La produzione di beni. Per determinare la curva di offerta di beni e servizi, ossia le combinazioni ottimali tra prezzo e output per chi produce, dobbiamo esaminare i costi ed i benefici legati all’attività produttiva. I benefici della produzione derivano dal ricavato delle vendite, e l’andamento delle vendite dipende dalle caratteristiche del mercato, ossia dalla quantità di concorrenti dell’impresa e così via. I costi di produzione dipendono invece dall’utilizzo che l’impresa fa delle risorse disponibili e dal costo di reperimento di tali risorse. Cominceremo la nostra analisi dai costi di produzione. Gli economisti distinguono le decisioni legate alla produzione in due fasi distinte. Una prima fase logica è relativa alla dimensione dell’impresa: l’imprenditore, in base al volume delle vendite che si aspetta di realizzare nel futuro, deve acquisire uno o più locali per svolgere l’attività produttiva, deve procurarsi i macchinari necessari e così via. Una volta acquisiti gli impianti, e cioè una volta fissata la dimensione d’impresa, l’imprenditore deve decidere qual è il livello ottimale di produzione, e quindi quale sarà l’utilizzo degli impianti che si è procurato, e reperire le altre risorse direttamente legate alla quantità di produzione che si desidera raggiungere: le materie prime, i semilavorati, la manodopera. E’ evidente che la dimensione d’impresa non è immutabile, anzi l’imprenditore può in ogni momento decidere di ampliare i suoi impianti, o dismetterne una parte. Però si ritiene che tutte le decisioni legate alla dimensione d’impresa richiedano un lungo intervallo di tempo per divenire operative, mentre le decisioni sulla quantità di lavoro o materie prime utilizzate possono avere effetti rapidamente. Per questo motivo gli economisti distinguono tra breve periodo e lungo periodo. Nel breve periodo l’imprenditore prende per data e non modificabile la dimensione della sua impresa, e sceglierà quel comportamento, ossia quella quantità di produzione, che gli procura il massimo beneficio con gli impianti già a disposizione. Nel lungo periodo invece l’impresa modifica anche la sua dimensione in modo da rendere massimo il proprio beneficio. Nel breve periodo, dunque, possiamo distinguere i costi dell’impresa in costi fissi, che non variano al variare della quantità prodotta, e che dipendono in larga misura dalla dimensione degli impianti, e in costi variabili, il cui andamento è invece direttamente legato al livello di produzione desiderato. Prendiamo ad esempio l’attività produttiva di una gelateria. La dimensione degli impianti riguarderà il numero dei locali e la quantità di macchinari per la produzione dei gelati. Una volta acquisiti i locali e i macchinari1, si dovrà poi decidere quanti gelatai assumere, e per quante
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Per semplicità possiamo immaginare che locali e macchinari siano presi in affitto dall'impresa. Il costo fisso in tal caso coincide con le rate di fitto. 41
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ore farli lavorare, quante materie prime acquistare e così via, dove tutti questi costi saranno direttamente legati al numero dei gelati prodotti. Il problema dell’impresa nel breve periodo può riassumersi allora in questo modo: dato la disponibilità dei locali e degli impianti, quanti gelati conviene produrre in un giorno per ottenere il massimo beneficio possibile? Il problema dell’impresa nel lungo periodo può invece essere così formulato: dato l’andamento atteso delle vendite, conviene procurarsi altri macchinari e locali o cedere parte degli impianti esistenti? In altri termini, nel lungo periodo il problema dell' impresa è quello di raggiungere la propria dimensione ottimale. Per rispondere a questi problemi è necessario conoscere il legame tra la quantità di fattori produttivi impiegati (il lavoro, le materie prime, ecc.) ed il livello della produzione. Tale legame prende il nome di funzione della produzione. La funzione di produzione fornisce, per ogni livello di utilizzo dei fattori, il corrispondente livello di prodotto. In simboli, se Y è la quantità prodotta (il numero di gelati), L il numero di ore di lavoro impiegate, K il numero di macchine per gelati disponibili, M la quantità di materie prime utilizzate, la funzione di produzione può essere espressa come: Y = f(L, K, M)
La teoria della produzione analizza le proprietà di tale funzione. Immaginiamo che si voglia valutare quante ore di lavoro utilizzare, per date quantità utilizzate degli altri fattori. Nel nostro
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esempio della gelateria, le materie prime e i macchinari sono stati acquisiti, e possiamo misurare quante unità di prodotto (i gelati) sono realizzabili per ogni ora di lavoro. L’ipotesi degli economisti marginalisti è che all’aumentare dell’utilizzo del fattore la produzione aumenti, ma che gli aumenti siano via via più piccoli o, in altri termini, che i rendimenti marginali dei fattori produttivi siano decrescenti. Una funzione con queste caratteristiche è rappresentata nel grafico di figura 5.1. Ad esempio, immaginiamo di misurare le unità di tempo in quarti d’ora. Nel primo quarto d’ora un gelataio riuscirà a produrre, poniamo, dieci gelati. Nel quarto d’ora successivo il gelataio potrebbe aver migliorato la sua tecnica di confezionamento del gelato, e riuscire a produrre 12 gelati. Dopo 4 ore di lavoro il gelataio è più stanco, deve fermarsi più spesso a ripulire gli attrezzi ecc., e quindi in un quarto d’ora riuscirà a produrre, poniamo, solo 8 gelati. Dopo 6 ore di lavoro la stanchezza è ancora aumentata, e quindi la produzione di gelati potrebbe scendere a 5 per ogni quarto d’ora di lavoro. In analogia con il concetto di utilità marginale, possiamo definire il concetto di prodotto marginale come l’incremento nella produzione che si ottiene per ogni unità aggiuntiva di fattore impiegato. Quindi, nel nostro esempio, il prodotto marginale del lavoro aumenta all’inizio dell’ attività produttiva in quanto sono presenti processi di apprendimento, successivamente il prodotto marginale diviene stabile, e poi inizia a diminuire. Dire che il prodotto marginale del lavoro è decrescente equivale a dire che il lavoro ha rendimenti decrescenti. Possiamo riassumere i dati del nostro esempio nella tabella seguente: Tabella 5.1 Produzione, prodotto marginale, prodotto medio Lavoro Prodotto per unità Prodotto totale Prodotto medio (15 minuti di lavoro) di tempo di lavoro (A) (B) (C) (D) 1 12 12 12 2 15 27 13,5 3 20 47 15,6 4 20 67 16,7 5 20 87 17,4 6 18 105 17,5 7 17 122 17,4 8 16 138 17,2 9 15 153 17,0 10 14 167 16,7 … … … … Nella colonna A abbiamo indicato le quantità crescenti di fattore produttivo impiegato. La colonna A è quindi l’equivalente della misura dell’uso del fattore sull’asse orizzontale del grafico di figura 5.1. Nella colonna B è riportato il prodotto marginale di ogni unità di lavoro: nel primo 43
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quarto d’ora si producono 12 gelati, nel secondo 15 gelati, nel terzo 20 gelati e così via. Nella colonna C è misurata la produzione totale di gelati, aumentata in ogni unità di tempo dal prodotto marginale della colonna B. Nella colonna D, infine, misuriamo la produzione media di gelati per unità di tempo, ossia il rapporto tra prodotto totale (colonna C) e unità di fattore impiegato (colonna A).
Possiamo anche raffigurare l’andamento del prodotto marginale e del prodotto medio della funzione di produzione in un grafico, come quello in figura 5.2. Nell’esempio che abbiamo fatto il prodotto marginale aumenta, per la presenza di processi di apprendimento, fino a raggiungere il punto A del grafico, cui corrisponde un impiego di lavoro pari a La (5 unità di lavoro nella tabella), e successivamente diminuisce. Di conseguenza, la produzione media tende ad aumentare fino al punto B, cui corrisponde un impiego di lavoro pari a Lb (nella tabella Lb corrisponde a 6 unità di lavoro utilizzate, per una produzione media di 17,5 gelati per unità di tempo di lavoro) e successivamente diminuisce. Notiamo dal grafico di figura 5.2 che la produzione media raggiunge il suo massimo quando è eguale al prodotto marginale. Questa e’ una caratteristica comune a tutte le funzioni di produzione, per la cui dimostrazione si rinvia all' appendice. Ricordiamo che l’ipotesi dei rendimenti marginali decrescenti è strettamente connessa all’ ipotesi per cui gli altri fattori della produzione sono tenuti costanti. Immaginiamo infatti che nell’esempio appena fatto della produzione di gelati, il gelataio sia sostituito ogni ora da un altro 44
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lavoratore altrettanto abile e perfettamente riposato. In questo caso non c’e’ motivo di credere che la produzione marginale di ogni gelataio si riduca all’aumentare dell’uso del lavoro, e quindi i rendimenti marginali del lavoro potrebbero risultare costanti, e non decrescenti. Prendiamo come ulteriore esempio il caso di una fabbrica di scarpe, che disponga di dieci macchine, ciascuna delle quali ha bisogno di un lavoratore per essere azionata. Se i lavoratori disponibili hanno tutti la stessa abilità, la produzione del secondo lavoratore, che opera sulla seconda macchina, sarà uguale alla produzione del primo lavoratore. La produzione del decimo lavoratore assunto, che ha una macchina a sua disposizione, sarà eguale alla produzione del primo lavoratore assunto. Quindi la produttività marginale dei lavoratori sarà costante, finchè non si incontra un vincolo dato dalla scarsità degli altri fattori produttivi necessari. Se questa impresa assume un undicesimo lavoratore questi, non potendo disporre di una macchina, potrà al più aiutare gli altri nella produzione, ma il suo contributo al prodotto totale sarà inferiore a quello fornito dai primi dieci lavoratori. Per questa impresa, quindi, la produttività marginale del lavoro inizia a decrescere quando si utilizzano tutti i macchinari a disposizione. Possiamo generalizzare questo risultato affermando che i rendimenti dei fattori produttivi variabili, come il lavoro, risulteranno sempre decrescenti quando si raggiunge il pieno utilizzo del capitale2 a disposizione. Tabella 5.2 Produzione, costo variabile, costo variabile medio Lavoro Prodotto Prodotto Prodotto Costo del marginale totale Medio lavoro (A) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 …
(B)
12 12 15 27 20 47 20 67 20 87 18 105 17 122 16 138 15 153 14 167 … … Ora che abbiamo analizzato
(C)
Costo del lavoro per unità prodotta
(D)
(E) (F) 12 5.000 416,7 13,5 10.000 370,4 15,6 15.000 319,1 16,7 20.000 298,5 17,4 25.000 287,4 17,5 30.000 285,7 17,4 35.000 286,9 17,2 40.000 289,9 17,0 45.000 294,1 16,7 50.000 299,4 … … … l’andamento della produzione al variare dell’utilizzo dei fattori,
possiamo tornare ad occuparci dei costi della produzione nel breve periodo. Immaginiamo per il momento3 che il costo d’uso dei fattori produttivi sia per l’impresa un dato non modificabile: per ogni ora di lavoro l’imprenditore pagherà sempre lo stesso salario. Riprendiamo i dati di tabella 5.1 ipotizzando che ogni unità di lavoro sia pagata L. 5.000. Avremo quindi 2
Per “capitale” intenderemo sempre la quantità di macchinari e altri beni di lunga durata necessari al processo produttivo. E’ bene non confodere questo concetto con quello di ricchezza posseduta dall’imprenditore. 45
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Nella tabella 5.2 abbiamo aggiunto due nuove colonne rispetto alla tabella precedente. Nella colonna (E) misuriamo il costo totale sostenuto in base alla quantità di lavoro erogata, dove tale costo aumenta, per ogni unità di lavoro, in misura pari al salario di L.5.000. Nella colonna (F) abbiamo calcolato quanto costa un gelato in termini di lavoro, dividendo il costo totale (dato dalla colonna E) per la produzione totale (in colonna C). Se ogni unità di lavoro ha sempre lo stesso costo, quanto maggiore è la quantità prodotta da una unità di lavoro tanto minore sarà il costo unitario di produzione, ossia il costo (legato solo al salario) di produrre un gelato. Se passiamo a considerare tutti i costi variabili4 che, come abbiamo detto, sono quelli direttamente legati alla quantità prodotta, la colonna F, data dal rapporto tra costo del lavoro (colonna E) e produzione (colonna C), fornisce il costo variabile medio di produzione. Possiamo anche definire il costo marginale come l’incremento nei costi connesso ad un aumento pari ad uno nella produzione, ossia alla produzione di un gelato in più. L’analisi della tabella 5.2 dovrebbe convincerci che il costo marginale sarà decrescente quando la produttività marginale è crescente, e sarà invece crescente quando i rendimenti marginali sono decrescenti. L’andamento del costo variabile medio e del costo marginale sono rappresentati in figura 5.3, al variare della quantità prodotta. Il lettore può dimostrare come, in analogia con l’andamento del prodotto medio e del prodotto marginale, il costo variabile medio è minimo quando risulta uguale al costo marginale5.
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La determinazione del salario viene trattata più avanti nel capitolo 11. Quindi, oltre al lavoro, il costo delle materie prime che compongono il gelato, il costo dell’elettricità utilizzata per far funzionare le macchine ecc. 5 Una dimostrazione è fornita tra le soluzioni agli esercizi di questo capitolo. 4
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Ma i costi variabili non sono gli unici elementi di costo: abbiamo detto che, nel breve periodo, l’impresa sostiene anche dei costi fissi, come l’affitto dei locali dove si svolge la produzione, che sono chiamati “fissi” in quanto non variano al variare del volume della produzione. Riassumendo, i costi totali (CT) saranno la somma dei costi fissi (CF) e dei costi variabili (CV). CT = CF + CV Possiamo rappresentare su di un grafico l’andamento delle diverse categorie di costo, come in figura 5.4. Il costo totale parte da un livello minimo pari ai costi fissi, e aumenta poi meno che proporzionalmente all’aumentare della quantità prodotta finchè i costi variabili medi sono decrescenti, per poi aumentare più che proporzionalmente rispetto alla quantità di produzione.
In analogia con il costo variabile medio possiamo inoltre calcolare il costo fisso medio di produzione, dato dal rapporto tra i costi fissi e le quantità prodotte. Il costo fisso medio sarà sempre decrescente, perché la stessa somma si ripartisce su un numero crescente di unità prodotte. Il costo medio totale è dato dalla somma tra costi fissi medi e costi variabili medi, ed avrà un andamento ad U, in quanto per bassi livelli di produzione il costo fisso medio sarà preponderante, e il costo medio totale inizierà a crescere quando i costi marginali divengono elevati, e quindi divengono elevati i costi variabili medi. L’andamento delle varie componenti dei costi medi è riportato in figura 5.5.
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Appendice Il prodotto medio è massimo quando risulta uguale al prodotto marginale. Dimostrazione Definiamo con Q(L) la produzione corrispondente ad un impiego di lavoro pari a L, e con Q(L+1) la produzione che si ottiene aumentando l’uso di lavoro di una unità. Il prodotto medio in L sarà uguale a Q(L)/L, e il prodotto medio in (L+1) sarà dato da Q(L+1)/(L+1). Il prodotto medio aumenta, passando da L a L+1, se Q(L+1)/(L+1) - Q(L)/L > 0 Svolgendo la differenza tra le frazioni otteniamo: {L· [Q(L+1)] - (L+1) · Q(L)} / [L· (L+1)] > 0 Il denominatore della frazione è sempre positivo, per cui possiamo moltiplicare ambo i termini per L· (L+1) senza modificare il risultato. Ricordando che Q(L+1) = Q(L) + PM(L), dove PM(L) è la produttività marginale del lavoro in L, otteniamo: L· [Q(L) + PM(L)] - (L+1) · Q(L) > 0 L· Q(L) + L· PM(L) - L· Q(L) - Q(L) > 0 L· PM(L) - Q(L) > 0 Dividendo per L, infine si ottiene PM(L) - Q(L)/L > 0 PM(L) > Q(L)/L Ma il termine a destra del segno di diseguaglianza è esattamente pari al prodotto medio in L. Quindi abbiamo dimostrato che il prodotto medio aumenta se la produttività marginale è maggiore del prodotto medio, e analogamente il prodotto medio si riduce se la produttività marginale è inferiore al prodotto medio: quindi il prodotto medio sarà massimo quando è esattamente uguale al prodotto marginale6.
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Il massimo di una funzione si può ricavare anche derivando la funzione stessa e trovando il valore per cui la derivata della funzione si annulla. Per il prodotto medio, Q(L)/L, la derivata sarà pari a (Q’· L - Q)/L2, dove Q’ è la derivata della funzione di produzione, anche uguale al prodotto marginale. Quindi la derivata della funzione del prodotto medio è eguale a zero quando Q’ = Q/L, ossia quando il prodotto marginale è eguale al prodotto medio. 49
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Esercizi 1. Tracciare su di un grafico la curva del prodotto medio e del prodotto marginale per un’impresa, relativamente all’utilizzo del lavoro. Sullo stesso grafico indicare come variano le due curve se viene modificata l’organizzazione della produzione in modo da migliorare la produttività del lavoro. 2. Risolvere l’esercizio precedente con riferimento alle curve dei costi medi e marginali per l’impresa. 3. Dimostrare che i costi medi di produzione sono minimi quando risultano uguali ai costi marginali. 4. Come si modificano le curve dei costi medi e marginali per un aumento del costo d' affitto dei macchinari utilizzati per la produzione? 5. Un' impresa sostituisce i propri macchinari con altri più nuovi ed efficienti. Come si modificheranno le curve del costo medio e del costo marginale?
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