Monopolio e concorrenza monopolistica. Passiamo ora ad analizzare l’equilibrio di monopolio, ovvero quel mercato in cui opera una sola impresa. I motivi per cui può determinarsi una situazione di monopolio sono diversi, a seconda del tipo di barriere all’entrata che si vengono a determinare. - Possesso esclusivo di inputs fondamentali per la produzione. Ad esempio il proprietario di una zona che contiene una sorgente di acqua minerale sarà l’unico a poter vendere quell’acqua. Analogamente, chi detiene il brevetto di una particolare invenzione può sfruttarlo per produrre un bene non imitabile: l’esempio classico è quello delle macchine fotografiche a sviluppo istantaneo della Polaroid. I brevetti sono una fonte importante di posizioni monopolistiche, su cui dunque torneremo nel seguito; - Licenze governative. Il governo può ritenere opportuno produrre determinati beni direttamente, o affidare la produzione a imprese private in regime di monopolio tramite licenze. - Economie di scala. Si hanno economie di scala quando all’aumentare della dimensione di impresa il costo medio di produzione si riduce, come vedremo più approfonditamente in un capitolo successivo. In tali situazioni l’impresa più grande opera a costi unitari minori, quindi il mercato tende ad essere servito da un’ unica impresa molto grande, in condizioni di monopolio. Il monopolio originato da economie di scala viene anche detto monopolio naturale. In tutte queste situazioni è impossibile per altre imprese entrare sul mercato: quindi l’impresa monopolista potrà vendere a tutti i consumatori. Di conseguenza, la curva di domanda dell’impresa monopolista coincide con la curva di domanda di mercato. Quale sarà la produzione ottima del monopolista? Come abbiamo visto, il profitto sarà massimo quando il ricavo marginale delle vendite eguaglia il costo marginale di produzione. Mentre le curve dei costi dell’impresa monopolista saranno del tutto analoghe, nel breve periodo, alle curve dei costi delle imprese concorrenziali, il ricavo marginale in monopolio non coincide con il prezzo. Infatti, supponiamo che l’impresa monopolista venda ad un prezzo pari a 0B in figura 7.1. A tale prezzo corrisponde una domanda pari a 0A, e quindi un ricavo totale pari all’area del rettangolo 0ACB. Se l’impresa vuole aumentare le vendite di una unità, e passare dunque dal vendere 0A ad 0D, il mercato sarà disposto ad assorbire questo aumento delle vendite solo se il prezzo si riduce da 0B ad 0E. Il ricavo marginale, dunque, sarà sempre inferiore al prezzo. In particolare, quando le vendite aumentano fino ad 0D il ricavo sarà pari all’area del rettangolo 0DFE. Il ricavo marginale, ricordiamo, è dato dalla variazione nei ricavi connessa alla vendita di una unità aggiuntiva di bene. 59
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Quindi il ricavo marginale può essere misurato nel grafico dalla differenza tra il ricavo dopo l’aumento delle vendite, ODFE, e il ricavo precedente, OACB. Esaminando la figura, possiamo vedere che il ricavo aumenta dell’area del rettangolo ADFG, che fornisce l’aumento nei ricavi legato all’aumento delle quantità vendute al nuovo prezzo, e si riduce dell’area del rettangolo EGCB, che dà la riduzione nei ricavi sulle quantità vendute in precedenza, dovute alla riduzione del prezzo. In altri termini, quando la quantità aumenta (∆ ∆Q = AD) il prezzo si riduce (∆ ∆P = BE) a partire da una quantità iniziale Q = 0A = GE = BC, e da un prezzo iniziale P = 0E = AG = FD. Il ricavo marginale (RM), abbiamo detto, è la differenza tra le aree dei due rettangoli che abbiamo individuato, cioè RM = ADFG - EGCB = (AD· FD) - (EG· BE) = [∆Q· (P-∆P)] - (Q· ∆P) RM = ∆Q· P - ∆Q· ∆P - Q· ∆P Il secondo termine a destra del segno di eguale è molto piccolo rispetto agli altri, e può essere trascurato1. Poniamo in evidenza P· ∆Q, moltiplicando e dividendo per P· ∆Q dove necessario. Si ottiene:
Ma la frazione in parentesi è l’inversa dell’elasticità di domanda η, per cui 1
Si veda la nota 1 a pagina 30. 60
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Quindi, per variazioni unitarie della quantità prodotta (∆Q=1), il ricavo marginale è dato da RM = P· (1 - 1/η) Quanto maggiore l’elasticità di domanda, tanto minore sarà la distanza tra prezzo e ricavo marginale del monopolista2. Notiamo anche che quando la domanda è inelastica (η<1) il ricavo marginale diviene negativo, e quindi l’impresa monopolista non avrà convenienza a produrre. In termini grafici, dunque, la curva del ricavo marginale del monopolista sarà sempre al di sotto della curva di domanda (per ogni quantità prodotta, infatti, il prezzo deve risultare superiore al ricavo marginale), e per una curva di domanda lineare il ricavo marginale sarà una retta decrescente, come quella in figura 7.2, che incontra l’asse delle ascisse per quella quantità cui corrisponde una elasticità di domanda unitaria3. In figura 7.2 abbiamo riportato le consuete curve del costo marginale e del costo medio. Come si è detto, il profitto dell’impresa sarà massimo quando il ricavo marginale coincide con il costo marginale, come nel punto A in figura. La produzione ottimale è dunque pari a Q*, e il mercato è disposto ad assorbire questa quantità ad un prezzo pari a P*, dato dalla curva di domanda.
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Se l’elasticità di domanda è infinita, come per l’impresa in concorrenza perfetta, ricavo marginale e prezzo coincidono. 3 E’ facile mostrare che per curve di domanda lineari le curve del ricavo marginale avranno pendenza doppia rispetto alla curva di domanda. 61
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Per calcolare il profitto del monopolista è necessario verificare quale sia il costo medio di produzione in corrispondenza di Q*. In figura il costo medio sarà pari a 0D, per cui il profitto per unità di prodotto sarà dato dalla differenza tra il prezzo di vendita P* e il costo medio, e quindi dal segmento DP* = BC. Il profitto totale sarà pari all’area del rettangolo DCBP*. E’ possibile effettuare un confronto tra i risultati di equilibrio in monopolio rispetto a quelli ottenibili in concorrenza perfetta. Immaginiamo che il bene venduto da un monopolista al prezzo P*, prodotto in quantità Q*, sia prodotto invece da moltissime imprese in concorrenza perfetta, con curve dei costi marginali che, sommate tra loro, coincidano con la curva del costo marginale del monopolista. In questa situazione ipotetica, come sappiamo, la curva di offerta di mercato si ricava dalle curve del costo marginale, e l’equilibrio si stabilirà nel punto C, per una quantità prodotta pari a Qc, venduta ad un prezzo di mercato pari a Pc.
L’equilibrio in monopolio, era invece determinato dall’incontro tra ricavo marginale e costo marginale nel punto A, in corrispondenza di una quantità prodotta pari a Q* ed un prezzo di mercato P*. Un'
impresa monopolista tende a produrre quantità inferiori rispetto a mercati
concorrenziali, e a far prevalere prezzi più elevati. Ma oltre questo risultato possiamo dimostrare anche che il monopolio produce una riduzione nel benessere collettivo. Infatti, lo scambio di mercato in concorrenza perfetta produce un surplus per il consumatore pari all’area del triangolo CDPc in figura. In monopolio, invece, il surplus del consumatore si è ridotto all’area del triangolo BDP*. Una parte del surplus del consumatore in concorrenza perfetta viene acquisita dal monopolista sotto forma di profitti: questa parte è data dall’area del rettangolo EBP*Pc, che fa parte del surplus del consumatore in concorrenza perfetta, ma fa parte del profitto d’impresa in 62
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monopolio. Il triangolo ECB, invece, fa parte del surplus del consumatore in concorrenza perfetta ma in monopolio non rimane al consumatore, né viene acquisito dall’impresa: l’area di questo triangolo rappresenta dunque una perdita netta per la società nel suo complesso derivante dall’ esistenza del monopolio. La perdita di benessere dovuta al monopolio è uno dei motivi per cui la maggior parte dei paesi sviluppati ha introdotto una legislazione che limita o vieta la formazione di monopoli. Una eccezione è costituita dalla tutela dei brevetti che, come abbiamo visto, è una possibile fonte di potere monopolistico. In questo caso il ragionamento del legislatore può essere così semplificato: il processo di creazione di nuove tecnologie, nuovi prodotti ecc. può essere lungo e costoso. Se non esistesse una tutela delle nuove scoperte, un inventore non realizzerebbe alcun profitto dalla ricerca e dall' innovazione, in quanto chiunque potrebbe imitare la sua invenzione e riprodurla. La possibilità di poter vendere un bene coperto da brevetto per un certo periodo, e realizzare quindi un extra-profitto monopolista, consente alle imprese di ripagare i costi legati al processo di ricerca e sviluppo legati all’innovazione. Quindi la maggior parte dei Paesi tutela il processo innovativo tramite i brevetti, che hanno comunque una durata limitata, legata teoricamente al periodo di tempo necessario alle imprese per coprire i costi della ricerca.
Un’impresa che operi in condizioni di monopolio è in grado di aumentare ulteriormente i suoi profitti, appropriandosi di una parte ulteriore del surplus del consumatore, se è in grado di effettuare una discriminazione di prezzo. L’aumento massimo del profitto si ha quando l’impresa può discriminare perfettamente i consumatori, ad esempio con un meccanismo di asta in cui la prima unità del bene viene venduta al prezzo massimo (OD in figura 7.3), la seconda unità viene venduta ad un prezzo solo leggermente inferiore, e così via. Quando l’impresa ha venduto Q* unità di bene, sull’ultima unità venduta avrà realizzato il prezzo P*. Se l’impresa può realizzare questa discriminazione tra i consumatori - nota come discriminazione di prezzo del primo tipo - il suo profitto sarà maggiore, rispetto al caso di non discriminazione del prezzo, dell’area del triangolo DBP*, e l' impresa si sarà appropriata per intero del surplus del consumatore. La discriminazione di prezzo del secondo tipo si ha quando è possibile dividere i consumatori in due categorie, con preferenze diverse rispetto al bene venduto. Un esempio è quello del traffico telefonico di famiglie ed imprese, in cui è presumibile che le imprese ricavino un beneficio maggiore dall’utilizzo del telefono rispetto alle famiglie, e siano quindi disposte a pagare un prezzo più elevato, ed è semplice per la società che vende il servizio sapere se i consumatori appartengono all’una o all’ altra categoria. In tal caso l’impresa potrebbe vendere lo stesso bene a prezzi 63
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differenti, ad esempio potrebbe vendere le prima Qc unità del bene alle imprese ad un prezzo Pc, e le quantità ulteriori fino a Qb alle famiglie ad un prezzo Pb. In tal modo, rispetto alla situazione di assenza di discriminazione di prezzo, i profitti saranno più elevati dell’area data dal rettangolo PcCDPb4.
Torneremo a parlare di imprese monopoliste più avanti, quando affronteremo le scelte connesse alla dimensione di impresa, o scelte “di lungo periodo”. Vediamo invece ora qual è il comportamento ottimale nel breve periodo di una impresa che opera in concorrenza monopolistica. Come si è detto, la concorrenza monopolistica è quella forma di mercato in cui esistono numerose imprese che producono beni simili ma non identici. Un mercato di concorrenza monopolistica può essere generato dalla differenziazione del prodotto, ad esempio imprese che producono beni identici possono adottare una strategia di vendita che rende il proprio diverso rispetto agli altri agli occhi dei consumatori. Tale strategia può essere realizzata da campagne pubblicitarie, dal confezionamento del prodotto, dalle modalità della sua distribuzione, dall’ aggiunta al prodotto di servizi aggiuntivi, e così via. Fintanto che l’impresa riesce a differenziare il proprio prodotto da quello dei concorrenti si troverà ad operare a tutti gli effetti come un monopolista. La quantità ottima di produzione nel breve periodo sarà dunque data dall’incontro tra la curva dei costi marginali e la curva, decrescente, dei ricavi marginali, come già visto in figura 7.2 per il monopolio. Una importante differenza rispetto al monopolio è data dalla diversa elasticità di
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La discriminazione di prezzo del terzo tipo si ha quando l’impresa può vendere lo stesso bene su mercati separati. Per un’analisi di questo caso si vedano gli esercizi a questo capitolo e la relative soluzioni. 64
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domanda. Mentre il monopolista vende un bene che non ha sostituti diretti, l’impresa in concorrenza monopolistica opera in un mercato con numerosi beni simili: di conseguenza l’elasticità di domanda per quest’ultima impresa sarà sempre più elevata rispetto a quella che avrebbe in monopolio. Inoltre, nei mercati di concorrenza monopolistica non vi sono barriere all’ entrata come nel monopolio: l’ingresso e l’uscita delle imprese dal mercato, che studieremo più avanti nel testo, differenzia ulteriormente la concorrenza monopolistica dal monopolio puro. Un’altra forma interessante di concorrenza monopolistica è data dalle dimensioni spaziali del mercato, e dai costi che il consumatore deve sostenere per spostarsi da un mercato ad un altro. Pensiamo ad esempio ad un negozio di vendita al dettaglio di formaggi. Quest’impresa sa che i consumatori che abitano nelle vicinanze devono sostenere un costo per spostarsi presso altri fornitori: è quindi in grado di far pagare ai propri clienti un prezzo più alto di quanto potrebbe raggiungere in concorrenza perfetta. Finchè il prezzo più elevato che il consumatore paga al proprio fornitore non supera il costo di cercare altri fornitori, l’impresa può guadagnare un extra-profitto.
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Esercizi 1. Determinate graficamente la quantitĂ ottima di produzione di un'impresa monopolista, e il corrispondente profitto medio.
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