Fabio Rizzo - Rework - Dossier di Ricerca

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Dossier

Università di Camerino Scuola di Architettura e Design Edoardo Vittoria Corso di Laurea Magistrale in Design Tesi di Laurea Magistrale Progettazione di una Brand Identity e Corporate Identity per una Startup innovativa, operante nel settore dell’Upcycling Studente: FaBio Rizzo Matricola: 08838 Relatore : Prof.ssa Lucia Pietroni Correlatore : Prof.ssore Piero Sabatini 1


Indice

La corporate Identity

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quadro storico grandi trasformazioni in relazione alle evoluzioni socioculturali

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la grafica e le teorie della Gestalt

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la grafica e le neoavanguardie cinetiche La grafica e le evoluzioni della stampa, dalle tinte piatte ai milioni di colori la grafica ed il media televisivo la grafica e il web

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l’immagine dinamica

“mit media lab”

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presupposti di progetto: definizione del sistema valoriale e individuazione di elementi d’identità diversi dal segno

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Analisi Caratteristiche e obbiettivi di un Brand Analisi del Valore Sensoriale di un Brand

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Le Funzioni di un Brand Il Brand Funnel o Funnel di vendita Analisi delle Categorie di Brand in relazione ai vari Prodotti :

evoluzione del web e possibili proiezioni future

“Feuerwear” “alisea”

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“jinja”

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“Bottletop”

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“KozoLamp”

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“TRMTAB”

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“Sword e Plough”

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Definizione dell’idea di business dell’azienda rework

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specifiche di business partners e prodotti d’entrata : Roland

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MIMAKI

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Mutoh

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Hp

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Brand di Individui ed Organizzazioni

Prodotti di Output generati dagli scarti

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Brand di Idee e Cause

identità del brand

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Brand di Prodotti e servizi Online

evoluzione del web e possibili proiezioni future

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social network analysis

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Brand di Luoghi Geografici

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“casa da musica”

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“City of Melbourne”

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IL CASO STUDIO: rework, genesi dell’idea di business, sintesi dell’ esperienza roland

53 ° biennale di venezia “fare mondi ”

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l’Upcycling e Riuso

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“freitag”

Business model

Brand di Servizi 13

analisi e focus dei brand competitor nel mercato dell’upcycling

definizione del target di clientela

Brand di prodotti di consumo Brand di Prodotti Businessto Business

la progettazione parametrica la grafica generativa

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Tipi di Brand

presupposti di progetto: la variabilità formale del segno senza perdita di Identità possibili scenari futuri

“brooklyn museum identity”

mission aziendale vision aziendale Fattori fondamentali per l’operato aziendale


LA cOrporate Identity DEfinizione

Il termine inglese Corporate Identity indica l’immagine che un azienda ha e intende procurarsi presso il pubblico, o anche presso i propri dipendenti per distinguersi dalla concorrenza. Più in generale la Corporate Identity riguarda la percezione che il pubblico ha di un organizzazione. Andando a definire la differenze tra i concetti chiave della Brand Identity e Brand Image possiamo dire che la Brand Identity (Identità di Marca) è tutto ciò che l’impresa vuole che i consumatori percepiscano utilizzando i propri prodotti. La Brand Image (Immagine di Marca) è una qualità della marca, e si compone di due caratteri: uno quantitativo (notorietà) e uno qualitativo (immagine di marca). Oggi, avere una Brand identity forte e ben definita rappresenta un vantaggio nei confonti delle altre aziende, provocando un effetto di riconoscimento diretto presso il consumatore che riconosce il font, i colori e le forme che quela azienda vuole rappresentare come sua immagine identitaria. Possiamo quindi dire che la corporate è l’immagine che il pubblico ha di un’organizzazione, e diventa, per l’azienda, uno strumento di marketing fondamentale per farsi riconoscere e testimoniare le caratteristiche aziendali di cui si rende consapevole.

Quadro Storico

La Corporate Identity che conosciamo oggi è un concetto ormai diffuso in tutte le aziende, enti, professionisti che cercano di imporsi nel mercato. Per conoscere bene la storia e i primi punti di partenza di questo concetto dobbiamo partire esattamente dagli esordi degli anni dello stile industriale. Parliamo dell’inizio del Novecento quando L’azienda AEG, (﴾Allgemeine Elektricitas Gesellschaft)﴿ che produceva prodotti e artefatti nel campo dell’elettricità comincia a preoccuparsi di come l’immagine aziendale o per meglio definirla in qui tempi “Immagine d’Impresa” doveva essere ed apparire al consumatore. Fù proprio agli inizi dei primi anni del 900

precisamente nel 1907 ,in cui venne affidato a Peter Behrens, architetto, progettista e visionario dell’arte, il compito di progettare carattere tipografico per uso esclusivo dell’azienda fino all’architettura delle fabbriche. Peter Behrens diventa Consulente Artistico di AEG sotto richiesta del direttore Paul Jordan. Tra i compiti che gli vennero affidati, oltre alla progettazione del carattere tipografico istituzionale, vi erano il progetto del marchio aziendale, il disegno della carta da lettera, il design dei prodotti industriali e anche la progettazione architettonica. Da lì nel globale progetto d’Identità nasce il carattere istituzionale di AEG il Behrens Antiqua. Fù sempre Behrens a inizializzare l’idea di Immagine Istituzionale rappresentando in maniera grafica uno dei simboli chiave della produzione dell’epoca di AEG. Cominciò quindi una produzione di una serie di manifesti Pubblicitari che conferivano all’azienda un valore estetico più alto, non solo rispetto ai prodotti che produceva ma all’etica lavorativa dell’epoca. Come vediamo nella figura il Manifesto che rappresenta la lampadina raffigura l’oggetto come un iconografia, esaltandone l’importanza a livello estetico.

Il desiderio di volersi rappresentare tramite uno stile Grafico Aziendale stava cominciando ad affluire anche in Italia. Un caso storico e molto importante è quello di Olvitetti che rappresenta una vera e propria anticipazione del concetto di Corporate Identity. Secondo Olivetti l’Immagine d’impresa doveva essere l’espressione di tutto un modo di concepire e di praticare i rapporti aziendali. L’importanza della cultura, sia visiva che scritta, le politiche sociali ed il legame con il progetto politico ideologico di Comunità, sono aspetti strettamente collegati alla costruzione di quello stile divenuto poi leggendario e finito sui manuali di Corporate Identity per Designer. Nel 1931 nasce il primo ufficio Pubblicità dell’azienda, affidato nel 1931 a Renato Zveteremich e in seguito dal 1938 retto da Leonardo Sinisgalli. Elemento fondamentale dell’azienda Olivetti era il concetto di Stile Industriale, battezzato Stile Olivetti, ovvero l’insieme dei valori etici ed estetici che rappresentavano un azienda non solo in relazione ai suoi prodotti ma anche diffondendo uno stile etico, che tutelava i lavoratori e lasciava trasparire al consumatore il benessere dell’azienda stessa. Figure come Giovanni Pintori cominciano a far parte dell’ufficio Pubblicità e Relazioni Pubbliche di Olivetti. Lo stile Olivetti nasceva da uno scambio dialettico tra la cultura dell’azienda e l’apporto personale dei singoli collaboratori. Figure come Pintori e Nizzoli che riuscivano a fondere il settore dell’arte con il settore della grafica diedero vita ad una seria di Manifesti che rappresentavano perfettamente il concetto unitario che Adriano Olivetti voleva estendere al consumatore ma anche al lavoratore stesso che lavorava dentro alla sua azienda per renderlo partecipe dell’immagine unitaria dell’azienda. Un’ altra componente molto interessante dello Stile Olivetti era il valore culturale che veniva attribuito ai loro prodotti. Olivetti fù la prima azienda che cominciò a chiamare i suoi prodotti con nomi di figure illustri del campo culturale, filosofico e letterario. L’apice della Notorietà di Olivetti venne raggiunto nel dopoguerra quando aveva ottenuto rapidamente una vasta risonanza internazionale, consacrata dalla celebre mostra al Museum of Modern Art di New York del 1952. Nella pubblicazione che accompagnava l’esposizione si parlava di “ organizzazione di tutti gli aspetti visivi di una industria, conformati ad un unico standard elevato di gusto”. Il primato che venne progressivamente riconosciuto all’Olivetti nel campo della Corporate Image derivava principalmente dalla scelta felice di concentrare l’intervento estetico sull’intera organizzazione industriale. Si apprezzava la volontà di esprimere uno stile riconoscibile in ogni singola manifestazione dell’impresa, ma i caratteri distintivi di tale linea stilistica non erano dati ne formule scritte ne schemi predefiniti. La riconoscibilità dell’immagine si collocava essenzialmente sul piano della 3


qualità, del gusto e dell’eccellenza. In seguito alla grande crisi del 29 si verifica un fenomeno chiamato stilino, ovvero la tendenza ad accrescere l’appetibilità e di conseguenza la vendibili degli oggetti migliorandone soprattutto l’aspetto estetico. Cresce dunque la concorrenza tra le aziende, pubblicità e l’importanza di definire in modo coerente ed efficace gli elementi costituitivi delle identità visive, che si svilupperanno in maniera più organica, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Esattamente dopo il caso Olivetti un altra grande azienda comincia ad ispirarsi all’azienda di Ivrea. IBM , realtà americana nel campo dell’informatica e del mercato computer consumer comincia a seguire lo Stile Industriale che stava cominciando a diffondersi. Il primo logo della IBM compare verso gli anni 30, ed è un semplice monogramma composto in City Medium. Nel 1956 Paul Rand viene incaricato di riformulare la corporate Identity e per prima cosa si occupa del marchio: il suo intervento non è drastico, infatti si limita a ripulirlo. Il redesign di Rand, è caratterizzato da due quadratini in negativo della B e da una certa geometrizzazione del logo stesso. Il Marchio evolverà nel tempo fino alla celebre versione del 1972.

Olivetti Lettera 22 - Manifesto

Olivetti Design in Industry - Manifesto

Dopo Olivetti, nel panorama Italiano di grande importanza è il caso Italsider, grazie soprattutto alla direzione artistica della sua figura più importante, Eugenio Carmi. All’inizio degli anni Cinquanta, parallelamente alla sua ricerca pittorica, Carmi aveva intrapreso a Genova un’attività professionale di grafico e lavorava per diversi committenti locali, Quando, nel 1956, arrivò l’ingaggio da parte della Cornigliano, egli si divideva tra un intenso lavoro di designer, già riconosciuto internazionalmente, e una carriera artistica che si muoveva nell’ambito dell’informale. La Cortigiano, successivamente divenuta Italsider aveva l’obbiettivo di ricucire i rapporti con i cittadini e il pubblico consumer che si mostravano diffidenti nei confronti dell’azienda e del suo operato nella città di Genova. Carmi ebbe il compito di raiallacciare i rapporti con i cittadini cominciando proprio dalla cura di una Campagna istituzionale Visiva con Manifesti e Pubblicazioni atte a far emergere il valore modernista dell’azienda e dei benefici che avrebbe portato. Fra gli anni cinquanta e sessanta presso la scuola di Ulm, prende corpo un nuovo approccio sistematico e lineare. La metodologia era basata sull’impiego della griglia modulare, sull’utilizzo esclusivo di caratteri bastoni, la progettazione degli spazi bianchi come parte attiva della composizione. Su questa linea, sotto la direzione di Olt Archer, vengono sviluppati i sistemi d’identità di aziende come Braun (a partire dal 1956), e Lufthansa (dal 1962).

Lufthansa Logo

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grandi trasformazioni in relazione alle evoluzioni socioculturali e tecniche nell’ultimo secolo l concetto di grafica e logo cominciarono ad esistere dalle antiche civiltà egizie, dove i commercianti cominciarono a marchiare i mattoni da loro prodotti con il proprio marchio per differenziarsi dai “competitori” e da gli atri artigiani. Dalla metà del 400, nel mondo del prodotto e del commercio si ebbe una larga diffusione per poi diventare essenziali negli anni a seguire .In questo periodo i caratteri che andavano a comporre i font erano disegnati a mano o venivano selezionati da quei pochi disponibili esistenti ed utilizzabili. La composizione cromatica era esclusivamente in Bianco e Nero, scelta dettata dalla semplicità di riproduzione che il B/N conferiva e alla semplicità visiva che ne derivava. L’iconografia che andava a rappresentare il marchio era priva di fantasia e le associazioni concettuali dell’azienda erano abbinate alla figura di un animale, di oggetti e iconografie umane mitologiche. Ad esempio un azienda che voleva trasferire al consumatore il concetto di forza sceglieva un leone, chi voleva trasferire il concetto di leggerezza e leggiadria sceglieva un volatile o una farfalla e via dicendo. Il concetto di Brand, inteso come marca rappresentativa di un prodotto , che garantiva determinate qualità funzionali ed estetiche comincia a farsi strada agli inizi del 900. La maggior parte dei loghi mantiene sempre lo stile in bianco e nero, ma qualche caso cominciava a fare uno strappo alla regola, cominciando a presentare iconografie a colori per dare quel tono di visibilità in più rispetto alla concorrenza. Dopo il 1930 numerosi cambiamenti cominciano a prendere piede nel campo della tecnologia. Viene lanciato il l’idea di energia e potenza.


Nel 1940 i colori cominciano a diventare elementi non solo estetici ma soprattutto comunicativi. Il colore è una sensazione che viene recepita dal cervello e che ha effetti sul nostro organismo e soprattutto sul nostro atteggiamento psicologico. La nostra “tavolozza cromatica personale” dipende dal modo in cui percepiamo i colori esterni e da quali concetti emozionali gli associamo inconsciamente, sia sulla base del nostro vissuto personale, sia sulla base del contesto culturale in cui viviamo che ci influenza più o meno direttamente. In linea di massima, i colori caldi (giallo,arancione, rosso) sono stimolanti e positivi, ma anche irruenti e decisi. I colori tenui, come le tonalità pastello, sono rassicuranti e ispirano fiducia. Stessa cosa per i colori freddi, come il verde e l’azzurro. E’ l’esempio di Shell che affidandosi al coloro rosso e giallo trasferisce ai consumatori l’idea di energia e potenza.uniforme a tutti i marchi e iconografie. I colori cominciano a diventare elementi non solo estetici ma soprattutto comunicativi. Ad ogni colore veniva e viene tutt’ora associato un significato e un concetto ben preciso che conferivano all’azienda un valore aggiunto nella sua immagine Iconografica. E’ l’esempio di Shell che affidandosi al coloro rosso e giallo trasferisce ai consumatori l’idea di energia e potenza. Negli anni 50, con l’influsso dello Streamline negli Usa, e della nuova bellezza delle forme aereodinamiche, molti loghi vennero sottoposti ad un aggiornamento elegante, ed un aspetto più ricercato, più coinvolgente ed appunto aereodinamico, che prese piede all’interno del design dei loghi e mrachi, rispetto alle precedenti forme spigolosi e appuntite. Proprio in questi anni il logo Coca Cola subì la trasformazione che lo portò a essere quello che conosciamo oggi. All’inizo degli anni 60 comincia a diffondersi il colore anche sulla televisione. I programmi a colori erano nella case di ogni persona (con qualche leggero ritardo in Italia). Così come la televisione i loghi e i marchi seguirono la stessa evoluzione. Le grafiche, i marchi cominciavano ad adattarsi a quello che era il mondo televisivo, progettati per essere compatibili più per quel mondo che per la classica stampa o insegna di un azienda. Proprio in questo periodo molti paesi, soprattutto l’America cominciano a subire una profonda trasformazione culturale ed economica dove divene ormai affermato come figura il medium della televisione. Proprio in questo periodo si afferma in altrettanto modo la figura di Marshall McLuhan, nota soprattutto per espressioni come “villaggio globale” o “galassia Gutenberg”. Quelli che possono sembrare semplici slogan sono frutto, in realtà, delle prime vere e proprie teorie delle comunicazioni di massa, che fanno capo alla figura del sociologo canadese. In uno dei suoi primi testi, la Galassia Gutenberg (1962), egli analizza proprio le conseguenze dell’introduzione della stampa, che ha accentuato tutte le caratteristiche della cultura alfabetica, incentrata unicamente sulla vista.

“Una società è profondamente condizionata dal tipo di tecnologia che la contraddistingue. Il mezzo di comunicazione ha un ruolo centrale, è addirittura il messaggio stesso.” cit. Marshall Mclhuan. Passando dagli anni 60 agli anni 70, la cultura televisiva aumentò diffondendosi come uno stile estetico e grafico. Aumentarono i programmi giovanili, Sitcom familiari, palinsesti dedicati ai giovani e alle persone che promuovevano uno spiccato senso artistico. Viene dato un grande spazio ai caratteri in corsivo e soprattutto ai colori che cominciano a essere mischiati e combinati per generare effetti estetici sempre più gradevoli a livello estetico.Un esempio è il logo Apple che diviene portavoce di quanto appena detto. Dalla televisione passiamo ad una seconda mini rivoluzione tecnologica che comincia a entrare nelle case delle persone. La tecnologia informatica e i computer cominciano ad affiorare come prodotto di consumo e di conseguenza tutte le grafiche aziendali, loghi diventano più moderni e tech-friendly. Gli anni novanta si portano dietro i gli stessi valori degli anni 80, con miglioramenti a livello estetico e funzionale. Colori brillanti e forme molto più Pop cominciano a diffondersi ovunque. Negli anni 90 arrivano i primi embrioni digitali che si evolvono poi nel nuovo millennio, dove assistiamo all’evoluzione del Web , dal 1.0 , definito il web analogico, passando per il 2,0 e le interfacce grafiche applicate al web fino ad arrivare al prossimo web semantico, definito 3.0, ovvero una tipologia di piattaforma web, dove la velocità delle ricerche e dei trasferimenti dei dati e dei contenuti si velocizzi a livelli incredibili, proprio perchè basati sulla ricerca semantica.

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la grafica e le teorie della gestalt Nel primo novecento avviene un passo in avanti nel campo della grafica, prende forma una nuova teoria della composizione, della percezione e delle implicazioni di ordine psicologico. Queste teorie definiscono scentificamente delle nuove regole con la nascita della Gestalt. Questa corrente mette in evidenza l’aspetto generale della forma e ne studia le caratteristiche in rapporto alla percezione umana. Secondo questa teoria una “forma non è la semplice somma dei suoi elementi perchè se viene modificato anche solo uno di questi cambia l’intera percezione della forma stessa. Proprio da questo punto di partenza la Gestal enuncia i suoi principi base. Il principio della chiusura si riferisce ad una paticolare capacità percettiva tale per cui le linee e forme vengono considerate tali anche se “formalmente” chiuse e incomplete. Con un allineamento rigoroso delle forme e degli elementi riusciamo a correlarne il significato ugualmente alla vista del destinatario.

Il principio della continuità è invece fondamentale per l’organizzazione delle forme in una realizzazione grafica basandosi sul concetto che la percezione tende ad evidenziare quella forma che presenta il minor numero di cambiamenti e interruzioni nelle linee o nei contorni. Questo principio è mirato al raggiungimento di un buon equilibrio delle forme in una realizzazione al fine di trovare il giusto equilbrio in una composizione.

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Il principio della similirialità enuncia che elementi con caratteristiche comuni o meglio definiti appunto “simili” vengono percepiti come un unica forma. Attraverso l’utilizzo di insiemi di elementi accomunati da caratteristiche simili, possiamo aggiungere “ritmo” all’interno di una composizione grafica rendendo dinamicità e rompendo la monotonia della medesima.

Altro principio fondamentale è quello della prossimità. La vicinanza nello spazio di due o più elementi induce con buona probabilità a considerarli come un unica figura e queto principio deve essere tenuto in considerazione perchè chiarisce l’importanza di gestire al meglio la vicinanza spaziale tra gli elementi di una realizzazione.

Come ultimo abbiamo il principio della figura/sfondo, ovvero il rapporto tra una figura e il suo sfondo noto anche come principio del contrasto ed è il fondamento della percezione visiva: uno stimolo è percepito solo per contrasto con il suo sfondo. In ambito grafico il principio della figura/sfondo suggerisce come un contrasto di colori adeguato possa aggiungere interesse in determinate zone di una realizzazione, in modo da focalizzare l’attenzione del destinatario.

La grafica e le neoavanguardie cinetiche Un altra corrente di notevole importanza nel campo della grafica ha inizio verso la metà del novecento, più specificatamente verso gli anni 60. Con maggiore diffusione in Italia e nel resto dell’Europa, l’Arte Programmata e Cinetica comincia a diventare un fenomeno rilevante. La vera nascita di questo fenomeno si ha nel 1952 quando l’artista Bruno Munari scrive il Manifesto del Macchinismo, opera dove viene focalizzata l’attenzione sulle macchine, definite come degli esseri viventi ed evidenziando la cura che le persone cominciavano ad avere per questi strumenti, quasi come se fossero degli animali domestici. La paura di Munari era che col passare del tempo e con l’aumentare della tecnologia le macchine potessero prendere il sopravvento sull’uomo, definendo come unici salvatori da questa situazione proprio gli artisti. Il consiglio per gli artisti era quello di abbandonare tela, pennello e colori e cominciare a fare arte proprio tramite questi strumenti. Proprio con l’Arte Cinetica e Programma si avverò la profezia di Munari, secondo cui l’artista doveva distrarre la macchina dal suo funzionamento razionale spingendola a diventare una macchina inutile. Nel periodo immediatamente successivo alla nascita di questa corrente, quindi inizio anni 60 gli artisti trovano una risposta alla nuova necessità di trovare novità nel campo espressivo dell’arte. Vengono rivalutate correnti come il Futurismo, il Dadaismo. Ne conseguì una visione completamente critica dell’arte pensando a come fosse possibile aumentare il numero di opere e allo stesso tempo farne diminuire il costo. Proprio in seguito a questi cambiamenti nel 1962 avviene a Milano un esplosione dell’Arte Programmata e Cinetica, e alla Olivetti, viene proposta la rassegna omonima “Arte programmata”. E’ proprio per quest’occasione che Bruno Munari, uno dei protagonisti di questo movimento, insieme a Giorgio Soavi inventa tale termine che darà il nome alla rassegna, ospitando esposizioni nell’evento di artisti come Enzo Mari, Gruppo T, Gruppo N e Bruno Munari stesso. Il successo di questa rassegna ebbe un successo talmente grande da essere ripetuta come evento nella sede di Olivetti a New York. Proprio a causa della enorme diffusione di questa corrente artistica, avvenne un enorme banalizzazione della stessa, come succede al giorno d’oggi con tutte le mode, e ciò causo la discesa di questa corrente la cui stima andò via via diminuendo.In constrapposizione alla Por Art, dal punto di visto poetico ed espressivo di questa corrente, venivano prodotte opere aperte e programmate dove ci si focalizzava


completamente sul movimento che diventava essenziale e fondamentale. Questo movimento veniva supportato da meccanismi ottici e illusori ottenuti tramite effetti di luce per la maggior parte delle volte. Il ritmo di queste opere poteva ripetersi infinite volte e aveva notevole importanza il coinvolgimento dello spettatore. Tra i fattori principali che caratterizzavano queste opere troviamo la progettazione di meccanismi cinetici, la rilevanza dei giochi di luce, e di una dimensione temporale. Altra caratteristica importante di queste opere cinetiche era la possibilità di essere replicabile in modo simile in varie copie. La creatività e la tecnologia viaggiavano in unica retta parallela, la programmazione dell’opera doveva essere controllata totalmente e il risultato dell’opera doveva stimolare la percezione visiva del’utente e renderla attiva. L’opera Meta-matic di Jean Tinguely (1959) è una testimonianza di come questa corrente grafica- artistica anticipò quello che succede al giorno d’oggi nella nostra società, ovvero la totale invasione di macchine e strumenti digitali. Una seconda opera di estrema importanza fù “Proiezione di diapositive a luce polarizzata di Bruno Munari”.In quest’opera è di primaria importanza la stimolazione visiva dello spettatore che sperimenta nuovi effetti di luce e colori che nel mondo dell’arte non si erano mai visti. E’ la nascita dell’arte programmata ottica, che sperimenta nuovi materiali e nuove tecnologie per creare un nuovo tipo di estetica. Buno Munari è uno degli autori che ha sempre cercato di usare materiali alternativi e leggeri come la plastica o innovativi come il metallo verniciato. La sua poetica risente delle teorie futuriste, corrente alla quale l’artista aveva aderito in giovane età. In ultimo Gruppo T era uno dei più importanti gruppi di arte cinetica e programmata italiani, si proponeva di fare arte “immersiva e interattiva” cioè, come in questo caso, un’arte che avesse l’obbiettivo di realizzare ambienti che fossero capaci di indurre nello spettatore risposte non prevedibili e diverse. Le opere del gruppo T erano dette “opere- ambiente” che diventavano “abitabili” e mutavano interagendo col fruitore dell’opera d’arte. Il gruppo era costituito da cinque componenti: Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco. La sua attività si svolse dal 1959 ai tardi anni Settanta e seppure teorizzasse un’ideale di arte collettiva e firmasse le opere con il nome del gruppo, non rinnegò mai l’importanza dei suoi singoli componenti.

Proiezione di diapositive e luce polarizzata di Bruno Munari

Gruppo N - “Senza Titolo” - 1964 Cm 45 x 45 Collezione Parfin Padova

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La grafica e le evoluzioni della stampa, dalle tinte piatte ai milioni di colori Analogamente all’evoluzione della grafica và analizzato ed esaminata l’evoluzione dei processi di stampa. Partendo dalle origini della Stampa, dove Gutenberg segnò un passaggio chiave dalla scrittura a mano degli emanuensi al carattere mobile, che si basava sulla realizzazione di caratteri in una leggera lega metallica per mezzo di matrici in legno, preventivamente scolpite in “negativo” in cui si versava il metallo fuso, che potevano essere poi disposti in maniera allineata grazie a delle forme-guida (compositoi) che permettevano di comporre intere pagine. Durante il periodo tra 500 e 700 non ci fuorono particolari evoluzioni dei processi di stampa, ma si passò un’ evoluzione della progettazione grafica del libro, e quello del design dei caratteri di stampa.Con l’avvento della Rivoluzione Industriale cominciano delle piccole evoluzioni in questo campo, L’età dei lumi aveva gettato le premesse per far scattare una frenesia inventiva che fu caratterizzata dall’invenzione della macchina a vapore ed altri sistemi tecnologici che vennero applicati anche in campo tipografico facilitando la produzione in serie di libri e riviste. Il grado culturale e l’alfabetizzazione crescevano e pertanto bisognava soddisfare il bisogno di sapere ed informarsi attraverso anche la nascita dei primi giornali. Nel 900 vengono costruite le prima macchine da stampa Industriali, ovvero le rotative e le macchine da stampa Offset. Avviene quindi un evento cruciale nell’evoluzione della stampa, grazie allo sviluppo dell’arte tipografica ne segue uno sviluppo anche nel campo della fotografia, dando così origine alla possibilità di stampare immagini a colori. Nasce così nel dopoguerra la stampa a colori. Il procedimento delle stampe a colori si basava e si basa tutt’ora sulla scomposizione in quadricromia. consistente in 4 pellicole corrispondenti ognuna ad un colore (cyan, magenta, giallo e nero) ricavate dalla riproduzione selettiva delle immagini a colori attraverso un’opportuna filtratura dei colori complementari e per mezzo di una retinatura indispensabile a dare tutte le sfumature di colore presenti nell’immagine originale. Non tutti i colori dello spettro visibile possono essere ottenuti con la quadricromia o sintesi sottrattiva. E quindi non tutti i colori RGB (red, green, blue) hanno un corrispondente nel modello CMYK. I colori RGB sono quell’insieme dei colori che possiamo vedere sullo schermo dei nostri monitor, dispositivi mobile, e televisori. Ricordiamo che il modello RGB contrariamente al modello dei colori CMYK è un sistema additivo. 8

messe a contatto delle cosiddette lastre (plates) dalle quali, attraverso un opportuna foto-incisione, venivano ricavate le matrici di stampa da montare sui rulli delle macchine offset. In maniera analoga a questa piccola rivoluzione della stampa, evolve la concezione grafica e del progetto grafico in se per se. Mentre prima si era limitati dalla tipografia in bianco e nero comincia a prendere spazio una visione colorata del progetto grafico. I colori vengono inseriti all’interno di manifesti, pubblicità, slogan per vivacizzare e rendere un aspetto più simile a reale del disegno o illustrazione. L’evoluzione della stampa prosegue per tutto il 900, dove assistiamo ad una notevole acellerazione del processo di trasformazione della stampa e della grafica stessa. Con il proseguire dell’evoluzione della stampa ci si avvicina verso gli anni 80. E’ il caso di citare la Linotipia e la relativa macchina Linotype, costituita da una tastiera letterale, su cui un tecnico specializzato (il “linotipista”) compone le parole comandando per ogni singolo tasto una leva che libera la corrispondente matrice situata nel magazzino. Le matrici vanno a disporsi nel compositoio fino al completamento della riga. Quando la scrittura è completata, il compositoio, con un primo elevatore, passa alla forma. Qui, da un crogiolo è immesso il metallo fuso (solitamente piombo) che fonde l’intera riga. Un secondo elevatore affida poi le matrici al meccanismo della distribuzione, dove un sistema di prismi e di tre viti elicoidali s’incarica di riporre le matrici nei rispettivi canali del magazzino. Proprio verso la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 viene abbandonata la Linotipia e sostituita dai computer. Nasce quindi l’editoria elettronica. Tutto quello che veniva realizzato da un grafico di una tipografia, (impaginazione, scontornature, montaggio, controllo del colore di stampa ecc.) poteva finalmente essere fatto in tempi rapidissimi dal computer. L’impaginazione divenne un lavoro di grafica, eseguito sugli schermi del computer. Un processo tecnologico della stampa che diede inizio ad una rivoluzione in tutti i settori produttivi Nel 1990 la Apple di Steve Jobs lancia ilMacIntosh LC (un pc a basso costo. Un computer con modalità d’uso altamente intuitive per l’editoria elettronica (desktop publishing) che da quel momento in poi stravolgerà la stampa negli ultimi 10 anni del XX secolo. L’uso di un’ infinita disponibilità di caratteri che possono essere trasformati per crearne di nuovi e più fantasiosi, la possibilità di poter impaginare interi lavori da stampare controllando sul monitor ogni più piccola variazione, la possibilità di poter già inserire nell’impaginato elettronico le immagini in file opportunamente scannerizzate, non fanno altro che aumentare la velocità di produzione degli stampati aumentandone pertanto la quantità stessa, ma soprattuto la facilitazione della gestione delle gabbie grafiche grazie a questi strumenti digitali, con il risultato di impaginazioni più rapide ed

efficenti, potendo gestire in maniera globale le regole delle gabbie, e poter variar e e giocare con l’inserimento dei testi ed immagini all’interno di esse.A questo seguì un’evoluzione immediata delle composizioni grafiche che grazie all’utilizzo del computer potevano ora spaziare dalle precedenti tinte piatte ad un aumento notevole dei colori utilizzati per comporre un disegno, un logo o un illustrazione. Parliamo dell’inserimento delle sfumature, delle opacità che riuscivano a creare fantastici effetti di colori che si mescolavano e creavano a loro volta composizioni cromatiche ricercate e molto particolari.

Primi Manifesti a colori a fine 900

Prime Stampanti a colori da casa - anni 1980


la grafica ed il media televisivo

Grafica anni 20 - Cèervence Repubblica Ceca

Manifesto grafico giapponese 1950

Apple Apple Worldwide Developers Conference 2012 Logo

Come precedentemente nell’evoluzione dei loghi e della Corporate Identity, verso la fine degli anni 50 e l’inizio degli anni 60 ci fu un vero e proprio boom della televisione che comincia ad entrare nelle case. Proprio con il cambiamento e nascita di questi nuovi media, cambia anche il concetto di comunicazione e di grafica. Con l’arrivo della televisione cambia il modo in cui deve essere concepita la grafica, dovendo essere in grado di trasferire testi e immagini attraverso diverse piattaforme. Con l’arrivo dello schermo televisivo il campo del Graphic Design non si confronta più con i classici mezzi e strumenti ma avviene uno scontro tra la natura classica dei precedenti supporti, e la televisione. La grafica non è più limitata all’immagine statica. Già nel cinema prima del 900 la Cinematica comincia a precedere questi cambiamenti, con Moholy-Nagy e le sperimentazioni del Bauhaus dovute anche alle loro collaborazioni. il Film riesce a spazzar via la rigidità dei vecchi blocchi di testo, pensiamo ai titoli animati di Saul Bass, ancora oggi molto importanti per la Motion Graphic. Già con l’avvento del cinema vengono effettuati dei tentativi di unire i linguaggi della grafica e del video a opera dei dadaisti. Tra i primi troviamo Hans Ritcher che nel 1921 aveva realizzato un film intitolato Rhytmus in cui figure geometriche che ricordano un quadro di Ritvield si muovono in configurazioni sempre diverse, esplorando le possibilità che la grafica poteva avere con l’immagine animata e anticipando di quasi quarant’anni i titoli animati dello stesso Saul Bass. Molto importante era anche l’effetto che la televisione e queste nuove concezioni grafiche dinamiche avevano sull’utente come i messaggi subliminali che venivano nascoti nei fotogrammi durante le proiezioni, fotogrammi che superavano la quantità percepibile dall’occhio umano, ma riuscivano a rimenre impressi nel cervello e creare e spingere al desiderio di prodotti ben specifici la persona che guardava in maniera inconsapevole la proiezione. Figura importante in questa analisi dell’effetto di quesi nuovi media televisivi sull’utente era lo studioso canadese de Kerckhove che ha formulato il concetto di brainframe. “L’idea sottesa a questa nozione è che le tecnologie di elaborazione dell’informazione ‘incornicino’ il nostro cervello in una struttura e che ciascuna di esse lo sfidi a fornire un modello diverso, ma egualmente efficace, di interpretazione”. In pratica, secondo de Kerckhove il cervello umano deve essere considerato come un eco-sistema biologico, che si trova sempre ad interagire con la tecnologia. Esiste, cioè, un ambiente mediatico che

che inquadra l’attività del cervello sia sul piano fisiologico, ovvero riguardo all’attività neuronale, sia sul piano psicologico, ossia rispetto alle prestazioni cognitive. Per alimentare la sua tesi lo studioso canadese si rese disponibile nell’affrontare un test del direttore del Media Analysis Lab della Simon Fraser University di Vancouver Stephen Kline. Le due conclusioni che derivarono furono che la tv parla al corpo, non alla mente e che dato che lo schermo video ha un impatto così diretto sul sistema nervoso e le emozioni, e un effetto ridotto sulla mente, la maggior parte dell’elaborazione di informazione è opera dello schermo. La tv ha un potere di fascinazione ipnotica, qualunque movimento sullo schermo attira la nostra attenzione e rende impossibile la concentrazione. L’esperimento dei fratelli Kline evidenzia che il sistema neuromuscolare segue le immagini video mentre la mente vaga per conto proprio.

Saul Bass - The man with the golden arms - testi dinamici

Hans Ichter “Rhythmus”

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la grafica e il web Dopo Saul Bass verso gli anni 90 i rapporti tra la grafica e questi nuovi strumenti digitali vennero sempre più esplorati, e tra i principali designer grafici di questo periodo vi fu John Maeda; avvantaggiato dall’avere una formazione sia da artista che da programmatore potè avvicinarsi maggiormente al mondo del computer, sviluppando una sua visione su questi nuovi media senza aver bisogno di intercorre ad intermediari. La peculiarità di questo personaggio fù proprio quella di voler legare la semplicità di un buon design grafico alla complessità dei computer. Subito dopo il computer vediamo la nascita della grafica per il Web, parallela all’ evoluzione di Internet e della piattaforma Web. La sua prima versione consisteva nell’ internet dei contenuti, i siti web erano semplici testi statici simili alle pagine di un libro o a fogli di word. Contenevano anche immagini o video, ma lo scopo di queste pagine era la mera consulenza, l’informazione, senza interazione fra utente e contenuto. I siti erano formati da pagine ricche di ipertesti, pagine contenenti collegamenti ad altre pagine, che creavano una struttura simile ad un enorme libro. La piattaforma 1.0 non consentiva all’utente di poter interagire con i contenuti digitali e ciò spinse i ricercatori a cercare un’evoluzione: rendere dinamico il web permettendo all’utente di interagire con esso. La trasformazione ebbe inizio con la possibilità di inserire dei commenti; in seguito con l’ausilio di nuovi linguaggi di programmazione (php) si crearono i primi forum e i primi blog dando vita al Web 1.5. Ma l’evoluzione continuò velocemente arrivando subito alla piattaforma Web 2.0, definito il Web Dinamico che prese piede con lo sviluppo e l’evoluzione delle community, dei social network, l’introduzione dei wiki (dove gli utenti possono reperire informazioni, modificarle e aggiungerne altre, wikipedia ne è un esempio).La condivisione dei contenuti online si diffonde a velocità elevatissima andando a creare quella che oggi è la nostra realtà. tutti condivono foto, video commmenti, idee, e ogni pensiero che possa rappresentarci. La prossima versione dove stiamo già entrando è zWeb 3.0: il web della semantica e delle cose, Web of Things. già dal Web 2.0 che si posiziona perfettamente nella nostra era vediamo come questi contenuti dinamici necessitano costantemente di elementi grafici anch’essi dinamici. La grafica del web si modifica in maniera continua adatandosi ai cambiamenti delle tendeze, i siti si rinnovano, i colori mutano e i contenuti si adattano.

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Il Graphic Designer e il Web Designer cominciano a lavorare insieme, proprio perchè questi due mestieri iniziano a confluire nel prodotto finale. Chi realizza un sito Web necessita della componente grafica del Graphic Designer che a sua volta fa uso della programmazione e delle doti del Web Designer. Nascono le Web Agency che collaborano con le Agenzie Pubblicitarie e la Grafica si espande, sganciandosi dai vincoli dei soli artefatti cartacei.

Piattaforma SoundCloud

Piattaforma Youtube

Social Apps

Facebook

presupposti di progetto: la variabilità formale del segno senza perdita di Identità Il teorico italiano Anceschi nel 1988 affermava che un Marchio o un Brand tende solitamente ad assumere una configurazione semplice, fissa e soprattutto a conservare inalterati i rapporti dimensionali fra le parti che lo compongono. La costanza visiva e percettiva è l’obbiettivo principale del progettista. Ma fu proprio in quel periodo, che numerosi grafici e designer cominciavano ad andare in contrapposizione a questa regola, attraverso strategie progettuali molto diverse. La progettazione di un identità variabile non è un tema completamente nuovo, basti pensare all’azienda Michelin, ed al suo marchio, che fu uno dei primi Brand ad essere definito flessibile. La mascotte del brand, l’omino Michelin fu, ed è tutt’ora rappresentato in numerose varianti. portando un evoluzione del suo aspetto anche nel tempo. Non potendo ancora parlare di identità dinamiche possiamo dire che dal’inizio degli anni 60 iniziano a svilupparsi con consapevolezza i primi progetti rivolti a creare un marchio ed un identità variabile che fossero capaci di adattarsi a più situazioni applicative. Ricordiamo il codice visivo progettato da F.H.K Henrion per identificare le dodici società che costituivano il gruppo Metra International. Il sistema adottava una trama di punti esagonale dal quale veniva ricavata l’iniziale di ogni azienda affiliata per costruire un marchio individuale in coerenza delle altre. Va anche detto che questo tipo di approccio alla grafica e al Brand comincia a prendere piede proprio con l’avvento del Computer. Un esempio successivo a quello di Henrion e quello di Paul Rand, autore dei primi testi dinamici con l’avvento del cinema e della Televisione come citato nei paragrafi precedenti nello sviluppo della grafica in relazione alla televisione. Rand percorre la strada della grafica cinetica sviluppando una versione filmata del marchio della Westinghouse, disegnato nel 62 in cui una brevissima animazione mostrava la composizione del logo in animazione e possiamo definirlo uno tra i primi tentativi di realizzazione di un logo cinetico. Il primo caso completo di variabilità d’identità lo troviamo nell’opera del gruppo GGK, composto da Gerstner, Paul Grendiger e Marcus Kutter che realizzarono il logo “Literature in Koln”, un caso di vera e propria variabilità del segno. In questo caso si aveva una composizione di tre lettere, che costituivano l’anagramma Lik e che potevano essere indistintamente composte ognuna con un carattere tipografico diverso. Questa semplice ma efficace soluzione


Questa semplice ma efficace soluzione permetteva una variabilitĂ del segno delle lettere, mantenendo inalterata la stessa riconoscibilitĂ del marchio composto dalle lettere e garantendo la creazione di decine di composizioni diverse in base ai gusti e alle scelte grafiche dei vari designer.

Westinghouse logo - Paul Rand

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possibili scenari futuri l’immagine dinamica

In seguito alle prime sperimentazioni effettuate con le variabilità formali del segno cominciamo a definire i primi casi di vera e propria identità dinamica che abbiamo avuto nel tempo. Mtv verso l’inizio degli anni 80 da vita ad un immagine dalla dinamicità giovane, vivace, estroversa che riscosse un gran successo e le permise di avere un ottima riconoscibilità ( a livello televisivo soprattutto) in tutti i paesi. Mtv era nata rivolgendosi ad un pubblico nuovo, ad una giovane e nuova generazione che voleva romperere le righe, e avviò una ricerca di temi e identità che valorizzassero le varie identità giovanili nascenti. Il campo della telvisione permise ad Mtv di enfatizzare la sua dinamicità visiva grazie alla collaborazione di esperti in animazione dell’epoca, e possiamo definire tutt’ora le animazioni del suo marchio tra le più coinvolgenti ed efficaci. L’immagine Dinamica rappresentante una società comincia a diventare un elemento sempre più diffuso, diventano sempre di più le aziende o enti che si rivolgono a questo tipo di soluzione. La caratteristica fondamentale di questa tipologia di identità stà nel mantenere appunto un elemento variabile ed uno costante. L’elemento costante può essere definito come un accostamento formale o cromatico che permette di riconoscere quell’identità anche subendo variazioni di altro genere. L’elemento variabile invece è quella sezione dell’immagine che muta, si adatta a varie tematiche, a vari fattori che possono essere semplici colori, immagini, foto o dati reali che variano nel tempo e nello spazio. Possiamo immaginare un marchio composto da lettere, dove l’elemento costante sia la composizione delle lettere, e l’elemento variabile sia rappresentato dal rimepimento che troviamo all’interno delle lettere, o semplicemente da una composizione decorativa ornamentale posta internamente o esternamente all’insieme delle lettere. Va ricordato che questa tipologia di “immagine” o “Identità” prende piede ed inizia a formarsi proprio nel periodo di fine anni 50, quando la televisione comincia a entrare nelle case dei consumatori come prodotto di massa. L’elemento dinamico che caratterizza la televisione, e successivamente tutti gli schermi digitali della nostra epoca enfatizzano questa dinamicità dell’immagine. Si arrivano a creare loghi e marchi basati su vere e proprie animazioni e commplesse composizioni di motion graphic. 12

la progettazione parametrica Il termine progettazione parametrica, spesso associato al termine della grafica generativa, consiste in un nuovo paradigma in grado di rispondere alla crescente complessità dei processi progettuali attraverso un approccio alternativo, che colloca in una prospettiva diversa i ruoli consolidati di risultato e processo vedendo nel computer un particolare alleato. Questa metodologia non può essere definita recente ma l’idea di generare forme tramite rigorose relazioni geometriche tra parametri quantificabili trova il suo boom nel periodo attuale, sia nel campo del design grafico, che in quello di prodotto e anche nel campo dell’architettura. Un Software molto utilizzato nell’ambito della grafica e design, che sta prendendo piedi in questi ultimi periodi è Grasshopper, che dà la possibilità ad architetti e designer di creare forme molto particolari in base alla realizzazione di un codice che permette appunto questa infinita variabilità formale. Tra i vantaggi troviamo il risparmio di tempo nella realizzazione di forme complesse, e l’ottimo risultato variabile della forma. Applicando questi concetti nel campo della grafica il progettista è un grado di partire da una forma base iniziale, e una volta definiti e basati dei codici legati a dei valori variabili generare un elevato numero di varianti e forme, calcolate in maniera diretta dal software in base ad un cambiamento od evoluzione dei parametri e valori immessi inizialmente. La forma si evolve diventando un grafico in tempo reale capace di comunicare dati e evoluzioni degli stessi. L’architettura Dinamica di Ghery ha numerosi punti in comune con la progettazione parametrica.

Nel 1989 L’architetto comincia ad utilizzare dei software come Alias ma soprattuto il software Catia che era stato sviluppato per l’industria aerospaziale. Le sue opere erano “costruite” usando le equazioni matematiche della geometria descrittiva. Così nasce il metodo: rivestimento - spazio per connessione - spazio per struttura. Stesso sistema poi adoperato per il Guggenheim di Bilbao e l’Experience Music Project (EMP) di Seattle. Grazie all’utilizzo dei mezzi informatici nel museo di Bilbao non ci sono due elementi uguali tra i 24.000 mq. Per produrre gli elementi della facciata sono stati necessari 50.00 disegni e 60.00 ore di calcolo. Questo fa capire come sia indispensabile il computer per realizzare simili opere. L’innovazione informatica è stata agevolata da tre fattori: rapidità dello sviluppo tecnologico, trasmissibilità dell’informazione digitale (limiti spazio-temporali) e forme apparentemente infinite. Questa applicazione di algoritmi generativi a fenomeni specifici, non ancora precisamente codificati è una delle sfide più interessanti della software art e della grafica generativa. È quello che ha tentato di fare l’eclettico e celebrato gruppo svizzero dei Büro Destruct, esponente di punta nella scena internazionale del design stampato ed elettronico. Astraendo alcune conclamate regole del design elvetico degli anni sessanta ha creato BDD, un software per mac osx e windows liberamente scaricabile che crea continuamente combinazioni di forme adatte per poter essere usate come loghi e pattern in opportune combinazioni di colore. Uno stile storicamente riconosciuto viene quindi espresso in formule, riassumendo uno stile, e quindi un prodotto culturale e storico, in una serie di preziose regole di riproduzione concettuale. I risultati sono visibili pure online in una simulazione in shockwave, mentre il software permette di salvare le schermate in formato vettoriale (eps).

Architettura Parametrica


la grafica generativa

evoluzione del web e possibili proiezioni future

Strettamente collegato all’argomento della progettazione parametrica troviamo la diffusione avvenuta in questi ultimi anni della grafica generativa o arte generativa. Questa particolare tipologia artistica e grafica inizia a diffondersi dagli anni 80 e nasce tra una limitata interazione tra uomo e macchina, e come succede con la progettazione parametrica con l’impego e l’inserimento di formule matematiche che costituiscono la variabilità della forma in base a dei parametri ben definiti e variabili. Con la grafica generativa si espande il processo parametrico anche all’arte e alla grafica. Si ha la possibilità di partire da forme semplici per arrivare a strutture sempre più complesse ma comprensive di una medeima identità visiva. Da citare in questo ambito il celebre Ward Adrian, autore di software generativi di elevata qualità come dimostra la sua opera intitolata Signwave Autoillustrator, un software semiautonomo che ha lo scopo di creare disegi di grafica vettoriale. Di notevole importanza anche il gruppo svizzero dei BuroDestruct che dopo aver esaminato il design elevetico degli anni 60 ne ha estrapolato le regole fondamentali identificabili secondo un loro software il BDD che crea combinazioni di grafiche e forme sempre nuove e distinte adatte per essere usate come loghi e pattern in coerenti ed organiche combinazioni cromatiche, creando una riproduzione di regole concettuali.

Strettamente collegato all’argomento della progettazione parametrica troviamo la diffusione avvenuta in questi ultimi anni della grafica generativa o arte generativa. Questa particolare tipologia artistica e grafica inizia a diffondersi dagli anni 80 e nasce tra una limitata interazione tra uomo e macchina, e come succede con la progettazione parametrica con l’impego e l’inserimento di formule matematiche che costituiscono la variabilità della forma in base a dei parametri ben definiti e variabili. Con la grafica generativa si espande il processo parametrico anche all’arte e alla grafica. Si ha la possibilità di partire da forme semplici per arrivare a strutture sempre più complesse ma comprensive di una medeima identità visiva. Da citare in questo ambito il celebre Ward Adrian, autore di software generativi di elevata qualità come dimostra la sua opera intitolata Signwave Autoillustrator, un software semiautonomo che ha lo scopo di creare disegi di grafica vettoriale. Di notevole importanza anche il gruppo svizzero dei BuroDestruct che dopo aver esaminato il design elevetico degli anni 60 ne ha estrapolato le regole fondamentali identificabili secondo un loro software il BDD che crea combinazioni di grafiche e forme sempre nuove e distinte adatte per essere usate come loghi e pattern in coerenti ed organiche combinazioni cromatiche, creando una riproduzione di regole concettuali.

Buro Destruct - Grafica Generativa

Grafica Generativa - E’ Bologna

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evoluzione del web e possibili proiezioni future Come anticipato nel paragrafo “la Grafica e il Web”, possiamo dire che internet e la sua piattaforma diventano sempre più presenti nella nostra vita, quasi in maniera prepotente e aggressiva, Viviamo circondati da strumenti digitale che sono capaci di connettersi al web e di poter scambiare informazioni, definendo quello che già viene chiamato Web 2.0, l’internet dinamico, che ci permette di interagire con i contenuti online, e che non accadeva con la piattaforma 1.0. Ma come sarà il futuro del web? come evolverà questa piattaforma e che relazione avrà con le nostre vite? dal Web 2.0 stiamo già passando al 3.0, ovvero l’avvento dell’Internet of Things. Spiegando questo termine possiamo definire l’Internet of Things riassumendo le parole della “Strategic Research Agenda of the Cluster of European Research Projects on the Internet of Things”. “Iof” è definito come una infrastruttura di rete globale e dinamica con capacità di auto configurazione sulla base di protocolli di comunicazione standard e interoperabili, dove gli oggetti fisici e virtuali hanno un’identità, attributi fisici, personalità virtuale e utilizzano interfacce intelligenti, oltre ad essere perfettamente integrati nella rete info-telematica. L’Internet of Things è basato sulla diffusione di elementi caratterizzanti intorno a noi che collaborano in maniera uniforme e costante con la rete web, parliamo di sensori, attuatori, telefoni cellulari, tablet e tutti quei dispositivi che sono in grando di scambiare e ricevere informazioni dalla rete in tempo reale, aggiornandosi ed evolvendo i loro database in base ai dati raccolti per raggiungere uno scopo specifico. Tutto ciò ovviamente è possibile grazie ai recenti sviluppi tecnologici e della miniaturizzazione degli elementi come sensori , processori di calcolo, schermi, display, antenne e ricettori nonchè delle comunicazioni wireless e dei sensori più avanzati come l’NFC che permette uno scambio di informazione tra due dispositivi al semplice tocco. questa evoluzione si espanderà mano a mano in tutti gli oggetti che circondano la nostra vita, e secondo il National Intelligence Council americano “entro il 2025 molti oggetti della vita quotidiana diventeranno nodi di Internet ,dalle confezioni alimentari ai mobili, ai documenti cartacei, e così via” Altro fattore importante di questa evoluzione digitale del web è l’intelligenza semantica ovvero quelle tecnologie in grado di trasformare informazioni non strutturate, ad esempio i contenuti di un sito web, in un insieme (database) di informazioni strutturate che può essere interpretato ed elaborato 14

automaticamente sulla base delle proprietà semantiche dei dati. Tradotto da qui in avanti ogni ricerca di contenuti sul web sarà effettuato in maniera più efficente e rapida, i tempi di ricerca su internet saranno dimezzati e l’efficenza aumenterà grazie a questa evoluzione di significato. Cerando di identificare delle possibili evoluzioni dalla piattaforma del web 3.0 ad una prossima, si sente già parlare di quelle che potrebbero essere delle possibilità. Il Web semantico, avrà come componente principale quella di evolversi in maniera molto più rapida e incontrollata dell’attuale piattaforma che condiviamo adesso. Come detto prima le ricerche e gli scambi di dati online saranno molto più veloci perchè basati su significati semantici delle parole e dei contenuti stessi. Ma allo stesso modo questo porterà vantaggi e beneifici nello sviluppo tencologico che sarà in grado di progettare dispositivi al passo con questa tipolgia di nuovo Web. Immaginiamo degli strumenti che siano in grado di essere a conoscenza di cosa accada dall’altra parte del mondo prima di noi stessi. Strumenti capaci di fare previsioni realistiche avanzate sulla nostra vita.

Internet of Things


social network analysis Con l’evoluzione del web e la diffusione quasi totale della rete dei social network nella nostra vita, cresce allo stesso modo l’attenzione per il tema di questi social network e delle analisi a loro affiliate, da qui appunto la definizione si SNA, Social Network Analysis. La rete sociale è una struttura relazionale tra attori (gli utenti) che in quanto tali costituiscono una forma sociale rilevante che definisce il contesto in cui si muovono quegli stessi attori. La rete sociale risulta essere allora la struttura di relazioni le cui caratteristiche possono essere usate per spiegare il comportamento delle persone che costituiscono la rete. Grazie a queste reti come facebook, twitter veniamo a conoscenza dei pensieri globali che caratterizzano gli utenti del nostro pianeta, gusti, impressioni, pensieri, reazioni a determinati eventi, ma soprattuto previsioni sui possibili sviluppi di marketing, e dei mercati dei prodotti. Proprio allo studio degli utenti come attori di questo panorama digitale e sociale, nascono gli studi sui movimenti e le evoluzioni che nascono dentro queste reti, le analisi del social network. Il Social Network Analysis si utlizza al giorno d’oggi per monitorare le connessioni all’interno delle conversazioni online , e il campo di applicazione di questo strumento sta via via diventando sempre più grande, si prevede infatti che diventerà presto uno strumento potentissimo anche nell’ambito del giornalismo. La potenza e versatilità di questo strumento consistono nel fatto che ogni fenomeno sociale può, essere letto in termini relazionali e strutturali: la condizione è che la struttura del fenomeno possa essere espressa in termini di attori sociali e di interconnessioni di varia natura tra quegli stessi attori, ovvero gli utenti, andando a creare delle vere e proprio reti di informazioni e generare dei grafici strutturati tramite il software. L’oggetto dello studio di questi strumenti sono più precisamente le reti di relazioni interpersonali viste da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Qualunque processo sociale sviluppa un fitto sistema di relazioni che si instura tra i soggetti coinvolti. Per questo i Social Network Analisys vengono utilizzati anche nelle organizzazioni per fornire un quadro esauriente delle dinamiche relazionali che si sviluppano nell’ambiente esterno e interno. I risultati delle indagini “SNA” sono spesso rappresentabili attraverso mappe e grafici che permettono di identificare e posizionare con chiarezza concetti molto astratti come l’influenza nelle relazioni, la qualità delle stesse e l’importanza dei flussi comunicativi tra i soggetti analizzati. Ad esempio una prima conseguenza

mostra che un adeguato livello di comunicazione favorisce relazioni positive e durevoli, che contribuiscono a loro volta, a rendere il processo maggiormente stabile ed efficace. Tra i fattori che permettono di valutare questa rete di relazioni, e costruire poi dei grafici rappresentativi troviamo il grado di influenza che individua il livello di incidenza del singolo attore sull’intero processo relazionale. La frequenza delle relazioni che “pesa il flusso relazionale e comunicativo ativato nel processo. Il controllo sulla relazione che evidenzia il grado di controllo reciproco che i diversi attori hanno sulle relazioni e quindi sull’intero processo comunicativo. La qualità della relazione cioè la modalità relazionale come percepita dai diversi attori.

Esempio Social Network Analisys

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casi studio “casa da musica” Andiamo adesso ad analizzare i casi studio tra i più noti e importanti nel campo delle identità dinamiche e generative. Casa da Musica, in italiano Casa della Musica rappresenta uno dei progetti di maggior successo realizzati fin’ora come identità dinamica e generativa. Il nome del progetto grafico è lo stesso della struttura a cui è riferito lo studio dell’identità. Casa da Musica è la principale Concert Hall del Portogallo, costruita nel 2005 dall’Office for Metropolitan Architecture (Oma) e progettata dall’architetto Rem Koolhass. In seguito alla costruzione di quest’ora venne richiesto un progetto grafico al newyorkese Stefan Sagmeister che decise di utilizzare la caratteristica e particolare forma dell’edificio come principale risorsa visiva. La struttura presenta infatti una particolare forma scultorea, caratterizzata da angoli e spigoli vivi e da una superficie multifacettata, e ovviamente questo insieme di forme caratteristiche ha provocato ispirazione visiva per il designer che si è occupato del progetto grafico. Il problema riscontrato durante la progettazione era proprio quello di capire come poter variare e maneggiare questa identità visiva, pensando alle possibili varianti, in quando la forma dell’edificio fosse già un marchio di per se. Dopo varie prove si decise di disegnare 6 diversi loghi, ognuno raffigurante la forma dell’edificio nelle 6 diverse proiezioni dell’edificio, nord,sud,ovest,est,sopra e sotto. Non fermandosi alle semplici mutazioni della forma generate dal cambio della vista prospettica, si aggiunge al progetto grafico un Logo Generator, ovvero un software digitale pensato appositamente per ricavare da una qualsiasi immagine una palette di colori da applicare ad una delle facce proiettate dell’identità dinamica. Ciò permette una varietà di combinazioni cromatiche quasi illimitate, generate dal software tmente sulla base delle proprietà semantiche dei dati. in maniera del tutto automatica, generando così una personalizzazione del logo a seconda di ogni utente che possa interagire con questo Logo generator. Le dichiarazioni del designer spiegano che la volontà era proprio quella di creare un sistema, ottenuto dal modello 3d dell’edificio, che permettesse di avere una forma riconoscibile unica e moderna proprio come la superfice della struttura su cui si basa l’identità dinamica. Il risultato è una continua possibilità di personalizzazione del logo che evolve e si stabilizza come se fosse un camaleonte.

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casi studio “City of Melbourne” La città di Melbourne viene definita come una città progressista, dinamica e riconosciuta a livello internazionale per la sua diversità, innovazione, sostenibilità e vivibilità. Dall’implementazione della sua precedente identità avvenuta esattamente 15 anni fà, la città ha registrato cambiamenti significativi e come risultato il consiglio aveva accumulato un numero crescente di loghi differenziati per vari servizi, che stavano diventando sempre più difficili da gestire. Da lì nacque la richiesta della città dello sviluppo di una strategia di brand coerente e con un nuovo sistema di identità. La sfida era quella di riflettere la raffinatezza di Melbourne al panorama mondiale, catturare la passione della sua gente e dotare la città di un immagine unitaria, flessibile e focalizzazione del futuro. L’esigenza era di superare le complessità politiche, di migliorare il costo ed efficacia della gestione del marchio ed unire l’immagine dei precedenti loghi diversificati in un unica identità unitaria che potesse però variare. Come soluzione alla richieste venne costruito il programma di Branding sulla base dei risultati di una verifica attenta delle diverse identità della città, la sua sostenibilità a lungo termine e i suoi piani strategici. Come cuore della nuova identità viene presentato il Logo “M” che enunciava una piena espressione del sistema ed un immediata riconoscibilità tramite una celebrazione che interpretasse le varie diversità della città, pur mantenendo la stessa immagine unitaria sotto al logo della “M” inziale di Melbourne. Il risultante di questa progettazione è la composizione di un identità colorata e vivace, adattabile a qualunque contesto che permette di rappresentare tutte le sfaccettature che questa città ha da mostrare al mondo intero, pur mantenendo l’eleganza di una cura grafica e visiva.

Melbourne Identity Advertising

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casi studio 53 ° biennale di venezia “fare mondi ” Di notevole importanza è l’identità progettata per la 53° Biennale di Venezia, evento che ha riunito più di 90 artisti e collettivi da tutto il mondo, presentando opere di tutti ilinguaggi, da installazioni giochi di luce e performance d’arte e pittura. Per la progettazione dell’identità venne fatta richiesta allo studio Stockholm Design Lab, incaricati di creare una nuova identità che comunicasse ed esprimesse perfettamente il concetto racchiuso nella frase “Fare Mondi” e riflettesse l’atmosfera della mostra d’arte, adattabile ad un gran numero di applicazioni e formati, come publicità, poste, cataloghi e segnaletiche varie, senza però competere con le stesse opere grafiche presentate durante l’evento della biennale. Lo studio Stockholm sintetizzò il concetto in un linguaggio grafico che partiva dalle singole bandiere, delle nazioni partecipanti, come elementi universalmente riconoscibili, e decostruire queste elementi in forme elementari per poi ricombinarle insieme come se appunto i mondi fossero ricostruiti in forme astratte, ricordando un po la grafica del costruttivisimo russo. Il risultato si presenta come molto efficace e di grande impatto, facendo emergere un linguaggio visivo semplice ma esteticamente gradevole esaltando la ripetizione e la differenzazione. La realizzazione finale di questo lavoro viene pubblicata nell’opera finale, ovvero il catalogo che racchiudeva il riassunto dell’intera mostra con le opere esposte e che era stampato in 20 versioni diverse di copertina per aumentare ed elogiare la caratteristica di ripetizione, differenzazione e variabilità del progetto grafico che era stato realizzato intorno a quei mondi astratti ripresi dalle bandiere dei paesi.

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casi studio “brooklyn museum identity” Il Broklyn Museum, museo della città di Brooklyn necessitava un rinnovamento dell’identità che lo distingueva dalle altre realtà museali delle città più importanti degli altri paesi. La nuova soluzione dona al museo un identità alternativa, presentandolo come un associazione che oltre alla cultura e al sapere, mira i suoi interessi sulla famiglia, piuttosto che ai turisti, rivolgendosi alla sua comunità. Il nuovo logo è quindi un rinnovamento stilistico e contemporaneo del sigilo classico del museo. Esso può effetuare cambiamenti e mutazioni della forma circostante in base al suo utlizzo e al contesto desiderato per indicare la gamma della collezione del Museo, e il loro cambiamento e dinamicità costanti e allo stesso tempo variabili nel tempo.

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casi studio “mit media lab” Ultimo ma non meno importante caso preso in analisi è quello dell’identità visiva del Mit Media Lab. Per la nuova identità del Mit si è presa ispirazione dalla comunità che comprende persone altamente creative provenienti da tutti i tipi di sfondi, che si incontrano e si ispirano a vicenda creando un collettivo di collaborazione per sviluppare una visione del futuro. Questa l’offerta del Mit Media Lab che si riflette appunto nel nuovo logo. ognuna delle tre forme rappresenta un contributo di ogni individuo e la forma risultate rappresenta la forma di questo processo, ovvero un importante definizione di ciò che il media e la tecnologia rappresentano al giorno d’oggi. L’identità di basa su un sistema visivo definito tramite un algoritmo che produce un logo unico per ogni persona della facoltà, per il personale e per gli studenti. Questo perchè ogni persona può rivendicare e possedere una forma individuale e può usare sul proprio biglietto da visita un logo appunto definito personale e quindi individuale perchè rappresentante una singola persona nella sua identità privata. L’intero progetto comprende i biglietti da visita, le carte intestate, il sito web, le animazioni e la segnaletica. E’ proprio l’interfaccia che è stata appositamente studiata a consentire ad ogni persona di ricevere il suo logo personale e rivendicarlo per il suo biglietto da visita privato, così come un software di animazione che consente a sua volta di poter ideare e creare animazioni dell’identità visiva personali proprio come avviene per il logo.

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presupposti di progetto: definizione del sistema valoriale e individuazione di elementi d’identità diversi dal segno Andiamo adesso a definire i fattori che nella classica teoria della Comunicazione e del Branding che danno origine ad un identità visiva costituendo il Brand ovvero la Marca. Questi consistono in un un nome, un termine, un segno, un simbolo, un progetto o una combinazione di questi elementi, che ha lo scopo di identificare i beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori per differenziarli da quelli dei concorrenti. La marca è un fenomeno di natura eminentemente semiotica a partire dal fatto che ad un atto di costituzione tra una configurazione espressiva ed una di contenuto, quale è ad esempio il marchio (momento di marchiatura fisica, come racconta un’accezione del termine inglese brand, dunque segno di riconoscimento e incisione di una traccia) si associano strategie commerciali, identitarie, valoriali e di costituzione di fiducia e credenze. Il marchio può consistere in un simbolo, in un segno, in un insieme di colori e serve a distinguere un oggetto tra altri, a collegarlo ad un’istanza soggettiva di messa in discorso, a definirne i contorni identitari per definizione di proprietà intrinseche e per trasferimento di proprietà altrui, e a stabilire in modo preciso i patti e le aspettative tra i soggetti che sono parte della marca e coloro che se ne servono socialmente, osservandola, adoperandola, criticandola, appropriandosene. Và quindi fatta una netta distinzioni tra i fattori visibli , ovvero il segno e i fattori non visibili ma che rientrano nel ramo della percezione dell’utente. Il segno distintivo o identificativo diviene una marca solo se evolve in un concetto astratto, dato da una combinazione di aspetti materiali e immateriali, in grado di rendere l’offerta distintiva nella mente dell’acquirente e del consumatore. L’insieme dei concetti appena elencati va a creare quella che viene definitva Brand Identity. Ovvero un’identità che genera una proposta di valore, cioè la promessa della marca riguardo particolari benefici funzionali, esperenziali o simbolici, andando a creare un tipo di rapporto che si intende creare tra la marca stessa e il cliente.La proposta di Valore o sistema valoriale si diversificano in tre diverse dimensioni: L’essenza di marca cioè l’anima della marca, la promessa di fondo, che riesce ad esprimere ciò che la marca intende rappresentare al mercato e infine l’identità ovvero l’insieme di attributi associati alla marca che la specificano. Molto importante in questo processo, è il Naming, un altro elemento che si separa dal segno ma che caratterizza pienamente quello che il brand vuole rappresentare.

Non è altro che un processo di generazione di un nome dopo aver fissato degli obbiettivi di fondo caratterizzato da pronunciabilità, comprensibilità e memorabilità, simbolismo fonetico, significati potenzialmente associabili all’esterno, eventuali assonanze con marche già esistenti, coerenza con la missione e con il posizionamento ricercato. Associato al naming troviamo un altro elemento importantissimo è il payoff che và sempre associato ad brand, e consiste nell’identificazione di un semplice slogan che possa rafforzare il messaggio etico che l’azienda vuole trasferire. Nasce così quello che viene oggi definita Brand Image, ovvero una rete di significati che vanno a definire l’immgagine di un azienda. Nasce un significato psico-sociale del brand che si forma nella mente degli utenti, ovviamente il contesto è legato alla soggettività e alla percezione di ogni individuo, proprio perchè creato attraverso un processo di interpretazione razionale ed emozionale. L’immagine risulta influenzata dagli aspetti funzionali del prodotto, ma soprattutto dalla comunicazione delle variabili di contesto, e dai fattori variabili che caratterizzano l’azienda.

Analisi Caratteristiche e obbiettivi di un Brand L’obbiettivo di un Brand è far si che l’acquirente o l’utilizzatore del prodotto percepisca elementi unici e rilevanti di valore aggiunto che incontrino i suoi bisogni e che tale valore sia sostenibile nei confronti dei concorrenti. Da qui possiamo già delineare una caratteristica fondamentale del Brand o della Marca: Essa è rivolta a specifici Individui; Qualora i suoi elementi distintivi incontrino i bisogni di questi utenti, la Marca darà un valore aggiunto a ciò che identifica. La caratteristica della Marca dipende da come gli individui la percepiscono.

Tipi di Brand Dopo aver spiegato la differenza tra gli elementi sensoriali e i segni che danno origine ad un ‘identità aziendale, definiamo il concetto e di Brand e tutte le sue sfumature e varianti. Il termine Brand che sta ad indicare una “Marca” ha origine nel 1960, dove l’American Marketing Association (AMA) definiva il Brand come “un nome, un termine, un segno, un simbolo, un disegno o una loro combinazione che va ad identificare un prodotto o servizio di un venditore e che lo differenzia da quello del concorrente”. Questa definizione è ancora oggi da ritenere valida e si concentra sulla funzione distintiva di un Brand ovvero se il Marchio è sintetizzabile come “Segno distintivo dei Prodotti o dei Servizi dell’impresa” Secondo gli studiosi di Branding Aaker e Berkley la marca è un simbolo che serve ad identificare i beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori e a differenziarli da quelli degli altri concorrenti.

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Analisi del Valore Sensoriale di un Brand Il consulente di Brandin Colin Bates definisce addirittura la Marca svincolandola del tutto dal prodotto che identifica, come “un insieme di percezioni nella mente del consumatore.” Con queste parole viene colto in pieno il senso di intangibilità della Marca sottolineando che uno degli obbiettivi principali del Brand è l’insieme di sensazioni, sicurezze ed emozioni che egli trasferisce al consumatore o utente finale.

Le Funzioni di un Brand Lo Studioso Kapferer assegna al concetto di Brand diverse funzioni che lo vanno a caratterizzare: Identificazione > è la funzione segnaletica. Riconoscendone il nome o il marchio, il consumatore identifica immediatamente il prodotto e/o la sua fonte di provenienza tra quelli che lo circondano. L’esempio tipico è quello del barattolo di una certa marca esposto tra gli altri negli scaffali. Praticità > Riconoscere una marca con la quale si ha avuto esperienze positive permette al consumatore di risparmiare tempo ed energie nell’acquisto: non avrà più bisogno di cercare informazioni, di vario carattere, che può o sente di dare per scontate; sarà propenso a confermare la scelta passata, senza metterla in discussione e senza cercare alternative di marca costose in termini di tempo questi si sentirà garantito nel riacquisto del permanere della marca. Ottimizzazione > sicurezza del consumatore di acquistare il prodotto migliore della sua categoria, o il più adatto a soddisfare le sue esigenze specifiche. Questi è disposto a pagare un prezzo anche considerevolmente più alto (premium price) per il prodotto di marca che gli dia questa sicurezza. Caratterizzazione > conferma della proprio immagine. ll consumatore cerca e trova nella marca una riaffermazione di sé, o del sé che vuole presentare agli altri. Va evidenziato come, rispetto a tempi e climi culturali passati, i prodotti siano sempre meno un fine e più un mezzo di espressione della personalità. Questo dona al prodotto una rinnovata funzione e cioè quella 22

di conferma della proprio immagine. Le funzioni di Garanzia, ottimizzazione e caratterizzazione superano il ruolo segnaletico delle prime due e ne abbracciano uno prettamente di riduzione del rischio percepito dal consumatore. Permanenza : soddisfazione della familiarità con il Brand. Il consumatore prova piacere nel rapporto con una marca con la quale si relazioni da molto tempo. Edonismo > soddisfazione dell’esteriorità della marca. Il consumatore è attratto dal suo nome, dal logo, da come essa si presenta e comunica. Etica > soddisfazione dalla responsabilità sociale della marca. Il consumatore è divenuto generalmente più sensibile alle problematiche sociali, e si attende talora la stessa attenzione da parte della marca agli aspetti inerenti all’ecologia, l’occupazione, il rispetto dei minori nella pubblicità. Le ultime tre funzioni concernono il “piacere” ricavabile dal consumatore nel suo rapporto con la marca.e cioè quella di conferma della proprio immagine. Le funzioni di Garanzia, ottimizzazione e caratterizzazione superano il ruolo segnaletico delle prime due e ne abbracciano uno prettamente di riduzione del rischio percepito dal consumatore. Edonismo > soddisfazione dell’esteriorità della marca. Il consumatore è attratto dal suo nome, dal logo, da come essa si presenta e comunica. Etica > soddisfazione dalla responsabilità sociale della marca. Il consumatore è divenuto generalmente più sensibile alle problematiche sociali, e si attende talora la stessa attenzione da parte della marca

Il Brand Funnel o Funnel di vendita

Uno strumento che permette di misurare e decifrare il successo e la relativa efficacia di un Brand è il Brand Funnel, o anche chiamato Funnel di Vendita. Il Funnel di Vendita, che tradotto precisamente vuol dire “imbuto di vendita“, è un sistema utilizzato online e offline per definire il processo che avviene dalla visita di un cliente fino ad arrivare ad una vendita. La sua definizione di imbuto fa capire in modo chiaro che ci sarà una decimazione all’interno dell’imbuto tra i visitatori e le vendite. Esempio pratico: Se avremo 1000 visitatori solo magari 50 compreranno. Tramite queste informazioni riusciamo a definire i gradi di interesse e soddisfazione del cliente nei confronti del Brand e riusciamo a capire se l’utente è un cliente fidelizzato, affezzionato e se è la prima volta che acquista il prodotto o se si tratta di un acquirente abituale.

Grafico di Brand Funnel

Analisi delle Categorie di Brand in relazione ai vari Prodotti : Brand di prodotti di consumo Rappresentano ciò che è comunemente considerato prodotto in senso stretto, e sono uno degli ambiti in cui la marca ha più avuto importanza. in questa categoria prevale il concetto di Prodotto di Marca, ovvero ciò che distingue un prodotto di Marca dai Prodotti non di marca e gli dà valore è la percezione complessiva sviluppata dai consumatori in merito alle sue caratteristiche, al nome che l’identifica e al suo significato, nonché all’azienda as-


Brand di Individui ed Organizzazioni Brand di Prodotti Business to Business

Anche le persone fisiche possono essere di Brand. Un esempio classico lo troviamo nell’industria cinematografica, dove nomi di autorevoli registi sono spesso utilizzati per dare risalto ad un film o ad una particolare produzione anche a progetti che li coinvolgono in minima parte.

Rappresentano ciò che è comunemente considerato prodotto in senso stretto, e sono uno degli ambiti in cui la marca ha più avuto importanza. in questa categoria prevale il concetto di Prodotto di Marca, ovvero ciò che distingue un prodotto di Marca dai Prodotti non di marca e gli dà valore è la percezione complessiva sviluppata dai consumatori in merito alle sue caratteristiche, al nome che l’identifica e al suo significato, nonché all’azienda associata a quella marca.

Brand di Prodotti e servizi Online

Brand di Servizi Rappresentano uno degli ambiti in cui la marca ha avuto, negli ultimi tempi un tasso di utilizzo molto crescente. L’immaterialità dell’offerta e la variabilità dei soggetti in essa coinvolti, che ne sono state forse un tempo un freno, stanno oggi trovando proprio nella marca un eccezionale “ opportunità di sintesi” : il brand vodafone, per esempio identifica e rende riconoscibili le caratteristiche di un intera gamma di servizi (piani, promozioni) e insieme i soggetti che contribuiscono alla sua erogazione.

Nell’ultimo decennio, nuove aziende sono nate su internet e vecchie vi si sono affacciate, spesso con entusiamo e decisione ma con alterne fortune. Il ruolo della marca è fondamentale, costituendo un riferimento e un interfaccia comune per soggetti spesso dispersi geograficamente. Google e E-Bay sono entrambi esempi di azienda pure player e brand online rapidamente divenuto credibile e sinonimo di affidabilità, al punto da essere nel ranking internare delle marche globali, rispettivamente la prima e la terza per tasso di crescita.

Brand di Idee e Cause In ambito umanitario possiamo trovare diverse case rappresentate da Brand, spesso sono cause no profit, che hanno a cuore la difesa dell’ambiente o la tutela e l’aiuto della condizione dell’essere umano.

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Brand di Luoghi Geografici Nell’immaginario Collettivo, alcune città d’arte sono dei city Brand, percepiti in modo preciso e definito; le amministrazioni locali consapevoli possono sfruttare il loro prestigio utilizzandone il nome o addirittura il logo e al contempo cercare di accrescerlo. Basti pensare all’appeal “Made in Italy”

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IL caso studio rework, genesi dell’idea di business, sintesi dell’ esperienza roland Il progetto focus su cui si basa lo studio dell’identità visiva come oggetto di tesi. è un progetto che nasce grazie alla partecipazione ad un workshop collaborativo, tra l’Università degli Studi di Camerino, Scuola di Architettura e Design, e L’azienda Roland. Il Workshop organizzato e gestito dal docente Lucia Pietroni prevedeva la partecipazione di Designers formati dall’università, artigiani, e piccoli imprenditori. Lo scopo era quello di generare prodotti e nuovi progetti in ambito Product Design, partendo dal riutilizzo di materie di scarto, in vari materiali, messe a disposizione da alcune aziende, e lavorare queste materie di scarto con i macchinari messi a disposizione dall’azienda ospitante Roland DG Mid Europe. I macchinari Roland consistevano in Stampanti e Plotter per grafica Industriale, macchinari da Stampa e taglio, e macchinari da fresatura. Durante il brainstorming inziale che prevedeva la generazione delle prime idee di progetto, sono state esaminate tutte le materie di scarto, e nasce così l’idea di utlizzare la cartuccia esausta dei plotter e stampanti roland come materia prima. La domanda sorge spontanea, ma la spiegazione è molto semplice. A differenza di tutte le altre cartucce per stampanti domestiche e non, che sono tranquillamente rigenerabili e possono allungare il loro ciclo di vita tranquillamente, le cartucce dei Plotter e Stampanti per grafica industriale sono realizzate in PBT, una plastica “pesante” con una composizione adatta a contenero gli inchiostri che sono diretti a questo tipo di Stampanti e Plotter, chiamati inchiostri ecosolventi. Quesa tipologia di cartuccie non possono essere rigenerate e riutilizzate a fine vita, e vengono obbligatoriamente dismesse come scarti daille aziende che ne fanno utilizzo tramite i loro macchinari. L’idea è quella di riutilizzare questi involucri in PBT, eliminando i residui di inchiostro al loro interno, e donare loro nuova vita tramutandoli in prodotti di Light Design tramite l’inserimento di Luci in ambito Light Design, e dandogli una funzione da contenitore,e e estetica per l’arredamento interior in ambito Product Design.In questo modo si genera un processo di ciclo continuo, dove uno scarto destinato alla dismissione diventa un nuovo prodotto, tramite rapide e semplici lavorazioni che vengono realizzate dalle aziende stesse che producono lo scarto, proprio perchè effettuabili con i loro stessi macchinari, ovvero la Stampa Uv, Fresatura e semplice stampa al laser. Il materiale d’origine, la cartuccia, è realizzato in una forma parallelepipidea, e rappresen-

ta un vantaggio formale interessante per quello che sarà il prodotto di destinazione finale. Sarà infatti possibile disporre di elementi di illuminazioni e arredamento con una forma modulare ed un ottima versatilità per un utilizzo in singolo, o accoppiando e allineando in più modi possibili il modulo, andando a creare infinite combinazioni di arredamento e di allestimento di luci e arredi. Analizzando la quantità di elementi di scarto che si possono ottenere, si conclude che le aziende ad utlizzare questa tipologia di sistema Refill sono altre oltre all’azienda Roland DG. Sorge quindi un interrogativo, ampio sul numero di scarti prodotti nel mondo dovuti a questo sitema di Refill, aziende come Hp, Mimaki, Mutoh che si occupano di stampa utiizzano questa tipologia di cartuccia, e partners aziendali come wincomm si

occupano di produrre refill di seconda scelta ma pur sempre basati su questa tipologia di plastica pesante, cioè il PBT. Quanti scarti vengono prodotti e poi dismessi nel pianeta? Quanto inquinamento e specificatamente quanto Co2 viene prodotto solo con la realizzazione di queste cartucce e la loro dismissione? Ecco quindi che entra in gioco un valore ben più alto del risparmio economico che vanterebbero le aziende riusando questi scarti, e cioè il valore ambientale. Il compito principale di questo progetto e avviare un processo di Upcycling che permetta di ridurre gli scarti, sia prodotti che dismessi, e di abbattere la produzione di inquinamento Co2 che distrugge il nostro pianeta, avvelenando l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo e mettendo a rischio il nostro futuro sulla terra e quella dei nostri figli che godranno del nostro ambiente dopo di noi.

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l’Upcycling e Riuso

ll processo dell’upcycling, diffuso nel resto del mondo, tarda ad attecchire in Italia. Si parla di Riciclo ma soprattuto di RIUSO CREATIVO. Alla base del Recycling ci sono processi industriali di raccolta, classificazione e trasformazione di materiali di scarto. Questi passaggi implicano a loro volta, consumo di energie, risorse naturali e quindi ovviamente costi, con conseguenti inquinamenti ed emissioni tossiche di Co2. Con i materiali nuovamente lavorabili che si ottengono, si realizzano prodotti che che presentano una qualità minore (Downcycling). Per esempio durante il processo di riciclo della plastica vengono mischiati diversi tipi di plastiche riciclate andando quindi a creare un ibrido che presenta debolezze strutturali a livello di prodotto finito. L’Upcycling è un modo ancora più ecologico di intendere il riciclaggio, essendo infatti un vero e proprio RIUSO. Consiste nel trovare un nuovo utilizzo per un oggetto che ormai ne è privo. Il concetto è quello di non distruggere i materiali di scarto convertendoli in nuovi oggetti, con il conferimento di un valore aggiunto. I Benefici per l’ambiente sono molteplici ovviamente, i vecchi oggetti non finiscono in discarica e non vengono dismessi, riducendo le emissioni di co2, si risparmiano energie e risorse e soprattutto denaro per la dismissione. Le pratiche dell’upcycling, cominciano a diffondersi in ambito artistico e non solo. Troviamo analogie con il Ready-Made, il cui iniziatore Marcel Duchamp applicò i canoni con l’opera del 1913 Bicycle Wheel, una ruota di bicicletta imperniata su uno sgabello tramite le forcelle del telaio. Un altro esempio sono le watt Tower di Los Angeles, alle quai dedicò il suo tempo libero, fra il 1921 e il 1954, l’immigrato italiano Simon Rodia. Si tratta di torri costituite da barre di acciaio e ricoperte di vario materiale decorativo: porcellana, conchiglie, pezzi di bottiglie e altro materiale di recupero.

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analisi e focus dei brand competitor nel mercato dell’upcycling “freitag” Sin dal 1993 FREITAG produce borse e accessori utilizzando materiali che sono stati usati sulla strada: Ogni anni lavoriamo 350 tonnellate di teloni di camion che hanno viaggiato in tutto il mondo, 18’000 camere d’aria di bicicletta usate e 150’000 cinture di sicurezza scartate. Essendo resistenti i materiali utilizzati, lo sono anche i nostri prodotti. Siccome siamo svizzeri, lo è anche la nostra sensibilità all’aspetto qualitativo. Puntando molto sul design e la funzionalità diamo ai materiali riciclati una funzione completamente nuova. E siccome ogni prodotto FREITAG è realizzato utilizzando teloni originali con colori, scritte e tagli diversi ognuno è un pezzo unico.

“Feuerwear” Il concetto di Feuerwear si basa sulla creazione di nuovi prodotti da materiali utilizzati. Questo cosiddetto upcycling è alla base della nostra produzione. Nel 2012 TÜV Rheinland ha sviluppato un Life Cycle Assessment per Feuerwear. Questo dimostra che stiamo facendo un importante contributo alla tutela ambientale con il riciclo e riuso di manichette antincendio e teli in PVC. Risparmiamo energia e risorse che sarebbero utilizzati per la produzione di nuovi materiali di valore.


“alisea” E’ progettando il riciclo che Alisea ha trovato un originale collocazione sul mercato, divenendo l’unico operatore che fa del Riuso e del Riciclo una forma di identità d’impresa dal 1994. Tutti i materiali utilizzati per la produzione dei nostri oggetti sono trattati con processi di trasformazione innovativi, che garantiscono standard qualitativi praticamente identici alle materie vergini. Mettiamo a disposizione dei nostri clienti idee che trasformiamo in oggetti utilizzando i più diversi materiali di riciclo, derivanti da raccolta post lavorazione, raccolta differenziata o dagli scarti di lavorazione industriale forniti dagli stessi clienti. Oggetti che hanno sempre una storia da raccontare: la storia dei clienti per cui sono nati.italiano Simon Rodia. Si tratta di torri costituite da barre di acciaio e ricoperte di vario materiale decorativo: porcellana, conchiglie, pezzi di bottiglie e altro materiale di recupero.

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“jinja” Secondo la US Environment Protection Agency i rifiuti residui del settore tessile comprendono tessuti e di filamenti di scarto, generati principalmente nella “stanza di taglio che genera un elevato volume di tessuto di scarto”. A Jinja riutilizziamo questa rifiuti tessili, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale di questo settore e di vivere in un mondo più sostenibile. L’industria tessile comprende tre aree settoriali che va dalla produzione di varie fibre tessili (sintetiche o naturali), la produzione di filati attraverso vari processi industriali con differenti proprietà richieste per il loro uso. E comprende anche la trasformazione di materiali tessili in prodotti finali per abbigliamento, calzature, tessili per la casa, industriali e applicazioni professionali.

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“Bottletop” La Fondazione Bottletop è stata lanciata nel 2002 da Cameron Saul e suo padre Roger (fondatore del British fashion brand di lusso Mulberry) attraverso una progettazione in collaborazione con Mulberry. Al centro della campagna era una borsa fatta da tappi di bottiglia riciclati in Africa, rivestita in pelle. Produce capi d’abbigliamento nel settore Fashion utilizzando la tecnica del Riuso e dell’Upcycling, per lo più riutilizzando scarti di tappi di bottiglia e altri oggetti di alluminio. da li appunto il nome Bottletop.

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“KozoLamp�

KozoLamp si occupa della progettazione e produzione di elementi in ambito Lighting Design partendo dal Riuso Diretto e quindi un processo di Upcycling Puro degli scarti di elementi tubolari di alluminio usati in campo e ambito idraulico. Le forme sono eleganti pur se provenienti da materiali di scarto del campo dell’idraulica, creando composizioni capaci di adattarsi a tutti i tipi di ambienti Interior.

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“TRMTAB” Azienda che opera nell’ambito Fashion Design applicando il sistema del Riuso, Riciclo e Upcycling. Il metodo di lavorazione dei prodotti è basato sulla minimo impatto ambientale. I capi di abbigliamento vengono lavorati a mano, riducendo al minimo l’impiego di macchinari industriali, e minimizzando le risorse energetiche impiegate

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“Sword e Plough� Azienda che opera nel settore Upcycling riutilizzando scarti di produzioni per tessuti e tute militari, creando borse, zaini, accessori e capi di abbigliamento in maniera creativa.

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Definizione dell’idea di business dell’azienda rework L’azienda si occuperà di realizzare complementi di Interior Design e Light Design sfruttando come materia prima le Cartucce esauste e non rigenerabili in PBT che vengono utilizzate dai Plotter UV e Plotter per Stampa Industriale e che le aziende sono costrette a dismettere sostenendo costi e tempistiche di dismissione. In questo modo si otterrà una materia prima a costo zero, la cartuccia , e che permetterà tramite la collaborazione di figure aziendali mirate, a trasformare la materia prima (in prodotti finiti, di Light Design e Interior Design. Verrà effettuata una scelta di Aziende Partners che si occuperanno di fornire le cartucce non dismissibili e che a loro volta trarranno vantaggio da questa operazione andando ad eliminare i costi di dismissione per i suddetti “scarti” che vengono solitamente eliminati seguendo un costoso schema di separazione dei materiali che compongono la cartuccia. La lavorazione sarà eseguita dai medesimi macchinari che utilizzano le cartucce come alimentazione ovvero Plotter di Stampa UV e Stampa per Grafica Industriale delle Aziende Stesse che forniscono la materia prima. Il valore estetico del prodotto verrà ottenuto utilizzando i macchinari stessi (es. Plotter UV) per poter stampare sullo scarto stesso ed abbreviare così i processi di lavorazione senza doversi rivolgere a enti terzi.

Cliente Professionale Clientela Professionale, rappresentata da aziende, franchise, Ambiente ufficio e Commerciale. Il prodotto in Ambito Light Design può essere utilizzato per scopi estetici personalizzabili ma anche per adempire agli standard degli ambienti lavorativi aziendali e professionali. Un esempio può essere la sostituzione dell’illuminazione d’emergenza per le uscite di sicurezza tramite una linea d’illuminazione d’emergenza relight. In questo caso la luce inserita all’interno dell illuminazione d’emergenza dovrà rispettare le normative predisposte per questo tipo di utilizzo piuttosto che utilizzare la normale illuminazione led con scopo estetico.

analisi degli utenti che fruiscono di prodotti interior personalizzabili Giovani 90% età compresa : 16-30 anni Adulti 50% età compresa : 30-50 anni Utenti Business 40% età compresa : 30-50 anni Anziani 10% età compresa : 60-90

Materia Prima: Cartucce in PBT, non rigenerabili Stampanti Plotter Industriali - Cartucce in PBT, non rigenerabili Stampanti UV Industriali - Cartucce in PBT, non rigenerabili Plotter da Taglio Industriali - Cartucce in PBT, non rigenerabili Stampanti su Tessuto

per per per per

target di destinazione dei prodotti rework A chi è rivolto il mio Brand? Quali Utenti devo Incuriosire ed Attirare? Che età hanno? Utenza Giovane Privata età 16-30 anni Utenza Intermedia Privata (Famiglie, Single) - età 30 - 50 anni

definizione del target di clientela

Utenza Intermedia Aziendale (Professionisti privati, Aziende)

Cliente Privato Clientela privata, che cerca un arredamento per la casa, per l’ambiente domestico, che vuole quindi abbellire, decorare arredare o illuminare il salotto, la camera il bagno e e gli altri ambienti della casa. 33


Business model

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specifiche di business : partners e prodotti d’entrata Roland Dg Mid Europe fornirà come materia prima il modello di cartuccia EcosolMax che si appresta perfettamente per forma e struttura a diventare un prodotto in ambito Light Design, quindi con un utilizzo previsto come lampada, ed anche in ambito Product Design.

Roland Il macchinario fornito dall’azienda Roland DG Mid Europe per la lavorazione degli scarti è il Plotter/Stampante UV “Versa Uv Roland”, che permettera la graficizzazione dei prodotti. La Materia prima fornita sono le cartucce esauste Ecosolmax compatibili con tutti i Plotter e Stampanti UV roland.

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MIMAKI L’azienda Mimaki fornirà le cartucce Solvent Ink 2 e Cartucce Uv Ink. La destinazione di prodotto riguarderà l’ambito Light Design e Product Design, il modello strutturale è il medesimo delle cartucce Ecosolmax di Roland e utilizzano lo stesso attacco. Il macchinario fornito dall’azienda Mimaki sarà la stampante Stampante UV WF 6042

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Mutoh

L’azienda Mutoh partecipa come Partner per la fornitura di Cartucce Esauste Ecosolventi e del macchinario Mutoh ValueJet 162.

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Hp L’azienda Hp fornirà le Cartucce non rigenerabili HP 727 che si apprestano maggiormente nell’ambito del Product Design per la generazione di prodotti estetici da rredamento e decorazione interior.

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Prodotti di Output Rework generati dagli scarti Dopo aver selezionato, analizzato e suddiviso le varie tipologie di cartucce come materia prima di entrata, si passa alla suddivisione dei possibili utilizzi della cartuccia, esaminando se la forma e la struttura consentono pi첫 facilmente di ottenere un prodoto di illuminazione in ambito Light Design, o se sia meglio indirizzato in prodotto di arredamento, quale portaoggetti, e/o pannelli decorativi. La lavorazione viene effettuata nella maniera pi첫 rapida possibile in modo da generare prodotti finiti con il minimo impiego di risorse economiche e lavorazioni.

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identità del brand Reworks è un azienda che offre prodotti di arredamento in ambito Light e Interior Design, realizzati secondo un processo di Upcycling che prevede il riuso di Cartucce Plotter in PBT non rigenerabili. Il Brand focalizza il suo punto di forza in un alto valore etico sociale, per la riduzione dell’inquinamento che comporterebbe la dismissione tramite inceneritore delle cartucce e la relativa produzione di Co2 dannoso per l’ecosistema. L’azienda ha la capacità di analizzare e prevedere i cambiamenti del progesso tecnologico, di partecipare alla consapevolezza ambientale degli acquirenti e dei produttori, pensando a come poter migliorare l’abbattimento di scarti non dismissibili in ambito Refill. Al seguito di queste evoluzioni ( Tecnologia ,Consapevolezza, Numero di Scarti) l’azienda ha la capacità di evolversi, di rinnovarsi, seguendo questi trend che mutano di anno in anno.

Identificazione Per Identificarsi si ha la necessità di creare un iconografia che possa variare nel tempo e rappresentare i cambiamenti dei valori chiave che rendono questa azienda un ente in continua evoluzione, con un continuo rinnovamento di idee, filosofie e processi di produzione.

consapevolezza ambientale, della sostenibilità del nostro pianeta, inteso come bene da lasciare ai nostri figli in un futuro non lontano. Studiando come migliorare i processi produttivi possiamo migliorare il modo di produrre macchinari e oggetti, e diminuire sul nascere il quantitativo di scarti prodotti. Le persone devono essere a conoscenza di come poter migliorare il nostro pianeta e allo stesso tempo poter ricavare prodotti estetici e funzionali da materie che sono comodamente riutilizzabili, evitando inquinamenti e diffusioni di scarti impattanti.

vrebbe salire di almeno un terzo nel 2020. Hp prevede che i contenuti stampabili aumenteranno fino a triplicare da oggi rispetto agli anni a venire. Si avvierà dal prossimo anno un evoluzione delle tecnologie e dei processi produttivi della stampa digitale e industriale. Le aziende vogliono creare, cartucce, consumabili ed inchiostri che stampano fino al 50% degli elaborati in più rispetto ad oggi, per avviare un processo di rinnovamento tecnologico e di riduzione degli scarti provenienti da questo settore. - I prodotti e i processi di produzione saranno concepiti tenendo conto dell’intero ciclo di vita del prodotto, dalla produzione, all’utilizzo fino alla dismissione.

vision aziendale

Consapevolezza Sociale sulle tematiche ambientali e del riuso e delle quantità di scarti prodotti.

Rework immagina un mondo dove la parola evoluzione non sia legata slo all’essere umano. L’evoluzione che immagina l’azienda a che fare con il modo di produrre, di progettare, con la conoscenza umana, per mantenere il nostro pianeta puro e duraturo. Immaginiamo un futuro dove la parola scarto sia molto meno presente sui report ambientali, e dove il prodotto venga concepito fin da subito, in fase progettuale, come materia che possa avere una seconda o terza vita dopo il suo utilizzo. Immaginare che ogni persona compia uno sforzo personale nel valorizzare il nostro pianeta dando il suo contributo fisico e intellettuale per migliorare la tecnologia, per rinnovare i processi produttivi e pensare a come poter vivire in armonia con il nostro pianeta, abbattendo gli scarti prodotti.

Fattori fondamentali per l’operato aziendale :

mission aziendale “Rework vuole portare a conoscenza le persone del livello di scarti prodotti nel campo del Refill, e di come una risorsa per molti inutile come lo scarto può diventare un elemento totalmente nuovo e riutilizzabile per il mercato del Light e Interior Design. Questo è possibile esaminando ed andando di pari passo con il progresso tecnologico e produttivo, effettuando rinnovamenti di processo nella produzione di questa tipologia di prodotti e espandendo a tutti gli utenti e collaboratori la

Il progresso tecnologico e dei processi produttivi Quali sono le Tecnologie che permetteranno di ridurre gli scarti generati da questo settore in Futuro? Come si evolverà il mercato tecnologico della Stampa Industriale? L’attuale tasso di crescita del numero degli elaborati e dei documenti stampati in digitale, oggi oscilla intorno al 51% annuo a livello mondiale. Secondo le previsioni degli analisti, questo tasso di crescita do

Come e a che ritmo si evolve la consapevolezza degli utenti del livello di scarti prodotti e del conseguente inquinamento del nostro pianeta? Come aumenta l’attenzione e la diffusione delle tematiche ambientali tra chi produce e chi compra? - Con l’aumento dell’operato delle aziende fondate sulla tematica dell’Upcycling si diffondono più prodotti che seguono questa politica, e allo stesso modo aumenta la consapevolezza dell’utente e del produttore, scegliendo di seguire modelli di rinnovamento di processo e progettazione per una politica ambientale più efficace. - La diffusione dei mezzi di comunicazione digitale e Web permette una maggiore velocità di diffusione ed un rapido apprendimento della sensibilizzazione ambientale per la popolazione.

Aumento o diminuizione degli Scarti

n base allo sviluppo tecnologico e all’aumento della consapevolezza ambientale sociale come reagisce il numero di scarti diffusi nei paesi del nostro pianeta? - Lo sviluppo Tecnologico e la Consapevolezza Sociale delle temtiche ambientali porteranno ad un drastico cambiamento negli anni del numero di scarti da dismettere.

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bibliografia

Identità dinamiche NUOVE METODOLOGIE PROGETTUALI DELL’IMMAGINE COORDINATA La galassia Gutenberg: nascita dell’uomo tipografico gli anni dello stile industriale Corporate image. Un secolo d’immagine coordinata dall’AEG alla Nike

CHRISTOPHER SECOLO Marshall McLuhan carlo vinti vanni pasca

storia del desgin grafico

daniele baroni

manuale del design grafico

daniele baroni

la comunicazione dei beni culturali

cinzia ferrara

sitografia

le leggi della gestalt e i loghi l’evoluzione del web Gli scarti nelle società industriali ei rischi che corriamo Residui e scarti: tra ipotesi e realtà

www.logopro.it www.evolutionoftheweb.com www.repubblica.it www.ildivulgatore.it

Cittadini e nuove tecnologie

www.istat.it

internet

www.istat.it

la progettazione parametrica

www.regolostudio.com

Dove andrà la stampa

www.metaprintart.info

Evoluzione dei caratteri tipografici

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www.storiadellastampa.unibo.it


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