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Rivista ufficiale della SIVAE

EXOTICfiles Direttore Cristina Stocchino Med Vet Sassari

Emergenze e terapia intensiva negli animali esotici A cura di Alessandro Bellese - Med Vet, Lido di Venezia (VE)

n. 2 2014


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Rivista ufficiale della SIVAE

EXOTIC files Direttore Cristina Stocchino, Med Vet Sassari

Emergenze e terapia intensiva negli animali esotici A cura di Alessandro Bellese - Med Vet, Lido di Venezia (VE)

1.

Lo Shock e riabilitazione cardiopolmonare in coniglio e piccoli mammiferi (Dr. Stefano Cusaro)

2.

Comuni emergenze nel furetto (Dr. Nicola Di Girolamo, Dr. Sara Pagliarini)

3.

Le emergenze aviari: cosa fare e cosa non fare (Dr. Tommaso Collarile, Dr. Alessandro Montani)

4.

Le emergenze nella pratica clinica dei rettili (Dr. Petra Schnitzer)

5.

La fluidoterapia nei mammiferi (Dr. Daniele Petrini)

6.

La fluidoterapia negli uccelli (Dr. Diego Cattarossi)

7.

La nutrizione assistita e forzata in emergenza e terapia intensiva (Dr. Igor Pelizzone)

8.

Pronto soccorso “non convenzionale� (Dr. Cristina Stocchino)


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Editoriale Alerssandro Bellese Med Vet, Lido di Venezia (VE)

ella pratica clinica quotidiana la presentazione di pazienti “esotici” in situazioni di emergenza è purtroppo la norma, sia per effettive situazioni di emergenza ma spesso anche per ritardo nella presentazione al medico per sottovalutazione del problema o per ignoranza sulle possibilità terapeutiche in specie ritenute a volte di serie B. In questo numero verranno trattati soprattutto aspetti estremamente pratici della gestione delle emergenze e della terapia intensiva nei pazienti “non convenzionali” che rappresentano l’abc nella medicina dei comuni carnivori domestici, ma che nelle specie che gli “esotologi” vedono quotidianamente possono rappresentare una sfida per caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali.

N

Alessandro Bellese

L’editore, il direttore e il curatore di questo numero di Exotic files, ricordano che gli autori sono responsabili della veridicità e dell’originalità dei propri articoli e dell’iconografia allegata. 3


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Curriculum vitae relatori

DIEGO CATTAROSSI Luogo di nascita: Treviso Data di nascita: 20 Aprile 1976 Codice Fiscale: CTTDGI76D20L407E Partita Iva: 03777010269 Ambulatorio: Via G. Massiego n° 4, Casale sul Sile (Tv), tel: 0422.820468, cell: 347.9334350 Iscrizione all’Albo: TV 375 E.mail: diego.cattarossi@veterinaricasalesulsile.com Blog: www.diegocattarossi.com Sito: www.veterinaricasalesul.sile.com Facebook-Twitter: Esoticoachi Nel 2001 mi sono laureato a pieni voti presso la facoltà di Medicina Veterinaria di Parma. Nel 2007 ho completato un dottorato di ricerca (PhD) presso l’Università di Parma in etologia ed etnologia degli animali domestici tenendo anche corsi agli studenti del quinto anno. Nel 2011 ho terminato l’itinerario triennale Sivae (Società italiana veterinari animali esotici) di Medicina e Chirurgia degli animali esotici. Dal 2013 riconosciuto Veterinario Accreditato Fnovi per animali esotici nelle sezioni: medicina e chirurgia aviare, medicina e chirurgia di rettili e anfibi, medicina e chirurgia di piccoli mammiferi. Sono relatore per le società specialistiche Sivae (Società italiana veterinari animali esotici) con sede a Cremona e per Aeva (Asociaciòn Espanola de Veterinaria Aplicada) con sede a Madrid. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo libro divulgativo sul mondo degli animali esotici dal titolo: “Esotico a chi?” Dal 2014 sono Consulente tecnico presso il Tribunale di Treviso nella categoria: “Medico-chirurgica, specializzazione Medico Veterinario animali da compagnia, esotici, da zoo e circo”. Delibera del Comitato Consulenti Tecnici (art. 14 R.D. 18.12.1941 n°1368). Le mie principali esperienze lavorative sono state: Nel 2001 subito dopo la laurea inizio a lavorare presso la Clinica Veterinaria “Strada Ovest” di Treviso e l’anno successivo nel 2002 presso l’Ospedale Veterinario “San Francesco” di Paese (Tv) come responsabile unico per gli animali esotici. Dal 2004 collaboro con il dr. Marco Martini presso l’Ambulatorio “San Carlo” di Spresiano (Tv) per la cura degli animali esotici con particolare riferimento alla chirurgia dei rapaci e dei falchi. Nel 2007 ho aperto l’Ambulatorio Veterinario “Casale sul Sile” all’interno del quale mi dedico agli animali esotici ed esercito la direzione sanitaria. Dal 2007 sono Veterinario referente per gli associati Foi (Federazione ornitologica italiana). Dal 2008 entro a far parte del Cvit (Circolo Veterinario Italiano), gruppo nazionale di Ospedalità Veterinaria privata certificata ISO 9001-2000. Con il gruppo Cvit inizio un percorso che in un anno mi permette di avere certificato il mio Ambulatorio a norma di qualità ISO e dichiarato conforme alla legge sulle buone pratiche veterinari. Dal 2008 sono Veterinario riconosciuto da sanguefreddo network, il portale italiano di terroristica ed inserito nella sua lista Internet per medicina dei rettili e degli animali non convenzionali.

Dal 2008 sono il Veterinario ufficiale dell’Oasi di Trepalade di Quarto d’Altino (Ve), centro di recupero e riabilitazione di uccelli ed altri animali selvatici incidentati. Dal 2008 divento Veterinario responsabile dei settori animali esotici presso la Clinica “Città di Jesolo” Via Meucci, 13 Jesolo (Ve). Dal 2009 sono Veterinario ufficiale dell’Acquarium & Reptilarium di Jesolo (Ve), mostra esposizione di sauri, rettili, ofidi, pesci e squali ed insetti. Dal 2010 collaboro attivamente con la società Aifao (Amatori italiani fagiani e acquatici ornamentali), seguendo molti soci per le cure veterinarie dei loro animali. Dal 2011 Veterinario ufficiale del Gruppo Colombofilo di Treviso “Società Piave”. Dal 2012 Veterinario ufficiale Killer Animals, collezione dei più velenosi rettili e serpenti al mondo con più di duecento esemplari, Jesolo (Ve). Dal 2012 Veterinario consulente per Reptilia live expo di Bibione (Ve). Dal 2012 Veterinario ufficiale Shark expo dedicato a squali, coccodrilli ed alligatori, Jesolo (Ve). NICOLA DI GIROLAMO Si laurea con lode in medicina veterinaria all’università di Bologna. Da sempre si concentra sull’applicazione della medicina basata sull’evidenza in rettili e mammiferi non convenzionali. La collaborazione instaurata nel 2008 con la Clinica per Animali Esotici, lo porta a presentare lavori originali nel periodo pre e postlaurea a conferenze internazionali. Nel 2011 è stato premiato alla gara di poster dell’ARAV a Seattle ed in seguito inizia il dottorato all’università di Bologna. È attualmente editore associato di BMC Veterinary Research, cochair del comitato per l’educazione dell’ARAV e delegato italiano del comitato internazionale. Nel 2014 ottiene un master all’università di Oxford in medicina basata sull’evidenza. È autore di una trentina di pubblicazioni su riviste internazionali. Sta completando il residency dello European College of Zoological Medicine (Herpetology) presso la Clinica per Animali Esotici. MANUEL MASCHIO Studi: 2008/2013: Laurea in medicina veterinaria presso Università degli studi di Padova 2003/2008: Diploma di perito in elettronica e telecomunicazioni presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale “A. Meucci” Cittadella (PD) Corsi di formazione frequentati Ottobre 2014: “2° incontro SIVAE 2014” - Palazzo Trecchi Cremona Settembre 2014: “CKD nel gatto: cosa dobbiamo sapere e cosa possiamo fare prima dell’uremia” Relatore: Dr. Tommaso Furlanello Hotel Villa Braida - Mogliano Veneto (TV) Aprile- Giugno 2014: “Corso di anestesia pratica: come rischiare meno e vivere felici” Relatore: Dr. Paolo Franci

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EXOTIC FILES Complesso Agripolis – Legnaro (PD) Aprile 2014: “Corso di medicina e chirurgia di base del Coniglio da Compagnia” Relatore: Dr. Marco Bedin Complesso Agripolis – Legnaro (PD) Aprile 2014: “L’epilessia nel cane e nel Gatto” - Relatore: Dr. Cristian Falzone - Hotel Villa Braida - Mogliano Veneto (TV) 2013: “Congresso di patologia aviare” - Complesso Agripolis – Legnaro (PD) Pubblicazioni e relazioni svolte Articolo: “L’anno volge al termine…tiriamo le somme” - Italia ornitologica Dicembre 2014 Articolo: “La fluidoterapia negli uccelli” - Exotic files 2014 Articolo: “Il Canarino del Mozambico” - Pet Trend giugno 2014 Ottobre 2014: “Gestione sanitaria di un allevamento di uccelli da richiamo” - 2° incontro SIVAE 2014 - Palazzo Trecchi – Cremona Articolo: “Gli acari in allevamento” - Italia ornitologica Giugno-Luglio/ Settembre 2014 Luglio 2014: “Gestione sanitaria di un allevamento di Passeriformi” - Associazione Ornitologica Veneto Orientale - Concordia Saggitaria (Ve) Marzo 2014: “ Preparazione alle cove e igiene di un allevamento di passeriformi” - Istrana (TV) Febbraio 2014: “Preparazione alle cove e igiene di un allevamento di passeriformi” - Associazione Castellana ornitologica Castelfranco v.to (TV) Articolo: “Esami precova, tanto per ricordare” - Italia ornitologica Gennaio 2014 Società Culturali e gruppi di studio 2015 Socio SIVAE, Società Italiana Veterinari Animali Esotici 2015 Socio SCIVAC, Società Culturale Italiana Veterinari per Animali da Compagnia 2015 Socio SICIV, Società Italiana di Citologia Veterinaria Dal 2008 Socio FOI, Federazione Ornicoltori Italiani Esperienze Lavorative Novembre 2014: Veterinario Ufficiale Mostra Ornitologica di Castelfranco veneto (TV) Ottobre 2014: Veterinario Ufficiale Mostra Ornitologica di Caorle (Ve) Ottobre 2014: Veterinario ufficiale Verona Reptyles di Cerea (Vr) Da settembre 2014: Inserito nella redazione del notiziario AIFAO (Amatori Italiani Fagiani e Acquatici Ornamentali) Aprile - Ottobre 2014: Consulente per Zoetis Italia divisione Poultry Dal 2014: Socio dell’associazione Bacino acque fiume Brenta impiegato nel progetto di recupero della Trota Marmorata (Salmo trutta marmoratus) ceppo Brenta. Da Gennaio 2014: Collaboratore presso Ambulatorio veterinario Casale sul Sile, dove seguo la diagnostica di laboratorio e la clinica e chirurgia degli animali esotici, con particolare riguardo nei confronti degli uccelli e dei pesci Settembre - Dicembre 2013: Tirocinante-studente presso Ambulatorio veterinario Casale sul Sile Ottobre 2012 - Gennaio 2013: Tirocinante presso Ospedale veterinario dell’Università degli studi di Padova a Legnaro Gennaio 2012 - Aprile 2013: Preparazione della tesi di Laurea: “Indagine sulla presenza e sulle possibili fonti di introduzione di Campylobacter termofili in allevamenti intensivi di Tacchini da carne” presso il laboratorio di batteriologia dell’Università degli studi di Padova e degli allevamenti del gruppo AIA S.p.a.

2 - 2014 ALESSANDRO MONTANI Laureato con lode in medicina veterinaria presso l’università degli studi di Teramo nel 2012, discutendo una tesi in patologia aviare dal titolo “studio retrospettivo sui principali agenti batterici isolati in corso di mortalità embrionale e neonatale nel canarino domestico”. Dal 2010 al 2012 ha svolto un periodo di internato presso la sezione di malattie infettive del dipartimento di scienze biomediche comparate dell’università degli studi di Teramo. Attualmente iscritto alla scuola di specializzazione in sanità animale, allevamento e produzioni zootecniche presso la medesima università. Dal 2010 ha effettuato periodi di formazione presso cliniche private volti ad approfondire la medicina e la chirurgia dei piccoli animali. Coltiva da sempre l’interesse per la medicina e la chirurgia dei nuovi animali da compagnia con particolare riferimento alla patologia delle specie aviari e dei rettili, oltre alla ventennale esperienza nell’allevamento e riproduzione degli psittacidi e delle testuggini terrestri europee. Socio SIVAE, partecipa a congressi nazionali ed internazionali, è coautore di poster e articoli scientifici. Da febbraio 2013 collabora attivamente presso il centro veterinario specialistico nella sezione degli animali esotici. IGOR PELIZZONE Si laurea a Parma nell’anno 2000. Nello stesso anno effettua un tirocinio pratico presso la clinica di fauna selvatica dell’Ecole Nationale Vetèrinaire di Tolosa (Francia). Dal 2002 al 2005 frequenta l’Ambulatorio Veterinario Belvedere di Reggio Emilia in cui, ancora oggi, lavora in qualità di socio titolare occupandosi di animali non convenzionali, endoscopia e odontostomatologia. È socio fondatore dell’allevamento di rettili Herptop di Noceto (Parma). Dal 2004 ad oggi partecipa come relatore a numerosi corsi e convegni nazionali e internazionali sugli animali non convenzionali. Nel 2009 nel 2010 e nel 2013 è direttore del corso di anestesiologia e rianimazione degli animali esotici della SIVAE. È coautore del testo “Anestesia, cane gatto e animali non convenzionali” di Bufalari A, Lachin A, nel quale cura, i capitoli riguardanti l’anestesia degli animali esotici e scrive numerosi articoli su riviste scientifiche nazionali e internazionali sulla medicina degli animali esotici da compagnia. Nel 2013 inizia presso l’Università degli Studi di Parma un dottorato di ricerca e l’anno successivo diventa professore a contratto presso la stessa Università. Nel 2014 viene eletto Vicepresidente della SIVAE e consigliere dell’Ordine dei Veterinari di Reggio Emilia dove vive e lavora presso l’Ambulatorio Veterinario Belvedere dedicandosi prevalentemente alla cura degli animali non convenzionali. SARA PAGLIARANI Si laurea in medicina veterinaria presso l’Università di Bologna il 27 Marzo 2014 con una tesi sulle più comuni intossicazioni negli uccelli rapaci a vita libera. Da sempre appassionata di fauna selvatica e di animali esotici da compagnia, nel 2013 ha svolto da studente due externships presso il Wildlife Center of Virginia e il Wildlife and Rehabilitation Center of Minnesota negli Stati Uniti. Nell’estate 2014 ha svolto un periodo formativo di due mesi presso la Clinica per Animali Esotici di Roma con cui ha collaborato nella stesura di articoli scientifici. Attualmente sta svolgendo un periodo di formazione post-laurea presso il Center of Rehabilitation of Wil-

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EXOTIC FILES dlife sito in Sanibel, Florida, che si concluderà a fine Dicembre 2014; durante questo periodo ha anche partecipato alla Conferenza Annuale associata AAZV/ARAV/AEMV in Orlando, Florida. PETRA SCHNITZER Laureata con lode presso il Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell'Università di Parma nel 2012, con tesi sulla Diagnostica per immagini delle patologie dentali nel coniglio, a gennaio 2013 inizia un periodo di tirocinio presso l'Ambulatorio Veterinario Belvedere di Reggio Emilia. Da gennaio 2014 è specializzanda in Patologia e Clinica degli Animali D'Affezione presso il Dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell'Università di Pisa. Socia SIVAE dal 2011, attualmente lavora come collaboratrice presso l'Ambulatorio Veterinario Belvedere. M. CRISTINA STOCCHINO Mi sono laureata a luglio dell’89. L’anno seguente ho cominciato ad esercitare l’attività libero professionale nel settore degli animali da compagnia, fino al 1998 data di iscrizione al “Gruppo di Studio SCIVAC sugli Animali Esotici” poi trasformato nel gennaio 1999 in società

2 - 2014 (SIVAE) di cui sono socio fondatore. Da allora ho frequentato i corsi e i seminari SIVAE, da auditore e da relatore. Nel 2005 sono diventata responsabile ANMVI regionale dei corsi SIVAE (delegato regionale SIVAE) carica ricoperta fino al 2010, focalizzando sempre più i miei interessi professionali nel campo degli animali non convenzionali, nell’omeopatia (Diplomata in omotossicologia e Omeopatia Veterinaria, docente della Scuola Superiore Internazionale “Rita Zanchi” Cortona) e nell’agopuntura. Esercito in provincia di Sassari e collaboro con alcune cliniche di Olbia e Cagliari, nell’ambito di queste discipline. Nel dicembre del 2005 mi sono diplomata in agopuntura veterinaria con una tesi dal titolo: ”La cronoagopuntura e le patologie degli animali esotici” (Diploma SIAV, Società Italiana Agopuntura Veterinaria). Sono autore di articoli e relazioni nazionali e internazionali sull’utilizzo dell’omeopatia e l’agopuntura negli animali esotici. Curatore del numero di Exotic Files del 2009, sulle Medicine non Convenzionali negli animali esotici. Dal 2010 sono Direttore della rivista semestrale “Exotic files” della SIVAE, alla quale ho collaborato anche come autore. Nel 2012 è stato pubblicato il manuale pratico “Linee guida per la corretta gestione e il benessere degli animali non convenzionali”, di cui sono il curatore. Ho fatto parte del CD della SIVAE dal marzo del 2008 all’ottobre del 2012, in qualità di consigliere/tesoriere. Chairperson e responsabile scientifico di seminari SIVAE.

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Lo shock negli animali esotici Stefano Cusaro DVM Segretario SIVAE

DEFINIZIONE Lo shock può essere definito come una sindrome causata da una ridotta perfusione tissutale sistemica con conseguente sbilanciamento fra la disponibilità di ossigeno e la sua domanda metabolica (Lichtenberger, 2007). Questa definizione può essere applicata a tutti gli animali. Tale sindrome non è riferibile ad un singolo problema fisiopatologico, ma ad un dinamico insieme di alterazioni metaboliche e risposte cardiovascolari che affliggono più organi in modi ed in tempi differenti. Lo shock non è un sinonimo di tachicardia o bradicardia, tachipnea o bradipnea, ipertensione o ipotensione, aumento o diminuzione della gittata cardiaca; non è mucose pallide o aumento del tempo di riempimento capillare o perdita di coscienza (Viganò, 2004) e tantomeno non è l’arresto cardiocircolatorio, che spesso avviene improvvisamente nei piccoli mammiferi erbivori e negli uccelli. In tutti i tipi di shock il problema principale è una drastica diminuzione di flusso ematico (insufficiente perfusione) che riduce la disponibilità di ossigeno e produce un’alterazione del metabolismo cellulare.

FISIOPATOLOGIA Dal punto di vista fisiopatologico non vi sono sostanziali differenze fra le specie convenzionali e non convenzionali. Non è tuttavia ben conosciuta la fisiopatologia nei rettili, per i quali risulta anche essere difficoltosa l’interpretazione dei segni di shock in relazione alla loro capacità adattativa di stadi ipossici e di acidosi metabolica. In seguito a stimolazioni intense e durature, come un grave evento traumatico, le modificazioni cardiovascolari, respiratorie e metaboliche, atte a preservare la vita, possono diventare una minaccia alla vita stessa. Le reazioni dell’organismo variano in base alla gravità e alla durata dello stimolo: questi due fattori possono trasformare una situazione stressante in uno stato di shock. L’ipotalamo, non controllato dalla neocorteccia e quindi non dipendente dalla volontà, elabora l’informazione che riceve dai nervi afferenti e dalle citochine liberate dal sito di sofferenza tissutale e può rispondere sia in maniera rapida, inducendo liberazione di catecolamine e ADH (ormone antidiuretico o vasopressina), sia più lentamente attraverso la via umorale con la liberazione di fattori di rilascio (Viganò, 2004). Gli effetti prodotti dal primo tipo di risposta sono quelli caratteristici della

prima fase dello shock ovvero: tachicardia, vasocostrizione periferica, aumento del TRC, tachipnea, mucose asciutte, stato di eccitazione del sensorio e midriasi. Adrenalina e noradrenalina sono, infatti, le molecole dell’emergenza ad azione rapida del sistema nervoso: la prima gioca un ruolo fondamentale nell’aumento dell’attività metabolica, rendendo disponibili grandi quantità di energia (aumento della glicogenolisi epatica e muscolare, accelerazione della lipolisi, aumento di apporto ematico ai muscoli scheletrici); la seconda ha invece una prevalente attività cardiocircolatoria, avendo azione vasocostrittrice periferica, contribuendo al controllo delle emorragie e facilitando la perfusione di organi vitali. I recettori dell’ADH, posti nel nucleo sopraottico della neuroipofisi, percepiscono le variazioni di osmolarità ematica e ne determinano il rilascio. La vasopressina agisce quindi a livello renale promuovendo il riassorbimento di acqua dai tubuli distali non solo quando aumenta l’osmolarità ematica ma anche in presenza di stress (come nel contenimento del coniglio e piccoli mammiferi erbivori) e dolore. Al mantenimento di un’adeguata pressione arteriosa e del volume circolante entra in gioco, in corso di shock, anche il sistema renina-angiotensina-aldosterone; tale sistema ormonale inizia a livello di apparato iuxtaglomerulare posto vicino all’arteriola afferente del glomerulo renale che, rilevando una diminuzione della pressione ematica della stessa, promuove la produzione di renina. La renina catalizza la trasformazione dell’angitensinogeno in angiotensina I che, convertita successivamente in angiotensina II, induce la liberazione di aldosterone, il quale facilita la ritenzione di acqua e sodio con escrezione di potassio. Se la stimolazione afferente non è controllata da un opportuna terapia si assiste ad una continua liberazione di catecolamine e degli ormoni sopracitati con conseguente diminuzione della gittata cardiaca, maldistribuzione del flusso ematico (deficit della perfusione tissutale) e riduzione della disponibilità di ossigeno. La vasocostrizione arteriosa e venosa, che all’inizio può aiutare a sostenere la pressione arteriosa, se non si risolve ma persiste ed aumenta, riduce la perfusione renale, splancnica e la gittata cardiaca (Viganò, 2004). Quando la gittata cardiaca subisce una grave diminuzione vengono compromesse la perfusione coronarica e cerebrale e il flusso ematico non è più in grado di apportare ossigeno in quantità sufficiente ai tessuti inducendo ischemia, acidosi ed ipossia tessutale. 7


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SHOCK IPOVOLEMICO Sebbene esistano diverse tipologie di shock (settico, anafilattico, cardiogeno, ipovolemico ecc.) in questo articolo ci concentreremo su quello più comunemente osservato negli animali non convenzionali, cioè sullo shock ipovolemico. L’ipovolemia in corso di shock può essere assoluta o relativa. L’ipovolemia assoluta è in genere provocata da emorragie massive (ovviamente in proporzione alla taglia!!!), da ulcere gastrointestinali o da coagulopatie. L’ipovolemia relativa invece non prevede una diretta perdita ematica ma è solitamente conseguenza di disidratazione in seguito a perdita di fluidi dall’apparato gastroenterico, genitourinario, a ustioni o a raccolta di fluidi in cavità addominale (ascite). Quando in un uccello (come nel cane) si verifica un’ipovolemia (assoluta o relativa) si ha diminuzione della gittata cardiaca e diminuzione della pressione arteriosa sistemica. Il glomo aortico e carotideo rilevano l’ipotensione e inviano dei segnali al centro vasomotore situato a livello del midollo allungato che, attraverso una stimolazione del sistema simpatico, provoca vasocostrizione periferica, aumento della frequenza e della contrattilità cardiaca così come dettagliatamente descritto sopra. Nel coniglio, nei piccoli mammiferi erbivori e nel furetto invece, quando i barocettori rilevano una inadeguata pressione arteriosa, stimolano simultaneamente sia il sistema simpatico sia il sistema parasimpatico. Il risultato di tale duplice stimolazione è l’assenza dell’aumento della frequenza cardiaca e tale può rimanere inalterata o addirittura diminuita. I segni iperdinamici dello shock, che si osservano negli uccelli e nel cane, non si manifestano nei piccoli mammiferi, nel coniglio e nel furetto. Nello shock ipovolemico in questi animali si osservano comunemente segni decompensatori che si manifestano con normale frequenza cardiaca o bradicardia (sotto i 180 bpm), ipotermia (temperatura inferiore ai 36,6°C), polso debole e impalpabile, ipotensione e profonda depressione del sensorio. Le mucose sono grigio-bianco e il TRC non è evidente. La bradicardia e la bassa gittata cardiaca contribuiscono all’ipotermia, la quale accentua la bradicardia instaurando velocemente un pericoloso circolo vizioso. In tutte le specie si osserva, comunque, l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Lo shock ipovolemico può essere suddiviso in 3 fasi principali:

2 - 2014 nale, cutanea e muscolare. I segni clinici di questo stadio sono: ipotermia, cute fredda, tachicardia, pressione sanguigna nella norma o leggermente depressa, mucose pallide, aumento del TRC e, spesso, letargia con depressione del sensorio. I piccoli mammiferi sovente si presentano in questo stadio dello shock e i sintomi principali in questi animali sono leggera ipotensione, ipotermia frequenza cardiaca nella norma o leggermente diminuita (al contrario di quello che accade in cani e uccelli in cui si ha tachicardia) e polso filiforme. In questa fase è sempre necessaria una fluidoterpia aggressiva con colloidi e cristalloidi combinati e la prognosi è riservata. 3) Stadio terminale: quando è perso un grande volume ematico (in genere almeno il 40-50% del volume totale) i sistemi di compensazione non hanno più alcun effetto ed inizia una compromissione irreversibile degli organi. Questo è lo stadio terminale ed è comune a tutti i tipi di shock e a tutte le specie. I segni clinici di questo stadio sono bradicardia, grave ipotensione, diminuzione dell’output cardiaco, mucose pallide o cianotiche, TRC non rilevabile, ipotermia, mancata o ridotta produzione urinaria, edema polmonare e coma. In questa fase la prognosi è infausta.

GESTIONE DELLO SHOCK Il primo passo per gestire correttamente un piccolo mammifero in stato di shock ipovolemico è quello di riscaldare il paziente nel minor tempo possibile al fine di bloccare il meccanismo bradicardia – ipotermia, ipotermia – bradicardia. Dopo aver accertato nel minor tempo possibile le condizioni del paziente (triage) e averlo messo sotto ossigeno si deve immediatamente contrastare l’ipotermia con l’ausilio di bottiglie di acqua calda, phon, materassini riscaldanti, incubatrici o coperte ad aria calda (Foto 1). La bassa temperatura corporea gioca un ruolo primario nella scarsa risposta compensatoria di questi animali che, come detto sopra, quando la temperatura rettale cala eccessivamente i recettori adrenergici

1) Stadio precoce compensato: è la fase in cui l’organismo mette in atto le risposte fisiologiche all’ipotensione e i sistemi di compensazione sono efficaci. La pressione sanguigna è elevata grazie all’aumento dell’output cardiaco e delle resistenze periferiche. In questa fase i pazienti presentano tachicardia, iper o normotensione e diminuzione del TRC (< di 1 sec.). In questo stadio, inoltre, la somministrazione di fluidi di rimpiazzo solitamente si accompagna ad una buona prognosi. È raro che i piccoli mammiferi non convenzionali arrivino in clinica durante questa fase. 2) Stadio decompensato: è la fase in cui la perdita di fluidi persiste ed inizia una ipoperfusione renale, intesti-

FOTO 1 - Esempio di riscaldamento in criceto d’orato (Mesocricetus auratus) con mezzi di fortuna in terrario a temperatura controllata. 8


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FOTO 2 - Terapia intensiva in furetto (Mustela putorius furo) in corso di shock ipovolemico. Si noti l’indispensabile fonte di calore, la fluidoterapia in infusione controllata e il costante monitoraggio delle funzioni vitali.

diventano refrattari alle catecolamine contribuendo a mantenere bassa la frequenza cardiaca e a ridurre la vasocostrizione periferica. Subito dopo il ripristino della temperatura è necessario stabilire la fluidoterapia adatta al caso. Lo scopo principale in questa fase è quello di correggere sia le alterazioni del volume di fluidi circolanti sia gli squilibri acido-base ed elettrolitici che potrebbero compromettere la vita del paziente. La fluidoterapia, in caso di emergenza, può essere suddivisa in tre stadi principali: 1. correzione del deficit di perfusione (rianimazione); 2. ripristino del deficit interstiziale (reidratazione); 3. fase di mantenimento. La fase di rianimazione (Foto 2) ha lo scopo principale di ristabilire la perfusione tissutale e il supporto di ossigeno agli organi. In primo luogo deve essere ripristinato il letto intravascolare e la scelta della quantità e della tipologia di fluidi da utilizzare deve essere effettuata in base allo stadio e al tipo di shock che dobbiamo affrontare. I segni clinici che dimostrano l’efficacia di questa prima fase di controllo dello shock nei piccoli mammiferi sono: • miglioramento del tempo di riempimento capillare e del colore delle mucose; • innalzamento della pressione arteriosa;

2 - 2014 • normotermia; • ripresa sensoriale e della produzione urinaria. La fase di reidratazione deve essere iniziata successivamente alla precedente e una corretta valutazione dello stato di idratazione del paziente deve essere effettuata prima di decidere quali fluidi utilizzare. I deficit interstiziali sono spesso accompagnatati da un aumento del turgore delle pliche cutanee e dalla secchezza delle mucose. In questa fase la corretta valutazione clinica e l’interpretazione degli esami di laboratorio (emocromo ed emogasanalisi in primis) sono essenziali per stabilire un corretto piano di reidratazione. Per determinare l’esatta quantità di fluidi necessari per la reidratazione si utilizza la formula: Volume (L)= deficit di idratazione x peso corporeo (Kg) x 1000 ml. Per pazienti stabili da un punto di vista emodinamico il deficit interstiziale può essere ripristinato anche in 1224 ore mentre se si ha una rapida perdita di volume interstiziale il deficit deve essere ripristinato altrettanto rapidamente (massimo 4-6 ore). L’ultima fase è quella di mantenimento e serve a fornire i fluidi e gli elettroliti necessari a soddisfare le esigenze metaboliche e a mantenere l’equilibrio acido-base del paziente fino a quando non riprende ad alimentarsi e a bere autonomamente. Il regime di mantenimento nei piccoli mammiferi è normalmente molto più elevato rispetto ai cani e ai gatti a causa del loro alto livello metabolico. L’ipotermia inoltre rende molto difficile instaurare una corretta fluidoterapia senza rischiare edema polmonare e morte del paziente. Quando la temperatura rettale sale al di sopra dei 37.5 °C i recettori adrenergici ricominciano a essere attivi e le procedure di rianimazione diventano più efficaci. Per gestire correttamente questo tipo di emergenze è molto importante mettersi in condizione di poter tenere sotto controllo la pressione arteriosa del paziente, manualità non sempre immediata negli animali di piccole dimensioni. I metodi più utilizzati sono il doppler vascolare e il metodo oscillometrico che permettono di ottenere misurazioni attendibili anche in questi pazienti (Foto 3;4).

FOTO 3 - Monitoraggio pressorio in furetto con metodo doppler vascolare. 9


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FOTO 4 - Foto 4 - Monitoraggio pressorio in scoiattolo (Sciurotamias davidianus) con metodo oscillometrico.

FOTO 5 - Catetere intraosseo in femore in criceto d’orato.

La somministrazione di fluidi in corso di shock ipovolemico deve avvenire per via intravenosa o intraossea. I più comuni accessi venosi sono: vena cefalica, la safena laterale, la vena femorale o la vena giugulare. In caso non si riuscisse a guadagnare un accesso venoso è anche possibile somministrare fluidi tramite cateteri intraossei a livello di femore o tibia prossimale (Foto 5). Va ricordato come l’applicazione di cateteri intraossei sia dolorosa e quindi richieda sempre una leggera sedazione e l’utilizzo di anestetici locali. In questa fase il paziente deve essere maneggiato il meno possibile e un primo prelievo ematico (Foto 6) deve essere effettuato per monitorare ematocrito, proteine totali ed emogasanalisi. Per ridurre la quantità di sangue necessaria ad effettuare gli esami si consiglia di determinare il microematocrito (con capillare) e di utilizzare il plasma residuo per la valutazione delle proteine totali con refrattometro (Foto 7).

I valori ottenuti serviranno a valutare successivamente se le scelte da noi effettuate in corso di rianimazione saranno efficaci o meno. Normalmente si inizia con una rapida infusione di cristalloidi isotonici (10-15 ml/kg/h) a cui segue una infusione di 5 ml/kg/h di colloidi in 10 minuti. Quando la pressione sistolica supera i 40 mm/Hg si continua solo con i cristalloidi di mantenimento che dovranno essere opportunamente riscaldati. L’utilizzo di oxiglobina nei mammiferi non convenzionali è stato riportato in maniera aneddotica e non vi sono studi approfonditi in merito, anche se sembra appurato che la somministrazione di questo colloide in boli troppo rapidi e voluminosi possa provocare edema polmonare (Lichtenberger, 2007). L’utilizzo di corticosteroidi in corso di shock ipovolemico è ancora oggi controverso anche negli animali non convenzionali. Gli effetti collaterali quali l’immunosoppressione, l’iperglicemia e le possibili ulcere gastriche

FOTO 6 - Prelievo ematico in cava caudale in Cavia peruviana (Cavia aperea porcellus).

FOTO 7 - Centrifuga per microematocrito, capillari dedicati e refrattometro. 10


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EXOTIC FILES superano di gran lunga i reali benefici di questi farmaci, pertanto il loro utilizzo in corso di shock ipovolemico è sconsigliato. Un altro aspetto fondamentale dello shock nei piccoli mammiferi è la correzione dello stato acido base del paziente. Spesso quando questi animali arrivano in clinica sono in condizioni di acidosi spinta e la normalizzazione del pH ematico assume un ruolo fondamentale per la sopravvivenza del paziente. In caso di acidosi respiratoria è essenziale instaurare immediatamente ossigenoterapia tramite maschere facciali, flow bay o, in condizioni estreme, anche tramite intubazione o tracheotomia (Foto 8). In caso ci si trovi di fronte a una grave acidosi metabolica il più importante metodo di normalizzazione del pH ematico è la somministrazione di fluidi con soluzione tampone. I principali cristalloidi (ringer lattato, riger acetato, Normosol, ecc…) sono considerati un ottimo mezzo per aumentare l’alcalinità del comparto extracellulare ma nelle situazioni più spinte non sono sufficienti a riportare il pH ematico entro i valori fisiologici. In questi casi anche nei piccoli mammiferi non convenzionali è possibile l’utilizzo di bicarbonato di sodio. In situazioni particolarmente gravi è poi possibile che si verifichi un arresto respiratorio o cardiocircolatorio. È sicuramente la più comune causa di morte in corso di shock soprattutto in coniglio e piccoli roditori. Nonostante le dimensioni ridotte, le differenze anatomofisiologiche e la carenza di studi scientifici sull’argomento, il trattamento dello shock e dell’arresto cardiorespiratorio nel coniglio, nel furetto e nei piccoli roditori segue gli stessi principi generali applicabili in cane e gatto.

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FOTO 8 - Ossigenoterapia tramite maschera facciale in topo (Mus musculus).

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Comuni condizioni di emergenza nel furetto Nicola di Girolamo

Sara Pagliarani Med Vet, Nicola di Girolamo, Med Vet, MSc (Evidence Based Health Care), Resident ECZM (Herpetology) Clinica per Animali Esotici, via Sandro Giovannini 53, 00137 Roma, Italia

Il furetto (Mustela putorius furo) è un carnivoro della famiglia dei Mustelidi derivante dall’addomesticamento della puzzola (Mustela putorius), avvenuto in territorio europeo più di duemila anni fa. Le più frequenti situazioni di emergenza che si riscontrano in questo piccolo mammifero, riguardano gli apparati gastrointestinale o cardiocircolatorio, oppure le patologie neoplastiche e/o endocrine. Il medico veterinario che opera in urgenza deve necessariamente avere familiarità con questi animali, la cui anatomia e fisiologia si discostano in maniera importante da quella del cane e del gatto. I furetti sono animali resistenti e relativamente calmi e, come gli altri appartenenti all’ordine dei Carnivora, sono predatori che si relazionano con il mondo con un modus operandi molto simile a quello del cane e del gatto.

Anamnesi Il segnalamento e la storia clinica dell’animale sono di importanza cruciale per poter stilare una lista di diagnosi differenziali; dopo aver discusso con il proprietario le ragioni alla base della visita, includendo anche la comparsa e la progressione dei sintomi clinici riscontrati, è necessario ottenere una descrizione dettagliata della storia dell’animale. È importante infatti porre al proprietario domande specifiche, tra le quali quelle relative alla dieta somministrata, all’ambiente in cui l’animale vive, la convivenza con animali della stessa o di diversa specie: “Vi sono stati nell’ultimo periodo episodi di diarrea o vomito? L’animale è stato vaccinato?” Raccogliere un numero importante di informazioni può aiutare il clinico nell’iter terapeutico.

Esame fisico Prima di eseguire la visita è sempre opportuno osservare il furetto mentre si muove libero nella stanza, al fine di valutare la deambulazione e lo stato del sensorio. In caso di emergenza è di importanza vitale auscultare i campi polmonari e cardiaci al fine di constatare l’eventuale presenza di distress cardiorespiratorio e di aritmie cardiache.

PRINCIPALI PATOLOGIE GASTROINTESTINALI RESPONSABILI DI CONDIZIONI D’EMERGENZA NEL FURETTO L’abbondante scialorrea e i conati sono riconducibili a problematiche gastrointestinali. Un segno importante di dolore addominale, riscontrabile tipicamente nel furetto, è il bruxismo o digrignamento dei denti.

Corpi estranei gastrointestinali I corpi estranei gastrointestinali (GI) sono frequentemente riscontrati nei furetti giovani; gommapiuma, spugne e oggetti di plastica morbida quali le suole delle scarpe e i giocattoli per bambini sono tra i materiali preferiti. Anche i tappi per le orecchie sono di frequente riscontro, mentre I corpi estranei lineari sono più rari. I segni clinici più importanti in caso di corpo estraneo GI sono anoressia ed abbattimento. A seconda della localizzazione del corpo estraneo possono osservarsi vomito, segni riconducibili a nausea e dolore addominale, o diarrea, con eventuale melena. Alcuni corpi estranei possono essere palpabili durante l’esame fisico diretto, in particolar modo quelli a livello intestinale. In associazione al corpo estraneo può essere presente una variabile quantità di gas e la conseguente presenza di ileo segmentale visibile nell’esame radiografico. Una possibile ostruzione è sempre associata ad una distensione gassosa dello stomaco o un pronunciato pattern gassoso intestinale. Un esame ecografico addominale può confermare la patologia. Una serie di radiografie effettuate dopo somministrazione di mezzo di contrasto può essere utile per identificare una subocclusione. Il trattamento in corso di presenza di corpo estraneo GI varia in base alla localizzazione dell’oggetto identificato e ai segni clinici riscontrati nel paziente. In caso di corpi estranei localizzati nel primo tratto intestinale la chirurgia è spesso necessaria (Fig. 1). Se il corpo estraneo si trova in esofago (raro) o stomaco, si può tentare la rimozione per via endoscopica. 12


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FIGURA 1 - Furetto 2 mesi, maschio, rimozione corpo estraneo intestinale. Foto proprietà Nicola Di Girolamo.

Enterite proliferativa Il batterio cellulare obbligato Lawsonia intracellularis è in grado di causare l’enterite proliferativa del furetto o PBD. Anche se la prevalenza della malattia è piuttosto bassa, l’incidenza maggiore si riscontra nei giovani furetti di età compresa tra le 10 e le 16 settimane di vita. Un miglioramento nella qualità di cibo somministrato al furetto è considerato alla base della diminuzione dell’incidenza di questa patologia. I segni clinici includono anoressia, perdita di peso, diarrea del grosso intestino (sangue, muco, tenesmo, e aumento della frequenza delle evacuazioni) e durante la palpazione addominale possono essere rilevate delle anse intestinali ispessite. È sempre importante effettuare un esame delle feci per poter escludere la presenza di coccidi. È necessario reidratare l’animale e somministrare antibiotici, quali metronidazolo, amoxicillina o cloramfenicolo qualora la diarrea sia ancora presente.

Malattie infiammatorie intestinali Gastroenterite linfoplasmocitica ed eosinofilica Raramente queste patologie necessitano di un trattamento in emergenza. Le enteriti infiltrative o infiammatorie sono solitamente riscontrate un furetti di media età o anziani. Pur non essendo stati condotti studi clinici a riguardo, vi è il sospetto che la gastroenterite eosinofilica sia associata ad intolleranze alimentari o sequela di infezioni virali da Coronavirus (Robert Wagner, comunicazione personale). I segni clinici includono anoressia, perdita cronica di peso, diarrea cronica e vomito, ma anche nausea e

dolore addominale. All’esame fisico si possono rilevare anse intestinali ispessite e linfonodi mesenterici aumentati di volume. È necessario stabilizzare i furetti affetti tramite somministrazione di fluidi prima di ottenere una diagnosi definitiva mediante utilizzo di endoscopio al fine di effettuare una biopsia a livello gastrico o intestinale. Il prednisone è la molecola d’elezione utilizzata nel trattamento di questa condizione patologica. Altre molecole di possibile impiego sono l’azatioprina e la ciclosporina. Antivirali specifici non sono mai stati impiegati sistematicamente.

EMERGENZE COME CONSEGUENZA DI PATOLOGIE ENDOCRINE DEL FURETTO Insulinoma L’insulinoma o tumore delle cellule beta del pancreas è probabilmente la neoplasia più frequente nei furetti. L’insorgere dei segni clinici può variare fortemente da soggetto a soggetto; alcuni individui possono infatti presentare esordio acuto con episodi intermittenti di ipoglicemia, mentre altri presentare segni clinici ad esordio subacuto. Tra i segni di ipoglicemia si ricordano depressione, lo star-gazing, paresi dei posteriori, atassia e nausea. I furetti colpiti da insulinoma spesso diventano più letargici, dormono più spesso e più a lungo; se la condizione di ipoglicemia peggiora possono insorgere collassi fino ad episodi convulsivi. L’esame fisico diretto spesso non riporta nulla di significativo, escludendo la debolezza generalizzata del soggetto, atassia, collassi e una possibile perdita di peso. 13


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EXOTIC FILES La diagnosi solitamente si basa sulla storia clinica del soggetto, sugli esami clinici e su una ipoglicemia persistente. Il livello fisiologico di glucosio nel sangue del furetto è compreso nel range di 90 – 120 mg/dL; una glicemia inferiore a 90 mg/dL deve far sospettare la patologia, mentre un valore inferiore a 70 mg/dL è fortemente suggestivo di insulinoma. Un’altra causa di ipoglicemia è la persistente mancata assunzione di cibo; altre rare cause comprendono patologie epatiche, neoplasie, sepsi e il colpo di calore. È fondamentale sapere che i glucometri portatili ad uso umano (ad esempio Accu-chek Aviva) tendono a sottostimare significativamente (in media di 30 mg/dL) la glicemia del furetto (Petritz et al., 2013). Di conseguenza bisogna sempre avvalersi di uno strumento che utilizzi la metodica ad esochinasi per la misurazione della glicemia (ad esempio tutti gli strumenti laboratoristici di chimica liquida, ed il VetScan, Abaxis). Nel furetto con insulinoma le restanti voci dell’esame biochimico possono essere all’interno dei range fisiologici; un innalzamento dei valori degli enzimi epatici può essere riscontrato in corso di lipidosi epatica secondaria, o, molto meno frequentemente, di metastasi del tumore delle cellule beta al fegato. Altri siti in cui raramente si incontrano metastasi di insulinomi sono i polmoni. L’esame radiografico total-body difficilmente riporta qualche alterazione caratteristica. L’ecografia addominale con sonde a media-alta frequenza è fondamentale per verificare lo stato del pancreas. Da ricordare che i linfonodi gastrici sono spesso megalici. Episodi ipoglicemici di lieve-moderata entità possono essere trattati senza dover ricorrere all’ospedalizzazione semplicemente somministrando, qualora il furetto sia in grado di deglutire, del cibo a base di proteine animali altamente digeribili. Al contrario, il ricovero è consigliato in corso di gravi episodi ipoglicemici che non rispondo al trattamento orale o in cui l’animale abbia collassi o sindromi convulsive. In questi casi è infatti necessario somministrare una dose tra 0.25 e 0.50 mL di destrosio al 50% endovena lentamente in 10-15 minuti diluendo il destrosio 1:1 con della soluzione salina sterile. In caso di somministrazione di destrosio non diluito infatti le cellule beta del pancreas ancora funzionali potrebbero essere stimolate a produrre maggiori quantitativi di insulina portando quindi a un continuo circolo vizioso ipoglicemico; in questi casi quindi è consigliato somministrare desametasone sodio fosfato (0.1 mg/Kg per via endovenosa) per facilitare l’entrata di glucosio nelle cellule. A seconda della risposta dell’animale alla somministrazione del bolo intravenoso di destrosio, si può offrire al furetto dell’alimento ad alto contenuto proteico oppure mantenerlo sotto infusione continua endovenosa di destrosio al 2.5% o al 5%. È però importante che la fluidoterapia sia mantenuta in maniera costante in quanto, il continuo arresto e ripresa dell’infusione stimolano in maniera continuativa la secrezione di insulina peggiorando potenzialmente la prognosi e le condizioni del paziente. Qualora il paziente non risponda alla somministrazione di destrosio è consigliato somministrare midazolam

2 - 2014 (0.2 – 0.5 mg/Kg per via endovenosa) o di diazepam (1 – 2 mg per via endovenosa fino all’effetto desiderato) per far cessare le crisi. Qualora l’animale continui a soffrire a causa della persistente e grave ipoglicemia si può ricorrere alla somministrazione di desametasone (0.5 – 1.0 mg/Kg, bolo endovenoso somministrato lentamente in 6 ore, ripetendo il trattamento ogni 12-24 ore al bisogno). Anche se le recidive sono frequenti, la terapia chirurgica di rimozione delle cellule beta del pancreas è considerata la terapia d’elezione. L’educazione dei proprietari si dimostra cruciale per la gestione del furetto affetto da insulinoma; è necessario infatti che il proprietario riconosca i segni di ipoglicemia in modo da prevenire il collasso e gli eventuali episodi convulsivi. Fondamentale discernere le crisi ipoglicemiche da crisi tetaniche da ipocalcemia ionica. Infatti sono riportati casi di ipoparatiroidismo e pseudoipoparatiroidismo nel furetto nei quali si stabilizzavano i furetti con somministrazione endovenosa di calcio gluconato sotto controllo elettrocardiografico (Wilson et al., 2003; de Matos et al., 2014).

Sindrome del residuo ovarico I furetti sono animali ad ovulazione indotta e le femmine in estro permangono in calore fino al momento dell’accoppiamento o della stimolazione iatrogena all’ovulazione. La persistenza dell’estro e la conseguente elevata concentrazione ematica di estrogeni porta ad effetti importanti a livello di tessuto ematopoietico che risultano in una importante, e potenzialmente fatale, pancitopenia. Questa condizione in passato era estremamente comune, tuttavia, in seguito alle sterilizzazioni routinarie delle femmine Marshall è diventata un’evenienza molto meno comune. Poiché la sterilizzazione chirurgica preventiva è ad oggi sconsigliata (Shoemaker et al. 2000, vedi paragrafo successivo), la sindrome del residuo ovarico è sempre meno comune. La sindrome del residuo ovarico si riscontra tipicamente nelle femmine Marshall di età inferiore ai 2 anni in cui è stata accidentalmente lasciata una piccola porzione di ovaio in sede al momento della sterilizzazione chirurgica. Tra i segni clinici si ricordano letargia, debolezza, vulva edematosa e possibile scolo vulvare; negli stadi gravi della patologia si possono osservare emorragie, melena, petecchie ed ecchimosi secondarie a trombocitopenia e alopecia di origine endocrina. La diagnosi si basa sull’esame fisico diretto, esame emocromocitometrico e conta reticolocitaria; sono raccomandati anche l’esame ecografico addominale (Fig. 2) e l’esame citologico da aspirato di midollo osseo. Furetti che presentano una grave anemia devono essere posti sotto ossigeno e ossiglobulina per via endovenosa (11-15 mL/Kg in 4 ore) fino a quando non sia possibile effettuare una trasfusione di sangue intero. Il trattamento prevede la chirurgia esplorativa per rimuovere il residuo di tessuto ovarico. 14


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FIGURA 2 - Residuo ovarico in furetta di 2 anni con sintomatologia clinica da iperestrogenismo. Foto proprietà Ulrich Hans Zeyen.

Patologie delle ghiandole surrenali Le patologie delle ghiandole surrenali del furetto comprendono l’iperplasia e la neoplasia benigna o maligna; anche se sporadicamente, sono stati diagnosticati casi di ipercortisolismo (morbo di Cushing) e iperaldosteronismo. La malattia surrenalica nel furetto tipicamente esita nell’aumento degli ormoni sessuali (estrogeni, progestinici e androgeni), ma non dei glucocorticoidi. Questa condizione patologica è di frequente riscontro in furetti sterilizzati; studi hanno dimostrato come la causa principale della malattia surrenalica sia la gonadectomia e come il tempo medio di sviluppo della malattia dalla sterilizzazione sia di 3.5 anni. Il segno clinico più consistente è rappresentato da un’alopecia endocrina simmetrica a livello di dorso, che tipicamente inizia alla base della coda e prosegue lungo il rachide; approssimativamente circa un terzo dei furetti presenta anche un intenso prurito in questa zona. Circa il 75% delle femmine con patologie surrenaliche presenta edema vulvare; gli individui di sesso maschile presentano occasionalmente disuria o stranguria secondarie a prostatomegalia androgeno indotta. I furetti con patologie surrenaliche croniche mostrano una lieve-moderata anemia non rigenerativa estrogeno dipendente. L’esame

ultrasonografico rappresenta la metodica diagnostica d’elezione; lo spessore di una normale ghiandola surrenale è di circa 3 mm o inferiore a questo valore; la patologia è associata a cambiamento di forma e dimensioni della ghiandola, dalla classica forma a fagiolo fino ad assumere una forma rotondeggiante con un diametro maggiore di 3.5 mm. La diagnosi può essere anche supportata dagli esami ormonali messi a punto dall’Università del Tennessee che prevedono la misurazione dei livelli sierici di estradiolo, 17-idrossiprogesterone e androstenidione. I furetti affetti da malattia surrenalica andrebbero sempre trattati con GnRH-agonisti, come la Deslorelina acetato (Suprelorin, Virbac). Se l’aumento della ghiandola è monolaterale, la terapia d’elezione prevede la rimozione chirurgica della ghiandola interessata. Nel caso entrambe le ghiandole surrenali siano aumentate di volume il trattamento chirurgico è questionabile, e molti autori propendono per il solo trattamento medico.

Diabete I furetti, al pari degli altri carnivori domestici, possono essere presentati a visita in stato di grave iperglicemia e 15


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EXOTIC FILES di chetoacidosi diabetica. Il diabete mellito spontaneo è una condizione poco comune nel furetto. Il diabete mellito iatrogeno è più frequente come sequela del trattamento chirurgico dell’insulinoma. In un caso si è rivelata utile l’impego della insulina glargina (0.5 UI) ogni 12 ore (Hess, 2012).

CONDIZIONI D’EMERGENZA IN CONSEGUENZA DI PATOLOGIE DEL SISTEMA EMATOPOIETICO Linfoma Il linfoma, o linfosarcoma, è la terza patologia di origine neoplastica riscontrata più di frequente nel furetto. Le tipologie di neoplasia coinvolgenti i linfociti maturi e ben differenziati, insieme al linfoma linfocitico, sono tra le più frequenti ritrovabili nella pratica clinica nei furetti anziani; questa patologia affligge inizialmente i linfonodi, invadendo successivamente anche il parenchima. I furetti affetti da questa patologia possono essere presentati all’esame clinico per una letargia di tipo intermittente o cronico oppure per anoressia con conseguente perdita di peso. Il riscontro clinico più importante in corso di linfosarcoma o linfoma è una linfoadenopatia generalizzata in cui i linfonodi appaiano alla palpazione come asimmetrici e stabili. Nei furetti di età inferiore ai 2 anni si riscontra più facilmente il linfosarcoma linfoblastico in cui, qualora siano presenti masse a livello di mediastino craniale, spesso di può riscontrare versamento pleurico e dispnea. All’esame clinico diretto il torace si presenta come non comprimibile e né murmuri cardiaci né aritmie sono auscultabili. Anche se raramente riscontrate, metastasi polmonari possono essere riscontrate in corso di linfosarcoma linfocitico o linfoblastico. La diagnosi si basa sulla valutazione citologica o istologica dei linfonodi o del versamento pleurico. Il linfoma splenico nei furetti è evenienza poco frequente e spesso un aspirato di questo organo può rilevare solamente una ematopoiesi extramidollare. La conta dei globuli bianchi spesso è aspecifica, mentre la conta dei linfociti può risultare fortemente elevata. I protocolli chemioterapici utilizzati nel furetto sono gli stessi utilizzati nella pratica clinica del cane e del gatto; questi animali sono in grado di tollerare bene la chemioterapia anche se in letteratura la remissione della neoplasia è riportata solo nel 10% dei casi. Una terapia alternativa è costituita da prednisone (2.2 mg/Kg per via orale ogni 24 ore) che può ridurre la crescita tumorale per diversi mesi.

Anemia Dopo aver confermato la presenza di una condizione di anemia è necessario valutare anche la presenza di microcitosi o policromasia, gli indici eritrocitari quali il volume corpuscolare medio (MCV) e la concentrazione media di emoglobina corpuscolare (MCHC) ed effettuare una conta reticolocitaria. In corso di anemia rigenerativa si può osservare microcitosi ed un’elevata conta di reticolociti, mentre un’anemia di tipo non regenerativo

2 - 2014 è associata a globuli rossi normocitici e normocromici. L’anemia rigenerativa nel furetto è di frequente causata da emorragie gastrointestinali secondarie a gastrite da Helicobacter. L’anemia emolitica immuno-mediata non è stata invece descritta in questi animali. La causa principale di anemia non-rigenerativa risiede nelle patologie croniche delle surrenali. Anche se non frequente, la principale causa di pancitopenia è la presenza di tossicità estrogeno-dipendente in corso di sindrome del tessuto ovarico residuo. Anche un’infiltrazione neoplastica del midollo osseo in corso di linfoma può essere un’altra causa potenziale di pancitopenia.

Trombocitopenia La trombocitopenia primaria immuno-mediata non è mai stata riportata nel furetto; tuttavia sono stati descritti casi di pancitopenia estrogeno-indotta.

Coagulopatie Le coaugulopatie sono riportate con frequenza molto bassa in questa specie, probabilmente a causa della scarsa disponibilità di parametri a cui fare riferimento. Coagulopatie secondarie a ingestione di rodenticidi a base di warfarin sono invece riportate in letteratura e andrebbero gestite in maniera non dissimile rispetto alla medicina dei carnivori domestici.

CONDIZIONI D’EMERGENZA IN CORSO DI DISORDINI INTRATORACICI Patologie cardiovascolari Come primo sospetto clinico in furetti condotti a visita d’emergenza per una alterazione nella respirazione si devono tenere in considerazione le patologie cardiache. Esse sono frequentemente riscontrate in furetti di tutte le età, più comuni sono le patologie a carico delle valvole cardiache. In letteratura sono descritte un esiguo numero di patologie congenite cardiache, che esitano in sintomatologia solamente ad età avanzata. Il primo approccio solitamente consiste nell’esecuzione di una radiografia toracica. Si può impiegare un apposito sistema VHS per la misurazione del cuore in comparazione alla dimensione vertebrale. Frequentissima la presenza di versamento pleurico, sia in patologie del cuore sinistro che del cuore destro. In tal caso è necessario aspirare il liquido preferibilmente evitando la sedazione per i rischi anestesiologici. Gli autori hanno avuto successo con l’applicazione di crema anestetica topica a base di lidocaina 2.5% + prilocaina 2.5% (EMLA, Astrazeneca) nel punto di accesso dell’ago a farfalla per la toracentesi. Grandi quantità (30-50 ml) di fluido possono essere aspirate durante la toracentesi. Una volta eseguita la toracentesi bisogna ripetere i radiogrammi per verificare la presenza di edema polmonare. Nel caso in cui sia presente l’edema va trattato con 16


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FIGURA 3 - Elettrocardiogramma furetto, maschio, 5 anni blocco atrioventricolare di terzo grado. Proprietà di Nicola Di Girolamo.

una terapia aggressiva a base di furosemide (4 mg/kg) e l’ecocardiografia deve essere eseguita quanto prima. In seguito alla stabilizzazione del paziente, ed a seconda della diagnosi, si manterrà un dosaggio di furosemide intorno ai 1-2 mg/kg/giorno in un paio di somministrazioni e eventualmente pimobendan, ACE-inibitori e digossina, quando necessario. La diagnosi ecocardiografica è necessaria per una corretta gestione a lungo termine di questi casi. Speciale attenzione va rivolta alle anomalie del ritmo cardiaco, essendo i blocchi atrio-ventricolari di terzo grado particolarmente frequenti nel furetto ed associati ad una frequenza cardiaca di circa 70 battiti per minuto (normalità: 180-280 bpm). L’elettrocardiogramma è diagnostico (Fig. 3).

Virus dell’influenza umana Diversi ceppi del virus dell’influenza umana possono contagiare il furetto con trasmissione dalle persone agli animali, dagli animali alle persone o da furetto a furetto. I sintomi clinici sono riscontrabili entro 48 ore dopo l’esposizione, per cui è sempre necessario chiedere ai proprietari se vi sono stati recentemente dei casi di influenza in casa. I segni clinici sono propriamente specifici del tratto respiratorio superiore, tra i quali, scolo nasale, starnuti, congestione, febbre, e importante letargia e anoressia. Il coinvolgimento delle vie aeree inferiori è molto meno comune e solitamente è riscontrabile in corso di infezioni batteriche secondarie. I furetti affetti dal virus dell’influenza spesso vengono presentati a visita molto abbattuti e la durata dei sintomi clinici varia dai 7 ai 14 giorni. La terapia prevede intensive cure di supporto (alimentazione forzata e fluidoterapia) e la somministrazione di antistaminici (quali la

difenidramina, 2-4 mg/Kg per via orale ogni 8-12 ore) per allievare la congestione.

Polmonite batterica Casi di polmonite batterica primaria sono considerati molto rari nel furetto. Come già sottolineato, infezioni batteriche secondarie possono essere riscontrate in corso di influenza.

Masse mediastiniche anteriori La presenza di masse mediastiniche craniali per esempio in caso di linfosarcoma è tipicamente associata a versamento pleurico e dispnea, in particolar modo nei furetti di giovane età. La diagnosi definitiva si ha per mezzo di un esame ultrasonografico o tomografico con agoaspirato della massa, laparoscopia o biopsia chirurgica della stessa.

Virus del cimurro canino I furetti sono particolarmente sensibili al virus del cimurro canino (CDV, canine distemper virus in inglese); anche se l’incidenza non è particolarmente elevata nei furetti domestici, la patologia deve essere tenuta in considerazione in soggetti non vaccinati che presentino sintomi clinici riconducibili a questa. I segni clinici includono febbre, anoressia, scolo oculo-nasale, tosse, ipercheratosi dei cuscinetti e rash cutaneo a livello di labbra e mento (Fig. 4). Il vomito e la diarrea sono raramente riscontrati nei furetti affetti da CDV. Il tasso di mortalità è intorno al 100%, anche se in letteratura sono descritti casi di furetti sopravvissuti all’infezione trattati con siero iperimmune. 17


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FIGURA 4 - Furetto giovane, 3 mesi, maschio affetto da cimurro. Si può notare l’ipercheratosi che coinvolge gli arti (in particolare i cuscinetti) ed il muso. Foto proprietà di Nicola Di Girolamo.

ALTRE CONDIZIONI RESPONSABILI DI PRESENTAZIONE D’EMERGENZA Patologie urogenitali La più importante causa di disordini del tratto urogenitale nel furetto maschio è la prostatomegalia secondaria a patologie surrenaliche. Anche i calcoli da struvite in passato risultavano essere un’importante problematica, ma in seguito all’introduzione di diete commerciali specifiche per questa specie l’incidenza è diminuita; i calcoli erano frequente riscontro in furetti alimentati con diete a base di proteine vegetali che stimolavano la formazione di urine alcaline e la conseguente precipitazione di fosfato ammonio di magnesio (o cristallo di struvite). Ad oggi la causa principale di ostruzione uretrale è causata da un aumento dei livelli ematici di androgeni conseguentemente a patologie surrenaliche che porta quindi a metaplasia squamosa dell’epitelio ghiandolare prostatico e la formazione di cisti prostatiche a parete spessa. In alcuni casi queste cisti possono andare incontro a infezione. I segni clinici includono pollachiuria, stranguria o disuria; i furetti sono presentati in visita con stato del sensorio depresso, deboli o molto doloranti e in alcuni casi, questi segnali aspecifici di malattia possono essere osservati anche in assenza di disuria. La diagnosi si basa sul segnalamento, storia clinica e ed esame fisico diretto; durante quest’ultimo infatti, in cor-

so di ostruzione uretrale il clinico dovrebbe essere in grado di palpare la vescica del furetto che risulterà fortemente distesa. Nel caso sopra descritto la cateterizzazione urinaria si presenta come una procedura da eseguire con emergenza; in caso non sia possibile effettuarla si può ricorrere ad una cistotomia percutanea per permettere la fuoriuscita di urina fino al momento in cui non possa essere portato a termine un trattamento di tipo definitivo. Il posizionamento del tubo da cistostomia temporaneo può essere effettuato come avviene nel cane e nel gatto e può rimanere in sede per un tempo compreso tra 1 e 3 giorni con l’animale in sedazione continua, ma è una procedura sconsigliata dagli autori. Durante il posizionamento del catetere urinario sotto anestesia è importante monitorare l’elettrocardiogramma per evidenziare possibili segni di iperkaliemia, quali la perdita dell’onda P, aumento dell’ampiezza del complesso QRS, onde T più acute e un ridotto intervallo QY. In generale la cateterizzazione riesce nel maschio sedato con la giusta calma. Il catetere può essere rimosso, successivamente a terapia medica o chirurgica, solamente dopo che il furetto sia in grado di urinare autonomamente. In questi casi si deve trattare l’aumento degli ormoni sessuali, garantendo però la minzione. In alcuni casi può essere necessaria la uretrostomia, tecnica chirurgica facilmente eseguibile se il catetere urinario è in sede. La ferita può essere lasciata guarire per seconda intenzione. 18


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EXOTIC FILES Un trattamento medico in corso di iperkaliemia può essere necessario qualora sia presente un’aritmia in associazione con una povera perfusione vascolare e sintomi neurologici; in questo caso è necessario somministrare calcio gluconato (50-100 mg/Kg lentamente per via intravenosa) monitorando costantemente l’ECG, oppure somministrare insulina (0.2 UI/Kg per via endovenosa) seguita da glucosio (1-2 g per via endovenosa per ogni unità di insulina somministrata) in modo da prevenire una condizione di ipoglicemia. Importante è anche prelevare una campione di urine ed effettuare analisi, urinocoltura e antibiogramma ed un campione di sangue per valutare la conta dei globuli rossi, e per valutare i parametri biochimici (in particolar modo il BUN, la creatinina, gli elettroliti, la glicemia, il PCV e le proteine totali). L’iperkaliemia e l’acidosi metabolica sono riscontrate frequentemente in corso di ostruzione uretrale (2). All’esame radiografico è utile valutare l’intero tratto urinario per evidenziare la presenza di uroliti radiopachi; una prostatomegalia può apparire con un’area radiopaca dorsalmente alla vescica che sposta quest’ultima più ventralmente verso la parte più ventrale dell’addome. L’esame ultrasonografico può rivelarsi utile per identificare le cisti prostastiche o i calcoli da struvite.

Traumi Le ferite traumatiche sono evenienze molto comuni nei furetti, in particolar modo a causa della loro indole curiosa e della loro predisposizione a scavare. Questi animali possono anche di frequente scontrarsi con altri animali domestici portando anche a gravi lacerazioni cutanee. Come conseguenza di traumi si possono instaurare alcune condizioni che altrimenti non sarebbero riscontrate con grande frequenza nel furetto quali il pneumotorace e le fratture ossee, soprattutto a carico dello scheletro appendicolare. Il trattamento in corso di fratture ossee e di altre ferite traumatiche è lo stesso prescelto in corso di emergenze nei gattini (2).

Reazioni vaccinali Vi sono diverse documentazioni aneddotiche di reazioni vaccinali nei furetti che si presentano solitamente entro 30 minuti dal momento dell’iniezione e sono molto più frequenti qualora vengano somministrai più vaccini al medesimo tempo. I segni clinici riscontrati sono vomito e rigurgito, diarrea, febbre e irritazione rossastra e pruriginosa della cute nel punto di somministrazione del vaccino. La somministrazione di difenidrammina e la fluidoterapia sono solitamente sufficienti per ristabilire una condizione di normalità nel paziente. Talora possono essere anche utilizzati epinefrina e corticosteroidi.

2 - 2014 lentemente i giovani furetti, anche se è stato descritto in letteratura un caso di miofascite idiopatica anche in un furetto di media età. Tra i segni clinici si riscontrano febbre elevata, letargia, anoressia, paresi dei posteriori e atassia, dolore al movimento e feci anormali. All’esame biochimico si può rilevare leucocitosi con neutrofilia matura, anemia non rigenerativa di entità medio-moderata, innalzamento dell’ALT, iperglicemia e ipoalbuminemia. Anche se in passato è stato tentato un approccio farmacologico molto ampio, comprendente sia antibiotici, agenti antifiammatori non steroidei, glucocorticoidi, analgesici, interferone e ciclofosfammide tutti i furetti affetti da miofascite idiopatica sono deceduti durante il trattamento.

Colpo di calore A causa della conformazione lunga e sottile del loro corpo e dell’assenza di ghiandole sudoripare i furetti sono animali molto suscettibili alle alte temperature. Possono infatti andare incontro al colpo di calore qualora le temperature ambientali superino i 27 °C e anche l’umidità si presenti molto elevata. Il primo segno riscontrabile di insofferenza è la respirazione a bocca aperta e la postura prona dell’animale; spesso il furetto è anche particolarmente letargico e i cuscinetti palmari e plantari insieme alle mucose esplorabili possono essere di colore rosso brillante. Possono essere presenti anche nausea, diarrea e vomito, a volte anche con sangue, tachicardia, aritmie e tachipnea, ma non necessariamente un’elevata temperatura corporea. Segni più gravi riscontrabili in corso di colpo di calore includono anche segni di disfunzione del sistema nervoso centrale quali opistotono, pupille fisse e dilatate, attività convulsiva, collasso fino al coma, ma anche segni di coagulazione intravasale disseminata quali porpora emorragica, emorragie congiuntivali, melena, diarrea sanguinolenta, emottisi e ematuria. L’esame chimico del sangue può mettere in evidenza patologie coagulative e emoconcentrazione, mentre disordini biochimici possono essere presenti in corso di danno d’organo. Innalzamenti di creatina chinasi (CK), aspartato aminotransferasi (AST) e ALT sono tra i reperti più riscontrati insieme a azotemia e iperkaliemia. L’analisi delle urine può rilevare proteinuria, ematuria, mioglobinuria o cilindri granulari. È necessario raffreddare il paziente il prima possibile, utilizzando, ad esempio, guanti in lattice riempiti di acqua a temperatura ambiente, non troppo fredda, fino a quando la temperatura corporea non rientri nei range di normalità della specie. Impostare subito un’aggressiva fluidoterapia intravenosa per re-idratare e mantenere la pressione sanguigna del furetto e per prevenire la coagulazione intravasale disseminata e l’insufficienza renale.

Patologie oculari Miofascite idiopatica La miofascite idiopatica o polimiopatia infiammatoria spontanea del furetto è stata riconosciuta per la prima volta nel 2003. La causa primaria di questa patologia non è stata identificata, anche se, tuttavia, si ritiene che possa essere di natura immuno-mediata. Colpisce preva-

Raramente i furetti sono condotti a visita per emergenze relative a oculopatie. Batteri delle specie Staphylococcus e Corynebacterium vengono normalmente isolati dalla congiuntiva di furetti adulti sani. In furetti con buftalmo è sempre necessario misurare la pressione intraoculare per escludere la presenza di glaucoma. La pressio19


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EXOTIC FILES ne intraoculare dei furetti sani dovrebbe essere intorno ai 13-18 mmHg se misurata con TonoPen e di 13-15 mmHg se misurata con TonoVet (Di Girolamo et al., 2013). Le cause di esoftalmo riportate nel furetto sono masse retrorbitali (linfomi ed ascessi odontogenici). Il trattamento dell’esoftalmo o del buftalmo deve essere chiaramente atto a rimuovere la causa sottostante.

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Emergenza in medicina aviare: cosa fare e cosa non fare Tommaso Collarile

Alessandro Montani

Med. Vet., Clinica per Animali Esotici (Roma)

Med. Vet., Clinica per Animali Esotici (Roma)

La maggior parte degli uccelli, spesso, non mostra segni di malattia nelle prime fasi. Grazie alla loro abilità nel mascherare i sintomi clinici vengono frequentemente presentati a visita solo quando la condizione patologica risulta essere diventata particolarmente grave. Non è quindi inusuale nella pratica clinica quotidiana, trovarsi a gestire una situazione di emergenza. Per definire un caso clinico “emergenza” bisogna introdurre il concetto di esito, cioè quelle modificazioni delle condizioni di salute del paziente conseguenti agli interventi sanitari apportati dal medico curante. In caso di compromissione dei parametri vitali, l’esito del nostro lavoro sarà volto a salvare la vita dell’individuo, all’effettuazione quindi di interventi immediati mirati alla sopravvivenza del soggetto. Il “Cosa fare” e “cosa non fare” non è casuale; in determinate presentazioni cliniche è corretto non fare, o meglio, non fare subito. Un errore frequente è quello di manipolare troppo l’animale e perdere il paziente per lo stress causatogli. Spesso il paziente giunge a noi in una fase delicatissima, un fragile equilibrio tra la vita e la morte. Un esempio esplicativo di ciò che intendiamo per “non fare” è la classica situazione in cui un piccolo passeriforme, in seguito a manipolazioni anche limitate magari durante la visita, precipita in uno stato shock. In questi casi risulta più utile riporre velocemente il soggetto sul fondo della gabbia, coprendola con un panno per ridurre il più possibile gli stimoli esterni ed ignorare totalmente il paziente. Nella nostra esperienza questo approccio da migliori risultati rispetto all’ostinazione di voler effettuare immediatamente le procedure salva vita. Questo breve articolo non ha lo scopo di indicare farmaci e dosaggi terapeutici facilmente reperibili sulla bibliografia del settore, ma evidenziare tutta una serie di accorgimenti e azioni che possono risultare vincenti nei casi di estrema criticità. È importante effettuare un corretto triage in modo da valutare l’effettiva gravità del caso. Un’emorragia anche importante legata alla frattura del calamo di una penna in crescita, può apparire allarmante a giudizio del proprietario, a differenza di altri casi di gravità maggiore non valutati tali dal cliente fino al momento dello scompenso da parte del paziente. Nella pratica clinica il veterinario aviare si troverà spesso a dover affrontare i casi clinici d’emergenza più vari e diversificati: dal canarino (Serinus canaria) letargico sul fondo della gabbia, al pappagallo cenerino (Psittacus erithacus) in preda a dispnea acuta.

FIGURA 1 - Un soggetto di Canarino, abbattuto, sul fondo della gabbia, poco reattivo. Il gonfiore al di sotto dell’occhio è compatibile con una sinusite.

FIGURA 2 - Il Pappagallo del Senegal (Poicephalus senegalus) in foto, è stato portato in clinica nelle seguenti condizioni: abbattuto, arruffato, poco reattivo e debole. Inoltre, (non visibile in foto), le mucose orali indicavano grave anemia. Il caso è stato gestito come emergenza. 21


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EXOTIC FILES Come procedere: 1) Con il paziente sul tavolo da visita (in gabbia o trasportino) un primo accorgimento è quello di dissuadere il proprietario dall’afferrare o stimolare l’animale. Spesso i proprietari tendono a volerci mostrare comportamenti insoliti o la mancanza di reattività del soggetto prendendolo e stimolandolo. Una volta intuita la gravità delle condizioni cliniche bisogna raccogliere celermente le informazioni di base che ci permettono di inquadrare la situazione. 2) In molti casi è conveniente ricoverare il paziente in un’incubatrice al caldo, eventualmente con l’apporto di ossigeno prima ancora di raccogliere segnalamento e anamnesi. In seguito, parlare accuratamente con il proprietario per ottenere più informazioni possibili e cercando di distinguere se si tratta di processo acuto, cronico o una riacutizzazione di un processo cronico. 3) Sviluppare un protocollo diagnostico ed interventistico variabile in base alla situazione e alla risposta dell’animale alle varie fasi. 4) Una vera e propria visita clinica può essere eseguita solo quando le condizioni generali del soggetto saranno più stabili. Bisogna accorpare le varie procedure in modo da poterle eseguire velocemente riducendo la manipolazione al minimo. Nei casi più critici, senza sollevare l’animale, con una leggera palpazione dei muscoli pettorali e dell’addome, si possono ottenere delle preziose indicazioni sullo stato di nutrizione (il che ci orienta su una patologia acuta o cronica) e sulla presenza di rigonfiamento addominale (può indicare patologie dell’apparato riproduttore, digerente, versamenti, masse intracelomatiche, lipomi ecc.). Teniamo a sottolineare però che limitare le manipolazioni non giustifica quelle visite effettuate “a vista” improvvisate da veterinari che non si occupano del settore e non hanno familiarità con la contenzione dei pazienti. 5) Una volta raccolta un’accurata anamnesi recente e remota, bisogna stilare una lista di diagnosi differenziali possibili in base ai sintomi e ai rilievi clinici che abbiamo riscontrato. Tra le problematiche che si presentano con maggiore frequenza abbiamo: affezioni di natura infettiva respiratorie e gastroenteriche presentate in fase acuta o di riacutizzazione, fasi di scompenso di affezioni croniche, patologie legate a problemi di ovodeposizione e celomiti, affezioni acute causate dall’inalazione di fumi tossici, tossinfezioni alimentari, ingestione di metalli e traumi. 6) In alcuni casi può essere utile effettuare una rapida radiografia anche senza un corretto posizionamento del soggetto. Questo ci permette celermente e senza causare stress, di valutare la presenza di elementi fortemente radiodensi come uova ritenute o corpi metallici a livello di ventricolo. Possiamo così iniziare tempestivamente una terapia mirata, prima ancora di svolgere gli altri step diagnostici. 7) Dopo una prima fase d’inquadramento del problema, uno degli interventi di prioritaria importanza è la fluido terapia. La valutazione dello stato di idratazione si basa sui rilievi clinici, anamnestici e sul valore di ematocrito. Non potendo disporre in questa fase di dati laboratoristici iniziamo a somministrare fluidi in ragione del 5% del peso corporeo. La fluidoterapia

2 - 2014 può essere eseguita per via sottocutanea sul dorso piuttosto che a livello di plica della grassella quando sollevare il soggetto risulta rischioso. Utilizziamo soluzione fisiologica o ringer lattato con l’aggiunta di multivitaminici e glucosio. L’eventuale somministrazione di fluidi per via intravenosa o intraossea è corretto eseguirla in un secondo momento anche perché è necessario porre l’animale in anestesia per la cateterizzazione. A meno che non decidiamo di effettuare una somministrazione in bolo lento attraverso la vena giugulare destra. La scelta della via intraossea piuttosto che intravenosa è legata soprattutto alla possibilità di una più semplice gestione del catetere in situ con l’animale sveglio. Tuttavia in alcuni casi nei volatili di media e grande taglia, abbiamo utilizzato con successo l’incannulazione della vena ulnare superficiale. In questi casi per mantenere la cannula in situ si può utilizzare una goccia di colla cianoacrilica e cerotto leucoplast effettuando poi con del vetrap un bendaggio dell’ala con l’interposizione sulla faccia mediale di uno spessore costituito da garze ripiegate in modo da evitare l’occlusione del vaso dovuto alla flessione dell’arto. In corso di stress respiratorio acuto, alcune condizioni di emergenza sono effettivamente legate a patologie respiratorie, ma non bisogna escludere che patologie importanti di pertinenza della cavità celomatica (ritenzione di uova, celomiti, ascite, organomegalia o neoformazioni) possano comprimere in maniera importante l’apparato respiratorio. In corso di grave accumulo di liquidi nei distretti celomatici può essere più utile procedere all’aspirazione degli stessi per via eco guidata, diminuendo così la pressione sul distretto respiratorio. Tale procedura può avere oltre ai fini terapeutici di emergenza anche quelli diagnostici attraverso l’analisi del versamento prelevato. Tra le problematiche respiratorie più frequenti che causano dispnea acuta negli uccelli ricordiamo l’in-

FIGURA 3 - Falco astore (Accipiter gentilis). Immagine endoscopica di una placca micotica, causa di gravissima dispnea acuta. 22


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EXOTIC FILES tossicazione da teflon (polifluorotetraetilene) che spesso risulta essere letale a causa della repentina formazione di un importante congestione (edema) polmonare. In questi casi diamo priorità all’ossigenoterapia con eventuale somministrazione di cortisonici. Frequente soprattutto nel pappagallo cenerino e nei falconiformi, la dispnea acuta da ostruzione tracheale dovuta a granulomi aspergillari. Sintomatologia simile si può riscontrare, anche se più rara, nei casi di aspirazione di corpi estranei (es. seme di miglio) in trachea, in piccoli psittaciformi come calopsiti (Nymphicus hollandicus) e pappagallini ondulati (Melopsittacus undulatus). In questi casi ci sono le indicazioni per l’intubazione del sacco aereo toracico caudale. L’applicazione del tubo nel sacco aereo è una grande opportunità terapeutica di emergenza, legata soprattutto alla peculiare anatomia dell’apparato respiratorio degli uccelli, giustificata e necessaria quando l’ostruzione interessa le vie respiratorie cranialmente al siringe. Una comoda finestra anatomica utilizzabile per l’intubazione è la stessa che viene utilizzata di routine in corso di celioscopia dei sacchi aerei toracici. Ideale sarebbe avere un kit sterile comprensivo di tubo sempre pronto per l’evenienza. È importante in questi casi eseguire questa procedura in maniera molto rapida. Nonostante le condizioni del paziente siano ad alto rischio, bisogna tener conto che appena l’animale si rilassa per effetto del-

2 - 2014 l’anestesia, il più delle volte migliora la ventilazione; inoltre la repentina intubazione del sacco aereo ci consente di ventilarlo attivamente. Data la non semplice reperibilità di cateteri dedicati, è possibile utilizzare dei normali tracheotubi di dimensioni variabili in base alla taglia del soggetto opportunamente accorciati e adattati allo scopo. Se non abbiamo sufficiente esperienza nell’intubazione del sacco aereo, è possibile utilizzare come ausilio l’endoscopio. Soltanto in una seconda fase, a paziente stabilizzato, possiamo procedere ad effettuare altri test diagnostici come una radiografia in duplice proiezione, esami sul sangue, ecografia, endoscopia esplorativa o altri test diagnostici. Secondo la nostra esperienza, la sequenza e la tempistica delle varie azioni devono essere valutate da caso a caso sulla base della sensibilità clinica del medico curante e all’esperienza maturata nel tempo. Ogni caso è diverso e ogni soggetto può reagire diversamente alle azioni del medico. Per questo, a nostro avviso, un protocollo standard come previsto in medicina umana o in medicina veterinaria convenzionale, trova scarsa applicabilità nei nostri animali. Tuttavia il veterinario aviare che si confronta con un’emergenza clinica, deve avere chiari i protocolli terapeutici, conoscere il più ampio range di possibili diagnosi differenziali e le più comuni pratiche cliniche di primo intervento.

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Medicina d’emergenza e terapia intensiva nei rettili

Petra Schnitzer Med. Vet., Veterinari Montevecchia

INTRODUZIONE I rettili che vengono portati nei nostri ambulatori o cliniche, sono spesso in condizioni critiche. I sintomi con cui vengono presentati alla visita spesso risalgono a settimane o mesi, e quasi sempre vengono male interpretati dai proprietari, che non li riconoscono come tali. Pertanto, il più delle volte le emergenze in questo taxa, non sono vere e proprie urgenze ma piuttosto riacutizzazioni di malattie croniche non riconosciute, e dovute spesso a una scorretta gestione. In questi casi il nostro intervento, può essere molto impegnativo e frustrante. Vere emergenze che si osservano spesso nei rettili, sono di origine traumatica, ad esempio aggressioni da parte di una preda viva rifiutata dall’animale o da parte di un compagno di terrario o predazione da animali domestici, o ancora incidenti domestici come i traumi al carapace nelle tartarughe causati dalle falciatrici. Spesso questi casi necessitano di ricovero, pertanto nel caso sia in arrivo un’emergenza è essenziale conoscere la specie, per preparare l’ambiente (ad es. una camera calda) con temperatura e umidità ideali (POTZ: Preferred Optimal Temperature Zone). In genere, una temperatura adeguata per i rettili è compresa fra 25-29 C°. I rettili sono ectotermi, il loro metabolismo è strettamente legato alla temperatura ambientale, pertanto la farmacocinetica delle sostanze utilizzate sarà adeguata solo se la temperatura corporea del paziente è adeguata. Nella valutazione della prognosi e della gravità dello stato clinico dell’animale va considerato che i rettili, oltre al metabolismo aerobico, hanno anche la possibilità di utilizzare il metabolismo anaerobico; per questo, in alcuni casi, in particolare nei cheloni, se non si osservano movimenti respiratori l’animale può comunque essere vivo. In maniera analoga, anche il battito cardiaco nei rettili non è indicativo del fatto che l’animale sia vivo o morto. Per questo, anche se il rettile arriva apparentemente “morto”, vale sempre la pena tentare una rianimazione, finché la morte non sia accertata con mezzi più obiettivi.

possibile dopo aver stabilizzato l’animale in un ambiente adeguato (temperatura e umidità) per la sua specie. In caso di presentazione in emergenza la visita può essere frazionata, nel senso che ai primi segni di stress, viene interrotta, per essere completata in un secondo tempo. I parametri principali da valutare in queste situazioni sono la stabilità cardiovascolare, la respirazione, lo stato mentale, la presenza di eventuali traumi ed emorragie.

FIGURA 1 - Glottide in un serpente.

VISITA E DIAGNOSTICA NEI RETTILI Visita clinica La raccolta di un’anamnesi accurata è probabilmente la parte più importante della visita di questi pazienti; la visita clinica vera e propria dovrebbe essere eseguita se

FIGURA 2 - Tartaruga guance gialle (Trachemys scripta) intubata. 24


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EXOTIC FILES Nel caso in cui l’animale non sia stabile, la visita deve essere interrotta e, se necessario, si deve eseguire una rianimazione cardiopolmonare-cerebrale. In questo caso viene applicato il principio ABC (Airway, Breathing, Circulation). Aprendo la bocca dei rettili la glottide è ben visibile alla base della lingua (Fig. 1). Se le vie respiratorie sono libere, e l’animale non respira lo si deve intubare per esegui-

2 - 2014 re la ventilazione. La circolazione può essere controllata palpando, o auscultando il battito cardiaco sia con un fonendoscopio, sia con un sistema Doppler, appoggiando la sonda sul cuore. Nelle tartarughe si consiglia di appoggiare la sonda del Doppler nella fossa pre-omerale (Fig. 5), orientata verso il cuore ed ai vasi principali. Negli squamati si può appoggiare la sonda direttamente alla proiezione cardiaca, che nei serpenti si trova all’incirca ad una distanza del 20% della lunghezza rostro-cloaca e nei sauri giusto al di sotto del cinto scapolare. Nel caso di un trauma aperto, la ferita deve essere pulita e devono essere controllate eventuali emorragie in atto.

Monitoraggio

FIGURA 3 - Serpente intubato.

Il battito cardiaco può essere ascoltato mediante una sonda Doppler applicata sulla faccia ventrale della coda nei sauri o orientata verso il cuore negli squamati e nelle tartarughe. Nel caso di un animale intubato, la capnografia potrebbe essere un ottimo strumento per il monitoraggio del respiro; nei rettili però non esistono ancora valori di riferimento precisi per interpretare pCO2 e pO2, soprattutto a causa della presenza di shunt intracardiaci, e alla capacità dei rettili di passare dal metabolismo aerobico a quello anaerobico. Anche la pressione del sangue nei rettili, può dare indicazioni circa la situazione del circolo cardiovascolare; è sempre importante considerare la temperatura per una valutazione adeguata, infatti, la pressione può variare parecchio in un animale ipotermico. L’elettrocardiogramma invece, è più usato come metodo per monitorare il battito cardiaco, che non per la valutazione della funzionalità cardiaca.

Procedure FIGURA 4 - Emangiosarcoma in un drago barbuto (Pogona vitticeps).

Per una diagnosi accurata, può essere importante eseguire un prelievo ematico. Nelle diverse specie, si utilizzano diversi siti anatomici per il prelievo. I siti più comunemente utilizzati per la semplicità, velocità della procedura e minor stress per l’animale sono rispettivamente: • Nei serpenti la vena coccigea o la cardiocentesi.

FIGURA 5 - Posizionamento della sonda del Doppler o per l’ecografia (BSAVA Manual of Exotic Pet).

FIGURA 6 - Prelievo dalla vena coccigea in iguana verde (Foto Dott.ssa Linda Timossi). 25


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• Nelle tartarughe il seno subcarapaciale • Nei sauri il prelievo dalla vena coccigea ventrale (Figg. 6-7); da eseguire delicatamente nelle specie che hanno capacità di autotomia I difetti maggiori per quanto riguarda il prelievo dalla vena coccigea e dal plesso sub carapaciale sono la possibilità di inquinamento del campione con fluido linfatico, e la

possibilità di lesioni neurologiche periferiche con paresi agli arti durante il prelievo dal plesso subcarapaciale. Altri siti di prelievo possibili sono elencati nella Tabella 1. Come norma generale, nei rettili si può tranquillamente prelevare un totale da 4% - 8% del volume ematico totale, che corrisponde all’incirca a 0,4% e 0,8% del peso corporeo.

Tabella 1 Specie

Sito

Commenti

Serpenti

Cardio-centesi

Il cuore viene localizzato all’incirca tra il primo ed il secondo terzo e bloccato con le dita per eseguire il prelievo

Vena coccigea ventrale

L’ago viene inserito a livello di linea mediana sulla faccia ventrale della coda

Vena giugulare

Per un prelievo dalla giugulare è necessario mettere in anestesia l’animale. La vena si identifica dopo un incisione nella cute

Vena del palato-pterigoide

Solo nei grossi animali, pericoloso

Vena giugulare

Lungo il collo, visibile in alcuni soggetti

Vena coccigea dorsale

Solo piccoli volumi prelevabili, contaminazione linfatica probabile

Cardio centesi

Non molto praticato

Seno occipitale

Caudalmente al processo occipitale

Seno subcarapaciale

Facile accesso, però facilmente contaminato con fluidi linfatici

Vena coggigea ventrale

L’ago viene inserito a livello di linea mediana sulla faccia ventrale della coda

Vena addominale ventrale

Ventrale, in alcuni specie visibile attraverso la cute, raccomandabile eseguire in anestesia

Vena giugulare

Lungo il collo, visibile in alcuni soggetti

Vena cefalica

È necessario mettere l’animale in anestesia; incisione della cute

Tartarughe

Sauri

FIGURA 7 - Esecuzione di prelievo dalla vena coccigea in un sauro (Iguana iguana) quando non si dispone di aiuto per il contenimento (Dr. Alessandro Bellese). 26


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Diagnostica L’ematocrito, le proteine ed eventualmente una conta stimata dei globuli bianchi, prevedono un minimo database per la diagnosi. Se è possibile prelevare quantità di sangue maggiori sarebbe opportuno eseguire un esame biochimico. Alcune macchine, come il Vetscan® di Abaxis, con una piccola quantità di sangue, o plasma, (0,10,2 ml) riescono a determinare i valori ematologici più importanti (glucosio, proteine totali, acido urico, calcio, fosforo, ALP, ALT, AST e CK). Il lattato misurato nel sangue può dare un’indicazione della perfusione; i rettili producono lattato durante il metabolismo anaerobico e nello shock. Uno studio radiologico o un’ecografia possono dare utili indicazioni diagnostiche, ma sono da effettuare solamente in pazienti stabili, o quando il sospetto diagnostico è da verificare per risolvere un’emergenza (per esempio un’ostruzione tracheale). Oltre alle classiche proiezioni DV e LL, le radiografie nelle tartarughe devono includere anche una proiezione cranio – caudale per un’adeguata visualizzazione dei polmoni. Le lastre dei rettili devono essere valutate per le principali malattie del gruppo tassonomico di appartenenza. Per esempio la densità delle ossa va valutata soprattutto nelle tartarughe e nei sauri per l’eventuale presenza di malattia ossea metabolica; corpi estranei, come costipazione da ingestione di sabbia nei sauri con scorretta gestione alimentare; nei sauri in caso di sospetto di stasi follicolare o post-follicolare e nei cheloni in caso di sospetto di distocia (stasi post follicolare). In alcuni casi un mezzo di contrasto può aiutare la diagnosi, ma va somministrato solo in animali già stabili. Uno studio contrastografico nei rettili può richiedere ore, o anche

2 - 2014 giorni. Come negli altri animali esotici viene utilizzato il solfato di bario (20 ml/kg di una soluzione al 35%) o anche una soluzione di iodio (10 ml/kg di una soluzione di 250 mg/ml). Anche l’ecografia e l’ecocardiografia nei rettili inizia di avere una sempre maggiore importanza. Con lo sviluppo delle sonde ad alta frequenza è possibile esaminare anche piccoli animali. In alcuni casi l’ecografia rappresenta il miglior metodo diagnostico, ad esempio in caso di stasi follicolare, neoplasie o ascessi addominali. Questa metodica dà inoltre la possibilità in certi casi, con metodi poco invasivi, come un agoaspirato ecoguidato, di fare una diagnosi di certezza. Nelle emergenze, gli esami coprologici, microbiologici e citologici assumono un’importanza secondaria. Sono però utili per controllare tutte le condizioni patologiche coesistenti che possono peggiorare la prognosi. Anche l’esame dell’urina può essere un metodo diagnostico importante, considerate le limitazioni legate alla contaminazione cloacale ed al riassorbimento in vescica nelle specie provviste. Anche la microbiologia è importante come mezzo diagnostico soprattutto per la diagnosi degli agenti causali della polmonite; in questo caso il prelievo si può eseguire mediante lavaggio tracheale; questa metodica oltre a fornire importanti dati diagnostici può essere d’aiuto soprattutto nelle polmoniti dei serpenti, ma anche in altre specie, considerata la difficoltà dei rettili di espettorare il muco non possedendo il riflesso della tosse. Un volume di soluzione fisiologica pari allo 0,5-1% del peso corporeo nei serpenti e 0,1-0,5% nei sauri, viene introdotto attraverso un catetere sterile nella trachea con il pazien-

FIGURA 9 - Neoformazione sospetta in una vipera (Vipera).

FIGURA 8 - Drago barbuto (Pogona vitticeps) con distocia.

FIGURA 10 - Frattura dell’orbita in un Boa (Boa constrictor). 27


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EXOTIC FILES te mantenuto in posizione orizzontale; subito dopo il paziente viene inclinato con la testa verso il basso e la soluzione viene aspirata con attenzione; la soluzione prelevata può essere esaminata sia dal punto di vista citologico, oppure può essere utilizzata per esami microbiologici ed antibiogramma.

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L’obiettivo della terapia intensiva è quello di stabilizzare il paziente e portarlo in uno stato adatto ad eseguire una diagnosi più accurata e rendere più efficace e sicuro il piano terapeutico sia medico che chirurgico. Per la terapia intensiva è importante fornire all’animale: • Temperatura e umidità adeguate per la specie • Corretta idratazione e reidratazione • Corretta nutrizione, se necessario, forzata Nel caso l’animale sia ipotermico, la temperatura va aumentata lentamente (la procedura può durare 4-6 ore), per evitare uno shock e peggiorare la situazione cardiovascolare. L’alimentazione è ovviamente molto importante per fornire proteine ed energia, in animali che spesso hanno smesso di mangiare da molto tempo. Molti pazienti arrivano in uno stato cachettico, in tal caso si deve iniziare con un 10-20% del totale dell’energia richiesta. In alcuni soggetti è necessario mettere una sonda alimentare esofago o faringogastrica (Fig. 11) per facilitare l’alimentazione forzata e diminuire lo stress. Esistono in commercio vari prodotti per l’alimentazione forzata per rettili erbivori, onnivori, insettivori, carnivori e anche piscivori. Anche se tali prodotti non sono ideali per tutte le specie, sono pratici dovrebbero sempre essere tenuti a disposizione in ambulatorio. I principi di fluidoterapia nei rettili non si discostano molto da quelli utilizzati nei mammiferi. I principi fondamentali del movimento dai compartimenti extracellulari e intracellulari sono simili, però la distribuzione è diversa. Mentre gli uccelli e i mammiferi hanno una suddivisione dei fluidi totali in 60% intracellulare e 40%

extracellulare, i rettili la suddividono al 50%. Del compartimento extracellulare un 30% è intravasale. L’osmolarità del plasma dei rettili è quindi più bassa, per questo motivo i fluidi isotonici per mammiferi e uccelli per il paziente rettile risultano ipertonici. Per correggere più velocemente il deficit di disidratazione si consiglia di iniziare con fluidi cristalloidi con osmolarità più simile al plasma dei rettili (250-290mOsm/l); si consigliano vari miscele, una di queste è quella di Jarchow: due parti di destrosio 2,5% in 0,45% sol. fisiologica e una parte ringer lattato. Questa miscela è sicuramente di utilità pratica, ma bisogna considerare che le diverse specie possono avere un’osmolarità del plasma diversa e per molte specie, sconosciuta. La valutazione della disidratazione si può fare dopo l’anamnesi e un esame del sangue. In genere negli animali disidratati ematocrito, proteine totali, cloro e sodio sono aumentati, (tranne in caso di perdita di sangue). Normalmente l’ematocrito dei rettili è tra 20 e 40% e le proteine totali fra 3 e 7 g/dl. Ma anche l’elasticità della cute e la retrazione del bulbo oculare ci danno un‘idea dello stato di idratazione, anche se in maniera un po’ soggettiva. L’idratazione può essere iniziata solo dopo aver stabilizzato almeno parzialmente il paziente e avendo risolto l’ipotermia. Nel caso di disidratazione lieve i fluidi possono essere forniti attraverso sonda gastrica o per via sottocutanea (Fig. 12), altrimenti è da preferire la somministrazione parenterale. In caso di disidratazione da moderata a severa, la scelta è orientata verso la somministrazione intracelomatica, intravenosa o intraossea. Moltissimi rettili portati in ambulatorio sono di piccola taglia, per somministrare farmaci o fluidi in questi animali non è sempre possibile mettere un ago cannula endovena, spesso la procedura consigliabile è il posizionamento di un catetere intraosseo (Fig. 13). In linea generale il volume per il mantenimento è di 1030 ml/kg al giorno di cristalloidi. Ogni caso va valutato singolarmente per valutare se sia necessaria una soluzione ipertonica per riempire velocemente il compartimen-

FIGURA 11 - Sonda esofagostomica in Emys orbicularis (Foro Dr. A. Bellese).

FIGURA 12 - Somministrazione sottocutanea in un serpente.

TERAPIA INTENSIVA

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Tabella 2 - Alcuni importanti farmaci in caso di emergenza Posologia

Via di somministrazione

Note

Atropina

0,01-0,04mg/kg

SC, IM, EV, IC

Bradicardia, non funziona bene nelle iguana verde

Doxapram

5-12mg/kg

IM, EV

Apnea

Glicopirrolato

0,01mg/kg

SC, IM, EV

Bradicardia, come l’atropina non funziona bene nell’iguana verde

Buprenorfina

0,005-1mg/kg

IM

Oppioidi

Butorfanolo

0,4-2,0mg/kg

SC, IM

Oppioidi

Carprofen

1-4mg/kg

PO, SC, IM, EV

FANS

Localmente, SC infiltrazione

Antiaritmico, anestesia locale, usare per posizionamento catetere intraosseo

PO, IM, IV

FANS

Principio attivo Farmaci d’urgenza

Analgesia

Lidocaina Meloxicam

0,1-0,2mg/kg

scelti tra quelli che deprimono in minor misura il cardiorespiratorio.

BIBLIOGRAFIA

FIGURA 13 - Somministrazione intraossea intrafemorale in Physignatus cocincinus. to intravascolare, piuttosto che ipotonica per lo spazio interstiziale. La misurazione degli elettroliti permette una maggiore precisione nella scelta della soluzione più adatta. L’utilizzo di farmaci analgesici ed anestetici rappresenta una parte molto importante dell’assistenza agli animali in emergenza, sia per diminuire lo stress legato al dolore sia perché bisogna valutare bene gli effetti negativi su vari apparati che le sostanze analgesiche ed anestetiche possono avere su sistemi ed apparati già gravemente compromessi. Se è necessario mettere in anestesia un paziente per procedure invasive (sonda esofagea, catetere intraosseo ecc.) è da preferire l’anestesia gassosa, preceduta da una immobilizzazione con farmaci iniettabili

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La fluidoterapia nella pratica clinica degli animali esotici Daniele Petrini DOTT., Clinica Veterinaria Cascina - Fornacette (Pisa) Ospedale Veterinario San Concordio - Lucca daniele.petrini@gmail.com

La fluidoterapia negli animali esotici, come nei convenzionali, possiede numerose indicazioni e finalità: - reintegrare le perdite di liquidi corporei - ripristinare un circolo efficace (ad esempio in corso di shock o ipovolemia) - correggere i disturbi elettrolitici ed acido-base - somministrare farmaci. La fluidoterapia si realizza con due grandi classi di soluzioni: cristalloidi e colloidi. Per determinare il tipo e la quantità di soluzione da somministrare è fondamentale valutare inizialmente lo stato di idratazione e di perfusione del paziente. L’idratazione riflette il quantitativo di fluidi presenti nell’organismo, o meglio quanta acqua è disponibile; la valutazione di questo parametro si effettua tramite la misurazione dell’osmolalità ematica. La perfusione fornisce invece notizie riguardanti lo stato circolatorio e indica come circola la componente liquida dell’organismo, ossia il sangue. Una perfusione adeguata è responsabile di una buona disponibilità di ossigeno, del flusso di sangue all’interno dei tessuti, dell’apporto di nutrienti e della rimozione dei cataboliti. La perfusione si valuta monitorando la pressione arteriosa, la gittata cardiaca, le resistenze vascolari periferiche, ma questi parametri non sono sempre di facile misurazione nelle specie non convenzionali. Si può ovviare a questo, stimandola nella pratica clinica mediante alcuni parametri emodinamici di perfusione: 1. polso 2. trc 3. colore mucose Per stabilire qualità e quantità di liquidi da infondere ci si basa sull’anamnesi, su un accurato esame clinico del paziente e su esami di laboratorio. L’anamnesi è fondamentale soprattutto per valutare la rapidità del reintegro, ma anche per stimare quanti liquidi sono stati persi, ad esempio con eventuale vomito e diarrea. Una perdita acuta richiederà una infusione più rapida di liquidi, al contrario di una perdita cronica. Fondamentale nei pet esotici informarsi sempre sulla gestione casalinga, disponibilità e qualità del cibo (secco o fresco), disponibilità e metodi di approvvigionamento idrico (talvolta i classici beverini a goccia si bloccano e l’animale non riesce ad assumere acqua). L’esame clinico permetterà soprattutto di valutare lo stato di idratazione del paziente esotico; questo dato fon-

damentale si utilizzerà nel calcolo del reintegro dei fluidi da somministrare. Negli animali non convenzionali non sempre è semplice stimare il grado di disidratazione e in caso di dati mancanti ci si rifà alla medicina del cane e del gatto. Ad esempio nel coniglio con una moderata ipomotilità la percentuale di disidratazione è stimata approssimativamente del 5%. Mucose asciutte e aumento del turgore della plica cutanea suggeriscono una disidratazione del 5-8% circa. Infine un evidente mancato ritorno della plica cutanea associato a mucose secche, polso debole e veloce, tempo di riempimento capillare allungato e depressione mentale indicano all’incirca una disidratazione del 10-12% (grave). Come per cane e gatto però è importante ricordare che la valutazione del turgore della plica cutanea non è sempre attendibile: una sua alterazione, oltre che dal contenuto di liquidi, è influenzata anche dalla quantità di grasso sottocutaneo (quindi attenzione a valutarlo in animali defedati o sovrappeso); va quindi sempre stimato utilizzando anche gli altri indicatori (mucose, trc, ecc). Gli esami di laboratorio sono molto utili per la valutazione dello stato di idratazione e il monitoraggio della terapia fluidica, in particolare la determinazione dell’ematocrito e delle proteine totali (oppure anche dei solidi totali). La percentuale di disidratazione può essere stimata in maniera soggettiva basandosi sul peso corporeo, secchezza delle mucose, diminuzione del turgore della plica cutanea, infossamento degli occhi, alterazione dello stato del sensorio. In realtà questi parametri possono essere alterati anche da una diminuzione del grasso corporeo e dall’età. Idealmente in paziente disidratati e che hanno delle perdite di fluidi in corso, il cui grado di disidratazione sia maggiore del 5%, sarà richiesto come supporto una infusione endovenosa costante di cristalloidi. La quantità di cristalloidi da infondere in un paziente disidratato si calcola attraverso la seguente formula: Litri di cristalloidi da somministrare = % disidratazione x peso corporeo (Kg) x 10 [Formula 1] Ad esempio in un paziente di 500 grammi con disidratazione del 7% il calcolo dei liquidi da infondere sarà il seguente: 7 x 0,5 Kg x 10 = 35 ml da suddividere nelle 24 ore (quindi se si utilizza una pompa ad infusione: 35 / 24 = 1,45 ml/h). 30


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CENNI DI DINAMICA DEI COMPARTIMENTI LIQUIDI L’acqua costituisce circa il 60% del peso corporeo nei mammiferi; il 67% si trova nel compartimento intracellulare, l’8% in quella intravascolare e il 25% nel compartimento interstiziale. La distribuzione dei liquidi all’interno dei vari compartimenti (intracellulare, interstiziale, intravascolare) è regolata prevalentemente dalla pressione osmotica e dalla pressione oncotica. La pressione osmotica è calcolata tramite la formula: Osm = 2 x [Na] + glucosio (mg/dl) / 18 + BUN (mg/dl) / 2,8 [Formula 2]

FIGURA 1 - Misurazione della pressione arteriosa con doppler in un coniglio sottoposto ad anestesia generale.

Questi requisiti vanno aggiunti a quelli di mantenimento e alle perdite di fluidi attive (es vomito, diarrea ecc). In linea generale dal 50 al 75% del deficit fluidico dovrebbe essere rimpiazzato nelle prime 24 ore. Tutti i fluidi somministrati devono essere riscaldati alla temperatura corporea del paziente, indipendentemente dalla loro via di somministrazione; possono essere riscaldati a 38-39°C senza influenzare la composizione. A questo scopo si possono utilizzare dispositivi appositi di riscaldamento oppure si può passare il deflussore in una soluzione di acqua riscaldata; un’alternativa può essere quella di mettere a bagno maria il flacone o scaldarlo nel forno a microonde. Il protocollo per la fluidoterapia dovrebbe essere basato sulla determinazione dell’ematocrito, dei solidi totali, della quantità di urine prodotte e idealmente sulla determinazione della pressione sanguigna e sullo stato acido-base. Non sempre è possibile rilevare la pressione sanguigna specialmente nei piccoli mammiferi esotici a causa della taglia del paziente. Il metodo doppler è più versatile dell’oscillometrico: si effettua la tricotomia a livello plantare di carpo o tarso, dove si applica del gel da ecografia e la sonda del doppler, prossimalmente si applica una cuffia pneumatica. Si insuffla la cuffia sino a quando il segnale doppler non è più udibile; lentamente si sgonfia la cuffia e il primo suono udibile corrisponde alla pressione sistolica (Fig. 1).

è influenzata soprattutto dalla concentrazione del sodio plasmatico, ma anche dalla BUN (quindi funzionalità renale nelle specie in cui si innalza questo parametro in corso di insufficienza renale) e dal glucosio ematico. Un aumento della concentrazione del sodio nel compartimento intravascolare provoca un incremento della pressione osmotica. Le pressioni osmotiche di due compartimenti separati da una membrana semipermeabile (ad esempio la parete del vaso o la parete cellulare) tendono a bilanciarsi per l’azione della legge di massa; per bilanciare la pressione osmotica si verifica uno spostamento dell’acqua dal compartimento meno concentrato verso quello più concentrato (Fig. 2). Quindi per esempio se nel compartimento intravascolare aumenta la concentrazione di sodio e quindi la pressione osmotica, si provocherà un passaggio di acqua dal compartimento extravascolare per diluire il settore intravascolare e bilanciare le pressioni dei due compartimenti; si crea così un’espansione del compartimento intravascolare ed un aumento di concentrazione nel compartimento extravascolare. Viceversa, quando si ha un aumento della concentrazione del sodio nel

FIGURA 2 - Rappresentazione schematica: pressione osmotica. 31


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EXOTIC FILES compartimento extravascolare si avrà uno spostamento di acqua dal compartimento intravascolare. L’acqua potendo passare liberamente attraverso la parete cellulare e quella vascolare, quando si creano delle differenze di pressione osmotica, andrà a diluire il compartimento più concentrato per ripristinare una tonicità simile da entrambi i lati della membrana. La pressione oncotica (COP) è determinata da proteine disciolte nel compartimento vascolare, quali globuline, albumine e fibrinogeno, di grosse dimensioni (>10.000 dalton), che non possono facilmente attraversare la membrana del vaso a causa delle piccole dimensioni dei fori. L’incremento della pressione oncotica all’interno del distretto intravascolare causa un richiamo d’acqua da quello extravascolare aumentando il volume circolante (Fig. 3). Nel caso in cui sia necessario ristabilire la volemia, i fluidi di scelta saranno i colloidi, i quali, contenendo molecole di grosse dimensioni determineranno un aumento della pressione oncotica richiamando liquidi dal compartimento extravascolare, da qui il nome di plasma expander. Tale effetto dura sino a quando queste grosse molecole sono scisse in molecole più piccole che possono quindi attraversare la parete vascolare (a patto che la parete dei vasi non abbia subito alterazione come avviene ad esempio in corso di sepsi o sirs). Strumento per la sua misurazione è l’oncometro oppure è possibile stimarla tramite la determinazione delle proteine totali.

2 - 2014 Queste due pressioni appena descritte, osmotica ed oncotica, sono responsabili del passaggio di fluidi attraverso la parete vascolare, in particolare: un aumento della pressione osmotica causa una fuoriuscita di liquido dal compartimento intravascolare verso quello extravascolare, viceversa un aumento della pressione oncotica causa il fenomeno opposto (Fig. 4). La pressione oncotica regola perciò il passaggio dei fluidi da e verso il compartimento intravascolare. Quando si somministrano fluidi cristalloidi ad elevata velocità, si determina, contemporaneamente ad un incremento repentino della pressione idrostatica, una riduzione della pressione oncotica, in quanto si verifica una diluizione delle proteine totali; tutto ciò si traduce nel passaggio di liquido nello spazio interstiziale che in caso di disidratazione viene chiamato reidratazione, mentre un suo eccesso edema. Quando si ha un abbassamento importante delle proteine totali plasmatiche, si ha un crollo della pressione oncotica che deve essere trattato con soluzioni colloidi perché una persistente perfusione di cristalloidi in questa situazione aumenta la pressione idrostatica intravascolare, diminuisce ulteriormente il valore delle proteine totali (quindi diminuzione della COP) ed accelera il passaggio di liquidi attraverso la parete vasale. Tale fenomeno è particolarmente pericoloso a livello polmonare, dove essendo i capillari più permeabili alle proteine, il rischio di edema è più elevato; gli edemi periferici a livello muscolare e sottocutaneo sono più difficili da realizzarsi perché i capillari in questi distretti sono meno permeabili alle proteine.

SOLUZIONI CRISTALLOIDI

FIGURA 3 - Proteine di grandi dimensioni nel comparto intravascolare partecipano alla pressione oncotica.

Sono così definite le soluzioni a base di acqua che contengono elettroliti o glucosio (piccole particelle in grado di attraversare le membrane semipermeabili) che sono in grado di distribuirsi con estrema facilità nella maggior parte dei compartimenti liquidi. I cristalloidi possono essere suddivisi in soluzioni bilanciate, quando la loro composizione è simile alle caratteristiche elettrolitiche e di osmolarità del plasma (ad esempio Ringer Lattato), e soluzioni non bilanciate, quando la loro composizione differisce da quella del plasma (ad esempio Sodio cloruro 0,9%), sempre per elettroliti e/o osmolarità. I cristalloidi sono spesso utilizzati per rimpiazzare perdite di liquidi o infusi per il mantenimento dei fabbisogni idrici; un altro utilizzo è il loro impiego come veicolo per la somministrazione di farmaci. In linea generale la quantità di fluidi cristalloidi giornalieri da somministrare deriva dalla seguente somma: Litri di fluidi giornalieri = fluidi mantenimento + fluidi persi + perdite in corso [Formula 3]

FIGURA 4 - Relazione tra pressione osmotica e pressione oncotica.

Il mantenimento varia da specie a specie (v più avanti e Tab.1); per fluidi persi si intende la quantità di fluidi da reintegrare calcolata in base alla disidratazione (formula 1); infine perdite in corso significa ad esempio vomito, diarrea, ulcerazioni ecc. La quantità ottenuta dalla formula 3 va suddivisa nell’arco delle 24 ore circa. 32


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SOLUZIONI COLLOIDI Sono soluzioni che contengono grosse molecole non in grado di attraversare i pori dell’endotelio vascolare quando somministrate all’interno del torrente circolatorio; come detto in precedenza sono in grado di aumentare la pressione oncotica richiamando acqua dai compartimenti extravascolari. I colloidi possono essere: - naturali, se rappresentati da sangue e suoi derivati - di sintesi, se ottenuti artificialmente (ad esempio gelatine, tetrastarch...) Alcune indicazioni per la somministrazione di colloidi: - ripristino del volume circolante ad esempio in corso di shock o ipoproteinemia - trauma - sepsi - emorragie - ustioni

VIE DI SOMMINISTRAZIONE Al fine di effettuare una fluidoterapia idonea è opportuno scegliere la via adeguata, o addirittura ricorrere contemporaneamente a più vie di somministrazione dei fluidi come in condizioni critiche o di shock. Il tipo di fluido da utilizzare varia in base agli esami di laboratorio, in particolare lo stato elettrolitico, eventuali malattie sottostanti e durata della terapia. Se si utilizza la via endovenosa o intraossea è imperativo, nella pratica clinica degli animali esotici, l’uso di pompe ad infusione (Fig. 5).

Questi dispositivi impediscono pericolosi sovraccarichi di fluidi e permettono di somministrare con precisione anche piccole quantità di fluidi in animali molto piccoli. La fluidoterapia può essere effettuata anche negli animali non convenzionali attraverso la via: - orale: mettendo liquidi a disposizione dell’animale o tramite somministrazione forzata; si utilizza quando la percentuale di disidratazione è molto bassa (<5%). Esistono controindicazioni a tale via ad esempio inspirazione dei fluidi, vomito nelle specie che hanno questo riflesso, patologie esofagee e shock; - sottocutanea: spesso molto utilizzata, si infondono solo soluzioni non irritanti dove la cute è più elastica ed il tessuto sottocutaneo più abbondante. La soluzione glucosata al 5% non va utilizzata per iniezione sottocutanea, soprattutto per somministrazioni ripetute. Questa via è sconsigliata in caso di shock o di emergenza in genere poiché in questi casi la priorità è quella di ristabilire il volume ematico circolante il più velocemente possibile. Inoltre durante lo shock, come anche nella disidratazione grave, la risposta dell’organismo consiste in una vasocostrizione periferica che ovviamente impedisce l’assorbimento di fluidi immessi a tale livello. Risulta una buona scelta in corso di patologie croniche per le quali l’assorbimento dei fluidi deve essere lento e graduale (ad esempio IR, IC...); - endovenosa: è la via preferenziale per la somministrazione di fluidi soprattutto in corso di shock, ipotensione, disidratazione e in tutte le condizioni in cui si hanno grandi perdite di liquidi. Si può infondere qualunque tipo di soluzione (ipo, iso ed ipertonica) anche in

FIGURA 5 - Utilizzo di pompa ad infusione in una cavia. 33


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EXOTIC FILES grande quantità. L’utilizzo di cateteri endovenosi può comportare l’insorgenza di tromboflebite, tromboembolia, sepsi ed endocarditi batteriche occorre pertanto prestare attenzione durante il posizionamento del catetere praticando una accurata tricotomia e disinfezione della parte e lasciarlo in situ per un tempo non superiore alle 72 ore; - intraossea (endomidollare): insieme alla via endovenosa costituisce l’accesso più indicato per gli stati di shock, le emergenze ecc. I fluidi così somministrati agiscono sul circolo generale con la stessa rapidità di

2 - 2014 una somministrazione endovenosa. La somministrazione endomidollare ha il vantaggio di fornire un accesso al circolo ematico anche con vasi collassati difficilmente reperibili (ad esempio nelle cavie di piccola taglia o in shock). Qualunque tipo di cristalloide o colloide può essere infuso tramite questa via; anche in questo caso è fondamentale un’accurata tricotomia e disinfezione della parte. È consigliabile eseguire una blanda sedazione e/o il ricorso all’anestesia locale perché il posizionamento di un intraosseo può essere molto doloroso. Dopo l’applicazione controllare sempre tramite esame radiografico il corretto posizionamento del catetere (Fig. 6); - intraperitoneale: riportata più per completezza che per effettivo utilizzo. Devono essere infusi fluidi riscaldati ma è sempre sconsigliato ricorrere a questa via specialmente nei lagomorfi e roditori per il rischio di perforazione del pacchetto intestinale con gravissime conseguenze sulla vita dell’animale.

FLUIDOTERAPIA NELLE VARIE SPECIE

FIGURA 6 - È fondamentale eseguire l’esame radiografico in doppia proiezione per confermare il corretto posizionamento del catetere intraosseo.

Coniglio Un coniglio disidratato richiede attenzione: si verifica un riassorbimento di fluidi dal tratto gastroenterico ed una conseguente stasi gastrointestinale con disidratazione sistemica. Nelle stasi gravi, eventualmente accompagnate a importante meteorismo gastrointestinale, è frequente una significativa riduzione del flusso ematico a livello renale (anche per compressione dei vasi addominali da parte dell’intestino meteorico) con sviluppo di insufficienza renale anurica/oligurica che può rapidamente portare a morte il coniglio. Il fabbisogno di mantenimento è 80-100 ml/Kg/die e in corso di shock/reidratazione si possono somministrare sino a 10-20 ml/Kg/h nei primi minuti/ore. Alcuni segni che ci informano sullo stato di idratazione del paziente sono: elasticità cutanea, mucose esplorabili, tempo di riempimento capillare, polso femorale, posizione del globo oculare, ematocrito con solidi totali. Un ritardo al ritorno della plica cutanea insieme a mucose asciutte di solito suggeriscono una disidratazione del 3-5%. Se oltre a questi reperti si riscontra anche aumento del tempo di riempimento capillare, aumento del PCV, dei solidi totali e polso filiforme si suppone una disidratazione del 58%. Una combinazione di questi segni insieme a infossamento degli occhi indica una disidratazione maggiore dell’8%. È fondamentale che il deficit idrico venga rimpiazzato il prima possibile (ad esempio 24 ore) per ristabilire l’equilibrio tra spazio extra ed intracellulare. Animali gravemente ipoproteinemici richiedono l’impiego di colloidi in modo da mantenere ad un livello adeguato la pressione oncotica plasmatica. A questo scopo si può utilizzare l’hetastarch alla dose di 5 ml/Kg in bolo più o meno seguito da infusione continua (10-20 ml/Kg/h CRI). Per la scelta del cristalloide è utile conoscere lo stato elettrolitico del paziente; se questo non è possibile il cristalloide di scelta è il Ringer Lattato. Nel coniglio la fluidoterapia può essere somministrata per os, per via sottocutanea, per via endovenosa, per via intraossea o per via intraperitoneale. La scelta della via 34


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EXOTIC FILES dipende dalle condizioni dell’animale: la via orale può essere presa in considerazione nel caso di una blanda disidratazione e con un’attività mantenuta dell’apparato gastroenterico. In casi lievemente più seri si può utilizzare la via sottocutanea, iniettando i fluidi sul dorso tra le scapole avendo cura di riscaldare i fluidi prima della somministrazione onde evitare abbassamenti della temperatura corporea del coniglio. Se l’animale è moderatamente o gravemente disidratato, la via d’eccezione è quella endovenosa o intraossea. I vasi accessibili sono la vena cefalica, la vena safena, la vena marginale auricolare (nei soggetti con orecchie non piccole); quest’ultima via va riservata come ultima scelta perché in alcuni casi può verificarsi necrosi di parte del padiglione auricolare (Fig.7, 8).

2 - 2014 Per l’applicazione di un catetere endovenoso è importante effettuare accurata tricotomia e disinfezione della parte; si possono impiegare anche soluzioni topiche anestetiche (come ad esempio la crema Emla® soprattutto per la vena marginale dell’orecchio). La dimensione del catetere endovenoso dipende dalla taglia del paziente e dal diametro del vaso da incannulare: in linea generale per conigli sopra i 2,5 – 3 Kg si può utilizzare un angiocatetere da 20 G (rosa) o 22 G (blu), per conigli di taglia inferiore 24 G (gialla) mentre per l’incannulazione di piccoli vasi si può ricorrere ad agocannule viola da 26 G. Negli esemplari di sesso maschile adulti di solito si preferisce effettuare un piccolo cut cutaneo perché la cute può essere molto spessa ed impedire un corretto scorrimento del catetere endovenoso.

FIGURA 7 - Posizione dei principali vasi ematici dell’orecchio.

FIGURA 8 - Vena safena nel coniglio.

FIGURA 9 - Preparazione del campo prima dell’inserimento di un catetere intraosseo a livello della tibia. 35


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EXOTIC FILES Per l’applicazione di un catetere intraosseo la parte va preparata chirurgicamente per minimizzare i rischi di contaminazione; si effettua anestesia locale o generale e si inserisce il catetere nel femore oppure nella tibia (Fig. 9). Di solito poi si passa alla via endovenosa quando, una volta ristabilita una pressione adeguata,i vasi periferici sono più facilmente accessibili.

Roditori I principi generali sono simili a quelli descritti nella parte introduttiva e nella sezione dedicata al coniglio; in particolare è fondamentale non infondere mai fluidi freddi o a temperatura ambiente per evitare di creare un abbassamento della temperatura corporea in animali ammalati. I requisiti di mantenimento sono stimati in circa 3-4 ml/Kg/h. Cavia: la quantità fisiologica giornaliera di liquidi è stimata in circa 100 ml/Kg. In corso di disidratazio-

FIGURA 10 - Cavia con accesso venoso a livello della vena cefalica.

2 - 2014 ne o perdite, il volume di liquidi da infondere è maggiore utilizzando la formula precedentemente descritta. A differenza di altri roditori la cavia è facilmente stressabile dalla somministrazione di fluidi per via sottocutanea (il sottocute è di solito meno abbondante e lasso rispetto a coniglio, cincillà); i vasi per il posizionamento di un catetere endovenoso sono la vena cefalica e la vena safena (di più difficile accesso) (Fig. 10). Di solito si utilizzano agocannule da 26 o 24 G. Nel maschio intero spesso si ricorre ad un mini-cut cutaneo perché la cute può essere spessa e impedire al mandrino dell’agocannula di tagliare la cute stessa. Per quanto riguarda la via intraossea si può utilizzare il femore o la tibia; questa via è utilizzata spesso in animali molto piccoli che arrivano in stato di shock o gravemente ipotesi. Cincillà e Degu: a differenza della cavia, la vena cefalica del cincillà è di più difficile incannulazione e si preferisce la vena safena. Si utilizzano di solito angiocateteri da 26 G. La difficoltà in questi animali è data soprattutto dall’impedimento sterico provocato dalle ossa del tarso. La vena safena è molto mediale in questa specie (Fig. 11). A differenza della cavia o coniglio maschio, non è necessario ricorrere al cut cutaneo perché la cute del cincillà è sottile. Un’altra differenza con i porcellini d’India è rappresentata dal fatto che il cincillà accetta di buon grado la somministrazione di fluidi per via sottocutanea. Per quanto riguarda la via intraossea si può ricorrere al femore o alla tibia palpando il piatto tibiale e flettendo bene il ginocchio. Da sottolineare in questa specie come sia decisamente più basso il fabbisogno di mantenimento giornaliero di fluidi rispetto agli altri mammiferi qui trattati. Quando si maneggia un cincillà il clinico deve sempre fare attenzione ad evitare il fur slip, ossia la tendenza che ha il cincillà a perdere parti di mantello quando è spaventato o non maneggiato correttamente.

FIGURA 11 - Fasi dell’incannulazione della vena safena nel cincillà. 36


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Altri Roditori: nel ratto è facilmente accessibile la vena safena, la cefalica può essere utilizzata negli animali di dimensioni più grandi; nel cane della prateria si può incannulare principalmente la vena cefalica ma di solito tutti i vasi sono di difficile visualizzazione, si può tentare anche l’accesso nella vena safena; nei topi e gerbilli è descritta una fluidoterapia endovenosa tramite incannulazione della vena coccigea ventrale dopo aver riscaldato la coda per provocare vasodilatazione di questa zona anatomica. Nel gerbillo è descritta la dose di mantenimento in 5-10 ml/Kg/h (Fig. 12).

Furetto

FIGURA 12 - Incannulazione della vena safena di un ratto e fluidoterapia sottocutanea in un gerbillo.

FIGURA 13 - Incannulazione della vena cefalica in un furetto.

Il fabbisogno giornaliero di mantenimento nel furetto è stabilito in 60-70 ml/Kg/die; altri autori riportano dosi maggiori di 75-100 ml/Kg/die. Come la cavia di solito il furetto non accetta di buon grado la somministrazione di fluidi tramite la via sottocutanea e si può ricorrere ad una butterfly per accompagnare i movimenti durante la somministrazione. I vasi di elezione nella pratica clinica sono la vena cefalica e la vena safena. In condizioni di emergenza si possono incannulare anche le vene giugulari. La vena cefalica (Fig. 13) è di facile incannulazione: si trova molto distale, subito sopra la mano. Anche in questa specie, soprattutto in animali particolarmente disidratati, si ricorre ad un piccolo cut cutaneo. È riportato l’uso di colloidi in questa specie, in particolare l’hetastarch alla dose di 10-20 ml/Kg/die; se si utilizzano contemporaneamente colloidi e cristalloidi si riduce del 3050% il volume di somministrazione di questi ultimi. In furetti in stato di shock si può somministrare un bolo di hetastarch alla dose di 5 ml/Kg in circa 15 minuti; è possibile ripetere boli senza però eccedere i 20 ml/Kg/die. La via intraossea è possibile a livello del femore o della tibia.

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Rettili Come per i mammiferi, anche per i rettili durante un piano di fluidoterapia, è importante determinare lo stato di disidratazione del paziente, ricordando che la maggior parte di rettili disidratati ha una disidratazione di tipo isotonica. Il riconoscimento di uno stato di disidratazione non sempre è semplice nei rettili e alcuni parametri che normalmente si utilizzano nei mammiferi non sono applicabili. Ad esempio la valutazione del pallore delle mucose può essere un fattore problematico nei rettili perché le mucose possono fisiologicamente apparire pallide oppure variare di colore. Anche la valutazione della frequenza cardiaca può essere un parametro ingannevole in quanto varia moltissimo a seconda della specie e della temperatura ambientale a cui il rettile si trova. La cute dei rettili è poco elastica, nei sauri e ofidi la cute della porzione laterale del corpo è il sito migliore per saggiare l’eventuale turgore della plica cutanea (similmente a come avviene sulla collottola dei mammiferi, per quanto questo parametro anche nei mammiferi convenziona-

FIGURA 14 - Infossamento del globo oculare in due pazienti disidratati.

2 - 2014 li non viene considerato attendibile, soprattutto se valutato singolarmente). Un aumento del tempo di riempimento capillare si può valutare facendo pressione con un bastoncino cotonato a livello dei vasi palatini negli ofidi e sauri. Animali molto disidratati (8-10%) mostrano infossamento del globo oculare causato dalla disidratazione del grasso retroorbitale; è importante effettuare almeno un pannello ridotto per verificare lo stato di idratazione comprendente ad esempio PCV, sodio, cloro, proteine totali e osmolarità plasmatica; meglio se accompagnato da un esame emocromocitometrico ed un pannello biochimico esteso I parametri clinici più comuni di disidratazione nei rettili includono: • mucose con aspetto viscoso; • muco viscoso filante in cavità orale (in specie che normalmente hanno saliva fluida); • perdita di peso; • infossamento del globo oculare (Fig. 14). Fondamentale è somministrare fluidi riscaldati alla temperatura media della POTZ (Preferred Optimum Temperature Zone, che varia da specie a specie); i valori di mantenimento sono nettamente più bassi rispetto a quelli normalmente utilizzati per i mammiferi e gli uccelli, nei rettili sono stimati in circa 10-30 ml/kg/die. Se non è nota l’osmolarità del paziente, non tutti gli Autori sono concordi sul tipo di fluido da utilizzare: le soluzioni maggiormente impiegate sono il Ringer lattato, la soluzione fisiologica 0,9% o destrosio al 5% con Ringer lattato in proporzione 1:1 o ancora NaCl 0,9%, Ringer Lattato, Glucosio 5% in proporzione 1/3+1/3+1/3. Come per i mammiferi, anche nei rettili ci sono diverse vie tramite quali è possibile il rimpiazzo di fluidi: la via orale (PO): tramite assunzione spontanea o tramite sonda (Fig. 15); • la via sottocutanea (SC): in ofidi e sauri l’ago si inserisce a bietta alta tra una scaglia e l’altra lateralmente al corpo perché in questo sito è presente il maggior spazio sottocutaneo e la cute è maggiormente elastica: la corretta procedura provoca un ‘rigonfiamento’ che testimonia l’inserimento dei fluidi nello spazio sottocutaneo. Nei cheloni, qualunque plica cutanea è adatta alla fluidoterapia sottocutanea, ad esempio la cute degli arti posteriori;

FIGURA 15 - Somministrazione di fluidi tramite sonda orale in una testuggine. 38


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EXOTIC FILES • intracelomatica (ICo): da utilizzare con attenzione e nell’ultimo terzo/quarto caudale del corpo dell’animale per evitare di ferire organi e strutture all’interno del celoma (polmoni, sacchi aerei, follicoli uova ecc), meglio se posizionando il rettile in decubito dorsale; in caso di albumina bassa questa via non è raccomandata. Per evitare problemi respiratori non è raccomandato iniettare grandi quantità di volumi attraverso questa via (assenza di diaframma). Ne è sconsigliato l’uso se non si è certi dell’integrità polmonare (ad esempio nelle fratture del carapace dei cheloni). Negli ofidi si inserisce l’ago nel quarto caudale del celoma alla giunzione tra gli acuti laterali e ventrali. Nei cheloni e sauri l’ago viene inserito cranialmente all’arto posteriore in direzione della spalla opposta tenendo l’animale capovolto dalla parte in cui si inserisce l’ago per allontanare gli organi dal sito di iniezione. Prima di iniettare è importare effettuare pressione negativa sullo stantuffo della siringa: se si aspira aria si deve interrompere la procedura (Fig. 16);

FIGURA 16 - Somministrazione di fluidi per via intracelomatica in una testuggine.

• intraossea (IO), di solito a livello di tibia o femore. Nei cheloni terrestri si inserisce un accesso a livello dello scuto gulare e in quelli semiacquatici a livello del margine laterale del carapace, a livello del bordo posteriore del ponte. La tecnica, come descritto per i mammiferi, prevede le norme di asepsi, un’anestesia generale o locale e per verificare il corretto posizionamento del catetere intraosseo è indispensabile effettuare due rx ortogonali tra loro. La via intraossea non è disponibile negli ofidi; • endovenosa (IV): a livello giugulare spesso è richiesto il cut cutaneo sia per la visualizzazione del vaso che per la presenza di una cute particolarmente spessa (ad esempio grosse iguana). In alcuni sauri si può utilizzare la vena addominale ventrale; • bagno in acqua tiepida (Fig. 17): questo metodo di reidratazione è degno di essere menzionato perché nella gestione di un paziente rettile può far parte del piano terapeutico o comunque essere di complemento ad un piano di fluidoterapia. L’assorbimento di acqua può avvenire attraverso la cloaca, inoltre in particolare nei cheloni, il bagno stimola il fisiologico comportamento di assunzione dell’acqua.

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FIGURA 17 - Spontanea assunzione di acqua in una testuggine disidratata: questi animali bevono immergendo completamente la testa sotto il livello dell’acqua.

Per gli animali leggermente disidratati (inteso 5%) la via sottocutanea o orale possono essere una buona scelta; in questo ultimo caso il tratto gastrointestinale assorbe i fluidi in maniera fisiologica ma deve possedere una anatomia e fisiologia mantenute altrimenti una riduzione della motilità può portare a diarrea osmotica con conseguente ulteriore disidratazione. I pazienti con una disidratazione maggiore del 5% devono ricevere fluidi per via ICo, IO, o IV. Per una fluidoterapia ottimale, intendendo l’utilizzo del miglior tipo di fluido da infondere, bisognerebbe conoscere l’osmolarità plasmatica del paziente; purtroppo nella pratica clinica quotidiana questo è effettuato raramente. In linea generale i valori nei rettili hanno un range tra 250 e 400 mOsm/L; come illustrato dalla tabella sottostante, l’osmolarità può variare anche all’interno della stessa specie a seconda dei momenti fisiologici dell’animale stesso (piena attività o letargo). Sebbene da sempre i rettili siano considerati avere una osmolarità plasmatica più bassa rispetto a quella dei mammiferi, per alcune specie oggi sappiamo che ciò non è corretto (ad esempio Elaphe guttata e Pogona vitticeps in cui l’osmolarità media è superiore a 295 mOsm/L, rendendoli simili ai mammiferi).

OSMOLARITÀ IN ALCUNE SPECIE DI RETTILI SPECIE

mOsm/L

Iguana verde (Iguana iguana)

330

Tartaruga dalle orecchie rosse (Trachemys s. elegans)

260

Testuggine greca (Testudo graeca) in estate

290

Testuggine greca (Testudo graeca) in letargo

404

Testuggine del deserto (Gopherus agassizii), idratata in estate

291

Testuggine del deserto (Gopherus agassizii), disidratata in estate

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EXOTIC FILES Alcuni rettili sono in grado di sopportare stati di disidratazione anche gravi aumentando il sodio plasmatico e conseguentemente l’osmolarità. Infatti questa è la strategia con cui molte specie che vivono in ambienti aridi fanno fronte a stati di disidratazione importanti: aumentano l’osmolarità plasmatica, ciò sarebbe fatale per un mammifero. Di conseguenza sia il valore del PCV (2035%) che quello delle proteine totali (3-7 g/dl) può variare molto in queste specie. Da quanto descritto sopra si evince la reale necessità di conoscere l’osmolarità plasmatica del rettile prima di impostare un piano corretto di fluidoterapia; se tuttavia non è possibile misurare l’osmolarità plasmatica, essa può essere stimata utilizzando una delle seguenti formule: 1. Osm (mmol/L) = 2 x (Na + K) 2. Formula più accurata: Osm (mmol/L) = 2 x (Na + K) +glucosio + urea Si deve porre particolare attenzione ad evitare l’iperidratazione anche nei rettili. I segni più frequenti includono: • edema del faringe; • edemi periferici; • scolo nasale sieroso; • difficoltà respiratoria secondaria ad edema polmonare; • ripetuti tentativi nel tenere il collo esteso, la bocca aperta e la testa sollevata; • aumento di peso rapido. Cheloni: la sede preferenziale per posizionare un’agocannula è rappresentata dalla vena giugulare destra (Fig. 18) ma anche il vaso di sinistra è facilmente accessibile. Si trova a lato del collo, si estende caudalmente alla membrana timpanica verso l’ingresso del celoma ed è abbastanza superficiale. Si estende il collo, si può applicare una lieve pressione alla base dello stesso e a volte è possibile visualizzare il vaso; in corso di ipotensione grave o shock è necessario ricorrere al cut cutaneo. In condizioni di emergenza, in cui non si riesca ad accedere alla vena giugulare, si possono somministrare boli di cristalloidi o colloidi nella vena dorsale coccigea, o nel plesso venoso subcarapaciale: queste sedi però non

2 - 2014 si prestano ad essere cateterizzate. La via intraossea si ottiene mediante apposizione di una struttura dedicata allo scopo posizionandola nel ponte osseo tra carapace e piastrone oppure nello scuto gulare (specialmente negli individui giovani). Raramente si utilizzano femore o tibia per la conformazione degli stessi. Altre vie di somministrazione di fluidi sono rappresentate dalla via orale (tramite sonde temporanee o permanenti), sottocutanea (cute delle zampe posteriori), epicelomatica (tra piastrone e muscoli pettorali: 10-20 ml/Kg/ die), intracelomatica (nella fossa prefemorale, l’assorbimento dei fluidi è rapido: 20-30 ml/Kg/die), intracloacale. Per decidere il tipo di fluidi da infondere andrebbe calcolata l’osmolarità plasmatica; come mantenimento si calcola 10-30 ml/Kg/die in base alla specie che stiamo reidratando. Ofidi: anche in questo caso sarebbe importante la determinazione dell’osmolarità plasmatica per pianificare una corretta fluidoterapia. La maggior parte dei serpenti ha un’osmolarità compresa tra 250 e 280 mOsm e quindi la maggior parte dei fluidi disponibili isotonici normalmente utilizzati nei mammiferi risultano ipertonici (ad esempio soluzione fisiologica 0,9%: 308 mOsm/l, soluzione elettrolitica reidratante III: 307 mOsm/l). Nei serpenti non è facile stimare la percentuale di disidratazione e la cute non è elastica come quella dei mammiferi quindi per valutare la ‘normale idratazione’ si consiglia di visitare routinariamente animali sani e farsi appunto un’idea del ‘normale’. L’area migliore per valutare l’elasticità cutanea è la parete laterale del corpo. Altri indicatori ci aiutano a determinare lo stato di idratazione: la mucosa buccale (che deve essere non asciutta e senza muco viscoso), il trc (inferiore a 2 secondi), la posizione degli occhi (eventualmente infossati). Le vie di inoculazione dei fluidi in questi animali sono: la via orale (tramite sonda), sottocutanea (lateralmente nella parete addominale), intracelomatica (nel quarto caudale inserendo l’ago tra una scaglia e l’altra dopo aver posto il serpente in decubito dorsale) ed endovenosa (raramente utilizzata, nella vena giugulare dopo cut chirurgico). Il mantenimento è stabilito in 10-30

FIGURA 18 - Fasi dell’incannulazione della vena giugulare destra in una testuggine. 40


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SPECIE

MANTENIMENTO

ACCESSI VASCOLARI

ALTRI SITI

Coniglio

100-120 ml/Kg/die

Vena cefalica, vena safena, vena marginale dell’orecchio

Via intraossea femore e tibia, via sottocutanea

Cavia

80-100 ml/Kg/die

Vena cefalica, Vena safena

Via intraossea femore e tibia, via sottocutanea

Cincillà

36-80 ml/Kg/die

Vena safena

Via intraossea femore e tibia, via sottocutanea

Gerbillo

5-10 ml/Kg/h

Vena coccigea ventrale

Via intraossea femore e tibia, via sottocutanea

Furetto

60-100 ml/Kg/die

Vena cefalica, Vena safena

Via intraossea femore e tibia, via sottocutanea

Cheloni

10-30 ml/Kg/die

Vena giugulare

Via epicelomatica, intracelomatica, sottocutanea, intraossea del ponte (tra carapace e piastrone)

Ofidi

10-30 ml/Kg/die

Vena giugulare

Via sottocutanea, intracelomatica

Sauri

10-30 ml/Kg/die

Vena safena, vena ventrale, v. giugulare

Via intracelomatica, via intraossea

me lo spazio intravascolare ed interstiziale. Ad esempio nell’iguana si possono utilizzare la vena cefalica, la vena addominale ventrale (che si trova ventralmente, sul piano sagittale mediano) e la vena giugulare: è consigliabile eseguire il cut cutaneo per la visualizzazione del vaso. La vena cefalica corre mediolaterale lungo il braccio nella stessa posizione del cane e gatto; è un vaso superficiale e si deve porre attenzione a non lacerarlo quando si effettua il cut cutaneo. La via intraossea (Fig. 19) si ottiene mediante cateterizzazione del femore o della tibia. I requisiti di mantenimento variano da 10 a 30 ml/Kg/die. FIGURA 19 - Cateterizzazione intraossea a livello della tibia in un camaleonte.

ml/Kg/die. Sauri: diverse sono le vie di reidratazione in questi animali, in particolare la via orale, endovenosa, sottocutanea, intracelomatica ed intraossea. La via orale è minimamente invasiva ma richiede un buon funzionamento del tratto gastroenterico per un corretto assorbimento. La via intracelomatica di solito è la più utilizzata, anche se non è così efficace tanto quanto la via endovenosa o intraossea ma sicuramente migliore rispetto alla via orale o sottocutanea. Tramite la via intracelomatica si consiglia di iniettare fluidi lievemente ipotonici che migreranno poi nei compartimenti ad osmolarità superiore co-

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Quesenberry K. E., Carpenter J. W (2012) Ferrets, Rabbits, and Rodents Clinical Medicine and Surgery (Third Edition). Atti del Corso pratico SIVAE (2011) Medicina d’urgenza e terapia intensiva negli Animali Esotici Viganò F. (2011) Terapia intensiva nel cane e gatto. Atti del Corso pratico SCIVAC (2010) Corso di pronto soccorso. Keeble E., Meredith A (2009) BSAVA Manuel of Rodents and Ferrets. Mitchell M. A., Tully N. T. Jr (2009) Manual of Exotic Pet Practice. Atti del Corso pratico SIVAE (2009) Anestesia e rianimazioni negli animali esotici. Jepson L. (2009) Exotic Animal Medicine A quick reference guide. Longley L. A. (2008) Anaesthesia of Exotic Pets.

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Fluidoterapia negli uccelli

Diego Cattarossi

Manuel Maschio

DVM, DhP, Vet. Accreditato Fnovi esotici

DVM, Ambulatorio Veterinario "Casale sul Sile" (Tv) www.veterinaricasalesulsile.com

La fluidoterapia è una potente arma a disposizione del Medico Veterinario e deve essere usata ogni qual volta se ne presenti la necessità. La fluidoterapia negli uccelli come negli altri ordini tassonomici è fondamentale per la gestione delle emergenze e delle situazioni critiche come anche durante l’anestesia. In ugual misura non deve mai essere sottostimata o lesinata anche per una malattia cronica o per una situazione che, pur non presentandosi critica, possa avvantaggiarsi di un maggior apporto di fluidi e di elettroliti. Gli uccelli ricavano molta parte dei loro liquidi dal cibo che assumono e dalle scorte di grasso. Qualsiasi animale malato o anoressico deve essere considerato anche un animale disidratato e quindi da reidratare. La fluidoterapia può essere eseguita tramite cristalloidi oppure colloidi.

Tabella 1 - Indici clinici per la valutazione dello stato di idratazione Idratazione corneale Pressione intraoculare e convessità dell’occhio Idratazione delle mucose Elasticità cutanea Tempo di riempimento e volume dell’arteria e vena ulnare

Il comparto liquido degli uccelli, come in tutti gli animali, è fondamentale per il mantenimento dell’omeostasi ed è dato dal bilancio tra perdite ed assunzione di liquidi. L’approvvigionamento di liquidi per gli uccelli è garantito dall’assunzione diretta attraverso l’abbeverata e dall’assunzione indiretta con l’alimentazione. Le principali fonti di perdita di liquidi sono la minzione, la defecazione e l’evaporazione da parte delle mucose. L’equilibrio tra assunzione e perdita di liquidi deve essere mantenuto costante, pena la perdita dell’omeostasi. Il fabbisogno giornaliero di liquidi non è stato stabilito per tutte le specie di uccelli, ma in generale si assesta sui 50 ml per chilo di peso vivo. L’assunzione fisiologica giornaliera spontanea di liquidi in un volatile è di circa 40-60 ml per chilo di peso. Il fabbisogno idrico cambia in base alla specie, all’età, all’assunzione di alimento e al tipo di alimento assunto. Le specie deserticole come la Calopsitta (Nymphicus hollandicus) e il Pappagallino ondulato (Melopsittacus undulatus) tendono ad avere fabbisogni idrici inferiori rispetto alle specie che vivono in aree temperate. Nelle femmine in ovo deposizione il fabbisogno idrico aumenta di 3 volte rispetto al fabbisogno basale mentre nei giovani in crescita il fabbisogno idrico aumenta di 4 volte rispetto al fabbisogno di un adulto. In soggetti frugivori il fabbisogno idrico è soddisfatto in gran parte con la dieta e spesso anche in soggetti a dieta prettamente carnivora come i rapaci. Lo stato di idratazione degli animali portati a visita è valutabile attraverso alcuni indici clinici (Tab. 1) e attraverso degli indici laboratoristici, come L’ematocrito, le proteine totali e l’acido urico. Dopo aver fatto la visita clinica potremo classificare lo stato di disidratazione del nostro paziente in moderato, severo o critico (Tab. 2).

Tabella 2 - Grado di disidratazione e rilievi clinici correlati Grado di disidratazione moderato (> 5%)

Tempo di riempimento della vena ulnare superiore a 2 secondi

Grado di disidratazione severo (> 10%)

Aumento del tempo di riempimento della vena ulnare, ridotta idratazione mucosale e ridotta convessità dell’occhio

Grado di disidratazione critico (>15%)

Aumento del tempo di riempimento della vena ulnare, ridotta idratazione mucosale e ridotta convessità dell’occhio, debolezza, ottundimento del sensorio, tachicardia e diminuzione dell’ampiezza del polso 42


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EXOTIC FILES Una volta stabilito il grado di disidratazione di un animale potremo procedere alla valutazione della quantità di fluidi da somministrargli per ottenere la reidratazione attraverso la formula: Fabbisogno giornaliero [ml] = Peso [g] X Disidratazione % + Fabb.di mantenimento [ml] La quantità di fluidi necessaria al soggetto dovrà essere somministrata in due fasi, il 50% entro le prime 12-24 ore ed il restante 50% entro le successive 24-48 ore, al fine di non causare squilibri idrodinamici e di favorire il corretto assorbimento dei fluidi somministrati. Nel momento in cui decidiamo di procedere alla fluidoterapia dovremo scegliere tra i numerosi tipi di fluidi a nostra disposizione. I cristalloidi sono soluzioni acquose contenenti elettroliti (Sodio Cloruro 0,45% - 0,9%, Reidratante III, Ringer Lattato, ecc.) e in alcune preparazioni anche glucosio (Sol glucosata 5%). I cristalloidi diffondono rapidamente a tutti i tessuti una volta perfusi essendo in grado di attraversare con facilità le membrane cellulari. Si possono suddividere in ipotonici, isotonici ed ipertonici a seconda dalla loro osmolarità confrontata con quella del plasma. I cristalloidi sono utilizzati per ripristinare i fluidi persi dai comparti intracellulari ed interstiziali. I colloidi invece sono utilizzati per ripristinare il compartimento intravascolare e la pressione oncotica. La distribuzione dei fluidi nei diversi compartimenti è regolata prevalentemente dal bilancio tra pressione oncotica ed osmotica del sangue. Una miscela tra soluzione Fisiologica (Sodio Cloruro 0,9%) e Glucosata 5% fornisce liquidi, elettroliti e previene-corregge le ipoglicemie. La soluzione di Ringer lattato fornisce elettroliti ed il lattato convertito a livello epatico in bicarbonato previene-corregge le acidosi, che si verificano comunemente in uccelli debilitati. I colloidi (Hetastarch, Tetrastarch o Voluven, ecc.) sono fluidi che richiamano liquidi dal comparto extracellulare a quello intravascolare aumentando il potere oncotico del sangue. Sono di solito ottenuti dalla lavorazione dell’amido idrossietilico. Vengono anche definiti plasma-expander perché mimano l’azione dell’albumina e di altre proteine plasmatiche a grosso peso molecolare (superiore ai diecimila Dalton) aumentando il volume circolante. Quando è presente una forte anemia il colloide migliore è quello che permette di trasportare l’ossigeno nell’organismo al pari dell’emoglobina come per esempio l’Oxyglobina che ha il limite dell’alto costo.

Scopi della fluidoterapia La fluidoterapia viene utilizzata per soddisfare diverse esigenze (Tab. 3). Le vie di somministrazione dei fluidi che hanno un significato pratico in medicina aviare sono: la somministrazione forzata per via orale, la somministrazione endovenosa, la somministrazione intraossea e la somministrazione sottocutanea. Esistono poi delle ulteriori vie di somministrazione di fluidi che sono poco o per nulla utilizzate in medicina aviare, come la somministrazione intracelomatica, la somministrazione intra-

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Tabella 3 - Scopi della fluidoterapia Mantenere o ripristinare la corretta idratazione tissutale di tutti gli organi ed apparati in uccelli malati, debilitati ed incapaci di idratarsi da soli Ripristinare i fluidi e gli elettroliti persi durante una malattia debilitante Ripristinare e mantenere la corretta pressione oncotica ed osmotica del sangue e di conseguenza mantenere un circolo efficace e fisiologico Correggere eventuali alterazioni acido-base (acidosi, alcalosi) Somministrare calore, elementi nutritivi, integratori e farmaci

muscolare e la somministrazione intracloacale. Per quanto riguarda la somministrazione intracelomatica negli uccelli il limite è dato dal forte rischio di immettere liquidi nel sistema respiratorio iniettandoli all’interno di un sacco aereo. La somministrazione intramuscolare trova scarsa applicazione perché a fronte dell’ottimo assorbimento che garantisce, permette di perfondere solo volumi minimi di liquidi e solo in masse muscolari con un certo sviluppo come i muscoli pettorali. Il limite della somministrazione intracloacale è che possono essere infuse solo piccole quantità di liquidi preriscaldati facendo molto attenzione a non danneggiare la delicata mucosa della cloaca.

Fluidoterapia per os La via migliore di somministrazione è sempre quella più naturale e meno stressante per l’animale. I fluidi per os possono essere utilizzati da soli nei casi meno gravi o in associazione alle altre vie di somministrazione in caso di urgenza. Se associati alla via venosa o intraossea i fluidi per os vanno forniti alla fine dell’esecuzione delle altre pratiche per evitare il rigurgito durante le operazioni di inserimento del catetere o di anestesia. Gli uccelli hanno (con eccezione di poche specie) il gozzo e questo facilita moltissimo la somministrazione di liquidi per via orale. È necessario evitare l’utilizzo di questa tecnica in soggetti affetti da gravi patologie gastroenteriche. È infatti possibile somministrare con dei sondini flessibili o con sondini rigidi (Fig. 1) la quantità di fluidi voluta all’interno del gozzo e questa passerà lentamente ma inesorabilmente negli stomaci e nell’intestino dove verrà assorbita e favorirà la corretta idratazione dell’animale. Reidratando per via orale è possibile veicolare attraverso i liquidi anche nutrienti e farmaci. Il calcolo del volume di liquidi da inserire nel gozzo si può fare pesando l’animale. 43


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FIGURA 1 - Sondini rigidi per la somministrazione di fluidi nel gozzo.

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FIGURA 2 - Vena giugulare in un canarino.

Il gozzo in media può accogliere senza problemi 15-50 ml per chilo di peso dell’animale. Circa la frequenza di somministrazione seguire sempre la regola di riempire nuovamente il gozzo solo quando si sarà completamente svuotato. La soluzione reidratate migliore da poter somministrare per os anche a uccelli nati da poche ore è il Ringer lattato, ma utilizzando questa via è molto pratico anche l’utilizzo di soluzioni glucosate per prevenire o correggere le ipoglicemie. Una seconda possibilità poco utilizzata in termini di esclusiva idratazione è quella di applicare sonde permanenti come quelle esofagostomica o duodenostomica più utili nel caso di alimentazione assistita.

Fluidoterapia endovenosa Le vene negli uccelli sono molto fragili ed il tessuto sottocutaneo è praticamente assente. Per questo motivo le vene sono molto facili da evidenziare ma la formazione di un ematoma durante l’incannulazione è molto frequente. Questo fenomeno non deve quindi spaventare il veterinario che si presti ad eseguire questa manualità per la prima volta. In pazienti piccoli o poco collaborativi è consigliabile eseguire la procedura di incannulazione in sedazione o anestesia inalatoria, pertanto la decisione di procedere a questa via di somministrazione di fluidi deve tenere in considerazione i rischi connessi allo stress legato all’anestesia o alle manipolazioni. La somministrazione di fluidi può essere eseguita in urgenza tramite la vena giugulare destra (Fig. 2), vista la sua dimensione maggiore nella maggior parte delle specie rispetto alla controlaterale, ponendo le dovute attenzioni alla presenza del gozzo, che in alcune specie, come il Colombo (Columba livia) risulta piuttosto esteso. Per inserire cateteri venosi che debbano rimanere in sede per alcuni giorni sono preferibili le vene: ulnare (Fig. 3), brachiale e metatarsale plantare (in uccelli a zampa lunga). Con animale contenuto da assistente o sedato preparare la parte togliendo alcune piume e passando del cotone

FIGURA 3 - Vena ulnare in un pappagallo.

con disinfettante. Inserire il catetere completamente senza lasciare una parte all’esterno e fissarlo con del nastro adesivo facendo attenzione a non coinvolgere nella procedura di fissaggio con nastro troppe penne e piume che ne rimarrebbero danneggiate (Fig. 4). Immobilizzare l’ala (nel caso delle vene alari) con una fasciatura leggera che impedisca il movimento e impedisca all’animale di togliere il catetere con il becco. Solitamente i rapaci sopportano abbastanza i cateteri mentre gli altri uccelli con particolare riferimento ai pappagalli tendono a toglierli e morderli appena si sentano meglio o riassumano una certa vitalità pertanto può essere necessario l’uso di collare elisabettiano. I fluidi possono essere perfusi in CRI (infusione continua) ma è molto più comune e pratico perfondere dei micro boli somministrati a cadenze regolari. Per fare questo è utile inserire all’estremità libera del catetere un tappo perforabile del tipo Luer Loc (Fig. 5). L’utilizzo delle pompe a infusione può essere fatto ma deve garantire un flusso molto basso (1 ml per 1 ora) per evitare la rischiosissima iperperfusione del soggetto. 44


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FIGURA 4 - Cateterismo endovenoso della vena ulnare.

FIGURA 5 - Fissaggio del catetere ed applicazione del tappo perforabile (Luer Loc).

Un bolo endovenoso non deve superare i volumi di: circa 0,5-1 ml nella taglia di un Canarino (Serinus canaria) o Pappagallino ondulato, 1,5-2 ml in una Calopsitta o in un Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri), 5-7 ml in un Pappagallo Cenerino (Psittacus erithacus) ed in altri pappagalli di taglia media (amazoni), 10 ml in un Pappagallo di grossa taglia o in un Falco.

Fluidoterapia intraossea L’incannulazione di un osso è molto utile qualora non sia possibile (per dimensione del volatile o ipotensione) l’incannulazione venosa. Di solito questo approccio si utilizza in condizione di emergenza ed il catetere non viene tenuto in sede per un periodo superiore alle 48 ore.La via intraossea è più dolorosa ma ha la stessa efficacia dell’endovenosa.

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FIGURA 6 - Fluidoterapia intraossea, accesso ulnare.

Vi sono due sedi classiche: - Ulna distale: è il sito più utilizzato in tutte le taglie e di più facile gestione post-impianto. Per questo scopo si possono utilizzare tutti gli aghi anche se quelli con mandrino garantiscono che il foro dell’ago non si occluda durante la perforazione. Gli aghi spinali di diametro inferiore (es: 23G) sono i più usati. Nei piccoli Passeriformi vanno benissimo gli aghi ipodermici da 27- 30G. L’inserimento dell’ago può essere eseguito in sedazione e va preceduto da una anestesia locale eseguita iniettando una goccia di lidocaina sc nel sito di ingresso dell’ago o catetere. L’incannulazione si esegue alla base del capitello dell’ulna (condilo dorsale) forzando l’ingresso con movimenti semicircolari orari ed antiorari lungo l’asse maggiore dell’ulna (Fig. 6). La sensazione meccanica trasmessa dall’ago spesso ci permette di capire se siamo entrati nel midollo dell’osso, in casi dubbi è possibile eseguire due proiezioni radiografiche per essere certi di aver eseguito a regola d’arte la manovra. - Tibiotarso prossimale: la tecnica di ingresso e l’approccio anestesiologico sono uguali alla tecnica precedente. Il punto di ingresso è alla base della cresta tibiale lateralmente all’inserzione del muscolo tibiale craniale. Questa tecnica è meno utilizzata perché gli animali tendono a togliere il catetere appena si riprendono. Altri accessi ossei possono essere utilizzati ma sempre con grande attenzione (differenze di specie!) a non incannulare ossa pneumatiche in stretta connessione con il sistema respiratorio (potenziale rischio annegamento!). In entrambi i casi precedentemente descritti i cateteri vanno bloccati con una sutura sulla cute, con una piccola quantità di colla ciano acrilica oppure con una fasciatura contenitiva. I fluidi possono essere perfusi in CRI oppure in micro boli. L’infusione di un liquido all’interno di un osso è naturalmente più lenta e richiede un pressione maggiore rispet45


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EXOTIC FILES to all’infusione venosa. È normale quindi che si renda necessario praticare una leggera pressione ma senza forzare in modo eccessivo.

Fluidoterapia sottocutanea La via sottocutanea è una modalità di somministrazione dei fluidi semplice e di immediata esecuzione che ha comunque una sua dignità terapeutica ed un ambito di utilizzo molto ampio. Spesso considerata poco efficace o incisiva va invece sempre tenuta presente anche in associazione ad altre forme di reidratazione. L’unica critica che le si può fare è che se il fluidi vengono iniettati in animali molto debilitati o ipotermici l’assorbimento può essere molto lento o incompleto. I fluidi che possono essere iniettati nello spazio sottocutaneo sono esclusivamente cristalloidi isotonici o ipotonici sterili e preriscaldati. Non vanno mai perfuse grosse quantità nello stesso punto ma è preferibile frazionare la quantità totale in tanti piccoli punti. Le aree candidate ad ospitare fluidi sottocutanei non devono essere a rischio di ingresso di liquidi in cavità corporee che non li possano ospitare (es. sacchi aerei). Una delle zone di più comune utilizzo è la piega precrurale ovvero nella zona inguinale tra la coscia e l’addome dell’animale (Fig. 7). Di solito la pelle è elastica e ospita discrete quantità di liquidi che vengono rapidamente assorbiti. Oltre ai siti più indicati della piega precrurale e inguinale si possono utilizzare anche la cute dorsale del collo e interscapolare (attenzione a non compromettere il sacco aereo clavicolare) e per piccoli volumi il fianco, la cute del petto sopra i muscoli pettorali, la cute ascellare e la piega prepatagiale. Nel mercato estero è presenta una preparazione a base di ialuronidasi (150 UI/litro) che miscelata con i fluidi ne permette un più rapido assorbimento e ingresso in circolo.

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Il paziente critico in shock ipovolemico Una della condizioni cliniche che ci vedono obbligati ad utilizzare una fluidoterapia urgente è lo shock ipovolemico, situazione piuttosto frequente nella pratica clinica. Lo shock ipovolemico è causato da una perdita assoluta (uscita di fluidi dall’organismo) o relativa (uscita di fluidi dal comparto vascolare ma che rimangono nell’organismo) di volume ematico con relativo calo della pressione sanguinea. L’ipovolemia causa una riduzione del ritorno venoso al cuore sinistro con conseguente diminuzione della gittata cardiaca e tachicardia. L’organismo aviare solitamente riesce a compensare fino ad una perdita di volume ematico del 20% oltre la quale se non si interviene con una corretta fluidoterapia si avrà la progressione infausta dello shock. I segni di shock ipovolemico negli uccelli sono: tachicardia, ipotensione, ridotta ampiezza del polso, ipotermia con estremità fredde, mucose pallide e ottundimento del sensorio. Per procedere ad una fluidoterapia energica dobbiamo inserire un catetere venoso o intraosseo. In questo caso sarà necessario secondo l’esperienza e manualità di ognuno riflettere se approcciare il paziente da sveglio o se sedarlo con un anestetico inalatorio (Sevofluorano, Isofluorano). Se il paziente non collabora o se la manualità non è sufficientemente rapida, lo stress di pochi minuti di anestesia gassosa può essere meno pericoloso rispetto ad una contenzione forzata. In caso di Shock con riduzione del volume ematico circolante superiore al 20% del totale o una pressione arteriosa sistolica rilevata inferiore ai 90 mmHg è corretto iniziare la fluidoterapia con un bolo di cristalloidi alla dose di 10 ml/Kg peso (es. Ringer lattato) seguito immediatamente da un bolo di colloidi alla dose di 5 ml/Kg peso (es. Hetastarch). Se dopo 3 boli consecutivi di cristalloidi-colloidi la pressione non è risalita sopra i 90 mmHg alcuni autori consigliano una infusione molto lenta (20-30 minuti) di soluzione salina ipertonica al 7,5% alla dose di 5 ml/Kg peso.

Trasfusione ematica

FIGURA 7 - Fluidoterapia sottocutanea in zona precrurale.

Anche negli uccelli è possibile eseguire una trasfusione ematica una volta ottenuto un accesso venoso. Viene consigliata solo con ematocrito inferiore a 12-15% quindi in animali a rischio vita. La trasfusione migliore è quella ottenuta infondendo sangue degli animali della stessa specie in perfette condizioni di salute e testati per le malattie infettive diagnosticabili con test di laboratorio (es. poliomavirus, circovirus e clamidia nei Pappagalli). Sono state sperimentate ed eseguite trasfusioni tra specie aviari diverse con risultati spesso buoni. In condizioni sperimentali sono stati utilizzati pollo e galline come donatori per trasfusioni in diverse specie di uccelli con risultati soddisfacenti in prima somministrazione. È vivamente sconsigliato eseguire più di una somministrazione di sangue nello stesso soggetto per scongiurare il rischio di reazione immunitaria con eritrolisi massiva. 46


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EXOTIC FILES La quantità di sangue da trasfondere è di circa il 10% del volume circolante quindi circa l’1% del peso dell’animale. Durante il prelievo dal donatore il sangue va mantenuto fluido utilizzando come anticoagulante l’acido citrato destrosio nella dose di 0,15 ml per 1 ml di sangue. La fluidoterapia è un ausilio importantissimo nella pratica clinica rivolta a pazienti aviari. Le diverse tecniche di esecuzione prevedono un training molto rapido per essere eseguite con sicurezza e velocità e non necessitano di strumentazioni e attrezzature complesse o costose. Queste tecniche possono, e devono, essere utilizzate da chiunque offra un servizio di Medicina Veterinaria in

2 - 2014 pazienti aviari vista la loro importanza nel corretto recupero di pazienti critici e non solo.

Letture consigliate West G., Heard D., Caulkett N.; Zoo animal and wildlife immobilization and anesthesia 2nd edition, Wiley Blacwell. Tully T.N.Jr., Dorrenstein G.M., Jones A.K.; Handbook of avian medicine 2nd edition, Saunders Elsevier. Chitty J., Lierz M.; BSAVA manual of raptors, pigeons and passerine birds, BSAVA. Samour J.; Avian medicine 2nd edition, Mosby Elsevier. Harrison G.J., Lightfoot T.L.; Clinical avian medicine 2nd edition Vol I-II, Spix publishing.

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La nutrizione forzata

Igor Pelizzone

Canovi S.

Med Vet, Ambulatorio Veterinario Belvedere, Reggio Emilia

Med Vet, Ambulatorio Veterinario Belvedere, Reggio Emilia

Introduzione La malnutrizione può essere definita come un disordine caratterizzato da alimentazione inadeguata o sbilanciata, associata a carenze o eccessi nutrizionali. Molti animali esotici si presentano alla visita in condizioni di malnutrizione a causa di una ridotta assunzione di cibo. Negli animali non convenzionali l’anoressia rappresenta infatti uno dei principali problemi che un medico veterinario deve affrontare e solitamente ha conseguenze molto più gravi rispetto ai cani e ai gatti. L’energia digeribile rappresenta l’energia fornita con il cibo che viene assorbita dal sistema gastrointestinale. Una piccola parte dell’energia digeribile viene escreta dall’organismo sotto forma di urina e feci; l’energia ritenuta nell’organismo è detta energia metabolizzabile. Quando l’alimento viene assorbito dal tratto gastrointestinale, si verifica un incremento del tasso metabolico ed un effetto calorigeno, chiamato effetto dinamico. La differenza tra effetto calorigeno ed energia metabolizzabile rappresenta l’energia disponibile all’uso per l’animale. In associazione a questa differenza energetica esiste l’energia spesa nella digestione e trasporto dei nutrienti attraverso il tratto intestinale. I principi nutritivi a catena corta o più semplici richiedono meno energia per questo processo rispetto a principi complessi o a lunga catena. Di conseguenza, diete contenenti elementi più semplici danno un rifornimento nutrizionale più rapido e maggiore capacità di supportare i pazienti critici. Quando l’animale non mangia la temperatura corporea cala e il metabolismo rallenta. Le riserve di glicogeno vengono depauperate in 24 ore di digiuno, mentre la gluconeogenesi non comincia prima di diversi giorni. L’obbiettivo del clinico in questa situazione è ridurre il catabolismo alimentando forzatamente il paziente tramite nutrizione enterale o parenterale. Una delle possibili complicazioni nella gestione dei pazienti denutriti è la sindrome da rialimentazione. Quando un paziente particolarmente defedato viene alimentato forzatamente in maniera troppo aggressiva il risultato è l’instaurarsi di ipofosfatemia, ipomagnesiemia, ipokaliemia, in associazione ad un aumento del volume di fluidi extracellulari. Le possibili complicazioni includono debolezza muscolare generalizzata, tetania, disfunzione miocardica, aritmie, convulsioni, ritenzione di acqua e sodio, anemia emolitica, che conducono a morte

per insufficienza cardiaca o respiratoria. Per evitare questa sindrome è importante fornire adeguati livelli di potassio, magnesio, fosfati e un basso apporto di carboidrati facilmente digeribili.

Coniglio e roditori Nei pazienti erbivori quali coniglio e roditori instaurare un corretto apporto nutrizionale è di fondamentale importanza non solo al fine di fornire l’apporto calorico necessario, ma anche per prevenire la stasi gastrointestinale e la lipidosi epatica. Il coniglio necessita di un contenuto di fibra variabile dal 26% al 32% e un contenuto calorico pari a circa 2.2 Kcal/gr nella dieta. L’ingestione di alimento è molto alta, con un tempo di transito gastrointestinale di circa 19 ore. La nutrizione enterale rappresenta sicuramente la prima scelta e dovrebbe sempre essere istituita il più precocemente possibile perché aiuta a ridurre il dolore associato a colica, mentre la fibra stimola la motilità gastroenterica e limita il passaggio dei batteri attraverso la parete intestinale. La somministrazione di alimento può avvenire tramite siringa o sonda nasogastrica. L’utilizzo della siringa è un metodo semplice e solitamente ben accetto, che consiste nella somministrazione di piccoli pasti ogni 1-2 ore. Particolari precauzioni devono essere poste nell’evitare l’accidentale aspirazione di materiale alimentare in trachea. In caso i pazienti non siano in grado di deglutire, si può optare per l’applicazione di una sonda nasogastrica. La lunghezza viene calcolata in base al paziente e corrisponde alla distanza tra apice del naso e ultima costola. L’inserimento avviene in sedazione e mediante l’instillazione di alcune gocce di anestetico locale (lidocaina) a livello delle narici. Si inserisce un tubo flessibile di 5 o 8 F possibilmente trasparente all’interno di una narice, mantenendo una direzione ventromediale. Superate le coane si porta il tubo in esofago fino allo stomaco (possibilmente sotto guida endoscopica per evitare la trachea). È possibile infine valutare il corretto posizionamento della sonda nasogastrica mediante l’esecuzione di una radiografia. Al termine della procedura è bene fissare la sonda alla testa del paziente mediante sutura cutanea o colla dermica (Fig. 1). 48


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FIGURA 1 - Applicazione di un sondino naso gastrico trasparente in un coniglio sedato.

La quantità di alimento da somministrare varia a seconda delle condizioni del paziente, della tecnica di somministrazione scelta e del tipo di dieta. Nel coniglio e nei roditori il fabbisogno energetico a riposo (RER) espresso

Tabella 1 Diminuita attività fisica

0,7-0,9 x BER

Inedia

0,5-0,7 x BER

Ipometabolismo

0,5-0,9 x BER

Chirurgia

1,0-1,2 x BER

Traumi

1,0-1,2 x BER

Traumi gravi

1,1-2,0 x BER

Crescita

1,5-3,0 x BER

Sepsi

1,2–1,5 x BER

Ustioni

1,2-2,0 x BER

Trauma cranico

1,0-2,0 X BER

in Kcal/d si calcola mediante la formula: 70 x (peso corporeo in Kg)0,75. Il RER deve poi essere moltiplicato per dei coefficienti che variano in funzione del soggetto da 0.5 a 3.0, per ottenere l’effettivo fabbisogno energetico giornaliero, che prende il nome di DER (Daily Energy Requirement). Nella tabella 1 sono riportati i principali coefficienti di correzione della RER per i piccoli mammiferi. Il supporto nutrizionale deve iniziare gradualmente nei pazienti defedati, passando da un 40% sino ad un 70% della loro richiesta energetica totale nel giro di 4 o 5 giorni. Esistono in commercio diversi prodotti alimentari formulati appositamente per il paziente in condizioni critiche e specificatamente per erbivori conigli e roditori, che possiedono quantità adeguate di fibra insolubile: Lafeber Emeraid Herbivore® (1.32 Kcal/ml con 31% fibra grezza); Oxbow Critical Care® (1.6 Kcal/gr con un contenuto in fibra grezza che va da un minimo del 21% ad un massimo del 26%); Supreme Science Recovery® (con contenuto in fibra grezza minimo del 19%); e Supreme Science Recovery Plus® (con contenuto in fibra grezza minimo del 25%). Queste diete sono appositamente stu-

Tabella 2 - Formulazioni commerciali per alimentazione enterale nel coniglio e roditori Quantità consigliate

Diluizione con acqua

Energia

Oxbow Critical Care Herbivore®

26.3 gr/Kg (2.9 tbsp*)

1 CC / 2 H2O

1.6 Kcal/gr

Oxbow Critical Care Herbivore Fine Grind®

26.3 gr/Kg (2.9 tbsp*)

1 CC / 3 H2O

1.6 Kcal/gr

Lafeber Emeraid Herbivore®

4 misurini

1 misurino/20ml H2O

1.20 Kcal/gr

Lafeber Emeraid Omnivore®

3-6 misurini**

1 misurino/20ml H2O

2.0 Kcal/ml

Supreme Science Recovery®

20 gr/Kg

20 gr/90ml H2O

1.96 Kcal/gr

Supreme Science Recovery Plus®

20 gr/Kg

20 gr/90ml H2O

1.96 Kcal/gr

*tbsp: cucchiaio. **4.5 misurini + 1 misurino per erbivori nel Gerbillo e Ratto; 3 misurini + 2 misurini per erbivori nel Criceto; 6 misurini nel Topo. 49


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EXOTIC FILES diate per il supporto nutrizionale a lungo termine del paziente ricoverato. Critical Care Fine Grind® della Oxbow inoltre viene prodotto come particella di fibra molto fine per facilitare il suo utilizzo mediante siringa o sonda nasogastrica. Nella tabella 2 sono riportati i principali alimenti commerciali per alimentazione enterale per conigli e roditori: L’alimentazione parenterale (PN) può essere utilizzata nel coniglio e nei roditori (cavia e cincillà) in cui non sia possibile applicare una sonda nasogastrica e che non siano in grado di deglutire. È un metodo conveniente per il supporto nutrizionale che necessita solo di un contenitore/sacca, una pompa ad infusione in grado di somministrare liquidi opachi, ed un set per infusione venosa centrale o periferica. Deve essere in grado di fornire energia sufficiente a soddisfare il RER giornaliero del paziente, senza eccederlo. I componenti essenziali sono destrosio, aminoacidi e lipidi, a cui sono addizionati complessi vitaminici (vitamine del gruppo B), minerali, elettroliti e cristalloidi. Le soluzioni con osmolarità superiore a 600 mOsm/L devono essere somministrate attraverso un catetere venoso centrale per scongiurare il rischio di flebiti. Nelle prime di fasi i pazienti devono ricevere il 60-80% del loro RER dai lipidi, al fine di minimizzare l’insorgenza di iperglicemia in soggetti in cui sussiste una gluconeogenesi in risposta al digiuno. L’infusione di lipidi per via intravenosa può provocare un incremento transitorio dei trigliceridi a livello plasmatico; ciò può essere comparabile all’iperlipidemia postprandiale, e in ogni caso di solito si risolve entro 30 minuti dalla cessazione della somministrazione. Uno dei vantaggi nell’uso di una soluzione parenterale ad alto contenuto di lipidi è che possiede un’osmolarità bassa attorno ai 300 mOsm/L, per cui può essere somministrata attraverso un catetere periferico. Il fabbisogno proteico per un paziente erbivoro si aggira attorno a 1-2 gr ogni 100 Kcal. In caso di insufficienza renale o epatica sono raccomandati valori inferiori. Al contrario, quando i fabbisogni proteici sono aumentati (es per patologie proteino-disperdenti), si raccomanda di fornire sino a 5-6 gr di proteine ogni 100 Kcal. Gli elettroliti che solitamente vengono reintegrati sono potassio e fosforo, poichè subiscono rapidamente uno spostamento verso lo spazio intracellulare quando si inizia ad alimentare il paziente. In condizioni di normokaliemia è sufficiente reintegrare con una soluzione di potassio cloruro a 30 mEq/L. Il fosforo può essere aggiunto alla soluzione parenterale in misura di 10 mmol/L come sodio o potassio fosfato. Le vitamine liposolubili non vanno solitamente reintegrate, a meno che non vi sia un’anamnesi di perdita di peso che si protrae da parecchio tempo, e/o un malassorbimento di grassi; ad ogni modo la reintegrazione può essere effettuata più semplicemente tramite iniezione intramuscolare di una soluzione contenente vitamina A, D ed E. Le vitamine idrosolubili invece, devono essere fornite giornalmente nella soluzione parenterale, in quanto sono di fondamentale importanza per il metabolismo del paziente; è raccomandata una soluzione contenente vitamine del gruppo B da fornire in misura di 1ml ogni 100 Kcal di soluzione parenterale. Tutti gli elementi nutritivi possono essere miscelati in

2 - 2014

Tabella 3 RER

70 x (peso corporeo in Kg)0,75

DER

0.5 - 3.0 x RER

Percentuale di Kcal dal glucosio

20%

Percentuale di Kcal dai lipidi

80%

Rapporto proteine-calorie

2 gr/100 Kcal

Integrazione Vitamine B

1 ml/100 Kcal

Integrazione potassio

30 mEq/L

Integrazione fosforo

10 mM/L

Fluidi giornalieri (ml/kg/die)

100

un’unica soluzione e mantenuti refrigerati sino a 5 giorni; il problema principale ai fini della conservazione è rappresentato dall’emulsione lipidica, che si deteriora rapidamente. Soluzioni con un’osmolarità inferiore ai 550 mOsm/L si possono somministrare con catetere venoso periferico, altrimenti è indicato l’uso di un catetere centrale. Nella tabella 3 vengono riportati i dati per il calcolo di una soluzione per alimentazione parenterale.

Furetto Nel furetto che non sia in grado di alimentarsi autonomamente il supporto nutrizionale è fondamentale per prevenire l’ipoglicemia e la lipidosi epatica. Questi pazienti sono carnivori con altissimi fabbisogni in grassi e proteine (30-40% proteine, 18-20% grassi), mentre non sono in grado di metabolizzare efficacemente i carboidrati, che quindi dovrebbero essere limitati, così come la fibra (2%). Si possono utilizzare sia le formulazioni specifiche per piccoli mammiferi (Oxbow Carnivore Care®, Lafeber Emeraid Carnivore®) che prodotti per l’alimentazione enterale di cani e gatti (Canine Feline a/d® Hill’s Pet Nutrition, Recovery® Royal Canin) senza grossi problemi. Si consiglia la somministrazione di 10-20 ml/Kg di alimento 3 o 4 volte al giorno. I fabbisogni giornalieri del furetto sono comparabili a quelli del gatto. Le tecniche di alimentazione enterale sono simili a quelle di cani e gatti e vanno dall’utilizzo di siringhe al posizionamento di sonde esofagogastriche che possono essere mantenute in sede anche per 6 settimane. Nella tabella 4 sono riportati i principali alimenti commerciali per alimentazione enterale per furetti: L’utilizzo dell’alimentazione parenterale nei furetti è ben documentato in letteratura. In questi pazienti vengono usate soluzioni i cui componenti principali sono lipidi, aminoacidi e glucosio. La quota energetica viene fornita come mix di lipidi e glucosio a cui vengono addizionati aminoacidi come fonte proteica, complessi vitaminici (vit. B), soluzioni elettrolitiche (potassio e fosforo), cristalloidi e minerali. A causa dei fabbisogni proteici alti la soluzione parenterale presenta spesso una 50


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Tabella 4 - Formulazioni commerciali per alimentazione enterale nel furetto Quantità consigliate

Diluizione con acqua

KCal

Oxbow Carnivore Care®

25.8 gr/Kg (6.4 tbsp*)

2 CC: 1 H2O

1.6 Kcal/gr

Hill’s Pet Nutrition a/d®

52.9 gr/Kg (50.9ml)

1:1

1.15 Kcal/gr

Royal Canin Recovery®

50 gr/Kg

1:1

1.11 Kcal/gr

2 misurini

1 misurino: 20ml H2O

5.14 Kcal/gr

Lafeber Emeraid Carnivore® *tbsp: cucchiaio

Tabella 5

Tabella 6

RER

70 x (peso corporeo in Kg)0.75

RER

10 x (peso corporeo in Kg)0.75

DER

0.5 – 3.0 x RER

DER

f x RER

Percentuale di Kcal dal glucosio

20%

Inattività fisica

f = 0.25-0.5

Percentuale di Kcal dai lipidi

80%

Inedia

f = 0.12-0.725 f = 0.25-0.98

Rapporto proteine-calorie

4 gr/100 Kcal

Ipometabolismo

Integrazione Vitamine B

1 ml/100 Kcal

Chirurgia

f = 1.0-1.2

Integrazione potassio

30 mEq/L

Traumi

f = 1.0-1.2

Integrazione fosforo

10 mM/L

Traumi gravi

f = 1.2-1.5

Crescita

f = 1.2-1.8

Sepsi

f = 1.0-1.5

Fluidi giornalieri (ml/kg/die)

100

Osmolarità alta compresa tra i 600 e gli 800 mOsm/L, per cui si deve optare preferibilmente per una vena centrale. Nella tabella 5 sono riportarti i dati per il calcolo della formulazione per alimentazione parenterale.

Rettili Il supporto nutrizionale è fondamentale nella terapia intensiva dei rettili; molti di questi portati in clinica si presentano infatti defedati, disidratati e gravemente malnutriti, dato che tendono a manifestare anoressia anche di lunga durata quando sottoposti a forti stress. Questi animali potrebbero non essere in grado di digerire cibo solido e il materiale potrebbe permanere nello stomaco come risultato di una ridotta mobilità gastrointestinale. In questo caso il supporto nutrizionale gastroenterico non dovrebbe essere istituito sino a che il paziente non sia stato reidratato e i valori di glucosio ematico non siano nei range di normalità. L’alimentazione enterale è in grado di stimolare la funzionalità intestinale e può essere eseguita tramite siringa, sonde orogastriche o tubi esofagogastrici. La scelta della tecnica si basa sulla specie interessata, sulla durata del trattamento e sullo stato metabolico del paziente. In genere si raccomanda di iniziare la terapia nutrizionale in tutti i pazienti che abbiano perso anche solo il 10% del loro peso corporeo in modo repentino. Se il calo di

peso è avvenuto in maniera lenta e progressiva è possibile aspettare che la diminuzione si attesti attorno al 20% del peso prima di iniziare un’adeguata terapia nutrizionale. La quantità di alimento somministrata varia da specie a specie e deve essere calcolata attentamente in base all’energia metabolica richiesta al paziente. Nei rettili il calcolo dell’energia metabolica standard espressa in Kcal/die si può eseguire tramite la formula: RER = 10 x (peso corporeo in kg)0,75. Questo valore indica l’energia richiesta calcolata in condizioni standard (in terrario al buio e a 30°C) e dovrà comunque venire adattata alla situazione clinica del paziente (sepsi, inattività fisica, stress, processi riparativi, traumi ecc) moltiplicando il RER per un coefficiente variabile da 0.12 a 1.8 Nella tabella 6 sono riportati i coefficienti di correzione del RER nei rettili. Per stimolare la ripresa dell’alimentazione spontanea è sufficiente fornire il 60-80% del fabbisogno totale del paziente. Per quanto riguarda pazienti emaciati o profondamente defedati, questi dovranno ricevere nei primi giorni non più del 10-20% del loro fabbisogno energetico per evitare la “sindrome da rialimentazione”, in grado di condurli a morte. Nei giorni successivi la quantità di alimento dovrà essere aumentata gradatamente (in 2-5 giorni). In caso di trattamenti brevi è consigliabile utilizzare tecniche di alimentazione forzata tramite sonda orogastrica (Fig. 2). 51


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FIGURA 2 - Sonde orogastriche in metallo per cheloni.

FIGURA 3 - Sonde in gomma morbida di diverse dimensioni per l’alimentazione assistita degli ofidi.

FIGURA 4 - Grave stomatite necrotizzante in una Pogona vitticeps causata da errata somministrazione di alimento tramite siringa.

2 - 2014 Per i cheloni vanno preferite sonde rigide in metallo (sono in grado di tranciare sonde di gomma con la ranfoteca), per ofidi sonde in gomma flessibili di dimensioni adeguate (Fig. 3), mentre per sauri carnivori o erbivori si possono utilizzare siringhe. Nei rettili acrodonti (agamidi, camaleonidi ecc.) è bene prestare particolare attenzione nella somministrazione dell’alimento, in quanto l’accidentale rottura di uno o più denti durante questa procedura, sarebbe definitiva e potrebbe causare gravi stomatiti (Fig. 4). In questi animali si consiglia dunque di utilizzare un raccordo in gomma morbida da inserire sulla siringa onde evitare lesioni orali. Si tenta di aprire delicatamente la bocca con uno speculum (o una spatola da laboratorio, pellicola radiografica) oppure si tira verso il basso l’area di cute intermandibolare (iguane, camaleonti). Mantenendo la bocca aperta in questo modo, si somministra il cibo a bolo direttamente in esofago, sfruttando il fatto che la glottide presenta una posizione relativamente rostrale nella maggior parte dei rettili, per cui il rischio di intubare accidentalmente la trachea è molto basso. Nel caso la terapia nutrizionale debba prolungarsi per lunghi periodi o non si riesca ad aprire agevolmente la bocca del paziente è consigliabile l’utilizzo di sonde gastriche permanenti. La procedura prevede che l’animale sia messo in anestesia e la sonda gastrica fatta uscire a livello di faringe (faringostomia) o esofago (esofagostomia) e fissata tramite sutura alla cute. In questo modo il rettile potrà essere alimentato artificialmente senza troppi stress e non vi saranno impedimenti alla ripresa dell’alimentazione spontanea (Fig. 5). Nei serpenti che hanno bisogno di una nutrizione assistita non vi sono ancora linee guida approvate che diano indicazione sulla dimensione e la frequenza del pasto. Questi si alimentano in condizioni fisiologiche con rari pasti abbondanti, mentre uno degli obbiettivi della nutrizione assistita è proprio quello di fornire piccoli pasti a frequenza ravvicinata. Studi eseguiti su serpenti sani non hanno messo in evidenza effetti negativi importanti quando ques ti vengono alimentati giornalmente

FIGURA 5 - Sonda esofagogastrica in una Trachemys scripta elegans. 52


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Tabella 7 - Formulazioni commerciali per alimentazione enterale nei rettili Quantità consigliate

Diluizione con acqua

Kcal

Oxbow Critical Care Herbivore®

erbivori

12gr/Kg (1.3 tbsp*)

1 CC: 2 H2O

1.6 Kcal/gr

Lafeber Emeraid Herbivore®

erbivori

4 misurini / Kg

1 misurino: 20 ml H2O

1.20 Kcal/gr

Oxbow Carnivore Care®

carnivori

6.9gr/Kg (1.7 tbsp*)

2 CC: 1 H2O

1.6 Kcal/gr

Lafeber Emeraid Carnivore®

carnivori

2 misurini /Kg

1 misurino: 20 ml H2O

5.14 Kcal/gr

Hill’s Pet Nutrition a/d®

carnivori

20 gr/Kg

1:1

1.15 Kcal/gr

Lafeber Emeraid Omnivore®

onnivori

1.5 misurini (+1.5 per carnivori) /Kg

1 misurino: 20 ml H2O

2.0 Kcal/ml

*tbsp: cucchiaio

senza superare il DER (Daily Energy Requirement). Si consiglia ad ogni modo di fornire pasti abbondanti e non frequenti anche in animali molto debilitati. Esistono in commercio diverse formulazioni che possono essere usate per la terapia nutrizionale dei rettili carnivori ed erbivori: Lafeber Emeraid Herbivore® (1.32 Kcal/ml), Oxbow Critical Care® per erbivori (1.6 Kcal/gr), per rettili erbivori; Oxbow Carnivore Care®, Canine Feline a/d® Hill’s Pet Nutrition, per rettili carnivori. Nel caso di specie onnivore quest’ultimi possono essere mescolati a prodotti per erbivori (in rapporto 1:1) od omogenizzati di verdure ad uso umano per neonati. Nella tabella 7 sono riportati i principali alimenti commerciali per alimentazione enterale per rettili. L’alimentazione parenterale in questi pazienti si rende raramente necessaria e incontra non poche difficoltà tecniche di esecuzione (inserimento di un catetere venoso stabile). Vi sono pochi studi al riguardo e le indicazioni sono aneddotiche ed estrapolate direttamente dai mammiferi. Le principali fonti energetiche anche in questi animali sono gli aminoacidi (soluzioni al 2 o al 10%), il destrosio (soluzioni al 25 o al 50%) e gli acidi grassi (emulsioni al 10 o 20%). Mentre aminoacidi e destrosio devono essere forniti con catetere venoso centrale, gli acidi grassi possono essere somministrati nel circolo periferico. In generale per le specie carnivore ed onnivore i valori proteici devono essere compresi tra il 20 e il 30%, i lipidi tra il 25 e il 45%, mentre i carboidrati fanno la differenza. Tenere presente inoltre che nei rettili l’osmolarità del plasma è inferiore e le soluzioni osmotiche bilanciate per mammiferi (ad es. soluzione salina 0.9%) risultano essere ipertoniche. Per rispondere ai fabbisogni di mantenimento si suggerisce di usare una soluzione di destrosio al 2.5% in soluzione salina al 0.45%. In questo modo si ottiene un’osmolarità (280 mOsm/L) più simile a quella dei rettili. Le possibili complicazioni includono sepsi, flebiti e trombosi, steatosi epatica, iperglicemia e ipokaliemia.

Uccelli Spesso i volatili debilitati non sono in grado di alimentarsi autonomamente, pertanto considerato il loro altissimo tenore metabolico è importante iniziare una terapia nutrizionale assistita in maniera repentina. Il calcolo della quantità da somministrare deve essere effettuato in base alle esigenze metaboliche. Il fabbisogno energetico degli uccelli in Kcal/die è quantificabile con la seguente formula: RER = 78 x (peso corporeo in Kg)0.75. L’energia di mantenimento giornaliera (DER) per volatili adulti ospedalizzati è pari a 1.5 volte il RER, ma deve ad ogni modo essere adattata alla situazione clinica del paziente. In genere gli uccelli accettano di buon grado quantità pari a 30-50 ml/Kg di fluidi per via orale. Quando si utilizzano soluzioni enterali è consigliabile iniziare a somministrare dosi più basse (15-20 ml/Kg), per poi aumentare a seconda della tolleranza del paziente. Normalmente si somministrano dai 2 ai 4 pasti al giorno a seconda delle esigenze. I rapaci e altre specie carnivore necessitano di livelli bassi in carboidrati (2%) e alti in proteine (17-20%) e grassi (2-28%). In queste specie può essere di beneficio usare formulazioni commerciali ricche di arginina e glutamina (Lafeber Emeraid Carnivore®, Cornell, IL USA). Nella tabella 8 sono riportati alcuni alimenti commerciali per alimentazione enterale per uccelli. Se l’apparato gastroenterico è pervio e funzionante si possono alimentare tramite sonde per alimentazione forzata. Si utilizzano sonde rigide (pappagalli) o tubi di gomma che vengono inseriti all’interno del cavo orale del paziente e posizionati a livello del gozzo, mantenendo il volatile in posizione verticale. Verificare al tempo stesso che non vi sia rigurgito in orofaringe. Di solito si inizia con volumi inferiori che vengono aumentati gradualmente una volta che ci si è assicurati che il paziente sia in grado di tollerarli. Prima di somministrare il pasto è bene riscaldarlo. 53


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Tabella 8 - Formulazioni commerciali per alimentazione enterale negli uccelli Quantità consigliate

Diluizione con acqua

KCal

Lafeber Emeraid Omnivore®

6 misurini

1 misurino: 20ml H2O

2.0 Kcal/ml

Lafeber Emeraid Carnivore®

0.5-2**misurini

1 misurino: 20 ml H2O

5.14 Kcal/gr

18.7gr/Kg (4.7 tbsp*)

2 CC: 1 H2O

1.6 Kcal/gr

Oxbow Carnivore Care® *tbsp: cucchiaio **2 misurini nei rapaci

È importante terminare ogni altra procedura clinica prima di somministrare l’alimento all’uccello per diminuire il rischio di rigurgito.

Tabella 9 - Formula per il calcolo del RER Non passeracei

78 x (peso corporeo in Kg)0.75

Passeracei

129 x (peso corporeo in Kg)0.75

Tabella 10 - Calcolo dei fabbisogni energetici DER

K x RER

Diminuita attività fisica

0.7-0.9 = K

Inedia

0.5-0.7 = K

Ipometabolismo

0.5-0.9 = K

Chirurgia

1.0-1.2 = K

Traumi

1.0-1.2 = K

Traumi gravi

1.1-2.0 = K

Crescita

1.5-3.0 = K

Sepsi

1.2-1.5 = K

Ustioni

1.2-2.0 = K

Trauma cranico

1.0-2.0 = K

Altre possibili tecniche per il supporto nutrizionale sono l’applicazione di una sonda esofagostomica e la duodenostomia. L’applicazione della sonda è indicata in caso di gravi traumi al becco, patologie della cavità orale o dell’esofago. La sonda è posizionata direttamente nel proventricolo e messa in contatto con l’esterno attraverso un’incisione posta alla base del collo sul lato destro. Le manualità di inserimento della sonda sono sovrapponibili a quelle descritte per i rettili e si possono lasciare in sede anche per sette giorni senza creare grossi disturbi al paziente. In caso di grave disfunzione gastrica è opportuno bypassare l’intero tratto prossimale dell’apparato gastroenterico e utilizzare sonde duodenostomiche per fornire un adeguato supporto nutrizionale. Il paziente è posto in anestesia generale e l’area ventrale dell’addome è preparata asetticamente. Si effettua un’incisione ventrale sulla linea mediana e una sulla parte ascendente del duodeno. Una sonda in silicone o poliuretano (con diametro massimo pari ad 1/3 di quello del duodeno) è posta all’interno del duodeno e messa in comunicazione con l’esterno attraverso una seconda incisione sulla parete addominale. Questa sonda deve rimanere posizionata per almeno 5 giorni in modo da diminuire le probabilità di peritonite quando verrà estratta. Nelle tabelle 9, 10 e 11 vengono riportati i dati per il calcolo dei fabbisogni energetici negli uccelli: Nella tabella 12 è riportata la composizione dei principali alimenti commerciali per alimentazione assistita per animali esotici:

Tabella 11 - Volume e frequenza dell'alimentazione forzata nei principali volatili Fringillidi

0.1-0.3 ml

q 4h

Pappagallino ondulato

0.5-1.0 ml

q 6h

Inseparabile

1.0-3.0 ml

q 6h

Calopsitta

1.0-2.5 ml

q 6h

Conuri

2.5-5.0 ml

q 6h

Amazzona

5.0-8.0 ml

q 8h

Pappagallo cenerino

5.0-10.0 ml

q 8h

Cacatua

8.0-12.0 ml

q 12h

Ara

10.0-20.0 ml

q 12h 54


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Tabella 12 - Tenori analitici dei principali alimenti commerciali usati nell'alimentazione enterale degli animali esotici Proteina grezza (%)

Grassi (%)

Fibra grezza (%)

EI (%)

Ceneri (%)

Ca (%)

P (%)

EM (Kcal/gr)

Oxbow Critical Care Herbivore®

16 (min)

3 (min)

21-26

10 (max)

10 (max)

0.4-0.6

0.20 (min)

2.67

Oxbow Critical Care Herbivore Fine Grind®

16 (min)

3 (min)

21-26

10 (max)

10 (max)

0.4-0.6

0.20 (min)

2.67

Oxbow Carnivore Care®

45 (min)

32 (min)

3 (max)

10 (max)

8 (max)

1.4-1.8

1.2

2.67

Lafeber Emeraid Herbivore®

19 (min)

9.5 (min)

32 (max)

1 (min)

0.39 (min)

1.20

Lafeber Emeraid Carnivore®

37.8 (min)

33.95 (min)

4.46 (max)

5.142

Lafeber Emeraid Omnivore®

20 (min)

9.5 (min)

0.5 (max)

6.16

Supreme Science Recovery®

17

2

19

7

0.8

0.4

Supreme Science Recovery Plus®

18.5

5

25

10

1

0.6

Hill’s Pet Nutrition a/d®

44.2

30.4

1.3

1

1

Royal Canin Recovery®

14

6.2

2

BIBLIOGRAFIA De Matos R., Morrisey J. K.: Emergency and Critical Care of Small Psittacines and Passerines. Seminars in Avian and Exotic Pet Medicine, Vol 14, No 2 (April), 2005: pp 90105. Hill’s® Pet Nutrition Feeding Guide, www.hillspet.com. Lafeber Emeraid® Critical Care System Formulations Feeding Guidelines, www.emeraid.com. Mader D. R.: Reptile Medicine and Surgery, Chapter 18, Nutrition, pp 251-298. Norton T. N.: Chelonian Emergency and Critical Care. Seminars in Avian and Exotic Pet Medicine, Vol 14, No 2 (April), 2005: pp 106-130.

15.4 1.7

1.15 1.2

Orosz S. E.: Critical Care Nutrition For Exotic Animals. Journal of Exotic Pet Medicine, 22 (2013), pp 163-167. Oxbow Critical Care® Dosage Guidelines Chart, www. oxbowanimalhealth.com. Remillard R. L.: Parental Nutrition Support in Rabbits and Ferrets. Journal of Exotic Pet Medicine, Vol 15, No 4 (October), 2006: pp 248-254. Royal Canin Recovery®, Ingredienti e Razionamento, www. royalcanin.it. Supreme Science Recovery® Feeding Guidelines, www.supremepetfoods.com. Whittington J. K.: Esophagostomy feeding tube use and placement in exotic pets, Journal of Exotic Pet Medicine, 22 (2013), pp 178-191.

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Pronto soccorso “non convenzionale”

Maria Cristina Stocchino DMV, Diplomata Omeopatia Veterinaria e Agopuntura veterinaria, Direttore Exotic Files Sassari - c.stocchino@tiscali.it

L’omeopatia è un sistema clinico-terapeutico fondato dal medico tedesco C. F. Samuel Hahnemann (1755-1843); trova impiego nella terapia di tutte le patologie acute e croniche, ad eccezione di quelle di esclusivo approccio chirurgico. La ricerca del rimedio omeopatico prevede un’anamnesi estremamente accurata in quanto il rimedio omeopatico servirà per curare il malato e non la malattia. E’ per questo che più individui affetti da un’identica patologia, riceveranno rimedi omeopatici differenti. Nelle patologie croniche l’anamnesi si concentrerà anche sulle patologie pregresse, sugli aspetti psicocomportamentali dell’animale, sulla relazione con l’ambiente (modalità di assunzione del cibo e dell’acqua, desideri e avversioni alimentari, atteggiamenti nei confronti della temperatura, della luce, del buio, ecc). Per la prescrizione corretta del rimedio, una volta raccolti i sintomi, si devono scegliere i più importanti, cioè quelli che caratterizzano maggiormente il soggetto. Anche il valore gerarchico dei sintomi è importante: saranno più utili per la scelta del rimedio, i sintomi eziologici (dove per eziologia non si intende il nome della malattia o l’agente patogeno virale, batterico, ecc, quanto piuttosto la condizione che ha dovuto subire l’animale, che l’ha indebolito e reso recettivo alla malattia, che potrà essere emozionale, come uno spavento, un lutto, ma anche fisico, per esempio un cambiamento brusco di temperatura, un’infreddatura, un incidente); seguono, in ordine di importanza, i sintomi comportamentali, poi quelli generali (di relazione con l’ambiente) ed infine quelli locali, organici. Questi ultimi possono essere presi in considerazione solo qualora siano “modalizzati”, vale a dire, ad esempio, che un sintomo come lo scolo oculare deve essere “aggettivizzato”: colore, consistenza, se è o meno irritante, orari e modalità di aggravamento e miglioramento… Come possiamo allora utilizzare un rimedio omeopatico in pronto soccorso? Riusciremo in così poco tempo a formulare una “diagnosi di rimedio”? In pronto soccorso, per la scelta del rimedio più corretto, possiamo utilizzare il sintomo eziologico: alto valore gerarchico e, solitamente individuabile facendo due o tre domande al proprietario mentre facciamo le prime procedure cliniche. Inoltre nei casi acuti, i sintomi dell’animale sono espressi con una certa evidenza, e la raccolta di sintomi organici obiettivi, che riusciamo ad aggettivizzare noi stessi, ci consentirà di raggiungere in breve tempo una diagnosi di rimedio.

Traumi: fra i vari rimedi che riconoscono il trauma come eziologia, sicuramente ARNICA è il più conosciuto. E’ in grado di ridurre gli stravasi ematici, gli edemi infiammatori, il dolore, ed agisce, inoltre, intervenendo sullo stress causato dallo spavento subito. Per questi stessi motivi, Arnica è un rimedio utilizzato vantaggiosamente in fase perioperatoria. Una dose unica di arnica 200K prima dell’intervento chirurgico è in grado di ridurre il sanguinamento e controllare il dolore. Un’identica somministrazione è consigliata dopo l’intervento. Negli interventi del cavo orale di conigli, cavie e cincillà, l’arnica risulta particolarmente utile, e nei piccoli roditori spesso associo anche HYPERICUM 1000K, dose unica, prima dell’intervento, perché è in grado di ridurre notevolmente il dolore odontogenico. Rimanendo in campo operatorio, un altro grande rimedio è OPIUM, che contrasta gli effetti della depressione respiratoria e circolatoria dell’anestesia, anche sugli eventuali piccoli qualora si tratti di un cesareo (OPIUM 200K in dose unica o 30 CH da ripetere ogni 15 minuti); la terapia con Opium offre inoltre notevoli vantaggi nella prevenzione della stasi intestinale postoperatoria. LAUROCERASUS è, di fatto, un analettico respiratorio. Le apnee respiratorie possono essere risolte spesso in maniera efficace da questo piccolo rimedio alla dose sempre unica di 200K. Per concludere l’elenco dei rimedi efficaci in chirurgia, STAPHISAGRIA 30 CH una volta al dì per 7 giorni, facilita la cicatrizzazione delle ferite chirurgiche. Nelle comuni emergenze ambulatoriali dell’apparato digerente del coniglio, come il meteorismo del cieco, possono invece risultare efficaci LYCOPODIUM CLAVATUM (animali con avversione al contatto fisico, appetito in genere robusto, paurosi ma che reagiscono alla paura aggredendo), o CARBO VEGETABILIS (situazioni più severe, animali eccessivamente prostrati, ipotermici, in stato precomatoso). Numerosi rimedi trovano impiego nella stasi gastrointestinale, come per esempio il Plumbum (stasi e stitichezza croniche, torpore e lentezza generale, stimoli rallentati, coliche) Nux vomica (coliche dolorose, compromissione epatica, disordini alimentari) Sepia (grande stanchezza, tendenza ai prolassi, irritabilità, avversione al sesso opposto e all’accoppiamento), Pulsatilla (alternanza di stipsi e diarrea, migliorati dalla consolazione e dal contatto), e nella diarrea, in questo caso valorizzando le caratteristiche fisiche delle feci: Arsenicum album (feci 56


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EXOTIC FILES verdastre, di odore putrido, liquide), podophyllum (feci giallastre, a spruzzo, mescolate a gas e poltigliose), Chamomilla (individui irritabili e capricciosi, ipersensibili al dolore, la diarrea è accompagnata da crampi e vomiti),Cina (crampi, migliorato dalla pressione, diarrea da parassiti), veratrum (diarrea profusa e debilitante, spesso accompagnata da vomito, sete intensa). Per i problemi respiratori acuti, i rimedi più utilizzati sono scelti in base alla “modalizzazione” dei sintomi presenti, cioè per esempio le caratteristiche dello scolo mucoso, la contemporanea presenza di scoli e disturbi oculari, la presenza o meno di febbre, starnuti, tosse e le loro caratteristiche. Così un rimedio come Allium cepa sarà indicato nel caso di infezioni respiratorie con scoli Acquosi e oculari abbondanti, trasparenti ed escorianti, mentre gli scoli nasali di Kali bichromicum sono densi, appiccicosi, verdastri, e l’animale teme il freddo. Anche gli scoli nasali e oculari che richiedono il rimedio Pulsatilla sono verdastri e densi (tanto che i dotti lacrimali sono spesso occlusi), ma il soggetto Pulsatilla risente parecchio del caldo. e aggrava in una stanza calda. Pyrogenium risulta indicato nelle forme infettive accompagnate da ipertermia elevata. Bryonia è indicato nelle forme gravi, in cui è presente molta sete di acqua fredda ed il soggetto è aggravato da qualunque anche più piccolo movimento tanto da rimanere fermo, “immobile come una statua”. Nei parti distocici, o anche solo “lenti”, l’impiego di rimedi come Actea racemosa, Caulophyllum E Pulsatilla, può essere utile per favorire l’espulsione dei feti e delle uova. Nei rettili in cui si sospetta una latente carenza di calcio, anche non conclamata, è risultato utile L’impiego della Calcarea carbonica, utilizzata anche in virtù del suo impiego come rimedio costituzionale. (Dr. Gustavo Picci… http://www.lmhi2014.org/friday-18-july-morning Parigi 16/19/luglio 2014 - Il medico omeopata n. 3/2014). Le potenze, i dosaggi, la frequenza di somministrazione: I rimedi omeopatici vengono preparati a partire da sostanze provenienti dai regni vegetale, animale e minerale. Il processo implica una serie di diluizioni (in scala decimale, DH, centesimale, CH, Korsakoviana K) che procedono di pari passo con un’analoga quantità di succussioni. Una descrizione a parte meritano le potenze LM: per preparare una cinquantamillesimale si parte da un globulo o da una goccia di una diluizione data, e si mescola a 500 parti di solvente. Questo viene poi succusso e diluito ad ogni passaggio avendo così un rapporto costante di 1:50.000 (500 x 100). Pertanto quando si parla di potenza si intende sempre la diluizione accompagnata dalla succussione. La scelta della giusta potenza può condizionare la riuscita della terapia, tanto che correttamente quando si parla di diagnosi di rimedio si intende anche la potenza. Per la prescrizione della potenza più corretta, viene fatta quel che si chiama “prognosi energetica” che valuta l’intensità e la coerenza dei sintomi: quanto è maggiore l’intensità e la coerenza dei sintomi, tanto più si può prescrivere una potenza elevata, e ridurre la frequenza delle somministrazioni.

2 - 2014 Le alte e altissime potenze agiscono molto in profondità e coinvolgono la sfera psico-comportamentale. Le basse potenze vengono utilizzate nei casi in cui la diagnosi è organotropica (sintomi locali e funzionali d’organo). Nei casi acuti sono consigliabili somministrazioni ripetute frequentemente, anche a distanza di 15-30 minuti l’una dall’altra. Col progredire del miglioramento, la frequenza delle somministrazioni diminuisce. Le potenze LM vengono spesso riservate ai casi clinici gravi, in quanto consentono di innescare un processo di guarigione senza passare per “l’aggravamento omeopatico” (temporanea intensificazione dei sintomi) che caratterizza le terapie con potenze centesimali e Korsakoviane.

LA MEDICINA VETERINARIA TRADIZIONALE CINESE (MVTC) Il primo Medico Veterinario agopuntore si chiamava Zao Fu, (974 a.C.) AGOPUNTURA VETERINARIA(AV) Questa pratica si esegue mediante l’inserimento di aghi in precisi punti del corpo animale (agopunti). Gli agopunti sono descritti come centri di emergenza dell’energia. Vengono indicati dalla sigla dell’organo a cui si riferiscono, e con un numero che indica la posizione lungo il tragitto del meridiano (canali energetici che attraversano il corpo; 12 principali, riferiti agli organi, e 8 meridiani straordinari). L’ideogramma cinese che descrive l’agopunto ne definisce anche la funzione: significa caverna, grotta, tana, con sottintesa la superficializzazione di correnti energetiche profonde. Gli agopunti posseggono una relazione funzionale con alcuni organi o parti del corpo, vengono classificati in base alle funzioni che svolgono e si identificano in base a precise indicazioni anatomiche. L’Agopuntura non presenta effetti collaterali, in quanto non vengono impiegate sostanze chimiche allopatiche. Non esiste la possibilità di trasmissioni di infezioni perché si ricorre all’impiego di materiali monouso Le reazioni benefiche indotte dall’Agopuntura iniziano durante le prime 3-4 sedute. In Agopuntura ogni paziente è unico, quindi il piano di trattamento è individuale e si basa sul tipo di patologia, gravità della condizione, durata della malattia, stato psicofisico del paziente. Al fine di ottenere i migliori risultati terapeutici, i casi acuti dovrebbero essere trattati almeno due volte a settimana, per alcune settimane, quindi prolungare gli intervalli fra una seduta e l’altra; i casi cronici necessitano di uno o due trattamenti a settimana. Le patologie che possono essere trattate con successo sono molte, classicamente tutte le patologie algiche, osteomuscolari e locomotorie. Si ottengono eccellenti risultati anche nelle patologie della sfera riproduttiva, nelle cardiopatie, negli squilibri ormonali, nelle patologie infettive e immunomediate, problemi dell’app. respiratorio, nelle patologie geriatriche, nei problemi comportamentali. Primo momento importante della diagnostica della MTC è di studiare il soggetto nel suo insieme, partendo dalla 57


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EXOTIC FILES sua suscettibilità congenita, per poi considerare il suo stato attraverso le quattro fasi della diagnosi (esaminare l’esterno per rilevare le condizioni dell’interno). Una seduta di M.T.C. inizia con l’ispezione, che consiste nell’esame dello shen (componente psicocomportamentale del soggetto), della morfologia e del comportamento (attitudini, gesti e posture) sempre considerando che l’interno si riflette all’esterno. La seconda fase è quella dell’ Auscultazione (respiro, singhiozzo, eruttazione, ecc) ed Olfattazione Interrogatorio anamnestico: qualità e stile di vita dell’animale, patologie pregresse, alimentazione, relazione con l’ambiente esterno, note caratteriali e comportamentali. Segue la Palpazione, che dà indicazioni sulla temperatura e sensibilità dei vari distretti, lassità cutaneee, untuosità e caratteristiche del mantello/superficie cutanea, e comprende l’esame pulsologico. Inoltre comprende l’esame di particolari punti diagnostici. Dopo la diagnosi secondo le quattro fasi, si procede l’indagine diagnostica con le 8 regole, che fornisce le modalità con le quali si estrinseca la patologia: Interno/Esterno (indica la localizzazione della patologia ed ha valore prognostico) Freddo/Calore (esprime la natura della patologia) Vuoto/Pieno (valutazione dei rapporti energetici del soggetto con l’ambiente esterno) Yin/Yang (importante per collocare il soggetto e la patologia in un movimento). Scelta degli agopunti: in generale in una seduta di agopuntura vengono scelte tre categorie di agopunti: Locali che svolgono azione sintomatica, antalgica, miorilassante. Distali, relativi alla all’espressione della funzionalità, promuovono la circolazione del QI. Generali; corrispondono all’organo che nel momento della patologia è debole, e consente alla patologia di instaurarsi. L’agopunto GV 26 (Renz hong) ha effetti simpaticomimetici ed è in grado di intervenire nelle depressioni respiratorie e cardiache. E’ localizzato al centro del filtro nasale (Fig. 1), alla sua base decorrono il ramo esterno e interno del nervo infraorbitale e del nervo mascellare. La manipolazione con l’ago è peculiare: dopo l’infissione l’ago deve essere ruotato avanti e indietro e contemporaneamente sollevato e abbassato così da determinare una stimolazione molto energica per circa 30/60 secondi; quindi l’ago viene rimosso e dopo una pausa di alcuni minuti, si ripete l’operazione, fino a risoluzione della depressione. (F. Longo. “Atti del 56° Congresso Nazionale S.C.I.V.A.C.”; 1/3 Giugno 2007 (pagg. 227 a 229) Rimini.) L’agopuntura trova impiego nell’analgesia perioperatoria degli interventi al cavo orale delle cavie. Possono essere utilizzati punti locali (ST 8, che ha effetti miorilassanti, ST 4, usato per la paresi facciale), punti distali (Li 4 e ST 36, combinazione di punti antalgica e che promuove la circolazione del QI), e punti generali variabili a seconda della tipologia del paziente. Consigliata l’elettrostimolazione.

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FIGURA 1 - Posizione del punto GV 26 nel cane.

I FIORI DI BACH Le essenze floreali che si trovano in commercio rispettano fedelmente i metodi di preparazione indicati dal dottor Bach. Ogni essenza veicola un messaggio preciso che si da all’animale e che rappresenta la nostra volontà ad aiutare l’animale a superare quel determinato momento di crisi.

Posologia e criteri di somministrazione La floriterapia di Bach è estremamente semplice e i rimedi floreali possono essere somministrati senza timore in quanto privi di effetti collaterali: se si sbaglia la prescrizione del rimedio semplicemente non servirà a nulla. Però è bene che la prescrizione dei fiori di Bach venga fatta da un Veterinario, per non correre il rischio di interpretare come patologico un sintomo comportamentale normale in quella specie, di quell’età e di quel genere. Posologia: 4 gocce tre volte al dì direttamente nel cavo orale, meglio non metterle nel cibo. Nella mia personale esperienza ho utilizzato spesso i fiori di bach in conigli e pappagalli. Consiglio sempre ai proprietari di conigli, cavie e pappagalli, di utilizzare il Rescue remedy (composto da 5 rimedi floreali, si usa in caso di urgenza e per il pronto soccorso) 58


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EXOTIC FILES I 5 rimedi sono: Star of Bethlehem per lo spavento e lo shock; Rock Rose per il terrore e il panico; Impatiens per l’agitazione; Cherry Plum per la perdita del controllo; Clematis per il senso di mancamento o la perdita di coscienza). Per attenuare lo stress del trasporto e della visita dal veterinario. Risulta inoltre utile in tutti i casi di stress e shock emotivo e fisico. I fiori di Bach sono molto facili da somministrare, perché oltre la via orale può essere utilizzato efficacemente la via cutanea (mettendo due gocce di prodotto in una zona glabra e massaggiando) Possono essere assunti, inoltre, come i rimedi omeopatici, anche per nebulizzazione e aerosol. Sono in vendita oltre ai classici flaconi contagocce, anche dei dispenser spray.

Bibliografia Brancalion A. – Scala LM e Prognosi nella pratica dell’Omeopatia – H.M.S., Como, 2004. www.hmssrl.com. Candegabe M.E., Deschamps I.L. – Bases y Fundamentos de la Doctrina y la Clinica Médica Homeopáticas – Editorial Kier, Buenos Aires, 2002. Candegabe M.E., Carrara H.C. – Approssimazione al Metodo Pratico e Preciso dell’Omeopatia Pura – Centro Internazionale della Grafica, Venezia, 1997. Hahnemann C.F.S. - Organon dell’Arte del Guarire – red, Como, 1985. Exotic files n.1/2009 – rivista ufficiale della SIVAE – Medicina non convenzionale negli animali esotici.

2 - 2014 Vet Clin North Am Exot Anim Pract. 2011 Jan;14(1):141-54. doi: 10.1016/j.cvex.2010.09.010. Acupuncture for zoological companion animals. Koski MA. Author information Companion Avian and Exotic Pet Medicine Wellness Service, University of California, Veterinary Medical Teaching Hospital, One Shields Avenue, Davis, CA 95616-8747, USA. makoski@vmth.ucdavis.edu http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=acupuncture+a vian http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=homeopathy+r abbit http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=homeopathy+g uinea+pig http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=acupuncture+f errets http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=acupuncturerab bit http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=acupuncture+g uinea+pig Exotic files n.1/2009 – rivista ufficiale della SIVAE – Medicina non convenzionale negli animali esotici. Exotic files – Alimentazione – seconda parte – numero integrativo al n. 2/2006 -: “L’alimentazione in M.T.C.”. “I fiori di Bach” - Philip M. Chancellor - Armenia editore - collana L’altra medicina. Exotic files n.1/2009 – rivista ufficiale della SIVAE – Medicina non convenzionale negli animali esotici. Fiori di bach per gli animali- Laura Cutullo- Xenia edizioni.

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EXOTIC FILES rivista ufficiale della SIVAE - SocietĂ Italiana Veterinari per Animali Esotici www.sivae.it E-mail: info@sivae.it volume 16, n. 2 2014 Direttore: Cristina Stocchino Editore SCIVAC Palazzo Trecchi 26100 Cremona Tel. 0372 460440 E-mail: info@scivac.it

Direttore responsabile Antonio Manfredi A cura di Alessandro Bellese

Stampa E.V. S.r.l. - Cremona


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