portfolio
fabio de benetti mat. 273765 corso di laurea in scienze dell’architettura a.a. 2013/2014 università IUAV di venezia fabiodebenetti@gmail.com
indice
introduzione 0.0
pag. 003
anno accademico 2011-2012
laboratorio integrato I - 1.1
pag. 004
workshop estivo di architettura - w.a.ve. 2012 - 1.2
pag. 016
anno accademico 2012-2013
laboratorio integrato II - 2.1
pag. 032
rappresentazione e rilievo dell’architettura - 2.2
pag. 052
workshop estivo di architettura - w.a.ve. 2013 - 2.3
pag. 064
anno accademico 2013-2014
laboratorio integrato III - 3.1
pag. 086
progettazione urbanistica - 3.2
pag. 118
progetto di restauro - 3.3
pag. 142
workshop estivo di architettura - w.a.ve. 2014 - 3.4
pag. 158
tirocinio - MeLa Media Lab - 3.5
pag. 180
- pag 1 -
- pag 2 -
0.0 - introduzione
Questo portfolio è il frutto di un percorso di studi durato tre anni all’Università IUAV di Venezia. Il suo obiettivo è dare un’impressione il più possibile esaustiva dei lavori che hanno contribuito alla mia crescita come studente d’Architettura. La volontà di apprendere questa scienza è nata e poi si è evoluta da una semplice passione per il disegno che ho avuto fin dalle prime scuole. Questa pratica mi ha portato ad interessarmi alla rappresentazione di ciò che vedevo che nel tempo si è trasformata in attenzione al vasto campo di temi cui l’architettura fa riferimento. Con il materiale proposto si ha la volontà di raccontare un’esperienza di progetto, di disegno e di elaborazione d’idee che sempre hanno contraddistinto l’apprendimento della professione nelle sue più varie caratteristiche e potenzialità. Si è scelto così di seguire un ordine cronologico dei corsi affrontati, che spera di illustrare e far capire l’evoluzione della complessità nel problema architettonico che esame dopo esame veniva proposto. La scala del progetto nei laboratori integrati di progettazione è visivamente crescente anno dopo anno, così come nei corsi di progettazione urbanistica: il controllo della quantità di dati e materiale è fondamentale per non perdere mai di vista gli obiettivi e per non farsi sfuggire di mano le soluzioni. In ogni progetto si è sempre ricercato di raggiungere un livello di rappresentazione all’altezza del contenuto concettuale, con la consapevolezza che entrambi gli aspetti lavorano in sinergia. Riuscire a trasformare in disegno un’idea è un compito fondamentale dell’architetto, che non deve mai sottovalutare. Nonostante ogni progetto sia inserito in contesti didattici diversi, poiché sviluppati in momenti distinti e hanno visto la partecipazione di compagni di studio a volte nuovi, a volte abituali, ho voluto mantenere la presenza di un minimo comune denominatore, una linea guida, un filo rosso (o meglio dire blu), che potesse riunire tutte le mie esperienze dietro ad un unico filtro. Per avvicinarsi a quest’obiettivo è stato scelto il cianotipo come linguaggio fotografico e architettonico. É un linguaggio storico e molto caratteristico del progetto in architettura (ma non solo). Quello che comunica non è sicuramente un messaggio di compiutezza, ma più che altro di istantanea del processo progettuale, perché è quello il massimo livello a cui si è arrivato alla fine di un corso universitario. É stato uno dei primi insegnamenti quello di non associare alla fine di un progetto la sua ultima e intoccabile conclusione, ma considerarlo per quello che è.
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1.1 - laboratorio integrato I
docenti
Mauro Galantino, MariaAntonia Barucco, Dario Toffanello
gruppo
Fabio De Benetti, Giulia Piazza, Claudia Tommasello
obiettivi
descrizione
realizzazione di un nuovo ingresso a S. Marta : progettazione di una foresteria, una sala espositiva e un bar
Il luogo della prima esperienza di composizione architettonica del corso di laurea corrisponde con il sito di progetto: la sede dell’excotonificio della facoltà di Architettura dello IUAV a S. Marta. La possibilità di avere un contatto diretto e immediato con il contesto evita l’astrazione del progetto architettonico. L’obiettivo del corso si è rivelato durante il suo avvicinamento: la formulazione completa delle funzioni e della sua forma mutava al ridefinirsi del materiale fornitoci, e la costruzione dell’idea progettuale si evolveva per permettere l’introduzione di nuovi concetti e nuove esperienze. L’intero corso progettuale poteva essere letto come un lancio nel mondo del progetto, dell’idea, del disegno. Il confronto con i concetti base dell’architettura è stato seguito durante tutto lo sviluppo dell’idea e questo ha fornito la possibilità di prepararci al cambiamento costante, di tornare indietro e rifare. Un’esperienza fondamentale per la costruzione di un’idea progettuale, che potenzialmente è infinitamente mutevole. Nel “fotogramma” in cui il progetto si presenta, si sono affrontate le variabili di spazio, luce, ed energie necessarie alla sua realizzazione: lo spazio a disposizione rispetto al canale e al costruito, la necessità di compattezza ed eterogeneità del corpo architettonico; il suo orientamento rispetto al sole e il paesaggio. Le dimensioni richieste e la varietà funzionale del complesso hanno permesso al manufatto di avere dinamicità e compattezza.
bar sala espositiva foresteria area lotto
420 m² 700 m² 300 m² 2400m² 1.1 laboratorio integrato I
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Il nuovo ingresso per l’ex-cotonificio di S. Marta è pensato come un organismo sviluppato principalmente su di un piano. La disposizione degli spazi e delle funzioni permette un valido e agile passaggio da un ambiente all’altro. Solo la foresteria è disposta nella sua interezza a un livello superiore, così da dotarsi di maggiore intimità.
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1.1 laboratorio integrato I
planimetria generale
FORESTERIA SALA ESPOSITIVA
INGRESSO
sezione longitudinale 1.1 laboratorio integrato I
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FORESTERIA SALA ESPOSITIVA
BAR
sezione a
ingresso
sala espositiva
bar ingresso
sala espositiva
pianta piano terra - pag 8 -
1.1 laboratorio integrato I
eria t s e r fo
bar
sal
ae
spo
sit
iva
Il nodo principale del complesso è situato in corrispondenza dell’attuale ingresso della facoltà: da lì si possono raggiungere le due sale espositive, la foresteria, e il bar che supera il canale sottostante. Le aperture sono concepite così da permettere agli ambienti sopraelevati la vista sul canale della Giudecca dalla foresteria e dalla terrazza. Verso nord invece il bar guarda alle fondamenta dei Bari e al Campiello de l’Oratorio, venendo così privato della sgradevole vista dei rifiuti che raggiungono il canale di fronte ad esso.
1.1 laboratorio integrato I
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1.1 laboratorio integrato I
prospetto est
ex cotonificio terrazza
foresteria
pianta piano primo 1.1 laboratorio integrato I
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1.1 laboratorio integrato I
1.1 laboratorio integrato I
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dettagli costruttivi
prospetto est - pag 14 -
1.1 laboratorio integrato I
prospetto ovest 1.1 laboratorio integrato I
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1.2 w.a.ve. 2012
1.2 - workshop estivo di architettura w.a.ve. 2012
docente collaboratori gruppo obiettivi
descrizione
Satoshi Okada Matteo Dario Paolucci Fabio De Benetti, Amine Jelassi, Nicola Rigo, Maura Zanatta riqualificazione di un’area ex-industriale
Venezia ha diversi luoghi abbandonati che hanno bisogno di essere riqualificati così da ridare vita a quegli spazi così importanti per la città e i suoi abitanti. Uno di questi è l’area dei gasometri di San Francesco della Vigna. Il sito di progetto è nel sestiere Castello, di fronte all’isola di San Michele e accanto alla chiesa di Sansovino e Palladio; facente parte in passato di un complesso industriale fornitore di gas, ora è contenitore di suggestive rovine archeologico-industriali. Il progetto è frutto di un lavoro intensivo, prima esperienza del workshop d’Architettura che ha visto il gruppo di lavoro affrontare i problemi della composizione e della progettazione concentrati in un intervallo di tempo breve. L’esperienza è moltiplicata dal confronto con una figura di riferimento internazionale con punti di vista, formazione e competenza diversa, che ci hanno permesso di affrontare il progetto architettonico liberi da vincoli: l’idea doveva scaturire da una mente libera, non ci si poteva permettere ostacoli e rallentamenti dato il poco tempo a disposizione. Lo scopo principale del progetto è la riqualificazione di un’area exindustriale: ridare vita alle rovine, testimoni di un passato industriale di Venezia, e mantenere le relazioni con la configurazione urbana e la tradizione veneziana.
alloggi sala espositiva mensa bookshop / biblioteca area lotto
2450 m² 2000 m² 2400 m² 600 m² 7000 m² 1.2 w.a.ve. 2012
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ingresso dalla fondamenta
bookshop mensa
biblioteca
giardino
sala esposiitiva
ingresso dalla calle s.francesco della vigna
pianta piano terra 1.2 w.a.ve. 2012
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pianta della copertura - pag 20 -
1.2 w.a.ve. 2012
La scelta fondamentale del progetto è il mantenimento del volume del gasometro più grande, e la creazione del vuoto in corrispondenza del secondo gasometro. Il concetto di base è la volontà di lasciare la testimonianza della rovina sia con la sua presenza soverchiante, sia con la sua impronta. La compresenza dei due concetti antitetici fa conoscere il segno lasciato dall’archeologia, ormai unico modo per lei di comunicarci. Il segno è l’elemento che svolge una relazione tra il sito e il contesto, ed esso definisce gli spazi e le forme. L’elemento principale del progetto è una collina artificiale che sale dal livello dell’acqua, incontra il primo gasometro e raggiunge la sua massima altezza corrispondente con il muro che delimita l’area di progetto dal campo retrostante. Le aperture sulla collina sono state poste e dimensionate in seguito a uno studio di relazioni e direzioni suggeriteci dal contesto urbano circostante. Il processo concettuale di sfruttare le direttrici suggeriteci dalla città ha la volontà di ricreare la configurazione veneziana del campo.
“Tutto è espresso attraverso le relazioni” P. Mondrian
1.2 w.a.ve. 2012
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1.2 w.a.ve. 2012
1.2 w.a.ve. 2012
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Sotto la collina, tra le aperture, sono state posizionate le diverse funzioni che danno vita al complesso tra cui una sala espositiva, una sala lettura, un bookshop ed una mensa. Uno dei gasometri è dedicato agli studenti: al piano superiore è stata pensata un’aula studio e nei piani intermedi vi sono gli alloggi; al piano terra il gasometro si unisce con la collina ospitando parte dello spazio dedicato alla mensa. Una larga colonna di luce attraversa l’intero gasometro dalla cima al fondo, finendo in uno specchio d’acqua. La struttura del primo livello del secondo gasometro, che ha lo scopo di rappresentare l’intoccabile memoria storica del sito, è stata preservata e fornita di uno spazio centrale aperto dedicato a un giardino, isola tranquilla e pacifica, dove le persone possono stare e ammirare la rovina industriale. La biblioteca, la libreria e il bookshop sono collegati da uno spazio non propriamente delimitato. I muri non chiudono, s’interrompono, la vista è rivelata in parte, essi creano un percorso neutro e libero.
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1.2 w.a.ve. 2012
sezione longitudinale
sezione gasometro
1.2 w.a.ve. 2012
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piante alloggi
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1.2 w.a.ve. 2012
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1.2 w.a.ve. 2012
1.2 w.a.ve. 2012
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1.2 w.a.ve. 2012
1.2 w.a.ve. 2012
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2.1 - laboratorio integrato II
docenti
Margherita Vanore, Bruno Zan
collaboratori
Giulia Mela, Stefano Tornieri, Alessandro Tricoli
gruppo
Fabio De Benetti, Giulia Piazza, Irene Princivalle
obiettivi
descrizione
progettazione di un complesso residenziale
La finalità del laboratorio integrato è trasmettere metodi, cognizioni e procedimenti con cui la forma di un’opera di architettura possa comprendere i saperi strutturali e costruttivi. Siamo stati portati al pensare al progetto nella sua unità, e tradurre l’ideazione nella prefigurazione della costruzione, attraverso un adeguato e coerente uso di materiali e strutture per la conformazione del luogo e dello spazio architettonico. Il laboratorio integrato affronta la complessità del progetto di architettura attraverso una comprensione multidisciplinare integrata del rapporto tra il “cosa” e il “come”. Tra la “teoria” e l’“opera costruita”, tra la “forma” e la “struttura”, al fine di raggiungere la definizione della “forma come struttura del progetto”. E’ ciò che rende riconoscibili le regole del fare, la qualità e il carattere degli spazi, il rapporto con la luce, i materiali e le tecniche costruttive, nell’unità e nell’equilibrio compositivo della costruzione architettonica: è ciò che possiamo individuare come l’ordine delle cose. In particolare il percorso progettuale si concentra sulla progettazione di una “stanza urbana”, intesa come piccolo complesso residenziale definito da alloggi di varie tipologie, attrezzature e servizi collettivi adeguatamente rapportati al contesto urbano di riferimento.
superficie lotto 7˙000 m² residenziale 10˙860 m² terziario/commerciale 2500 m² 2.1 laboratorio integrato II
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L’area interessata al progetto architettonico è situata a ovest di Napoli, in quella parte dei Campi Flegrei, tra la collina di Posillipo e Bagnoli, ai margini dell’ex Italsider. L’enorme stabilimento ha lasciato dopo la sua chiusura, un enorme territorio che il comune di Napoli ha definito, dopo un lungo e complesso processo di pianificazione e riprogettazione, i termini di una sua riconversione. Sui resti della gigante fabbrica dovrebbe sorgere un grande parco urbano, su cui si affacceranno i lotti destinati ai volumi residenziali, terziari e di commercio. Acquisire un riferimento significa stabilire una relazione profonda tra un’idea e un divenire, tra passato e futuro, cioè, in architettura, tra tipo e progetto: intendendo con tipo il risultato della storia di un progetto, attraverso l’elaborazione della quale avviene il processo che porta alla nascita dell’architettura. Nel nostro lavoro si è cercato di capire quali relazioni ricercare con un riferimento rispetto a un contesto assegnato, esemplificando, dunque, il processo di evoluzione progettuale. Nello specifico il riferimento trattato è il complesso residenziale Celosia, realizzato dallo studio olandese MVRDV, a Madrid, e il luogo di progetto la località di Bagnoli.
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2.1 laboratorio integrato II
2.1 laboratorio integrato II
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piante blocchi di unita‘ abitative
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2.1 laboratorio integrato II
Si tratta in entrambi i casi di complessi residenziali, ma soprattutto entrambi i progetti rientrano nel piano di sviluppo e riqualificazione di aree della città : nel caso di Madrid di una periferia, nel caso di Bagnoli di un’ex area industriale, destinata a divenire un parco archeologico.
2.1 laboratorio integrato II
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Il primo passo è stato comprendere il funzionamento spaziale del nostro riferimento, riprendendone la composizione: i blocchi residenziali sono sistemati sfalsati intorno ai vani scala, combinazione che realizza dei vuoti architettonici rappresentativi del carattere permeabile del complesso; queste finestre urbane fungono da centro di aggregazione, assolvendo il ruolo di giardini comuni, verso i quali gli appartamenti si aprono.
110
1
m² 110
m² 90
m² 90
m² 2
3 75
m²
75 110
m² 110
m²
4 90
m² 90
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m²
2.1 laboratorio integrato II
m²
piante blocchi di unita' abitative
2.1 laboratorio integrato II
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pianta piano terra
pianta piano primo
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2.1 laboratorio integrato II
La loro dimensione urbana gioca un ruolo importante nel sistema di proporzioni tra le parti, di cui costituiscono il punto focale: spezzano, infatti, la tipologia della corte con aperture in grado di aggentilirne il volume e di aprirla verso l’esterno. La difficoltà maggiore nel trattare il riferimento madrileno è stata la definizione delle distanze da questo: per la correttezza con cui Celosia adempiva il suo compito, nonchÊ per la coincidenza della sua funzione col tema di progetto, abbiamo rischiato di trattarlo piuttosto come un modello.
2.1 laboratorio integrato II
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2.1 laboratorio integrato II
pianta piano secondo
pianta piano terzo
2.1 laboratorio integrato II
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pianta piano quarto
pianta piano primo
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2.1 laboratorio integrato II
La struttura compositiva era già definita e funzionante, e non potevamo rinunciarvi perchÊ elemento di maggior carattere e di maggior pregio: il sistema di aperture da un lato dota il complesso residenziale di una dimensione privata, nonostante le notevoli dimensioni urbane; dall’altro lo rende un organismo filtrante, che inquadra il paesaggio in molteplici direzioni.
2.1 laboratorio integrato II
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Infine l’occasione di una maturazione del progetto è avvenuta al confronto con Bagnoli. Un elemento del tutto estraneo al nostro riferimento è una passerella di collegamento con la città. Credevamo essenziale per la nuova Bagnoli la possibilità di essere raggiunta tramite un passaggio pedonale: in effetti, abbiamo pensato al nostro intero edificio come un grande ponte che collegasse il parco alla città e costituisse un nuovo punto d’incontro per la realtà napoletana.
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2.1 laboratorio integrato II
pianta piano sesto
pianta piano settimo
2.1 laboratorio integrato II
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2.1 laboratorio integrato II
prospetti e sezioni
2.1 laboratorio integrato II
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- pag 52 -
2.2 - rappresentazione e rilievo dell’architettura
docente collaboratori gruppo obiettivi
descrizione
Emanuele Garbin Rita El Asmar Fabio De Benetti indagine ermeneutica e ontologica di un’ opera di Carlo Scarpa realizzazione di un modello 3D di Tomba Brion rilievo fotografico delle superfici
“Delle cose del disegno ”. In una generale condizione di specializzazione e dispersione i saperi e i loro insegnamenti si distinguono per lo più in ragione dei loro oggetti e dei loro mezzi. La stessa “scienza” della rappresentazione dell’architettura è ormai normalmente intesa come una somma di tecniche tenute assieme dal comune scopo di produrre o riprodurre degli oggetti architettonici. La convinzione che sta alla base del programma di questo corso è che invece la rappresentazione ovvero il disegno dell’architettura - e della città, del paesaggio, del mondo - sia irriducibile ai suoi enti e ai suoi strumenti, e che una riflessione teorica sul suo senso più profondo sia necessaria e possa avere conseguenze importanti sulla pratica del disegno stesso oltre che del progetto d’architettura. Il disegno viene proposto non come semplice descrizione ma anche e innanzitutto come interrogazione e svelamento dell’essere delle cose, della forza essenziale che le tiene unite, le distingue e le fa appunto diventare “qualcosa”, prima ancora che significare o funzionare “per qualcosa”. Il disegno così inteso, appunto come un’interrogazione sulla forma e allo stesso tempo sulla consistenza essenziale dell’architettura, si inquadra allora in una mappa più ampia del sapere, mettendosi in relazione non più solo e principalmente con le tecniche e le scienze ma anche e soprattutto con il pensiero filosofico e artistico, riaprendo un dialogo troppo a lungo interrotto. Appoggiandosi su questa premessa, il lavoro che si va a presentare è l’interrogazione ontologica dell’opera architettonica di Carlo Scarpa, che per il suo modo di essere concepita, pensata ed eseguita, bene si presta per rappresentare l’idea che sta dietro al concetto di rappresentazione e rilievo dell’architettura.
2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
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2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
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2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
LE COSE DIETRO Si entra alla Tomba Brion dall’altra parte. L’ingresso posteriore è il ‘vero’ ingresso. le cose non si presentano direttamente, non ci guardano, sono girate da un’altra parte. Le cose viste da dietro non si fanno riconoscere, non si lasciano distinguere, si mostrano per quello che sono davvero. il cimitero potrebbe essere una città, una calle, una via.
2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
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2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
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IL MURO DELLA CITTà DEI MORTI Il muro soprattutto: chiude, costringe, nasconde, mostra Passando radenti si sta allo stesso tempo dentro e fuori, non dentro e non fuori. Attraverso i tagli nel muro si vedono, e non si riconoscono, i luoghi in cui si è appena stati. I sentieri si biforcano, le cose si sdoppiano.
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2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
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2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
2.2 rappresentazione e rilievo dell’architettura
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2.3 - workshop estivo di architettura w.a.ve. 2013
docente gruppo
Linxue Li - Atelier L+ Fabio De Benetti, Amine Jelassi, Riccardo Rocco, Dorjon Vithkuqi, Orjad Verjoni
obiettivi
realizzazione di un sistema architettonico ipotetico per la rigenerazione di un sito industriale
descrizione
“Nel 20° secolo diversi movimenti artistici progettarono complessi per artisti che mostravano gli avanzamenti nel campo dell’architettura. Può Marghera diventare un esempio di questo tipo di progresso nel 21° secolo? ”. Questa introduzione conduce alla presentazione di un progetto dal carattere utopistico, un tipo di processo concettuale che avrebbe portato alla costruzione di un “tipo” architettonico, basato sul macromodulo della megastruttura. L’aspetto fondamentale del progetto è il modo in cui si affronta un insieme enorme e complesso di funzioni, di luoghi, di spazi. La megastruttura è l’involucro ritenuto adatto a diventare l’involucro della potenziale infinità di obiettivi a cui si ambisce. Il concetto di partenza è quello dell’“art hub”, in altre parole un luogo di studio, di apprendimento, di produzione e di fruizione per artisti nel suo significato più ampio. Le tre isole di porto Marghera che compongono il contesto in cui si è elaborato, vengono collegate da un ponte, funzione di collegamento ma anche luogo di concentrazione delle funzioni.
x x lunghezza
x x x 4 km 2.3 w.a.ve 2013
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2.3 w.a.ve 2013
Le colonie del 20° secolo erano comunità ristrette e limitate. Per attrarre un più ampio numero di artisti, è necessario abbandonare il modello delle ville in favore di un’ampia scala d’intervento. Nell’era della condivisione, una comunità di questo tipo deve comunicare con le accademie. La vasta area delle tre isole fornisce spazi che possono essere destinati a ospitare facoltà d’arte.
2.3 w.a.ve 2013
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CENTRO STORICO DI VENEZIA
ISOLA DEL PETROLIO E TRESSE
Abitanti: 60.393 Superficie: 7.61 kmq Chiese: 118 Densità: 7963 ab/kmq 15,5 ch/kmq
Abitanti: 0 Superficie: 5 kmq Tank: 100 Densità: 0 ab/kmq 20 tank/kmq
2.3 w.a.ve 2013
2.3 w.a.ve 2013
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beginning
na
ope
lie
2.3 w.a.ve 2013
s
avillow density lons
exposition p
rcial
tourism
shops
tu e dio m rs iess cr ea lab tion
museums
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s
m
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ac at ad e
comm e
ESIBIZIONE
pacent ns e
n tai ter
ing liv
CREAZIONE
getur n e colony erat ion
en ni r lea
FORMAZIONE
creativity fruition residences path for public transportation, connection, public spaces
art
Si ritengono che i processi di apprendimento e ideazione dell’arte, nonostante siano ricorsivi, possano essere distinti in tre fasi: formazione, creazione ed esibizione. Ciascuna fase è un processo nel quale intervengono diverse costruzioni e funzioni.
2.3 w.a.ve 2013
- pag 71 -
Le tre funzioni principali delle isole sono inizialmente distribuite con densità decrescente a nord a sud. I volumi disposti sul territorio singolarmente sono poi accostati alla striscia di collegamento. Questa striscia diventa lo spazio nel quale sono inglobate le funzioni. I volumi sono quindi ridistribuiti e organizzati in funzione delle necessità di densità. La striscia diventa l’architettura del territorio.
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2.3 w.a.ve 2013
2.3 w.a.ve 2013
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2.3 w.a.ve 2013
2.3 w.a.ve 2013
- pag 75 -
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La striscia si concretizza come connessione nell’art bridge. In questa megastruttura le differenti destinazioni del processo dell’arte sono concentrate dando vita ad alta densità, mentre nel resto del territorio le funzioni rimangono distribuite con bassa densità. La sovrapposizione dell’art bridge sul territorio crea nuove possibilità di connessione tra il sistema e le colonie. Si determina quindi un sistema d’interazioni all’interno della megastruttura.
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L’immensa scala del progetto ci ha spinto a cercare strutture che potessero essere in qualche modo collegate al progetto. Abbiamo rapportato in scala le costruzioni piÚ grandi del mondo ed esempi a noi vicini.
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2.3 w.a.ve 2013
Gli spazi che permettono il movimento al suo interno. Essi sono anche lo scheletro della megastruttura.
Il ponte contiene attività come laboratori, aule, e sale d’esposizione, ma anche spazi dell’abitare e del vivere
2.3 w.a.ve 2013
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piante di una porzione di ponte
prospetto megastruttura - pag 80 -
2.3 w.a.ve 2013
2.3 w.a.ve 2013
- pag 81 -
- pag 82 -
2.3 w.a.ve 2013
sezione trasversale
2.3 w.a.ve 2013
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3.1 - laboratorio integrato III
docenti collaboratori
gruppo - ( macro )
obiettivi
descrizione
Margherita Vanore, MariaAntonia Barucco Cristina Mattiucci, Nicola Sutto, Stefano Tornieri, Massimo Triches, Filippo Vecelli Fabio De Benetti, Orjad Verjoni - ( Giovanna Girardi, Annamaria Vudafieri, Michele Scudiero, Mattia Tacchetto ) rigenerazione di una parte di città, riqualificazione dell’archeologia industriale, elaborazione di un masterplan urbano
Il progetto urbano affronta questioni fondamentali della progettazione architettonica, che vanno dalla reinterpretazione della dimensione dell’abitare in rapporto al vivere collettivo, alla costruzione della forma urbana, al ripensare le condizioni di benessere sociale e ambiente in rapporto ai principi di sostenibilità, tanto nell’uso del suolo e delle risorse quanto nella mobilità. Il problema principale con cui si è avuto a che fare è la complessità del sito e del contesto urbano in cui il progetto si è sviluppato. L’obiettivo è di trasformare un sito archeo-industriale in una parte della città di Napoli. Si è dovuto assimilare il rapporto fondamentale che ha la città con l’architettura e l’archeologia industriale, quindi creare un luogo per l’”abitare” che sia in grado di comunicare con essa. L’attenzione è focalizzata sulla dimensione urbana e sociale dell’architettura, ma sapendo controllare tutte le scale del disegno e della progettazione, che sia urbana o architettonica. Non è da sottovalutare l’importanza del lavoro organizzativo che la formulazione di un progetto urbano di questo tipo ci ha messo di fronte: la sinergia collettiva ha dovuto viaggiare dalla “macro-scala” alla “micro-scala”. Il macro-gruppo ha dovuto lavorare per produrre un “masterplan”: un piano architettonico d’insieme, d’impianto e di verifica dei singoli progetti, che invece dovranno essere sviluppati dialetticamente a un ragionamento complessivo che li determina. Il problema è acquisire il metodo per pensare ed elaborare il progetto nel suo ruolo urbano, traducendo l’ideazione nella prefigurazione della costruzione, attraverso un uso coerente di materiali e strutture, rivolto alla conformazione sia del luogo sia delle unità residenziali.
area totale residenziale commerciale / terziario
25˙000 m² 10˙500 m² 5˙000 m² 3.1 laboratorio integrato III
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stato di fatto 3.1 laboratorio integrato III
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stato di fatto - pag 90 -
3.1 laboratorio integrato III
L’archeologia industriale è il protagonista del contesto urbano, è il tema dominante e guida del progetto e non è privo di contraddizioni e scelte complesse. La conservazione e la rigenerazione, oltre che dell’area, anche dei soggetti, è stata guidata dal principio della memoria storica e influenzata dalle decisioni della Sovraintendenza. L’archeologia industriale come elemento, determina lo spazio circostante; l’archeologia industriale come segno, lo crea. Dei principali capannoni industriali, sono stati conservati e destinati a nuove funzioni per la città i due enormi manufatti, uno in calcestruzzo, l’altro in ferro e acciaio, che secondo il nostro giudizio possedevano quelle potenzialità per la restaurazione di un centro urbano affascinante e ricco di memoria. Accompagnano questi giganti la ciminiera e la cisterna con ancora presente la scritta “Redaelli”. L’altro elemento scelto come singolo testimone è il muro costeggiante via della Piazzolla. Un muro simbolo, un muro imponente che racconta molto del passato industriale del contesto urbano.
- pag 91 -
- pag 92 -
- pag 93 -
planimetria - pag 94 -
3.1 laboratorio integrato III
3.1 laboratorio integrato III
- pag 95 -
sezione h
pianta quota 0 metri
pianta quota 3 metri sezione a
sezione g
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3.1 laboratorio integrato III
3.1 laboratorio integrato III
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Una delle aree interessate al progetto architettonico caratterizzante è l’ingresso sud occidentale, situato in corrispondenza di uno dei vertici del triangolo. Ed è proprio questa forma che si è scelti di tenere a mente per sfruttare la pre-esistenza e legarla con la nuova architettura. Il corpo finale propone un’entrata che nasconde in parte l’archeologia industriale e accompagna via Don Bosco nella sua prima parte.
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3.1 laboratorio integrato III
sezione l
pianta quota metri
pianta quota 11 metri
sezione f
3.1 laboratorio integrato III
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1 2 3 4 5 6
ingresso soggiorno cucina distributivo bagno camera
piante unita’ abitative scala 1 : 100
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3.1 laboratorio integrato III
3.1 laboratorio integrato III
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planimetria - pag 103 -
Il problema più complesso da gestire e che ha accompagnato e influenzato le scelte del processo progettuale è l’articolata conformazione del sito e dei suoi numerosi salti di quota. Quello più importante è quello che accompagna via Don Bosco e che vede nella sua parte più a nord un dislivello di quasi diciotto metri dal livello più basso dell’area Redaelli. Si è cercato di sfruttare i terrazzamenti che accompagnavano questo dislivello per concentrarci una buona parte della volumetria residenziale e trasformare così una zona di città “povera” e vuota, in uno spazio vivo.
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3.1 laboratorio integrato III
sezione f
pianta quota 3 metri
pianta quota 6 metri
sezione e
3.1 laboratorio integrato III
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sezione a
pianta quota 11 metri
pianta quota 16 metri sezione a
sezione b
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3.1 laboratorio integrato III
3.1 laboratorio integrato III
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piante unita’ abitative scala 1 : 100 1 2 3 4 5 6
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3.1 laboratorio integrato III
ingresso soggiorno cucina distributivo bagno camera
3.1 laboratorio integrato III
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piante unita’ abitative scala 1 : 100
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3.1 laboratorio integrato III
3.1 laboratorio integrato III
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dettaglio costruttivo a
dettaglio costruttivo c
quadrotti prefabbricati in cls 50x50cm, sp cm 2 intercapedine d'aria, cm 5 doppia guaina bituminosa, cm 0,4+0,4 massetto cementizio, pendenza 1%, cm 4 pannelli isolanti PEE, cm 10 soletta in cls armato, cm 25 intonaco di calce e gesso, cm 1
lastra in pietra vulcanica per pavimenti, cm 2 massetto cementizio autolivellante, cm 4 materassino elastico anticalpestio in Polietilene esp. reticolato, cm 1 massetto cementizio isolante, cm 8 soletta in cls armato, cm 25 intonaco di calce e gesso, cm 1 - pag 112 -
3.1 laboratorio integrato III
dettaglio costruttivo b
dettaglio costruttivo d
tavolato in legno cm 2+2+8 profilato in acciaio rastremato cm 25 ~ cm 10
3.1 laboratorio integrato III
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dettaglio costruttivo e
intonaco di calce, cm 1 pannello in lana di roccia, cm 4 blocco in calcestruzzo alveolare espanso cm l26 h20 sp24 intonaco di calce e gesso, cm 1
dettaglio costruttivo g
lastra pietra vulcanica per pavimenti, cm 3 colla massetto cementizio autolivellante, cm 4 materassino elastico anticalpestio in polietilene espanso reticolato, cm 1 massetto cementizio isolante, cm 8 soletta in cls armato, cm 25 intercapedine per passaggio impianti, cm 16 controssoffitto in lana di legno CELENIT, cm 2,5 - pag 114 -
3.1 laboratorio integrato III
dettaglio costruttivo f
dettaglio costruttivo h
tavolato in legno, cm 2 tavolato di supporto in legno, cm 4+4 doppia guaina bituminosa, cm 0,4+0,4 massetto cementizio, pendenza 1%, cm 4 soletta in cls armato, cm 25 controsoffitto in lana di legno celenit, cm 2,5
3.1 laboratorio integrato III
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3.1 laboratorio integrato III
3.1 laboratorio integrato III
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3.2 - progettazione urbanistica
docente collaboratori gruppo obiettivi
descrizione
Stefano Munarin Sebastiano Roveroni Fabio De Benetti, Orjad Verjoni, Martina Bridda rigenerazione del tratto ferroviario Venezia-Cortina
L’intero corso di progettazione urbanistica prevedeva la produzione collettiva d’idee per la rigenerazione del lungo tratto ferroviario che collega Venezia a Cortina. Lo stimolo alla riqualifica di un determinato soggetto o di uno spazio in generale nasce dall’indagine dei problemi che non sono dati; il lavoro dell’urbanista in molti casi è di scoperta dei punti deboli e creazione di opportunità. Per riuscire a trovare i problemi bisogna analizzare, e il lavoro svolto per studiare e apprendere le caratteristiche del luogo è già un progetto in grado di far emergere le occasioni d’intervento. Dall’analisi si ricavano stimoli e idee che non necessariamente si andavano a cercare, e questo comporta dover alternare le fasi di indagine e di produzione di idee progettuali, che si rincorrono per raggiungere a un determinato punto l’equilibrio. Per quanto riguarda lo specifico del lavoro prodotto durante il corso, l’area di progetto è quell’ambito in cui l’infrastruttura Piave incrocia l’infrastruttura ferroviaria. Studiando la storia di quel territorio, con la volontà di collegare assieme alcuni di quei paesaggi protagonisti del primo conflitto mondiale, abbiamo osservato con interesse le inondazioni del fiume. Il respiro del Piave è il quadro generale con cui abbiamo affrontato l’idea progettuale: progettare spazi, paesaggi e percorsi attorno al fiume, per potenziare il movimento trasversale alla ferrovia, tenendo a mente il suo mutamento nel tempo.
3.2 progettazione urbanistica
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L’infrastruttura Piave e l’infrastruttura ferroviaria s’incrociano per la seconda volta tra le località di Nervesa della Battaglia e Ponte della Priula, dove è presenta anche la stazione ferroviaria. Il progetto d’insieme è dominato dall’orientamento che possiede la tratta Venezia-Cortina, che è prevalentemente nord-sud, ma per potenziare questa stazione in particolare, è indispensabile spostarsi trasversalmente dal tracciato ferroviario.
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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1954 - 1960
Attraverso alcuni documenti e foto aeree del territorio si è cercato di ripercorrere il respiro del Piave, per poter così decidere quel limite che separa quegli spazi “sicuri” da quelli “non sicuri”. Si è pensato quindi di far emergere quegli spazi che uniti, tracciano un percorso unico e affascinante, trattando in maniera diversa questi due tipi di sentieri, per poterne permettere la fruizione costantemente e considerando l’eventualità della loro scomparsa sotto il livello dell’acqua.
1960 - 1967
1967 - 1984
1984 - 1993
1993 - 2000
1954 - 2000
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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Non ci sono molte occasioni per poter attraversare il fiume Piave: il ponte della Priula è uno di quelli. Il progetto vuole unire le sponde del fiume, ma non è necessario per forza attraversarle fisicamente. Lo spazio tra i due ponti presenta il luogo ideale per sviluppare il punto di partenza del progetto.
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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3.2 progettazione urbanistica
Si sono trovati tre punti in grado di fornire quelle opportunità di attraversamento visivo, attraversamento reale, oppure soltanto avvicinamento che potessero assieme collegare e unificare il progetto lungo il Piave, utilizzando dispositivi, percorsi e spazi. Assieme avrebbero potuto permettere il movimento trasversale lungo le sponde, ma allo stesso tempo avvicinarle o aiutarne il contatto visivo. Il primo punto preso in considerazione è quello spazio tra Falzè di Piave e le pareti del Montello a cui si affaccia. In seguito s’incrocia quella porzione di Piave che tocca Nervesa della Battaglia. Questa località presenta un lungopiave vasto e aperto, in grado di raggiungere l’acqua avvicinandosi sempre di più. Lo spazio più importante della linea progettuale è quello situato tra i due ponti che attraversano il Piave a Ponte della Priula, che è, tra le tre, quella più vicina alla stazione ferroviaria. In questa fetta di territorio è possibile inserire una serie di funzioni e dispositivi dedicati al trasporto lento oppure al semplice “stare”.
3.2 progettazione urbanistica
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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3.2 progettazione urbanistica
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3.2 progettazione urbanistica
3.2 progettazione urbanistica
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3.3 - progetto di restauro
docente collaboratori gruppo
Angela Squassina Giorgia Ottaviani Fabio De Benetti, Orjad Verjoni, Martina Bridda
obiettivi
elaborazione di un progetto culturale di restauro della facciata di un manufatto architettonico
descrizione
Il progetto di restauro ha posto l’attenzione sul carattere storicoculturale dell’Architettura, in particolare di quella Veneziana. Si è dovuto così affrontare lo studio di un tipo di architettura finalizzato a un intervento di modifica o conservazione della facciata principale di un manufatto, che per Venezia ha un significato importante e decisivo. La chiesa di Sant’Aponal, situata nel sestiere di San Polo, è stata eretta nel XI secolo dai Ravennati. La prima fondazione risale al 1034, e fu dedicata al patrono di Ravenna Sant’Apollinare. La chiesa fu ricostruita alla metà del XV secolo, mostrando la solida facciata di stile gotico che tutt’oggi possiamo osservare. Nonostante i numerosi interventi di riuso per funzioni di tipo amministrativo che l’hanno accompagnata nella sua storia e che hanno sconvolto l’aspetto interno, è possibile comunque ammirare una delle più affascinanti facciate gotico-veneziane. É stato importante per il progetto culturale di restauro apprendere le trasformazioni e leggere con la dovuta attenzione la stratigrafia della muratura, per poi fare quelle scelte che guidano il progetto a compiere gli obiettivi da noi imposti.
3.3 progetto di restauro
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La prima fase dell’operazione di raddrizzamento fotografico consiste in un rilievo metrico sul posto delle principali dimensioni della facciata e degli elementi architettonici. Per conoscere la distanza tra le paraste, la larghezza del portale e l’altezza della prima fila di finestroni si è utilizzata una cordella metrica; per avere le altezze non raggiungibili manualmente si è ricorsi a un puntatore laser. Una volta realizzata la mappa delle coordinate dei punti rilevati, si è utilizzata la modalità analitica del software di foto-raddrizzamento RDF. Con il programma si è potuto raddrizzare le foto (che sono state scattate cercando la perpendicolarità in corrispondenza delle quattro paraste e della fascia centrale, vedi foto in basso a sinistra) per poi riunirle e ricomporre così la facciata nella sua interezza.
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3.3 progetto di restauro
3.3 progetto di restauro
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Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari
Basilica di S. Giovanni e Paolo
Chiesa della Madonna dell’ orto
Chiesa di San Giovanni in Bragora
Chiesa di Santa Maria dei Carmini
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3.3 progetto di restauro
Si possono individuare nello stile di sant’Aponal alcune tipologie riconoscibili e comuni in molte altre chiese gotiche veneziane. L’uso sempre presente del mattone faccia a vista è la prima caratteristica notabile accompagnata dalla facciata trilobata spesso evidenziata da paraste e da un frontone a salienti. Gli elementi che compongono la facciata sono, escluse rare eccezioni, il portone d’ingresso principale e decorazioni in pietra di varia natura e stile (non sempre contemporanei della facciata). Il rosone è un elemento che contraddistingue tutte le chiese analoghe, accompagnato da aperture sistemate lateralmente di forma variabile dal rettangolare, alla bifora, o all’arco a sesto acuto. Alla sommità delle paraste e nel punto più alto della facciata sono presenti elementi decorativi e scultorei in pietra quali pinnacoli o guglie. Il prospetto di sant’Aponal contiene diversi elementi lapidei di origine trecentesca, ma reintegrati all’interno della composizione della facciata solo nel 1929. Sopra al rosone è presente una crocifissione datata circa del quattordicesimo secolo, sopra al portone invece si trova la rappresentazione di Maria, Giovanni Battista e altri santi datata 1294.
Lo studio stilistico della facciata e l’analisi della sua stratificazione hanno portato a inquadrare gli obiettivi generali che il progetto vuole raggiungere. La chiesa di Sant’Aponal ha visto numerosi interventi di ampliamento, d’innalzamento e di consolidamento, ma ogni operazione non ha mai nascosto la conformazione storica della facciata precedente. Il primo gesto che abbiamo scelto di compiere è quello determinato dalla necessità di mantenere la leggibilità stratigrafica: i segni delle interfacce sono già naturalmente visibili, e quindi il suggerimento è già intrinseco nel manufatto stesso. In secondo luogo, la possibilità di riportare a un miglior decoro le superfici ci consente di eliminare, anche solo in parte, quel tipo di degrado negativo che compromette la lettura stratigrafica o disturba la fruibilità della facciata gotica.
3.3 progetto di restauro
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3.3 progetto di restauro
primo rifacimento 01 tamponamento del portale precedente 02 tamponamento del rosone precedente 03 primo possibile restauro 04 secondo innalzamento 05 terzo innalzamento 06 riconsolidamento facciata 07 ultimo innalzamento facciata 08 M08
sostituzione recente 09
M06 M05 M07
M04
M03 M01
M02
M09
M10 3.3 progetto di restauro
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3.3 progetto di restauro
“[…] il progetto è culturale perché esprime la nostra cultura e la proietta nel riacquisire alla cultura odierna il lascito di una cultura del passato, in primo luogo, consentendone l’esistenza, […]. Il progetto culturale è anche un manifesto etico, una dichiarazione di intenti del rapporto tra fini e mezzi, tra idee e azioni cui i comportamenti del progetto e del cantiere dovranno tener fede, misurandosi di continuo con esso anche oltrepassandolo e modificandolo, ma adattandone in questa evoluzione la logica e i principi informatori. […] il progetto culturale parte dagli interventi che consentono l’autoconservazione dell’organismo- [...]- e affronta poi -[...]- gli interventi che rispondono alle aspettative di restauro, come il restituire decoro e/o organicità all’opera architettonica, per giungere infine agi interventi di rinnovo della funzionalità e della capacità di essere utilizzato. […] si constata che la risposta ai bisogni della
fabbrica e quella alle aspirazioni di restauro e alle aspettative d’uso sono sovente interdipendenti e s’intrecciano tra loro, e solo talvolta possono agire come strati del tutto separati. Ciascuno di essi pretende il proprio spazio, ma nel progetto tutti devono interrelarsi, sovrapporsi, talvolta confondersi, trovando soluzioni ed equilibri adatti al caso.”. La volontà principale del progetto è di evidenziare i segni lasciati dai due innalzamenti e dalle diverse operazioni di ri-consolidamento, e per farlo si è scelti di “ridurre [...] gli interventi sia conservativi sia di restauro sulla materia stratificata” per “lasciare che la carica espressiva e documentaria di una testimonianza costruita possa continuare a sprigionarsi inalterata”. * (2) Possiamo partire a presentare il progetto di cura e pulitura della facciata da alcune osservazioni di F. Doglioni riguardo al degrado e al suo rapporto con la stratigrafia:
3.3 progetto di restauro
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3.3 progetto di restauro
fessurazione / fratturazione
macchia
efflorescenza
patina biologica
vegetazione
erosione
esfoliazione
crosta 3.3 progetto di restauro
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- spesso le tracce della stratificazione costruttiva sono state riportate “naturalmente” in luce dagli effetti del degrado differenziale delle superfici; - in questi casi, effetti del degrado e tracce della stratificazione non sono separabili e costituiscono evidenze stratigrafiche fortemente compenetrate; - allora, se in questi casi voglio conservare le tracce stratigrafiche e la loro leggibilità, non posso cancellare del tutto gli effetti del degrado, ma devo dedicare attenzione ad arrestare le sue cause (conservandone gli effetti), o intervenire anche sugli effetti soltanto attenuandoli. L’attenzione degli interventi si sposta principalmente sulle superfici, e quindi, se l’obiettivo, come anticipato, è quello di riportarle ad un “maggior decoro”, si può intervenire tenendo in mente alcuni accorgimenti sempre forniti dal testo di F. Doglioni: -evitare la completa sostituzione di giunti di malta e la copertura delle superfici - non coprire mai i bordi di interfaccia negativa o i falsi bordi - cercare di lasciare l’edificio in uno stato “naturale” non troppo elaborato o concettualizzato; - cercare di rispettare il carattere acquisito nel tempo dell’edificio, mitigando gli effetti del degrado quando ai nostri occhi risultino indecorosi, ossia lesivi di quella che riteniamo essere dignità formale dell’edificio (vedi figura x); - tenere conto del luogo e del contesto Ci si aspetta dal completamento delle operazioni di restauro una superficie pulita e una miglior lettura della storia della chiesa di Sant’Aponal.
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3.3 progetto di restauro
3.3 progetto di restauro
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3.3 progetto di restauro
3.3 progetto di restauro
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3.4 w.a.ve 2014
3.4 - workshop estivo di architettura w.a.ve. 2014
docente collaboratori gruppo
obiettivi
descrizione
Vasa J. Peroviĉ, Matija Bevk - Bevk Peroviĉ Arhitekti Jure Grohar, Nicola Pavan Fabio De Benetti, Amine Jelassi, Orjad Verjoni, Dorjon Vithkuqi, Riccardo Rocco, Elisa Brusa, Alice Fantozzi progetto di rigenerazione di un sito industriale
Il tema del terzo e ultimo workshop estivo riguardava la proiezione progettuale nel futuro per i nuovi “ giardini “ di una “ nuova “ Venezia. La differenza del contesto apparentemente uguale a quello del secondo workshop, è la concentrazione del progetto in una singola isola di porto Marghera: l’isola dei serbatoi. L’obiettivo proposto dal workshop è di creare un luogo per il futuro dell’isola e per i suoi abitanti. In questo caso il progetto è il disegno di un processo di formazione dell’isola, che da mero luogo di stoccaggio di petrolio, diverrebbe il punto di partenza per una rinascita della laguna. La volontà è quella di pensare all’isola come una “macchina” per la pulizia e la rigenerazione del suolo e delle acque che sfrutti la tecnica della fitodepurazione. Questo comporta un ragionamento sul funzionamento delle singole parti, il loro studio e il disegno del modo in cui queste lavorano in sinergia. L’obiettivo diventa riuscire a mostrare con efficacia un modo possibile di trattamento del suolo e dell’archeologia industriale, per darle una nuova forma e capacità di lavoro, così da ospitare con sicurezza un futuro ipotetico giardino per Venezia.
3.4 w.a.ve 2014
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3.4 w.a.ve 2014
3.4 w.a.ve 2014
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3.4 w.a.ve 2014
Nella condizione corrente del contesto su cui si lavora, vede i grandi serbatoi come contenitori per le industrie del petrolchimico. La griglia dei tubi è l’unico sistema di divisione. Questo sarà il punto di partenza. Per affrontare il principale problema proprio di porto Marghera, abbiamo raccolto più informazioni possibili sullo stato d’inquinamento del suolo e delle acque, e la composizione delle principali sostanze inquinanti. Abbiamo così tracciato una mappa della contaminazione che è servita per guidare e pesare le priorità degli interventi.
3.4 w.a.ve 2014
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contaminazione dell’acqua
contaminazione di diossina del suolo
contaminazione di diossiona di acqua e suolo
contaminazione di cloruro di vinile
contaminazione di piombo del suolo
contaminazione di piombo di acqua e suolo
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3.4 w.a.ve 2014
40%
53%
100%
contaminazione di idrocarburi
contaminazione di vari metalli
contaminazione di diossina
3.4 w.a.ve 2014
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condizione corrente
estensione della griglia
macro-aree
griglia secondaria
micro-aree
gerarchia dei canali
funzione dei serbatoi
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3.4 w.a.ve 2014
apertura del canale principale apertura dei canali secondari
I. costruzione delle infrastrutture 2014 - 2018
La griglia data dalla forma dei tanks è estesa a tutta l’isola, diventando la griglia principale del disegno: gli assi principali diventano canali, quelli minori diventano sentieri. Una griglia secondaria si unisce a quella principale per fornire all’isola ciò che gli serve. Lungo questi assi si distribuiscono i canali di irrigazione, che la dividono quindi in aree che aiutano la localizzazione delle contaminazioni.
3.4 w.a.ve 2014
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mappa della decontaminazione
decontaminazione piombo
decontaminazione alluminio
decontaminazione metalli vari
decontaminazione generale
decontaminazione delle coste
decontaminazione dei canali
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3.4 w.a.ve 2014
acqua per l'irrigazione
inizio della fitodepurazione
II. fitodepurazione 2018 - 2040
I dati ricavati dalle mappe di contaminazione sono usati per creare una sua localizzazione e poter quindi controllare la funzione delle singole aree. Ogni fase di depurazione e decontaminazione utilizza diversi tipi di piante che hanno capacità di assorbire un determinato tipo d’inquinante nel lungo periodo. E’ stato previsto un diverso tipo di piantumazione per affrontare i diversi tipi d’inquinamento dell’isola.
3.4 w.a.ve 2014
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distribuzione delle torri spargispore
espansione delle spore
flusso di trasporto marino
piantumazione di alberi
centro logistico
trasporto e gerarchia
espansione della depurazione
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3.4 w.a.ve 2014
formazione del paesaggio
nuova piantumazione
III. post - depurazione 2040 - 2050
Il processo di distribuzione nell’aria di spore, consentito da dei dispositivi a torre, permetterà la crescita e l’espansione della coltura fitodepurante. Il flusso navale nell’isola è determinato dalla funzione dei tanks, che potrebbero aver bisogno di merci o lavoratori. Sono quindi piantati quei tipi di alberi produttori di polline per aiutare il processo. Il tank principale assume il ruolo di centro logistico e di attracco, diventato il punto di riferimento per gli altri tanks.
3.4 w.a.ve 2014
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3.4 w.a.ve 2014
acqua pulita nei tanks
distribuzione delle spore
coltura delle piante spargispore
IV. nuovo ecosistema 2050 - ...
Il progetto è un processo inverso. I tubi per il passaggio di petrolio mutano in canali, i tank si trasformano in serbatoi d’acqua pulita, il flusso inquinante diventa il punto di partenza della rigenerazione.
3.4 w.a.ve 2014
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3.5 - tirocinio - MeLa Media Lab
docente gruppo obiettivi
descrizione
Luciano Comacchio Fabio De Benetti realizzazione di un modello 3D completo del complesso monumentale Brion-Vega di Carlo Scarpa; rilievo fotografico delle superfici e catalogo delle texture; produzione di immagini per una eventuale esposizione
Il seguente lavoro è il frutto di un attento rilievo fotografico e di un’elaborazione dettagliata di un modello tridimensionale completo del complesso monumentale Brion-Vega dell’architetto Carlo Scarpa. É stata importante l’assimilazione del metodo di lavoro e la tecnica di rappresentazione del manufatto propria dello studio eseguito dal laboratorio MeLa. Il lavoro digitale è iniziato con la creazione del modello: questo lavoro ha permesso una conoscenza approfondita dell’opera architettonica, poiché mi ha costretto a esaminare ogni singola misura e a ricostruirle solido dopo solido. Le superfici del modello devono quindi essere mappate con le loro texture prese sul posto e lavorate digitalmente per permettere la giusta risoluzione. La produzione finale di immagini è ottenuta lavorando separatamente linee e superfici per avere un controllo maggiore sull’immagine.
L’obiettivo è dare l’opportunità di ricevere dal lavoro di Carlo Scarpa il meglio e lo sconosciuto ad un occhio disattento. Molte sensazioni e focus visivi sono invisibili se non ci si fa attenzione nel momento in cui lo si osserva dal vivo. Ogni singola linea e ogni superficie hanno una relazione con il tutto, e la ricerca di una tecnica di rappresentazione evidenzia queste relazioni e questi piccoli dettagli.
N° superfici totali N° textures peso textures
10˙202 570 10,7 GB 3.5 MeLa media lab
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3.5 MeLa media lab
3.5 MeLa media lab
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3.5 MeLa media lab
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