Visione e postura

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ISBN 978-88-89629-76-5

Euro 120,00



M. CASI N I, S. ESEN T E F. PANZERA, R. SAGGI N I, G. SART I

V ISION E E POST U RA ginnastica oculare e prescrizione prismatica monoculare nel trattamento delle alterazioni posturali


® Copyright 2010 – Fabiano Group srl Fabiano Editore Reg. San Giovanni 40 – Canelli (AT) Tel. 0141 827801 – Fax 0141 827830 e-mail: editore@fabianogroup.com – www.fabianogroup.com Gli Autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale.

Stampa: Fabiano Group srl Reg. San Giovanni 40 – Canelli (AT)

ISBN 978-88-89629-76-5 Finito di stampare: agosto 2010

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iii

GLI AU TORI

Il dott. Mario Casini, laureato in Chimica, ha frequentato il corso di Ottica presso l’Istituto Nazionale di Ottica di Arcetri e il corso per Ottici a Vinci. Si occupa di interazione fra energia e materia e materiali e soluzioni per lenti a contatto. Autore di numerosi articoli, è direttore della rivista «L’Ottico». Ha svolto attività di insegnamento presso le principali scuole di Ottica nazionali ed è stato professore a contratto presso la Facoltà di Ottica e Optometria di Milano Bicocca con il corso «Materiali per l’Ottica». Attualmente è responsabile per AIO del programma di formazione a distanza e responsabile organizzativo del cosro «Visione e Postura» oltre che docente.

Firenze dopo avere frequentato come Assistente straniero l’Università di Créteil a Parigi. Si è interessato di degenerazione maculare, di perimetria automatizzata per la diagnosi di glaucoma e ha fatto parte fin dalla sua fondazione nel 1991 del Gruppo Italiano Laser ad Eccimeri per la valutazione della correzione dei vizi rifrattivi. È stato Contrattista presso l’U.O. di Chirurgia Oftalmica all’Ospedale S.Chiara di Pisa dove ha svolto mansione di tutor nella formazione chirurgica del segmento anteriore. Svolge attività di chirurgia della cataratta, del glaucoma e del segmento anteriore, oltre che interessarsi di chirurgia laser. È membro di numerose Società Scientifiche Nazionali ed Internazionali. Ha partecipato come Relatore a numerosi Congressi Nazionali e Internazionali. Attualmente è Direttore Sanitario del Centro Oculistico a Firenze.

Il dott. Francesco Panzera ha conseguito la laurea in Medicina e ChiIl dott. Stefano Esente si è laureato rurgia e la Specializzazione in Mediin Oculistica presso l’Università di cina dello Sport presso l’Università


iv

di Firenze, il diploma di Master in Posturologia presso Università La Sapienza di Roma. Svolge la professione di Medico Sportivo e Posturologo tra Firenze, Prato e Pistoia. È inoltre medico addetto alle squadre nazionali di strada (non professionisti) e pista della Federazione Ciclistica Italiana.

dell’Università di Amman in Giordania. È componente del Tavolo Tecnico istituito dal Ministero della Salute per la regolamentazione all’interno del SSN delle malattie «Fibromialgia e Sindrome da Fatica Cronica». È Past-President della SITOD, Società Italiana di Terapia con Onde d’Urto. È relatore internazionale in convegni dedicati ai temi sopra indicati oltre che autore di numerosi libri e articoli sullo stesso tema.

Il prof. Raoul Saggini nato a Firenze nel 1953 è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Firenze. È Specialista in Ortopedia e Traumatologia, in Terapia Fisica e Riabilitazione e in Medicina dello Sport. È Professore Ordinario in Medicina Fisica e Riabilitazione presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione Motoria dell’Università G. D’Annunzio di Chieti. Oltre a essere direttore di varie Scuole di Specializzazione in Riabilitazione e Postura, è referente per la Regione Abruzzo del progetto «Disabilità» dell’ANFASS. È Responsabile scientifico riabilitativo per il C.M.T., sotto il patrocino di UNIMED, delle attività di insegnamento e formazione per il rinforzo del corso di Laurea di Fisioterapia

Il dott. Giuliano Sarti consegue il diploma di ottico presso l’istituto Fleming di Perugia; continua i propri studi di ottica e optometria fino al conseguimento della laurea presso l’Università Statale di Riga, Latvia, dove ha svolto attività di ricerca presso la locale università. Tali ricerche hanno generato una serie di pubblicazioni e di un libro di riabilitazione visiva. È autore di numerosi articoli scientifici su riviste italiane e relatore a congressi di rilevanza nazionale e internazionale; attualmente è responsabile scientifico del programma«VisioneePostura»e svolge attività libero professionale a Firenze e fa parte di una equipe interdisciplinare che studia nuove tecniche visuo posturali.


Indice

Elenco delle figure

xiii

Elenco delle tabelle

xix

PREFAZIONE

xxi

I

VISIONE E POSTURA: LO STATO DELL’ARTE

1

STATO DELL’ARTE 1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Il sistema Uomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Sistema Nervoso Centrale . . . . . . . . . . . . . . 1.4 Sistema di regolazione posturale . . . . . . . . . . 1.5 Alterazione dell’efficienza della dinamica corporea 1.6 Difetto posturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.7 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1 . . . . . . .

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3 3 5 10 12 17 22 22

II VISIONE E POSTURA: STUDIO ANALITICO

25

2

27 27 28 29 30 32 32 32 36 36

LA POSTURA 2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Cos’è la postura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Il Sistema Tonico Posturale . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Le «entrate» del SNC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.5 Sistemi afferenti ed efferenti . . . . . . . . . . . . . . . . 2.5.1 Sistemi afferenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.5.1.1 Componente propriocettiva . . . . . . 2.5.1.2 Componenti articolari, cutanei, viscerali 2.5.1.3 Componente propriospinale . . . . . . 2.5.2 Sistemi efferenti: componenti sopraspinali del tono posturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . v

37


vi

Indice

2.5.2.1 2.5.2.2 2.5.2.3 3

4

Componente vestibolare . . . . . . . . Componente reticolare . . . . . . . . . Componente cerebellare . . . . . . . .

37 38 38

FATTORI CHE INFLUENZANO LA POSTURA 3.1 Il modello neurofisiologico: lo studio del tono posturale . 3.2 Il modello biomeccanico: le catene cinetiche . . . . . . . 3.3 Il modello psicosomatico: dalla struttura caratteriale alla postura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3.1 Sintomo e carattere . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Compiti del posturologo . . . . . . . . . . . . . . . . . .

41 41 43

ERRORI POSTURALI 4.1 Problemi muscolo-scheletrici di origine posturale . 4.2 Problemi posturali legati alla sindrome mio-fasciale 4.2.1 Il sistema mio-fasciale . . . . . . . . . . . . 4.2.2 La fascia connettivale . . . . . . . . . . . . . 4.2.3 L’innervazione della fascia e la sua memoria 4.2.4 La sindrome mio-fasciale . . . . . . . . . . . 4.2.5 Fisiopatologia delle sindromi miofasciali . .

51 51 54 54 55 55 57 58

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. . . . . . .

III VISIONE E POSTURA: L’ESAME POSTURALE 5

L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA NELL’ESAME DELLA POSTURA 5.1 Gli strumenti dell’esame posturale . . . . . . . . . . . . . 5.2 La visita posturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Analisi del piano frontale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4 Analisi del piano sagittale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.5 Analisi del piano trasverso . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.6 Esame del recettore podalico in posizione statica e dinamica 5.7 Test associati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.7.1 Test di Unterberger o della marcia sul posto . . . 5.7.2 Test di Fukuda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.7.3 Test di Nahmani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.7.4 Test di Romberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.7.5 Manovra di De Cyon . . . . . . . . . . . . . . . . 5.7.6 Test dei pollici o manovra di Bassani . . . . . . . 5.7.7 Rotazione del capo . . . . . . . . . . . . . . . . .

44 45 49

61 63 64 68 69 69 70 70 71 71 71 72 72 73 74 74


Indice

5.7.8 6

vii

Manovra di convergenza podalica . . . . . . . . .

ESAME DELL’APPARATO STOMATOGNATICO 6.1 Anamnesi stomatognatica . . . . . . . . . . . 6.2 Esame obiettivo . . . . . . . . . . . . . . . . 6.3 L’occlusione dentaria . . . . . . . . . . . . . 6.3.1 Classificazione di Angle . . . . . . . 6.4 Anomalie sul piano sagittale . . . . . . . . . 6.5 Anomalie sul piano frontale . . . . . . . . . 6.6 Anomalie sul piano verticale . . . . . . . . . 6.7 Palpazione muscolare . . . . . . . . . . . . . 6.8 Auscultazione delle ATM . . . . . . . . . . . 6.9 Test di Meersseman . . . . . . . . . . . . . . 6.10 Disfunzione linguale . . . . . . . . . . . . . .

75

. . . . . . . . . . .

77 77 77 77 78 79 80 81 81 82 82 82

7

CICATRICI ED ALTERAZIONI DELLA POSTURA 7.1 Definizione di cicatrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

85 85

8

ESAME DEL RECETTORE OCULARE 8.1 Ruolo del Sistema Visivo in Posturologia . . . . . . . . .

89 89

9

TEST DI ANALISI VISIVA POSTURALE 9.1 Questionario sintomi astenopeici . . 9.2 Ortotest . . . . . . . . . . . . . . . . 9.3 Refrazione . . . . . . . . . . . . . . 9.4 Test dell’occhio dominante . . . . . 9.5 Test della foria per lontano e vicino 9.6 Test di Schober V–L SM . . . . . . . 9.7 Test di Romberg . . . . . . . . . . .

. . . . . . .

91 91 91 91 92 92 92 92

10 LE PEDANE DI PRESSIONE 10.1 Esame baropodometrico e stabilometrico . . . . . . . . . 10.2 Acquisizione e gestione delle immagini . . . . . . . . . .

93 93 96

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11 RIEDUCAZIONE POSTURALE: UN PROGRAMMA COMPLETO DI CURA E PREVENZIONE 99 11.1 Il metodo Mézières . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 11.2 Il metodo Souchard o RPG (Rieducazione Posturale Globale) 100


viii

Indice

12 IL PROTOCOLLO DI «OTTIMIZZAZIONE POSTURALE BIOPROGRESSIVA IN AMBIENTE MICROGRAVITARIO CON SISTEMA MECCANICO SPAD» 103 13 CONCLUSIONI

107

IV VISIONE E POSTURA: ANALISI OPTOMETRICA

109

14 OPTOMETRIA COMPORTAMENTALE E POSTURALE

111

15 VISIONE BINOCULARE E PERCEZIONE SPAZIALE

113

16 VISIONE E PROBLEMA VISIVO

121

17 LO STRESS AL PUNTO PROSSIMO

129

18 ASTENOPIA

141

19 CLASSIFICAZIONE DELL’ASTENOPIA 19.1 Astenopia semplice non associata a uso di correzioni ottiche tipo A-B . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19.1.1 Tipologia miopica accomodativa . . . . . . . . . 19.2 Astenopia complessa associata a correzione ottica tipo E-X. 19.2.1 Astenopia complessa tipo E . . . . . . . . . . . . 19.2.2 Astenopia complessa tipo X . . . . . . . . . . . . 19.2.3 Astenopia complessa (tipo E) con tendenza alla difficoltà di apprendimento . . . . . . . . . . . .

153

20 EDUCAZIONE VISIVA 20.1 Suggerimenti per ridurre l’affaticamento visivo . . . . . .

159 161

155 156 157 157 157 157

21 GINNASTICHE OCULARI 163 21.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 21.2 Kit astenopia ACTIVEEYE . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 21.2.1 Kit astenopia ACTIVEEYE: istruzioni per gli esercizi 166 21.3 Kit insufficienza di convergenza ACTIVEEYE . . . . . . . 168 21.3.1 Esercizio ACTIVEEYE base esterna del primo grado della fusione (sovrapposizione) . . . . . . . . . 168 21.3.2 Esercizio ACTIVEEYE base esterna del secondo grado della fusione (fusione) . . . . . . . . . . . . 169


Indice

Esercizio ACTIVEEYE base esterna del terzo grado della fusione (stereopsi) . . . . . . . . . . . . . . 21.3.4 Istruzione esercizio ACTIVEEYE base esterna (BE) 21.3.5 Esercizi ACTIVEEYE di motilità oculare: tracciativersioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.3.5.1 Esercizio dei tracciati . . . . . . . . . . 21.3.5.2 Esercizio delle versioni . . . . . . . . . 21.3.5.3 Esercizio della corda di Brooke . . . . . 21.4 Kit ambliopia occhio pigro ACTIVEEYE . . . . . . . . . . 21.5 Ambliopia funzionale in optometria comportamentale e posturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.5.1 Trattamento OCP dell’ambliopia funzionale . . . 21.6 Kit miopia ACTVEEYE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.6.1 Esercizio Kit miopia ACTIVEEYE Blacking: una semplice tecnica di rilassamento oculare . . . . . 21.6.2 Istruzioni dell’esercizio con lo strumento per Kit miopia ACTIVEEYE . . . . . . . . . . . . . . . . 21.6.3 Test di lettura Kit miopia ACTIVEEYE . . . . . . 21.6.4 Esercizio Kit miopia ACTIVEEYE di autocontrollo della messa a fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.6.5 Esercizio percettivo Kit miopia ACTIVEEYE . . . 21.6.6 Programma di mantenimento ACTIVEEYE dei risultati ottenuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ix

21.3.3

22 PRISMA 22.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22.2 Comportamento della radiazione con il prisma . . . . . . 22.2.1 Comportamento della radiazione incidente dal basso sul prisma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22.2.2 Comportamento della radiazione incidente perpendicolarmente sul prisma . . . . . . . . . . . . . . 22.2.3 Comportamento della radiazione incidente sul prisma dall’alto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22.3 Formazione dell’immagine virtuale col prisma e sua localizzazione spaziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22.4 Comportamento della radiazione policromatica col prisma 22.5 Calcolo degli effetti prismatici . . . . . . . . . . . . . . . 22.6 Effetti prismatici delle lenti in visione per lontano . . . . 22.7 Effetti prismatici delle lenti in visione per vicino . . . . . 22.8 Prisma e muscoli oculari . . . . . . . . . . . . . . . . . .

170 172 174 174 175 175 176 177 178 180 183 185 187 188 189 190 193 193 195 195 198 199 201 202 204 205 208 211


x

Indice

23 TRATTAMENTO DELL’ASTENOPIA (POSTURA) ATTRAVERSO LA PRESCRIZIONE MONOCULARE PRISMATICA 213 23.1 Adattamento ottico delle correzioni prismatiche . . . . . 214 23.2 Potere prismatico ottenuto mediante decentramento . . . 216 24 CORRELAZIONE FRA MUSCOLATURA ESTRINSECA E SISTEMA VESTIBOLARE 24.1 Riflessi vestibolo-oculomotori . . . . . . . . . . . . . . . 24.2 Il torcicollo nella miopatia basedowiana . . . . . . . . . . 24.3 I torcicolli oculari e la posizione anomala del capo (PAC) 24.4 Diagnosi di una PAC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

217 218 219 220 221

25 DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO 25.1 I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) . . . . . 25.2 Classificazione dei DSA secondo il DSM IV e l’ICD 10 25.3 Cause . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25.4 Modello interpretativo dei DSA . . . . . . . . . . . .

225 225 226 229 235

. . . .

. . . .

V VISIONE E POSTURA: LA TECNICA OCP

239

26 SCHEDA OPTOMETRICA 26.1 Spiegazione analitica della scheda . . . . . . . . . . . . . 26.1.1 Anamnesi soggettiva . . . . . . . . . . . . . . . . 26.1.2 Questionario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.1.3 Determinazione del visus naturale . . . . . . . . 26.1.3.1 Visus naturale monoculare e binoculare 26.1.3.2 Test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.1.3.3 Test di Romberg . . . . . . . . . . . . . 26.2 Esecuzione test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.2.1 Test n° 1 OCP: test dell’occhio dominante . . . . . 26.2.1.1 Test del cartone con foro . . . . . . . . 26.2.2 Test n° 2 OCP: Orthotest . . . . . . . . . . . . . . 26.2.3 Test n° 3 OCP: test del punto prossimo di convergenza (P.P.C.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.2.4 Test n° 4 OCP: test della refrazione per lontano . 26.2.5 Test n° 5 OCP: test della refrazione per vicino . . 26.2.6 Test n° 6 OCP: Schober MS . . . . . . . . . . . . . 26.2.7 Test n° 7 OCP: foria con prisma di Risley associato al Maddox da lontano con occhiale di prova . . .

241 244 244 245 246 246 247 249 251 251 251 252 253 254 257 258 264


Indice

26.2.8 26.2.9 26.2.10 26.2.11 26.2.12 26.2.13

xi

Test n° 7 bis OCP: foria con prisma di Risley associato al Maddox da vicino con occhiale di prova . Test n° 8 OCP: rapporto AC/A . . . . . . . . . . . Test n° 9 OCP: test della Stereopsi . . . . . . . . . Test n° 10 OCP: test del Flipper ± 2.00 dt . . . . . Test n° 11 OCP: Romberg posturale . . . . . . . . Diagnosi optometrica . . . . . . . . . . . . . . . .

266 266 268 270 271 272

VI VISIONE E POSTURA: APPLICAZIONE PRATICA DEL METODO OCP 275 27 CASI CLINICI 27.1 Caso clinico I: Lorenzo . . . . . . . . . . 27.2 Caso clinico II: Sara . . . . . . . . . . . . 27.3 Caso clinico III: Eleonora . . . . . . . . . 27.4 Caso clinico IV: Lorenzo . . . . . . . . . 27.5 Caso clinico V: Anna . . . . . . . . . . . 27.6 Caso clinico VI: Stefano . . . . . . . . . . 27.7 Caso clinico VII: Nicola . . . . . . . . . . 27.8 Caso clinico VIII: A. M. . . . . . . . . . . 27.9 Conclusione: oltre la terapia tradizionale

. . . . . . . . .

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. . . . . . . . .

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. . . . . . . . .

277 277 279 280 283 286 288 290 292 294

28 Bibliografia

297

Indice analitico

317



Elenco delle figure

1.1 1.2

Sottosistemi corporei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Fattori che possono alterare l’efficienza della dinamica corporea. 17

2.1

2.6 2.7

Relazione biunivoca tra il Posturologo e le altre Figure Professionali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La postura è un atteggiamento «statico» con limiti di oscillazione molto ristretti. L’equilibrio è un atteggiamento «dinamico» che può essere mantenuto anche con oscillazioni di maggior entità, che richiedono una serie di atteggiamenti posturali in cui è comunque garantita la proiezione al suolo del baricentro entro i limiti della base d’appoggio. . . . . . . . . . . . . . . I recettori mandano un segnale di entrata (input) che viene elaborato a livello del SNC dal quale si avvia la risposta (output). Il segnale di output altro non è che il tono delle varie catene mio-fasciali che modificano l’atteggiamento posturale. Dallo Squilibrio del Recettore allo Squilibrio Posturale. . . . . I Recettori influenzano la Postura ed a loro volta si influenzano reciprocamente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fusi neuromuscolari. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Organi muscolo-tendinei di Golgi. . . . . . . . . . . . . . . .

3.1

I fattori psico-emotivi nel determinismo posturale. . . . . . .

48

4.1

Anca con borse e inserzioni muscolari. . . . . . . . . . . . . .

52

5.1

Ripartizione del peso su i tre punti di appoggio della volta plantare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Esame dell’appoggio bipodalico con podoscopio. . . . . . . . Marcia sul posto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Test di Romberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Manovra di De Cyon. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Test dei pollici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Esame delle rotazioni del capo. . . . . . . . . . . . . . . . . .

66 70 71 72 73 74 75

2.2

2.3

2.4 2.5

5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 5.7

xiii

27

29

30 31 32 33 35


xiv

Elenco delle figure

5.8

Manovra di convergenza podalica. . . . . . . . . . . . . . . .

75

6.1 6.2 6.3 6.4 6.5

Classificazione di Angle. . . Affollamento dentario. . . . . Anomalie sul piano frontale . Anomalie sul piano verticale. Innervazione della lingua. . .

. . . . .

78 79 80 81 83

7.1

Relazione tra cicatrici ed alterazione della postura. . . . . . .

86

8.1

Relazione tra acuità visiva ed oscillazioni posturali. . . . . .

89

9.1

Questionario sintomi astenopeici . . . . . . . . . . . . . . . .

91

10.1 10.2 10.3 10.4 10.5 10.6

Pedana pressoria EcoWalk . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Stabilometria: gomitolo ed ellissi. . . . . . . . . . . . . . . . . Stabilometria: gomitolo e dati emersi. . . . . . . . . . . . . . Baropodometria: visualizzazione passi acquisiti. . . . . . . . Baropodometria: media degli appoggi con deviazione standard. Software Big Image . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

94 95 95 96 96 96

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11.1 Le tre squadre di Mézières . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Le catene muscolari di Souchard . . . . . . . . . . . . . . . . 11.3 Il tipo anteriore (sinistra) e il tipo posteriore (destra) . . . . .

100 101 101

12.1 Sistema Posturale Antigravitario Dinamico (SPAD). . . . . .

103

13.1 Prima e dopo l’intervento terapeutico. . . . . . . . . . . . . .

108

15.1 Occhiale anaglifico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15.2 Test di Schober MS. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15.3 Test di Worth. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

117 117 118

16.1 Deterioramento visivo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

127

17.1 17.2 17.3 17.4

. . . .

131 133 134 139

18.1 Alterazione della visione causata dallo stress. . . . . . . . . .

151

19.1 Classificazione dell’astenopia. . . . . . . . . . . . . . . . . . .

154

Modifiche indotte dallo stress. . . . . . . . . . . Alterazioni indotte sull’organismo dallo stress. Classificazione dello stress. . . . . . . . . . . . Adattamento dell’occhio allo stress. . . . . . . .

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Elenco delle figure

xv

20.1 Educazione visiva: piccole attenzioni quotidiane per una corretta igiene visiva. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

161

21.1 Copertina Kit astenopia ACTIVEEYE. . . . . . . . . . . . . 21.2 Strumenti per ginnastica oculare: ACTIVEEYE. . . . . . . . 21.3 Esecuzione degli esercizi con strumenti ACTIVEEYE. . . . 21.4 Kit insufficienza di convergenza ACTIVEYE. . . . . . . . . 21.5 Esercizio ACTIVEEYE sovrapposizione. . . . . . . . . . . . 21.6 Esercizio ACTIVEEYE fusione . . . . . . . . . . . . . . . . 21.7 Esercizio ACTIVEEYE stereoscopico . . . . . . . . . . . . . 21.8 Occhio schematico a 40 cm. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.9 Occhio schematico a 20 cm. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.10 Partenza dell’esercizio base esterna. . . . . . . . . . . . . . 21.11 Aumento della convergenza: le immagini raddoppiano. . . 21.12 Convergenza massima: le immagini si fondono. . . . . . . . 21.13 Tracciati ACTIVEEYE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.14 Versioni ACTIVEEYE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.15 Esercizio con la corda di Brooke. . . . . . . . . . . . . . . . 21.16 Kit ambliopia occhio pigro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.17 esercizio antisoppressivo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.18 Esercizio di punteggiatura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.19 Posizione corretta per eseguire l’esercizio di punteggiatura. 21.20 Esercizio con occlusione dinamica. . . . . . . . . . . . . . . 21.21 Copertina Kit miopia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.22 Kit miopia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.1 Test di lettura Kit miopia ACTIVEEYE. . . . . . . . . . . . . 21.2 Esempi di tavole per esercizio percettivo. . . . . . . . . . . 21.3 Esempio di annotazione dei risultati ottenuti. . . . . . . . .

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164 164 167 168 169 169 170 171 171 172 172 173 174 175 176 177 179 179 179 179 185 185 187 189 190

Prisma o cuneo ottico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Raggio incidente dal basso sul prisma . . . . . . . . . . . . . Raggio incidente perpendicolarmente sul prisma . . . . . . . Raggio incidente dall’alto sul prisma . . . . . . . . . . . . . . Angolo di deviazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Radiazione policromatica incidente sul prisma . . . . . . . . Diottria prismatica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Andamento geometrico dei raggi nel calcolo degli effetti prismatici nella visione all’infinito per una lente (a) positiva, (b) negativa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

193 195 198 200 201 203 205

22.1 22.2 22.3 22.4 22.5 22.6 22.7 22.8

206


xvi

Elenco delle figure

22.9 Andamento geometrico dei raggi nel calcolo degli effetti prismatici nella visione per vicino per una lente (a) positiva, (b) negativa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23.1 Comparazione fra due lenti con e senza prisma. . . . . . . . . 23.2 Rappresentazione dell’aberrazione astigmatica tra una lente prismatica di ricettazione e una lente con il prisma ottenuto per decentramento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

208 215

216

24.1 Funzioni del labirinto vestibolare. . . . . . . . . . . . . . . . 217 24.2 Deviazione degli assi visivi dovuta a rotazione della PAC. . . 219 24.3 Percorso della radiazione ottica in una lente positiva e una negativa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221 24.4 Esempio di rotazione degli occhi opposta alla rotazione del capo. 222 24.5 Posizione degli occhi nella PAC a deviazione verticale. . . . . 224 26.1 In questa parte della scheda si riportano i disturbi soggettivi, visivi e posturali e l’anamnesi di ereditarietà a malattie e anche oculari, ecc. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.2 Questonario che registra i sintomi astenopeici soggettivi. . . 26.3 Esempio di come trascrivere i risultati ottenuti alla tavola ottotipica (annotare il massimo rigo raggiunto e quante lettere sono state sbagliate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.4 Esempio di come annotare i risultati ottenuti con i vari test. . 26.5 Esempio di come annotare i risultati ottenuti per Rx in uso e visus. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.6 Esempio di come annotare i risultati ottenuti per Rx in uso e visus. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.7 Esempio di come annotare i risultati ottenuti per vicino e forie lontano e vicino. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.8 Annotazioni per il test di Romberg. . . . . . . . . . . . . . . 26.9 Esempio di come annotare i risultati ottenuti. . . . . . . . . . 26.10 Esempio di come annotare i risultati ottenuti. . . . . . . . . . 26.11 Esempio di come annotare la diagnosi. . . . . . . . . . . . . . 26.12 Test dell’occhio dominante. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.13 Orthotest. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.14 Osservazione della posizione dell’occhio dominato rispetto al dominante. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.15 Osservazione della PAC. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26.16 Esecuzione del test P.P.C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

244 245

246 247 248 248 248 249 250 250 250 251 252 252 252 253


Elenco delle figure

xvii

26.17 Determinazione dell’asse del cilindro con la tecnica del cilindro crociato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 255 26.18 Determinazione del potere del cilindro con la tecnica del cilindro crociato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 255 26.19 Esempio di annotazione dei valori trovati dopo l’esecuzione del test. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 256 26.20 Relazione dell’addizione in base all’età (Donders). . . . . . . 257 26.21 Esempio di aumento o diminuzione del potere con flipper +/0.25. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257 26.22 Esempio di annotazione dei valori rilevati con il test della refrazione per vicino. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257 26.23 Visione frontale del test di Schober modificato dal dott. Sarti. 258 26.24 Valutazione dell’effetto visivo indotto dall’occhiale anaglifico durante il test di Schober MS. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259 26.25 Occhiale anaglifico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259 26.26 Deviazioni orizzontali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 26.27 Deviazioni verticali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 26.28 Cicloforie. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 26.29 Soppressioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261 26.30 Percorso dei raggi luminosi con lente positiva e negativa. . . 262 26.31 Percorso dei raggi luminosi in un occhiale con lenti positive. 263 26.32 Percorso dei raggi luminosi in un occhiale con lenti negative. 263 26.33 Esempio di annotazione sulla scheda dopo il test di Schober MS. 264 26.34 Funzionamento del prisma di Risley per la determinazione dei valori della foria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 264 26.35 Rilevazione delle forie (a) usando il prisma di Risley associato al Maddox (b). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265 26.36 Esempio della determinazione del rapporto AC/A con il metodo calcolato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267 26.37 Esempio della determinazione del rapporto AC/A con il metodo gradiente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267 26.38 Esatta posizione del test della Stereopsi (a) usando l’apposita tavola (b) e l’occhiale anaglifico (c). . . . . . . . . . . . . . . 268 26.39 Valori dei test espressi in secondo di arco (test con gli animali). 269 26.40 Valori dei test espressi in secondo di arco (cerchi di Wirt). . . 269 26.41 Test del Flipper ± 2.00 dt. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 270 26.42 Esecuzione del test del Flipper ± 2.00 dt. . . . . . . . . . . . . 271 26.43 Test di Romberg posturale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272 26.44 Diagnosi optometrica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273 26.45 Annotazioni per la diagnosi optometrica. . . . . . . . . . . . 273


xviii

27.1 27.2 27.3 27.4 27.5 27.6 27.7 27.8 27.9 27.10 27.11 27.12 27.13 27.14 27.15 27.16 27.17 27.18 27.19 27.20 27.21 27.22 27.23 27.24 27.25 27.26 27.27 27.28

Elenco delle figure

Prova di scrittura con diverse prescrizioni. Visita iniziale. . . Prova di scrittura durante l’ultima visita. . . . . . . . . . . . Prova di scrittura con diverse orientazioni del prisma. . . . . Prova di scrittura con diverse prescrizioni. . . . . . . . . . . Dati stabilometrici con prisma (a) e senza prisma (b). . . . . . Test di Barré senza (a) e con (b) correzione. . . . . . . . . . . Test di Barré senza prisma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Verifica di scrittura con e senza prisma. . . . . . . . . . . . . Test stabilometrico con prisma e senza. . . . . . . . . . . . . Test di barré con prisma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Test stabilometrico al controllo. . . . . . . . . . . . . . . . . . Test di Barré al controllo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . dati stabilometrici senza (a) e con (b) correzione prismatica. . Test di Barré senza (a) e con (b) correzione prismatica. . . . . Test stabilometrico alla visita di controllo. . . . . . . . . . . . Test di Barré alla visita di controllo. . . . . . . . . . . . . . . Stabilometria senza (a) e con (b) prescrizione. . . . . . . . . . Test di Barré senza (a) e con (b) prescrizione. . . . . . . . . . Stabilometria al controllo con prescrizione. . . . . . . . . . . Test di Barré al controllo con prescrizione. . . . . . . . . . . Stabilometria senza (a) e con (b) prescrizione. . . . . . . . . . Test di Barré frontale (a) e laterale (b) senza correzione. . . . Test di Barré frontale (a) e laterale (b) con correzione. . . . . Stabilometria al controllo con prescrizione. . . . . . . . . . . Test di Barré al controllo senza prescrizione. . . . . . . . . . Stabilometria: gomitoli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Stabilometria: valori d’esercizio. . . . . . . . . . . . . . . . . Tabella riassuntiva dati dell’analisi visiva condotta col metodo OCP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27.29 Stabilogramma. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27.30 Test di Barré (a) con correzione prismatica e (b) senza correzione prismatica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

278 278 279 281 282 282 283 283 284 284 285 285 286 286 287 287 288 289 289 289 290 291 291 292 292 293 293 293 294 294


Elenco delle tabelle

21.1 Programma di lavoro per un anno e per un mese di allenamento 191 22.1 Posizionamento del prisma per provocare la stimolazione di un singolo muscolo oculomotore. . . . . . . . . . . . . . . . . 22.2 Effetti del riflesso posturale del collo sul tono degli estensori.

211 212

24.1 Legge dei canali di Gagey. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24.2 Differenze nei caratteri clinici tra le due forme di PAC. . . . .

218 221

xix



PREFAZIONE Durante l’evoluzione dell’uomo, anche la visione ha subito dei processi di modificazione correlati alle necessità ambientali. Se pensiamo alle diverse condizioni di vita dell’uomo primitivo rispetto alle situazioni ambientali e sociali attuali ci possiamo facilmente immaginare la differenza di impegno e di fatica visiva. L’uomo primitivo utilizzava l’apparato visivo prevalentemente per la visione da lontano; doveva cacciare, avvistare le prede, scorgere i nemici. L’uomo del XXI secolo è un uomo che si è «auto costretto» ad una visione ravvicinata; il computer, i video giochi, la televisione: sono tutti stimoli che possono più facilmente scatenare affaticamento visivo e successivi meccanismi di compenso. Questa situazione procura più facilmente stress visivi, astenopia e costringe l’organismo alla ricerca del comfort o meglio di situazioni di adattamento che possono provocare a loro volta un compromesso solamente transitorio e innescando, a lungo termine, profonde modificazioni non solo visive, ma anche strutturali. In questo processo si capisce come lo stress visivo, e cioè una condizione di «non equilibrio», possa essere la causa di tentativi di adattamento che, una volta esaurita la possibilità di reazione, diventi la causa di anomali e continui tentativi di ricreare un «equilibrio» che sarà sempre e comunque «instabile». Avete certamente capito che a monte di queste considerazioni vi è la domanda chiave che ha spinto gli Autori a scrivere questo volume: «È la visione che modifica la postura o è la postura che modifica la visione?» La realtà di tutti i giorni per chi lavora nell’oftalmologia è cambiata negli ultimi anni: tutti Noi del settore sappiamo che il numero di patologie «astenopeiche» sono in grande aumento e spesso, anzi, quasi sempre, vi sono spiegazioni e diagnosi non solo oculistiche ma che coinvolgono problemi posturali e comportamentali. L’astenopia deve essere un segno non più da «registrare» quanto da «trovare» nel corso dell’anamnesi e della chiaccherata con il Paziente, specie nei soggetti a maggiore rischio, perché proprio da una astenopia non corretta o valutata male possono iniziare una serie di tentativi di xxi


xxii

Prefazione

«bio feed-back» che a loro volta possono indurre situazioni complesse e intricate. Per questi motivi la diagnosi e il trattamento dell’astenopia sono di fondamentale importanza per preservare la visione binoculare e il rapporto AC/A, ogni alterazione si ripercuote non solo sulla visione ma anche sulla postura. L’informazione visiva e quella vestibolare sono integrate dallo SPF (sistema posturale fine) capace di ritrovare i vantaggiosi aggiustamenti posturali, eliminando le torsioni di capo, collo e tronco, che hanno portato alla sindrome algica disfunzionale, o si adoperano per mantenerla. La lettura del Volume può apparire di non facile comprensione, specie per chi non è abituato alla valutazione della visione come di una valutazione complessa e composta da varie e numerose componenti, ma il taglio dato dagli Autori rende avvincente e pratico l’avvicinamento e la spiegazione dei vari test e delle varie teorie. Queste ultime sono accompagnate da risultati clinici pratici che ne avvalorano l’importanza e che permettono un approccio pratico per varie patologie che hanno come comune denominatore l’astenopia, lo stress visivo, una visione binoculare non perfetta, forie. Ognuna di queste anomalie si ripercuote non solo sulla visione ma anche sulla postura. L’informazione visiva e quella vestibolare sono integrate per ritrovare i vantaggiosi aggiustamenti posturali, eliminando le torsioni della testa, del collo, del tronco, ma anche per mantenere tali aggiustamenti e per perpetuare e peggiorare situazioni neuro muscolari anomale. È interessante leggere e considerare che forie inferiori ai 5° possono alterare la percezione binoculare dello spazio e modificare l’atteggiamento posturale non solo della testa ma di tutto il corpo e forie di questa grandezza possono essere causate da banali errori dell’asse dell’astigmatismo e centrature sbagliate delle lenti. Se una postura scorretta è mantenuta per periodi prolungati, si hanno effetti sulla coordinazione binoculare, il rendimento accomodativo diventa diverso fra i due occhi, compaiono forie, si possono accentuare le anisotropie, si degrada l’equilibrio del sistema visivo. Per queste ed altre ragioni il «messaggio» del Volume è quello di impegnare gli addetti ai lavori alla prescrizione delle lenti correttive attenendosi in maniera scrupolosa a tre regole fondamentali: 1. Visione ottimale e nitida 2. Visione confortevole 3. Visione e rispetto posturale


Prefazione

xxiii

È quindi la visione che crea la postura o la postura che crea la visione? Questo interessante dubbio non è certo sciolto nel Volume, ma gli Autori hanno certamente contribuito a dare le chiavi di lettura per affrontare il problema, almeno con le giuste cognizioni e con le appropriate conoscenze. La postura utilizza il sistema neuro-muscolare e scheletrico per reagire alla forza di gravità e alle accelerazioni e generare la funzione motoria statica e dinamica, nella maniera più economica possibile, con la massima stabilità e con il massimo comfort. Il fenomeno della visione non può che essere analizzato ed esplorato da una specifica disciplina nella quale altre dottrine confluiscono ed apportano il loro contributo informativo; l’optometria, nata inizialmente come attività rifrattiva, è evoluta nello studio dell’uomo e dei suoi comportamenti nell’ambiente modificando nel tempo la concezione filosofica assolutista e statica a principi evolutivi e quindi dinamici (Darwin, 1860) In questa filosofia nasce e lavora l’optometrista comportamentale e posturale. Vanno certamente apprezzati gli Autori e ci dobbiamo congratulare con Loro per il coraggio e una buona dose di sfrontatezza, perché hanno affrontato un terreno cosi difficile e minato che per anni è stato, o poco considerato dalla scienza ufficiale, o addirittura non considerato perché ritenuto non interessante. Per portare avanti le proprie idee ci vogliono determinazione, coraggio e risultati pratici: tutti questi ingredienti sono alla base di questo volume che sicuramente avrà dei limiti, ma non certo quello di cercare di dare chiarezza e/o metodologia in un argomento cosi controverso e problematico quale la postura. Certamente questo Volume non risolverà tutti i dubbi e le problematiche connesse, ma avrà il valore di essere stato uno dei primi, se non il primo, testo da consultare per chi si volesse avvicinare alla problematiche di «visione e postura». A tutti coloro che seguiranno le orme impresse dagli Autori, il mio augurio e il mio ringraziamento per quello che riusciranno a fare e che riusciranno a farci comprendere. Per ora buona lettura! Dott. Stefano Esente, Oculista



VISIONE E POSTURA: LO STATO DELL’ARTE



Capitolo 1

STATO DELL’ARTE 1.1. Introduzione Alla luce di conoscenze scientifiche e di esperienze cliniche, si può affermare che un gran numero di stati patologici, ovvero perdita della condizione di salute e di benessere, possono essere ricondotti ad alterazioni funzionali e dell’equilibrio organizzativo comportamentale del nostro biosistema corporeo nei confronti dell’ambiente interno ed esterno. Nel 1930 Cannon definisce l’Omeostasi come «l’assenza di disturbi nell’organismo malgrado le profonde modificazioni dell’ambiente esterno, dovuta all’esistenza di meccanismi che mantengono relativamente variabili le condizioni del mondo interno». L’Omeostasi è il risultato delle complesse interazioni che si stabiliscono tra diversi sistemi (Sistema Nervoso Autonomo, S. Endocrino, Centri Encefalici. . . ), ma va precisato che anche la personalità, il modo di affrontare la vita e lo stato emotivo-comportamentale la possono rendere soggettiva e ipervariabile. Possono, quindi, essere definite con il termine «Disfunzioni Corporee» l’insieme delle alterazioni somatico-psichiche che rappresentano l’epifenomeno clinico-patologico della perdita delle capacità omeostatiche generali. Nel 1995 abbiamo definito per «Postura» l’epifenomeno macroscopico spazio-temporale dinamico corporeo, ovvero la posizione angolare dei vari segmenti e piani corporei che sono il risultato di una risposta funzionale sinergetica, sempre adeguata e globale, all’ambiente. Oggi è noto che qualora si osservi un qualsiasi sistema vivente , unione armonica di molti elementi diversi, risulta possibile identificare sia al suo esterno che al suo interno un ordine energetico, ricorrente ad ogni livello, rappresentabile in una serie di proporzioni ripetitive configuranti una realtà dinamica di energie pluripolari, complementari ed armoniche, aspetti essenziali di tutte le forme di vita. Questa naturalità armonica di esistere e di funzionare è regolata da leggi, rapporti, proporzioni ed architetture che sono presenti sia nei macro che nei microsistemi. 3


4

Stato dell’arte

Una delle principali funzioni che storicamente viene attribuita agli esseri viventi è quella di mantenere relativamente costante i propri rapporti con l’ambiente esterno. Il Sistema Omeostatico Posturale è l’espressione del modo di interagire e comunicare, non verbale, di ogni essere vivente sia nei rapporti individuali (espressività) che individuo–ambientali (equilibrio statico e dinamico), attraverso un continuo flusso di informazioni e trasformazioni energetiche che giungono al sistema nervoso centrale e periferico e che rivestono un ruolo di sussistenza funzionale: è infatti per mezzo della continua attivazione degli schemi e programmi motori che si realizza una costante modificazione e riorganizzazione della rete neurale. Le informazioni visive, oto-vestibolari, propriocettive (artro–muscolo–tendineo–legamentose-fasciali), esterocettive (cutanee) e endocettive (sistema viscerale) vengono tradotte, modulate ed integrate per vie riflesse, sottocorticali o corticali, in un contesto sinergico con le risposte motorie efferenti, che si estrinsecano nell’adattamento di equilibrio statico e dinamico corporeo, strategicamente più consono alle situazioni ambientali contingenti. La migliore comprensione del Sistema Omeostatico Posturale è raggiunta con l’adozione di un modello interpretativo di tipo cibernetico che permette di paragonare il nostro corpo ad un «sistema» ovvero insieme di elementi o grandezze (sottosistemi) connesse a costituire un «Tutto»; le connessioni si attuano tramite flussi di informazioni cioè trasformazioni energetiche. Quindi è possibile sintetizzare il concetto di Omestasi Posturale come la complessa risposta sinergica multidistrettuale di un sistema biologico senso-motorio in termini di assetto tridimensionale spaziale dei vari segmenti e piani che lo caratterizzano strutturalmente (postura), frutto di una reazione appropriata alle sollecitazioni dell’ambiente esterno/interno e rispettosa di un ottimale compromesso tra: • equilibrio statico-dinamico, ovvero l’annullamento delle forze e dei momenti interagenti sul corpo; • ottimizzazione psico-fisica, ovvero quella condizione per la quale il corpo tende sempre a scegliere, in risposta alle sollecitazioni, una posizione spaziale tale da evitare la comparsa di stati tensionali con dolore o disagi fisici o psichici; • risparmio energetico, la modalità attraverso cui il sistema corporeo realizza il massimo risultato statico e dinamico con il minimo sforzo e dispendio energetico.


1.2. Il sistema Uomo

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Relativamente all’equilibrio, questo, in condizioni gravitarie, si definisce come l’annullamento delle forze e dei momenti interagenti sul corpo. In particolare l’equilibrio statico si realizza senza macroscopico movimento del corpo quando la proiezione del baricentro al suolo cade in una ristretta area compresa entro il poligono di appoggio, ricevendo il corpo la forza di reazione del suolo eguale e contraria insieme a quella miofasciale in un punto detto centro di pressione. L’equilibrio dinamico si realizza invece con un annullamento di forze in presenza di un movimento macroscopico e quindi tramite un continuo calcolo revisionale che rapporta la proiezione del baricentro sul poligono d’appoggio previsto. Nel contesto dinamico l’equilibrio è realizzato dalla relazione tra centro di gravità e superficie di appoggio prevista in modo che il centro di gravità, nello spostamento continuo e variabile, vada a cadere sempre entro la superficie d’appoggio successiva. L’ottimizzazione psico-fisica è quella condizione per la quale il corpo tende sempre a scegliere, in risposta alle sollecitazioni, una posizione spaziale tale da evitare la comparsa di stati pensionali con dolore o disagi fisici e psichici. Il risparmio energetico identifica le modalità attraverso cui il sistema corporeo realizza il massimo risultato statico e dinamico con il minimo sforzo e dispendio energetico.

1.2. Il sistema Uomo Il sistema Uomo è un biosistema motorio complesso ove l’omeostasi e le funzioni stato-dinamiche regionali o segmentali sono inscindibili da quelle generali ed il circuito di regolazione non risulta di tipo lineare–causale ovvero di stimolo e reazione ma di tipo interattivo tra un grande numero di circuiti tra loro collegati ed interagenti. In questo biosistema i livelli micro e macroscopici risultano intimamente integrati ed in armonica continuità ed equilibrio, grazie a complesse e molteplici correlazioni neurobiologiche. La biocibernetica è definibile come la scienza che consente, attraverso l’analisi delle informazioni che provengono dal sistema biologico, il controllo e la regolazione degli organismi viventi e che si occupa delle modalità di comportamento dei sistemi di autoregolazione autoadattamento ed autorganizzazione; dalle evidenze biocibernetiche è possibile affermare sia che i processi di omeostasi del sistema corporeo, intesi come stato di stabilità dell’organismo, vengono mantenuti attraverso un sistema


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di meccanismi di controllo attivati da circuiti di controreazione, sia che l’evoluzione dinamica del sistema corporeo risulta assimilabile piu’ che a quella di un sistema influenzato soltanto dall’esterno a quella di un sistema quantistico, che dipende da fattori sia esterni che interni. Relativamente all’equilibrio del corpo umano già dal XVII secolo, con i concetti di meccanica newtoniana e con la prima rappresentazione della verticale di gravità del corpo umano, per mano di Borelli nel 1680 nel De Motu Animalium, si è iniziato a definire i campi di riferimento della motricità. Successivamente nel XIX secolo si è posta l’attenzione sulla postura ed il termine si è caratterizzato negli scorsi anni con innumerevoli definizioni tra cui ricordiamo: 1. La postura è la capacità del nostro corpo di assumere e cambiare posizione nell’ambiente di vita. 2. La postura umana è l’assetto tridimensionale spaziale dei vari piani e segmenti del corpo somatico. 3. La postura è la posizione che il corpo assume per controbilanciare la forza di gravità in una situazione di riposo o in movimento. 4. La postura è la posizione che il corpo assume per controbilanciare la forza di gravità in una situazione di riposo o in movimento. 5. La postura è la posizione che il corpo assume sia da fermo che in movimento. 6. La postura è la posizione che il corpo assume nella vita di relazione ed è corretta quando le varie parti del corpo si dispongono in maniera fisiologica. 7. La postura è la disponibilità e la capacità di una persona di mettere in relazione le varie parti del corpo in modo da assicurare ora e per il futuro la massima efficienza nella funzione comportamentale e nel funzionamento psicologico. 8. La postura è la scienza del corretto allineamento e della corretta gestione motoria del corpo umano in rapporto alla forza di gravità. 9. La postura é la sinergia con cui le varie parti del corpo nella loro interezza psicofisica concorrono all’attuazione di qualsiasi gesto. 10. La postura è il linguaggio non verbale del soggetto. 11. La postura è ciascuna delle posizioni assunte dal corpo contraddistinta da particolari rapporti tra i diversi segmenti somatici. Nell’ambito della dinamica corporea riteniamo di condividere la definizione di C. Ghetz che considera la postura la rappresentazione sia della


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posizione complessiva del corpo e degli arti, l’uno rispetto agli altri in un sistema di coordinate egocentriche, sia del loro orientamento nello spazio circostante in un sistema di coordinate exocentriche; il tutto è compreso nella dimensione di riferimento del campo gravitazionale ovvero in un sistema di coordinate geocentriche. Vorremmo completare tutto quanto sopra detto con la personale identificazione della postura quale espressione morfo-motoria dell’ideazione (Saggini, Bellomo e Pezzatini, 2006). L’introduzione del concetto di coordinate egocentriche, exocentriche e geocentriche al cui interno avviene il posizionamento del sistema corporeo, permette di utilizzare l’approccio biomeccanico non solo a fini valutativi ma anche terapeutici e preventivi. Nei presupposti concettuali della moderna biologia molecolare vi è il postulato della località, che identifica l’organismo biologico in un insieme di parti, ognuna delle quali funziona sulla base del principio che effetti localizzati in un posto preciso dipendano da cause localizzate nello stesso posto. Questo concetto va considerato all’interno di un modello interpretativo biocibernetico che identifichi il Sistema Corporeo quale organismo biologico: Complesso: in quanto costituito da molti sottosistemi a configurazione funzionale, spaziale e integrata. Causale: poiché necessita di sollecitazioni per generare risposte. Totale: in quanto qualsiasi modificazione di un componente di uno o più sottosistemi determina una modificazione degli altri sottosistemi ovvero dell’intero sistema. Tempo variante: in quanto i valori delle componenti possono modificarsi nel tempo. Calibrato: in quanto il sistema mantiene una sua stabilità e coerenza di risposta rispetto alle variabili ambientali esterne o interne purché queste si mantengano entro un certo ordine di valori e ciò in relazione al campo di tolleranza di ogni singolo individuo. Adattativo: in quanto dispone di meccanismi di risposta automatica a retroazione (FEEDBACK) o a programmazione memorizzata precostituita con previsionalità d’azione (FEEDFORWARD) in grado di selezionare e scegliere le strategie di risposta più giuste ad ogni modificazione interna od esterna al sistema; infatti i sistemi motori debbono tener conto della distribuzione della massa corporea e compiere aggiustamenti posturali appropriati ai particolari movimenti che vengono eseguiti. A tal proposito quando siamo in piedi, i muscoli degli arti inferiori debbono contrarsi


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prima che il braccio venga alzato, in quanto altrimenti il movimento del braccio sposterebbe il nostro centro di gravità determinando una nostra caduta. Equifinalizzato: in quanto viene privilegiato solo lo specifico movimento e non la modalità o l’intensità di attivazione dei singoli sottosistemi che concorrono a produrlo potendosi così combinare strategie d’attivazione diverse per lo stessa risposta motoria in un contesto sinergetico. Ridondante: in quanto il sistema in equilibrio è frutto di convergenze plurisensoriali talchè le informazioni disponibili sono in numero molto superiore a quelle strettamente necessarie, pertanto sono le capacità di efficienza del sistema a gestire le funzioni nel modo più ergonomico scegliendo e selezionando solo quelle più idonee al caso. Ciò è espressione dell’estrema platicità del sistema che è in grado di adattarsi in maniera soddisfacente anche a variazioni importanti dell’ambiente esterno o interno. Questo avviene in quanto le esperienze sensoriali-cognitive legate al moto sono in grado attraverso una complessa rete di convergenze e flussi di informazione di riorganizzare e modificare di volta in volta la rete sinaptica neuronale in un continuo turnover rimodellativo. Preferenziale: in quanto esiste una variabilità individuale nell’utilizzo di alcuni rispetto ad altri dei tanti ingressi sensoriali disponibili (inputs visivi, propriocettivi, somatoestesici e labirintici) e nell’adozione di strategie di risposte motorie diverse ed individuali (outputs). Tale modello consente di configurare il «sistema uomo» nel contesto di evoluzione dinamica di un sistema quantistico che dipende da fattori sia esterni che interni, piuttosto che nel contesto dinamico di un sistema fisicamente classico ove l’evoluzione risulta determinata solo da fattori esterni. La nostra posizione bipodalica, che risulta dal punto di vista filogenetico e funzionale più evoluta della quadrupedica, si presenta certamente più critica dal punto di vista dell’equilibrio, il baricentro corporeo si situa poco anteriormente rispetto alla terza vertebra lombare e la sua proiezione al suolo, centro di pressione, in condizioni di equilibrio statico in ortostasi cade all’interno del poligono d’appoggio plantare poco avanti alle eminenze malleolari interne. Questa caratteristica di un baricentro più alto rispetto ad un poligono d’appoggio più stretto e per la peculiare posizione della testa fulcrata a mo di leva di primo genere sui condili occipitali, rende il corpo, in condizione ortostatica, instabile ed in situazione di squilibrio anteriore. Tale condizione, che viene compensata dal generale irrobustimento delle


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fasce e dal maggior tono della muscolatura dei settori posteriori, rappresenta in realtà un’ottima soluzione funzionale per asservire la forza di gravità alle nostre esigenze dinamico-ergonomiche: permette, infatti, innanzitutto di controllare la posizione fotostatica tramite l’impegno specifico solo di alcune componenti miofasciali (quelle posteriori) e inoltre di vincere il momento di inerzia correlato alle fasi del movimento deambulatorio ottenendo la spinta in avanti con il semplice sfregamento e disattivazione parziale del vincolo muscolare posteriore senza che si realizzi un importante coinvolgimento muscolare generale e quindi un dispendio di energetico eccessivo. Per raggiungere le condizioni di equilibrio statico, sia per le ragioni suddette sia per compensare gli spostamenti ritmici della massa circolatoria ed i movimenti respiratori nonché per mantenere un continuo flusso informativo dai recettori a rapido adattamento, il nostro corpo deve attivare una serie continua di microaggiustamenti motori che si traducono in lievi oscillazioni del centro di pressione al suolo sul piano trasversale e su quello sagittale: tutto ciò può essere definito ritmo posturale. Il ritmo posturale si traduce quindi in un meccanismo di regolazione e di controllo automatico ed istantaneo della posizione del centro di gravità proiettato al suolo in una stretta area entro il poligono d’appoggio. Il sistema posturale statico controlla le condizioni di equilibrio corporeo nell’ambito delle oscillazioni non superiori ai 4 gradi e viene utilizzato per la realizzazione della postura tonica gravitaria ortostatica. Al controllo e alla regolazione di questa situazione di equilibrio statico in condizioni di riposo, occorrono elementi meccanici (ossa, muscoli,legamenti, tendini e fasce) ed elementi neurologici quali il sistema visivo, il sistema vestibolare in particolare il sacculo e l’utricolo, il sistema propriocettivo, esterocettivo e il sistema endocettivo: le informazioni (input) vengono continuamente trasmesse, modulate e trasformate in risposte motorie (output) attraverso meccanismi automatici sottocorticali, circuiti riflessi tonico-miotatici, sinergie motorie elementari ovvero sequenze e combinazioni automatiche innate e/o acquisite di pattern di attivazione muscolare secondo modalità a feed-back e predittive a feed-forward. Questo complesso meccanismo di controllo a regolazione automatica della postura ortostatica a riposo, caratterizzata da oscillazioni non superiori ai quattro gradi, rientra sotto il dominio del «sistema tonico posturale fine» o sistema posturale statico di primo tipo. Questo sistema permette di mantenere a riposo in maniera «confortevole» ed «ergonomia» l’equilibrio stato-gravitario del corpo e rappresenta la base di partenza per qualsiasi tipo di attività dinamica.


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Per controllare e rispondere invece a perturbazioni ambientali di maggior entità ed ottimizzare anticipatamente l’esecuzione di atti dinamici volontari è richiesto l’intervento di meccanismi sottocorticali automatici più complessi e talora anche l’intervento di regolazione volontaria cosciente: tutto ciò è proprio del sistema posturale statico di secondo tipo che in sintesi si avvale di meccanismi si regolazione posturale statica reattiva e di meccanismi di regolazione posturale statica anticipatoria.

1.3. Sistema Nervoso Centrale Il ruolo del Sistema Nervoso Centrale (SNC) sulla regolazione dell’equilibrio può schematicamente riassumersi in alcune attività • • • •

riconoscimento delle singole afferenze; memorizzazione delle esperienze; confronto ed integrazione delle afferenze; modulazione delle afferenze al fine di regolarne l’influenza (gain) sul sistema; • programmazione delle risposte automatiche e volontarie; • modulazione delle risposte.

A livello segmentato sono previsti meccanismi che consentano adattamenti particolarmente rapidi. Si tratta di riflessi con un numero minimo di sinapsi in cui per ciascuna afferenza vi è una efferenza specifica e per i quali il meccanismo prevalente è quello del feedback. È questo il caso, ad esempio, del classico riflesso da stiramento. Le afferenze periferiche raggiungono comunque anche i centri superiori per subire un trattamento più raffinato e complesso. Il loro riconoscimento richiede una esperienza ed una memoria specifica per ogni condizione che consenta di comparare la situazione del momento con quelle precedenti. Le singole afferenze devono poi essere confrontate per verificarne la congruenza reciproca e modulate (facilitate o inibite) per regolarne l’influenza sul sistema. In questi processi gioca un ruolo notevole la variabile soggettiva dell’esperienza e dell’età. Esiste infatti una preferenzialità nella gestione delle afferenze periferiche che è dovuta sia all’abitudine che alla necessità di utilizzare maggiormente l’una rispetto all’altra (ad esempio gli sportivi si abituano ad utilizzare in modo molto raffinato quelle propriocettive, anche i bambini si affidano maggiormente a quelle propriocettive mentre gli ultrasettantenni a quel-


1.3. Sistema Nervoso Centrale

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le visive) fermo restando, in condizioni non patologiche, la prevalenza assoluta di quelle vestibolari. Il confronto tra il pattern informativo periferico globale così ottenuto e gli engrammi precedentemente stoccati consente rapidi adattamenti non solo a quanto sta accadendo ma persino a quanto si prevede stia per accadere. Esistono infatti anche meccanismi di previsione-proiezione degli eventi, con conseguente programmazione atomica di risposte ritenute probabilmente adatte a quanto potrebbe accadere nel tempo immediatamente successivo (feed-foward). Oltre alle risposte motorie automatiche, che coinvolgono i meccanismi riflessi esistono anche quelle volontarie, certamente meno rapide, che consentono gli aggiustamenti voluti dal soggetto, in funzione della coscienza del suo stato e delle modificazioni che egli voglia apportare. Le risposte motorie possono essere di vario tipo, che corrispondono all’attivazione di gruppi muscolari progressivamente più numerosi: • i riflessi segmentarii, che consentono la rapida attivazioni di muscoli distrettuali; • le sinergie, cioè le combinazioni automatiche innate o acquisite di pattern di attivazione di più muscoli concatenati; • le strategie, cioè sequenze o combinazioni nello spazio e nel tempo di varie sinergie. Le varie risposte motorie automatiche e volontarie programmate sono poi a loro volta debitamente modulate. Le modalità di modulazione sono di vario tipo: • regolazione dell’attività dei centri; • regolazione dell’attività periferica. Ogni nuova condizione, in quanto sconosciuta, risulta potenzialmente destabilizzante l’intero sistema e richiede un’ adattamento, ottenibile soprattutto attraverso l’abitudine, cioè la ripetizione della condizione stessa. Il contrasto tra le informazioni periferiche è la causa principale di destabilizzazione. I meccanismi di adattamento a nuove condizioni, siano esse fisiologiche o patologiche, richiedono una riprogrammazione globale dell’attività centrale.


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1.4. Sistema di regolazione posturale Il sistema di regolazione posturale statica reattiva si avvale di «strategie» motorie corticali-spinali più complesse ovvero sequenze o combinazioni nello spazio e nel tempo di varie «sinergie» secondo modalità di risposta a feed-back a stimoli ambientali squilibranti il baricentro corporeo. In relazione al grado di intensità della forza perturbante e alla velocità di risposta richiesta, si possono impiegare 3 modalità di controllo adattativi: 1. reazione di caviglia; 2. reazione di anca; 3. reazione di stepping o passo. Le modalità di reazione di caviglia viene messa in atto per compensare le perturbazioni di lieve entità essendo una modalità di riequilibrio del baricentro ergonomicamente più vantaggiosa implicante minimi spostamenti angolari e minime variazioni della geometria corporea. Tale meccanismo infatti lavora sul fulcro delle caviglie con strategie muscolari di tipo disto-prossimale a scarso impegno energetico. La modalità di reazione di anca viene messa in atto per perturbazioni più forti che non sono più compensabili da lievi adattamenti oscillatori del baricentro intorno alle caviglie ma richiedono un veloce e più forte compenso che si attua così spostando le masse del tronco e del bacino a monte degli atri inferiori e le caviglie con attivazione più marcata e in senso prossimi-distale della muscolatura. La modalità di reazione di stepping viene utilizzata quando l’entità dello stimolo perturbante è di entità tale da non poter essere più compensata dalla semplice reazione muscolare o dagli spostamenti delle masse entro il poligono d’appoggio dell’individuo che, per questo motivo, deve trovare l’annullamento delle forze ed il compenso in un altro poligono di appoggio più lontano attuando il movimento di passo. Nell’ambito del sistema posturale statico di secondo tipo si trovano coinvolti oltre che meccanismi di regolazione posturale reattiva, anche meccanismi di regolazione posturale statica anticipatoria. Tale regolazione del tono della muscolatura prima dell’esecuzione dell’attività di manica-motoria assieme all’azione tonica antigravitaria realizzata dal sistema posturale tonico fine risulta di basilare importanza per la realizzazione e l’ottimizzazione dei movimenti corporei in quanto inibisce e facilita certi gradi di mobilità delle articolazioni e preseleziona e tara


1.4. Sistema di regolazione posturale

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opportunamente alcuni muscoli nella maniera più adeguata ed ergonomia nei confronti dell’atto motorio da compiere. Ritornando nell’ambito del sistema posturale statico di primo tipo è possibile paragonare il nostro corpo, in equilibrio ortostatico, ad un pendolo invertito oscillante entro i 4 gradi di ampiezza attorno al sottosistema piede-caviglia. Tutto il sistema che sovrintende alla regolazione dell’«Equilibrio Statico» in ortostasi, risulta coinvolgere i muscoli posturali avvalendosi di informazioni di tipo propriocettivo-endocettivo-stereocettivo, di tipo visivo e vestibolare: si viene così a definire il «Sistema tonico posturale fine o di primo tipo». Laddove invece si richieda il controllo di spostamenti di maggiore ampiezza, sia con espletamento di movimenti complessi ed interessamento dei muscoli fasici, sia con stimolazioni proprio-esterocettive importanti, sia con coinvolgimento di sistemi neurologici più complessi, ovvero riflessi posturali cinetici e strategie motorie articolate si definirà il dominio del Sistema posturale dinamico. Il sistema tonico posturale statico e quello posturale dinamico sono strettamente integrati tra loro: qualsiasi movimento infatti non potrebbe realizzarsi senza l’azione di un sistema tonico modulatore che stabilizzi l’assetto corporeo di partenza e che predisponga anticipatamente i muscoli e le articolazioni bloccando o facilitando certi gradi di libertà nello spazio in relazione alla direzione e al tipo di movimento da effettuare. È ormai condiviso che nel contesto del sistema funzionale corporeo siano identificabili i seguenti sottosistemi (vedi figura 1.1): a) 5 sottosistemi strutturali-biomeccanici a configurazione spaziale con organizzazione a catena cinematica chiusa con sei gradi di libertà; b) 3 sottosistemi a configurazione funzionale; c) 2 sottosistemi a configurazione mista spaziale e funzionale.

a) Il primo sottosistema strutturale-biomeccanico a configurazione spaziale è il cranio-stomatognatico, costituito dal complesso delle ossa craniche, dalla mandibola e dalle due articolazioni temporo-mandibolari che correlano la mandibola al cranio e che sono dotate di sei gradi di libertà; il secondo è il sottosistema sterno-scapolo-omerale, che comprende le articolazioni acromion-clavicolare, sterno-clavicolare e scapolo-omerale, dotata questa ultima di sei gradi di libertà. Tale sottosistema risulta correlato con quello sovrastante a mezzo di strutture miofasciali connesse all’osso ioide ed alle vertebre cervicali; il


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Figura 1.1: Sottosistemi corporei

terzo sottosistema è la pelvi, con l’insieme di articolazioni quali la sacro-coccigea, sacro-iliaca, ischio-pubica, ileo-femorale, dotata questa ultima di sei gradi di libertà. Tale sottosistema è correlato ai precedenti a mezzo di strutture miofasciali connesse al rachide toracico e lombare e alle coste; il quarto sottosistema è costituito dal complesso piede-caviglia, comprendente l’articolazione peroneo-tibio-astragalica, quella sotto-astragalica e la calcaneo-cuboidea. L’articolazione a sei gradi di libertà è la sottoastragalica. Tale sottosistema è collegato ai precedenti tramite le componenti miofasciali della gamba e della coscia e rappresenta il punto o interfaccia di comunicazione con il suolo, via di passaggio di continui flussi di informazioni afferenti od efferenti tra il nostro corpo e l’ambiente gravitazionale; il quinto sottosistema è costituito dalla intera colonna vertebrale identificabile come sottosistema di relé a configurazione spaziale con tipologia assiale-mediana plurigiunzionale. Tale sistema funge da relè strutturale biomeccanico dei sottosistemi sovra elencati e presenta alcuni punti particolarmente importanti quali zone di fulcro di flesso-estensione (C0-C1, C5-C6-C7, D4, D9, L3 ) e di rotazione (C0-C1, C7-D1, D4, D9, D11-D12, L5-S1) che dato il notevole carico funzionale che devono gestire sono spesso sedi


1.4. Sistema di regolazione posturale

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di patologie da sovraccarico. L’articolazione cranio vertebrale, rappresentata dall’occipite (C0) e da C1–C2–C3, può essere considerata l’estremo adattatore per l’allineamento della testa e per l’equilibrio; se questa struttura articolare non è libera, gli organi sensoriali della testa e del collo non possono fornire le informazioni importanti per l’interazione con l’ambiente, così come le strutture di innervazione meccano-recettoriali, che sono presenti nei legamenti, nelle faccette articolari e nella capsula di C1–C2–C3, non possono fornire segnali di assenza di attività nocicettiva così da evitare l’attivazione di alterazioni quali nistagmo e/o vertigini. b) Il primo sottosistema a configurazione funzionale è l’apparato osteomuscolo-fasciale che, struttura dal punto di vista biomeccanico a geometria variabile e tessuto comune all’intero organismo di derivazione mesenchimale, correla come un unico grande contenitore i vari distretti somatici e viscerali ottimizzando e distribuendo equamente le forze e le sollecitazioni tra le varie strutture. In particolare le fasce, sia quelle superficiali sottocutanee di tessuto connettivo lasso che quelle più profonde, tutte di comune matrice mesenchimale, avvolgono tutta la muscolatura, compreso il diaframma, le ossa e gli organi intratoracici e addominali. In continuità tra di loro, avvolgono tutto il corpo, contraendo rapporti perfino con i connettivi di protezione del sistema nervoso centrale (fasce meningee, dura madre, falce del cervello e cervelletto, tectorio del cervelletto), rendendo cosi ‘ solidale l’azione dei singoli muscoli e permettendo di distribuirne la tensione anche in sedi lontane dalla propria origine. Il corpo umano, inteso come un sistema biologico - meccanico, trova la regolazione in una trasmissione di forze tra tutti gli elementi collegati in un contesto di modello in «tensegrità» che identifica il sistema corporeo come un sistema dinamico e stabile e coordinato, in grado di interagire con flessibilità con le forze agenti su di esso. Tale modello è costituito sia da un sistema continuo di elementi tensionali sia da un sistema discontinuo di elementi compressivi. Ad esempio nel sistema Osteo-Muscolo-Fasciale si può identificare nell’osso l’elemento in compressione discontinua, nell’apparato muscolo-fasciale l’elemento continuo tensionale. Il secondo sottosistema è quello a funzionalità neurologica di tipo senso-motorio somatico, costituito dall’insieme del sistema nervoso periferico-recettoriale e centrale, è in grado di gestire in maniera ottimale tutto il flusso continuo delle informazioni in entrata ed in uscita integrando sinergicamente le funzioni e l’attività dei vari distretti cor-


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porei somatici e relazionando le stesse con l’ambiente esterno che ci circonda. L’ultimo sottosistema è quello a funzionalità neurologica di tipo sensomotorio vegetativo. Costituito dall’insieme del sistema nervoso simpatico e parasimpatico, con le sue vie periferiche (correlate con gli organi viscerali) e con le sue componenti centrali (centri midollari, sostanza reticolare, diencefalo, ipotalamo) è indispensabile per assicurare le funzioni «egemoniche» del corpo umano (funzionalità cardiaca, termoregolazione, funzioni respiratoria e nutritivo-assimilativa ecc.). Tale sottosistema neurologico è la base sulla quale si impianta l’attività neurologica volontaria somatica e può essere paragonato alla parte immersa di un iceberg. È importante sottolineare che esistono strette intercorrelazioni anatomiche e funzionali tra questi sottosistemi a configurazione neurologica potendosi cosi determinare influenze viscero-somatiche o somato-viscerali: uno stato emozionale o la disfunzione di un organo viscerale possono determinare a livello somatico dolore riferito con distonie muscolari in determinati distretti corporei e viceversa situazioni algico disfunzionali, interessanti le componenti somatiche artro miofasciali di un distretto corporeo, possono innescare una risposta dolorosa riflessa a livello di organi viscerali con possibili turbe a livello psichico. c) In funzione del particolare modello organizzativo neurologico corporeo che matura ontogeneticamente in sintonia, e in relazione con il progressivo sviluppo neuro-psico-motorio durante l’età evolutiva, possono essere nell’uomo individuati due sottosistemi a configurazione mista spaziale e funzionale integrata, intimamente correlati tra loro sotto il profilo neuro-sensoriale-biomeccanico, rappresentati dai due emisomi. Essi sono fondamentali per la definizione di schemi morfo-funzionali in simmetria ed indispensabili per una corretta estrinsecazione dell’attività relazionale e vegetativa. In stretto rapporto con tutti i dieci sottosistemi sovra descritti si collocano le strutture di informazione sia recettoriale, quali quelle propriocettive, esterocettive ed endocettive sia sensoriale, quali quelle visive e vestibolari. Al di sopra di tutto c’è, quale timer biofunzionale e centro di coordinazione, modulazione ed integrazione, l’Encefalo, che da vero direttore d’orchestra con le sue componenti cortico-sottocorticali, ordina i tempi di lavoro ed adatta sempre al meglio il funzionamento globale dei singoli componenti alle situazioni contingenti.


1.5. Alterazione dell’efficienza della dinamica corporea

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Figura 1.2: Fattori che possono alterare l’efficienza della dinamica corporea.

1.5. Alterazione dell’efficienza della dinamica corporea I fattori che possono alterare l’efficienza della dinamica corporea sono diversi (figura 1.2), tra loro interagenti e ricollegabili fondamentalmente a tre aspetti: • il primo è costituito da fattori biomeccanici che comprendono i cinque sottosistemi a configurazione spaziale e il sottosistema di funzione biomeccanico osteo-mio-fasciale; • il secondo è costituito da fattori di tipo biochimico-metabolico che comprendono tutte le componenti e i processi che presiedono ai momenti di difesa e di apporto energetico del nostro sistema; • il terzo è costituito dai sottosistemi di funzione sia nervoso somatico sia nervoso autonomo e da fattori di tipo psico-caratteriali del soggetto. Nell’ambito dello studio della dinamica corporea, l’attività dello studioso di postura si deve caratterizzare per la contestualizzazione di un’azione volta all’identificazione dei fenomeni che manifestano lo stato di alterazione dell’efficienza. La perdita di efficienza conduce inevitabilmente nell’ambito della dinamica motoria ad uno stato disfunzionale, ovvero a una perdita di condizioni di salute e di benessere, da cui conseguono alterazioni funzionali per l’equilibrio organizzativo e comportamentale del sistema corporeo nei confronti dell’ambiente esterno ed interno.


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La sovrapposizione di fattori scatenanti a fattori condizionanti, come il trascorrere del tempo, sono in grado di determinare che si oltrepassino le potenzialità compensatorie caratteristiche del campo di tolleranza proprio dei diversi sottosistemi , giungendo all’innesco di quadri che vengono identificati come stati di malattia specifica ed a volte possono trovare inserimento in dimensioni sindromiche. In questi contesti, momento fondamentale e preliminare di ogni approccio terapeutico risulta essere l’identificazione della dimensione morfo-funzionale di ogni sistema corporeo attraverso una integrata analisi posturale che sia in grado di mettere in luce i valori angolari assoluti e relativi che caratterizzano la dimensione corporea del soggetto in esame. È soltanto la conoscenza di questi dati che puo’ permettere la comprensione dei meccanismi organizzativo-funzionali, e la loro correlazione nella dimensione energetica del sistema: ciò risulta ancora più necessario quando si sia in presenza di alterazioni dei rapporti di masse, forme e allineamenti dei segmenti del corpo umano, a cui è noto quasi sempre si associano anche limitazioni e/o alterazioni delle motilità articolari. L’analisi proposta, di tipo multifattoriale deve essere relativa sia al profilo cinematico ovvero riguardante l’assetto spaziale dei piani-segmenti corporei, sia al profilo dinamico ovvero riguardante le forze interagenti esterne e interne, sia al profilo dello stato tissutale delle componenti dei sottosistemi funzionali e spaziali. Per quanto attiene alle strategie di risposta stato-dinamico, in ambito fisiologico la strategia posturale ideale è quella che permette al corpo di gestire una posizione di equilibrio mediante meccanismi funzionali ergonomici ovvero con minima spesa energetica ed in uno stato di benessere ottimale. Invece in ambito adattativi, le strategie di riposta funzionale messe in atto dal sistema corporeo accordano priorità all’eliminazione del dolore e/o del disagio psico-fisico facendo sì che contemporaneamente si mantengono anche le condizioni di equilibrio con l’utilizzo tuttavia di meccanismi organizzativi e funzionali meno ergonomici e quindi energeticamente più dispendiosi. Si assiste così ad alterazioni dell’assetto posturale ideale del soggetto si in statica che in dinamica con disallineamento dei segmenti corporei, limitazioni e/o alterazioni funzionali della mobilità articolare con atteggiamenti di difesa e di compenso che,in assenza di adeguate terapie,possono persistere per anni anche dopo la scomparsa dei fattori patologici causali primari, rimanendo memorizzati a livello neurologico con schemi o pattern motori alterati ma che divengono, per utilizzo prolungato, abituali.


1.5. Alterazione dell’efficienza della dinamica corporea

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Questa situazione può rimanere a lungo in latenza subclinica ovvero senza evidenza sintomatologia sino a quando, per il trascorrere del tempo (fattore condizionante) o per il sovrapporsi di altri fenomeni (fattori scatenanti), non vengono oltrepassate le potenzialità compensatorie presenti nel range di tolleranza proprio del sistema corporeo di ogni individuo. Tutto ciò potrà determinare localmente alterazioni prima di tipo funzionale e poi di tipo organico -strutturale e, per effetto delle interrelazioni dei vari sottosistemi presenti in ambito corporeo, compensi patologici in altri distretti. La disfunzione è caratterizzata da dolore e limitazione e/o alterazioni di attività funzionali come ad esempio i movimenti di flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione di una o più componenti corporee fondamentali per la corretta esecuzione di attività dinamiche di base come lo stare in piedi, il camminare, etc. In letteratura lo stato disfunzionale ha portato a diverse definizioni dello stato clinico di deficit, e tra queste è da ricordare la «sindrome da deficit posturale» (Da Cunha, 1987) che è caratterizzata da un quadro fatto di sintomi, di segni clinici e stabilometrici: • il malato si lamenta di avere difficoltà nel rimanere eretto; • la registrazione stabilometrica conferma che le performances del malato risultano al di fuori dei limiti della normalità; • l’esame clinico posturale rivela un’assimetria anormale del proprio tono posturale. Esiste in tutto questo un quarto criterio indispensabile alla diagnosi: la manipolazione di una o più entrate del sistema modifica immediatamente alcuni segni di asimmetria. Qualora si determini una disfunzione del sistema tonico-posturale si può instaurare un quadro clinico caratterizzato da sofferenza dell’apparato locomotore (patologie muscolo-tendinee, articolari ed ossee). Più in dettaglio, gli elementi che devono concorrere perché ciò si verifichi sono i seguenti: • Predisposizione individuale . • Alterazioni morfo-funzionali . • Azione dell’ambiente interno e/o esterno all’individuo. Nell’eziopatogenesi della sindrome algico-posturale tutte le componenti sono presenti. Ciò significa che il paziente deve essere predisposto alla disfunzione (ad esempio per il suo stile di vita sedentario), che i recettori po-


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sturali devono trovarsi in qualche stato di alterazione o che siano presenti paramorfismi o dismorfismi dell’apparato locomotore ed infine che le abitudini lavorative o l’allenamento sportivo determinino un ipersollecitazione dei tessuti che sono poi oggetto di reazione degenerativo-infiammatoria. Per quello che riguarda «l’ambiente interno» ci si riferisce a determinati stati emotivi e/o psicologici che concorrono ad alterare lo schema posturale ed il tono muscolare di base. Per «ambiente esterno» si intende l’azione meccanica esercitata dall’ambiente, dal carico lavorativo e/o sportivo. La triade è potenzialmente presente in ogni individuo, ma sappiamo che non si realizzerà nessuna manifestazione clinica della disfunzione finché tutte le componenti non siano coinvolte. Non appena si sviluppa la triade, la sindrome precipita e si osservano i sintomi della disfunzione. Il grado di predisposizione, di alterazione morfologica, o di alterazione dell’ambiente interno ed esterno, necessario per la comparsa della sindrome è diverso per ogni individuo. Per questo si potranno trovare persone con livelli minimi delle componenti che possono presentare anche delle sintomatologie molto importanti. Ricapitolando, perché la sindrome di ambito posturale abbia la sua estrinsecazione clinica, sono necessarie tutte le componenti descritte. Le variabili di tale principio consistono nel grado di incisività che ciascuno di questi singoli fattori può rappresentare in ogni particolare individuo. Tale grado di variabilità rende conto delle differenze fra gli individui, così come nello stesso individuo in tempi diversi. Sono possibili inoltre fattori scatenanti e/o aggravanti come traumi, stress, esiti di interventi chirurgici, cicatrici, parafunzioni (es. bruxismo), che possono improvvisamente far precipitare un quadro patologico. Questi fattori sono considerati delle concause per l’insorgenza di una patologia posturale. Nella patogenesi rachidea meccanico-funzionale i problemi meccanici sono difficili da individuare e da correlare all’eziologia del dolore, ma rappresentano circa il 98% della casistica del mal di schiena. I problemi meccanici insorgono per: persistenza di contratture muscolari, errori posturali cronici, scarso esercizio fisico, (ridotta mobilità articolare e forza muscolare) e alterazioni di sistema o tissutali. (disco, legamenti, tendini, fibre muscolari, cartilagini articolari e radici dei nervi). L’applicazione di forze, associate all’esecuzione dei movimenti, produce degli sforzi nei tessuti, determinando delle risposte biologiche nei tessuti stessi.


1.5. Alterazione dell’efficienza della dinamica corporea

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Tutti i tessuti, sottoposti a sforzi meccanici continui, anche se non producono danni repentini, possono produrre: • Rimodellamenti adattativi (addensamenti e ipertrofie) • Degenerazioni biologiche (in seguito a limitazioni/alterazioni metaboliche) Spesso a queste trasformazioni sono associate sensazioni algiche. I legamenti, le capsule articolari, il periostio delle vertebre, i muscoli, la dura madre anteriore, i manicotti durali, il tessuto adiposo epidurale areolare e le pareti dei vasi sanguigni sono provvisti di innervazione e dunque sensibili a stimoli nocicettivi. La sollecitazione meccanica di strutture sensibili al dolore, come lo stiramento prolungato dei legamenti, o delle capsule articolari, ovvero la compressione dei vasi sanguigni, produce tensione o compressione delle terminazioni nervose, che conducono la sensazione dolorosa. Questo tipo di stimolo può anche presentarsi in assenza di una reazione infiammatoria. Non si tratta di un problema di patologia ma di meccanica, dal momento che non sono presenti i segni dell’ infiammazione acuta assieme al dolore costante. La riduzione della tensione sulle strutture sensibili al dolore, allevia lo stimolo doloroso che, di conseguenza, non viene più avvertito. È necessaria una buona resistenza dei muscoli adibiti al controllo posturale. Posture mantenute a lungo richiedono piccoli e continui adattamenti nei muscoli stabilizzatori per poter sostenere il tronco contro le forze oscillanti. Anche movimenti ampi e continuativi richiedono una risposta muscolare per il controllo dell’attività. In entrambi i casi , non appena si verifica affaticamento muscolare, il carico viene spostato sui tessuti inerti che sostengono la colonna. Con un carico prolungato, si verificano deformazione e tensione di tali tessuti, determinando stress meccanico. Se le sollecitazioni meccaniche eccedono le possibilità di sostegno dei tessuti, si verificherà un collasso. Se ciò accade senza sufficiente riparazione, le sindromi da uso eccessivo, con infiammazione e dolore, limiteranno la funzione senza una lesione evidente. Inoltre le lesioni si verificano più frequentemente quando è presente affaticamento muscolare; è’ determinante la diminuzione dello stress meccanico per la riduzione dell’infiammazione.


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1.6. Difetto posturale Un difetto posturale è una postura che si scosta dall’allineamento normale, ma che non presenta limitazioni strutturali. La sindrome dolorosa posturale si riferisce alla sintomatologia dolorosa correlata ad uno stress meccanico determinato dal mantenimento di una postura scorretta per un periodo prolungato; il dolore solitamente viene alleviato con l’attività. Non si verificano alterazioni nella forza o nell’elasticità muscolare, ma se persiste la postura scorretta, finiranno per venire meno gli equilibri di elasticità e di resistenza. La disfunzione posturale differisce dalla sindrome dolorosa posturale in quanto viene coinvolta una retrazione adattiva dei tessuti molli ed una debolezza muscolare. La causa può essere legata ad abitudini posturali scorrette prolungate, o può presentarsi come conseguenza di contratture e di aderenze costituitesi durante la guarigione di tessuti in seguito ad un trauma o ad un intervento chirurgico. La sollecitazione di strutture retratte genera dolore. Inoltre, una resistenza ed un’ elasticità non equilibrate possono predisporre la regione a sindromi da lesione o da eccessivo uso che un normale sistema muscolo- scheletrico potrebbe tollerare. Delle buone abitudini posturali sono necessarie nell’adulto per evitare le sindromi dolorose posturali e le disfunzioni posturali. Inoltre, un’attenta valutazione della flessibilità ed esercizi di addestramento posturale sono importanti dopo un trauma o un intervento chirurgico per prevenire disfunzioni, contratture ed aderenze. Nel bambino, delle buone abitudini posturali sono importanti per evitare sollecitazioni abnormi sulle ossa in fase di crescita e cambiamenti adattivi nei muscoli e nei tessuti molli. Pertanto una corretta valutazione dei disturbi del controllo posturale deve tener sempre conto della presenza di alterazioni multiple, simultanee ed interattive, dei differenti sottosistemi da cui dipende il controllo della postura e dell’equilibrio. Nei capitoli successivi verranno prese in esame in modo dettagliato le singole tecniche di analisi.

1.7. Conclusioni Le metodiche strumentali in ausilio all’indispensabile esame clinico permettono di indagare di ogni essere umano sia la «struttura corporea biologica» di base, geneticamente determinata, frutto degli adattamenti evolutivi della nostra specie, sia la «struttura corporea di adattamento» che si viene a tra-


1.7. Conclusioni

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sformare attraverso il nostro adeguamento alla storia e alle esperienze di vita e che è rappresentata da tutte quelle variazioni individuali a livello di: movimento, respirazione, tensioni, espressioni e movimenti caratteristici di parti del corpo. In questa maniera è possibile riconoscere lo stress applicato ove per stress si intende la risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta di tipo somatico e di tipo psicologico; quando gli stimoli stressogeni per tipologia, entità, sommazione, durata, modalità di azione, superino le capacità individuali di neutralizzazione, si assisterà alla perdita dello stato di equilibrio omeostatico funzionale e psicologico ovvero della salute. È indubbio che gli stati disfunzionali possono essere transitori e reversibili e che si caratterizzano con il manifestarsi di deficit energetici per riduzione progressiva di Energia Adattativa; tuttavia va osservato che se vi è eccessivo indebolimento delle reazioni organiche per eccesso di ambiti stressogeni si può giungere a squilibri irreversibili. L’approccio terapeutico si realizza in una complementarietà di interventi in relazione alla dimensione multifattoriale della dinamica corporea ma sempre tenendo presente che l’uomo è un essere unitario, unico e irripetibile, ogni individuo rappresenta un insieme di qualità fisiche, psichiche e, naturalmente, spirituali. La sua sopravvivenza è legata alla sua capacità di agire ed interagire con l’universo di cui è parte, sempre in uno «stato di moto» e sempre alla ricerca di una dimensione di equilibrio.



VISIONE E POSTURA: APPROCCIO OLISTICO TRANSDISCIPLINARE Come riesce un uomo a mantenere una postura eretta o inclinata contro il vento che soffia su di lui? È evidente che egli possiede un senso attraverso il quale conosce l’inclinazione del proprio corpo e che possiede l’attitudine ad aggiustarla e correggere ogni scarto in rapporto alla verticale. Charles Bell — 1837



Capitolo 2

LA POSTURA 2.1. Introduzione Un ampio spettro di discipline e di figure professionali, si occupano di postura: il podologo, il dentista, il fisioterapista, il chinesiologo, l’osteopata, il fisiatra, l’optometrista e molte altre ancora, ognuna con un taglio proprio e affine alla sua specializzazione. Perché questo caos apparente? Perché in realtà sebbene sia abbastanza semplice dare una definizione di postura non lo è altrettanto per quanto riguarda il concetto di posturologia, che dovrebbe essere genericamente quella disciplina che si occupa delle problematiche posturali. Da ciò si deduce che la posturologia è di tutti e di nessuno ed è per questo che è definita una scienza transdisciplinare. Come vedremo ognuna delle discipline sopra indicate ha per certi versi a che fare con la postura (figura 2.1).

Figura 2.1: Relazione biunivoca tra il Posturologo e le altre Figure Professionali.

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