valore energetico giornaliero di circa 4 UFC (unità foraggere del cavallo)12. Nel post-partum è stata aumentata la quantità di concentrato ed è stato aggiunto un nucleo proteico, affinché i valori energetici giornalieri fossero pari a 9 UFC. Un mese prima della data presunta del parto e nel post-partum le fattrici sono state alloggiate in box 4X4 m con lettiera in paglia. Criteri di inclusione delle fattrici: 1) vaccinazione per influenza, tetano, herpesvirus 1-4, e trattamento per parassitosi GI secondo le linee guida dell’American Association of Equine Practitioners Infectious Disease Committee13; 2) durata della gestazione maggiore di 320-360 giorni14; 3) parto eutocico, non indotto. Criteri d’inclusione dei puledri sani: 1) APGAR 7-815; 2) tempo necessario per alzare la testa, assumere la posizione sternale e la stazione quadrupedale, eseguire la prima poppata16; 3) IgG a 24 ore ≥800 mg/dl (SNAP foal IgG Test Kit, IDEXX, USA)17. La misurazione dello spazio SA è stata eseguita mediante esame ecografico (SSD-500, Aloka, Japan, sonda transrettale 7,5 MHz) a 24 ore (T1), 4 giorni (T4) e 7 giorni (T7) dalla nascita. I puledri non sono stati sedati, ma contenuti solo manualmente in stazione quadrupedale. Non è stato necessario procedere alla rasatura del pelo ed è stato utilizzato alcool per migliorare il contatto tra la sonda e la cute. La sonda è stata posta caudalmente alla protuberanza occipitale e sono state visualizzate in sezione trasversale le seguenti strutture anatomiche: 1) dorsalmente: cute; sottocute; legamento nucale; ventri muscolari dei muscoli grande retto dorsale della testa e obliquo caudale della testa; condili dell’occipitale e dura madre; 2) al centro: pia madre, legamenti denticolati e midollo spinale; 3) ventralmente: apertura postero-ventrale dell’osso occipitale. La profondità dello spazio SA è stata misurata come la distanza compresa tra

la dura madre e la porzione dorsale della pia madre, secondo il piano sagittale mediano. La sonda quindi è stata ruotata di 90° per ottenere la sezione longitudinale e la profondità dello spazio SA è stata misurata come la distanza compresa tra dura madre e la porzione dorsale della pia madre, secondo il piano sagittale. Le misurazioni, sia in sezione trasversale che longitudinale, sono state registrate per tre volte consecutive e ne è stata calcolata la media che è stata utilizzata per l’analisi statistica.

Analisi statistica Sui dati registrati è stata calcolata la media (X) ± deviazione standard (DS). La distribuzione dei dati è stata verificata mediante l’applicazione del test Skewness-Kurtosis. Poiché la distribuzione dei dati è risultata normale in tutte le razze, è stata applicata l’analisi della varianza (ANOVA) per dati ripetuti e il test di Bonferroni come post hoc al fine di verificare le differenze tra T1, T4 e T7, sia per le misurazioni trasversali che per le misurazioni longitudinali. I dati sono stati considerati significativi per p <0,05. Infine è stato applicato lo Student’s ttest per dati non appaiati al fine di verificare eventuali differenze tra i maschi e le femmine di ogni razza esaminata. I risultati sono stati considerati significativi per p <0,05.

Risultati I valori di X ± DS della misurazione dello spazio SA dorsale, sia in sezione trasversale che longitudinale, sono riportati in Tabella 1. L’ANOVA test è risultato statisticamente significativo per le misurazioni della profondità dello spazio SA, sia in sezione trasversale che longitudinale, nei PSI, ma non nei SI e nei QH. Il Bonferroni test ha evidenziato differenze statisticamente significative nei puledri PSI tra T1 vs T4 e T1 vs T7. Lo Student t-test non ha rilevato differenze statisticamente significative tra maschi e femmine in nessuna delle razze prese in esame.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI La visualizzazione ecografica del LCR fornisce un valido strumento diagnostico per svelare la pre-

TABELLA 1 X±DS della misurazione dello spazio SA dorsale, sia in sezione trasversale che longitudinale, nei puledri PSI, SI e QH Sezione trasversale X±DS (cm)

10

Sezione longitudinale

PSI

SI

QH

PSI

SI

QH

T1

0,73±0,06

0,83±0,07

0,72±0,05

0,73±0,06

0,82±0,08

0,73±0,05

T4

0,76±0,07

0,84±0,10

0,72±0,07

0,75±0,07

0,84±0,09

0,73±0,06

T7

0,77±0,07

0,86±0,09

0,73±0,06

0,77±0,06

0,89±0,09

0,74±0,05

Misurazione della profondità dello spazio sub-aracnoideo in puledri sani di diverse razze


❚ Diagnostica per immagini senza di meningiti o emorragie sub-aracnoidee e offre immagini sulla qualità del LCR e delle relative strutture anatomiche, in un’area altrimenti considerata di difficile accesso7-9. Inoltre, la misurazione ecografica della profondità dello spazio SA dorsale è considerata utile nella valutazione dei puledri con una sintomatologia neurologica secondaria a PAS (Perinatal Asphyxia Syndrome)9. Nel nostro studio sono riportati valori di riferimento per la misurazione sia in sezione trasversale che longitudinale dello spazio sub-aracnoideo dorsale in puledri di 3 razze diverse monitorati durante la prima settimana di vita. In letteratura, alcuni autori hanno studiato lo spazio AO e misurato lo spazio SA nel puledro. In particolare, Bucca et al. (2008)9 hanno valutato lo spazio SA dorsale in un gruppo di puledri eterogenei per razza, età e sesso e hanno ottenuto in sezione trasversale un range di 0,58-0,94 cm e in sezione longitudinale di 0,59-0,95 cm. In un altro studio più recente, gli stessi autori18 hanno eseguito in puledri sani di razze diverse e di età compresa tra 6 ore e 14 giorni, la misura dello spazio SA dorsale che è risultata 0,67±0,05 cm per la sezione trasversale e 0,70±0,05 cm per la sezione longitudinale. Rispetto a quanto riportato in letteratura, le misure ecografiche dello spazio SA ottenute nel presente studio rientrano nel range riportato in letteratura9, ma sono leggermente più alte se confrontate con uno studio più recente sempre degli stessi autori18. Questa differenza, anche se minima, potrebbe essere dovuta al fatto che nel nostro studio sono stati standardizzati alcuni fattori che potevano influenzare la misurazione, quali la razza, la dimensione del soggetto e l’età. Nel nostro studio, infatti, i puledri sono stati suddivisi per razza, e ogni gruppo presentava peso ed età omogenei. In uno studio del 200919, la misurazione dello spazio SA dorsale è stato eseguito durante la prima settimana di vita in puledri trottatori sani posizionati in decubito laterale destro o sinistro. In uno più recente eseguito su una popolazione omogenea di puledri trottatori, seguiti sempre durante la prima settimana di vita, le misurazioni sono state ottenute con i soggetti in stazione quadrupedale20. Nel presente studio, in cui tutti i puledri sono stati sottoposti a ecografia in stazione quadrupedale, le misurazioni ottenute sono sovrapponibili a quelle ottenute in puledri trottatori, posizionati sia in decubito laterale che in stazione quadrupedale. Questi risultati, quindi, sembrano supportare l’ipotesi che la posizione del puledro durante la misurazione non influenza la misurazione stessa. Questo risultato è importante, poiché eseguire la procedura con il puledro in stazione quadrupedale richiede meno personale e un minor tempo di contenzione, quindi per l’animale risulterà meno stressante rispetto al posizionamento in decubito laterale. Per quanto riguarda l’accrescimento dello SA dor-

sale, i risultati ottenuti nel presente studio mostrano un aumento significativo durante la prima settimana di vita soltanto nei PSI, mentre nei SI e nei QH la misurazione rimane costante nel tempo. Questo potrebbe essere legato alle diverse razze esaminate e a un probabile accrescimento più veloce dei PSI rispetto ai SI e QH nella prima settimana dopo la nascita. Infine l’analisi statistica non ha evidenziato differenze tra maschi e femmine in nessuna razza presa in esame, pertanto non sembrano esistere diversità legate al sesso per tutte le razze esaminate. In conclusione, in questo studio sono riportati intervalli che possono essere utilizzati come riferimento per la misura della profondità dello SA dorsale in puledri PSI, SI e QH. Questi valori possono essere utilizzati nei puledri neonati per valutare in modo non invasivo la presenza di malformazioni congenite e patologie acquisite come un eventuale incremento della pressione del LCR.

RINGRAZIAMENTI Gli Autori ringraziano la dr.ssa Stefania Bucca per i suggerimenti tecnici, i proprietari degli allevamenti che hanno permesso l’esecuzione del presente studio (allevamento I Mandorli di Bruno Bardi, Peccioli, Pisa; OT Horses di Oliviero Toscani, Casale Marittimo, Pisa; Allevamento di Campalto di Manuela Traversa, Pisa), i puledri sempre pazienti durante le nostre indagini.

Parole chiave Puledro, ultrasonografia, spazio sub-aracnoideo dorsale, ipossia.

❚ Measurement of sub-arachnoid space depth in healthy foals of different breeds Summary Aim - The purpose of this study was to determine ultrasonographic measures of the depth of the dorsal subarachnoid space in healthy foals of different breeds in order to: 1) obtain a range of values to be used as reference; 2) verify sub-arachnoid space (SA) depth increase during the first week of life; 3) verify the presence of differences related to gender. Material and methods - The depth of the dorsal sub-arachnoid space was recorded in 64 foals of different breeds at 1 day (T1), 4 (T4) days and 7 (T7) days of life, measuring the distance between the dura mater and the dorsal portion of the pia mater in a cross-sectional view just cranial to the wings of atlas. The probe was then rotated and the longitudinal scan was visualized, then meaIppologia, Anno 24, n. 1, Marzo 2013

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❚ Diagnostica per immagini surements were taken just caudal to the occipital bone at the level of the cisterna magna. Mean and standard deviation were calculated. SkewnessKurtosis test was applied to verify data distribution. Time-dependent changes were recorded using the analysis of variance and gender-related differences were recorded using the t-test for unpaired data. Results - Differences related to time were recorded in Thoroughbred foals, while no differences were obtained in show jumping and Quarter Horse foals. Differences related to gender were observed in all the breeds examined. Discussion and conclusions - A correlation

between cerebro-spinal fluid (CSF) pressure and ultrasound measurements at the SA has been recently reported in the foal. In the present study, measures of dorsal SA during the first week of life were reported for foals of different breeds. The present findings show that the dorsal SA measurements might be a safe, reliable and a not invasive method to evaluate foals with neurologic signs in the perinatal period and to assess indirectly the increase of CSF pressure.

Key words Foal, ultrasonography, dorsal sub-arachnoid space, hypoxia.

BIBLIOGRAFIA 1. Unsinn KM, Geley T, Freund MC, Gassner I (2000). US of the spinal cord in the newborns: spectrum of normal findings, variants, congenital anomalies, and acquired diseases. Radiographics, 20: 923-38. 2. Schmidt MJ, Wigger A, Jawinski S, Golla T, Kramer M (2008). Ultrasonographic appearence of the craniocervical junction in normal brachycephalic dogs and dogs with caudal occipital (Chiari-like) malformation. Vet Radiol Ultrasound 49(5): 472-6. 3. Nanai B, Lyman R, Bichsel PS (2007). Use of intraoperative ultrasonography in canine spinal cord lesions. Vet Radiol Ultrasound, 48: 254-61. 4. Mayhew IG,Watson AG, Heissan JA (1978). Congenital occipitoatlantoaxial malformations in the horse. Equine Vet J, 10: 103-13. 5. Walmsley JP (1088). A case of atlanto-occipital arthropathy following guttural pouch mycosis in a horse. The use of radioisotope bone scanning a san aid to diagnosis. Equine Vet J, 20: 219-20. 6. Gollob E, Edinger H, Stank C, Wurnig C (2002). Ultrasonographic investigation of the atlanto-occipital articulation in the horse. Equine Vet J, 34: 44-50. 7. Audigiè F, Tapprest J, Didierlaurent D, Denoix JM (2004). Ultrasoundguided atlanto-occipital puncture for myelography in the horse. Vet Radiol Ultrasound, 45: 340-4. 8. Aleman MBA (2007). Ultrasound-assisted collection of cerebrospinal fluid from the lombosacral spaces in equids. JAVMA, 230: 378-84. 9. Bucca S, Fogarty U, Farelly BT (2008). Ultrasound examination of the atlanto-occipital space. In: McAuliffe SB, Slovis NM (Eds.), Color atlas of diseases and disorders of the foal, Saunders Elsevier, pp. 349-50.

12

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Misurazione della profondità dello spazio sub-aracnoideo in puledri sani di diverse razze


SIVE 24-25 Maggio 2013

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SOCIETÀ ITALIANA VETERINARI PER EQUINI SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

CORSO PRATICO AVANZATO DI ANESTESIA Lodi • 24-25 Maggio 2013 PROGRAMMA SCIENTIFICO VENERDÌ 24 MAGGIO 2013

SABATO 25 MAGGIO 2013

08.30 09.00 09.45 10.30 11.00 11.45 12.15 13.00 14.30

09.00 Anestesia per pazienti “particolari”: cavallo in colica, taglio cesareo: considerazioni perioperatorie (fluidoterapia, squilibri elettrolitici, analgesia…) 10.20 Pausa caffè 10.40 Anestesia per pazienti “particolari”: puledro, asini e muli 11.40 Complicazioni/emergenze intra-operatorie Complicazioni/emergenze post-operatorie 12.30 Termine del corso

Registrazione dei Partecipanti Contenimento farmacologico del cavallo: molecole impiegabili Chirurgia in campo: TIVA vs Sedazione Profonda Pausa caffè Anestesia generale: tecnica inalatoria vs PIVA Anestesia generale: monitoraggio, posizionamento… Anestesie loco-regionali: epidurale, testa Pausa pranzo Esercitazione pratica • Induzione in campo/anestesia inalatoria • Tecniche loco-regionali: teste (almeno 4-5)/epidurale (1-2 ad estrazione su cavallo della clinica) 18.00 Termine della prima giorno

RELATORI SARA NANNARONE

GIULIANO RAVASIO

Med Vet, Ricercatore, Università degli Studi di Perugia Laureata a Perugia nel 1999, da gennaio 2000 svolge attività clinica presso la sez. di Chirurgia della stessa Università con interesse per l’anestesiologia. Nell’estate 2000 ha lavorato in Irlanda (Troytown Equine Hospital) ricoprendo spesso il ruolo di anestesista. Nel gennaio 2002 ha iniziato il College Europeo ECVAA lavorando presso le Università di Berna, Cornell, Vienna e presso la clinica “Dick White Referral” (UK). A Berna ha realizzato il suo lavoro di Dottorato su “Un nuovo protocollo di anestesia bilanciata inalatoria-endovenosa nel cavallo”. Ha partecipato come relatrice a congressi nazionali e internazionali di medicina equina, come istruttrice a corsi pratici di anestesia (piccoli e grandi animali), inoltre è autrice e coautrice di oltre 50 pubblicazioni. Attualmente è ricercatore presso l’Università di Perugia ed è responsabile del servizio di anestesia dei grandi animali.

Med Vet, PhD, Ricercatore, Università degli Studi di Milano Il dott. Ravasio si è laureato presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Milano nel 2003. Nel Novembre 2006 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Scienze Cliniche Veterinarie con curriculum: “Anestesia e Analgesia degli Animali d’Affezione”. Ha svolto attività di collaborazione con l’Istituto Neurologico Nazionale “Carlo Besta”, con il Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università degli Studi di Milano, con l’Istituto Cardiologico Monzino di Milano, con l’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano e con l’Università Vita-Salute dell’Ospedale San Raffaele. Attualmente è Ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano. Il dott. Ravasio è autore e coautore di pubblicazioni nazionali e internazionali ed è stato relatore a numerosi congressi nazionali.

SEDE

QUOTE DI PARTECIPAZIONE

POLO UNIVERSITARIO DI LODI - Via dell’Università, 6 - 26900 Lodi

Soci SIVE 2013: € 460,00 (€ 380,00 + IVA 21%) Non Soci SIVE 2013: € 605,00 (€ 500,00 + IVA 21%) Numero massimo di partecipanti 20 - Scadenza Iscrizioni: 3 Maggio 2013

INFORMAZIONI Segreteria SIVE (Monica Borghisani) Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona - Tel. 0372 403502 - Fax 0372 457091 E-mail: info@sive.it - Web: www.sive.it

COMPRESO NELLA QUOTA Pause caffè • Pausa pranzo • Atti delle relazioni • Attestato di partecipazione


SIVE 24-25 Maggio 2013

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SOCIETÀ ITALIANA VETERINARI PER EQUINI SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

✁ SCHEDA DI ISCRIZIONE

CORSO PRATICO AVANZATO DI ANESTESIA Lodi • 24-25 Maggio 2013 Da rispedire a SIVE - Palazzo Trecchi, 20 - 26100 Cremona - Tel. 0372/40.35.02 - Fax 0372/45.70.91 ENTRO IL 3 MAGGIO 2013 Per l’accettazione farà fede il timbro postale di partenza della domanda di iscrizione.

PARTECIPANTE COGNOME ....................................................................................... NOME ............................................................................................... VIA ................................................................................. N. ............. CITTÀ ............................................................................................... PROVINCIA ................................................ CAP............................. TELEFONO ...................................................................................... FAX ................................................................................................... E-MAIL .............................................................................................. NUMERO MASSIMO DI PARTECIPANTI 20 RESTITUZIONE QUOTA DI ISCRIZIONE Prevista in caso di esclusione o di rinuncia. Le richieste di rinuncia verranno totalmente rimborsate solo se pervenute entro 10giorni dalla data di inizio del corso le richieste di rinuncia devono pervenire via fax o e-mail alla segreteria SIVE. MODALITÀ DI PAGAMENTO Il pagamento deve essere effettuato tramite (non saranno accettate domande di iscrizione accompagnate da forme di pagamento diverse dalle seguenti): ❑ Assegno bancario non trasferibile o assegno circolare intestato a E.V. Soc. Cons. a r.l. (da allegare alla presente domanda)

❑ Carta di Credito ❍ Carta Sì ❍ Mastercard (non si accettano carte elettroniche)

❍ Visa

Intestata a .................................................................................... Numero Carta Scadenza (mese e anno) (7 numeri sul retro)

(Obbligatorio)

❑ Contanti (solo se versati direttamente presso gli uffici della SIVE entro il 3 Maggio 2013) ❑ ON LINE: http://registration.evsrl.it/ FATTURAZIONE Da intestare a ................................................................................... Denominazione sociale .................................................................... Domicilio fiscale ................................................................................ Partita IVA ......................................................................................... Codice Fiscale .................................................................................. APPOGGIO BANCARIO PER EVENTUALE RESTITUZIONE CAPARRA Banca ................................................................................................ Filiale Agenzia .................................................................................. C/c numero .......................................................................................

N. ............................ della banca ................................................

ABI ................................................. CAB ........................................

emesso in data .............................................................................

Intestato a .........................................................................................

❑ Vaglia postale intestato a E.V. Soc. Cons. a r.l. Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona Si prega di indicare la causale del versamento (allegare la fotocopia del versamento)

Per accettazione di quanto riportato Data ............................... Firma .......................................................

PRIVACY Ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (G.U. 29 luglio 2003, Serie generale n. 174, Supplemento ordinario n. 123/L), il sottoscritto acconsente al trattamento dei dati sopra indicati, consapevole che l’esecuzione dei servizi richiesti non può avere luogo senza le comunicazioni dei dati personali all’ANMVI e/o ai soggetti a cui la stessa deve rivolgersi. FIRMA ……………………………………………………………………


Beccati imp.:ok

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❚ Ortopedia

Frattura d’avulsione dell’origine della corda femoro-metatarsica (Peroneus Tertius) in un puledro Francesca Beccati, Marco Pepe, Sara Dante, Stefano Cavallini*, Rodolfo Gialletti Centro di Studi del Cavallo Sportivo, Dipartimento di Patologia, Diagnostica e Clinica Veterinaria, Sezione di Chirurgia e Radiodiagnostica, Università degli Studi di Perugia - Via San Costanzo 4, 06126, Perugia *Libero Professionista, Arezzo

RIASSUNTO Il peroneo terzo è un’importante porzione dell’apparato di reciprocità che ha il compito di coordinare la flessione e l’estensione del garretto e della grassella. Le rotture del peroneo terzo sono delle condizioni patologiche abbastanza rare e l’evento traumatico ne costituisce la causa principale. In questo lavoro è descritto un caso di frattura d’avulsione dell’inserzione prossimale del peroneo terzo e dell’estensore lungo del dito in un puledro di 6 settimane. L’esame clinico ha consentito da subito la diagnosi di rottura della corda femoro-metatarsica e gli esami radiografici ed ecografico hanno permesso di stabilire le strutture interessate e la localizzazione della lesione, e determinare l’entità del danno. Il puledro è stato quindi sottoposto ad artroscopia in anestesia generale, per la rimozione dei frammenti osteocondrali dall’articolazione femoro-tibiale laterale. A più di un anno dall’intervento il puledro non presenta zoppia e/o deformazioni della regione della grassella, anche se la prognosi dovrà essere rivalutata e rimodulata all’entrata in allenamento del paziente.

INTRODUZIONE La corda femoro-metatarsica (M. peroneus [fibularis] tertius [Nomina Anatomica Veterinaria]) è un cordone bianco, robustissimo, largo e appiattito in senso cranio-caudale che prende origine dalla fossa estensoria (Fossa extensoria) del femore, scorre all’interno della doccia tibiale (Sulcus extensorius), rivestita da cartilagine, e, a questo livello, dà origine anche al corpo carnoso del muscolo estensore lungo delle falangi, di cui, quindi, costituisce il tendine d’origine comune. Si continua, interamente fibrosa, tra questo corpo carnoso e il muscolo tibiale craniale, che le aderisce, e passa sotto il retinacolo tibiale, ricoprendo il tendine del muscolo tibiale craniale. A livello dell’astragalo forma l’anello attraversato dal tendine del muscolo tibiale craniale e si divide in due branche terminali: la più breve e robusta discende appiattendosi e allargandosi a ventaglio con la branca metatarsale del tibiale craniale e termina, con questa, sulla tuberosità prossimo-dorsale del metatarsale principale; l’altra, più lunga ma più esile, si dirige disto-lateralmente e si allarga per terminare sull’osso cuboide (Osso Tarsale Primo e Secondo) (Barone 1998). Il muscolo peroneo terzo (PT), praticamente inestensibile, unisce il metatarso al femore e rende solidali gli angoli femoro-tibiale e tibio-tarsico e ha l’azione di flettere il tarso contestualmente alla flessione della grassella. Le lesioni all’origine del PT sono infrequenti nel cavallo e, generalmente, interessano l’inserzione distale; l’interessamento dell’origine prossimale è più comune nei puledri rispetto ai cavalli adulti, poiché l’osso nei giovani è strutturalmente più debole (Holcombe et al., 1994; Koenig et al., 2005; Walmsley 2011). Nel presente lavoro è descritto l’approccio clinico, diagnostico e chirurgico a un caso di frattura d’avulsione dell’origine del muscolo Peroneo Terzo in un puledro sella olandese di 6 settimane di età.

CASO CLINICO Anamnesi e visita clinica Un puledro, femmina, sella olandese di 6 settimane di età è stato ricoverato presso la nostra struttura per la presenza di zoppia a carico dell’arto posteriore sinistro e rottura della corda femoro-metatarsica. La puledra era stata ritrovata in paddock con zoppia all’arto posteriore sinistro e tumefazione alla regione della grassella e della gamba, insorte improvvisamente.

“Articolo ricevuto dal Comitato di Redazione il 10/01/2013 ed accettato per la pubblicazione dopo revisione il 12/03/2013”.

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❚ Ortopedia Al momento del ricovero la puledra si presentava in ottime condizioni generali. All’esame clinico si evidenziava una notevole tumefazione a carico della porzione cranio-laterale e laterale della grassella sinistra, che risultava calda e dolente alla palpazione. La mobilizzazione passiva del medesimo arto, nella manovra di retrazione, permetteva di

ottenere la flessione della grassella mantenendo le articolazioni del garretto e del nodello in estensione (Fig. 1). A l passo il paziente presentava zoppia di grado severo (4/5); l’esame al trotto non è stato quindi eseguito. In base ai reperti clinici riscontrati è stata emessa diagnosi di rottura della corda femoro-metatarsica sinistra.

Diagnostica per immagini

FIGURA 1 - Manovra di mobilizzazione passiva di retrazione dell’arto posteriore. A causa della rottura della corda femoro-metatarsica è possibile ottenere la flessione della grassella e l’estensione del garretto e del nodello; si noti anche l’arricciamento della corda del garretto.

Il puledro è stato sottoposto all’esame radiografico della grassella e sono state ottenute tutte le proiezioni standard (Butler et al., 2008; Weaver e Barakzai 2010). I radiogrammi mettevano in luce la presenza di un grosso frammento osseo in corrispondenza della porzione dorso-laterale del condilo laterale del femore, dislocato in direzione cranio-disto-laterale (Fig. 2A e B); in proiezione latero-mediale flessa, il grosso frammento osseo appariva come costituito da 2 frammenti separati (Fig. 4). L’aspetto craniale, mediale e laterale di entrambe le grasselle è stato sottoposto a tricotomia con lama da No. 40, così come l’aspetto craniale della gamba fino al livello della porzione prossimale del metatarso, e la regione preparata con acqua calda e l’applicazione di gel acustico per esecuzione dell’esame ecografico. L’ecografia della grassella (Cauvin et al., 1996) con approccio laterale in scansione

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FIGURA 2 - Radiogramma della grassella eseguito in proiezione caudo60°laterale-craniomediale obliqua (A) e caudocraniale (B). Le proiezioni radiografiche mettono in evidenza un grosso frammento osseo in corrispondenza della porzione dorso-laterale del condilo laterale del femore, dislocato in direzione cranio-disto-laterale. La regione corrispondente all’inserzione del muscolo peroneo terzo ed estensore lungo delle falangi appare di ridotta radiopacità e con margini irregolari.

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❚ Ortopedia longitudinale metteva in evidenza una linea iperecogena irregolare con ombra acustica posteriore (osso) dislocata superficialmente e distalmente in corrispondenza dell’inserzione del PT, il cui “pattern” fibrillare appariva di tipo ondulato, seppur chiaramente visibile; solo la regione del tendine corrispondente all’entesi risultava di ridotta ecogenicità con perdita del “pattern” fibrillare rispetto al controlaterale (Fig. 4A). Era inoltre possibile riscontrare notevole distensione dell’articolazione femoro-tibiale laterale e alcuni frammenti liberi osteocondrali (Fig. 4B) presenti a livello del recesso subestensorio e subpopliteo (Fig. 5A). Il muscolo popliteo, seppur difficile da identificare a causa della notevole distensione, appariva nella norma, così come il legamento collaterale femoro-tibiale e il menisco laterale (Fig. 5B). L’ecografia con approccio craniale e mediale non evidenziava particolari alterazioni se non una lieve distensione articolare, mentre a carico della regione craniale della gamba non si evidenziavano anomalie a carico del PT, del muscolo tibiale craniale fino alle loro inserzioni distali sul metatarso e del muscolo estensore lungo delle falangi. I reperti diagnostici erano riconducibili a frattura d’avulsione dell’origine del PT sinistro.

FIGURA 3 - Radiogramma della grassella eseguito in proiezione latero-mediale flessa. Da questa proiezione radiografica i reperti radiografici visualizzati nelle altre proiezioni sono confermati; i frammenti ossei appaiono, però, essere due.

Trattamento Vista la presenza di diversi frammenti liberi in articolazione, è stato deciso di sottoporre il paziente ad artroscopia dell’articolazione femoro-tibiale laterale in anestesia generale. La puledra è stata sedata con xilazina (0,3 mg/kg) e butorfanolo (0,02 mg/kg); dopo l’induzione, eseguita con la somministrazione di diazepam (0,05 mg/kg) e ketamina (2 mg/kg), il paziente è stato mantenuto in anestesia gassosa con miscela di isoflurano in ossigeno al 100%. La puledra è stata posizionata in decubito dorsale e l’arto flesso a 90° a livello della grassella; è stata quindi eseguita la tricotomia e la preparazione chirurgica e si è proceduto con l’artroscopia del compartimento laterale dell’articolazione femoro-tibiale utilizzando l’approccio mediale per l’inserimento dell’ottica (Moustafa et al., 1987). Dopo aver inserito l’artroscopio nell’articolazione femoro-tibiale laterale e aver visualizzato il condilo laterale del femore, il menisco laterale e il tendine popliteo nel suo diverticolo sinoviale, è stato possibile osservare un frammento osteocondrale distaccato e adagiato nella parte laterale e distale dell’articolazione, a livello del diverticolo del “sulcus muscolaris” della tibia. Ruotando la punta dell’artroscopio in direzione prossimale e retraendolo lievemente si è individuato un altro grosso frammento osteocondrale (2x2 cm), mobile alla palpazione, nell’area articolare più prossimale del condilo femorale laterale, contraddistinto dalla presenza di fibre tendinee inserite sull’aspetto cranio-prossimale dello stesso. Oltre ai citati reperti era chiaramente evidente un’impo-

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B FIGURA 4 - Esame ecografico della grassella con approccio laterale: scansione longitudinale a livello dell’inserzione prossimale del tendine comune del peroneo terzo e lungo estensore delle falangi (A) e lievemente più prossimale (B). Si noti la discontinuazione tra le superfici ossee, la riduzione di ecogenicità dell’entesi e il modello fibrillare mantenuto, ma di tipo ondulato, del tendine. È inoltre evidente distensione dell’articolazione e un frammento osteo-cartilagineo libero. Prossimale a sinistra e distale a destra.

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FIGURA 5 - Esame ecografico della grassella con approccio laterale: scansione longitudinale a livello del tendine del muscolo popliteo (A) e menisco laterale in comparazione con l’arto controlaterale (B). Si noti la notevole distensione del recesso subpopliteo e la presenza di un frammento osteocartilagineo libero.

FIGURA 6 - Quadro artroscopico articolazione femorotibiale laterale: aspetto prossimale sopra. Particolare del frammento afferrato con Ferris-Smith Rongeours (sotto) e sottoposto a trazione in direzione distale, forbici artroscopiche a ridosso della parte inserzionale del peroneo terzo che sta per essere recisa per la rimozione del frammento.

(Fig. 6). Al termine della procedura, dopo aver asportato anche i piccoli frammenti liberi e aver abbondantemente lavato l’articolazione, sono state suturate le porte artroscopiche con punti staccati non riassorbibili; il puledro si è risvegliato senza complicazioni. La terapia antibiotica e antiinfiammatoria a base di gentamicina (6,6 mg/kg IV), procacillina (22.000 UI/kg IM) e fenilbutazone (2,2 mg/kg IV), è stata somministrata 20 minuti prima dell’intervento; mentre nel periodo post-operatorio la terapia antibiotica è stata sostituita con cefquinome (1 mg/kg IV BID) e amikacina (20 mg/kg IV SID) e somministrata per 8 giorni, la terapia anti-infiammatoria invece è rimasta tale e somministrata 2 volte al giorno per 8 giorni. È stata inoltre introdotta una terapia gastroprotettrice a base di sucralfato (40 mg/kg per OS) 3 volte al giorno. Il puledro è stato dimesso il 12° giorno post-operatorio con la raccomandazione di riposo in box per 3 mesi. A più di un anno dall’intervento il proprietario riporta che il puledro non presenta zoppia quando osservato libero al paddock.

DISCUSSIONE nente reazione sinoviale. A questo punto della procedura, dopo aver localizzato la porta chirurgica lateralmente al legamento tibio-rotuleo laterale, con l’impiego di una Ferris-Smith è stato rimosso il frammento libero adagiato nel sulcus muscolaris. Successivamente, con l’ausilio di un dissettore/lama artroscopica è stato possibile staccare il grosso frammento dall’inserzione tendinea e capsulare, che, dopo frammentazione, è stato rimosso

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Le lesioni dell’origine del PT sono abbastanza rare nel cavallo e la maggioranza dei casi descritti è rappresentata da fratture d’avulsione in soggetti molto giovani (Blikslager e Bristol 1994; Holcombe e Bertone 1994; Koenig et al., 2005). Più comunemente le lesioni avvengono a carico dell’inserzione distale e della regione centrale (Léveillé et al., 1993; Croci et al., 1999; Koenig et al., 2005). Generalmente la causa più comune di rottura parzia-


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❚ Ortopedia le o completa è rappresentata da traumi indiretti, come cadute con l’arto esteso all’indietro, tentativi di liberare un arto incastrato su materiale a terra, in alcuni casi, anche nella fase di spinta durante o dopo il salto (Léveillé et al., 1993; Croci et al., 1999), e da traumi diretti (Koenig et al., 2005); in alcuni soggetti, come nel nostro caso, la causa della lesione non viene identificata dal proprietario dell’animale e il cavallo viene improvvisamente rinvenuto con zoppia posteriore di entità variabile (Koenig et al., 2005). Nel puledro descritto, la zoppia si presentava molto grave già al passo, ciò probabilmente come conseguenza sia dell’interessamento articolare sia del trauma osseo subito. La funzione del PT è particolarmente importante nel cavallo; quando l’articolazione femoro-tibiale si flette, i condili del femore ruotano sui menischi e l’origine del PT si sposta prossimalmente determinando la flessione del tarso. Questo meccanismo passivo si aggiunge alla flessione attiva, dovuta all’azione del muscolo tibiale craniale, e la completa. Durante la stazione quadrupedale e, soprattutto, in movimento al momento dell’appoggio, il PT contribuisce al mantenimento passivo dell’angolo della grassella e del garretto, opponendosi alla loro flessione (Wentink 1978; Barone 1998; Clayton et al., 2001). Durante il movimento, tuttavia, la rottura completa di questa struttura non causa che deboli alterazioni biomeccaniche in appoggio, mentre, quando l’arto è sollevato, la flessione del garretto diventa evidentemente incompleta (Wentink 1978; Barone 1998). La soppressione della funzione del PT, a seguito della rottura, fa sì che la diagnosi clinica sia possibile già evidenziando il segno patognomonico di questa lesione: nel movimento passivo di retrazione, la grassella viene flessa, mentre il garretto e il nodello vengono estesi. L’uso delle tecniche di diagnostica per immagini di primo livello è però indispensabile per la localizzazione della sede della rottura e per quantificare la gravità della lesione (Croci et al., 1999; Koenig et al., 2005). Nel nostro caso, l’esame radiografico completo della grassella, ha permesso di evidenziare un frammento osseo avulso nel punto di origine del PT (Maulet et al., 2005) mentre l’esame ecografico ha fornito ulteriori informazioni sull’interessamento dei tessuti molli e sulla presenza di ulteriori frammenti osteocondrali liberi in articolazione. Nei soggetti in cui l’esame radiografico di grassella e garretto fossero negativi, in presenza di segni clinici patognomonici, il ricorso all’esame ecografico è indispensabile per evidenziare la localizzazione della lesione (Léveillé et al., 1993; Croci et al., 1999). Ecograficamente il PT normale si presenta, in scansione trasversale, come una struttura ovale ecogena omogenea localizzata tra il muscolo tibiale craniale e il corpo carnoso dell’estensore lungo delle falangi, mentre in scansione longitudinale è ben visibile il “pattern” di fibre parallele; questa ecostruttura è man-

tenuta lungo tutta la sua lunghezza. In caso di rotture parziali l’area di sezione trasversale del PT è aumentata e associata a riduzione dell’ecogenicità e del “pattern” fibrillare mentre, più comunemente, nelle rotture complete sono presenti estese aree da ipoecogene ad anecogene con perdita completa del “pattern” fibrillare (Léveillé et al., 1993; Dik 1993; Reef 1995). Nel caso descritto le alterazioni ecografiche erano minime e localizzate a livello dell’entesi poiché l’interessamento maggiore è avvenuto a carico dell’osso. Infatti, nei soggetti giovani, il tessuto osseo è più debole di quello tendineo e, di conseguenza, le fratture tendono a svilupparsi prima del cedimento del tendine (Blikslager e Bristol 1994; Holcombe e Bertone 1994; Newton e Nunamaker 2011; Beccati et al. 2012). Proprio per questo, fratture d’avulsione all’origine del PT possono svilupparsi senza un significativo interessamento tendineo (Reef 1998). Inoltre l’esame ecografico consente di discernere tra la rottura e l’agenesia del PT che, seppur rara, è stata descritta in un puledro Quarter Horse (Caldwell et al., 2007). Per ciò che concerne il trattamento, per le lesioni della porzione media e distale è generalmente consigliato il riposo in box, con o senza passo a mano, per un periodo variabile secondo la gravità della lesione (Koenig et al., 2005). Nel caso di lesioni dell’origine prossimale, l’esecuzione dell’esame artroscopico è indicata al fine della rimozione di frammenti osteocondrali liberi in articolazione e ridurre i rischi di artropatia (Holcombe e Bertone 1994; Blikslager e Bristol 1994). Nel caso descritto l’esecuzione dell’esame artroscopico ha permesso di rimuovere un frammento libero di grosse dimensioni e, seppur con maggior difficoltà, del frammento avulso nell’area d’inserzione legamentosa del PT nella parte più prossimale del condilo femorale laterale. Per questa procedura è stato necessario frammentare e distaccare il frammento osteocondrale, resecando le fibre della porzione più prossimale del PT. Considerando la localizzazione molto prossimale e laterale e parzialmente extracapsulare, nella zona di inserzione comune con il tendine del muscolo estensore lungo delle falangi, non è stato possibile curettare l’area di provenienza del frammento avulso. In ogni caso la procedura, anche se lunga, non ha presentato complicazioni intra e postoperatorie. La prognosi per i cavalli con frattura dell’inserzione del PT è generalmente riservata/infausta per l’attività sportiva poiché questa struttura anatomica fornisce stabilità all’articolazione della grassella, e la rottura può determinare instabilità articolare acuta e sviluppo precoce di artropatia (Holcombe e Bertone 1994). Il caso descritto a più di un anno dalla lesione non presenta zoppia visibile dal proprietario quando osservato libero al paddock; è bene comunque Ippologia, Anno 24, n. 1, Marzo 2013

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❚ Ortopedia non sciogliere la prognosi fino al momento dell’inizio dell’attività sportiva. Solo in un altro soggetto molto giovane è stato descritto un completo recupero per l’attività sportiva, facendo ipotizzare che i puledri abbiano una capacità di recupero maggiore poiché guariscono più velocemente e con inferiori conseguenze biomeccaniche (Koenig et al., 2005).

❚ Avulsion fracture of the origin of the peroneus tertius in a foal

extension of the stifle and the hock. Rupture of the peroneus tertius is uncommon; trauma is the most common cause. In this case report, a 6 week old foal with avulsion fracture of the origin of the peroneus tertius and the long digital extensor tendon is described. Diagnosis of rupture of the peroneus tertius was obtained based on the clinical findings; however, radiographic and ultrasonographic examination aided to verify the anatomical structures involved and the site of the rupture, and to estimate the severity of the damage. The foal underwent arthroscopy under general anaesthesia to remove osteochondral fragments from the lateral femorotibial joint. At 1 year follow-up the foal is sound and no deformation of the stifle is present; however, the prognosis need to be re-evaluated at the beginning of training.

Summary

Key words

The peroneus tertius is an important part of the reciprocal apparatus, coordinating the flexion and

Peroneus Tertius, avulsion fracture, stifle, foal, ultrasonography, arthroscopy.

Parole chiave Peroneus Tertius, frattura d’avulsione, grassella, puledro, esame ecografico, artroscopia.

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Frattura d’avulsione dell’origine della corda femoro-metatarsica (Peroneus Tertius) in un puledro


SIVE Ecografia 18_19 Ottobre 2013

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SOCIETÀ ITALIANA VETERINARI PER EQUINI SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

CORSO PRATICO DI ECOGRAFIA TORACICA E ADDOMINALE Perugia • 18-19 Ottobre 2013 RELATORI MASSIMO MAGRI

RODOLFO GIALLETTI

Laureato con il massimo dei voti e lode nel 1984 all’Università degli Studi di Milano con una tesi sperimentale sull’utilizzo dell’isossisuprina nella terapia della malattia navicolare del cavallo, ha frequentato vari periodi di specializzazione presso alcune cliniche veterinarie italiane e straniere (Clinica veterinaria ippodromo di Maia, Tierklinik Hockmoor prof. Huskamp, clinica veterinaria Helsingborg prof. Pettersson). Svolge dal 1984 l’attività libero professionale nel campo della medicina equina e dal 1992 dirige la Clinica Veterinaria di Spirano. Attuali campi d’interesse sono la diagnostica per immagini, la medicina e la chirurgia delle coliche, le patologie neonatali e l’ortopedia.

Il Dott. Rodolfo Gialletti, si è laureato presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Perugia nel Luglio del 1992 con lode. Dal Gennaio 1993 ad Aprile 1994 ha prestato servizio come Ufficiale Veterinario nel Corpo Veterinario Militare dell’Esercito. A Giugno 1996, vince il concorso da Ricercatore Universitario in Clinica Chirurgica all’Università degli Studi di Camerino e da Novembre 2000 viene trasferito al Dipartimento di Patologia, Diagnostica e Clinica Veterinaria, Sezione di Chirurgia e Radiodiagnostica, Università degli Studi di Perugia. Ha svolto uno stage con il Prof. G. Auer, presso l’Università di Zurigo nel Giugno 1996. Dall’Aprile 1999 al Guigno 1999 ha frequentato il “Large Animal Teaching Hospital” della Cornell University. Ha partecipato in qualità di relatore a diversi incontri e congressi di medicina equina.

PROGRAMMA VENERDÌ 18 OTTOBRE 2013

SABATO 19 OTTOBRE 2013

08.30 Registrazione dei Partecipanti 09.15 Tecnica d’esame di base ed artefatti Rodolfo Gialletti 10.00 Ecografia addominale organi parenchimatosi - milza, fegato, reni Massimo Magri 11.00 Pausa caffè 11.30 Ecografia addominale intestino Rodolfo Gialletti 12.30 Ecografia ombelicale Massimo Magri 13.15 Pausa pranzo 14.30 Si formano due gruppi di 12 partecipanti • 1° gruppo Parte pratica addome: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno. 30’ per ciascuna persona • 2° gruppo Casi clinici interattivi: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno che discutono a turno un caso clinico. 4 casi clinici da circa 20’ cad. 16.00 Pausa caffè I gruppi si scambiano e viene riproposto lo stesso schema 16.30 Si formano due gruppi di 12 partecipanti • 1° gruppo Parte pratica addome: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno. 30’ per ciascuna persona • 2° gruppo Casi clinici interattivi: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno che discutono a turno un caso clinico. 4 casi clinici da circa 20’ cad. 18.00 Termine dei lavori

09.00 Ecografia toracica non cardiaca Massimo Magri 09.45 Metodo FLASH Rodolfo Gialletti 10.15 Ecografia transrettale non ginecologica Massimo Magri 10.45 Tessuti molli del collo (esofago, giugulare ecc.) Rodolfo Gialletti 11.00 Pausa caffè 11.45 Si formano due gruppi di 12 partecipanti • 1° gruppo Parte pratica torace, FLASH e tessuti molli del collo: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno. 30’ per ciascuna persona • 2° gruppo Casi clinici interattivi: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno che discutono a turno un caso clinico. 4 casi clinici da circa 20’ cad. 13.15 Pausa pranzo 14.30 I gruppi si scambiano e viene riproposto lo stesso schema • 2° gruppo Parte pratica torace, FLASH e tessuti molli del collo: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno. 30’ per ciascuna persona • 1° gruppo Casi clinici interattivi: si formano 4 gruppi da 3 persone ciascuno che discutono a turno un caso clinico. 4 casi clinici da circa 20’ cad. 16.00 Discussione e valutazione finale 17.00 Fine dei lavori

SEDE

QUOTE DI PARTECIPAZIONE

FACOLTÀ DI MEDICINA VETERINARIA DI PERUGIA Via San Costanzo, 4 - 06126 Perugia

INFORMAZIONI

Soci SIVE 2013: € 363,00 (€ 300,00 + IVA) Non Soci SIVE 2013: € 550,00 (€ 454,00 + IVA) Massimo 24 partecipanti Scadenza Iscrizioni: 5 Settembre 2013

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SIVE Ecografia 18_19 Ottobre 2013

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SOCIETÀ ITALIANA VETERINARI PER EQUINI SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

DOMANDA DI ISCRIZIONE AL CORSO SIVE

CORSO PRATICO DI ECOGRAFIA TORACICA E ADDOMINALE Perugia • 18-19 Ottobre 2013 Da inviare in busta chiusa a SIVE - SERVIZIO CORSI Palazzo Trecchi - Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona

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FATTURAZIONE


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❚ Oncologia

Mastectomia monolaterale in una Pony affetta da carcinosarcoma mammario Maria Elena Falomo, Roberta Rasotto, Maurizio Isola Dipartimento di Medicina Animale Produzioni e Salute - Università degli studi di Padova

RIASSUNTO Una Pony di 16 anni è stata riferita per un aumento di volume della mammella destra notato da 5 settimane. Alla visita clinica l’animale si presentava in ottime condizioni generali ad eccezione della presenza di una massa solida in estensione dalla base del capezzolo dal quale si poteva ottenere un secreto siero emorragico. All’esame ecografico della mammella risultava evidente una massa nodulare di circa 2,5 cm di diametro con stroma denso e alcune loculazioni ipoecoiche. Si è emesso il sospetto diagnostico di neoplasia mammaria e si è proceduto ad una mastectomia monolaterale. L’esame istologico ed immunoistochimico hanno identificato un carcinosarcoma mammario senza interessamento linfonodale. Il follow up a 36 mesi rivela esame clinico nella norma così come i parametri ematologici, l’esame ecografico e la radiografia toracica. A nostra conoscenza questo risulta il primo caso riportato di carcinosarcoma mammario nella fattrice.

INTRODUZIONE I tumori mammari sono abbastanza comuni nei cani, gatti e nell’uomo, ma sono molto rari invece nei cavalli e nei ruminanti. In una ricerca effettuata in Francia (Mc Cue, 1998) su 39.800 cavalli che arrivarono al macello soltanto lo 0,11% presentava tumore mammario, mentre in Normandia negli anni tra il 1986 e il 2003 su 1771 necroscopie effettuate sui cavalli è stato riportato soltanto un caso di carcinoma mammario (Laugier et al., 2004). Nelle cavalle al di sotto dei 12 anni di età l’incidenza è molto bassa, mentre la patologia ha un incremento nella fascia di età che va dai 12 ai 25 anni.

DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO Segnalamento e anamnesi Una cavalla di 16 anni di razza pony pezzata è stata riferita per una mastite recidivante. L’anamnesi è muta fino al momento dell’acquisto avvenuto nel 2002. Dal 2002 la cavalla è stata regolarmente sottoposta a vaccinazione antinfluenzale ed antitetanica e ha ricevuto trattamenti antielmintici a cadenza semestrale. Il soggetto, utilizzato esclusivamente da compagnia, era nulliparo. Nel 2008 e 2009 è stato sottoposto a visita veterinaria esclusivamente per il trattamento di ragadi a carico della pastoia degli arti posteriori. Il proprietario riferiva di aver notato durante la pulizia quotidiana un aumento di volume della mammella destra con secrezione siero emorragica. In seguito a visita domiciliare il veterinario referente, ipotizzando una mastite, aveva trattato il soggetto con somministrazione orale di trimetoprim-sulfametossazolo per 10 giorni (20 mg/kg p.o bid) ed impacchi freddi, senza esiti soddisfacenti. Al momento del ricovero i segni clinici perduravano da 5 settimane.

Valutazione clinica All’esame clinico generale le condizioni del soggetto apparivano soddisfacenti. Lo sviluppo muscolo scheletrico era nella norma con BCS 4/5. La pony si presentava vigile e collaborativa. La cute si presentava integra e senza discolorazioni. Le mucose risultavano rosee con tempo di riempimento capillare di 2 secondi. La temperatura rettale era di 37,7°C e la frequenza cardiaca e respiratoria erano nella norma; fisiologiche le grandi funzioni organiche. La cavalla presentava a tutte le andature una tendenza all’abduzione dell’arto posteriore destro nella fase di avanzamento.

“Articolo ricevuto dal Comitato di Redazione il 17/10/2012 ed accettato per la pubblicazione dopo revisione il 04/04/2013”.

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❚ Oncologia A

B

FIGURA 1 - Secreto mammario siero emorragico (A) con imbrattamento del pelo degli arti posteriori (B).

All’esame obiettivo particolare della mammella destra si poteva osservare: presenza di secreto siero emorragico (Fig. 1A e B), aumento di volume di circa 3 volte quello fisiologico (Fig. 2) ed edema. Alla palpazione si evocava una modesta reazione algica con abbondante rilascio di secreto siero emorragico e si poteva distinguere una massa solida multi nodulare in estensione dalla base della mammella fino a tutto il capezzolo. L’esame ematobiochimico presentava tutti i parametri entro i range di riferimento. L’esame ecografico, condotto con sonda lineare da 10 MHz (General Electric Medical System LOGIQ P5/A5, Soligen, Germany), ha evidenziato una massa di dimensioni 1,7x3,25x2,9 cm caratterizzata da stroma omogeneo, denso ed iperecoico, rivestita per la maggior parte della sua estensione da una sottile capsula (Fig. 3). All’ecodoppler sono stati

FIGURA 2 - Evidente aumento di volume della mammella e del capezzolo destro.

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Mastectomia monolaterale in una Pony affetta da carcinosarcoma mammario

osservati numerosi vasi sanguigni all’interno e alla periferia della neoformazione. Dorsalmente alla lesione era presente tessuto ghiandolare mammario ecograficamente fisiologico. La mammella controlaterale si presentava nella norma sia alla visita clinica che all’esame ecografico. Si è emesso sospetto di neoplasia mammaria e si sono programmati una biopsia della massa ed un esame radiografico del torace; il proprietario ha però preferito procedere immediatamente al trattamento chirurgico. Pertanto si è optato per un intervento di mastectomia monolaterale.

Trattamento chirurgico La premedicazione è stata effettuata con acepromazina (30 µg/kg, iv, Prequillan®, Fatro, Ozzano Emilia) e butorfanolo (0,01 mg/kg, i.v., Torbugesic®, Fort Dodge). L’anestesia è stata indotta con ketamina (2,2 mg/kg i.v., Ketavet®) e diazepam (1,1 mg/kg Diazepam Hospira®, Hospira Italia S.r.l., Napoli) e mantenuta, dopo intubazione, con miscela di ossigeno ed isoflurano in un circuito rotatorio semichiuso a bassi flussi. La cavalla è stata strettamente monitorata durante la chirurgia mediante pulsossimetro ed elettrocardiografia (S/5 Monitor Datex Ohmeda, GE Healthcare Helsinki, Finland). Per l’intervento di mastectomia è stata eseguita un’incisione ellittica cranio-caudale appena lateralmente alla mammella destra (Fig. 4A) cercando di preservare più cute possibile. Dopo doppia legatura, sono state isolate e recise l’arteria e la vena pudenda esterna, la vena otturatoria, la vena pudenda interna ed epigastrica superficiale. La mammella destra è stata rimossa in blocco includendo il linfonodo craniale (Fig. 4B e 4C). Due drenaggi passivi sono stati posizionati rispettivamente uno adiacente allo strato fibroso della parete addominale e uno nel sottocutaneo (Fig. 4D). I drenaggi sono stati rimossi al 4° giorno dopo l’intervento. I punti di sutura sono stati


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❚ Oncologia rimossi 15 giorni dopo l’intervento e la guarigione della ferita è avvenuta per prima intenzione. Ceftiofur (2,2 mg/kg, i.m., bid, Excenel, Pfizer Animal Health) e Flunixin meglumine (1,1 mg /kg, i.m., bid, Meflosyl®, Fort Dodge) sono stati inclusi nel protocollo terapeutico il giorno dell’intervento e nei 5 giorni successivi.

Valutazioni anatomapatologiche La mammella rimossa è stata sottoposta a valutazione anatomopatologica. La massa multinodulare era incapsulata ed altamente vascolarizzata. Una volta sezionata, la lesione evidenziava regioni emorragiche e delle aree fibrotiche alternate a zone necrotiche (Fig. 5). Per l’esame istologico il linfonodo inguinale superficiale e la massa isolata dalla mammella rimossa sono stati fissati in una soluzione tamponata di formalina al 10% ed inclusi in paraffina. Sono state poi tagliate delle sezioni di 5 micron e colorate con ematossilina-eosina. La ghiandola mammaria destra risultava affetta da una neoplasia infiltrativa, poco demarcata e non

FIGURA 3 - Immagine ecografica della struttura nodulare ottenuta con sonda da 10 MHz.

A

B

C

D

FIGURA 4 - Intervento di mastectomia monolaterale: A) incisione ellittica cranio-caudale; B) legatura dell’arteria e della vena pudenda esterna, della vena otturatoria, delle vene pudenda interna ed epigastrica superficiale; C) rimozione in blocco della mammella destra e del linfonodo craniale; D) posizionamento dei drenaggi.

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❚ Oncologia ogni campo ad alto ingrandimento). Entrambe le popolazioni cellulari presentavano alto grado di malignità. Erano presenti aree necrotiche diffuse ed infiltrati multifocali ed interstiziali di linfociti (Fig. 6). Non sono stati evidenziati segni di invasione neoplastica del linfonodo e dei vasi. Il linfonodo craniale era reattivo con aspetti di iperplasia linfoide follicolare e di istiocitosi dei seni.

Valutazione immunoistochimica

FIGURA 5 - Sezione longitudinale della mammella rimossa con evidente il tessuto neoplastico.

incapsulata divisa in lobuli irregolari da fibre di tessuto connettivo. Il tumore presentava 2 distinte popolazioni cellulari di origine maligna: 1) cellule epiteliali con un pattern di accrescimento papillare e compatto con forma da poligonale a colonnare con scarso citoplasma eosinofilico e un nucleo rotondo ipercromatico; 2) cellule fusate bassamente organizzate in fasci e vortici e in alcuni casi separate da una matrice mixoide, con citoplasma pallido e nucleo allungato con punteggiature di cromatina e dei nucleoli rotondi. Entrambe le popolazioni cellulari presentavano anisocitosi e anisocariosi e frequenti mitosi (da 1 a 3 mitosi per

A

L’immunoistochimica è stata eseguita utilizzando un immunocoloratore automatico (BenchMark, Ventana) seguendo i seguenti steps: 1. deparaffinazione e reidratazione; 2. smascheramento antigenico a 95°C per 30 minuti; 3. incubazione con anticorpo primario per 16 minuti e rivelazione dell’antigene con ultraView Universal DAB kit (VEntana) e colorazione di contrasto con ematossilina. Quindi sono stati usati 3 anticorpi monoclonali: a. Anti-citocheratina (AE1-AE3) per la marcatura delle cellule epiteliali; b. Anti-vimentina (V9) per la marcatura delle cellule mesenchimali; c. Anti-calponina (CALP) per la marcatura delle fibre muscolari lisce. I gruppi di controllo interni positivi sono stati cellule dell’epitelio epidermico per la citocheratina, fibroblasti dermici per la vimentina e cellule della muscolatura liscia dei vasi per la calponina. L’anticorpo anti-citocheratina ha colorato le cellule epiteliali della massa neoplastica, mentre l’anticorpo anti-vimentina ha colorato le cellule fusate (Figg. 7 e 8). Entrambe le popolazioni sono risultate negative alla calponina. I risultati ottenuti con l’esame istologico e l’immunoistochimica hanno permesso di formulare la diagnosi di carcinosarcoma mammario.

Follow up

B

Il soggetto è stato sottoposto a follow up a 3 e 6 mesi dall’intervento e poi annualmente. A distanza di 36 mesi dall’intervento l’esame clinico completo, l’esame ematobiochimico, l’esame ecografico della mammella e la radiografia toracica risultavano nella norma. Il soggetto non presentava segni di recidiva o altri segni clinici che facessero sospettare la presenza di metastasi ad altri organi.

DISCUSSIONE

FIGURA 6 - Esame istopatologico della lesione (HE4X): A) cellule fusate disposte in fasci, B) cellule epiteliali organizzate con pattern da tubolare a solido. Entrambe le popolazioni cellulari con caratteristiche di malignità istologica.

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Mastectomia monolaterale in una Pony affetta da carcinosarcoma mammario

Il tumore mammario nella cavalla può essere sia unilaterale che bilaterale, con o senza la presenza di secreto a livello della mammella, e colpisce indifferentemente sia fattrici che cavalle non adibite ad uso riproduttivo senza evidenziare alcuna predisposizione per le prime. I casi riportati in letteratura descrivono infatti una più alta incidenza di


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❚ Oncologia tumore mammario proprio su cavalle non in gravidanza addirittura nullipare (Prendergast, 1999). I segni/sintomi che più spesso compaiono in questi casi a livello mammario e che inducono il proprietario a contattare il veterinario, sono: aumento di volume, gonfiore, edema ventrale che si estende fino a livello addominale, fuoriuscita di liquido siero emorragico, aumento locale della temperatura, reazione dolorifica alla palpazione, presenza di una massa solida di consistenza fibrosa ed occasionalmente anche ulcerazione e necrosi a livello di cute e tessuti sottostanti. La scarsità delle segnalazioni in letteratura e la mancanza a livello clinico di segni patognomonici rendono spesso difficile la diagnosi di certezza di neoplasia mammaria. In presenza dei sintomi descritti, la diagnosi differenziale include: mastiti, ascessi, edema mammario, contusioni mammarie e neoplasie. Tra le patologie annoverate nella diagnosi differenziale, quella che più spesso porta ad errori diagnostici è senz’altro la mastite, dato il quadro clinico molto simile a quello neoplastico. La maggior parte dei casi riportati in letteratura è stata trattata come mastite inizialmente e soltanto in assenza di risposta terapeutica si è proceduto ad esami collaterali più approfonditi che hanno consentito l’identificazione della neoplasia. Fondamentale risulta un corretto approccio diagnostico che sempre deve partire dall’esame clinico generale e dall’esame particolare della mammella. Un esame ecografico della mammella e l’esame citologico del secreto mammario (che nel caso di mastiti rileva solo la presenza di cellule infiammatorie in particolar modo neutrofili degenerati, detriti necrotici e batteri) consentono generalmente di formulare il sospetto diagnostico di neoplasia mammaria. Per arrivare ad una diagnosi definitiva di tumore mammario è necessario effettuare un’indagine microscopica del tessuto asportato. I metodi necessari per fare diagnosi certa e differenziare la tipologia di tumore sono l’esame istologico (Schmahl, 1972; Acland e Gillette 1982; Reppas et al., 1996) e l’immunoistochimica. Istologia ed immunoistochimica si possono eseguire su campioni ottenuti mediante prelievo con ago aspirato per la citologia, e l’esame bioptico con true-cut o a cielo aperto o dopo rescissione della lesione. In tutti i casi riportati in letteratura l’esame istologico si è rivelato indispensabile per la diagnosi e classificazione dei tumori mammari diagnosticati. L’introduzione dell’immunoistochimica ha permesso, attraverso reazioni antigene anticorpo, di classificare i tumori sulla base della presenza o meno di specifici antigeni. La ricerca di questi recettori è stata utilizzata come tecnica diagnostica nella cavalla (Spadari et al., 2008) ma con risultati non soddisfacenti. I marcatori tumorali sono molecole espresse nel tumore, come ormoni, enzimi o altre proteine più

FIGURA 7 - Immunoistochimica PanCK 10X: colorazione delle cellule di origine epiteliale.

FIGURA 8 - Immunoistochimica (anti-Vimentina 10X) la positività per la vimentina ha marcato sia le cellule mesenchimali dello stroma fibrovascolare di sostegno che i grossi fasci di cellule neoplastiche.

o meno correlate con la crescita delle cellule tumorali, oppure sono sostanze prodotte dall’organismo in risposta al tumore come le proteine della fase acuta dell’infiammazione. Il marcatore è un segnale di neoplasia o di evoluzione di neoplasia, capace di indirizzare in modo più preciso una diagnosi precoce o una diagnosi di ripresa di malattia, ed è utile ai fini prognostici e terapeutici. Il marker ideale dovrebbe essere specifico e presente solo nella cellula patologica. Purtroppo ad oggi nessuno dei marcatori noti è specifico per il tumore. Hirayama e collaboratori (2003) si sono affidati ad un pool di anticorpi ed hanno impiegato la procedura denominata Vectastain (Elite ABC KIT) evidenziando positività per gli anicorpi Lu-5 (human cytokeratin), AE1/AE3 (human cytokeratin), vimentina, GFAP (Bovine glial fibrillary Ippologia, Anno 24, n. 1, Marzo 2013

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❚ Oncologia acid protein), che hanno consentito di emettere la diagnosi di carcinoma (Destexhe et al., 1993; Hirayama et al., 2003). In un secondo interessante caso riportato in bibliografia l’autore ha potuto identificare l’origine di un carcinoma epatico dal tessuto mammario grazie alla positività per l’anticorpo ALA (alfa lactoalbumina) presente nel tumore epatico ma tipico marcatore del tessuto mammario. Nei casi descritti in letteratura i tumori mammari predominanti nella specie equina sono il carcinoma o l’adenocarcinoma con frequenti metastasi in vari organi (Acland e Gillette 1992; Munson, 1987; Foreman et al., 1990; Seahorn et al., 1992; Reppas et al., 1996; Kato et al., 1998; Prendergast et al., 1999; Hirayama et al., 2003; Spadari et al., 2008). Negli ultimi anni è stato diagnosticato anche un caso di istiocitoma mammario (Reesink et al., 2009) che è un tumore maligno dei tessuti molli descritto a livello di collo, lingua, grassella, cute, ossa e visceri come linfonodi, fegato, milza, polmoni, reni (De Cesare et al., 2005; Pavlovsky et al., 2006). Il caso qui descritto è l’unico che si è potuto classificare ad oggi come carcinosarcoma. I carcinosarcomi, sono descritti in medicina umana come tumori maligni, rari ed aggressivi, con frequenti recidive locali ma con un basso potenziale invasivo sui linfonodi regionali se comparati ad altri subtipi di carcinomi mammari invasivi (Pezzi et al., 2007; Osako et al., 2009; Wernert et al., 2011). Alcuni autori hanno potuto descrivere casi di carcinosarcoma nella gatta, nella cagna, nello scoiattolo e nei ratti (Queiroga et al., 2007) ma nessun lavoro è stato in grado, vista la bassa numerosità dei casi, di definire il comportamento biologico di tale neoplasia. Le numerose conoscenze che ci sono sui tumori mammari di cagna e gatta permettono di prendere in considerazione alcuni fattori come prognostici dell’evoluzione della patologia, quali: dimensione della massa, istotipo, grado istologico, coinvolgimento linfonodale. Inoltre sono stati condotti numerosi studi che hanno rilevato la presenza di specifici antigeni per la caratterizzazione dei tumori come ad esempio markers di proliferazione, recettori ormonali, p53, Human epidermal growth factor receptor (ERB-B2) e molecole di adesione. In tutti i casi descritti in bibliografia sulla donna, il trattamento di elezione è la rimozione chirurgica della neoplasia seguita da trattamento chemioterapico e/o radioterapico. Nella cavalla, a causa della rarità della patologia e anche della segnalazione recente del maggior numero dei casi riportati in letteratura, i protocolli diagnostici non sono ancora standardizzati. Nei casi descritti molte delle diagnosi sono state effettuate post mortem; in alcuni soggetti sottoposti a chirurgia si è avuta un’alta mortalità post chirurgica, mentre altri sono stati sottoposti ad eutanasia in quanto la diagnosi era stata emessa quando le condizioni generali erano

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Mastectomia monolaterale in una Pony affetta da carcinosarcoma mammario

ormai troppo critiche (Prendergast et al., 1999; De Farias Brito et al., 2008). L’esito positivo del presente caso è certamente il frutto del pronto riconoscimento della lesione mammaria da parte del proprietario e del suo consenso ad approfondire la diagnosi e a procedere al trattamento chirurgico. La preoccupazione maggiore è stata la gestione post operatoria del soggetto ed il rischio di infezione derivante dalla facile contaminazione dell’area anatomica interessata. Inoltre, per la tensione sulla linea di sutura conseguente all’ampia rimozione di tessuto, vi era l’eventualità della deiscenza della ferita che avrebbe allungato tempi e costi di guarigione. La possibilità di tenere ricoverato il soggetto, il monitoraggio e l’attenta gestione dei drenaggi assieme ad una protratta terapia antibiotica hanno favorito la guarigione per prima intenzione. Resta ad oggi l’oggettiva impossibilità di escludere categoricamente la presenza di metastasi ad altri organi o la possibilità di recidive.

CONCLUSIONE La letteratura si è rivelata scarsa e poco omogenea nei protocolli sia diagnostici che terapeutici. I casi descritti dal 1982 ad oggi sono soltanto 18; di questi il 56% dei casi trattati chirurgicamente ha avuto follow up positivo ad un anno dall’intervento, mentre il 22% ha avuto esito negativo. In letteratura i soggetti descritti con diagnosi di neoplasia mammaria che non sono stati sottoposti a chirurgia risultano deceduti entro 5 anni. Il caso qui descritto ha avuto esito positivo a tre anni dall’intervento, confermando come una diagnosi precisa e precoce ed un approccio terapeutico chirurgico conducano ad una prognosi favorevole.

Parole chiave Mammella, neoplasia, fattrice.

❚ Mammary carcinosarcoma in a Pony mare Summary A 16-year-old Pony mare was presented with a five-week history of a right mammary gland enlargement. The lesion was noticed by the owner during routine cleaning. On physical examination, the animal appeared healthy with no abnormalities other than a multinodular firm mass expanded from the base of the right teat to the nipple accompanied by haemorragic secretions. Ultrasonagraphic evaluation using a 10 MHz linear trasducer revealed the right mammary mass to be comprised of a 2,5 cm homogeneus area surrounded by hyperechoic dense stroma with hypoechoic loculation. A tentative diagnosis of mammary tumour


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â?š Oncologia was made and monolateral mastectomy was performed a week after the presentation. Histopathological and immunohistochemical examination revealed that the tumour was a carcinosarcoma without the involvement of lymph nodes. Three years after surgery, the mare was re-examined and the clinical examination, complete blood count

and survey chest radiographs were all normal. To the authors’ knowledge this the first reported case of a mammary carcinosarcoma in a Pony mare.

Key words Udder, neoplasia, mare.

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IPPOLOGIA Rivista Ufficiale SIVE

ISTRUZIONI PER GLI AUTORI ISTRUZIONI GENERALI IPPOLOGIA è la rivista ufficiale della SIVE con periodicità trimestrale e pubblica lavori originali, studi retrospettivi e casi clinici nonché comunicazioni brevi dei congressi presentati in forma estesa. Articoli di carattere editoriale o articoli review verranno accettati solo se richiesti dal Comitato Scientifico. Lettere alla rivista e commenti su articoli pubblicati devono essere inviati alla redazione con relativi riferimenti bibliografici. Qualsiasi protocollo di ricerca dovrà essere approvato dal comitato etico dell’istituzione di riferimento e risultare accettabile da parte del Comitato Editoriale. Qualsiasi studio che abbia comportato trattamenti negativi o condizioni di vita disagevoli per gli animali non sarà preso in considerazione a meno che l’autore non possa dimostrare che i dati così acquisiti siano di tale importanza da giustificare il disagio imposto agli animali. PRESENTAZIONE DEI MANOSCRITTI I manoscritti vanno inviati preferibilmente via email a: francesca.chiari@evsrl.it - info@sive.it. Quando ciò non fosse possibile si prega di inviare il manoscritto in formato elettronico su CD ROM a: IPPOLOGIA - Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona. Tutti i testi devono essere composti su foglio elettronico (Microsoft Word® 2000 o versioni successive) con doppia spaziatura, righe numerate, testo giustificato ed impiegando il carattere Times New Roman a dimensione 12. Le pagine devono essere numerate in maniera consecutiva, iniziando da quella con il titolo del lavoro. Gli articoli che non seguono queste indicazioni verranno esclusi dalla valutazione e saranno rispediti all’autore per le necessarie modifiche. Il frontespizio (pagina 1) dell’articolo deve comprendere il titolo in lettere maiuscole (in italiano e in inglese), nome, cognome, indirizzo ed istituzione di appartenenza di ciascun autore e l’indirizzo (comprensivo di numero di telefono e fax e di e-mail) dell’autore a cui deve essere inviata la corrispondenza infine 3-5 parole chiave (in italiano e in inglese). Sulla seconda pagina il titolo e le parole chiave vanno ripetute, ma ogni riferimento agli autori deve essere evitato. La stesura generale del manoscritto deve avere questa sequenza: breve sommario (in italiano e in inglese), Introduzione, Materiali e metodi, Risultati, Discussione, Bibliografia. Se necessario, possono essere aggiunti altri paragrafi (ad es. analisi statistica, reperti di laboratorio, ecc.). Sono tassativamente da evitare, in tutto il manoscritto, i riferimenti a cliniche, istituti o luoghi di lavoro. Struttura dei manoscritti Un lavoro originale deve comporsi di un’Introduzione comprendente una sintesi delle informazioni disponibili sull’argomento, ipotesi e scopi dello studio; Materiali e Metodi in cui vengono descritti tutti i procedimenti eseguiti, inclusi i metodi statistici; Risultati, con tutti i dati utili ad informare il lettore sull’esito dello studio: quando possibile, i risultati vanno sintetizzati in tabelle; la Discussione deve sinteticamente mettere in relazione gli scopi dello studio con i risultati e confrontare lo studio stesso con la letteratura precedente, sottoline-

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ando affinità e differenze. I Casi Clinici devono focalizzare gli aspetti clinici dei casi descritti e non devono necessariamente essere suddivisi in paragrafi. Quando possibile, il caso deve essere corredato da immagini e da un numero limitato di riferimenti bibliografici. Note Le note devono essere richiamate nel testo con lettere in ordine alfabetico in posizione di apice. Le note vanno limitate a notizie riguardanti nomi commerciali di farmaci e case produttrici, abstracts minori e comunicazioni personali. Di ogni produttore vanno indicati il nome e la località. Bibliografia I riferimenti bibliografici vanno selezionati in modo tale da limitarne il numero ma permettendo al lettore di avere un quadro esaustivo della letteratura disponibile sull’argomento. I riferimenti vanno elencati secondo l’ordine alfabetico degli autori; in caso di autori identici, va posto prima il riferimento più vecchio. In caso di articoli aventi autori e data identica, una lettera alfabetica in posizione di pedice deve distinguere un titolo dall’altro. Nella bibliografia, da riportare al termine del lavoro, di ogni titolo vanno riportati tutti gli autori. I titoli delle riviste devono essere abbreviati secondo il metodo della National Library of Medicine e l’Index Medicus. Esempio di corretto riferimento bibliografico da riportare nella bibliografia al termine del lavoro: Articolo da rivista Bickers RJ, Lewis RD, Hays T, Noble JK (1998) Acquired inguinal hernia in a gelding. Equine Pract. 20, 28-29. In caso di citazioni da libri, citare nella bibliografia il nome dell’autore, la data ed il titolo del capitolo devono essere seguiti dal nome dell’Editor, dal titolo del libro in corsivo e dal nome e dalla località dell’editore. Esempio di corretto riferimento bibliografico da riportare nella bibliografia al termine del lavoro: Capitolo o paragrafo da libro Kaneps AJ (1992) Hernias. In: Auer AJ, Ed.: Equine Surgery. WB Saunders Co., Philadelphia. P. 420. Nel testo, ogni titolo bibliografico va richiamato almeno una volta; la citazione va riportata al termine della frase, citando tra parentesi il cognome del primo e del secondo autore e l’anno di pubblicazione, nel caso di articolo con uno o due autori. Nel caso di articoli con tre o più autori, il cognome del primo autore deve essere seguito dalla abbreviazione et al. e dall’anno di pubblicazione. Esempio di corretto riferimento bibliografico da riportare nel testo al termine della frase tra parentesi: in caso di articolo con uno o due autori: (Stanga e Flex 1995) in caso di articolo con tre o più autori: (Stanga et al., 1995) Figure Si richiedono figure di buona qualità. Le figure devono essere numerate, con riferimento nel testo e inviate via email in formato EPS, JPG o TIFF con risoluzione minimo 300 dpi. Le didascalie devono essere messe al termine del manoscritto.

Testo italiano e sommario in inglese Ogni articolo verrà pubblicato su IPPOLOGIA in lingua Italiana con il sommario in lingua inglese. Si richiede, pertanto, agli autori di presentare le seguenti parti sia in lingua italiana che in lingua inglese: titolo, sommario, parole chiave. È disponibile un servizio di correzione e traduzione a richiesta dell’autore: informazioni sui costi possono essere richieste alla segreteria SIVE. REVISIONE, RIFIUTO, ACCETTAZIONE E PUBBLICAZIONE I manoscritti ricevuti verranno sottoposti ad una prima verifica da parte del comitato scientifico di IPPOLOGIA. Il manoscritto non deve essere stato pubblicato, o sottoposto per pubblicazione, nemmeno in parte, ad altri giornali. Il primo autore deve dichiararlo al momento della presentazione. Almeno un autore del manoscritto deve essere veterinario e, quando gli autori sono diversi, ciascuno di essi deve avere contribuito alla preparazione del testo e deve concordare con le interpretazioni e le conclusioni. Collaborazioni minori (ad esempio veterinari referenti, esperti consultati oralmente) devono essere menzionate nei ringraziamenti. Il materiale già presentato in congressi, corsi, seminari ecc. deve essere accompagnato dalla corrispondente pubblicazione o abstract (capitolo di manuale, volume degli atti, ecc.) e verrà valutato allo scopo di preservare l’originalità del materiale pubblicato su IPPOLOGIA. L’autore è ritenuto responsabile dei contenuti pubblicati nel manoscritto. Soltanto i manoscritti in possesso dei requisiti formali sopra elencati richiesti per la presentazione su IPPOLOGIA verranno inviati per la revisione. In caso di accettazione, uno o più specialisti verranno incaricati di fare una revisione dell’articolo e di restituirlo entro 45 giorni. Ulteriori esperti verranno consultati se necessario o in seguito ad una richiesta dei referee. I commenti e le correzioni dei referee verranno trasmessi al primo autore con richiesta di restituire l’articolo corretto entro 30 giorni: gli autori dovranno presentare un elenco delle correzioni che sono state apportate in seguito ai suggerimenti del referee - tale elenco verrà inviato alla redazione di IPPOLOGIA unitamente all’articolo corretto; in alternativa gli autori possono contrassegnare le correzioni direttamente sul testo del manoscritto riportandole in colore rosso o evidenziandole oppure rispondere in quoting sul modulo di revisione. Gli autori dovranno attenersi scrupolosamente ai suggerimenti/indicazioni dati dai referee e non metterli nelle condizioni di dover effettuare una nuova revisione su un lavoro diverso dall’originale. Ai referee verranno dati altri 30 giorni per verificare le correzioni e fare una revisione finale. Le bozze del lavoro accettato verranno inviate al primo autore per l’approvazione definitiva prima della stampa e dovranno essere approvate entro una settimana. Nessuna correzione e nessun cambiamento nell’articolo verranno concessi dopo la revisione finale da parte dei referee. Il mancato rispetto delle istruzioni sopra elencate comporterà la restituzione del manoscritto.

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IPPOLOGIA Official Journal of SIVE

INSTRUCTION FOR AUTHORS GENERAL INSTRUCTION IPPOLOGIA, published every third month, is the official journal of SIVE and it publishes original works, retrospective studies and clinical cases as well as long abstracts of congresses. Editorial or review articles only will be accepted if requested by Scientific Committee. Letters to the journal and comments on published articles must be send to the editorial staff with related bibliographic references. Any research protocol has to be approved by ethics committee of the institution of reference and be acceptable by the Editorial Board. Any study that has caused adverse treatments or uncomfortable conditions of life for the animals will not be taken into account, unless the author cannot prove that the data thus acquired are so important to justify the inconvenience imposed to animals. SUBMISSION OF MANUSCRIPTS The manuscripts must be submitted, preferably by email, to: francesca.chiari@evsrl.it - info@sive.it. When this is not possible, please send the manuscript in electronic format on CD ROM to: IPPOLOGIA Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona. All texts must be made in spreadsheet (Microsoft Word® 2000 or later versions) with double spacing, consecutively numbered lines, justified text, and typed in Times New Roman font size 12. The pages must be numbered consecutively, starting from the page with the title of the work. Articles that do not follow these recommendations will be excluded from the assessment and will be returned to author for the necessary changes. The title page (page 1) of the article must include the title in capital letters (in Italian and in English), the name, surname, address and institution of each author and the address (including telephone and fax number and e-mail) of the author to whom the correspondence should be sent and, finally, 3-5 keywords (in Italian and in English). On the second page title and keywords should be repeated, but all references to authors should be avoided. The manuscript must have the following overall structure: a brief summary (in English and Italian), Introduction, Material and Methods, Results, Discussion, Bibliography. If necessary, other sections can be added (e.g. Statistical analysis, Laboratory findings, etc.). In the whole manuscript, any reference to clinics, institutes or workplaces must be strictly avoided. Structure of the article An original work should be constituted by: Introduction, including a synthesis of available information on the subject, hypothesis and scope of the study; Materials and Methods, where all the performed proceedings, including statistical methods, are described; Results, including all useful data to inform the reader on the outcome of the study: when possible, the results should be summarized in tables; Discussion, that must synthetically relate the goals of the study with the results and compare the study itself with the previous literature, highlighting affinities and differences. Clinical Cases must focus the clinical features of the described cases and not necessarily should be divid-

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ed in paragraphs. When possible, figures and a limited number of bibliographic references should be added to the case. Notes The notes must be indicated in the text with superscripted letters in alphabetical order. The notes are limited to information on drugs’ trade names and manufacturers, minor abstracts and personal communications. The name and the base of each manufacturer must be indicated. Bibliography The references should be selected so as to limit their number, but allowing the reader to have a comprehensive picture of the available literature on the subject. The references should be listed in alphabetical order according to the authors; in case of identical authors, the older reference must be placed first. In case of works with identical authors and date, a title must be distinguished from the other by a subscripted alphabetical letter. In bibliography, that has to be reported at the end of the work, in every title all the authors must be indicated. The titles of the journals should be abbreviated according to the method of the National Library of Medicine and the Index Medicus. Example of correct bibliographic reference to report in the bibliography at the end of work: Article from journal Bickers RJ, Lewis RD, Hays T, Noble JK (1998) Acquired inguinal hernia in a gelding. Equine Pract. 20, 28-29. In case of quotations from books, indicate in the references the author’s name, the date and the title of the chapter, followed by the name of the Editor, the book title in italics and the name and the base of the Publisher Example of correct bibliographic reference to report in the bibliography at the end of work: Chapter or paragraph in a book: Kaneps AJ (1992) Hernias. In: Auer AJ, Ed.: Equine Surgery. WB Saunders Co., Philadelphia. P. 420. In the text, each bibliographic entry must be reported at least once; quotation must be made at the end of the sentence, citing in parentheses the surname of the first and the second author and the year of publication, if the article is compiled by one or two author(s). In the case of articles with three or more authors, the surname of the first one must be followed by the abbreviation et al. and the year of publication. Example of correct bibliographic reference to report in the text at the end of the sentence in parentheses: In case of article with one or two author(s): (Stanga and Flex, 1995) In case of article with three or more authors: (Stanga et al., 1995) Figures Images must be of good quality. They must be numbered, with references in the text, and sent by e-mail in EPS, JPG or TIFF format with a minimum resolution of 300 DPI. Captions should be placed at the end of the manuscript.

Italian and English summary On IPPOLOGIA every article will be published in Italian language with a summary in English language. Therefore, the authors are asked to present the following parts both in Italian and in English language: title, abstract, keywords. A correction and translation service is available on request of the author: cost information can be obtained from the SIVE secretariat. REVIEW, REFUSAL, ACCEPTANCE AND PUBLICATION The received manuscripts will be submitted to preliminary review by the IPPOLOGIA Scientific Committee. The manuscript shall not have been published nor submitted to another journal for publication, even in part. This must be stated by the first author at the time of the submission. At least one author of the manuscript must be a veterinarian and, when there are several authors, each of them must have been contributing to the preparation of the text and must agree with the interpretations and the conclusions. Minor contributors (e.g. referral veterinarian, orally consulted experts) should be mentioned in the Acknowledgments. The material already presented at congress, courses, workshops etc… must be accompanied by the corresponding publication or abstract (chapter in textbook, volume of proceedings, etc.) and will be assessed in order to preserve the originality of the material published on IPPOLOGIA. The author is held responsible for the contents published in the manuscript. Only manuscripts having the aforementioned formal requirements for presentation on IPPOLOGIA will be sent for review. In case of acceptance, one or more specialist(s) will then be requested to make a review of the article and return it within 45 days. If necessary or following a request of the referees, further experts will be consulted. Comments and corrections of the referees will be transmitted to the first author with the request to return the correct article within 30 days: the authors must submit a list of the corrections made following the suggestions of the referee - that list will be sent to the editorial staff of IPPOLOGIA along with the correct article; alternatively, the authors can mark directly on the text of the manuscript corrections writing in red or by highlighting them or answering in quoting on the revision form. The authors must strictly follow the suggestions / directions given by referees and not put them in the position of having to make a new revision of a work different from the original one. To the referees will be given other 30 days to verify the corrections and make a final review. Proofs of the accepted work will be send to the author for final approval before printing and will must be approved within 1 week. No correction and no change in the article will be allowed after the final review by the referees. Failure to follow the aforementioned instructions will result in returning the manuscript.

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di Maria Grazia Monzeglio

LA RASSEGNA DI VET-JOURNAL delle proteine di fase acuta può aiutare a differenziare l’EGS da altre cause di dolore addominale come le ostruzioni intestinali; tuttavia ci possono essere difficoltà diagnostiche nel differenziare altre condizioni infiammatorie addominali come la peritonite e l’enterite. “In equine grass sickness, serum amyloid A and fibrinogen are elevated, and can aid differential diagnosis from non-inflammatory causes of colic”V. E. N. Copas,A. E. Durham, C. H. Stratford, B. C. McGorum, B. Waggett, R. S. Pirie. Veterinary Record 2013; 172: 395 Published Online First: 21 February 2013.

Malattia delle vie aeree del cavallo: aspetti clinici e diagnostici dei diversi sottotipi

Amiloide A sierica e fibrinogeno aumentano nell'Equine grass sickness Marcati aumenti delle proteine di fase acuta possono aiutare a differenziare da altre cause di dolore addominale L’equine grass sickness (EGS) o disautonomia equina è una patologia neurodegenerativa debilitante e spesso fatale. Una diagnosi presuntiva può essere effettuata sulla base dei segni clinici e degli esami complementari soggettivi ma la diagnosi antemortem definitiva può essere posta solo con l’esame istopatologico delle biopsie intestinali. In precedenza è stato segnalato che i cavalli affetti da EGS possono mostrare segni clinici e clinicopatologici di infiammazione sistemica. Uno studio ha inteso (a) quantificare i marker infiammatori acuti nei campioni ematici prelevati da casi acuti, subacuti e cronici e (b) confrontarli con (i) soggetti clinicamente normali al pascolo insieme a cavalli con EGS acuta, (ii) cavalli con altre cause di colica e (iii) cavalli sani. Si quantificavano l’amiloide A sierica (SAA), l’activina sierica e il fibrinogeno plasmatico. Si osservava un marcato aumento di SAA e fibrinogeno nei casi di EGS rispetto ai soggetti sani, ai cavalli su stesso pascolo e ai casi di colica non infiammatoria. Le concentrazioni di SAA e fibrinogeno dei casi di EGS non erano significativamente differenti da quelle dei casi di colica infiammatoria. Quando si confrontavano le concentrazioni di SAA, fibrinogeno e acitivina A in ciascun sottogruppo di EGS non si riscontravano differenze significative. L’activina A era significativamente elevata nei casi di EGS e nei cavalli su stesso pascolo; ciò potrebbe riflettere la presenza di malattia subclinica in alcuni soggetti che non sviluppano segni clinici di EGS e suggerisce una diffusa esposizione all’agente eziologico. In presenza di scarse tecniche diagnostiche antemortem, l’identificazione di marcati aumenti

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Mancanza di associazioni tra stagione e profilo citologico BAL e di effetti importanti del sottotipo IAD sui parametri emogasanalitici, in uno studio Uno studio retrospettivo ha indagato se ci fossero differenze importanti rispetto alla stagionalità dei segni o degli aspetti clinici tra sottotipi di malattia infiammatoria delle vie aeree (IAD) causati da infiammazione neutrofilica e eosinofilica-mastocitica con processi eziopatologici dissimili in 98 cavalli. Si esaminavano le cartelle cliniche dei cavalli visitati per scarsa performance dal 2004 al 2010. I cavalli venivano sottoposti a test standard su treadmill ad alta velocità, valutazione della zoppia, valutazione cardiaca e lavaggio broncoalveolare (BAL) post-esercizio. Sulla base dei criteri citologici standard del BAL, i cavalli venivano divisi in 4 gruppi: infiammazione eosinofilica-mastocitica, soltanto neutrofilia, infiammazione mista o assenza di infiammazione (controlli). Si indagavano le associazioni tra sottotipo IAD e parametri clinici. L’evidenza citologica di IAD veniva osservata nell'81% (79/98) dei cavalli e nel 30% (30/98) dei soggetti si riscontravano eritrociti nel liquido BAL dopo l’esercizio. I soggetti nei gruppi infiammazione eosinofilica-mastocitica e infiammazione mista avevano una probabilità significativamente maggiore di essere Thoroughbred piuttosto che Standardbred e di avere una maggiore presenza di muco nel liquido di BAL. Non

si riscontravano differenze significative di stagione di valutazione, risultati dell’emogasanalisi dopo esercizio e comorbidità. Nella popolazione di cavalli studiata non si osservavano associazioni tra stagione e profilo citologico BAL né effetti importanti del sottotipo IAD sugli scambi gassosi polmonari durante l’esercizio. “Clinical and diagnostic features of inflammatory airway disease subtypes in horses examined because of poor performance: 98 cases (2004–2010)”. Nolen-Walston RD, Harris M, Agnew ME, et al. Journal of the American Veterinary Medical Association. April 15, 2013,Vol. 242, No. 8, Pages 1138-1145.

Atrofia muscolare sensibile alla vitamina E nel cavallo Una sindrome specifica o una forma precedente l’atrofia muscolare neurogena tipica della EMND, in uno studio Uno studio retrospettivo caso-controllo ha caratterizzato i segni clinici, l’evoluzione, le caratteristiche muscolari e la concentrazione sierica e muscolare di α -tocoferolo nei cavalli con segni di atrofia muscolare e debolezza responsiva alla vitamina E consistenti con segni di malattia del motoneurone del cavallo (EMND). Si includevano 8 cavalli (casi) adulti con atrofia muscolare macrospcoica acuta (n = 3) o cronica (5) che miglioravano con il trattamento con vitamina E e 14 cavalli clinicamente normali (controlli) con concentrazioni di α-tocoferolo adeguate (nei limiti di riferimento; 8) o basse (6). Si valutavano istologicamente i campioni bioptici congelati dei muscoli sacrocaudale dorsale mediale e gluteo. Nei campioni di muscolo gluteo si valutavano la composizione e il diametro delle fibre muscolari. Una miopatia istologicamente caratterizzata da ridistribuzione della colorazione degli enzimi mitocondriali (aspetto tarlato) e atrofia angolata delle miofibre era evidente nelle fibre del muscolo sacrocaudale dorsale mediale degli 8 cavalli affetti con concentrazione di α


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–tocoferolo sierica (6/8) o muscolare (5/5) bassa; tali modificazioni istopatologiche non erano presenti nei campioni muscolari dei cavalli di controllo con concentrazioni muscolari di α –tocoferolo adeguate o basse. Tutti i cavalli affetti riacquisivano forza e massa muscolare entro 3 mesi dall’inizio del trattamento con vitamina E e delle modificazioni nutrizionali. Nei cavalli con segni clinici di EMND notevolmente responsivi al trattamento con vitamina E si riscontrava una miopatia da carenza di vitamina E caratterizzata istologicamente da un aspetto tarlato dei mitocondri e atrofia angolata delle miofibre nelle sezioni congelate di muscolo sacrocaudale dorsale mediale. Questa miopatia potrebbe costituire una sindrome specifica o verosimilmente precedere lo sviluppo dell’atrofia muscolare neurogena tipica della EMND, concludono gli autori. “Histopathologic findings in the sacrocaudalis dorsalis medialis muscle of horses with vitamin E-responsive muscle atrophy and weakness” Bedford HE, Valberg SJ, Firshman AM, Lucio M, Boyce MK, Trumble TN. J Am Vet Med Assoc. 2013 Apr 15; 242 (8): 1127-37.

Risposte comportamentali dei cavalli da lavoro verso l’uomo Tecniche di allevamento e pratiche di gestione inadeguate responsabili di comportamenti indesiderati, in uno studio Uno studio ha indagato le diverse risposte comportamentali dei cavalli da lavoro verso l’uomo, determinando se i cavalli reagissero differentemente verso una persona sconosciuta rispetto a una persona familiare e se queste reazioni comportamentali fossero associate ad alcuni indicatori di benessere correlati alla salute o alle pratiche di allevamento. Si effettuava una valutazione non invasiva di 715 cavalli da lavoro basata sulle osservazioni dirette e sull’esame clinico. Un esaminatore e il proprietario dell’animale effettuavano tre semplici test per valutare il comportamento dei cavalli verso l’uomo. I comportamenti più osservati erano l’indifferenza all’approccio umano e l’elusione/paura mostrate rispettivamente nel test di camminata al fianco e di contatto con il mento. Il confronto dei risultati di ciascun test individuale mostrava differenze significative tra le reazioni del cavallo verso l’esaminatore e verso il proprietario. I coefficienti di correlazione tra gli indicatori comportamentali e gli indicatori descrittivi e correlati alla salute erano generalmente bassi, tuttavia molti erano statisticamente significativi. La correlazione più forte veniva riscontrata tra l’atteggiamento depresso del cavallo e la presenza di lesioni corporee profonde. L’aggressività verso l’uomo era consistentemente correlata alla presenza di tumefazioni tendinee/articolari. I soggetti che indossavano ferrature inadeguate mostravano elusione/paura in quasi tutti i test

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comportamentali. I cavalli anziani erano più predisposti di quelli giovani all’indifferenza verso l’approccio del proprietario ma mostravano elusione/paura in altri test. Come mostrato dalle correlazioni riscontrate, le tecniche di allevamento e le pratiche di gestione inadeguate erano associate a comportamenti indesiderati nei cavalli da lavoro valutati. The Relationship Between Behavioral and Other Welfare Indicators of Working Horses Silvana Popescu, Eva-Andrea Diugan. Journal of Equine Veterinary Science.Volume 33, Issue 1, January 2013, Pages 1-12.

Malformazioni vertebrali cervicali del cavallo e prognosi atletica Il trenta per cento dei soggetti trattati conservativamente di uno studio tornava alle corse Le malformazioni vertebrali cervicali (CVM) possono colpire i cavalli giovani in rapido accrescimento e spesso sono associate a prognosi negativa per le corse. Uno studio ha esaminato le cartelle cliniche di una popolazione dei cavalli purosangue con diagnosi presuntiva di CVM determinando quali aspetti radiografici e dell’esame neurologico avessero effetto sulla funzione atletica di questi soggetti quando trattati in maniera conservativa. Si includevano 103 purosangue con diagnosi presuntiva di CVM trattati conservativamente tra il 2002 e il 2010. Si determinavano retrospettivamente quali cavalli avevano corso dopo il trattamento. I cavalli venivano separati in gruppi sulla base della partecipazione o meno alle corse. Si escludevano 16 cavalli per le informazioni insufficienti. Dei restanti soggetti, 33 venivano soppressi dopo la diagnosi, mentre i rimanenti 70 venivano dimessi con un trattamento. Dei 70 soggetti trattati con terapia medica, 21 (30%) tornava a correre. I soggetti che tornavano alle corse avevano un grado neurologico significativamente inferiore con una mediana di 1,0 per gli arti toracici e 2,0 per gli arti pelvici. I cavalli soppressi e quelli che non correvano avevano una maggiore probabilità di essere affetti da cifosi e stenosi craniale nei radiodrammi cervicali laterali in stazione. Alcuni cavalli possono continuare a correre dopo la diagnosi di CVM, concludono gli autori, e l’esame neurologico e radiografico possono essere utili nel prevedere la prognosi atletica. “Prognosis for Racing with Conservative Management of Cervical Vertebral Malformation in Thoroughbreds: 103 Cases (2002-2010)” Hoffman CJ, Clark CK. J Vet Intern Med. 2013 Mar 10. [Epub ahead of print].

Pervietà dell’ovidotto nella cavalla Uno studio descrive una tecnica laparoscopica per valutare la presenza di masse endoluminali Le masse endoluminali dell’ovidotto possono causare infertilità e/o subfertilità nella cavalla impedendo il trasporto di uova, spermatozoi o entrambi alla sede di fertilizzazione oppure dell’embrione in utero. Attualmente non esistono test clinici per verificare la pervietà dell’ovidotto nella cavalla. Uno studio ha determinato se il passaggio di microsfere dall’ovidotto all’utero fosse associato a presenza o assenza di masse endoluminali. Durante la laparoscopia in stazione si incannulavano gli ovidotti e si instillavano 15 µm di perle fluorescenti in 16 cavalle di razze leggere. Si effettuava un lavaggio uterino 48 ore dopo la chirurgia per raccogliere e quantificare le perle trasportate in utero. La presenza di masse endoluminali veniva determinata mediante valutazione postmortem e confrontata con il numero di perle raccolte con il lavaggio uterino. Un test veniva considerato positivo per masse endoluminali se nessuna perla veniva trasportata in utero. La sensibilità e specificità del test era rispettivamente del 71,4 e dell’85,7%. “Laparoscopic evaluation of oviductal patency in the standing mare” Carolyn E. Arnold, Charles C. Love.Theriogenology. Volume 79, Issue 6. Pages 905-910, 1 April 2013.

Chirurgia dell’ostruzione da Parascaris equorum nel cavallo L’evacuazione manuale del cieco senza apertura del piccolo intestino comporta una prognosi migliore, secondo uno studio La letteratura veterinaria concorda nell’assegnare una prognosi infausta alle ostruzioni dovute a Parascaris equorum nel cavallo. Per questo, spesso la chirurgia viene ritardata e i puledri vengono soppressi dopo la diagnosi. Secondo uno studio, l’impressione clinica è che l’ostruzione da ascaridi comporti una prognosi migliore di quanto descritto. Gli autori hanno ipotizzato che l’evacuazione manuale del cieco evitando di aprire il piccolo intestino migliori la prognosi di sopravvivenza dei cavalli con ostruzione da ascaridi. Si rivedevano le cartelle cliniche di tutti i cavalli sottoposti a laparotomia esplorativa per ostruzione da ascaridi presso una clinica nel corso di 9 anni. Dei 15 cavalli inclusi, l’80% (12/15) sopravviveva fino alle dimissioni e il 60% (6/10) sopravviveva per almeno un anno. Cinque soggetti stanno bene ma sono ancora convalescenti. I cavalli sottoposti a enterotomia o resezione e anastomosi del piccolo intestino (n = 5)

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IPPOLOGIA Rivista Ufficiale SIVE Anno 24, numero 1, marzo 2013 IPPOLOGIA è una rivista trimestrale pubblicata dalla SIVE per favorire l’aggiornamento dei medici veterinari che si dedicano alla cura del cavallo.

avevano una minore probabilità di sopravvivere fino alle dimissioni. L’evacuazione manuale dell’ostruzione del cieco senza apertura del piccolo intestino determinava un significativo miglioramento della sopravvivenza nei cavalli con ostruzione da ascaridi. La mancata apertura del piccolo intestino potrebbe essere la chiave per il miglioramento del risultato chirurgico di questa condizione, concludono gli autori. “Surgical treatment for acute small intestinal obstruction caused by Parascaris equorum infection in 15 horses (2002-2011).” Tatz AJ, Segev G, Steinman A, Berlin D, Milgram J, Kelmer G. Equine Vet J Suppl. 2012 Dec; 44 Suppl 43:111-4.

Terapia sostitutiva renale nel cavallo Una possibile opzione di trattamento per i soggetti affetti da insufficienza renale acuta La terapia sostitutiva renale (RRT) è stata estesamente implementata in medicina umana per favorire la guarigione dall’insufficienza renale acuta (ARF). La RRT non è stata esplorata nel cavallo ma potrebbe costituire un’ulteriore opzione di trattamento per i cavalli con ARF. Uno studio prospettico ha indagato l’efficacia e la sicurezza della RRT in 5 cavalli adulti sani. I cavalli venivano connessi per via endovenosa a una macchina per RRT commerciale per consentire un’emodiafiltrazione venovenosa continua per 6 ore. La macchina RRT veniva programmata con i seguenti flussi: flusso ematico 250 ml/min; dialisato 3.000 ml/h; pompa sostitutiva prefiltro 3.000 ml/h; pompa sostitutiva postfiltro 2.000 ml/h. Come dialisato e fluido sostitutivo si utilizzava una soluzione elettrolitica bilanciata. Durante il periodo di studio si determinavano frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, temperatura corporea, pressione arteriosa diretta, emissione di urina e vari parametri clinicopatologici. La terapia sostitutiva renale veniva effettuata con successo nel cavallo, determinando una clearance media della creatinina di 0,127 ml/kg/min (68,9 ml/min) e un tasso di riduzione dell’urea del 24%. Non si osservarono effetti avversi, anche se era presente una significativa diminuzione della temperatura rettale. Si notava inoltre un significativo aumento del fosforo sierico e una diminuzione della BUN. Si osservava un significativo prolungamento del tempo di protrombina e del tempo di tromboplastina parziale in associazione a una riduzione della conta piastrinica. La terapia sostitutiva renale può essere effettuata efficacemente e con sicurezza nel cavallo adulto, concludono gli autori. “Renal Replacement Therapy in Healthy Adult Horses”Wong DM,Witty D, Alcott CJ, Sponseller BA, Wang C, Hepworth K. J Vet Intern Med. 2013 Mar 4. [Epub ahead of print].

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