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L’ editoriale

La Puglia vista da Antonio Stornaiolo Berlinguer ti voglio bene

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s torie La Puglia del futuro Giocare ora la partita del futuro La città del domani a misura d’uomo e sostenibile Bari, fatti furba

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Le smart cities italiane , poche ma buone ed agguerite

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L’Ict è di casa in Puglia

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La Puglia tecnologica vince

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l avoro Ecco il lavoro che c’è

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s tyle

Bari sempre più fashion My tea cup, moda e design nel cuore di Bari Fashion week, la sfida di Bari

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g usto L’Antica Masseria dell’Alta Murgia da esempio a problema per lo Stato A Foggia che gusto! Rivera, quattro generazioni di buon vino

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50 I 10 anni d’arte al Caffè Dolce Amaro Quell’antico e sottile filo tra Italia, Polonia e Lituania Il meraviglioso creato di Tarshito Sfogliando la Puglia

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Scotch per Silvestri Destinazione Jubilee per Gianluca Grignani

Un’altra idea di Giuda Iscariota L’agenda di marzo

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La Puglia Arbëreshë

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s entieri C’è un po’ di Albania in Puglia San Marzano di San Giuseppe, Carosino e Monteparano

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s port È tempo di rugby La Puglia ovale Finchè c’è fitness, c’è vita

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L’editoriale

fabio Paparella

Ciao Lucio Un altro grande artista ci saluta per sempre. Un vero e proprio mito, un “maestro d’arte” che ha saputo unire ed emozionare generazioni lontane a ritmo di musica eterogenea. Nessuno avrebbe immaginato questo triste finale per il cantante bolognese, sempre energico e curioso come un bambino, profondo come il mare in cui ci ha immerso attraverso le sue note che, per paradosso, non sapeva leggere né scrivere. Non ce lo immaginavamo neanche noi che eravamo già pronti ad ospitare una sua intervista, per questo numero. Solo poche settimane fa era stato ospitato ad Andria, per tenere una “lezione di musica” ai giovani, presso l’ Oratorio Salesiano. Tra i presenti c’era anche la nostra brava Annalisa che non si era fatta trovare impreparata, riuscendo a concordare una intervista per il numero di marzo. Sarebbe stata una intervista atipica, sicuramente non banale, almeno nei nostri intenti. In redazione avevamo deciso che “se si ha Lucio Dalla per le mani non si può certo chiedergli solo dell’utimo disco e delle solite menate sulla musica...”. L’intervista sarebbe stata inerente al tema portante del numero di marzo: le teconologie dell’informazione e le smart cities, oltre al “passaggio d’obbligo” sulle trivellazioni in Adriatico, per cui Dalla si era schierato in prima linea. Era naturale che fosse così, era naturale che si ponessero queste domande ad un cantautore sempre così acuto e lungimirante. Al cantante di “Futura” avremmo chiesto la sua opinione sulle città moderne e sul rispetto dell’ambiente da parte dell’uomo. Avremmo voluto capire come mai, a distanza di più di trent’ anni da “Il motore del duemila”, il disagio giovanile in Italia è ancora così marcato, senza dimenticare il suo legame con la Puglia e i ricordi di infanzia tra Manfredonia e le IsoleTremiti. Ma alla fine non è andata così, niente intervista, non c’è stato il tempo. Anche stavolta, sei andato avanti, forse troppo in avanti, più di quanto gli altri potessero immaginare. Ciao Lucio, e grazie per quello che ci hai donato, questo sì, sarà eterno.

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La Puglia vista da

antonio stornaiolo

Berlinguer ti voglio bene

Con queste patetiche ammucchiate ad angolo giro, c’è il rischio concreto che da qui a qualche mese spariscano per sempre dottrine e movimenti politici. La Destra è già a pezzi, ma anche la Sinistra rischia grosso. Ci pensate? Un Paese senza la Sinistra, senza i suoi simboli, i suoi segni, le sue suggestioni. A scanso di ogni rischio, ne ricordo qualcuno affinchè possa essere serbato a futura memoria. Ciclostile - utile macchina tipografica per stampare volantini e già esistente prima del Carroccio di Umberto Bossi; per usarla, non si doveva pedalare perché non era un mezzo di trasporto. Come del resto non lo è il Carroccio, che dopo tanti anni non ha portato l’Italia da nessuna parte. Eskimo - come un biglietto da visita, ma con la pelliccia dentro. Faceva pandant con la barba lunga ed il pugno chiuso. Molotov - rivoluzionaria invenzione per incendiare le idee. Col senno di poi, possiamo affermare che sia stata sempre meglio degli spot e dei reality in tv di oggi, che invece le idee le annacquano e le annegano nella mediocrità. Lotta di classe - faticosa manfrina ideologica messa su per evitare di usare continuamente il termine “invidia”. Autogestione - ovvero come fumare a scuola e fare l’amore in classe senza l’ansia di dover tornare a casa per l’ora di pranzo. Militanza – Vedi sopra. Il bisogno esagerato di unirsi fisicamente a qualcun altro con la scusa di un ideale politico. Nella Citroen Dyane, col sedile davanti unico, veniva benissimo. “Cioè… capisci?” – frase retorica del bel tempo che fu per chiarire e giustificare qualsiasi concetto per quanto astruso. Autocritica - pubblica ammissione di colpa spesso resa per restare a capo della segreteria del partito o della sezione locale. L’Unità – organo di partito capace di passare dagli editoriali di Antonio Gramsci alla ristampa delle figurine Panini. Pci - computer di colore rosso costruito con una falce ed un martello. Rivoluzione culturale – il modo migliore per passare dal sessantotto al sessantanove senza sensi di colpa. Potrei continuare, ma lo spazio è terminato. Mi aspetto però che qualcuno mi risponda ricordandomi i must della Destra. Ciao a Tutti. www.antoniostornaiolo.it

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s torie Un futuro intelligente per la Puglia

Giocare ora la partita del

FUTURO

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s torie Innovazione, Ict, smart cities, banda larga, basso consumo energetico, sono sole alcune delle parole chiavi di una importante e decisa sfida che le Comunità locali devo venicere nei prossimi mesi per assicurarsi un florido avvenire Le chiamano Ict, acronimo anglosassone di Information and comunication technology che in italiano diventa “tecnologia dell’informazione e della comunicazione”, ovvero l’insieme dei metodi e delle tecnologie che realizzano i sistemi di trasmissione, ricezione ed elaborazione di informazioni. Come a dire: tutto! Oggi, in effetti, le tecnologie digitali stanno prendendo piede sempre più; le aziende, anche quelle più piccole, non riescono a fare a meno di un computer e una connessione alla rete e dall’altra parte del cavo ci lavorano una quantità notevole di uomini che studiano, ricercano ed elaborano apparecchi digitali, programmi software -e chi più ne ha, più ne metta- che sono ormai indispensabili strumenti del lavoro quotidiano. Pensate alle mail o ai programmi di gestione del personale, o piuttosto delle merci in magazzino o ancora a dei sistemi per ecommerce. Questo, non è più il futuro ma il presente. In questa direzione molto si è fatto e si sta facendo anche qui in Puglia. Diverse le aziende del settore da queste parti. Difficile a credersi, almeno per i più, ma la Puglia è una regione evoluta in campo di tecnologie informatiche. Qui ci sono diverse aziende che investono e ricercano; diverse “piccole cellule” del sapere globale della moderna Società della comunicazione che producono tecnologia che viene anche apprezzata ed importata da imprese estere. Nei primi nove mesi del 2011 la “Puglia tecnologica” ha esportato prodotti per 39,7milioni di euro. Sbalorditivo! Gran parte di questa tecnologia si produce in provincia di Bari che ha esportato circa 20milioni di euro in prodotti, seguono Taranto con quasi 9,5milioni e Lecce con 1,4milioni. Del resto, se lo Smau già da quattro anni fa tappa a Bari... D’altro canto ad un privato profondamente impegnato, corrisponde una Istituzione altrettanto concentrata sull’obiettivo. La Regione Puglia sta investendo molto in questo settore, sfornando bandi che incentivino le aziende. Dati alla mano, risulta che negli ultimi mesi l’assessorato regionale allo Sviluppo economico ha prodotto quattro bandi da 30,6 milioni di euro complessivi tanto da far affermare all’Assessore Capone che: «con la programmazione dei fondi strutturali 2007-2013 siamo balzati ai primi posti della classifica nazionale per risorse indirizzate a spesa in Ricerca e Sviluppo». La Regione infatti ha destinato in questo settore oltre un miliardo e sette di euro attraverso

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azioni trasversali che coinvolgessero tutti i comparti economici avendo come priorità questioni come la banda larga, le reti di nuova generazione o i data center. Insomma, molto si è fatto e si sta facendo, ma ancora tanto ci aspetta. Pensate alle Smart cities. Le città sostenibili, ovvero, le città che si impegnano, partecipando a bandi europei, ad incrementare l’efficenza energetica di edifici, reti energetiche e a sviluppare sistemi di trasporto sostenibili al fine di ridurre del 40% le emissioni di gas serra. Il bando è riservato a città di media dimensione, fra i centomila e seicentomila abitanti. Ebbene, a questo bando vi hanno partecipato solo 5 città italiane e una regione; di queste solo Bari nel Sud Italia isole escluse. Una occasione persa anche per le altre città del Mezzogiorno ed in particolare per la Puglia che da tempo fa vanto di essere una regione “green”. In questa fascia di popolazione abbiamo oltre al capoluogo, Taranto, Foggia e Andria. Certo, il numero di abitanti è solo un punto di partenza, è solo la cornice intorno al quale dipingere il complesso quadro. Per capirne di più ci può tornare utile uno studio dell’Università di Vienna che nel 2007 ha codificato i parametri per determinare l’intelligenza di una città e ne è derivata una vera e propria classifica con settanta elette (www.smart-cities.eu). Fondamentalmente sono sei i parametri di identificazione e misura delle smart cities analizzati nel rapporto European Smart Cities dell’Università austriaca in collaborazione con quelle di Lubiana e Delf ovvero: mobility (spostamenti agevoli, trasporto pubblico innovativo e a basso impatto ambientale), environment (riduzione dei rifiuti e dei gas serra e raccolta differenziata), people (consapevolezza e partecipazione alla vita pubblica), living (rispetto della storia e dell’identità della città), governance (visione strategica del proprio sviluppo), economy (spirito imprenditoriale innovitativo). È evidente che l’impresa non è semplice ma, ne va del futuro delle prossime generazioni e il capoluogo pugliese è chiamato ad una sfida cruciale. Al momento solo quattro sono le città italiane presenti nella classifica (Trento, Trieste, Ancona e Perugia) e quindi riuscire ad entrare in questa classifica sarebbe un fatto di assoluto prestigio con l’auspicio che al prossimo bando vi partecipino alre pugliesi. Avanti senza esitare! Fabio Paparella RIPRODUZIONE RISERVATA

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La città del domani

a misura d’uomo e sostenibile I progetti Smart cities sono più che una idea. Alcune città si stanno già muovendo per intercettare i fondi europei disponibili per l’innovazione sostenibile e “furba” degli anni a venire Intercettare le esigenze e i bisogni dei cittadini in tempo reale attraverso una continua opera di monitoraggio anche automatico e digitale, tradurre questi dati in input ed informazioni per rispondere in tempi rapidi e puntuali attraverso un adeguamento del servizio e dei consumi. Una città digitale e tecnologica che, partendo dai cittadini, ritorna a loro in maniera “furba” (smart) ed immediata. Questo è il principio alla base delle città di domani. Una città tecnologica, dove il rapporto con l’amministrazione viene smaterializzato e, soprattutto, sburocratizzato, dove i servizi vengono erogati in tempo reale (si pensi alla certificazione, alla posta certificata), dove i cittadini non devono attendere tempi biblici per una reazione dell’amministrazione. Oggi si fa un gran parlare di smart city, ma poi quando si arriva al dunque si fatica a capire concretamente che cosa intendiamo e quali sono gli elementi che caratterizzano l’idea di una città intelligente. Sostanzialmente le due linee guida verso cui si intendono muovere le smart cities sono due. Da una parte energetico-ambientale. Non soltanto efficienza energetica, ma anche funzionalità e razionalizzazione delle risorse. La seconda è il diretto coinvolgimento dei cittadini alla città ed al suo sviluppo economico. In una smart city l’approccio a tutti questi elementi deve essere di tipo sistemico. Tradotto in parole più semplici i progetti smart city si propongono di considerare con maggiore attenzione aspetti legati all’energia e all’ambiente - efficienza energetica negli edifici, introduzione delle rinnovabili, illuminazione pubblica, monitoraggio dell’impatto ambientale sulla qualità dell’aria, mobilità - e tematiche relative alla partecipazione sociale - sistemi per la comunicazione con l’utente – in maniera integrata. L’idea alla base della riorganizzazione di una città in maniera “intelligente” è quella di utilizzare sempre più “risorse on demand”, cioè fornire il servizio al cittadino che lo richiede soltanto nel momento in cui davvero qualcuno ne avesse bisogno. Non si può, quindi, non partire dalla fase di raccolta di quante più informazioni possibili in tempo reale. In pratica, si trat-

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ta di costituire un’unica rete che crea lo scheletro digitale della città. A cosa deve servire questa rete? Sulla pubblica illuminazione può servire per esempio a regolare l’intensità a seconda della presenza o meno di cittadini e di veicoli. Lo stesso sensore può misurare la quantità di traffico ed interagire con i semafori e la viabilità, nonché inviare infomobilità ai cittadini stessi. Un’altra applicazione possibile riguarda la qualità ambientale e la qualità dell’aria, dati in merito possono essere estrapolati collocando dei sensori sugli autobus cittadini. E ancora questo sistema può essere applicato alla rete degli edifici cittadini, residenziali e del terziario, per monitorare i consumi: infatti oggigiorno la maggior parte dell’energia utilizzata in una città

viene dispersa perché gli edifici non sono gestiti in maniera efficiente. Questo progetto di smart city al momento è ancora, va detto, allo stato embrionale e di studio dei costi. La “capitale” di queste città è senza dubbio Amsterdam, dove la rete di sensori è già attiva e raccoglie dati con efficacia, dando risposte in tempo reale soprattutto sulla mobilità dei cittadini e dei veicoli. A livello europeo esiste un network, chiamato European Industrial Initiative, che coinvolge città che si stanno riorganizzando internamente in questo senso: in Italia, ci sono quattro città (Genova, Bari, Torino e Parma) che si stanno organizzando innanzitutto per creare accordi e progetti di settore. Intanto si stanno siglando in questi mesi importanti accordi con filieil magazine dell’eccellenza pugliese

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il numero di abitanti minimo per essere “Città di media dimensione”

70% del consumo energetico UE avviene in città

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di emissioni Gas serra è l’obiettivo per i Comuni “smart”

re industriali ed enti di ricerca. L’Enea ha creato un network italiano di università e centri di ricerca che lavorano insieme nel progetto europeo Eera Smart Cities. Il progetto prevede la definizione di una road map, per arrivare proprio a mettere insieme queste reti, unificandole anche fisicamente. Da ultimo va detto che costruire una smart city richiede grossi investimenti ed una altrettanto grossa capacità di adattamento delle tecnologie, cosa non facile e non semplice da creare. Intanto si sta iniziando dalle abitazioni. Costruire case intelligenti dal punto di vista energetico significa immaginare, anche in embrione, la propria smart city del futuro. Roberto Mastrangelo RIPRODUZIONE RISERVATA

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I progetti smart city presentati in Italia (Genova, Torino, Bari, Milano, Palermo e Sardegna)

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fatti furba… Come Smart City, ahimè, Bari batte la fiacca. Mentre Genova si è già aggiudicata sei golosissimi milioni di euro per tre progetti sulla mobilità e il risparmio energetico (facendo fuori anche Torino, va detto), Bari è in grave ritardo. Tutto è ancora sulla carta, che rischia di diventare straccia se l’Amministrazione non dovesse riuscire in tempo utile a presentare i progetti per i famosi tre 20 entro il 2020: meno 20% di emissioni di Co2, più 20% di utilizzo di fonti rinnovabili, più 20% di risparmio energetico. In tutta Europa sono a disposizione ben 15 miliardi di euro, una bella torta anche se dovesse essere divisa fra almeno 25 città. Sappiamo per certo che Bari non ha ancora partecipato a nessuno dei bandi pubblicati a tutt’oggi e che i prossimi stanno per uscire. Ma l’approssimazione e anche la confusione regnano sovrani a Palazzo di città, forse a causa dei lavori di restauro del vicino teatro Piccinni che non pochi disagi stanno creando anche agli stessi impiegati comunali, condomini forzati. Di certo sappiamo che lo scorso anno, a marzo, Enel e Comune di Bari hanno stretto una convenzione per procedere all’istallazione di centraline per la ricarica delle auto elettriche. Il tutto in vista della produzione di auto elettriche o a ciclo misto e combinato. Ma non si è andati molto oltre la firma delle “carte”, mentre è proprio di questi giorni che una delle industrie che avrebbe dovuto costruire taxi a trazione mista (elettrica-metano) ha rinunciato ad aprire, gettando fra l’altro nello sconcerto, centinaia di lavoratori ex dipendenti Kion, cui erano destinati i nuovi posti di lavoro. E pensare che nel piano strategico per Metropoli Terra di Bari sono presenti 78 suggestivi progetti che potrebbero essere tutti potenzialmente finanziati. Mentre la città non riesce a darsi il nuovo regolamento edilizio, nel quale i risparmio energetico e l’ecosostenibilità diventano indispensabili per ottenere la licenza a costruire. Potrebbe essere fondamentale per attirare gli investimenti dei privati, ma è ancora solo carta. E vista la non terribilissima concorrenza nazionale (Bari compete insieme a Genova, Torino, Catania, Milano e Palermo), alla città di San Nicola converrebbe proprio farsi furba e dare slancio una gran tocco di qualità della vita dei suoi cittadini diventando, a tutti gli effetti, una Smart City. Fortunata Dell’Orzo

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Le Smart cities italiane poche ma buone ed agguerrite Risparmio energetico e mobilità sostenibile sono i due capisaldi delle politiche positive delle città italiane che puntano a rientrare nel novero delle “città fuerbe”. Coniugare ecologia ed economia, con formule specifiche studiate per ogni singolo territorio Diverse aree italiane si stanno muovendo per cercare di rientrare nel progetto smart city. Ma si tratta davvero di soluzioni che siano in grado di coniugare ecologia ed economia, e non piuttosto un miraggio per le magre casse comunali, con la promessa di chissà quali fondi per chissà quali fumosi progetti. Ogni città è chiamata a mettere a punto la sua formula specifica e già Milano, Bari, Torino, Genova, Palermo e Catania, oltre all’intera regione Sardegna hanno presentato la propria candidatura. Vediamo analiticamente come viene affrontata la questione smart city nelle singole città italiane. Milano e provincia hanno annunciato di voler puntare ai bandi riguardanti i temi dell’efficienza energetica, dei trasporti e della pianificazione, coinvolgendo tutta la cittadinanza. Si conta di selezionare e valutare le migliori proposte nel segno della competenza e dell’innovazione. L’iniziativa che Bari ha presentato all’ultima Fiera del Levante riguarda un Piano

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dell’energia sostenibile e l’indicazione delle linee guida. Bari si presenterà ai bandi europei come interlocutore diretto pur nell’ambito di un’associazione a tal fine costituita su base territoriale. Sono previsti 78 interventi che riguarderanno edifici pubblici e privati, mobilità sostenibile ed elettrica, gestione ottimale dell’acqua e dei rifiuti, creazione di reti intelligenti. Il progetto di smart city disegnato dalla città di Torino si avvale dell’apporto del Politecnico di Torino e della partnership di Telecom Italia, che individuerà soluzioni nei due ambiti centrali del progetto: la riqualificazione energetica delle abitazioni e la mobilità sostenibile. Ambito privilegiato di sviluppo saranno le reti a banda larga di nuova generazione, capaci di fornire un supporto tecnologico per lo sviluppo di progetti innovativi e di nuovi servizi digitali per imprese, istituzioni e cittadini. Chi ha già avuto finanziamenti e realizzato già azioni concrete nell’ottica “smart” è Genova, che ha già alle spalle azioni con-

crete portate a segno grazie alla conquista di finanziamenti: l’illuminazione del waterfront portuale e dell’acquario, gli edifici scolastici intelligenti, la ristrutturazione sostenibile di 250 edifici scolastici, dei musei e degli edifici pubblici ripagabili con il risparmio energetico, il Piano di Azione sulla Sostenibilità e per l’Energia, il Peap, Piano di Azione Portuale per l’Energia prodotto dall’Autorità portuale. La Regione Sardegna si pone, infine, come supporto ai comuni per la realizzazione di una serie di azioni concrete, quali un protocollo d’intesa per trasformare Porto Torres nel primo polo europeo della chimica verde; un progetto smart city per i comuni di classe A e un bando rivolto a selezionare 20 comuni da accompagnare nella realizzazione dei loro Piani d’azione per l’energia sostenibile (Paes), e lo stanziamento, a tal proposito, di 39 milioni di euro. Roberto Mastrangelo RIPRODUZIONE RISERVATA

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Taiwan Tower, il monumento per un futuro sostenibile L’architetto Sou Fujimoto ha vinto il primo premio per il concorso internazionale di progettazione della Taiwan Tower. Il titolo rende bene l’idea del concept che accompagna tutto il progetto 21st Century Oasis; il nuovo grattacielo aspira infatti ad essere un vero e proprio monumento per le future generazioni basato sulla sostenibilità. L’architetto giapponese ha deciso di portare avanti un parallelo con la Torre Eiffel, come rappresentazione del ventesimo secolo. Il progetto si basa su due elementi fondamentali, una grande struttura di sostegno e il tetto-giardino posizionato all’ultimo piano ispirandosi ad tipico albero di Taiwan che ha la parte di vegetazione nella sua sommità. Il tetto-giardino, che rappresenta l’unica funzione reale presente nell’edificio, si trova a 300 metri di altezza e viene sorretto dalla complicata struttura di pilastri. L’edificio è completamente sostenibile se si considera che sono previsti pannelli fotovoltaici, elementi di microeolico ed un sistema per il riutilizzo delle acque piovane.

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s torie Il nuovo padiglione della Fiera del Levante lo scorso febbraio dedicato alla Smau Bussines. (foto consessae da Smau Bussines)

L’Ict è di casa in Puglia Opportunità ed innovazione. Confronto e dialogo. Tanti sono i motivi per cui le aziende Ict hanno voluto essere presenti all’edizione 2012 dello Smau di Bari. Abbiamo ascoltato alcune imprese per voi. Ancora una edizione positiva per lo Smau a Bari. La nota rassegna dell’innovazione e comunicazione ha offerto, come ogni anno, la possibilità ad addetti del settore di prendere contatti fra aziende, conoscere potenziali fornitori o clienti, esplorare i confini tecnologici prima che le novità diventino consuete attrezzature xxxx. I tremila visitatori hanno potuto consocere una nutrita pattuglia di aziende pugliesi. La Asernet, impresa foggiana specializ-

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zata in comunicazione e marketing digitale non è alla sua prima esperienza Smau. Ci spiega infatti Michele Dell’Edera, uno dei soci, che l’anno scorso hanno seguito tutto il tour Smau ritenendolo una opportunità molto interessante. L’azienda foggiana quest’anno è presente in Fiera con zeroventiquattro, un quotidiano on line del bussines e dell’innovazione. Ormai l’Ict è ovunque, soprattutto nell’impresa moderna. Secondo Dell’e-

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s torie dera «la situazione pugliese è molto interessante. La Regione ha investito molto e c’è tanto mercato. Questo vuol dire che per questo settore c’è tanto da fare il che è sicuramente positivo». Più cauto è Raffaele Ficco, il titolare della E-Labora, azienda barese che da dieci anni si occupa del mondo a “tre w”. Secondo Ficco la situazione è un po’ più «tragica! Il background aziendale spesso è in mano ai “vecchi” mentre i giovani non hanno le capacità imprenditoriali». Per loro è il primo anno alla fiera dell’innovazione e hanno avuto diverse richieste, per easymobile, un vero e proprio “kit fai da te” per portare il proprio sito su mobiledevice come smartphone o tablet. «Con questo prodotto- dice Raffaele Ficco - avere un sito per apparecchi mobili è facile, tutto in tre passi. Il valore aggiunto è che non hai un sito statico, i cosidetti “siti vetrina”, ma è aggiornabile in qualsiasi momento. Il tutto con una spesa contenuta. (soli 400 euro n.d.r.)». Chi punta sull’innovazione e sulla capacità delle idee di farsi strada sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che verso i privati è Dario Pincione, titolare della Ethica System, azienda di It Consulting di Capurso. Per loro la vetrina barese è stata l’opportunità per mostrare al grande pubblico, ed ai potenziali partner, il nuovo progetto di elaborazione dati “intelligente”. «Abbiamo immaginato – ci racconta - un approccio basato su soluzioni informatiche innovative che sia in grado di fare emergere il valore che

le aziende possiedono». Primo tra tutti i dati su clienti e partner, ma anche dati che, aggregati e sapientemente disaggregati dal software QlickView, possono permettere una notevole ottimizzazione dei processi decisionali e di intervento. «Si pensi alla possibilità, ad esempio – ci racconta – per le Asl di venire a conoscenza in tempo reale della durata dei ricoveri, dei tempi per una diagnosi, alla gestione delle code di attesa dei pazienti o delle utenze, e così via». Una necessità, quella di interagire tra le aziende, e fare gruppo per puntare alla fi-

In primo piano nella pagina di sinistra: Raffaele Fico di E-Labora; sotto Michele Dell’Edera della Asernet; Qui sopra, invece, Dario Pincione di Ethica System nel proprio stand durante la due giorni barese.

UNO SCANNER TASCABILE... PER TUTTE LE TASCHE! Tra le curiosità presenti allo Smau uno scanner portatile. È della Fujitsu e si chiama Scan Snap S1100. Lo scanner giapponese e distribuito in Italia dalla Pfu imaging solutions Spa e attira l’attenzione dei visitatori pur non essendo una novità assoluta. Grande quanto una torcia (lungo circa 27 cm, alto 4 e profondo 3cm) pesa solo 350 grammi. Si alimenta con porta Usb e quindi non ha bisogno di prese di corrente, basta solo un computer. Può acquisire documenti di diverse dimensioni dal bigliettino da visita ai classici fogli formato A4 e volendo, anche gli A3. Un’attrezzo utile per chi lavora un po’ ovunque.

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delizzazione dei clienti, che ha portato a Bari la Leader Mobile. Abbiamo parlato con Luigi Tangorra, Sales Manager per la Puglia, che ci ha raccontato come sia diventato fondamentale individuare i punti di forza di una struttura per poter arrivare alla fidelizzazione della clientela. «Noi lavoriamo proprio su questi aspetti, rivolgendoci a tutte le aziende, non soltanto di prodotto, ma anche di servizi ed Itc – ci spiega – attraverso i nostri servizi è possibile mettere in pratica una serie di attività che, oggi, sul grande mercato stanno prendendo sempre più piede. Bisogna lavorare sul valore aggiunto di una proposta commerciale, sulla capacità di fare sistema, e soprattutto sulla possibilità di utilizzare la tecnologia per creare nuove e più personalizzate forme di fidelizzazione». In che senso? «Tutti abbiamo il telefonino. Si può pensare a sostituire le vecchie tessere fedeltà dei supermercati con punti “virtuali” da caricare e scaricare tramite cellulare, per esempio, o vantaggi che possono essere acquisiti in tempo reale nel circuito di aziende nostre partner». La speranza per tutti è che, nonostante la crisi economica che attanaglia il paese, le imprese comprendano l’effettiva potenzialità delle novità tecnologiche e i benefici che ne deriverebbero da un loro utilizzo. In molti casi ,purtroppo, siamo ben lontani dalla Società della Comunicazione pure essendo nel terzo Millennio. Fabio Paparella Roberto Mastrangelo

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La Puglia tecnologica vince Quattro su sei premiati sono pugliesi; è l’ennesimo riconoscimento alla “Puglia operosa” che convince i mercati e che intanto è prima per indice di copertura a banda larga

Durante lo scorso Smau Business sono stati premiati dalla Vicepresidente e Assessore allo Sviluppo economico Loredana Capone - che ha anche inaugurato l’evento barese – i quattro progetti pugliesi vincitori del Premio Innovazione Ict Puglia. Le aziende vincitrici sono un’azienda pubblica, l’Asl di Bari e tre imprese private: la De Carlo infissi di Mottola (Taranto), Romano (Meltin’Pot) di Matino (Lecce) e Tatò Paride di Barletta (BAT). Dopo i tre premi nazionali ricevuti dalla Puglia a Smau Milano nell’ottobre scorso, questa ulteriore vittoria conferma l’importante ruolo nazionale ricoperto dalla Puglia nell’innovazione. E infatti sui 17 finalisti, scelti tra 101 progetti, sono 12 i pugliesi e, tra questi, 4 i vincitori provenienti dalla Puglia sui 6 totali. “Vogliamo che le nuove tecnologie aumentino il benessere delle persone e rendano più facile la loro vita”, ha detto la vicepresidente prima del taglio del nastro. “Le nostre politiche coniugano, in un unico disegno strategico, banda larga, ricerca e servizi. Oggi la Puglia è la prima Regione in Italia per indice di copertura: con il 98% della popolazione servita da banda larga. Per investimenti in ricerca siamo tra le prime regioni in Italia, ma adesso vogliamo puntare sui servizi. Le nostre future politiche regionali sono dedicate al ‘living labs’, un approccio nuovo,

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Da sinistra verso destra: Lino Renna, amministratore delle due società che hanno sviluppato il progetto di Digital Health della Asl di Bari: Digital5 e Biotecho premiato dall’Assessore regionale allo sviluppo economico Loredana Capone; A fianco Pierantonio Macola, Amministratore delegato Smau e Gianni Dirienzo dirigente Medico della Asl di Bari

con interventi per 15milioni di euro totali, nel quale per la prima volta gli utilizzatori finali collaborano direttamente con le imprese e i centri di ricerca alla creazione del progetto, evidenziando da subito le loro esigenze. Riteniamo che questa sia la strada giusta per creare un ambiente finalizzato al benessere dell’uomo in città davvero intelligenti”. L’Azienda sanitaria Locale di Bari ha vinto grazie ad una applicazione sviluppata da Digital5 e Biotecho per la digitalizzazione della comunicazione che consente la consegna direttamente a casa del paziente, attraverso digitale terrestre o in mobilità tramite device, di referti, analisi e dosaggi dei farmaci comportanto una riduzione degli spostamenti che soprattuto per anziani è problematica, nonchè, una riduzione dei tempi di consegna dei referti. La sperimentazione è avvenuta su 11 cittadini di Poggiorsini e ci si augura che presto sia a disposizione di tutta la provincia. La De Carlo infissi, azienda di Mottola, ha invece vinto grazie ad un nuovo sisitema di comunicazione più affidabile il magazine dell’eccellenza pugliese

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s torie e sicuro che consentisse una maggiore collaborazione fra le sedi periferiche. Il progetto sviluppato da Security Architect, consente l’erogazione di servizi riducendo il supporto tecnico e quindi tempi e costi. Rimanendo nel tacco d’Italia, troviamo un’altra azienda “innovatrice”, è la ROmano di Matino in provinca di Lecce. L’azienda nota ai più col marchio Meltin’Pot presente nei principali stati europei, ha voluto razionalizzare la propria infrastruttura hardware per aumentarne le capacità elaborative e lo ha fatto attraverso la H.S. System che ha sviluppato una architettura It gestita con tecnologia Cloud che ha consentito alla jeanseria leccese di eliminare i 15 server fisici con un Ibm BladeCenter H. Un sistema virtuale che consente enorme flessibilità e ha ampi margini di implementazione. Salendo un po’ più a nord nella regione, arriviamo a Barletta, dove la Tatò Paride è da oltre un secolo nel settore della distribuzione. L’obiettivo dell’azienda barlettana è stato quello di snellire i processi logistici del nuovo centro di distribuzione di oltre 30mila metriquadri a Molfetta attraverso il Voice Picking. Il

nuovo sistemaha consentito di espletare le procedure di magazzino per l’evasione degli ordini attraverso comandi vocali. I benefici derivanti da questo progetto sono evidenti: 15milion di colli evasi in modalità vocale all’anno, 160 colli all’ora, il tutto svolto da 30 operatori. Pur avendo un progetto interessante, non ha vinto, invece, un’altra azienda pugliese finalista, le Cantine Tormaresca. L’azienda ha due tenute in Puglia, distanti fra loro (Minervino Murge e San Pietro Vernotico) e ha ritenuto opportuno far sviluppare un sistema di gestione delle presenze e di elaborazione paghe integrati con terminali di rilevazione in tecnologia Rfid (Identificazione a radio frequenza) e Gsm. Il software consente quindi a distanza di rilevare le presenze in tempo reale e quindi calcolare correttamente le ore/ uomo dedicate alle singole attività. Fabio Paparella Isabella Battista

CANTINE TORMARESCA L’azienda Tormaresca a San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, dove, ha da poco realizzato un nuovo stabilimento attrezzato con avanzatissimi sistemi per lo stoccaggio dell’uva, per la sua lavorazione, per la produzione e per l’imbottigliamento del vino. Oggi, per i suoi pregiati vini prodotti in Puglia, le Cantine Tormaresca risultano tra le 100 cantine più importanti al mondo. Grazie a circa 200 dipendenti, Tormaresca ha raggiunto un fatturato 2010 di circa 7 milioni di euro.

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Tremila assetati di tecnologia

Tablet, social media e cloud computing: ecco le novitò che hanno consolidato il successo dello Smau Bussines. Esperti e curiosi si sono affolato alla Fiera nella due giorni tecnologica La quarta edizione Smau Business, anche quest’anno, è stata ospitata a Bari, nella Fiera del Levante dove, per due giorni, sono state presentate le tecnologie emergenti digitali per il business. Oltre tremila visitatori hanno varcato il Nuovo Padiglione per conoscere le eccellenze tecnologiche: tablet, cloud computing, sistemi di comunicazione avanzati, social media, soluzioni di stampa digitale, creati da Office 365 di Microsoft, Acg Vision4 di IBM, Cisco, Tooway, Fujitsu, Sap, Zucchetti e Teamsystem. L’ edizione di Smau Bari ha dedicato due premi alle eccellenze pugliesi del settore: il Premio Innovazione ICT Puglia, consegnato a sei aziende e pubbliche amministrazioni del Sud Italia, tra cui De Carlo Infissi, Romano, ASL di Bari, Meridiana Fly, Amaro Lucano e Tatò Paride e lo Smau Mob App Awards, che ha premiato le più innovative apps per smartphone e tablet. febbraio duemiladodici

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Nella categoria consumer, invece, si è distinta Mobinext, di Matera con App Gratis, mentre Geocollaboration di Exprivia in quella del business. L’attenzione è stata rivolta, anche, ai giovani imprenditori dell’Area dei Percorsi dell’ Innovazione e alla città di Bari, in tema di Smart City, che ha visto la partecipazione di Michele Emiliano, Sindaco di Bari,Marco Lacarra, assessore all’edilizia del Comune di Bari e Giancarlo Capitani, Presidente Net Consulting. Tra le imprese, sono intervenuti Cristina Farioli, Direttore Sviluppo e Innovazione IBM Italia, Anna Brogi,Responsabile Qualità Sicurezza Ambiente, Divisione Infrastrutture e Reti di Enel Distribuzione Luciano Cassani,Sales Business Development Manager Cisco Systems, Public Sector Segment EMEAR moderati da Federico Pedrocchi, Giornalista Radio 24. Annalisa Tatarella

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Ecco il lavoro che c’è n uno scenario fortemente conflittuale dove sempre piu le posizioni tra imprese e lavoratori si allargano sembra strano che ci sia spazio per delle opportunita’ concrete, ma l’avevamo promesso ed ecco che da questo mese cominciamo a parlare del lavoro che c’e’. Se potessimo fare una sintesi delle ultime settimane dovremmo dire che l’attenzione di giornali e tv si è concentrata per i temi del lavoro sull’abolizione dell’articolo 18 e retribuzioni troppo basse rispetto ai colleghi europei. L’abolizione dell’articolo 18 rappresenta ormai più che altro una battaglia di principio tra le parti, in quanto in molti casi lo scoglio in azienda è superabile, è questo tecnici e consulenti del lavoro lo sanno. Le retribuzione troppo basse invece sono la vera spina nel fianco del lavoro subordinato ccnl, molto spesso le aziende con questo sistema di retribuzione pagano il tempo di permanenza in azienda del loro dipendente ma non la qualità del lavoro che svolge. Risulta evidente quindi come accennato in premessa che le aspettative di chi fa impresa sono molto lontane e diverse da chi cerca l’occupazione della propria vita. Gli imprenditori sono molto battaglieri su questo punto, in quanto ad oggi non esiste un modello che tutela il risultato da raggiungere da parte del dipendente, ma solo una serie di regole, ormai desuete, che tutelano anche se solo parzialmente il dipendente, vedi ad esempio una paga minima, anche se bassa a prescindere da quello che viene fatto in azienda, una doppia retribuzione a giugno e dicembre (a fronte di cosa?). Non sarebbe meglio, allora, spostarlo sul merito lo stesso importo previsto, in maniera da premiare le persone abili, capaci e meritevoli, che fanno rimanere ancora aperte le aziende in un momento di crisi mondiale? Sono tutti temi ai quali e difficile dare risposta, e questo non è solo una provocazione, ma la realtà dello scenario del lavoro di oggi. Nonostante questi argomenti di scottante attualità, però bisogna essere tenaci, e guardare agli eventi sempre con occhio positivo. Nel mercato c’è spazio per l’intraprendenza e per chi non si perde in chiacchiere, ecco le due opportunità scelte questo mese per i lettori di Puglia in.

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Due consulenti commerciali da inserire nel proprio organico

Wide Comunication azienda operante a livello Italia nell’ambito dei servizi alle imprese, ricerca per Bari e Taranto 2 consulenti commerciali da inserire nel proprio organico. I candidati scelti si occuperanno dell’attività di consulenza prima e vendita poi di servizi di telecomunicazione avanzati. La cosa interessante è che Wide Comunication sottopone tutti i candidati non solo a iter di selezione qualificato che evidenzia subito abilità e potenziale, ma investe poi sulla risorsa scelta affinché, questa riesca nell’attività proposta e raggiunga gli obiettivi fissati. Dalle informazioni ricevute dalla direzione Wide emerge anche un buon piano di start-up con formazione personalizzata in aula e affiancamento ad un tutor esperto direttamente sul campo. La retribuzione è finalmente in questo caso commisurata alla crescente capacità di andare in autonomia, ad esempio è previsto anche un contributo fisso mensile al raggiungimento della certificazione delle proprie competenze all’interno dell’azienda + la parte variabile che risulta molto motivante. Questo fa si che la posizione a regime produce una retribuzione al di sopra della media. Ottimo, ecco un caso concreto di quello di cui si parlava poco fa. Le candidature sono aperte a tutti, potete inviare cv e fototessera all’indirizzo: widecomunicationbari@gmail.com e buona fortuna.

Un operatore di confezionamento

Per prestigiosa Azienda cliente operante nel settore chimico-farmaceutico, ricerchiamo:

ADDETTI AL CONFEZIONAMENTO Requisiti: diploma chimico biologico/ laurea chimica e tecnologia farmaceutica; pregressa esperienza nella mansione all’interno di aziende farmaceutiche. Orario: full time su turni Tipologia contrattuale: 1 mese con possibilità di proroga. Luogo di lavoro: Modugno Potete inviare curriculum e fototessera all’indirizzo bari@inforgroup.eu Come potete notare le proposte sono molto diverse fra loro per caratteristiche e competenze ma a voi la scelta finale sul destino professionale che volete. In bocca al lupo si dice in questi casi, ci ritroviamo il prossimo mese con altre opportunità e qualche dato in più sul mondo del lavoro. A presto dal vostro Specialist in Risorse Umane.

@ scrivete a: enzoielpo@bancamente.it Enzo Ielpo risponderà alle Vostre mail

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My tea cup, moda e design nel cuore di Bari Da poco più di un anno il concept stroe è un solido punto di riferimento per gli amanti del vintage e della moda creata su misura My Tea Cup è uno spazio aperto di moda, arte e design nel cuore di Bari, situato in via Dante 45. Punto d’incontro, di discussione e creazione di stili, il concept store inquadra nello style editing la sua mission principale. L’idea è di due giovani e intraprendenti professioniste nel settore della comunicazione e degli eventi, Flavia De Filippis e Stefania Ianniello. Fondato sul movimento e sulla continua evoluzione degli spazi e delle forme, My Tea Cup fa della instancabile voglia di sperimentare la sua forza, ospitando esposizioni temporanee di giovani artisti e designer emergenti del panorama europeo. Propone la formula del temporary IN shop per dare la possibilità ai giovani creativi di “esporsi e vendersi” per un tempo derminato in un contesto di sicuro impatto e di enorme visibilità, svelando una soluzione intelligente ed alternativa alla creazione e sostentamento di uno spazio di vendita permanente. Come è nata l’idea del vostro concept store e come potete definirlo? «L’idea del concept - risponde Flavia De Filippis - è nata un giorno d’estate, così un po’ per caso e sicuramente un po’ per destino. Parlando

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delle nostre passioni e delle nostre professionalità io e Stefania abbiamo deciso di unire il tutto dando vita a My Tea Cup». Che tipo di merceologia vendete? «Il nostro è un concept quindi all’interno dello spazio confluiscono brand di designer emergenti, accessori particolari per la casa, simpatiche e bizzarre idee regalo (le cover che hanno in esclusiva per iphone spopolano ovunque n.d.r.) e ancora...esposizioni temporanee e nostre creazioni a marchio My Tea Cup». So che girate per le capitali europee alla ricerca di oggetti di design davvero particolari. La ricerca è importante per voi? «In un contesto commerciale in cui quello di “far ricerca” è diventato un fregio e un modo di dire quasi di rito, per proiettare sulla propria attività e i prodotti che propone una luce di modernità, di nicchia e continuamente “up-to-date”, noi abbiamo dato vita, e continuiamo a gestire, My Tea Cup con una passione vera e sana per la ricerca mirata a spulciare in giro novità, per il captare tendenze, per riconoscere talenti. Ci vuole sensibilità, conoscenza del pubblico e dei mercati, curiosità e pazienza, oltre ad avere resistenza per le lunghe “scarpinate” con occhio sempre vigile e pronto a non farsi sfuggire nessuna delle stimolanti novità

in cui si ha l’occasione di imbattersi per le strade del mondo! Ci piace l’idea di proporre, attraverso il nostro marchio, una chiave di lettura dei diversi stimoli che il mondo ci fornisce per mezzo della moda e dell’arte, scovare personalità, prodotti, artisti e trend notevoli in realtà lontane fisicamente dalla nostra e importarle qui in città con l’obiettivo di regalare gli stessi stimoli e la stessa bellezza a chiunque interagisca col mondo My Tea Cup. Con questo spirito e con tanta passione non ci facciamo mai sfuggire l’occasione per un bel viaggetto: negli ultimi anni abbiamo prediletto il nord Europa per i nostri spostamenti ed in effetti in My Tea Cup è ben rintracciabile l’amore per città come Copenhagen o Stoccolma nei prodotti dal design pulito e ricercato che proponiamo all’interno dello store o per città come Berlino nelle proposte moda dal piglio underground, dal taglio geometrico e destrutturato. Il nostro concept store ha fatto da pioniere e portavoce qui a Bari per una moda di questo tipo e siamo molto fiere di constatare quanto stia prendendo piede e quanti altri colleghi si stiano instradando in una direzione di moda di questo tipo che era assolutamente impossibile da vedere e acquistare a Bari fino ad un anno fa!» Che esperienze avete avuto in precedenza? «Io ho studiato organizzazione di eventi ed ho il magazine dell’eccellenza pugliese

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s tyle In foto ( Fabio Ingegno) l’interno del concept store; DI fianco (da sisnistra) Flavia De Filippis e Stefania Ianniello.

Evviva il vintage UNA CASA NELLA TEIERA Una graziosa casa nera a forma di teiera, è questo il logo della “My tea cup”. L’idea del grafico Giuseppe Odd Santoro è stata subito accolta dalle due socie che cercavano qualcosa che “richiamasse la familiarità e l’impostazione piuttosto informale del nostro spazio e del nostro approccio non senza però l’estrema cura e attenzione”.

aperto precedentemente una boutique a Bari dove vendevo nuovo e vintage (il primo negozio in assoluto). Ho inoltre un blog seguitissimo: tenditrendy. com. Stefania invece ha studiato comunicazione ed organizzazione di eventi culturali a Roma e dopo diverse esperienze in questo settore ha dato vita al brand Fie Fie, con cui realizza accessori e borse unici e personalizzabili, in vendita anche da noi». Come ha accolto il pubblico barese la vostra iniziativa? «Benissimo, lo si vede dalle numerose recensioni che pubblicano su riviste e quotidiani e dall’enorme successo di pubblico ogni qual volta My Tea Cup pensa e propone un evento». Oltre all’abbigliamento e alla vendita di accessori realizzate anche degli eventi. Di che tipo? «Siamo riusciti a organizzare diversi appuntafebbraio duemiladodici

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menti: esposizioni temporanee di designer emergenti, eventi di moda, make up, mostre fotografiche. A novembre abbiamo avuto come ospite anche Carla Gozzi. Inoltre organizziamo anche corsi di fotografia, trucco e a breve ne lanceremo tanti altri». Come vi rapportate al mercato vintage? «Siamo sempre attente a mescolare le creazioni più innovative con elementi del passato, in particolar modo accessori e borse. Da noi si possono trovare spille Trifari, borse Chanel anni’60 e le mitiche Roberta». Ci sono progetti futuri? «Tantissimi, ma tutto rigorosamente top secret. Continuate a seguirci sulla nostra pagina facebook e sul nostro sito myteacup.it, divenuto anche ecommerce per tutte le nostre amiche italiane». Isabella Battista

Il termine vintage, che deriva dal francese “l’age du vin”, nel mondo della moda identifica un capo d’epoca che si è però rivalutato negli anni grazie alla sua originalità e alla sua irripetibilità negli anni a venire per stile, eleganza e innovazione. Un capo d’abbigliamento o un accessorio vintage si guadagna tale nome anche grazie al fatto che donne famose, come Audrey Hepburn, Grace Kelly e Jackie Kennedy, icone di moda ma non solo, l’abbiano indossato o portato, facendolo diventare un po’ il simbolo di riconoscimento del loro stile. Il vintage è entrato a tutti gli effetti a far parte della moda del momento e in tutti i negozi di abbigliamento troviamo capi e accessori prodotti seguendo lo stile, i materiali e i colori in uso dagli anni ‘20 agli anni ‘80. Occhiali da sole con lenti molto grandi, foulard, borse a tracolla o da portare a mano, cinture, bigiotteria, spille, cappelli e scarpe sono accessori in grado di completare il look dell’abbigliamento, con stile e personalità. Una passione contagiosa che riscopre le forme, i modelli e i colori passati. Amato da chi è sempre alla ricerca di cose originali, di pezzi unici per ricostruire e vivere in un mondo un po’ retrò, il vintage risulta essere uno stile di abbigliamento che oggi è apprezzato e indossato da persone di tutte le età. Questo grande ritorno della moda del passato affascina e conquista soprattutto le giovanissime, ma anche le signore mature, che possono così rinfrescare gli indumenti quasi dimenticati nell’armadio.

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Fashion week la sfida di Bari Dal 25 aprile al 5 maggio la prima settimana dedicata alla moda e all’arte

La città di Bari si candida a capitale della moda del sud e lancia una sfida ai commercianti baresi per realizzare Fashion Week, un’ intera settimana dedicata al mondo della moda e dell’arte, dal 27 aprile al 5 maggio, in via Argiro e via Sparano. L’ idea è stata lanciata dal Presidente della Circoscrizione San Nicola-Murat, Mario Ferorelli che venerdì due marzo, in conferenza stampa, con il Presidente della Provincia Francesco Schittulli, l’imprenditore e titolare di Promostudio, Luca Rutigliano, ha illustrato le idee, i vantaggi, gli strumenti e i costi dell’ intero progetto. L’obiettivo è rilanciare il commercio barese, offrire una opportunità di lavoro a tutti gli imprenditori e trasformare Bari in un vero e proprio punto di riferimento per la moda. L’iniziativa Fashion Week intende regalare un volto nuovo alla città di Bari, che da sempre si contraddistingue per la sua natura commerciale e per il gusto. Per rappresentare al meglio il progetto, la Circoscrizione San Nicola-Murat si è avvalsa della professionalità e della col-

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laborazione di Promostudio, l’agenzia di comunicazione di Luca Rutigliano che ha proposto la realizzazione di sette box in vetro affittati ed allestiti con arredamenti, abiti, accessori, gioielli, fiori e oggettistica dai negozianti aderenti all’iniziativa, l’installazione di schermi al plasma, maxi schermi e jumbo screen nelle principali vie della città per la proiezione di sfilate e documentari di moda e la realizzazione di palco, backstage, passerelle e platee per gli addetti ai lavori. Fashion week, patrocinata dalla Circoscrizione presediuta da Ferorelli e dalla Provincia di Bari, non si esaurirà solo in passerelle e vetrine; il progetto, infatti, vuole mixare il mondo della moda con quello dell’arte, del design e del cinema, proponendo una serie di eventi collaterali, tra cui proiezioni di film convenzionati legati alla moda, mostre d’arte, esposizioni di abiti d’epoca all’interno del teatro Petruzzelli, workshop di approfondimento su svariati temi culturali e artistici. Per realizzare le idee di Ferorelli e Rutigliano, però, occorre la partecipazione e

la fiducia dei commercianti baresi, pronti a scommettere nel progetto. E’ questo l’ appello che gli ideatori e gli organizzatori dell’ evento hanno rivolto agli imprenditori di grandi e piccole firme di Bari e provincia. L’obiettivo è alto quanto il prezzo: 100 mila euro, ma “la “vetrina” è un’importante occasione di crescita non solo per gli imprenditori, ma per l’intera città, sia sotto il profilo commerciale, che turistico e culturale”, ha detto Rutigliano. Della stessa opinione sono anche Mario Ferorelli ben intenzionato a regalare visibilità e lustro alla sua città e Francesco Schittulli che considera il progetto sinomino di promozione e crescita anche economica del territorio. Una grande passerella in tutti i sensi, dunque, al centro della città, che saluterà il pubblico con la “Notte Bianca della Moda” per scoprire il gusto e la creatività dei nostri imprenditori. Annalisa Tatarella

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L’Antica Masseria dell’Alta Murgia, da esempio a problema per lo Stato La struttura sequestrata alla malavita e inaugurata nella nuova gestione soltanto 8 mesi fa costa troppo ed è in perdita. Nonostante gli ordini e i contratti già firmati per tutto il 2012 Da simbolo della legalità a mancata opportunità. In soli otto mesi la parabola sembra già compiuta. Per l’Antica Masseria dell’Alta Murgia di Altamura, bene confiscato alla criminalità locale e gestito dallo Stato tramite l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati (Anbsc), l’anno scorso era stato affidato alla direzione dello chef Giancarlo Vissani. Adesso l’Agenzia vorrebbe cederlo alla Regione Puglia, non intendendo comunque più mantenerne la gestione, a causa degli alti costi e dei bassi rendimenti. E nel mentre sono partite le lettere di licenziamento per i 35 dipendenti della struttura. L’Antica Masseria, anche grazie ad un notevole ritorno mediatico, è (ma forse sarebbe meglio dire era) diventato un simbolo della legalità. Emblema di uno Stato capace di colpire i clan nel portafoglio e assumerne la gestione dei beni, con l’intenzione di dimostrare di essere capace a tenerli e a metterli a frutto. Per la grande struttura tra Altamura e Gravina è sin dall’inizio una scommessa ardua perché occorreva garantire i posti di lavoro e far quadrare i conti. Compito oggettivamente non facile, considerando che i costi sono molto elevati sia per le dimensioni della struttura che per il numero di dipendenti. E le ripercussioni si stanno vedendo. I dipendenti lamentano spettanze arretrate. Ed anche i fornitori lamentano pagamenti con notevole ritardo. Ma intanto i programmi dell’Anbsc sono cambiati. L’Agenzia - struttura collegata al Ministero dell’Interno - ha chiesto alla Regione Puglia di gestirlo perché fino ad oggi si è lavorato in perdita. Mentre per i dipendenti si prospetta la paura di un possibile licenziamento, i sindacati scendono sul piede di guerra, anche perché, pur essendo la gestione molto onerosa, c’è lavoro assicurato per i prossimi due anni. Anche Vissani, consulente dell’Ansbc, vuole proseguire questa sfida ed ha fatto sapere di essere intenzionato a proseguire in questa esperienza di valore non soltanto enogastronomico, ma soprattutto sociale ed etico. La Regione, che propone i progetti “Libera il bene”, sta esaminando la situazione ed ha dato grande disponibilità a trovare una soluzione. Anche il primo cittadino di Altamura Mario Stacca ha avanzato un possibile utilizzo a favore dell’Istituto Al-

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berghiero cittadino (proposta che sarebbe ben accolta anche da alcune formazioni politiche di Altamura). Ma, a prescindere dai discorsi futuri, ora ci sono i posti di lavoro da garantire. E c’è anche da difendere un simbolo, quello della battaglia dello Stato per la legalità.

I COMMENTI Attualmente la struttura è in mano alla Virgiglio Project - società confiscata alla mafia ed utilizzata per la gestione di parte delle strutture sequestrate - che ha annunciato informalmente ai dipendenti che presto abbasserà le saracinesche e sarà costretta a restituire i beni. Da Roma, dall’Agenzia, spiegano: “Stiamo riguardando il punto e valutando di riassegnare il bene alla Regione Puglia, dal punto di vista normativo. L’iniziativa deve continuare, rimodulando il contratto allo chef e mantenendo i livelli di impiego”. Dalla Regione Puglia, però, l’assessore regionale per i Beni confiscati alle mafie, Nicola Fratoianni, ha altre idee: “Stiamo valutando l’offerta dello Stato. Fra una quindicina di giorni diremo di sì o di no. Abbiamo

tenuto un mesetto fa un incontro con la viceprefetto Maria Rosaria Laganà, alla prefettura di Bari, che ci ha spiegato la volontà dello Stato di cedere la struttura. Non abbiamo alcuna intenzione, però, di continuare solo con la ristorazione. Pensiamo ad una scuola di cucina, alla valorizzazione dei prodotti locali con l’aiuto di “Libera”, ma senza l’apporto di Vissani”. Le perdite, secondo i dipendenti, “ammonterebbero ad un milione di euro”, ma pesano gli investimenti iniziali. E anche i costi: 120mila euro l’anno di luce, altrettanti di gas, due costose guardie giurate e 5mila euro di manutenzione giardini. Cifre che la mala può permettersi di pagare senza battere ciglio, ma uno Stato con i buchi nei bilanci, evidentemente, no. Senza contare i 67mila euro al mese di paghe contrattualizzate per i dipendenti cui ora viene proposto di organizzarsi in cooperativa. Oltre i compensi a Vissani e suo figlio e ai quattro chef che ha portato con lui. La struttura, però, assicurano i dipendenti, che non si fanno una ragione della chiusura, ha contratti garantiti per due milioni di euro per tutto il 2012, ed è tutto sold out”. Roberto mastrangelo RIPRODUZIONE RISERVATA

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A Foggia che gusto! Tutto è pronto per bissare il successo dello scorso anno di Gate & gusto È giunta l’ora di bissare il successo inaspettato che l’anno scorso ha portato l’ ente fieristico di Foggia ad un tutto esaurito delle aree espositori e ad un grande riscontro di operatori e visitatori: la manifestazione G.A.T.E. & Gusto (fiera nazionale specializzata nei settori della ristorazione, dell’alberghiero, della pasticceria, del turismo all’aria aperta, degli eventi), quindi, sta per partire nella sua seconda edizione, con la forte convinzione di riproporre i numeri vincenti dello scorso anno. Ancora una volta al centro della manifestazione c’è il rilancio e la valorizzazione del turismo in tutte le sue possibili sfaccettature nel nord della nostra regione: la forte necessità di dedicare un evento fieristico che ponesse in evidenza tutte le potenzialità di un settore su cui si fonda l’economia pugliese nasceva, l’anno scorso, proprio dalla constatazione che il Gargano è la zona a più alta concentrazione di strutture ricettive. Queste però, troppo spesso, restavano chiuse nel loro anonimato e relegate ad essere mete di un turismo più di nicchia, lasciando che fosse solo il più rinomato Salento a farla da padrone nel settore. Da questa idea iniziale è partito G.A.T.E. & Gusto, il quale ha però rapidamente ampliato i suoi orizzonti: da voler portare alla ribalta il foggiano, il Gargano e i Monti Dauni si è rapidamente passati ad una fiera che abbracci il turismo italiano al gran completo, ospitando nei suoi spazi espositivi stand provenienti da tutto lo stivale. E che cosa c’è di più importante per attrarre il viaggiatore se non la possibilità di offrire esperienze e panorami vari, con l’obiettivo di soddisfare qualsiasi tipo di clientela? Si muovono in quest’ottica gli organizzatori di G.A.T.E. & Gusto, che già dalla scelta del nome da dare a questo evento fieristico mettono in luce gli aspetti su cui bisogna puntare: Gestione, Accoglienza, Tecnologie e risparmio energetico ed Eventi sono i punti cardine. Non va chiaramente trascurato il cavallo di battaglia del turismo pugliese, nonché la fonte di maggiore attrattiva, cioè il Gusto, l’esperienza culinaria ed enogastronomica che costituisce senza ombra di dubbio una delle ragioni per cui il turista sceglie proprio la Puglia. Dal 10 marzo per quattro giorni, quindi, i riflettori saranno puntati sulla nostra Regione e su tutto quello che ha da offrire; i primi due giorni saranno dedicati agli Opefebbraio duemiladodici

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ratori di Settore e i restanti due agli Operatori non classificati, per una manifestazione ad ingresso gratuito su invito (il quale può essere ritirato all’ingresso dello stesso quartiere fieristico, situato in Corso del Mezzogiorno n°1, a Foggia) a cui partecipare dalle ore 10:00 alle ore 21:00. Durante tutto il periodo del G.A.T.E. gli espositori potranno godere del beneficio di convenzioni con Ristoranti, Hotel e B&B della zona, proprio per permettere loro di familiarizzare con l’ospitalità pugliese fin da subito. Le significative novità dell’edizione di quest’anno 2012 prevedono sia un’azione in rete, facendo brand con gli operatori turistici delle Regioni più vicine, quali la Basilicata, la Campania e la Calbria, terre altrettanto ricche di spunti per un turismo di qualità e non di massa, e soprattutto una serie di gemellaggi con la stampa locale e nazionale, per dare il giusto risalto ad un evento che acquista senso soprattutto se molto pubblicizzato. Saranno in vetrina tanto il turismo balneare (esempio di ciò è la meravigliosa Vieste, ancora sconosciuta a molti nonostante la sua indiscutibile bellezza) quanto quello religioso, passando per quello archeologico e culturale, culminando con l’enogastronomia. Non è di certo un caso che la fiera G.A.T.E. & Gusto sia nata da un’idea di Daniele Circiello, general manager della “Solutiongroup s.r.l.”, da tempo impegnato nell’organizzazione di un altro significativo evento, ossia la Fiera del gusto, organizzata annualmente nel periodo di luglio a Vieste proprio con lo scopo di far conoscere le tradizioni alimentari che si tramandano di

generazione in generazione e sono un prezioso patrimonio da valorizzare. Insomma, un turismo all’insegna del motto per cui un’offerta variegata e di qualità e un prezzo non proibitivo possono rendere imbattibile la zona della Capitanata e la Puglia intera. Daniela De Sario

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Gate e gusto I quattro giorni dedicati al gusto, alla ristorazione e al turismo promossi dal G.A.T.E., presso la Fiera di Foggia, saranno ricchi di dimostrazioni, esposizioni, e degustazioni. I protagonisti dell’evento saranno i migliori chef italiani della F.I.C, tra cui Zanussi, Schettini, Morra, Angino, Grasso e i rispettivi aiuto chef, che interverranno durante le dimostrazioni. Sarà, inoltre, dedicato uno spazio allo show di piatti preparati con prodotti del nostro territorio da parte degli chef professionisti, in gara per il premio “La stampa premia la cucina”, la cui giuria sarà composta da giornalisti e istituzioni. All’interno della Fiera, sarà possibile, anche, visitare le aree dedicate all’esposizione di numerose aziende di arredamento.

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Il fascino delle cicorie Verdura brutta a vedersi e dal sapore spesso amarognolo la cicoria sa come rendersi utile. Scopriamone insieme i benefici La cicoria è una verdura molto saporita, spesso amarognola che viene servita sia cotta che cruda. Quella più giovane é particolarmente indicata per l’insalata, mentre le altre possono essere lessate e condite con olio, sale e limone.

UN PO’ DI STORIA

Volgarmente conosciuta anche con il termine un po’ ingeneroso di «bruttona», per il suo aspetto non particolarmente attraente, la cicoria è una pianta apprezzata da millenni. Originaria del bacino del Mediterraneo, porta un nome così antico che non se ne può rintracciare la provenienza e tanto meno il significato: kìchora la chiamavano i greci, che ne apprezzavano le grandi virtù terapeutiche. Dioscoride, nella sua opera, la raccomanda per i disturbi di stomaco, e soprattutto nei casi in cui il processo digestivo necessiti di essere tonificato. A Roma furono Plinio e Galeno a lodare la pianta: Galeno la diceva soprattutto «amica del fegato» e Plinio le attribuiva preziose virtù rinfrescanti. Nelle credenze popolari germaniche era invece considerata una pianta magica, attraverso la quale si poteva provare il piacere dell’amore, spezzare incantesimi, diventare invisibili e invulnerabili. Per ottenere questi effetti era però necessario dissotterrare la radice nel giorno di San Pietro e Paolo, avvalendosi di un pezzo d’oro o delle corna di un cervo. Fin dal XVII secolo la cicoria è impiegata per usi alimentari, e ancora oggi alcune varietà della pianta sono comunemente coltivate. A partire dal XVII secolo fu usata anche come surrogato del caffè. Curio-

so a questo riguardo è l’episodio del blocco continentale operato da Napoleone nel 1806 che, vietando ogni importazione di prodotti provenienti dall’Inghilterra e dalle sue colonie, contribuì a diffondere l’uso del caffè di cicoria. Dopo la soppressione del blocco, la pianta cadde nuovamente in oblio: durante le due guerre mondiali tornò però drammaticamente «di moda», vista la penuria di molti generi alimentari.

LE VARIETÀ

Conosciuta comunemente come: catalogna, cicoriella, cicoria selvatica, erba fina, insalata matta, radice amara, radicchio, scarola, famiglia delle composite, nasce nei campi incolti e nei terreni asciutti fino a 1600 m di altezza. Esistono molte varietà coltivate; la cicoria catalogna si semina in semenzaio a luglio-agosto, si trapianta in ottobre e si raccoglie fra l’inverno e la primavera. Per le altre varietà, se si acquistano le bustine di semi selezionati, occorre seguire le norme colturali riportate sulle istruzioni. La pianta può essere annuale, biennale o perenne ed alta fino ad 1 metro, il fusto é rigido, ramificato, angoloso e talvolta cilindrico alla base e angoloso nella parte alta, le foglie, le basali hanno una disposizione a rosetta, oblunghe e profondamente dentate, con una nervatura centrale molto marcata di colore bianco o rossastra a seconda delle varietà,i fiori sono di colore celesti-azzurri, i frutti (acheni) di colore biancastro,con un ciuffo di peli apicali. Isabella Battista RIPRODUZIONE RISERVATA

LA CICORIA CONTIENE Acido folico, Polifenoli, Fibre, Cloro, Zuccheri, Vitamina B, C, K, Sodio, Potassio, Zinco, Tannini, Amminoacidi e inoltre principi amari che danno il caratteristico sapore. FUNZIONI È nutritiva, anti anemica, stimola l’appetito, favorisce la diuresi, combatte la stitichezza, combatte il meteorismo, ha azione sedativa ed è efficace nel combattere la stanchezza cronica, aiuta la digestione, abbassa il diabete, è poco calorica per cui può essere utilizzata nelle diete e in chi soffre di disturbi urinari, digestivi, coliche epatiche, dermatosi, gotta e calcoli.

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PROPRIETÀ Depura il sangue PARTI DA UTILIZZARE Le foglie, i fiori e la radice. QUANDO SI RACCOGLIE Le foglie si raccolgono prima della fioritura, che avviene da maggio fino a settembre, i fiori durante il periodo di fioritura, le radici in autunno. COME SI CONSERVA Le foglie si utilizzano fresche; i fiori si lasciano essiccare all’ombra in luogo ventilato, poi si staccano dai rametti e si conservano in sacchetti; le radici si conservano essiccate in barattoli di vetro o sacchetti di tela.

Le Zeppole di San Giuseppe Le zeppole sono i dolci tipici della festa del papà, preparati per festeggiare e celebrare la figura di San Giuseppe. Ogni città, provincia o regione ha ovviamente la sua variante delle zeppole ma l’elemento fondamentale che accomuna e contraddistingue questi dolci è che devono essere fritti in abbondante olio, proprio come tradizione vuole. Negli ultimi anni, però, ha preso piede anche una variante al forno delle zeppole che risultano così essere un po’ più leggere e meno caloriche rispetto alle classiche frittelle.

Preparazione pasta:

Versare in una pentola l’acqua con il burro e il pizzico di sale, accendete il fuoco a fiamma media, quando l’acqua comincerà a fare le prima bollicine, ma non a bollire, versatevi la farina setacciata tutta insieme e mescolare energicamente per 10 minuti con la frusta fino a quando il composto non si staccherà dai bordi della pentola. Successivamente spegnere il fuoco e aggiungere le 6 uova, uno alla volta sempre girando con forza ed eventualmente con una frusta elettrica finchè si sarà amalgamato tutto il composto. Lasciar riposare per 20-25 minuti.

Preparate ora la crema pasticcera:

Lavorate in un recipiente lo zucchero con i tuorli di 2 uova fino a ottenere un composto bianco e spumoso. Aggiungere la farina setacciandola con un colino per non formare grumi, il latte e due pezzetti di buccia di limone. Porre il recipiente su fuoco a fiamma media e addensare la crema senza far bollire, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Togliere le bucce di limone e lasciar raffreddare. Procedete alla frittura delle zeppole: Riempite di olio per friggere una casseruola dai bordi alti, in quanto le zeppole devono essere immerse completamente nell’olio altrimenti non si gonfiano. Mettete la casseruola sul fuoco a fiamma media. Riempite di pasta una siringa da pasticcere con la bocca larga e premete il composto in un piattino da caffè unto di olio, dandogli la forma di una ciambella. Lasciar scivolare una zeppola alla volta nell’olio ben caldo, ma non fumante e cuocerla fino a quando si gonfierà. Alzare leggermente la fiamma per farla colorire, toglierla senza perforarla e appoggiarla su una carta assorbente. Procedere alla cottura di un’altra zeppola e assicurarsi ogni volta che l’olio non sia troppo bollente. Quando le zeppole si saranno raffreddate, cospargetele di zucchero a velo, porre nel mezzo poca crema e mezzo cucchiaino di confettura di amarene o di amarene sciroppate e servire.

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g ustouna firma Un numero, per sostenere la vita

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Presenti dove manca il futuro!

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g usto

Rivera,

quattro generazioni di buon vino La passione della famiglia De Corato per i vini e le varietà di uve autoctone coltivate nella vasta tenuta andriese hanno dato vita ad una tradizione secolare di vini di qualità apprezzati in tutto il mondo È tra i Grandi Marchi dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità l’Azienda vinicola Rivera, unica pugliese tra le 18 più prestigiose Aziende vinicole italiane e questo privilegio le è stato riconosciuto, perché in quest’ultimo secolo ha costituito il motore della rinascita dell’enologia pugliese. Nella campagna di Andria, dominata dal maestoso e misterioso Castel del Monte che sembra porre il sigillo all’intervento umano, come se dicesse: “la terra può sembrare deserta ma la mano dell’uomo, senza piegarla, ne sa rivelare le potenzialità produttive”, è situata l’Azienda Rivera della famiglia De Corato, che affonda le sue origini all’inizio del ‘900, quando Giuseppe De Corato, acquistò una vasta tenuta in terra di Andria e la rimise a coltura con viti, olivi e grano. Negli anni i discendenti hanno sempre condiviso la passione per la terra, per la loro terra difficile, ma generosa con chi come i de Corato la conosce e la ama. Nella famiglia i nomi si tramandano da nonno a nipote: Carlo, Sebastiano, Carlo, Sebastiano costituiscono ormai una dinastia e questo sembra un segno di quella passione per la tradizione che non li abbandona mai, pur nello spirito di innovazione che ha distinto ogni generazione. Nel 1950 Sebastiano, figlio di Giuseppe,

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intuendo l’enorme potenziale vitivinicolo della zona Castel del Monte, fondò l’azienda vinicola Rivera, ristrutturò la vecchia cantina, rinnovò i vigneti e, puntando ad una produzione di qualità, adottò le tecniche più avanzate dell’epoca. I suoi sforzi furono coronati da successo e la Rivera divenne ben presto il principale punto di riferimento dell’enologia pugliese. Venne riconosciuto il marchio Doc Castel del Monte e da allora in simbiotico scambio si esaltano a vicenda la bellezza del Castello e quella del paesaggio curato, trasformato e addolcito. Una visita turistica nella zona, accanto alla visita a Castel del Monte, deve comprendere anche una visita all’azienda Rivera: entrambe sono visite molto istruttive. Qui, tradizionalmente, sono allevate le varietà autoctone a bacca bianca : Pampanuto e Bombino bianco e nera : Bombino nero, Nero di Troia, Montepulciano e Aglianico, ma, la ricerca costante della qualità spinse nei primi anni ‘80 la Rivera condotta dal primo Carlo, figlio del primo Sebastiano, verso un’innovazione ardita: introdurre nei propri vigneti varietà nobili e bacca bianca provenienti da altre regioni, quali il Sauvignon e lo Chardonnay.

L’innovazione introdotta da Carlo de Corato ebbe il riconoscimento dell’alta qualità e fu premiata con l’inclusione di tali varietà di vino nel disciplinare di produzione della Doc Castel del Monte. Oggi,con l’ingresso nella Rivera di Sebastiano, rappresentante della quarta generazione della famiglia de Corato, l’Azienda ha rinnovato il suo impegno, mirando alla valorizzazione delle varietà autoctone vinificate in purezza, ottenendo vini di grande pregio e carattere, testimoni dei colori, dei profumi e dei sapori della terra di Puglia.

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g usto Uva Nero di Troia delle vigne Rivera.

Al Vinitaly per essere

i più desiderati

I vini Rivera, raggruppati nelle seguenti famiglie: i Cru, i Vitigni, gli Autoctoni Castel del Monte, i Classici Pugliesi, i Classici Castel del Monte, i Vivaci , le Specialità, raccolgono tutte le varietà della Doc Castel del Monte e anche una scelta della più importante produzione vitivinicola del resto della Puglia attraverso le sue varietà e denominazioni di origine. Qui vogliamo segnalare i Cru e gli Autoctoni. La vinificazione in purezza dei vitigni autoctoni ha prodotto: il Marese ricavato dal Bombino bianco, un bianco profumano e fresco che si abbina preferibilmente con antipasti di mare, piatti a base di pesce, minestre leggere, il Pungirosa ricavato dal Bombino nero, che risulta piacevole come aperitivo, oltre ad accompagnare bene antipasti di mare, minestre leggere, pesce al forno e carni bianche, e il Violante ricavato dal Nero di Troia, che con il suo profumo intenso e fresco di piccoli frutti rossi con tipiche note di viola mammola si apprezza da solo o con zuppe, paste con sughi saporiti e carni. In questo quadro, nella più recente produzione va assolutamente segnalato lo Scariazzo Qui di finaco il vigneto di “Lama di Corvo”; In alto a sinistra le botti della cantina in cui “maturano” i vini; Qui sopra a sinistra Carlo e Sabastiano, rispettivmente terza e quarta generazione dei De Corato.

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ricavato in purezza dall’Uva Fiano pugliese, che delicatamente si abbina a piatti di pesce , di carne bianca, ad antipasti , ma anche a primi piatti elaborati cari alla tradizione gastronomica pugliese. In questa vasta produzione, per la quale l’azienda si avvale anche dell’apporto di qualificati fornitori, si distinguono i Cru, che vengono ottenuti da uve provenienti unicamente da vigneti di proprietà e sono da considerare in assoluto la punta di diamante della qualità dei vini Rivera. Tra i Cru vogliamo ricordare : il Puer Apuliae, così chiamato dall’appellativo di Federico II, figlio della Puglia, 100% Nero di Troia, vino intenso e fitto dal profumo corposo e fresco di frutta nera, viola e anice stellata , è adatto a cibi ricchi di sapori e con un buon corredo di grassi quali i grandi arrosti di carni rosse, la selvaggina da pelo, le carni a base di salse forti e i formaggi stagionati. Il Falcone, ispirato anch’esso nel nome a Federico II, che amava la caccia con il falcone, composto per il 70% da Nero di Troia, e per il 30% da Montepulciano è uno dei più prestigiosi vini rossi pugliesi . Cibi particolarmente saporosi: carni rosse arrostite, selvaggina arrostita o al forno, piatti di carne insaporiti da salse forti e formaggi stagionati con un bicchiere di Falcone si alleggeriscono a vantaggio del puro sapore che viene esaltato. Il Cappellaccio, 100% Aglianico. Il nome lo lega al territorio: cappellaccio era la crosta di calcare che bisognava spaccare per piantare le viti. Anche questo è un vino intenso e generoso che esalta il sapore di carni rosse, selvaggina e ogni piatto di struttura forte. Tra le varie famiglie dei vini Rivera si potrebbe scegliere ad occhi chiusi e si troverebbe sempre in ogni prodotto la sapienza di una produzione curata dalla vendemmia, alla vinificazione, alla conservazione, perché i de Corato con passione e intelligenza hanno saputo coniugare la qualità con la vasta produzione, offrendo a tutti i consumatori prodotti ineguagliabili per il rapporto qualità prezzo.

Il Vinitaly è alle porte. L’edizione che si aprirà a Verona il 25 marzo prossimo sarà la quarantaseiesima e segnerà una ulteriore tappa nell’evoluzione del sistema vitivinicolo nazionale. La scorsa edizione ha visto la nostra regione in prima fila con numeri di tutto rispetto: 4000 contatti aziende-operatori commerciali, più di 1500 etichette, 46 appuntamenti in programma, 150 giornalisti (non solo italiani) che hanno partecipato agli eventi pugliesi e un totale di 60 mila degustazioni. Una Puglia sicuro riferimento del settore che si ripropone in questa nuova edizione con 152 aziende espositrici che potranno mostrare la vasta gamma di vini di prestigio che va dai bianchi ai rossi senza escludere ovviamente i rosati. In una economia di mercato in forte crisi, il settore vinicolo pugliese dovrebbe, a nostro avviso, affermarsi come una delle possibili chiavi di svolta per uscire dalla situazione stagnante. Le Istituzioni e gli addetti al settore dovrebbero concentrarsi su tre importanti punti: esportazioni, turismo e qualitò. Grazie alle esportazioni le imprese pugliesi stanno vivendo una seconda giovinezza, infatti, già da qualche anno, si registrano cifre piuttosto importanti. Attualmente, però, le esportazioni riguardano per lo più l ‘Europa, mentre le nostre imprese dovrebbero iniziare a guardare al Sud America o all’estremo Oriente. Ma non solo. Attorno al circuito vino occorre implementare le offerte turistiche in considerazione degli ottimi risultati che già stanno dando. Le aziende dovrebbero sedersi attorno ad un tavolo con i tour operator e studiare nuove proposte per i turisti. Ed infine, la qualità. L’Unione europea ha concesso la possibilità, a partire dalla vendemmia 2012, di poter apporre sull’etichetta la dicitura “Vino biologico” per dare maggiori certezze ai consumatori. La novità non va trascurato, sarà, sicuramente, il filone da seguire nei prossimi anni. La cosa sarò sicuramente apprezzata dai consumatori che premieranno la qualità del prodotto. Proprio perché crediamo che il settore possa essere una delle armi in più di questa Terra seguiremo con massima attenzione la rassegna. Vi racconteremo gli uomini, le aziende e i vini che stanno facendo la differenza non solo in Puglia ma che con passione e tanto lavoro stanno affermandosi anche al di fuori della regione.

Angela Giasi

sommelier Ais

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c ultura

I dieci anni d’arte al Caffè Dolce Amaro Il caffè letterario compie dieci anni di attività. La cutlura barese lo ha eletto a vero e proprio laboratorio culturale Alle spalle delle mura imponenti del Castello Svevo è situato il caffè più elegante e raffinato della città di Bari, da dieci anni punto di riferimento per l’arte e la letteratura. Il “dolceamaro”, dall’ atmosfera francese,su modello dei grandi caffe’ parigini dove si conversava amabilmente,sorseggiando cioccolata, è nato nel 2002, dall’idea dei coniugi Luigi e silvia Volpe , a cui si unì, pochi mesi dopo, l’operatrice culturale Marina Losappio, organizzatrice di eventi di una famosa libreria cittadina; l’intento comune era quello di ricalcare il significato e il valore dei caffè letterari che animavano Bari dai primi del Novecento agli anni 50 e 60. Il Dolce Amaro non è mai stato concepito come un semplice bar; dai primi mesi di vita ha ospitato mostre d’arte, realizzato concerti di musica classica e jazz e organizzato degustazioni di prodotti di nicchia italiani e francesi, fino a divenire, poco dopo, un vero e proprio “Presidio del libro”,riconosciuto nella sua opera culturale,dall’associazione nazionale fondata da Laterza ed altri editori. Dal 2002 ad oggi, sono stati piu’ di duecento gli eventi e gli ospiti del caffe’,provenienti dal’ambiente della cultura, della comunicazione,del giornalismo,del l’universita’,del teatro,della letteratura:ne ricordiamo solo alcuni, tra cui Salvatore Settis,vittorio Gregotti,Natalia Aspesi,Corrado Augias,Vittorio Sgarbi,Alberto Angela, Eva Cantarella, Benedetta Craveri, Ennio Remondino, Alessandro Barbero e in campo specificamente letterario ,tra i tantissimi, i vincitori del Premio Campiello; Marco Santagata, SalvatoreNiffoi, Michela Murgia, Andrea Molesini, GianricoCarofiglio, insieme ad altri,altrettanto famosi,come Isabella Bossi Fedrigotti,Lorenza Foschini, Maurizio de Giovanni, Andrej Longo, Bruno Arpaia, Antonella Cilento ,Elena Loewenthal, Alessandro Piperno.Non sono mancati all’appello,sui grandi temi di attualita’ e le inchieste, intellettuali del calibro di , Franco Cassano, Oscar Iarussi, Lino Patruno, Corrado Petrocelli, Giandomenico Vaccari, Martino Bonomo, Raffaele Gorgoni, ne’ artisti come Michele Damiani, poeti come Enzo Quarto

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Qui sotto due dei presitgiosi ospiti del caffè letterario in questi anni: Mario Desiati e Benedetta Craveri, nipote di Benedetto Croce,

,esperti del web come Pino Bruno , così come artisti teatrali pugliesi, tra cui Carmela Vincenti, Vito Signorile, Michele Mirabella, Antonio Stornaiolo, Antonella Maddalena, Roberto Petruzzelli, Enzo Vacca. L ‘ immagine del Caffè, peraltro, si è immediatamente identificata con “La civiltà della conversazione”, il libro di Benedetta Craveri, presentato proprio al Dolce Amaro, “che sa coniugare la leggerezza con la profondità, l’eleganza con il piacere, la ricerca della verità con la tolleranza e con il rispetto della opinione altrui”. Un vero e proprio “salotto culturale” , dunque, dove è possibile gustare la cultura e ritrovare il piacere del gusto in ogni sua forma,dalla pittura alla musica,dalla gastronomia all’oggettistica,dai libri ai bijoux e agli accessori moda.” Annalisa Tatarella

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c ultura Quell’antico e sottile filo tra Italia, Polonia e Lituania

A sinistra Bruno Arpaia con Marina Losappio presenta il suo libro “L’energia del vuoto”;

Dieci anni di attività Quest’anno, il Caffè d’ Arte Dolce Amaro spegne dieci candeline per festeggiare due lustri di attività, tra sapori e saperi. Per l’occasione, Lorenza Foschini, giornalista e scrittrice, ha presentato al numeroso pubblico il suo ultimo libro, “Il cappotto di Proust”, edito da Mondadori. Il volumetto immerge il lettore in una dimensione tutta proustaina, attraverso le continue ricerche di un collezionista che, durante la sua vita, si circonda di oggetti, reperti, mobili e carte dello scrittore, fino a scoprirne rapporti, conflitti e sentimenti. Dopo aver ritrovato il cappotto di Marcel Proust in un cartone del fondi del Museo Carnavalet di Parigi, il collezionista riesce a ricostruire, anche, le vite dei personaggi che per primi avevano tramandato la memoria dello scrittore, fino a svelare il rapporto tra Marcell e suo fratello, Robert che scopre la sua omosessualità durante il servizio militare, in un’epoca caratterizzata dalla cultura omofoba. PROSSIMAMENTE AL DOLCE AMARO Dopo i festeggiamenti, il Caffè riprende gli incontri letterari dal 22 marzo, con numerosi scrittori, tra cui Giorgio Fontana, giovane scrittore emergente, Iaia Caputo, Alessia Garzola, Antonella Cilento e tanti altri ancora, come di consueto, alternati a serate concertisiche e mostre di bigiotteria parigina, berlinese e italiana.

Venerdì 3 febbraio, presso il Teatro Petruzzelli di Bari, è stato presentato il progetto ‘3 per Bona Sforza’, frutto della collaborazione tra Italia, Polonia e Lituania, con la partecipazione di importanti artisti dei tre Paesi. Sono intervenuti ad illustrare sia il progetto che la parte musicale due grandi nomi di caratura mondiale, il premio oscar Jan Kaczmarek (autore di Neverland, un sogno per la vita” e “Hachiko”) ed il regista Michal Znaniecki e non da meno il librettista Vincenzo De Vivo. Al centro del progetto, che si snoderà tra il Castello Svevo di Bari e il Castello di Wawel a Cracovia, vi è il ‘musical biografico’ dedicato alla vita di Bona Sforza d’Aragona(1494-1557), duchessa di Bari e regina di Polonia. Fra le figure storiche che hanno segnato i rapporti fra l’Italia e la Polonia, la regina Bona Sforza d’Aragona occupa una posizione di rilievo. Interessante personalità di una donna del Rinascimento che, vissuta nelle corti italiane di Milano e Napoli, ha portato con sé il buon gusto, la cultura e la cortesia della sua terra d’origine nel paese nordico dove è giunta come sposa di Sigismondo I, per poi terminare la sua vita come duchessa di Bari. Con le sue capacità personali e con il suo potere ha aperto, dunque, un percorso culturale dalle rive del Mediterraneo ai paesi del nord-est. Lo spettacolo andrà in scena contemporaneamente a Bari (primo e terzo atto) e Cracovia (secondo atto) con le rispettive parti trasmesse via satellite su megaschermi nei cortili del Castello Svevo e del Castello di Wawel. Nella prima parte, a Bari, di metterà in scena la giovinezza di Bona, a partire da quando giunge in Puglia con la madre. Nella seconda parte, a Cracovia, si narrerà il suo conflitto con un’altra cultura dopo il matrimonio con il re di Polonia. La terza ed ultima parte dell’opera, a Bari, racconterà la tragica storia del ritorno della vecchia Bona Sforza a Bari. Per il ruolo di Bona Sforza i tre atti dell’opera saranno interpretati da tre diverse cantanti: La più giovane, protagonista della prima parte, sarà scelta tra cantanti italiane. Una cantante polacca di fama internazionale rappresenterà Bona Sforza nel suo periodo polacco. Una cantante di grande fama internazionale, di preferenza italiana, interpreterà l’ultima parte. In Polonia il cast sarà composto prevalentemente da cantanti polacchi, in Italia da cantanti italiani. Isabella Battista

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Il meraviglioso creato di

TARSHITO

Ripercorriamo insieme la carriera di Nicola Strippoli i n arte Tarshito, a partire dagli esordi, avvenuti negl Un’illuminazione spirituale che proviene da un’altra dimensione; la ricerca di una sorta di personalissimo “mandala” che disegni e guidi un viaggio di profonda crescita interiore: è questo il significato e il compito dell’arte per Tarshito. In sanscrito, il termine significa appunto “sete di conoscenza interiore” ed è il nome che il maestro indiano Rajneesh diede all’architetto coratino Nicola Strippoli, nel 1979. Fresco laureato in Architettura a Firenze, curioso del mondo, Strippoli iniziava allora a viaggiare verso l’Oriente, aperto a ricevere sollecitazioni. Da qui, l’incontro con la dimensione spirituale dell’India che, come tutte le illuminazioni, fu trovata e non cercata. A Pune, incomincia per Tarshito quel cammino che tutt’ora percorre, inattaccabile da mode, flussi, correnti e critiche esterne. Là impara a integrare il suo punto di vista

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e la sua esperienza di uomo occidentale, attivo e determinato, con la pratica della meditazione. Là incontra quello spazio interiore da cui nascono la sua creatività e la sua pratica progettuale. Architetto, designer, artista, Tarshito è un “outsider” delle tendenze: egli piuttosto raccoglie quel flusso di ispirazioni e sollecitazioni che, detto alla sua maniera, dal Cielo scende sulla Terra, per farsi arte e illuminare il cuore e la mente. Aperto ad ogni tecnica, le padroneggia tutte senza possederne davvero alcuna. Adotta materiali naturali come terracotta, carta e stoffe, ma anche ceramiche dorate e preziosi cromatismi. Mescola simboli che appartengono a tradizioni e culture antiche, eppure il suo lavoro aderisce al presente ed è sempre fortemente legato alla terra, la sola in grado di offrirgli infiniti colori e spunti. L’idea è quella di contribuire a costruire

il futuro, magari lanciando un segnale di purezza interiore nel caos della civiltà moderna. Simboli, richiami a terre e culture lontane dalla nostra, unite da un appello all’umanita’, alla condivisione e alla pace, come antidoto alle brutture dell’esistenza. In questa missione, dagli anni ‘80, coinvolge progettisti, famosi o neofiti, colleghi, studenti di accademie e scuole sperimentali, parlando loro di sacralità, amore e gentilezza e tracciando connessioni invisibili fra il cuore e la mente, fra sé e gli altri, fra la Terra e il Cielo. Da Bari, la città dove vive con la sua famiglia e ha il suo studio di progettazione, passa a Sassari, dove insegna per un pò, poi in India, dove realizza alcune opere, quindi a Milano, nella sua seconda casagalleria, e ancora qua e là, dovunque lo invitano ad operare. In ogni posto è a casa e dovunque crea relazioni: si il magazine dell’eccellenza pugliese

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c ultura Frammenti di Storia: il Palazzo De Vita De Luca di Foggia Uno sguardo al palazzo cinquecentesto ubicato nel centro storico di Foggia, protagonista dell’insurrezione foggiana del 1648

costruisce così il suo personale mandala, lo schema di un percorso iniziatico di vita interiore e crescita spirituale. In esso tutte le esperienze contano, belle o brutte che siano, purchè ricondotte, attraverso l’arte, n quel “centro” dove il silenzio e il vuoto nutrono l’anima e rinnovano l’esistenza di energia positiva. Addormentarsi guardando scorrere sul muro di cera una fiammella che profuma; lavarsi mettendo le mani sotto al getto d’acqua che viene da un geode di ametista; viaggiare per le strade con un automobile decorata con i contorni di nazioni e continenti ridisegnati secondo la “geografia sacra”; ricevere la luce che filtra da un quarzo rosa o dalle agate incastonate in un soffitto dorato: magia della vita, energia dello spirito… è questo, forse, il senso più profondo dell’arte di Tarshito. Antonio Verardi

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Il palazzo De Vita De Luca è tra i più interessanti del centro antico di Foggia. Prospiciente la piazza della Cattedrale, fu costruito dopo il 1545, anno in cui il nobile Cesare De Maio, già proprietario di una palazzina, acquistò dal Capitolo di Foggia i ruderi di due botteghe, con l’intento di creare un unico corpo di fabbrica. Nel 1696 l’edificio passò al reverendo Giuseppe De Vita di San Marco in Lamis, il quale fece costruire un terzo piano, arricchendolo di un bel loggiato, oggi vero fiore all’occhiello del palazzo. A ricordo della sua realizzazione, il prelato fece incidere sul cornicione un’eloquente iscrizione latina, ancora oggi leggibile (ut videat et videatur d. joseph de vita a s. marco in lamis opus hoc bonum erexit A.D. MDLCXVIII). L’immobile, fra i più belli della città, si distingue per la linea architettonica e, soprattutto, per gli elementi decorativi che abbelliscono la sua facciata. Il portale, per esempio, è delimitato da due lesene scanalate, che terminano con bellissimi capitelli ionico-corinzi che sostengono

un cornicione modanato, con al centro il balcone. L’architrave, invece, arricchito da motivi floreali a rilievo, è sormontato da uno stemma in pietra a dentello. La storia del palazzo raggiunse il suo momento di gloria nel 1648, quando ospitò alcuni rivoltosi insorti contro i Reggimentari della città. La rivolta fu ispirata dall’eco dell’impresa del pescivendolo napoletano Masaniello che, per un mese, mise in scacco il governo spagnolo. Guidati dal notaio Giovan Sabato Pastore, i ribelli foggiani protestavano contro l’insopportabile e iniqua pressione fiscale imposta dal governo e dalla Dogana della città. L’esasperazione delle classi più umili verso le pesanti gabelle imposte sugli alimenti di necessario consumo, esplose in rabbia e poi in rivolta armata. Il moto fu presto represso, ma, nonostante la breve durata, la ribellione di “Saba” Pastore ebbe il merito di indebolire il secolare dominio spagnolo sul Regno di Napoli e aprire, anche a Foggia, tutt’altri scenari. Antonio Verardi RIPRODUZIONE RISERVATA

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c ultura S fogliando la Puglia rubrica a cura dI Fortunata Dell’Orzo Dalle piramidi alla Puglia il passo è breve Un saggio dei professori Vlora e Mongielli ci conduce attraverso i legami che legano, non solo numericamente, i mausolei egizi e Castel del Monte Un testo diventato presto leggendario, continuamente ristampato da Mario Adda, scritto qualche lustro prima che fra americani e inglesi dilagasse la moda dei templari, delle piramidi messe a specchio della cintura di Orione, dei rapporti fra i grandi monumenti del Mediterraneo e fra questi ultimi e le piramidi mesoamericane. Un libro scritto a quattro mani da due docenti dell’Università di Bari, Nedim Vlora e Gaetano Mongelli, dopo un percorso di studio e approfondimenti durato alcuni anni, molti viaggi e infinito acume. Dal titolo si capisce (quasi) tutto: i rapporti non solo numerici e architettonici che legano le antichissime piramidi della piana di Giza con il miracolo donatoci dalla storia e da Costanza d’Altavilla, lo stupor mundi, puer Apuliae, Federico II, il tedesco che amò l’Italia dove nacque e morì, l’amico della cultura islamica, il Sufi che, se fosse vissuto appena appena qualche anno di più, forse, avrebbe posto a Palermo

Dalla Valle del Nilo a Federico II di Svevia

AUTORE Nedim Vlora, Gaetano Mongelli CASA EDITIRCE

la capitale della futura Italia, dando al Mediterraneo una duplice centralità, cristianoislamica, dagli sviluppi imprevedibili. E presumibilmente meno sanguinosi di quelli che poi sono realmente accaduti. In un’epoca quasi del tutto priva di “tecnologia”, ecco che la teoria e la ricerca diventano concretamente vita, storia, pietre, chiese, piramidi e castelli. La geometria celeste accorda quella terrestre, gli ottagoni si espandono al cosmo e il cosmo viene racchiuso nel poligono misterico fatto di pietra rosa, o di pesante granito chiaro. Il pensiero, veloce come la luce, disegna il mondo intero e la lungimiranza spettacolare di alcuni “illuminati” secoli prima dell’illuminismo, progetta un presente valido come futuro sine die. E qui la ragione non è stata ancora emancipata e separata dagli enciclopedisti: è ancora l’intelletto di cui parla Dante Alighieri, inseparabile dalla passione, dalle umane debolezze, dall’anima. Grande libro. Imperdibile.

C’è grossa crisi! L’autore, Giampaolo Busso (Conversano, 1951), è un esperto di intermediazione creditizia e finanziaria, di ciò che, a detta di tutti, è alla base della crisi economica che da circa dieci anni ci tormenta e che sembra arrivata alla sua maggior virulenza negli ultimi due anni. E la sua prima domanda è come siamo passati dalla crisi economica a uno stato costante di economia della crisi? La risposta sta, a detta dell’Autore, nell’individuazione della sua radice finanziaria che sta polarizzando a livello mondiale la distribuzione del reddito a favore del capitale in una misura che non ha precedenti. I bilanci delle multinazionali e delle banche d’affari che monopolizzano i mercati finanziari scoppiano di utili, mentre aumenta ogni giorno il numero di coloro che vivono sulla linea e anche al di sotto della linea della povertà. L’altra contraddizione sta, secondo Busso, nella progressiva perdita di incisività dei sindacati e delle forze di sinistra che si sono “arrese” a questo liberismo senza regole. “L’economia della crisi” fa così precipitare nella insicurezza esistenziale ceti sociali che per quasi un secolo avevano vissuto in un dignitoso benessere, taglia i livelli di Welfare che i lavoratori avevano saputo conquistare, rende quasi impossibile la competitività delle piccole imprese. Infine un richiamo all’Europa, cui forse manca la spinta a recuperare sull’etica ciò che è andato perso sull’economia.

L’economia della crisi

AUTORE Giampaolo Busso CASA EDITIRCE Progedit Editore

Adda Editore

Pagine e prezzo

Pagine e prezzo

136 pp. 18,00 €

458 pp. 25,00 €

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c ultura Sangu.

Racconti noir di Puglia Non aspettatevi un Camilleri alle cime di rape. Qui sono dieci racconti di autori diversi, uniti fra loro quasi esclusivamente dall’origine e dalla capacità di scrivere in modo non banale, addirittura sorprendente in alcuni casi, facendo sì che la suspence nasca dalla banalità e dalla frequenza del male. Una scelta editoriale che ci permettiamo di non condividere ha impedito che ai racconti fosse accompagnato un glossario per spiegare i numerosi termini strettamente dialettali. E’ vero che la letteratura è anche suono e armonia, ma è pure vero che comprendere a fondo un testo può contribuire al suo successo di pubblico. Libro esemplare, inoltre, per capire come fanno a convivere il desiderio di preservare le tradizioni con la velocissima e inarrestabile globalizzazione in cui frulliamo tutti senza poterne uscire. Dopo di che, non resta che leggere e lasciarsi andare alle trame, agli intrecci, ai discorsi, ai suoni e ai colori di cui il libro non fa certo difetto.

Sangu. Racconti noir di Puglia

AUTORE AA.VV. CASA EDITIRCE Manni Pagine e prezzo 144 pp. 12,00 €

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Il Dio ignoto

La fame violenta

Un popolo di formiche

Ristampato da poco, scopriamo il suo Autore come un anziano e coltissimo sacerdote pugliese, dall’invidiabile prolificità, quanto a scrittura. E l’Editrice, Viverein, è sempre “roba nostra”, in quanto opera in contrada Sicarico, una delle cento contrade di Monopoli. Fra dubbi e certezze, a sottotitolo e il lettore appena appena avvertito e aduso al Nuovo Testamento si accorge subito che quel Dio Ignoto di cui si parla, altri non è che lo stesso dio misterioso cui invano gli Ateniesi del primo secolo si rivolgevano, forse ormai delusi dal loro Pantheon classico.

Siamo ad Andria, nel 1946. Miseria, disoccupazione e terre ancora ferocemente in mano agli agrari del territorio, che non sembrano aver risentito delle durezze della guerra mondiale appena terminata. Scoppiano violenti i moti popolari e la gente affamata vede negli agrari qualcosa di più e di peggio che degli avversari di classe: sono loro la causa di tutto, gli avidi e miopi “signori” che non consentono a nessuno di poter, a forza di braccia, ricavare dalla terra quanto è necessario per sopravvivere.

Nella Puglia che, nonostante la crisi, sembra avere una marcia in più rispetto alle altre regioni sorelle del sud, fa bene al cuore e alla mente rileggere questo classico, scritto da un grande “cafone” pugliese, colto e intellettuale meridionalista che non perse mai di vista le sue origini. Ma nella rivendicazione di identità come nella robusta base ideale più che ideologica, Tommaso Fiore trova i fondamenti della sua analisi socio-antropologica che non sembra risentire troppo dei settantacinque anni trascorsi dalla sua prima pubblicazione.

E che san Paolo, il più celebre e celebrato dei convertiti, indicò agli agnostici come il Dio ch egli stesso proclamava. Un libro di passione e ricerca, una lunga dichiarazione d’amore al primo e ultimo scopo della vita di chi crede che Gesù sia il Dio fatto Uomo, giunto sulla terra soprattutto per amore dei viventi. Comunque la si pensi, una magnifica lettura.

Il Dio ignoto

AUTORE Nicola Giordano

Il linciaggio delle sorelle Porro

Un crescendo drammatico e complesso che finirà con un doppio eccidio: il linciaggio di due sorelle, appartenenti a una delle famiglie più in vista del paese, Luisa e Carolina Porro che pagheranno con una morte crudele e violenta gli errori e la pavidità di chi in quel momento amministrava ad Andria l’ordine pubblico. Una perfetta ricostruzione storica che ha i toni dell’inchiesta giornalistica di razza. E per Federico Pirro possiamo dire: la classe non è acqua.

La fame violenta. Il linciaggio delle sorelle Porro

AUTORE

CASA EDITIRCE

Federico Pirro

Viverein

CASA EDITIRCE

PAGINE E PREZZO

Palomar, 2005

245 pp. 15,00 €

PAGINE E PREZZO 204 pp. 15,00 €

Anche perché certi paesaggi e certe economie, specie in Valle d’Itria, non hanno subito troppo gli insulti del tempo e della trasformazione causata dalle incessanti attività umane. Tanto che non suonano anacronistiche le parole commosse di Fiore, osservando quel popolo di formiche in azione, così forti e numerose da riuscire in imprese ostiche anche per un popolo di giganti.

Un popolo di formiche

AUTORE Tommaso Fiore

CASA EDITIRCE Palomar, 2011 PAGINE E PREZZO 192 pp. 16,00 €

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c ultura Pensieri e parole i nostri lettori raccontano

Il dolore e la grazia Non riusciva a leggersi. Agitato com’era da quella sensazione. Premuto com’era da una serie ininterrotta di pulsioni. Quand’era solo, all’aperto, dominato dal ruggito incessante del vento, riusciva, ma solo a tratti, a diluire quel ribollire sanguigno, quell’acerba continua domanda senza parole che gli circolava dentro. Ma bastava che si volgesse verso il profilo scuro della casa o che lo vedesse, piccola macchia indistinta contro l’enormità della campagna, perché ripiombasse nel tormento, e gli nascessero amare lacrime di umiliazione ad annebbiargli la vista. Cercava continuamente la luce. Si alzava prestissimo e andava incontro all’alba. Il cobalto del cielo si schiariva trascolorando e sciupando le stelle d’agosto. I giorni passavano, si inanellavano l’uno dopo l’altro. Ma a lui sembrava che il tempo si avvolgesse su se stesso, come un serpente impazzito. Era inchiodato da un ricordo. Quel ricordo gli confondeva l’anima: agitandola, intorbidandola. Avrebbe dovuto odiarlo, quel ricordo. Ricacciarlo nel buio fondo dei precordi. Affogarlo nel fango dei pensieri più oscuri. E invece lo aspettava, quel ricordo. Attendeva che riaffiorasse per richiamarlo alla sua considerazione affranta: lo abbracciava mentalmente, socchiudendo gli occhi e isolandosi da tutto. Perché lui, quel ricordo, lo amava. Non aveva le parole per dirlo. E non aveva neanche qualcuno cui poterlo dire. L’unica sua desolante certezza era quella macchia scura e indistinta che cercava nell’immensità dello spazio circostante. E quando quella macchia si trasformava in carne, ossa, respiro e calore; quando quel corpo, grande e forte, lo sovrastava quasi schiacciandolo; quando quella domanda senza parole che gli circolava dentro sembrava trovare una risposta definitiva; allora, e solo allora, tutto era chiaro, anche se per un brevissimo istante. L’istante in cui il dolore e la grazia si allacciavano stretti come se non volessero e dovessero più dividersi. Ma, poi, quell’abbraccio, a fatica e inesorabilmente, si lacerava. La grazia evaporava, si disperdeva facendosi trasalimento, battito del cuore, tremore. Il dolore permaneva, attivo e vigile, assorbito solo in parte dalle lacrime. Quante volte era già successo? Tre, forse quattro. E si sovrapponevano in un’unica monade pulsante. Cuore, sangue e anima. Si vergognava, questo sì riusciva a capirlo. E si vergognava ancora di più quando, con gratitudine muta e dolente, accettava le rozze attenzioni che lui non mancava di somministrargli una volta finito quel cieco, bestiale, inconfessabile tentativo di comunicare. Ma la vergogna durava quanto il dolore. Restava, invece, il tormento che agognava alla grazia; che desiderava, comunque, il contatto. Non lo seppe mai, almeno da vivo: ma solo nel silenzio del suo sguardo smarrito poteva esserci luce sufficiente a cancellare quell’abominio, a dare tutta la grazia al suo infinito dolore.

Il dolore e la grazia “Quel pastorello nelle campagne di Altamura ha maturato la decisione d’uccidersi dopo le sevizie e gli abusi che aveva sopportato per mesi dal suo datore di lavoro, certo un altro disperato, forse peggio di lui. Lo ha ucciso la consapevolezza d’essere ormai preda e non più persona. E deve averlo distrutto la sensazione che la sua condizione di preda fosse comunque migliore di quella di polvere anonima travolta dalla Vita” (Così ai microfoni di Bari Radio Uno, il giudice N.M. intervistato a proposito di un adolescente trovato impiccato in un casolare nelle campagne fra Altamura e Matera. Era la primavera del 1973)

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Maria Rosaria Gurrisi

@ Invia il tuo racconto a: pugliain@gmail.com Indicate in oggetto: “Pensieri e parole”; Massimo 3000 battute (spazi inclusi)

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C’è un po’ di Albania in Puglia Da oltre cinque secoli c’è nella nostra regione una grande comunità albanese. Nel tarantino ci sono intere città che continuano a vivere nel sengo della tradizione e del ricordo del principe Giorgio Skanderberg

Nel 1461, e per i dieci anni successivi, Giorgio Skanderberg principe d’Albania, inviò in Puglia un corpo di spedizione di circa 5.000 soldati, guidati da suo nipote Coiro Stresio, in aiuto di Ferrante I d’Aragona nella lotta contro Giovanni d’Angiò. Iniziò così quella che, nella storia, fu la terza grande migrazione albanese in Italia. Per i servizi resi, furono, infatti, concessi al principe Skanderberg diritti feudali su Monte Gargano, San Giovanni Rotondo e Trani e fu concesso, ai soldati e alle loro famiglie, di stanziarsi in ulteriori territori della Puglia. I coloni albanesi rifondarono paesi come Monteparano, Carosino, Roccaforzata, Montemesola, Fragagnano e Crispiano (vedi cartina qui sotto n.d.r.), convivendo pacificamente, e per lungo tempo, con la popolazione locale. San Marzano di San Giuseppe, con i suoi oltre 9000 abitanti, è il più grande comune arbëreshe del sud Italia, cuore della cosiddetta Arberia Tarentina, la zona cioè che fu più colonizzata dagli albanesi. Sono trascorsi quasi 500 anni da quando Demetrio Capuzzimati, nobile capitano del principe Skanderberg, per scampare alla sottomissione di Maometto II, si stabilì con alcune famiglie nobili albanesi a Taranto ed acquistò dalla Regia Corte il feudo di San Marzano. Era il 1530 e il capitano

chiamava dall’Albania numerose famiglie, per favorire la ripopolazione del nuovo territorio. Le famiglie di etnia albanese radicarono in questa nuova terra i costumi, la religione greco-ortodossa, le tradizioni e la lingua della terra d’origine. Molte di quelle usanze e residui di quell’antico dialetto albanese, continuano a vivere nel territorio tarantino, tanti altri sono andati perduti. In particolare, erano due gli avvenimenti più importanti della vita della comunità, che rimandavano alla terra d’origine: il matrimonio e la morte. Nel 1622, però, il vescovo Antonio D’ Aquino, con la soppressione ufficiale del rito greco-ortodosso, avviò un processo di latinizzazione della religione, contribuendo alla scom-

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s entieri parsa di un mondo ricco di usi, costumi e affascinanti suggestioni balcaniche. Sono belle le descrizioni dei matrimoni di rito greco ortodosso: il papas accoglieva i due sposi sulla soglia della chiesa, li accompagnava all’interno, poneva sul loro capo due corone adorne di nastri colorati e porgeva loro del vino e un unico pezzo di pane da cui entrambi dovevano mangiare. Subito dopo, faceva compiere loro tre volte il giro dell’altare e, infine, lanciava nel fonte battesimale i bicchieri da cui gli sposi avevano bevuto: segno di buon augurio era la frattura dei bicchieri. Gli sposi venivano lasciati indisturbati nella loro nuova casa per otto giorni e l’ottavo giorno uscivano per fare visita ai parenti; la sposa indossava appunto l’abito detto “dell’ottavo giorno”. In ogni centro italo-albanese del Tarantino, come di tutto il Regno delle due Sicilie, l’abbigliamento del giorno del matrimonio costituiva - per la sposa e le invitate - non un modo di soddisfare il desiderio di esser belle, eleganti e ammirate, ma significava e si mostrava come il simbolo di appartenenza a un gruppo ed era elemento di chiara e immediata comprensione dello status etnico della persona o del gruppo stesso. Gli abiti si confezionavano in casa e solo per i lavori di finitura o di alto ricamo si ricorreva alla perizia di ricamatrici esterne. Ogni fanciulla, sognando il matrimonio, era provetta tessitrice e il corredo e gli abiti, le trine a puntina o a filet, gli accessori più ricercati erano il risultato di lunghe giornate e interminabili serate invernali, trascorse a manovrare magistralmente le spolette canterine, che intrecciavano a volte fili di vario colore, dorati e argentati in disegni fantasiosi per le ampie gonne e i corpetti eleganti, che venivano confezionati. Spesso, i tessuti più pregiati (come la seta o il broccato damascato) venivano acquistati alle grosse fiere annuali, specie in quelle molto note di Casalnuovo (Manduria), Oria e Taranto. Ancora oggi, dinanzi alla riproduzione di un antico abito nuziale albanese, ciò che maggiormente colpisce l’occhio dell’osservatore è la sua sontuosità e regalità. Esso risente, nello stile, della moda tutta orientale, turca, mussulmana. Il figurino è ricco di veli e drappeggi oltremodo mossi, il sotto

In questa pagina un comignolo e i tipici abiti della tradizione arbëreshe. Le foto provengono dall’archivio della Pro Loco di San Marzano di San Giuseppe (Ta).

dell’abito è quasi sempre “a lattuga” e non aperto e ampio o plissettato, come quello adottato dalle donne levantine, poco dopo l’arrivo in Terra d’Otranto. Questi abiti avevano un costo esoso e venivano confezionati in casa o da maestre sarte, che erano anche provette ricamatrici. L’abito da sposa, il sogno di tutte le giovani arbëreshe e la sua lunga e costosa realizzazione era simile a un rito sacro. Era confezionato con tessuti pregiatissimi, dai colori più delicati (erano preferite le tinte pastello e quasi mai il bianco), con l’uso di accessori propri dell’occasione, come il velo lungo e la corona, i gioielli più belli; a volte aveva un mantello con strascico, che era d’effetto per lo stacco evidente della sposa dal corteo nuziale, quando percorreva tutte le strade del paese a matrimonio avvenuto, prima di fermarsi alla casa del marito. Anche gli ornamenti e gli accessori, propri della cultura della madrepatria, erano sfarzosamente ricercati. Un’altra festa importante ed ancor oggi “ricordaNella pagina a fianco un busto che ricorda la figura del principe d’Albania Giorgio Skanderberg; Sotto la statua di San Giuseppe che esce dalla chiesa Madre di San Marzano di San Giuseppe il 19 marzo.

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ta” era l’arcipurcium, un banchetto di 3 giorni, a cui partecipavano le donne e gli uomini sposati di una stessa tribù. Le donne indossavano l’abito della festa ed intonavano canti, ballando fino a notte tarda le vallje, le danze coreografiche albanesi. I temi delle vallje, dei canti e delle serenate erano le gesta eroiche dell’eroe Giorgio Skanderberg e dei suoi valorosi, l’amore e la nostalgia per la patria perduta, la diaspora in seguito all’invasione turca e l’amore per le proprie donne, di cui gli albanesi vantavano le virtù e di cui erano oltremodo gelosi. A San Marzano, però, la festa che assume particolare interesse è quella di San Giuseppe, patrono del paese. La mattina del 19 marzo si allestiscono in Piazza Milite Ignoto, davanti alla Parrocchia di San Carlo Borromeo, le cosiddette “mattre”, termine dialettale che indica le tavolate in onore del Santo. A metà fra gli altarini e le tavole domestiche, esse prevedono la preparazione e la distribuzione al pubblico (dopo che la statua del Divino Patriarca è passata a benedirle) di cibi rituali, come il finocchio, le arance, i pani con le iniziali “S.G.”, questi ultimi assumenti anche forme di mano, di sega, di treccia, in onore del Padre Putativo di Gesù. Ciò è un chiaro invito, secondo la devozione popolare, a essere generosi verso i viandanti e i pellegrini come lo fu il Santo. Le “mattre” sono intoccabili fino al passaggio della processione, dopo di che se ne distribuiscono le pietanze gratuitamente ai presenti.

Antonio Verardi

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s entieri San Marzano di San Giuseppe

Chiesa di San Carlo Borromeo

San Marzano è una ridente cittadina preminentemente dedita all’agricoltura, posta ai bordi di un altopiano tra Sava e Fragagnano. Non si hanno notizie sull’origine della prima parte del nome, ma qualche storico pensa che quel “ San Marzano”, che non è un santo, si riferisce probabilmente ad un personaggio di nome Martio, uno dei tanti cittadini romani che dopo la conquista da parte di Quinto Fabio Massimo, si stabilirono nella provincia. Il prefisso “San” era una parola greca che significava “agricoltore” veniva usata nei nomi dei casali per indicare il mestiere di coloro che li abitavano. Questo casale nel 1390 passò a far parte dei possedimenti del Principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini. Anche San Marzano che come tutte le popolazioni ad esso limitrofe, subirono, intorno al sec. XV, la colonizzazione albanese. Centri d’interesse del paese sono sicuramente la Chiesa di San Carlo Borromeo e il Palazzo feudale, o Castello. Edificato nel XVI sec. esso è un interessante edificio di forme cinquecentesche, rimaneggiato più volte, secondo il gusto delle varie dominazioni che si alternarono nel paese. Fuori dal centro abitato c’è poi il Santuario della Madonna delle Grazie, nel quale sono conservati una Incoronazione della Vergine risalente alla fine del 1600, gli affreschi di San Giorgio e Santa Barbara e una raffigurazione della Vergine con Bambino.

Carosino

Castello D’Ajala a Moneparano

Monteparano Caratteristico centro agricolo situato sul margine nord-occidentale delle Murge Tarantine. Il primo documento noto su Monteparano risale al 1571. Esso tratta dei “privilegi” della città di Taranto e inoltre contiene una lista delle fattorie ubicate nella foresta e indica un luogo preciso: Monteparano. L’origine della parola è abbastanza evidente: Monte e Paro che significa “piano”. Si racconta che la cittadina fu fondata da una colonia albanese dal rito greco proveniente dalla vicina Fragagnano durante la seconda metà del XVI secolo. La chiesa principale di Santa Maria di Costantinopoli praticava il rito greco e il principale nucleo urbano si sviluppa, intorno alla metà del XVI secolo, attorno ad un casale costruito dagli albanesi inviati in Puglia dal principe Skanderberg. Nel paese spiccano: il Castello d’Ajala, residenza fortificata della famiglia D’Ajala del XVIII secolo, che domina, con le sue imponenti torri, l’ampia piazza centrale; la Chiesa Matrice, dedicata a Maria SS. Annunziata, sorta su un preesistente luogo di culto (un antico tempio religioso), che ha una sola navata con cappelle laterali ed ospita un bellissimo altare barocco che era disposto secondo le norme del rito greco. L’arcivescovo di Taranto Lelio Brancaccio la visitò nel 1578 e chiese al parroco di modificarlo secondo il modello latino e di fare particolare attenzione alle celebrazioni latine. Il risultato fu che entrambi i riti sopravvissero e per un po’ di tempo la popolazione potè godere di doppie festività.

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Carosino sorge sui ruderi dell’antico paese di Citigliano, fondato nel 927 da tarantini in fuga dalla furia saracena, che si era abbattuta sul capoluogo jonico. Nel 1462 Citigliano fu distrutto dagli Albanesi di Skanderbeg, durante la guerra contro il principe Orsini, e riedificato da loro stessi dopo la sua sconfitta. Circa l’etimologia del nome, “Carosino” è la traduzione di “eu-kseinos”, che significa “buono per gli stranieri”, cioè ospitale. Gli Albanesi, orientali di rito bizantino, veneravano la Madonna di Costantinopoli, di cui portarono con loro il ricordo, la devozione e forse l’icona stessa. Se infatti a Carosino la Madonna prende il nome di Santa Maria di Carosino, esso deriva da Santa Maria del Ponto Eusino (del Bosforo), ossia di Costantinopoli, cui è dedicato un santuario. Nel paese si possono visitare: la Chiesa Matrice di Santa Maria delle Grazie, che risale al XIV secolo e contiene una tela raffigurante la Madonna del Rosario, un Crocifisso ligneo del XVIII secolo, un affresco del XVI secolo sull’altare maggiore, raffigurante l’incoronazione della Madonna del SS.mo Rosario in trono col Bambino, alcuni altorilievi in pietra che mostrano i miracolati della Madonna di Carosino; la Chiesa di San Francesco e il Palazzo Ducale, costruito intorno al 1400, per conto dei nobili tarantini Simonetta.

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VISITA ANCHE GROTTAGLIE, ORIA, MANDURIA

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s pettacoli

Scotch per

Silvestri

Dopo il live del 9 marzo al Demodè di Modugno, il cantautore romano, fa tappa a Trepuzzi per presentare il suo nuovo album dal titolo a libera interpretazione “Scotch”. A questo lavoro hanno contribuito anche artisti del calibro di Nicolò Fabi, Stefano Bollani, Peppe Servillo e Andrea Camilleri. Un concerto all’insegna come sempre di un “divertissement” socialmente utile, da non perdere

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s pettacoli O lo si odia o lo si ama, e in questo momento credo debbano essere gli appartenenti alla seconda categoria a drizzare le antenne: Daniele Silvestri, cantautore romano, delizierà il pubblico affezionato con le sue tipiche canzoni divertenti e profonde insieme il 10 marzo nella cornice dell’Undici Ottavi, uno spazio di circa 1000 metri quadrati calpestabili nel cuore del Salento, a Trepuzzi. L’attesissimo live di Daniele Silvestri si inserisce perfettamente e coglie nello spirito la rassegna Verso Sud, creata da Coolclub, Lecce Città Universitaria, Artimedia e ExFadda e sostenuta da Puglia Sounds: una serie di eventi in cui la musica, con i suoi interpreti più significativi, è la sola ed incontrastata protagonista. Fino al 4 maggio le Officine Cantelmo di Lecce, Livello 11/8 di Trepuzzi (Le), la Casa delle arti di Conversano (Ba) e l’ ExFadda di San Vito dei Normanni (Br) ospiteranno ancora Omar Pedrini, ex leader del gruppo Timoria, l’emergente Erica Mou, fresca dell’esperienza sanremese e i Rivolta Records, una giovane etichetta salentina che si fa largo producendo musica alternativa e sperimentale (all’attivo i Rivolta Rec. hanno già due produzioni, i Playontape e i Metropolitans). Già esibitisi nella rassegna sono invece altri cantanti e gruppi per certi versi considerati “d’èlite”, quali Dente e Gué Pequegno. I biglietti sono regolarmente acquistabili dal circuito bookingshow.it. In occasione del concerto del 10 marzo, Daniele Silvestri, con quel suo mood un po’ gitano e girovago che si riflette nelle

sue contaminazioni musicali sempre all’insegna di un “divertissement” socialmente utile, presenta gran parte dei pezzi dell’ album ultimo uscito che risponde al quanto mai bizzarro titolo di S.C.O.T.C.H.. Esso altro non è che un acronimo presentato ai fans, i quali hanno potuto liberamente interpretarlo: alcune delle più estrose proposte sono state inserite nel libretto dell’album stesso, tra cui “Settuagenario Cavaliere Offre Tenda Con Harem” e “Sembrerebbe Coincidere Oggi Tokio Con Hiroshima”, frasi ironiche ma non per questo meno critiche nei confronti dei tanti mali più o meno gravi che affliggono la nostra società. Per la creazione di questo album che si dimostra fuori dal coro già a partire, quindi, dalla sua copertina, Daniele Silvestri ha potuto contare sulla collaborazione di Niccolò Fabi, del pianista Stefano Bollani, di Peppe Servillo, cantante e frontman degli Avion Travel nonchè fratello del noto attore, e addirittura dello scrittore giallista Andrea Camilleri. Il risultato è un disco frizzante e attento, che con occhio scanzonato realizza tutti gli aspetti del mondo attuale, da Precario il mondo a Il viaggio, vero e proprio inno delle vacanze e non a caso colonna sonora del film Immaturi, il viaggio. Perché in fondo è solo in vacanza che ci si riesce a riappropriare di se stessi e del proprio amore, lontani dal frastuono della routine cittadina, no? Citando lo stesso Daniele Silvestri, difatti “ci voleva lei che ti portasse fino a qui/ perche fossi come sei perche fossi cos / ci voleva lui perche ritrovassi me/ perche forse in fondo è vero che per essere capaci di vedere cosa siamo/ dobbiamo allontanarci e poi guardarci da lontano”. Daniela De Sario

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da ascoltare S.C.O.T.C.H.

Chi è Daniele Silvestrti Nato a Roma nell’agosto del 1968: i primi rudimenti di pianoforte li apprende giovanissimo e inizia a strimpellare la chitarra a 13 anni. Dopo aver fatto pubblica un proprio album nel 1994 con il titolo di Daniele Silvestri. Il disco, che si aggiudica una Targa Tenco come “migliore esordio dell’anno”. A Sanremo ’95 Daniele Silvestri si presenta con L’uomo col megafono, canzone che vince il premio Volare per il miglior testo letterario della manifestazione. Nel 2000 pubblica un best con inediti, Occhi da orientale, che segna anche la fine del contratto con la Ricordi. Nel 2002 torna a Sanremo con Salirò. Grazie anche ad un fortunato balletto inventato nell’ultima serata al Festival insieme all’attore Fabrizio Ferri, il pezzo esplode e diventa uno dei tormentoni dell’anno. Nel 2007 esce l’album Il latitante, anticipato da La paranza, canzone in gara al Festival di Sanremo 2007. Nel 2008 è la volta di Monetine, doppia raccolta con inediti e rielaborazioni di vecchie canzoni. Per un nuovo disco bisogna aspettare il 2011 quando esce S.C.O.T.C.H., che vede ospiti come Niccolò Fabi, Gino Paoli, Raiz.

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Destinazione Jubilee per Gianluca Grignani Il rocker milanese fa tappa a Corato per il suo Tour 2012. Un mix fra vecchie canzoni e nuovi brani tratti dall’album “Natura umana” La “destinazione paradiso” per questa volta ha deciso di non raggiungerla, preferendo una tappa che farà felici i suoi molti fans pugliesi: Gianluca Grignani, uno dei pochi veri rocker italiani ancora in circolazione, si esibirà il 24 marzo presso il Jubilee di Corato, arrivando quindi fino al tacco dello stivale con il suo tour Enjoy Natura Umana Club Tour. La tournee si ispira chiaramente all’ultimo disco dell’artista, intitolato per l’appunto Natura Umana, album che segna un momento di svolta per Gianluca Grignani, il quale proprio nel corso di questo tour compirà i suoi primi 40 anni. Una data in cui è quasi inevitabile fare dei bilanci su se stessi, sulla propria vita e le proprie scelte, ed è anche ciò che ha scelto di fare Gianluca Grignani, non solo tramite il suo ultimo Lp, il quale veicola un messaggio di libertà prorompente, quasi aggressiva, oltre ogni strumentalizzazione, ma anche tramite il suo unico romanzo autobiografico, “La mia storia tre le dita”, in cui lui snocciola senza remore le tante tappe del suo doloroso percorso di crescita. I problemi di dipendenza dall’alcol e dagli stupefacenti, la riconquista di un equilibrio anche passando dall’esperienza della paternità, la corsa al successo, le relazioni problematiche con le donne, i rancori in famiglia… tutto viene convogliato nella musica, la massima e forse unica valvola di sfogo di Grignani. Da bravo artista qual è, Gianluca Grignani comprende bene che non è solo il cantante (anche se in questo caso parliamo di un cantautore) a fare lo spettacolo, ma anche il suo pubblico, il quale deve essere sempre al centro delle scelte artistiche di chi fa questo mestiere: ecco perché, tramite la sua pagina Facebook, il cantante ha fatto sì che siano proprio i fans, e quindi coloro che assisteranno al concerto, a decidere quali canzoni Gianluca dovrà cantare durante il concerto, esibendosi quindi nelle sue canzoni più famose, compiacendo poi i suoi affezionati che gli suggeriscono delle poco note B side (ossia brani che pur non essendo stati singoli di successo, ben rappresentano lo spirito del rocker di Milano) fino a sperimentare cover di altri gruppi, rivisitandole a suo modo. Il tour, nel quale Grignani sarà come sempre accompagnato dalla sua storica band (Diego Scaffidi alla batteria, Andrea Tripodi alle tastiere e in programmazione, Matteo Cerboncini alla chitarra e Alessandro Parilli al basso) partirà il 16 marzo dalla Casa della Musica di Napoli e si snoderà per tutta la penisola, prevedendo come unica eccezione al di fuori del suolo italiano la sola tappa prevista per il 31 Marzo, in Svizzera. Nei suoi live di circa due ore e mezzo si ritroverà tutta l’energia e la forza psichedelica del suo rock made in Italy che si rifà fortemente a dei veri e proprio mostri sacri del genere quali i Radiohead e gli Oasis, conferendo alla musica di Gianluca Grignani un respiro internazionale che a molti rocker italiani manca. I biglietti per l’esibizione live del 24 marzo al Jubilee intorno alle ore 23:00 sono acquistabili online dal circuito ufficiale bookingshow.com al prezzo di 18 euro più il costo della prevendita.

Daniela De Sario

Gianluca Grignani, ha duettato a Sanremo lo scorso febbraio con Pierdavide Carone.

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Pronto il primo album di Omdatik Dal primo marzo on line su betaport.com il primo album di Nicola Tripaldi prodotto dal barese Saverio Lttanzi. Undici tracce che proiettano gli anni ‘70 e ‘80 nelle discochart contemporanee Registrato a Londra presso gli studi della Wunderkammer Recordings, casa discografica fondata a Bari da Saverio Lattanzio, Omdatik è il primo album di Nicola Tripaldi, artista nato a Manduria nel ‘79. Il disco prende il nome dallo pseudonimo dello stesso autore ed è un’antologia che racchiude una selezione dei brani più importanti che Tripaldi ha iniziato a comporre dal 1997 ad oggi. Il lavoro rappresenta l’essenza della profonda passione per la musica elettronica e rispecchia l’animo artistico del suo compositore. L’utilizzo della strumentazione analogica (principalmente “vintage”) è il punto di partenza della collezione. Per dar vita alle 11 tracce del suo album, Nico si è avvalso dell’utilizzo di synth monofonici degli anni ‘70 e di quelli polifonici tipici degli anni ‘80. Inoltre fondamentale è stato l’impiego di strings machines, drum machines, batterie elettroniche e campionatori. Il risultato è una sequesnza di brandi che sicuramente conquisteranno posizioni su posizioni nelle dancechart dei dj più “in” delle discoteche europee. L’album Omdatik è scaricabile sul sito betaport.com ed è promosso con il sostegno di Puglia Sound e grazie al contributo del Po Fesr.

OMDATIK da scaricare betaport.com

Chi è Nicola Tripaldi Nicola Tripaldi, Neiki o Omdatik, è un ricercatore musicale e compositore indipendente, un artista visionario e poliedrico, un poeta, che produce musica dal 1992. Nato a Manduria (TA) nel 1979, si è avvicinato alla musica sin da piccolo, strimpellando chitarra e tastiera, per poi accostarsi a batteria e basso, ed anche elettronici. Dalla sperimentazione elettronica e acustica più svariata, passando per la computer music, la musica industriale e concreta, alla club music di inizio millennio, ha anche composto musiche per sigle televisive, per documentari, jingle per il web, e spot pubblicitari. In più, colonne sonore e sonorizzazioni per il cinema indipendente. Oltre ad essere sound designer per gallerie d’arte, fashion showroom e clubs, è compositore di musiche per diversi spettacoli teatrali (La Corsa di Sizwe Khondile – Triennale Milano; La Strategia della Tensione – Teatro Ex P.Pini; Riccardo III – Teatro alle Vigne; La Forma Dell’Incompiuto – Teatro Franco Parenti; Corpo a Pezzi – Accademia Danza Milano; Midrash/Hicayat Biennale Teatro di Venezia).

Osvaldo Negro

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Un’altra idea di

Giuda

Iscariota

Una interessante rivisitazione della figura del discepolo di Dio andrà in scena al Teatro Duse il prossimo 20 marzo. Intanto se ne discute il prossimo 10 all’Eccezione febbraio duemiladodici

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Sabato 10 Marzo, alle ore 18,30, presso L’Eccezione a Bari, in Via Indipendenza 75, nuovo appuntamento del ciclo di incontri-spettacolo Polvere di stelle. Questa volta l’argomento sarà: “Nasce uno spettacolo – A proposito de ‘Il Vangelo secondo Giuda’ ” di Teodosio Saluzzi; regia di Lino De Venuto. Il testo Il Vangelo secondo Giuda è risultato finalista nella XXIX Edizione del Premio Firenze nel 2011. L’omonimo spettacolo debutterà al Teatro Duse, il 20 Marzo prossimo. Nell’incontro a L’Eccezione si parlerà della figura di Giuda Iscariota. Nei Vangeli del Nuovo Testamento e nella maggior parte della tradizione cristiana, Giuda Iscariota è ritratto come la

quintessenza del traditore, il traditore di Gesù, colui che consegna “per trenta denari” il suo Maestro alle autorità romane, colui che compie il “sommo delitto”. Da sempre Giuda è l’archetipo della figura dell’ebreo e su di lui si scaglia la rabbia e l’odio di secoli. L’autore Teodosio Saluzzi, che ha condotto sull’argomento ricerche personali, ribalta la figura di Giuda: non solo tra i discepoli era il preferito da Gesù ma l’unico in grado di portare a termine un grande compito. Il suo tradimento sarebbe stato un sacrificio necessario chiestogli da Gesù per portare a compimento un disegno divino. Ma se così fosse, Giuda non sarebbe più il traditore per antonomasia ma il vero grande martire della Cristianità.

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s pettacoli L’agenda di marzo BARI TEATRO ROYAL H. 21,00 - Ingresso € 20 e € 33

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BARLETTA TEATRO CURCI H. 21,15 - Ingresso € 12,00

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OMAR PEDRINI feat. Raffaele Casarano e Marco Baroscia

I MUSICI

BARI TEATROTEAM H. 21,15 - Ingresso da € 38 a € 71

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NOBRAINO in concerto

www.teatropubblicopugliese.it BARI TEATRO PETRUZZELLI H. 21,00 - Ingresso da € 15 a € 40

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H. 20,30 Ingresso da € 8,00 a € 50,00

PEPPE BARRA RACCONTA Prosa Per conoscere le altre date:

in concerto www.cameratamusicalebarese.it

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BARI TEATRO FORMA H. 20,00 - Ingresso a € 30,00

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DANIELE SILVESTRI in concerto info www.bookingshow.com

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CASTELLANETA (TA) TEATRO VALENTINO

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Tratto dal libro di Pietro Grasso

in concerto info www.pugliaevents.it BARI TEATRO KISMET H. 22,00 - Ingresso € 10

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FABRIZIO MORO in concerto

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PER NON MORIRE DI MAFIA

LECCE OFFICINE CANTELMO H. 23,59 - Ingresso a € 12,0

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TREPUZZI (LE) LIVELLO UNDICI OTTAVI H. 22,00 - Ingresso da € 18,00

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H. 22,00 Ingresso da € 12 a € 25

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IL MARE

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BITRITTO OTTAVO TALENTO

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JAMES TAYLOR QUARTET in concerto info www.teatroteam.it

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MATT BIANCO in concerto

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MARTINA FRANCA CINEMA TEATRO NUOVO H. 21,30 - Ingresso a € 19,00 + prev.

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GALLIPOLI TEATRO ITALIA

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info www.bookingshow.com

H. 21,15 Ingresso da € 28,00

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ELIO E LE STORIE TESE in concerto

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www.ticketone.it

Segnalaci i tuoi eventi, invia una mail con oggetto “agenda” a pugliain@gmail.com

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Quando il talento si chiama Fabrizio

Moro

In anteprima al Tour 2012 il cantanutore romano si esibisce all’Ottavo talento di Bitritto il 9 marzo

s pettacoli “L’ VIII talento” questo mese ne ospita un nono: il 9 marzo alle ore 22:00 è infatti fissato, presso il locale barese il concerto del cantautore Fabrizio Moro, ancora fresco del successo sanremese di quest’anno, ottenuto però in un modo diverso dal solito. Mentre Fabrizio è arrivato a far presa sul grande pubblico proprio mediante la vittoria del Festival nella categoria giovani nel 2007 con la canzone “Pensa” e l’anno successivo accaparrandosi il terzo posto nella categoria Big con lo struggente e sentimentale brano “Eppure mi hai cambiato la vita”, questa volta ha solamente prestato la sua capacità artistica e la sua penna acuta ad un’altra bravissima cantante, Noemi, firmando il suo brano “Sono solo parole”, con il quale è meritatamente salita sul terzo gradino del podio. Per poter partecipare all’evento che costituisce (insieme alle date di Roma) l’anteprima del tour 2012 del cantante calabrese non è neppure necessario procurarsi un biglietto, ma semplicemente acquistarlo la sera stessa presso l’VIII Talento al prezzo di 12 € per godersi il live di Fabrizio, o 25 € qualora si desideri anche prenotare un tavolo per cenare durante l’esibizione. Daniela De Sario

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s port Non solo calcio

È tempo di

RUBGY Come ogni anni in questo periodo torna di moda un sport ricco di valori e passione, il rugby. Al di là delle passioni stagionali, in Puglia c’è un movimento in crescita.

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s port Se in questi giorni vi capitasse di sentire in tv, o di leggere sui giornali, parole come touche, drop o mark, o di assistere ad una conversazione di amici che vi raccontano della magia del “terzo tempo”, non vi stupite: siamo in pieno clima 6 nazioni, uno dei tornei di rugby più importanti al mondo. Gioco di squadra, spirito di sacrificio, grande agonismo, massima correttezza verso arbitro e avversari e bellissime cornici di pubblico appassionato: sono questi gli ingredienti che fanno di questo sport un grande spettacolo. Un po’ di storia. Nel 1823, nella cittadina di Rugby, vicino Birmingham, uno studente, un certo William Ellis decise un giorno di infrangere le regole del calcio tradizionale e si mise a correre , pallone in mano, verso la linea di fondo campo avversaria, per poi schiacciarlo a terra, urlando: meta! Acclamato dalla folla, Ellis, senza saperlo, aveva dato i natali al gioco del rugby. Pare, tuttavia, che questa sia solo la nascita ufficiale del gioco, perché, ufficiosamente, qualcosa di simile era già stato introdotto in Inghilterra addirittura da Guglielmo il Conquistatore nel 1066 e, presso alcune popolazioni del nord Europa, già si praticava una specie di lotta “giocata”, perfetta antenata del rugby. Intorno al 1860 si stabilirono alcune regole base e, nel 1871, si adottò la palla ovale con l’esplicita intenzione di renderla difficilmente controllabile con i piedi e non rischiare di “tornare” al calcio. Così, il nuovo gioco si sviluppò nel mondo anglosassone e in gran parte dell’emisfero Australe, e, sin dal 1888, emersero le grandi capacità dei

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Maori neozelandesi (successivamente chiamati All Blacks, quella che oggi è la squadra di rugby più forte al mondo) e degli Springboks sudafricani. In Italia il rugby fece la sua apparizione nel primo decennio del secolo ed è del 1929 la nascita della Fir, la Federazione Italiana Rugby. Per molto tempo il rugby venne giocato a grandi livelli, ma senza alcun scopo professionistico, solo per divertirsi; solo da pochi anni, tutti i giocatori delle squadre che partecipano al “6 nazioni” sono considerati sportivi professionisti. Il rugby è uno sport di contatto e combattimento, perché il confronto fisico tra i giocatori è una costante del gioco, eppure, praticato in particolare a livello scolastico, riveste un ruolo di formazione al pari di altre discipline d’insegnamento. Basato infatti su gesti semplici (correre portando il pallone in mano), che non necessitano di noiosi apprendimenti tecnici, esso esalta anzitutto le capacità coordinative. È un gioco collettivo, dove l’iniziativa individuale viene messa al servizio della collaborazione e dello spirito del gruppo-squadra ed il contatto fisico è regolamentato da un codice morale che precede le regole scritte, o le decisioni arbitrali. Inteso come massima espressione di un collettivo perfettamente integrato, è del tutto assente l’egoismo individualista. La realizzazione del punto, la meta, primario obiettivo del gioco, è sempre il risultato di uno sforzo comune che può anche arricchire la personalità di ogni giocatore, in termini di sicurezza e fiducia in sé stesso e negli altri. Nel rugby non è possibile considerare l’avversario

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Kaine Robertson (Lapress), nato a Aukland in Nuova Zelanda, dal 2004 gioca con la maglia azzurra nel ruolo di tre quarti ala.

come un nemico, trasformare il proprio vigore fisico in una scorrettezza e l’abilità in una frode: in questo modo diviene una scuola di auto-controllo, di autodisciplina, di rispetto per sè e per gli avversari. Il rugby è spettacolo, ma anche disciplina dura che richiede preparazione fisica ed atletica, ma anche coraggio, amicizia, generosità, sacrificio, altruismo, rispetto dei compagni, dell’avversario e delle regole (per nessun motivo i giocatori contesterebbero, ad esempio, una decisione dell’arbitro o simulerebbero un infortunio). La partita è come una battaglia, fatta di colpi duri, ma leale e, a fine partita, c’è spazio per

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il cosiddetto “terzo tempo”, momento unico di aggregazione, nel corso del quale vincitori e vinti, arbitri e dirigenti si ritrovano affratellati da un boccale di birra. Non sono da meno gli spalti degli stadi, permeati della stessa atmosfera e dello stesso spirito che si respira in campo. Correttezza, rispetto, mai episodi di “tifo contro”. E come i giocatori, anche i tifosi festeggiano a fine partita il loro terzo tempo. In fondo, è questo il vero spirito dello sport: lotta leale e rispetto dell’avversario e delle regole. Antonio Verardi

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s entieri Le regole del rubgy Il rugby si gioca tra due squadre di 15 giocatori. Ogni partita ha una durata di 80 minuti, suddivisi in due tempi da 40 l’uno. Le partite sono dirette da un arbitro, assistito da due giudici di linea. Ogni squadra deve cercare di portare il pallone nell’area di meta dell’avversario. Una squadra segna una meta quando un giocatore “tocca a terra” il pallone oltre la linea di meta avversaria, o a contatto con uno dei pali. Ogni meta vale 5 punti. Il calcio di trasformazione concesso dopo la segnatura di una meta vale 2 punti. Il calcio di trasformazione può essere calciato a terra, o di rimbalzo. Il calcio di rimbalzo (drop) vale 3 punti. La mischia in genere è composta da 8 persone per ciascuna squadra (gli avanti) che si legano tra di loro e si contendono il possesso del pallone cercando di spingere più forte della squadra avversaria. La linea di touch è la linea laterale del campo. Dopo che il pallone è uscito in touch, deve essere rimesso in campo da un giocatore (il lanciatore) che abbia i piedi fuori del campo stesso.

COSì IN CAMPO Gli otto giocatori che costituiscono prima, seconda e terza linea sono definiti avanti: gli avanti sono quelli che si contendono le mischie e le rimesse laterali. Nello schieramento in campo, dietro gli avanti stanno i due mediani, dietro i mediani stanno quattro trequarti e dietro i trequarti c’è un estremo. L’utility back è un particolare giocatore in grado di potere ricoprire diversi ruoli da trequarti.

LA MISCHIA La mischia può essere chiusa o aperta: a una mischia chiusa partecipano minimo 5 giocatori per parte e minimo altri 5 stanno vicino sin quando avviene l’apertura del gioco; Ad una mischia aperta (ruck) partecipano uno o più giocatori in piedi a diretto contatto con l’avversario quando il pallone è a terra.

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Una mischia nella partita Amatori Rugby Monopoli e As Rubgy Bari dello scorso 22 gennaio.

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La Puglia

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In crescita il movimento pugliese con quasi 1500 iscritti alla Federazione In Italia il rugby è praticato ormai in tutto il territorio nazionale e la Nazionale italiana, in questi ultimi anni, ha raggiunto un buon livello tanto che, a partire dal 1999, è stata ammessa al prestigioso «Torneo delle Sei Nazioni» che si svolge da ben 117 anni ed al quale partecipano le squadre Nazionali di Francia, Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda. Anche in Puglia, il rugby riscuote ormai consenso e seguito. Trentotto società affiliate, 1490 atleti, 31 arbitri federali e 50 allenatori, tra giovanili e Seniores: sono questi i numeri che disegnano la geografia del movimento rugbustico pugliese. Si tratta di un tessuto di realtà, disseminate dalla Capitanata al Salento, passando per la terra di Bari. Nel mare magnum dei tornei nazionali e regionali, alla Salento 12 Trepuzzi, iscritta al campionato nazionale di B, si aggiungono undici società impegnate in C, otto nel campionato Under 18 e dieci nell’Under 16. Nafta Brindisi Rugby, FC Rugby Taranto, A.S. Rugby Bari, Amatori Rugby Monopoli e perfino la squadra femminile della Rugby Union Santeramo sono solo alcune delle più importanti società di rugby presenti in Puglia. Si può senz’altro dire, inoltre, che, sulla scia del movimento nazionale, il rugby pugliese vive da alcuni anni un momento di crescita globale che interessa anche il pubblico, sempre più competente, sempre più coinvolto. Molto resta da percorrere, ma segnali incoraggianti arrivano dalla presenza di tifosi su spalti sino a qualche anno fa completamente deserti. Sono piccoli gruppi rispetto al calcio, ma sono attenti e appassionati. E il terzo tempo è ormai un’abitudine consolidata anche sui nostri campi, dove, al termine delle partite, le due squadre si ritrovano intorno a bottiglie di birra, pasta al forno e focacce preparate dalla squadra ospitante. Il Comitato pugliese Rugby sta rinforzando la propria struttura organizzativa al servizio delle società e dei tifosi ed è lodevole l’impegno di una segreteria fissa con sede a Bari, presso lo stadio della Vittoria. Un passo avanti nella diffusione della palla ovale, oltre che un segnale importante per tutto il sud, è stato lanciato, infine, dalla società Salento 12 Trepuzzi che, nel maggio dello scorso anno, ha inaugurato il primo stadio dedicato interamente alla palla ovale, un momento molto significativo perché saper guardare al futuro dello sport significa offrire innanzitutto una casa alla propria disciplina. Una bellissima notizia per tutto il rugby italiano, che vede così allargare sempre di più i propri confini. Antonio Verardi

Giovanni Magno (‘85), terza linea degli Amatori Monopoli in una Touche.

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s port Tenersi in forma

Finchè c’è fitness c’è vita La vita moderna porta ad una sedentarietà dannosa per l’orgniasmo umano. Fare attività fisica in maniera regolare non è semplicemente una passione, ma una necessità per vivere sani Pur portando benefici alla società, il progresso e la tecnologia hanno favorito nell’essere umano comportamenti ad attività sempre più sedentari. Benché l’uomo abbia ricercato questa particolare situazione di agiatezza, ora si rende conto di quanto una scarsa o insufficiente attività fisica sia dannosa per mantenere un corretto stile di vita e per crescere o invecchiare in maniera salutare. Molte persone dichiarano di non svolgere regolarmente alcuna forma di attività fisica o sport (dove per regolarmente si intende 3 volte a settimana). L’essere fortemente motivati è il fattore indispensabile che favorisce la continuità nella pratica dell’attività fisica, che sia per il proprio benessere o per migliorare le proprie prestazioni. Infatti, una buona motivazione, supportata in seguito dal raggiungimento dei risultati sperati, è l’ingrediente principale per rimanere ancorati a un programma di allenamento. In prevalenza lo sport è praticato per passione/piacere, per mantenersi in forma o per svago. Le donne, in particolare, dichiarano di svolgere attività fisica sia per mantenersi in forma sia per le potenzialità terapeutiche dello sport. Partendo da questi presupposti, gli esperti del settore sono andati alla ricerca di un sistema di allenamento che avesse la finalità del benessere inteso come salute sia psichica che fisica del soggetto.

Il fitness secondo la European Health and Fitness Association viene definito come “uno stato dinamico di benessere fisico, psicologico e sociale risultante dalla pratica di un’attività motoria adeguata alle capacità, possibilità ed esigenze/ preferenze di ciascun individuo che assume la responsabilità della propria salute”.

Il fitness viene convenzionalmente diviso in tre sottogruppo, a seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere. In altri termini, il significato della parola fitness si può riassumere come segue: prevenzione delle malattie; mantenimento dello stato di salute (inteso come benessere sia fisico che psichico); miglioramento della prestazione in generale, quindi delle varie componenti che caratterizzano il fitness quali la flessibilità, la forza muscolare o la resistenza in generale. A coloro che possono essere definiti sedentari si consiglia di praticare per trenta minuti al giorno un’attività fisica quali corsi di Gag, total body, pilates o la semplice sala attrezzi; invece coloro che sono abituati ad un’intenso lavoro aerobico, per ottenere un miglioramento più marcato dell’ efficienza fisica possono praticare un’ intensa attività aerobica da 3 a 5 volte la settimana per un tempo che può variare da un’ ora al giorno. Vanessa Guastamacchia Maria Bruno

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Puglia in Anno V n. 2 • marzo 2012 Periodico free press Registrato c/o Tribunale di Bari al n. 3 dell’1 febbraio 2008 Direttore responsabile Fabio Paparella Immagini Osvaldo Negro (Ricerca immagini) Stock.xchng - www.sxc.hu In copertina: Seattle (US), una delle smart cities da prendere ad esempio. Redazione pif@publimediasud.it I-70122 Bari Via Abate Giacinto Gimma, 163 ----------------------------------------Editore Publimediasud S.r.l. info@publimediasud.it www.publimeidasud.it

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