Las fallas italiano

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Capitolo 1. “Las Fallas”. Introduzione

1.1. Precisazioni Per capire una festa come quella delle fallas di Valencia bisogna immergersi nel clima festoso che la gente che risiede in questa regione mediterranea vive da sempre. I valenciani, infatti, non concepiscono l'esistenza e il lavoro senza la festa, e la festa trova quasi sempre il suo teatro nella strada. Ci sono festività più o meno grandi, che possono coinvolgere da un gruppo ristretto di persone a tutta la comunità; e ci sono alcuni elementi che non mancano mai, come le bande musicali o i fuochi d’artificio, i petardi o i dolci tipici1. Nella festa delle fallas, la più grande della regione, oltre a tutti gli elementi vistosi della festa, troviamo qualcosa di più profondo, perché si tratta di una festa che affonda le proprie radici nei secoli passati, quando Valencia, città mercantile e commerciale, respirava aria di libertà e grandezza2. Ma cosa sono esattamente le fallas? Si tratta di “impalcature” effimere e satiriche, che vengono collocate nelle strade e piazze di Valencia per “criticare” in maniera divertente, mediante figure antropomorfe, di animali, vegetali o oggetti vari, i fatti dell’attualità, un argomento particolare, una malignità su qualsiasi persona del vicinato, eccetera.

1Martí

i Mora, E., Festes, costums i tradicions valencianes, Dal Senia al Segura, Valencia, 2001 2Domínguez Barberà, M., Las fallas, Ajuntament de Valencia, Valencia, 1992, pag. 41

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Tutto questo materiale costruisce la leña, in altre parole il combustibile accumulato (cartone, legname di costruzione, eccetera) per i giganteschi falò purificatori che ardono durante la notte di San Giuseppe.

Foto 1: Falla 2001 (www.fallas.com)

Questo fuoco è una festa, l’apoteosi allegra e travolgente di tutte le altre feste che la precedono durante quella che oggi viene chiamata Semana fallera (Settimana delle fallas), capace di coinvolgere tutta la città e, direttamente o indirettamente, tutte le classi e i ceti sociali della popolazione3. La parola falla4 (plurale fallas in lingua castigliana, falles in quella catalana/valenciana) appartiene alla lingua parlata in Catalogna e nella Regione di Valencia e va sempre unita all’idea del fuoco.

3Así

son las fallas: antología histórica, Bayarri, Valencia, 2000; Soler i Godes, E., Las fallas de Valencia: 1849-1877, Semana Gráfica, Valencia, 1978 4Casanova, E., “Evolución de la palabra falla”, in Historia de las Fallas, Levante-El Mercantil Valenciano, Pagg. 15-19

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Però una cosa è la falla intesa come luminaria, ovvero fiaccola, per trasmettere qualche segnale, o festeggiare qualche avvenimento o commemorazione e un’altra ben distinta è quella intesa come manifestazione di giubilo, sottoforma di grandi falò, come sono effettivamente le Falles de Sant Josep (Fallas di San Giuseppe)5. Questi fuochi cittadini, liturgici, rituali o di giubilo, così diffusi in Catalogna, sempre denominati con il termine locale falla – passato al castigliano e al suo “Diccionario de la Real Academia de la Lengua”6 – hanno avuto a Valencia il centro più costante e splendente del loro culto, sino al punto che il termine fallas è diventato tutt’uno con il nome di Valencia. Dall’atmosfera propizia, dall’ambiente luminoso di un clima mite, da una città di associazioni artigiane non feudale, da un popolo allegro e signore della città, sorse dunque la falla7.

5Ariño, A., “El lenguaje del fuego en la cultura popular valenciana”, in AA. VV., Los ritos del fuego de la Corona de Aragón, Zaragoza, 1990, pagg. 231-303; Hernández i Martí, G. M., “Las fallas valencianas: una fiesta de la modernidad”, in Primer congreso de las fiestas tradicionales de la Comunidad Valenciana, Gráficas Paterna, Paterna (Valencia), 1997 6Dizionario della lingua spagnola ufficiale, redatto dall’Accademia Reale della Lingua Spagnola 7Domínguez Barberà, M., Las fallas, pag. 43

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1.2. La storia delle fallas. Il parot Ci sono diverse opinioni e interpretazioni sull’origine delle fallas, anche se poche si basano su dati certi8, giacché non si dispone di testimoni documentali che possano datare il momento originario della festa fallera. Solo a partire dalla seconda metà del XVIII secolo9 si può contare su sporadiche notizie che permettono di abbozzare il profilo e le caratteristiche della celebrazione. La teoria più in auge vede le fallas come nate da un antico costume dei falegnami e delle piccole botteghe artigiane di bruciare i resti del lavoro invernale in strada all’arrivo della primavera10. Quando giungeva l’autunno e la luce diurna durava sempre meno, in non poche botteghe artigiane si prolungava la giornata lavorativa fino alle prime ore della sera. Per far luce si usava una rozza lampada da terra, generalmente di legno: il parot, consistente in un bastone verticale collocato su un tripode provvisto di uno o vari bracci per appendervi lucerne o per sostenere dei vasi o recipienti metallici dove ardere le fiaccole di legno resinoso. Alcuni mesi dopo, alla vigilia della primavera, quando le giornate cominciavano ad allungarsi, si prescindeva dal lavoro serale e si bruciava sulla soglia di ogni bottega il rustico parot, tra il vocio degli operai, dei bambini e degli abitanti più giovani del rione. Quella rozza lampada da terra, il parot, era anche conosciuta con altri nomi: estai, pagés, pelmodo o permidol, ciascuno con dei significati diversi, salvo un’accezione coincidente nei quattro termini, ovvero come sinonimo di oggetto ingombrante per illuminare.

8Esteve Victoria, J.M., “El Micalet fa l’explicació i relació de lo que ha de ser falla”, in Pensat i Fet, Valencia, 1930 9Ariño, A., “L’origen de las fallas”, in Historia de las fallas, pag. 72 10Ariño, A., “Dal naiximent a la consolidació”, in La festa de les falles, Associació d’estudis fallers, Generalitat Valenciana, 1996, pag. 15

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È facile capire che per preparare il falò – la falla – o per alimentarlo, gli stessi artigiani e falegnami ammucchiassero trucioli o pezzi di legno inservibili, aiutati dai bambini del vicinato che apportavano cose vecchie lesinate in casa come combustibile11. Inoltre la verticalità e i bracci dell’estai o pagés, si prestavano a essere animati con stracci e vestiti vecchi, dando loro un aspetto umano, insieme a qualche barret (cappello) che lo dotava di una ipotetica testa. Il falò, così preparato, non bruciava solamente dei pezzi di legno, bruciava una persona. E se quel goffo tentativo figurativo aveva la parvenza di un qualsiasi personaggio conosciuto nel rione che meritasse la satira e il fuoco, tanto di guadagnato. Così nacque il fantoccio, il ninot. Un misto di spauracchio sempre più umano, sino a giungere ai capolavori di questo genere artistico. Facendo coincidere due o più ninots e ambientandoli con qualche elemento decorativo, comincia già ad essere possibile abbozzare non solo dei personaggi, bensì un fatto, un argomento, una storiella maliziosa, un pettegolezzo. Manca solo che questi fantocci, protagonisti di un qualsiasi sainete12 del quartiere, della città, della nazione o del mondo, vengano messi in alto, su un piedistallo o palco, affinché la gente li possa vedere meglio e riderci sopra. Quando tutto questo si verifica combinandosi, si ha la vera falla valenciana. Il parot funzionale da San Michele a San Giuseppe è diventato, nel corso dei secoli, quell’originalissima satira scenica così mediterranea che è la falla; ciò non si verifica fino al XVIII secolo13. Nata in panni umili e in rioni popolari, la falla si sviluppa e si perfeziona diventando mestiere, bellezza, intenzione, perfezione plastica

e

ornamentale, fino

a

11Soler,

giungere

alla

monumentalità

E., Las fallas: notas para su historia, Albatros, Valencia, 2000/2001 teatrale di breve durata dal contenuto ironico o satirico, solitamente di origine popolare; diffuso in tutta la Spagna dal XVI al XIX secolo. 13Ariño, A., La ciudad ritual. La fiesta de las fallas, Anthropos, Barcelona, 1992, pagg. 55-68 12Opera

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splendente e policromatica, perfettamente rifinita della falla del XX secolo14. Le prime e rudimentali fallas ottocentesche non potevano esprimere l’argomento in modo evidente al primo sguardo; lo esprimevano in modo velato; e per farlo capire ai visitatori si fece ricorso a un testo contenente alcune spiegazioni che avrebbe reso possibile la comprensione del soggetto della falla in tutti i suoi particolari. Nacquero così i versos falleros (versi della falla) e il llibret (libretto)15, che conteneva in versi la relazione e spiegazione della falla, sempre in lingua valenciana e con strofe pungenti e comiche. Oltre ai llibrets, il marzo valenciano vede la pubblicazione di altre pagine dedicate alle fallas, le riviste falleras, pubblicazioni generalmente molto curate, dal divertente contenuto letterario e grafico, con informazioni su quello che sarà il programma delle feste falleras di quell’anno, e con delle pagine interamente dedicate alle riproduzioni dei disegni di ogni falla, raggruppate secondo le relative sezioni e categorie e suddivise secondo il nome della strada, piazza o rione cittadino a cui appartengono16. Con questo si rende evidente la presenza nelle fallas di un elemento di grande tradizione valenciana festaiola: la stampa. Insieme ai mortaretti, alla musica, ai fuochi d’artificio, agli stendardi, ai vari comitati organizzatori, ai falleros vestiti con i costumi tipici della tradizione valenciana, ai buñuelos (frittelle), ai fiori, alle sfilate sontuose, eccetera, le tipografie di illustre tradizione sono presenti come una componente rituale della miglior essenza fallera. In una prima tappa la falla è un fuoco rituale notturno, però, dal momento in cui vengono lanciati ninots al fuoco e si brucia gente, la falla passa a essere una pratica simbolica di carattere irriverente.

14Ariño,

A., “Dal naiximent a la consolidació”, in La festa de les falles, pag. 19 J., “El suport literari de les falles”, in La festa de les falles, pagg. 125-144 16El Turista fallero, núm. 62, marzo 2003, Publicaciones Bayarri, Valencia 15Marín,

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L’origine delle fallas, finché non avremo documenti affidabili, resterà un’incognita17; si tratta chiaramente di una festa popolare, anche se questo non toglie importanza ai falegnami, sia come abitanti di un determinato quartiere, che come esperti che potevano dirigere la costruzione dell’impalcatura, specialmente se includeva figure con movimento. Le fallas sembrano, dal primo momento, una festa organizzata e celebrata dalle classi popolari18.

17Soler

i Godes, E., “Teorías sobre el origen de las fallas”, in Historia de las fallas, pagg. 61-70 18Domínguez Barberà, M., Las fallas, pagg. 44-45

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1.3. La rivalità fallera Verso la metà del XVIII secolo, una volta sorta la falla nel suo significato attuale, comincia il rapido processo della sua diffusione e la lenta evoluzione del perfezionamento della sua plasticità. Nel 1751 – secondo quanto risulta chiaramente nella documentazione raccolta da Almela i Vives19– nella città vennero collocate sette fallas, alcune con ninots ben eseguiti e versi in lingua locale. Si hanno notizie circa le fallas del 1783, 1789 (una di esse dotata di movimento), 1792 e 1796, sempre accompagnate da molta animazione cittadina. Sappiamo che nel 1820, nella Calle Zaragoza, venne collocata una falla che venne considerata “monumentale”. Il “motore” di questo processo fu quello di sempre: la concorrenza tra i vari rioni popolari. La falla era essenzialmente opera degli abitanti di un quartiere che operavano in comune accordo; il soggetto veniva mantenuto segreto. Si provvedeva al suo finanziamento con modestissime quote settimanali o mensili e si giungeva alla sua realizzazione materiale in poco tempo, in quell'epoca di povera, schematica e goffa fabbricazione casalinga. All’inizio ad attivarsi furono pochi quartieri del vecchio centro cittadino, ai quali ogni anno se ne aggiungeva qualcuno di nuovo; e mentre si stuzzicavano l’un l’altro per vedere chi avrebbe messo in piedi la falla migliore, al momento stesso aumentava la rivalità, dando inizio a una “lotta” che si faceva sempre più accesa. Ogni rione voleva che la sua falla fosse non solo la migliore e più ben riuscita, ma anche la più artistica. E allora apparve l’artista fallero20. In ogni quartiere, strada o distretto fallero esisteva sin dall’inizio un gruppo di entusiasti famosi per la loro capacità di organizzare tutto: la

19Almela 20Ariño,

i Vives, F., Las fallas, Argos, Barcelona, 1949 A., “Dal naiximent a la consolidació”, in La festa de les falles, pag. 19

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contrattazione della banda musicale proveniente da qualche paese vicino al capoluogo, o quella del coheter o pirotecnico, che doveva preparare le tracas (serie di petardi e razzi matti disposti lungo una corda, che scoppiano in successione), le mascletaes (esplosioni di petardi e mortaretti), e i fuochi d’artificio; designare le falleras e allestire programmi di manifestazioni e festeggiamenti. Con questo gruppo si costituisce la Comissió (comitato organizzatore della falla), con i principali organi direttivi: presidente, segretario, tesoriere, eccetera. I comissionats (componenti del comitato organizzatore), a causa delle esigenze artistiche e della rivalità fallera, che hanno portato a realizzazioni sempre più perfette di ninots, soggetti, scenografia e montaggio, si vedono obbligati a scegliere un artista che, oltre ad eseguire la falla, proponga il soggetto e ne esegua il bozzetto. Si va verso la “monumentalità” della festa e delle fallas. Una monumentalità e una ricchezza che, in parte, possono aver tolto alla falla spontaneità popolare, trasformandola sempre più nel risultato di un’attività professionale, privandola altresì del suo spirito originario, della sua natura di “confabulazione” di quartiere, e della sua chiara intenzionalità satirica. Ma in ogni caso non poche fallas, comprese quelle più ricche e colossali, conservano gran parte dello spirito

originario,

provocando

le

risate

del

pubblico,

oltre

all’animazione, e alla tristezza suscitata dal fatto che tutto sarà presto dato alle fiamme. I grandi falò notturni in onore del santo patrono (Sant’Antonio Abate, San

Giovanni

Battista,

San

Pietro,

San

Giuseppe)

ardono

tradizionalmente la vigilia delle rispettive festività. Questo succedeva anche con le fallas durante i secoli XVIII e XIX, epoca in cui venivano bruciate la notte del 18 marzo.

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Ma già nel XX secolo, dovuto al numero sempre maggiore di fallas ed essendo queste sempre migliori delle precedenti, si volle approfittare della festività di San Giuseppe affinché la popolazione e i forestieri potessero disporre di un giorno in più per visitarle, e si spostò la cremà alla notte del 19 marzo. Allo stesso modo, poiché i festeggiamenti crescevano in numero e sontuosità, erano necessari più giorni di festa. Nacque così la settimana fallera, che ha finito per durare molto più di sette giorni21.

21Domínguez

Barberà, M., Las fallas, pag. 46

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1.4. San Giuseppe La festività del Santo Patriarca è una cosa e le fallas un’altra. Il fatto che vi sia una coincidenza nel calendario si deve a ragioni non precisamente religiose, ma perché la data del 19 marzo segna praticamente l’inizio della primavera, ovvero delle giornate più lunghe, quando si bruciava il parot. Curiosamente è la festa dei falegnami, il cui patrono è appunto San Giuseppe, festeggiato in passato insieme a San Luca, essendo quest’ultimo il santo degli artisti: intagliatori, scultori o pittori di immagini sacre, decoratori, eccetera, tutti appartenenti alla corporazione del legno22. Nel vecchio calendario della cristianità, nel vasto territorio europeo, le festività di alcuni santi venivano fissate come date per l’adempimento di certi obblighi di tipo contrattuale-economico; generalmente si contavano quattro feste, una per ogni trimestre: gli affitti rustici venivano pagati verso San Giovanni o Ognissanti. San Giuseppe significava la fine dell’inverno e rappresentava un momento molto importante nel calendario lavorativo; e il Natale, la fine dell’anno. Tutto ciò non senza considerare che quella coincidenza di date non spoglia affatto il 19 marzo del profondo significato religioso che la grande e antica devozione valenciana ha per lo sposo di Maria. I patroni di Valencia sono San Vicenzo Martire, San Vincenzo Ferrer23 e la Virgen de los Desamparados24. Ma di San Giuseppe si può affermare che è il patrono del popolo valenciano, anche se si tratta di una devozione piuttosto recente.

22Ariño,

A., “Dal naiximent a la consolidació”, in La festa de les falles, pag. 16 Vincenzo Martire viene festeggiato nella città di Valencia, mentre San Vincenzo Ferrer nell’intera regione 24Madonna degli indifesi 23San

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Le varie fallas che rallegrano Valencia celebrano messe e cerimonie di culto, ciascuna nella parrocchia del proprio rione, in onore del Santo Patriarca. E il 19 marzo, a mezzogiorno, la Junta Central Fallera (Giunta Centrale Fallera, formata dai rappresentanti dei vari comitati organizzatori delle fallas) si reca al ponte di San Giuseppe con la Fallera Mayor (rappresentante delle falleras, cioè delle partecipanti alle fallas), e la sua corte per adornare di fiori il piedistallo della statua del santo. Il Gremio de los carpinteros (Associazione dei falegnami), celebra solenni culti religiosi con messa in onore dell’associazione e processioni. Questa festa religiosa e l’altra, di strada e cittadina delle fallas, dalle radici così diverse, si sono intrecciate a poco a poco; lo stesso nome rituale delle ultime fallas, denominate appunto Falles de San Josep (Fallas di San Giuseppe), lo indica25.

25Domínguez

Barberà, M., Las fallas, pag. 47

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1.5. L’altro “motore” La rivalità fallera aumentò ulteriormente da quando, nel 1901, il Comune cominciò ad assegnare dei premi alle fallas più belle e meritevoli, ma oltre a questo c’è stato un altro importante “motore” per lo sviluppo di questa festa: la politica locale, nazionale e internazionale; perché i ninots, riproducendo l’umanità ed essendo “vera

effige”

di

personaggi

internazionali

famosi

e

criticati,

costituiscono un successo sicuro e alla portata di tutti, popolazione locale e stranieri. Nella prima metà del XIX secolo, precisamente dal 1812 al 1843, decenni carichi politicamente di passioni e lotte nazionali26, le fallas ricevettero il “fertilizzante” dai tanti sommovimenti e fazioni che sconvolsero il paese. Poi, in fasi successive, le fallas sono passate a rappresentare una cronaca tragicomica e uno sfogo civile di fronte alla tensione asfissiante della delicata situazione politica interna. A quello che si intende per politica in genere, bisogna associare i settori prossimi all’attualità mondana, per cui si appassiona il grande pubblico: il cinema e le sue stelle, lo sport e i suoi campioni, i concorsi di bellezza e le loro miss, il crimine dell’anno, le nozze del secolo... Mentre la rivalità fra rioni fu il motore che fece evolvere le fallas verso costruzioni monumentali di notevole dimensione ornamentale, vero e proprio vanto di plastica decorativa, coloristica, sontuosa e satirica, l’introduzione della politica e dell’attualità nei soggetti falleros operò come una forza e al tempo stesso come stimolo per migliorare la personalità dei ninots, fino al punto che, per eseguire la testa di noti personaggi nazionali o internazionalmente famosi, si utilizzò la cera, con cui si ottennero fisionomie prodigiose di personaggi molto 26Ariño,

A., La ciudad ritual. La fiesta de las fallas, pagg. 84-86

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conosciuti che destavano l’ammirazione e l’ilarità unanime perché, alla sorprendente somiglianza, si univa la comicità della scena in cui si inseriva quella presenza illustre. La cera, tuttavia, non era la materia prima ortodossa delle fallas. Lo era, invece, il cartone, che veniva inumidito, modellato e variamente colorato, ed era facile preda delle fiamme. Il cartone si è imposto quindi durante gli ultimi lustri, dando vita a espressioni e fisionomie incredibilmente individuali dei vari ninot, che vengono collocati nelle più delle trecento fallas di Valencia, senza contare quelle di tutta la regione. Non deve stupire, quindi, che la prima manifestazione che apre la settimana fallera sia la Cabalgada del ninot (sfilata del ninot)27.

27Domínguez

Barberà, M., Las fallas, pag. 48.

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1.6. Il corteo buffo che apre la festa Il programma dei festeggiamenti della settimana fallera si è formato dall’interno stesso della festa; cioè sin dall’inizio del processo interno di formazione delle fallas, ad esempio, quando l’evoluzione delle fallas fece apparire ninots magistrali, molti si chiedevano con una certa tristezza se qualcuno di essi poteva essere salvato dalle fiamme... Allora si decise di esporre i migliori ninots – uno per ogni falla – nell’enorme salone della Lonja de la seda (Loggia della seta)28. Così si sarebbe scelto quello che sarebbe stato poi risparmiato dal fuoco, e per questa importante decisione non si ricorre a una giuria: è il pubblico stesso a decidere quale sarà il ninot indultat (ninot risparmiato)29. L’esposizione resta aperta otto/nove giorni, e la sera dell’ultimo ha luogo un favoloso corteo, la Cabalgada del ninot, che sfila per le vie del centro e che viene seguito da una numerosa e gioiosa folla: ogni ninot viene accompagnato da figuranti che rappresentano in modo vivace o ieratico qualche tema buffo relazionato con l’argomento della rispettiva falla. Giunta alla fine del suo percorso, la sfilata si sposta per restituire ogni ninot alla rispettiva falla di provenienza.

28Ariño,

A., “Del naiximent a la consolidació”, in La festa de les falles, pag 28 del foc: catàleg raonat de la col·leció de ninots indultats del Museu faller, Ajuntament de Valencia, Delegació de Festes, Valencia, 2002; Gayano Lluch, R., Ninots Indultats, Valencia, 1946 29L'indult

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