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Periodico bimestrale - Sped. a.p. 45% - Art. 2 comma 20/b - Legge 662/96 - Filiale di Forlì - Contiene I.P. - Dir. Resp. Giovanni Cioria Aut. Trib. di Rimini n. 185 del 16/8/80 e del 26/8/92 - Red. e Amm. Riccione - Via Montebianco, 27 - Tel. 0541 643 884 Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio - Grafica: Composet Riccione - Anno XXXIV - N°2 - MARZO/APRILE 2015 CN/RN0665/2010
Famija Arciunesa
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Litorale di Riccione - 6 Febbraio 2015 L’è mnù giò e quarcin! (è caduto il cielo)
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CRISTALLO più rari e spesso chi si “avventura” in un dialogo che va oltre il semplice scambio “telegrafico” di notizie sul quotidiano, OTO CENTRO REVISIONI AUTOlo faeinM modo approssimativo, “sgangherato”, cadendo in errori ed “orrori”. Anche al mercato, luogo che dovrebbe essere
deputato all’espressione vernacolare sia nel magnificare i prodotti che nel contrattare gli acquisti, si ascoltano strafalcioni Installazione e assistenza di RENZO ogni risma. A discolpa si può evidenziare che la provenienza dei venditori è la più disparata cosicchè le parole si impianti GPL e Metano LANDI mescolano e si imbastardiscono. Ghiotte occasioni per seguire dialoghi di una certa consistenza, così da stuzzicare il pensiero e “rimpolpare” la memoria, potrebbero venire dalle rappresentazioni teatrali di commedie dialettali; ma i registi non sembrano inclini a curare la correttezza del parlato e tanti attori che lo “masticano” poco si preoccupano esclusivamente della parte mnemonica e delle pose recitative. Dobbiamo rimpiangere la generazione dei nonni (anagraficamente in via di estinzione) che lo tramandava? Sgridare la scuola che lo ha sempre osteggiato?... o il turismo che ha deviato le energie sulle lingue straniere? Incolpare le nuove tecnologie che ci riempiono di neologismi ed inglesismi? Non mi reputo adatto Riccione (RN) - viale Dante, 36 per rispondere a questi interrogativi. Nel mio piccolo vorrei provare ad innalzare una diga, un argine per contenere il 0541605404 - Fax 0541606663 “fiume” dialetto, per evitarne lo scorrereTel. verso un mare che mescola tutto indiscriminatamente. Quindi il pubblicare queste raccolta di zirudele è un timido tentativowww.ristorantecristallo.it per non dimenticare. Queste “storielle” in rima, facilmente memorizzabili, di facile lettura, potranno essere un valido contributo all’assorbimento delle parole meno usate (e più vere) e al comprenderle nei info@ristorantecristallo.it molteplici significati che assumono a seconda delle circostanze. Almeno è quello che mi auguro. Giuseppe Lo Magro
LIBRI
Rotary Club Riccione-Cattolica
Famiglia Pullè
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Omaggio ad un grande Uomo Conte Felice Carlo Pullè- “Il medico dei poveri”- 1866/1962
E’ stato presentato, e donato a tutti i presenti, il libro: Conte Felice Carlo Pullè “Il medico dei poveri” lo scorso 7 Febbraio al Palazzo del Turismo, a cura della Famiglia Pullè, del Rotary Club Riccione-Cattolica e di Famija Arciunesa. Il volume, in formato quaderno, 36 pagine, è nato da un’idea di Giuseppe Lo Magro che ha raccolto gli scritti della nipote Contessa Lina Pullè (Tomo II) e di molti che lo hanno ricordato dopo la scomparsa con libri ed articoli: Giancarlo D’Orazio, Giancarlo Mantellato, Fosco Rocchetta, Albo Casadei, Dante Tosi, Armando Semprini, Ferruccio Farina, Umberto Corsucci, Gian Luigi Dondi. In quelle pagine c’è il succo di una vita straordinaria che un personaggio inimitabile come “E Count” (così lo chiamavano, con riverenza e smisurato affetto, i riccionesi del secolo scorso) ha tracciato dando esempi di bontà, signorilità, lungimiranza, rispetto, sacrificio, umanità e professionalità. Alla presentazione, il numerosissimo pubblico ricco di rappresentanti di quattro generazioni, ha seguito visibilmente attento e palpabilmente curioso, i racconti provenienti dal piccolo palco. Ha introdotto e coordinato Giuseppe Lo Magro di Famija Arciunesa senza formalismi ingessati, creando una atmosfera “famigliare” per lo scorrere affettuoso di episodi, aneddoti e racconti dei nipoti e pronipoti Lina, Eleonora Santini, Fabrizio; dell’architetto Roberto Cesarini e del dottor Roberto Monaco (in rappresentanza del Comune di Riccione), del dottor Fosco Rocchetta (storico di Riccione); di Mimma Papini e Adriano Prioli con testimonianze della loro conoscenza diretta del Conte. Per il Rotary Club è stato proiettato un filmato di un intervento del Proff. Pietro Pasini in occasione della posa del busto a Casa Serena, intitolata “Residenza Pullè” (1999). Poi la distribuzione con l’immediato, avido, sfogliar di pagine.
Conte Felice Carlo Pullè “Il medico dei poveri”
Per gli interessati al volume (gratuito) non resta che una visita presso la sede di F.A. in via Montebianco: martedì, giovedì, sabato dalle 16.30 alle 18.30.
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Il mare infuriato devasta la spiaggia! A distanza di mezzo secolo Riccione ha rivissuto l’incubo del tremendo fortunale che l’8 giugno 1964 devastò l’arenile. Il mare impazzito, lo scorso 6 febbraio, tra onde alte quattro/cinque metri, raffiche di vento fino a 55 nodi (un centinaio di chilometri all’ora) e alta marea, ha inghiottito milioni di metri cubi di sabbia, devastando stabilimenti balneari e bar ristoranti, soprattutto nella zona sud. Un danno che, solo per la parte pubblica, il Comune ha quantificato intorno ai 2,5milioni di euro. Tenaci come sempre, i riccionesi si sono subito rimboccati le maniche, lavorando per ripristinare le strutture, mentre il 18 febbraio è partito il primo ripascimento d’urgenza. In ballo soprattutto locali pubblici e stabilimenti balneari intorno a piazzale Kennedy, dove la furia del mare ha spazzato via intere concessioni. A rischio l’attività balneare del 2015. La gravità della tempesta, quasi un tifone, scatenatosi nella notte tra giovedì e venerdì a notte fonda, è stata subito evidente. Il mare con le sue gigantesche e impetuose onde è arrivato in più punti fino alla strada e ai giardini di hotel, in particolare a Fontanelle. A nulla sono servite le dune che i bagnini avevano innalzato in autunno per difendere l’arenile, in pochi istanti dal porto in giù sono state ingoiate in un battibaleno. La furia del mare ha spazzato via tutto, fino a scalzare il sabbiodotto da due milioni di euro insabbiato per circa un metro. La scena che si è presentata ai riccionesi nel tratto di spiaggia maggiormente colpito è stata devastan-
te, un campo da guerra: bar ristoranti e stabilimenti balneari con fondamenta scalzate, rimaste a vista come scheletri, cabine inclinate, camminamenti spariti, muretti divelti e passeggiata ciclopedonale sconnessa. Lacerati altri sacchi di sabbia della barriera antierosione che protegge la spiaggia a sud del porto. A questo si sono aggiunti i danni dei privati con vetri rotti, infissi e serrande piegate, condutture spaccate, verande e altre infrastrutture esterne divelte. Danni che per le singole attività sono stati quantificati dai 10/20mila euro in su. C’è chi come il Bar Mario’s, accanto alla Zona 17, inizialmente ha calcolato 50mila euro. Danni ingenti anche nell’area portuale. Sconvolgente lo scenario a poche ore dal tremendo fortunale: il porto è apparso devastato e i ristoranti fortemente danneggiati. A Levante le onde hanno spazzato via una parte del muretto a ridosso degli scogli e ha divelto una serie di lastre di marmo, scaraventandole contro le vetrate del ristorante Gambero Rosso. Dal molo sono state spazzate via anche alcune panchine, mentre lo scivolo degli handicappati è sparito del tutto.
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Rivissuto l’incubo del ‘64
Non ha avuto migliore sorte la darsena di ponente, dove le violente onde hanno seriamente danneggiato il ristorante Da Gher. La vetrata a prua sul mare è andata in frantumi. Completamente allagato e danneggiato il locale e parte del mobilio. “Mai successa una cosa del genere dal 1964 in poi”, assicura il titolare Sergio Serafini. La black list va oltre la fascia turistica. L’esondazione dei rii Marano e Melo ha compromesso la viabilità per la chiusura dei trafficatissimi viali Venezia e San Lorenzo (quest’ultimo rimasto sbarrato per settimane a causa dell’asfalto e del parapetto divelto), ma ha causato anche allagamenti a diverse abitazioni e capannoni. In viale Venezia per la seconda volta in due mesi, sott’acqua è finita la ditta edile di Francesco Esposito, completamente distrutta, e la casa della famiglia Tonti, immersa in cinque metri d’acqua. Entrambi, tramite legali, hanno fatto partire una diffida agli organi competenti, per l’incuria del Melo. Altre case
si sono allagate oltre il cavalcavia di viale Veneto, mentre il Marano esondato in più punti ha invaso diversi capannoni della zona artigianale. Situazione critica anche nel cantiere del Trc, in viale Portovenere, dove dai tombini sono uscite centinaia di metri cubi d’acqua che hanno creato un fiume di fango, fino a invadere del tutto il sottopassaggio di viale La Spezia. Impraticabili per diverse ora anche altri sottopassi della città. Strage di verde. La Geat per alberi caduti è intervenuta nei viali Oberdan, Gramsci, Torino, Giovanni da Verazzano e Angeloni, nonché nel parco di viale Bologna. “Una situazione che fa piangere!”, è stata la prima esclamazione del sindaco Renata Tosi. Una condizione di disagio che, come confermato anche dal comandante della Polizia municipale Graziella Cianini “per i cittadini ha raggiunto livelli estremamente elevati”. Tantissimi gli interventi della Protezione civile e dei Vigili del fuoco. Nives Concolino
Sei riccionese se...
notizie dal palazzo
Concorso “A sò Arciunes” 2015 I diplomati sono: Zammarchi Novella, Berardi Gianfranco, Guiducci Guglielmo, Selva Glauco, Gobbi Luigi, Berni Fabrizio, Montanari Angela, Frisoni Maria, Rossi Galiano, Tonti Salvatore, Zavoli Renato, Anna Maria Pozzi. In netto calo rispetto al 2014. Forse le domande erano troppo difficili? O diventiamo tutti vagabondi? Beh, i vincitori avranno il loro bell’invito per una pizzata e la prossima volta pubblicheremo la foto di gruppo!
A sò Arciunes!
Il Babbo
Le soluzioni dei 50 vocaboli Cagnaròt= rissoso, litigioso, attaccabrighe, prepotente Ligira= infido, di pochi scrupoli Bdòc arfat= Chi da povero è divenuto ricco e si da arie da signore Bargnucloun= Testa dura, di poco comprendonio Bilin= Giocattolo. Anche piccoli oggetti Badurle= Gingillo. Anche tenere a bada Sdacia= Setaccio. Per mondare la farina Balosa= Castagna lessata. Sciocco. Sesso femminile Sburoun= Spaccone, sbruffone, smargiasso Caghin= vanitoso, ambizioso. Anche piccolo e tignoso Tracagnòt= Basso e tarchiato Ingrignid= Rattrappito, avvizzito, gracile Cuvanid= Ultimo nato di una nidiata Criat= Malaticcio. Povero cristo. Anche tipo particolare Carghè= Caricare. Fare l’amore Luviria= Ghiottoneria, golosità Filarèin= Corteggiatore, fidanzatino Ariènda= Girare attorno Gnagnòs= Cappellone, trasandato Faciandoun= Intrigante, che comanda senza autorità Slapazòch= Mangia zucche. Zoticone Bazòt= Semicotto, molliccio, avanti con l’età Giargianés= Dispregiativo per meridionale. Venuto da fuori S-ciufarid= Scapigliato, arruffato Zagnòt= Piccolo e grasso Luzòs= Sudicio, sozzo Antiga= Zitella avanti con l’età, acida di sentimenti Braghira= Maldicente, ciarliera, moglie autoritaria TargaGrande
20-07-2007
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Riccione, Aprile 2015
Pitira= Linguacciuta, maldicente Struscia= Donnaccia rubamariti disordinata e sporca Smulachèda= Floscia, senza spina dorsale Ciarghin= Chierichetto Galaroun= Cappone mal castrato. Uomo dalla voce sottile, poco mascolina Cazabòble= Insignificante, di poche qualità Spirlimpèina= Donna tutto pepe. Provocante nell’atteggiarsi Cudghin= Cotechino Fròfle= Fiocco di neve, nonnulla Bufì= Nevicare Pulésca= Granellina tra pioggia e neve. Piccolo corpo estraneo Znòc= Ginocchio Paciarèina= Fanghiglia Aque in ardòr= Fosforescenza marina Cudroun= Osso sacro Bumbés= Cotone, bambagia Bligh la pènza= Ombelico Burnisa= Cenere calda con minuzzoli di brace Quarcin= Coperchino. Cielo. Imene della vergine Sfrèmbla= Fionda, frombola Brugh-la= Crosta di sangue rappreso Fusaja= Lupini macerati in acqua e sale
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pesca a strascico addio
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L ’ultima rotta de “I due fratelli” Era l’ultima imbarcazione riccionese, usata ancora per la pesca a strascico. Una gigantesca onda all’alba del 6 febbraio l’ha travolta e, come fosse una piuma, l’ha sollevata dalla darsena di ponente, dov’era ormeggiata, per poi farla sobbalzare sul molo vicino allo scalo di alaggio. Un volo che ne ha compromesso per sempre la struttura, tant’è che dalla falla sono fuoriusciti 200 litri di carburante. E’ finita così la storia del peschereccio “I due fratelli” del quale l’88enne Bertino Capelli, uno degli storici pescatori di Riccione, era armatore da mezzo secolo. La Capitaneria di porto, guidata dal comandate Ivan Pinzon e i Vigili del fuoco, supportati dai sommozzatori, il 13 febbraio sono stati impegnati sei ore nella delicatissima operazione di recupero dell’imbarcazione, effettuata con l’ausilio di galleggianti e il possente braccio di una gru. Lo specchio d’acqua in cui si era riversato il carburante era stato subito delimitato con delle panne galleggianti e nei giorni successivi risanato. Ma il peschereccio, piccolo tassello della storia riccionese, non tornerà più in porto. Trasportato nel cantiere Raboni di San Giovanni in Marignano, è in attesa di essere sfasciato, perché i danni subiti sono ingenti, per cui Capelli, anche se a malincuore, non può che rottamarla. “Quella barca da 48 anni era la mia vita - confessa Bertino, già titolare del Gambero Rosso, ristorante aperto nel dopoguerra dal padre Gino e dalla mamma, Maria Delbianco -. Il dolore che provo nel doverla abbandonare, anche se mi vergogno a dirlo, è forse più forte di quello che ho provato quando sono scomparse tante persone a me care. Ma rimetterla a posto non conviene, e poi sono del 1927, non sono più giovane, e tra l’altro l’anno scorso, mentre andavo in bicicletta, un
pirata della strada mi ha investito e mi sono rotto un femore. Non mi rimane che vendere la licenza. Con quell’imbarcazione, andavo sempre a pescare il pesce per il ristorante., dove lavoravano anche i miei fratelli, Elio, e Giancarlo scomparso in un in incidente nel 1960. Lo slogan del menù era: “dalla barca alla brace”. Sembra incredibile, ma con “I due fratelli” ho recuperato centinaia di imbarcazioni in avaria e ho salvato la vita di almeno quindici persone. Il dispiacere per quanto è successo non mi passa. Ho cominciato a fare il pescatore a 13 anni. Di certo è che un fortunale così non si vedeva dal 1964. Quella volta i miei genitori si salvarono, mettendosi in piedi sui tavoli del ristorante. “Una furia del genere, dopo quella di cinquant’anni fa non si era più vista - conferma Marino
Pronti della Cooperativa Piccola pesca -. Le onde anomale sono arrivate fino alla nostra pescheria, sfondando le porte. Il negozio è ancora chiuso, speriamo di riaprirlo i primi di marzo, ricominciando una vita nuova. Le mie imbarcazioni, il motoscafo da pesca Black Marlin e il cutter Samanta mi attendono per andare a pescare. Mi dispiace per la barca di Bertino, era il nostro gioiello. “Lavoro al porto da 50 anni, ma una marea così spaventosa non l’avevo mai vista - fa eco Maurizio Cevoli -. Con la demolizione de “I due fratelli” si chiude un capitolo di storia della flottiglia da pesca riccionese. Quella della pesca a strascico che consentiva di pescare entro le tre miglia dalla costa con reti dalle maglie piccole per catturare nonnini e bianchetti”. Nives Concolino
REDAZIONE Direttore Responsabile: Giovanni Cioria • Capo Redattore: Giuseppe Lo Magro • Redazione: Nives Concolino, Maria Grazia Tosi • Hanno collaborato: Dante Tosi (archivio), Manlio Masini, Albo Casadei (archivio), Lorenzo Scola, Antonio Cianciosi, Fabrizio Serafini, Edmo Vandi, Milva Angelini, Roberto Betti, Antonella Colangelo • Foto: Pico e Gianni Zangheri • Pubblicità: Tel. 338 4304667 • Grafica e impaginazione: Studio Grafico Composet Riccione: 0541 606680 • Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio S.r.l.
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Giorgio Grassi: allo stadio per fare amicizia
Ospitalità. Trasparenza. Solidarietà. Rispetto. Nei fatti significa che lo stadio di Riccione deve essere il luogo dove le famiglie vanno per passare un pomeriggio spensierato e nella gioia. Dove si fa il tifo a favore e mai contro. Dopo ogni partita in casa, le due squadre si ritrovano attorno ad un buffet con un buon bicchiere di vino in mano per il terzo tempo di “cultura” riccionese. I quattro valori sono la filosofia di Giorgio Grassi, il presidente del Fya (Football Youth Association) Riccione. E’ quello che avviene alla fine delle partite di rugby e calcio in Inghilterra. E forse anche altrove. Giorgio Grassi è un uomo fuori dai canoni. E’ la persona dietro il settore giovanile della TreVillaggi; 300 ragazzi che crescono interiormente attraverso il gioco del pallone. Ora c’è un’unica società, che ingloba anche il Riccione dei cosiddetti grandi, di quelli che lottano sui campi della Promozione. E’ uno dei massimi imprenditori della provincia di Rimini, Grassi. Produce palloncini in quel di Coriano ed impiega un’ottantina di persone. E’ leader in Europa e secondo al mondo. Il primo mercato è quello americano. Ha chiuso il 2014 con un fatturato più 20 per cento; a doppia cifra anche la crescita in questo inizio di 2015. Ha creato un’impresa modello. Dentro e attorno allo stabilimento ha costruito una serie di servizi per i
dipendenti. Fuori: campo da calciotto, campo da beach volley o tennis, spazio giochi per bambini, parco. All’interno: sala biliardi, sala per feste, cucina per il piacere di stare insieme, palestra, sala cromoterapia con tisane... Insomma, un Adriano Olivetti in salsa riccionese. Lo scorso anno ha pubblicato un libro in dialetto lastricato con pensieri profondi, asciutti ed eleganti. Si diceva che Grassi è un uomo fuori dai canoni, con un’idea sociale ed educativa del lavoro e dello sport. Non ha il cellulare. Quando viene contattato in azienda se non c’è, è d’obbligo lasciare il numero. Poi richiama. “Il nostro calcio deve trasformarsi radicalmente - racconta Grassi, moglie inglese, due figli -. Riccione deve essere ospitale. L’evento partita deve finire come un gruppo di amici appassionati dello stesso sport e degli stessi valori. Per questa ragione noi facciamo il terzo tempo attorno ad una tavola imbandita. Con la doccia vanno lavati anche i cattivi episodi in campo. Devono vigere i valori della cavalleria. Chi viene a giocare a Riccione deve essere un ospite e come tale deve essere trattato. Abbiamo bandito dallo stadio il tifo contro; lo facciamo solo a favore. Si viene allo stadio per trascorrere un momento di amicizia. Di serenità, come in famiglia. Un luogo dove conoscersi”. “L’altro nostro valore - continua il presidente - è la trasparenza. La città deve sapere da dove arrivano i soldi e come li spendiamo”. “Venire allo stadio - riflette Grassi - significa anche solidarietà. Ospitiamo persone impegnate nel volontariato: Avis, Caritas, Protezione civile... Facciamo conoscere un volto bello della nostra comunità”. “Infine - chiude Grassi - c’è il rispetto. E su questo valore non devo dire assolutamente nulla”. Giorgio Grassi ha portato novità anche allo stadio. Gli ha dato una robusta rinfrescata per renderlo accogliente. Ha acquistato uno schermo di 18 metri quadrati dove far girare la partita, altri sport, gli sponsor. Deve essere montato a giorni; si aspettano solo i bolli sulle carte. E i risultati sportivi? Grassi: “Vogliamo presentare agli appassionati un bel gioco. Vogliamo presentare una squadra in grado di giocarsela con chiunque e che dà il meglio di sé in base ai nostri mezzi e alle nostre possibilità. Se poi la città è disposta a mettere sul piatto risorse... altrimenti facciamo con quello che abbiamo”.
Solfrini resta al timone della Polisportiva
Giuseppe Solfrini è stato confermato presidente della Polisportiva Riccione. Dopo settimane di campagna elettorale al vetriolo, con uno scarto di 339 preferenze ha sconfitto l’avversario Alessandro Casadei . Sui 3.474 tesserati aventi diritto al voto (gli iscritti sono 8.800) hanno espresso la loro preferenza 1.377 persone (642 per delega). La lista “Lo Sport per tutti” (candidato presidente Giuseppe Solfrini) ha ottenuto 853 voti, mentre l’altra, “Quelli della Polisportiva” (candidato presidente Alessandro Casadei) si è fermata a 514. 5 le schede bianche e 5 le nulle. Solfrini nel direttivo è affiancato da Karl Fredrick Pandolfini, Stefano Barosi, Silvia Serafini, Claudio Passuti, Giorgio Gori, Paolo Gallo, Gianandrea Valmarana, David Diego Passerini, Maurizio Borgognoni, Gordon Morganti, Antonio Culicetto, Paolo Semprini, Guido De Paoli, Moreno Villa, Giuseppe Uguccioni, Tatiana Feletti, Manuel Mancini e Antonio Manzo. La campagna elettorale, giocata pure sul piano politico e di certo più accanita di quella delle amministrative, non ha risparmiato siluri tra le parti, che hanno riesumato vecchie questioni e dissapori sulla gestione della stessa Polisportiva. E’ stato scontro anche sulle 346 tessere rilasciate all’ultimo momento, anche a consiglieri comunali di maggioranza. Ha commentato a caldo Solfrini: “ha vinto lo sport”. Opposta la posizione di Casadei che in una nota scrive: “In queste elezioni c’è stato un solo sconfitto: lo sport. Con il voto dopato dalle 346 tessere fantasma del 29, 30 e 31 dicembre, che innegabilmente hanno condizionato il risultato finale. In coda per il voto poche tute e scarpe da tennis”. ni.co.
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L’ottimismo di Paolo Olivieri “Penso che ce la faremo. Alle mie conferenze porto sempre un esempio negativo ed uno positivo. Quello negativo racconta l’ammainamento della bandiera della chimica italiana. Quello positivo invece afferma che l’Italia è al terzo posto in Europa nella nuova elettronica, la sensoristica. A me, come ad altri, piace chiamarla l’elettronica rediviva. Nel senso che dopo la morte è risorta”. Paolo è il fratello del dottor Giovanni Olivieri. Con Renato, sono i tre figli del mitico preside Arduino del classico di Rimini. Lo scorso gennaio il settantasettenne chimico che ha passato tutta la vita a fare ricerca a Terni ha tenuto una conferenza al Rotary Club Riccione-Cattolica. Una “lezione” che aiuta a riflettere, ma soprattutto apre squarci sul nostro futuro. Sull’avvenire dei nostri giovani che sempre più spesso optano per l’esodo, anzi costretti. Afferma il prestigioso scienziato che ha conosciuto e “lavorato” con Giulio Natta, padre del polipropilene e Nobel per la Chimica nel 1963: “Una società forte deve essere in grado di capire la propria epoca e guardare più in là per poter fare il salto. Abbiamo giovani davvero bravi. Il compito di lavorare per le prossime generazioni spetta alla classe politica, che spesso si riduce a lavorare per la prossima campagna elettorale. Invece, costei dovrebbe mettere a rischio il proprio oggi in favore delle generazioni future”. Paolo Olivieri ha incrociato il genio
di Natta, ma è amico intimo di Vincenzo Balzani, chimico in odor di Nobel, continua: “Ce la possiamo fare se sosteniamo quello che abbiamo di valido e se andiamo verso quello che sta maturando. Ad esempio, se si deve fare a meno dei combustibili fossili in esaurimento ed il futuro passa per le fonti rinnovabili, noi dobbiamo percorrere questa strada. L’Italia con l’idroelettrico, l’eolico e il fotovoltaico produce già il 40 per cento
della sua energia elettrica. Se riuscissimo a coordinare il settore, l’Italia potrebbe lavorare moltissimo. Potrebbe diventare un laboratorio internazionale dove anche gli altri vengono a fare ricerca ed a sperimentare. Dobbiamo buttarci subito al di là del contingente”. Sposato con un’insegnante di inglese, tre figlie, Paolo Olivieri è stato il protagonista di una delle avventure industriali più importanti del secolo scorso non dell’Italia ma del mondo: l’affermazione del polipropilene, il frutto di un investimento colossale e pionieristico in ricerca. Ne fu artefice la Montecatini, che finanziò Natta, il futuro Nobel. Era il risultato di 100 anni di competenze, dinamismo e impiego di risorse. Con questo materiale si producono oggetti in plastica e fibre. Ad esempio, tutti gli imballaggi di plastica per cibo sono in polipropilene. L’Italia ne controllava il 65 per cento della produzione mondiale. Olivieri è stato anche il testimone dello smantellamento. Del disarmo. Di uno strano ed incomprensibile fuggi, fuggi industriale. I discendenti della Montecatini vendono il settore dalle uova d’oro tra il 1993 ed il 1997. Oggi, tale settore fattura 90 miliardi di euro l’anno ed è nella mani degli americani. Ed è questo l’esempio negativo che Olivieri racconta per far capire. Afferma: “Insegnare non è riempire un vaso, ma accendere dei fuochi”. Il fuoco di Olivieri riscalda le menti.
STRETTAMENTE PERSONALE
L’insegnamento di Don Nevio Era un genio di uomo don Nevio. Anzi, lo è ancora. I suoi allievi che ricordano l’episodio delle caramelle veleggiano attorno ai 55 anni. Raccontano, l’uomo, ai figli e agli amici. Un giorno arriva per la sua ora di religione al liceo. Dalla valigetta estrae un sacchetto di caramelle e a caso le distribuisce agli allievi: a chi una manciata, a chi una di numero, a chi tre, a chi cinque. Ad un allievo sfortunato nessuna (perché proprio a lui?). Mistero della vita. I ragazzi restano perplessi. Perplessità fugata da una staffilata di saggezza dell’allora giovane sacerdote: “Il buon Dio dà i frutti; ora sta a voi fare giustizia”. Ecco, il problema forte della decadente Italietta di oggi è la giustizia sociale. Sono i famosi due polli. Se siamo in due a doverli dividere; ci sarebbe un pollo a testa; ma se il più furbo ne arraffa due... utilizzando magari anche la forza della legge all’altro non restano che le radici degli alberi per nutrirsi per sé ed i figli... C’è chi si mangia due polli e chi nessuno. E’ lo stare a voi di don Nevio da ripiantare dentro le nostre coscienze. Basterebbe distribuire un po’ meglio le benedette caramelle di oggi e come per incanto la barca Italia riprenderebbe a navigare con tanto di quel vento che ti porterebbe ovunque. Magari si stacca dalla terra e si arriva anche su Marte per vendere le nostre eccellenze ai marziani, prima degli
altri; sempre che ci siano. Di equità economica dovrebbero parlare gli adulti ben fatti, i partiti ben fatti, le istituzioni ben fatte. Insomma, le persone con l’etica della responsabilità. Di buona volontà, direbbero i cristiani. Invece, uno dei pochi a far sentire tale senso civico è quel povero uomo di Roma, papa Francesco. Si è più sentito un partito nell’ultimo ventennio mettere nel proprio programma la giustizia sociale? Si è più sentito dire che la nostra Costituzione, che è porgrammatica, andrebbe attuata? Un signore perbene che è più vicino ai 70 anni, che negli anni Settanta era uno dei componenti della commissione bilancio in quota Democrazia cristiana, ai tempi all’opposizione in consiglio comunale, afferma della situazione di oggi: “Siamo giunti al punto che dobbiamo arrangiarci”. Spiace dirlo ma il suo si salvi chi può, chi è più lesto, è il modo dalla cintola in giù per affrontare questa crisi delle coscienze, altro che debolezza economica. Se ognuno di noi pensa che valga ancora la pena di vivere in questo Paese da lasciare alle generazioni future, deve ripartire da se stesso e dai valori fondamentali: quelli dell’educazione, delle competenze e dell’onestà. Dai Dieci Comandamenti e dalla nostra Costituzione. C’è qualcuno che dimentica i primi e vuole smantellare la seconda. Le persone di buona volontà dovrebbero scendere in campo e combattere per costruire una comunità migliore.
ripascimento
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Erosione: le richieste dei bagnini e le promesse della Regione Per proteggere la spiaggia dall’erosione gli operatori (a voce alta) tornano a chiedere la realizzazione di una barriera soffolta, solida, in mare, un megaripascimento con nave, come quello del 2007, una battimetria sulla barriera e sulla linea di costa (ora modificata) per capire dove intervenire, nonché un progetto di difesa della costa coordinato con i comuni costieri del Riminese. Nel frattempo, con un ripascimento d’urgenza il 18 febbraio è cominciata l’operazione di ripristino delle concessioni danneggiate, soprattutto nella zona sud, maggiormente dilaniata dalla tremendo fortunale del 6 febbraio. Per evitare ulteriori danni in caso di altre mareggiate, sono state ricreate le dune divorate dalle onde. Sul posto è stata trasportata la sabbia proveniente dal deposito davanti all’ex colonia Bolognese al confine con Riccione. Quella che deriva dalla pulizia della stessa spiaggia, già vagliata e pronta all’uso. Come spiega l’ingegnere Sanzio Sammarini del Servizio tecnico di bacino Conca e Marecchia: “Questa operazione è stata effettuata con il finanziamento d’urgenza. Si tratta di 130mila euro (105mila al netto) che interessa anche Misano”. In tutto si conta di trasportare 15mila metri cubi di sabbia. Si andrà avanti con i soldi rimanenti da questo intervento o con altre risorse di cui si dispone, con ulteriore sabbia da prelevare a Rimini, tra Piazza Tripoli e il Bagno 80/90. Seguiranno altri lavori di manutenzione. Fino all’inizio della stagione balneare si conta di portare in tutto oltre 20mila metri cubi a Riccione e un quantitativo simile a Misano”. Ma
per difendere l’arenile dall’erosione serve altro. Non è un caso che l’ultimo consiglio comunale abbia approvato un ordine del giorno che va in questa direzione. Per cominciare, come ribadito dal presidente della Cooperativa bagnini Diego Casadei, dai concessionari e da tutte le categorie economiche, urge un secondo megaripascimento. A quello del 2007 ne dovevano seguire altri con cadenza quinquennale, ma nel 2012 è saltato per mancanza di soldi. Torna pure la richiesta della barriera solida. Si parla anche di massi. Per il momento, però si prevede solo il ripristino dell’esistente. Come annunciato da Sammarini stanno arrivando 1.500 sacchi di sabbia, ma solo 270 (vale a dire per un fronte di 50 metri) saranno messi in posa prima dell’estate. Un nulla per i bagnini, considerate le condizioni disastrose in cui versa la barriera soffolta. Ecco perché il Servizio tecnico di
bacino alla Regione che per questo dispone 170mila euro, ha chiesto un altro finanziamento di 400mila euro per completare la manutenzione dei sacchi.Sul secondo megaripascimento, Sammarini assicura che: “Entro l’anno in corso verranno stanziati i soldi per poi fare realizzare i lavori prima dell’estate 2016. Per tutta la costa si prevedono 20milioni di euro, il 30 per cento va a beneficio di Riccione e Misano e una piccola parte al litorale nord”. Un aiuto nel ripristino della spiaggia è atteso anche dal sabbiodotto. Nel frattempo il sindaco Renata Tosi ha chiesto un incontro alla Gazzolo e all’Autorità Tecnica di bacino per parlare del programma di difesa della costa. Sulla barriera in scogli dice: “ non è una scelta da escludere. Abbiamo subito danni per 2,5 milioni di euro non possiamo stare fermi”. Nives Concolino
viale ceccarini
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Successo oltre ogni rosea aspettativa per il Christmas Village che, dal 29 novembre al 25 gennaio, nell’isola pedonale ha registrato mezzo milione di persone. Un numero lusinghiero che ha indotto il Consorzio d’area di viale Ceccarini ad andare avanti con questo filone anche in primavera, lanciando il Greeenpark, altro ambizioso progetto firmato dall’Ambra Orfei Entertainment. L’idea è quella di trasformare in prato il “Salotto” con un tappeto di 10mila metri quadri di erba sintetica, dando così l’idea di passeggiare e fare shopping in un parco a primavera tra fiori e attrazioni. Un luogo di svago in cui le famiglie dal 21 marzo e per 50 giorni, potranno passeggiare divertendosi in sicurezza. Sono previste aree di svago, relax, benessere e divertimento per tutte le età, come la foresta magica con l’intrattenimento di particolari personaggi (edera vivente e alberi ballerini). Tra le “chicche” c’è pure la Casa delle farfalle, microcosmo nel quale volteggiano particolari specie di tutto il mondo. In previsione pure alcune attività didattiche come il laboratorio “Dal seme al pane”, ludiche, come il laghetto dei cigni, il ponte tibetano e i tronchi sull’acqua, e commerciali, come Le botteghe delle piante. Una nuova sfida che tiene conto anche di altri numeri registrati dal precedente evento: sulla pista di ghiaccio più lunga d’Europa (180 metri) hanno sfrecciato 25.000 pattinatori, mentre sulla ruota panoramica sono salite 10mila persone. Considerevole l’eco sui social network. I post sulla pagina Facebook del villaggio natalizio sono stati visualizzati da 31.189.567 navigatori. Tantissimi i commenti positivi, seguiti da 8.900 “mi
PH. Daniele Casalboni
Dal Christmas Village al Greenpark
piace”. L’Osservatorio turistico regionale Trademark Italia conferma che “il movimento di auto in uscita al casello autostradale in dicembre è cresciuto del 10 per cento rispetto al 2013, più che nei vicini caselli”. E’ stato, insomma, un Natale con i fiocchi, che, come ha detto il sindaco Renata Tosi “ha ridato smalto alla città”. L’ha intuito anche Linus che sul suo blog ha scritto “Riccione si è trasformata nel villaggio di Rovaniemi (quello di Babbo Natale)”. Anna Falchi, madrina della pista di ghiaccio non ha esitato a dire: “Abito a Roma, ma trascorro le vacanze qui a casa, per me è un grandissimo onore sostenere Riccione, città meravigliosa che ha un punto in più: ha sempre tante idee e innovazione, fa parlare di se con tantissime iniziative”. Ma come osserva il vicesindaco Luciano Tirincanti, che ha fortemente voluto l’evento, per la parte tecnica curato nei dettagli da Gabriele Piemonti, “Sicuramente ora c’è una nuova energia che dà ottimismo, la città ha ricominciato a pulsare dal cuore e a ruota con tutti i comitati. Con i numeri abbiamo ottenuto un ottimo risultato, ma
la grande scommessa era far ripartire la città, che prima sembrava depressa, con il destino segnato. Negli ultimi anni era spenta ora sta tornando al periodo d’oro”. Sulla stessa onda l’assessore al Turismo Claudio Montanari. “Per questo evento di grande successo parlano i numeri – conclude il creativo Paolo Massarente _. Si è trattato di un impegno importante che ha accomunato tante persone, anche se da parte di alcuni operatori servirebbe maggiore unione. Il lavoro è stato di fatica , ma ha dato a tutti tante emozioni”. Ora si riparte anche con altri eventi primaverili che riporteranno a Riccione Giardini d’autori e iniziative come “Aromatica”, kermesse che il 18 e 19 aprile sarà dedicata alla vita all’aria aperta e al giardinaggio in tutte le sue declinazioni, con esposizioni di prodotti per il corpo, cibi coltivati seguendo i canoni della tradizione, erboristeria, medicina alternativa e bioarchitettura. Si affiancheranno dimostrazioni, incontri con esperti su aromi e profumi e tutto quello che ruota attorno al benessere. Nives Concolino
COMPRENSIONE DEL CREPUSCOLO fotografie di Rosita Nicoletti, poesie di Luca Nicoletti In occasione della pubblicazione di “Comprensione del crepuscolo”, il secondo libro di poesia di Luca Nicoletti (da marzo nelle librerie, ed. Passigli), tornano le splendide fotografie della madre Rosita in una mostra allestita alla Villa Mussolini, ispirata all’incontro di immagini e scrittura. Le fotografie di Rosita, amatissime, capaci di rivelarci quel paesaggio nascosto che perlopiù sfugge all’occhio della quotidianità, hanno creato nel tempo un’immagine poetica indimenticabile di Riccione e delle colline della Valle del Conca. Molte le foto inedite, tra cui alcuni suggestivi bianco e nero dedicati ai luoghi di Giovanni Pascoli. Aperta dal 30 aprile al 17 maggio; presentazione del libro domenica 3 maggio alle 17.00, relatori il poeta Tiziano Broggiato e il critico Alberto Bertoni.
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l’intervista
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Un momento magico per Ambra Orfei Ambra Orfei (Roma, 23 ottobre 1967), figlia di Anita Gambarutti e del celebre Nando Orfei, che occupa un posto preminente nella storia dell’arte circense, è approdata a Riccione con i suoi fantastici villaggi che accompagnano le stagioni, divertendo grandi e piccini. Il suo successo da imprenditrice, artistamanager lo si deve certo al suo Dna e quella poliedricità che negli anni l’ha vista impegna come conduttrice televisiva, esperta acrobata e cavallerizza, ma anche attrice e showgirl. Una creatività che trova compimento nella parte tecnica degli eventi, diretta dal marito Gabriele Piemonti. Come definisce l’esperienza riccionese? “È stata molto bella e unica, visto che abbiamo creato una pista da record, la più lunga d’Europa! E’ stata anche una scommessa tecnica per l’Ambra Orfei Entertainment, ma soprattutto per Gabriele Piemonti che all’interno della società è colui che si occupa di tutte le parti tecniche. Sembrava che una pista così in viale Ceccarini non si potesse realizzare anche per il suolo che non ce lo permetteva, ma siamo riusciti a farlo ugualmente. Viale Ceccarini è tutto sconnesso ci sono le radici degli alberi e abbiamo dovuto creare gli spazi necessari. Ma questo progetto, iniziato a luglio con i primi sopralluoghi e le misurazione alla fine è andato bene, abbiamo richiamato tantissima gente e l’indotto è stato pazzesco. Ogni domenica che ci si ritrovava qui per gli eventi, mi sembrava di essere a ferragosto”. I numeri lo confermano? In 58 giorni in tutto il villaggio, esteso da viale Ceccarini a viale Dante zona più trafficata della città, abbiamo registrato cinquecentomila presenze.
Un esperienza da ripetere? “Mi auguro di si! Anche perché con un progetto a lungo termine riesci a coinvolgerle meglio le persone”. Il Christmas Village ha segnato il suo ritorno a Riccione che effetto le ha fatto? “E’ stata una riscoperta. Non vivevo così in questa città da tantissimo tempo. Mi sono trovata molto bene. Ho capito perché Riccione è Riccione: è tale perché è molto comoda, bella ed elegante. C’è bellissima gente e tutti qua sanno fare il loro lavoro, dai ristoratori ai negozianti. Anche le persone che porto a lavorare e che non sono del posto, rimangono colpite. Mi dicono: sai a Riccione mi sono trovato molto bene. Ovunque vai, ti sorridono. I riccionesi hanno questa peculiarità, trattano bene il cliente perché è la loro risorsa, e poi l’ospite è sacrosanto. Comunque sia ho vissuto un momento magico: Riccione è tornata a essere quella città viva di un tempo. Era un po’ di anni che non accadeva, tutti hanno avuto un atteggiamento molto solare e sono stati contenti”.
A Pasqua si fa il bis con lo shopping sul prato? “Abbiamo presentato il progetto del Greenpark agli operatori e agli amministratori comunali, è piaciuto tantissimo”. Con i villaggi ha dato l’addio ai teatri tenda? “Gli spettacoli al circo li seguivo quando c’era papà e continuo a seguirli ora con mamma, ma solo come direzione artistica per Natale. Io mi impegno a costruirli, senza partecipare alle tournée, perché durano quattro cinque mesi e con il lavoro che faccio, mi è impossibile”. La sua dinastia ha imbastito la storia dell’arte circense? “La nostra è una delle famiglie d’arte più antiche, ha iniziato nei primi dell’800. Con me e i miei fratelli, Gioia e Paride, è alla quinta generazione, con mia figlia Ginevra sarebbe alla sesta. Non credo che esista una famiglia di attori così longeva”. Che rapporto c’è tra gli Orfei e la Romagna? “Un buon rapporto. Mia zia Liana è stata a Bellaria con il Divertimondo. Io e Gabriele, viviamo a Milano, ma per lavoro siamo venuti di nuovo qua. È un ritorno alle origini perché gli Orfei provengono da Urbino, in seguito si sono spostati in Romagna e in Emilia, dove hanno allestito il loro primo circo. A casa mia si mangiano i tortellini e si parla romagnolo. Quando per la prima volta ho sentito parlare Gabriele che è di Cattolica, mi è sembrato di sentire mio papà, che aveva lo stesso accento”. Come concilia il ruolo di mamma con quello di artista? “Cerco di coinvolgere il più possibile mia figlia che porto sempre con me. Sono cresciuta con i miei genitori nel lavoro e con loro ho iniziato ad affrontare i primi passi della vita con responsabilità. Intendo fare così anche con mia figlia, la nostra è stata sempre una famiglia molto unita”. Nives Concolino
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libri
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“Riccione, la mia città” di Fosco Rocchetta
Archeologia del loco ove sorse l’antica Arcione, ipotesi sull’origine del nome, ricordo e contributi del Maestro Luigi Ghirotti, Castello degli Agolanti, pirateria e torri costiere, naufragi di mercantili e pescherecci in Adriatico, cartografia e toponomastica, fermata del treno ed impegno di don Carlo Tonini e di altri “pionieri” della nascita del turismo riccionese, moti e battaglie per l’autonomia comunale, spettacoli teatrali, lirici e musicali, vicende del 1° e del 2° conflitto mondiale, attività artistica “riccionese” del
pittore Camillo Innocenti, eventi sportivi, quali la maratona di nuoto e le “mitiche” corse di motociclismo... Sono soltanto alcuni temi trattati nel libro, “Riccione, la mia città”. Sono anelli di storia di Riccione scritti e pubblicati negli anni dallo studioso Fosco Rocchetta, raccolti in un volume. Riescono a dare un robusto senso alla storia di Riccione. In massima parte sono fonti di prima mano: reperite nella polvere degli archivi da Rocchetta, un attento e scoppiettante scout della cultura. Rocchetta va da anni illustrando aspetti diversi della Romagna, ed in particolare della città in cui è nato ed ha vissuto. E dove ha svolto la sua attività lavorativa in ambito culturale. Già direttore della Biblioteca comunale, tra i fondatori del Museo del Territorio “Luigi Ghirotti”, continua ad effettuare ricerche su Riccione ed il suo territorio, a partire dall’antichità sino ai nostri giorni. Il volume costituisce un insieme composito di articoli e saggi, apparsi sui periodici, tra cui La Piè (Rivista d’Illustrazione Romagnola fondata nel 1920 da Aldo Spallicci), Navis (Rivista dell’Istituto Italiano di Archeologia ed Etnologia Na-
vale di Venezia), la Voce di Romagna, la Piazza, Famija Arciunesa, E’ Rumagnol, ed altre pubblicazioni. Il volume (quasi 200 pagine e moltissime istantanee) è stato presentato il 28 febbraio al Palazzo del Turismo di Riccione con introduzione di Alessandro Formilli.
“Fantasia d’un burdèl” di Mario Tonini Questa è la seconda raccolta di poesie in dialetto che Mario Tonini da alle stampe dopo “Al mi Casace. Le mie casacce, vita di un ghetto” (2008). Poiché il tema di “Fantasia d’un burdèl” è il periodo della 2ª Guerra mondiale, prendiamo alcuni stralci dalla presentazione di Paolo Zaghini presidente dell’Istituto per la Storia della Resisten-
za della provincia di Rimini. “Mario è stato profondamente segnato nel corso della sua infanzia dalla paura dei bombardamenti aerei... con gli occhi da bambino ma con grande sensibilità ha raccontato questa tragedia... la memoria di quei lontani, ma non dimenticati, momenti può avvenire in tanti modi. Tonini lo fa mettendoci la sua anima Mario Tonini è nato alle Casacce (Misano Adriatico) il 18 settembre 1938, da Aurelio (operaio agricolo sempre disoccupato) e Domenica Magnanelli (casalinga). Secondo di tre fratelli (Armando e Alfio), ha ottenuto la licenza tecnica industriale. Operaio metalmeccanico, dopo il militare in marina (due anni come musicante della banda nazionale del corpo) ha fatto il ferroviere in varie stazioni. Ora è in pensione. Suona il flicorno tenore in banda. Sposato con la sammarinese Natalina Bacciocchi, ha due figlie (Barbara e Laura) e cinque nipoti (Cristina, Alessandro, Cristian, Davide e Arianna). Abita a Riccione dal 1975.
e la sua intelligenza.... Nel primo libro c’è una frase molto bella... -Ho fat un poema znin, da gnint / che fors piò ad gnint un val / Però me an ho spes gnint / e per gnint sol al rigal- Caro Tonini sarò onorato di ricevere anche questa volta in regalo il Tuo “poema znin, da gnint”, ma il mio augurio invece è che siano in tanti a leggerlo. Grazie.”
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amici che se ne vanno
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Dino: un pennello in Paradiso Lo scorso gennaio Riccione ha dato l’addio a Dino Mietti (Fanes), un centenario ancora arzillo. Nato il 16 dicembre 1914 in via Nazario Sauro, quando Riccione era ancora frazione di Rimini, a sette anni si trasferì nella casa di Fabio Filzi, dove ha vissuto fino al suo ultimo giorno. In città era molto conosciuto anche per la sua attività di imbianchino. Proprio il pennello fu galeotto del suo grande amore. Alla fine della guerra, infatti, chiamato a imbiancare la villa dei signori Mariotti, Dino incontrò la governante, Palma, che divenne sua moglie. Un raggio di sole giunto dopo la guerra che lo doveva portare in Russia. Viaggio scongiurato in seguito alla visita medica. Nell’immediato dopoguerra, ossia intorno al 1947, Mietti con suo fratello Armando e l’amico Armando Capelli, forte del suo spirito imprenditoriale costituì una società di verniciatori che a Riccione tutti ingaggiano anche per lavori importanti. Nonostante l’attività artigianale lo portasse a muoversi un po’ ovunque, Dino si rifiutò di prendere la patente, rinunciò alle quattro ruote per salire in sella alla bici che ha usato fino a 92 anni. Da una parte il lavoro, dall’altra la famiglia che era il suo vanto. La moglie Palma gli aveva dato due figlie, Patrizia e Paola, che a loro volta gli avevano regalato cinque nipoti (Andrea, Stefano, Francesca, Michela e Matteo) e quat-
tro pronipoti (Lena, Tommaso, Giulia ed Eva). Ancora lucidissimo, in piena salute e amante della buona cucina, Capelli ha continuato a leggere sempre il giornale fino a quando a 94 anni, la vista ha cominciato a fare cilecca. Ai suoi rampolli che si lamentavano, diceva sempre: “stare sereni, perché la vita va vissuta bene. Bisogna godere nell’accontentarsi”. ni.co.
Ida: la “nonna degli uccellini”
La sua passione per la natura, ma soprattutto per i volatili, l’ha sempre attirata e coinvolta al punto da diventarne una vera e propria soccorritrice. Per questa sua dedizione, Ida Piselli, classe 1922, nel tempo si è guadagnata il titolo di “nonna degli uccellini”. Ruolo importante condiviso e riconosciuto dalle stesse associazioni ambientaliste del circondario, che ora però restano “orfane” della loro speciale nonna. Lo scorso 29 gennaio nonna Ida si è spenta a 92 anni, era nata il 21 di novembre, mentre Riccione muoveva
i primi passi come Comune. Nel 2012 a riconoscere l’importante ruolo svolto dalla Piselli era stata anche Famija Arciunesa, che le aveva conferito il premio, come “cittadina meritevole”. Come ricorda Antonio Cianciosi, presidente provinciale del Wwf, l’anziana riccionese “collaborava con il centro di recupero animali selvatici “Maricla” del Wwf di Rimini dal 1990. Tra le sue mani sono passati centinaia di piccoli volatili, soprattutto nidiacei caduti prematuramente dai nidi, e cuccioli di mammiferi. Nonna Ida accoglieva queste creature, prestandogli le prime cure. Gli dava un po’ d’acqua e zucchero per evitare la disidratazione e del cibo che preparava secondo la specie. Grazie a queste sue tempestive attenzioni molti animali sono riusciti a salvarsi e raggiungere il centro di recupero del Wwf, che poi provvedeva al reinserimento ambientale. Senza il suo valido apporto non sarebbe stato possibile, é importante infatti, che lo svezzamento di un cucciolo o di un nidiaceo avvenga in modo adeguato e corretto”. Da qui il grazie e il riconoscimento della “grande attività meritoria” svolta da nonna Ida a favore dell’ambiente. ni.co.
amici che se ne vanno
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Pina: 100 anni di positività “Signore, si attacchi alla mia salute… ma non me la porti via però!” Questa la preghiera quotidiana che Pina Bordoni vedova Gaffarelli amava rivolgere, e che la dice lunga sia sulla sua tenace, propositiva e positiva voglia di vivere, che sul temperamento gioioso e un po’ scanzonato. In realtà Pina, che non aveva mai bisogno di dottori e che anche in pieno inverno girava in bicicletta con solo uno scialletto sulle spalle, proprio al compimento del suo centesimo compleanno, il 17 novembre 2014, ha ceduto ai danni che il tempo inesorabilmente comporta. “Mia mamma – racconta Enrico il figlio avuto dal secondo marito Agostino Gaffarelli e fratello di Fulgido avuto dal primo marito Dino morto in guerra), proprio il giorno del suo compleanno si è sentita male, e per un’embolia polmonare è stata ricoverata; l’ha superata bene, ma un ictus l’ha messa di nuovo in difficoltà. Si era abbastanza ripresa, e si impegnava con l’entusiasmo di una ragazzina nella terapia riabilitativa, perché non voleva
di certo rimanere su una sedia a rotelle… Mia mamma non aveva alcuna intenzione di morire, ma il suo cuore usurato alla fine ha avuto la meglio”. Una donna energica e coraggiosa Pina, che ha attraversato due guerre e tre generazioni, e vissuto appieno un secolo di storia della nostra comunità, spettatrice e protagonista di tante e differenti trasformazioni . Dal 1948 al 1973 sulla via Dante dove ora c’è la tabaccheria Ugolini, col marito Agostino detto “Ciall” tenne aperta un’attività di frutta e verdura. Una posizione strategica, in una parte della città, quella dell’Alba, dove il turismo e soprattutto quello tedesco prese piede da subito. “Il mio negozio aveva accanto la banca, la posta e successivamente la SIP – raccontava Pina nell’intervista per i suoi 95 anni -; nel ‘48 avevo messo il telefono, il primo della zona, e la gente veniva continuamente a telefonare, ma molto spesso non aveva i soldi per pagare e così attaccai un cartello ‘son gentile son cortese ma pagatemi le spese’ che in parte funzionò”.
Socievole e disponibile in 25 anni di attività aveva allacciato tanti rapporti di amicizia, e così nei diversi lavori che affrontò poi nella sua lunghissima vita: “Ho sempre cercato di dare il mio aiuto alla gente che mi ha ogni volta contraccambiato con tanto affetto.” Un affetto ben esplicitato da una chiesa strapiena che il 17 gennaio 2015 ha portato ad un’indimenticabile riccionese l’ultimo saluto. Maria Grazia Tosi
Ida: decana dei commercianti dell’Alba Riccione ha salutato un’altra centenaria, si tratta di Ida Migani, scomparsa il 15 febbraio nella sua casa di viale Boito. Nata a San Clemente il 15 giugno 1914, poco più che trentenne si era trasferita al mare dopo il matrimonio con Pio Montanari. Per anni è stata titolare di un negozio all’Alba, dove tutti la conoscevano anche per la sua attiva partecipazione alla vita parrocchiale. Era molto religiosa e aiutava i volontari nell’organizzazione delle feste fin dai tempi di don Alberto Torroni. Tutti in
zona la ricordano per il suo carattere d’oro. Sempre dinamica, ha fatto diversi viaggi all’estero, mantenendo un’estrema lucidità fino alla fine. Accudita dai nipoti, a tre giorni dalla scomparsa camminava ancora da sola con l’ausilio di un carrello, godeva di buona salute e di una memoria di ferro. Prova ne erano quelle poesie che recitava ancora con grande piacere. Amici e parenti l’hanno salutata nella chiesa di Gesù Redentore. ni.co.
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Dopo un esordio nella Danza (tanti riccionesi ricordano i grand jeté di una giovanissima ballerina classica che illuminava il Palazzo del Turismo…), e partecipazioni in note trasmissioni televisive, Daniela Giovanetti ha debuttato come attrice ne Le ragazze di Lisistrata con la regia di Antonio Calenda; e di lì una lunga serie di interpretazioni per altri grandi autori come Gigi Proietti, Adriano Vianello, Furio Bordon, Claudio Longhi... Ha lavorato accanto ad attori quali Gabriele Ferzetti, Piera degli Esposti, Roberto Herlitzka… Una donna grintosa ed emotiva, palesemente innamorata del proprio lavoro, e che grazie ad una meticolosa preparazione ed un enigmatico fascino ha collezionato successi e riconoscimenti, tra i quali il Premio IDI, il Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro, il Premio Vallecorsi. Quest’anno ha calcato il palco del Teatro degli Atti di Rimini con Das Kammerspiel , un toccante monologo del giovane drammaturgo tedesco Daniel Call. Vent’anni prima al Novelli recitava, ballava e cantava nel musical Irma la dolce. Quali sono le figure femminili che più ti sono restate attaccate addosso? “Premettendo che ogni ruolo ti da tanto e ti prende tanto… anche se è un piccolo ruolo, sono state molte le figure di donna che ho portato in scena e che ho amato molto, da Antigone di Jean Anouil che ha rappresentato un momento fondamentale per la mia carriera, a Cassandra, Cordelia, Elettra… sino ad Euridice ne Lei dunque capirà di Claudio Magris, un’affascinante rilettura del mito greco arricchito di toccanti induzioni attuali. Ma anche ‘eroine’ dei nostri giorni, come Anita nel Pallido oggetto del desiderio del regista Alfredo Arias, o come l’ebrea senza nome raccontata magistralmente da Call.” La recitazione, ma anche la danza, il canto… L’ecletticità di un artista risulta elemento importante? “Se ce l’hai è meglio. Anche affrontando ruoli classici del teatro greco, danza e canto fanno parte della struttura della tragedia, per la quale occorre una capacità più ampia dell’uso del corpo e della voce, considerate tra l’altro le dimensioni del palcoscenici dove gestualità e parole debbono essere amplificati. Ma l’attore in realtà è un tutt’uno: più mezzi espressivi conosce più arricchisce il ‘materiale’ che può mettere a servizio dell’interpretazione; maggiormente si riempie di cose belle, come anche la musica, la lettura, l’arte in generale, più diventa un bravo attore”. A febbraio hai debuttato a Trieste con Cleopatra: come ti ci sei trovata nei suoi panni?
“Il monologo scritto dall’autore forlivese Gianni Guardigli e con la regia di Francesco Brachetti parla di una donna di Rimini che si innamora di un siriano, riprendendo le vicende di Cleopatra e Antonio ma stravolgendole e contestualizzandole nel presente; anche se vi si ritrovano facilmente richiami intuibilissimi, resta una storia con una vita propria. Un lavoro interessante di drammaturgia contemporanea come è stato quello di Magris; drammaturgia che sono convinta assuma un ruolo meravigliosamente necessario se si vogliono proporre delle novità, e conferire così vitalità al teatro. I classici sono le nostre radici, ma un attore non può non essere presente con una parola detta oggi. Un elemento curioso è che con Cleopatra per la prima volta in teatro ho recitato con una lieve inflessione romagnola…” Non hai mai recitato a Riccione: “nessuno è profeta (in questo caso attore) in patria”? “E’ una domanda che mi sono posta tante volte anch’io. Per un certo periodo ci sono rimasta un po’ male, ora non più. A Riccione ricollego i ricordi più belli della mia vita e certamente un po’ mi dispiace recitare in tutto il mondo e non farlo qui. Manca un teatro vero, e forse per questo anche la naturalezza di andarci abitualmente. La polemica non serve, la speranza sì. Io comunque ci sono, e do la mia totale ed entusiasta adesione a progetti mirati alla valorizzazione dell’arte teatrale… anche quella riccionese”. Maria Grazia Tosi
mondo teatro
Valentina Cenni: “bizzarra” Regina Dada
Quando alla maturità del Liceo la presidente di commissione le chiese “cosa pensi di fare dopo il diploma?”, la Cenni di 5°C rispose decisa e fiera “l’attrice!”; scandalizzata l’ottusa esaminatrice le abbassò il voto. Una determinazione pura ed indomita quella che Valentina ha investito poi nell’Accademia d’Arte Drammatica di Roma. Ha iniziato da subito a lavorare, con Fausto Paravidino, Letizia Russo, Filippo Dini, Giuliana De Sio, ed interpretato bellissimii personaggi femminili, da Ismene nella cornice del teatro greco di Siracusa per la regia di Cristina Pezzoli, a Clementina ne Aggiungi un posto a Tavola di Garinei e Giovannini, da Rossana nel Cyrano di Bergherac di Alessandro Preziosi, a Desdemona nell’Otello di Lo Cascio… alla Regina Dada, nell’opera scritta a quattro mani con Stefano Bollani. Opera ‘bizzarra’, che ha messo in luce le peculiarità artistiche di un’ambiziosa, sensibile ed eclettica giovane riccionese. L’ultimo lavoro, La Regina Dada, di quanto delle esperienze precedenti si è arricchita? “La Regina Dada è frutto di un gioco lungo e approfondito che io e Stefano abbiamo fatto naturalmente, tra note di Bernstein, barzellette e taralli; poterle dare vita è stato per noi molto divertente, e l’anno prossimo proseguiremo portandola nei teatri che più amiamo. Scegliere tutto quello che riguarda la messa in scena di uno spettacolo è un processo davvero interessante e tortuoso. La scrittura può essere portatrice di senso e comporta un lavoro ‘archeologico’, alla ricerca di un proprio linguaggio e mondo sensibile. Per questo ritagliarsi uno spazio di libertà ed autonomia dove
poter agire seguendo davvero il proprio bisogno è assolutamente vitale: una boccata d’aria, un alleggerimento prezioso”. Non sei mai riuscita a calcare un palcoscenico nella tua città ma le hai girato attorno… “E’ vero, non ho mai recitato a Riccione, ma semplicemente perché manca la struttura portante: il teatro! A differenza di Cattolica e Rimini che ormai da tanti anni s’impegnano a perseguire un pensiero, una visione teatrale ben delineata in spazi più o meno consoni , Riccione a quanto pare non ha mai voluto investire fino in fondo nella prima vera forma d’intrattenimento, un paradosso direi per una città che è da sempre simbolo di divertimento e sogno. Per fortuna il Premio Riccione è rimasto ad illuminarla, grazie anche alla serietà e all’impegno di Simone Bruscia, che con grande cura e competenza da quest’anno ha intrapreso un nuovo percorso che mi fa ben sperare! Personalmente, poi, ho sempre avuto la ‘perversione’ di poter pensare spettacoli in discoteche dismesse o nelle colonie abbandonate, strutture incredibilmente affascinanti e dense di storia: insomma, anche senza il teatro è possibile fare teatro, basta solo che cittadini e governanti ne comprendano la forza vibrante, la bellezza, lo stupore.” Sei interessata a percorrere strade diverse, come quella della radio, della televisione… o del cinema? “E’ per me normale pensare di voler conoscere diverse forme di espressione artistica; sento forte il desiderio di provare tutto quello che mi possa aiutare a trovare un modo autentico di stare insieme agli altri e di scoprire la meraviglia che spesso la vita non ti regala se non con il giusto impegno e paziente resistenza. A marzo è uscito il nuovo film di Castellitto dove io interpreto una piccola parte che però mi ha fatto conoscere un mondo veramente differente, con altre regole, tempi, prese di coscienza, e che grazie ai professionisti che ne hanno preso parte ci ho giocato con passione. Spero sia solo l’inizio, ovviamente.” A proposito di gioco. Sono dieci anni che ‘giochi col fuoco’, tra un palcoscenico e l’altro… “Il fuoco è il principio di tutto, poterlo far danzare insieme a me è un’esperienza che mi da forza. Col fuoco non si scherza, l’attenzione dev’essere totale e nello stesso tempo la mente deve vagare nell’infinito altrimenti la catena si annoda. Un buon principio di vita direi.” Maria Grazia Tosi
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OBIETTIVI RICCIONESI
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a cura di Maria Grazia Tosi
Sandro Cristallini e i suoi effetti speciali Dopo quarant’anni di permanenza a Riccione si può ben dire che Sandro Cristallini riccionese lo sia. Fotografo per passione, ha archiviato migliaia di scatti dedicati alla nostra città, e non solo cogliendone le classiche fattezze, ma anche facendola diventare qualcos’altro. Fantasia, curiosità e facezia diventano nelle sue mani un obiettivo molto speciale, che sa catturare, attraverso insolite angolazioni, immagini inedite, intense e spesso divertenti o ‘irriverenti’. I suoi scatti hanno documentato nel tempo le espressività culturali della vita riccionese, che si trattasse di teatro, di jazz, di moda o comunque eventi messi in scena; è sempre stato presente, coi capelli un po’ arruffati, la borsa a tracolla e una macchina fotografica in mano. Quando hai incominciato ad interessarti alla fotografia? “Sin da bambino volevo assolutamente avere una macchina fotografica, e visto che nessuno mi stava ad ascoltare ho iniziato a raccogliere i punti dell’Idrolitina con la quale mi sono comprato una Ferrania 6x6 di plastica. Da quel momento volevo fotografare tutto, persone, animali, paesaggi e soprattutto calanchi (rocce argillose erose dalle acque). Però costava molto e dovevo limitarmi al bianco e nero”. Cosa è cambiato quando sei venuto ad abitare a Riccione? “La passione è diventata più prepotente; sono entrato nel Foto Club, un forte stimolo per migliorarmi e crescere; partecipavamo a gite, mostre e concorsi, spronati anche da quella sana
competitività che in molti casi diventa elemento propulsivo. Gli scorci poi di Riccione mi hanno particolarmente affascinato: il mare, la spiaggia… meravigliosi elementi naturali stabili ma che cambiano continuamente…” La tecnologia in continua evoluzione ha condizionato la tua fotografia? “Dopo la mitica Reflex s’incominciava con i Medio Formato e poi l’avvento del digitale, che ha scombussolato tutto. Perché fa lavorare in modo diverso: la memoria molto grande ti permette di scattare liberamente, tanto poi le immagini verranno selezionate. Un vero piacere… l’unico rischio è quello di farlo ‘a vanvera’, senza un vero ragionamento precedente, come prima accadeva. La mia ultima macchina è sempre una Reflex ma a formato pieno con ottiche che spaziano da 12 a 300 millimetri”. Oltre alle foto scattate alle situazioni e alle persone relazionate ad esse, cos’altro hai fatto? “Ho partecipato a concorsi nazionali ed internazionali, ho esposto a Riccione al Palazzo del turismo, al Grand Hotel, alla Galleria Rosini. L’ultimo lavoro importante è stato nell’autunno del 2014 con “INFINITO PRESENTE - il fotografo e l’archivio”, un allestimento fotografico che ho presentato nel Museo della città di Rimini. L’archivio per me significa conservare le emozioni… creando un diario persistente”.
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CURIO ITà senzaeta’ di Maria Grazia Tosi
I riccionesi hanno da sempre avuto un’ottima predisposizione al divertimento, sia che fosse indirizzato espressamente a loro che al mercato turistico. Quelli che seguono sono alcuni esempi colti qua e là, abbassando i riflettori sulla più massiccia ed articolata ‘progettualità glamour’, quella di dancing, discoteche, locali a spiaggia… la movida nel suo insieme insomma, meritevole di un capitolo a parte. PRIMI COSTOSI ESPERIMENTI Tenendo presente che a Riccione già nel 1890 esisteva un Comitato dei divertimenti (e questo la dice lunga…), quella dei concerti di beneficienza fu una fitta proposta cultural-ricreativa che caratterizzò la nostra città. E non concerti da poco: quello per il Ferragosto del 1898 presso la Sala Trombi (sul viale Viola ora Ceccarini), non solo vedeva l’interpretazione di romanze o prologhi di opere di Leoncavallo… ma la presenza di Leoncavallo stesso che accompagnava al piano. Prezzo del biglietto 3 lire, e prevendite presso il Comitato di Beneficienza e a Rimini, Cattolica, Pesaro e Senigallia. Concerti il cui introito veniva devoluto ai cittadini più poveri. L’ammontare che il Comitato dei Divertimenti, tolte le spese, il 28 agosto del 1902 dichiarava era di ben 231 lire! Spese di stampa 29 lire, accordatore 18 lire, affissioni 6 lire, fiori 18 lire, nolo armonium 10 lire, nolo sedie 6 lire, spese d’albergo 22 lire e altre varie sino ad arrivare a 155 che tolte dall’ incasso di 386 producevano quanto sopra. BRIVIDI GIOCOSI Le gimkane, le cacce al tesoro e le gare di regolarità si presentavano come un diverso modo per divertirsi, mettendo in gioco grinta, immaginazione e qualche brivido, sia dei riccionesi che dei turisti. Era facile organizzarle, costavano poco e piacevano tanto sia a chi correva che a chi assisteva. Ce n’erano di diverse tipologie: con biciclette, tandem, quadricicli, motociclette, automobili. La Grande gincana auto-turistica nell’estate del ‘34, fu un evento rombante: il percorso si snodava nei paesini dell’entroterra, dove le particolarità ed irregolarità del luogo diventavano tappe interessanti per le varie prove
collegate alle gare. Una coppia di concorrenti non si poteva non notare: Vittorio Mussolini (anche nel comitato organizzatore assieme ai parenti Vito e Bruno), e il riccionese Enzo Galavotti, su una Fiat Balilla spider Mille miglia. E anche quella con Romano Mussolini e il nipote Fabrizio in sella ad un quadriciclo, organizzata sul piazzale Roma nel ’41, con donna Rachele e figlie Anna Maria ed Edda in prima fila: la prima gimkana di guerra.
Poi c’è stata la pista in viale Fucini, verso zona Marano, che da metà del 1960 e per diversi anni dopo (poi spostatasi sul D’Annunzio) spopolò con i ragazzini riccionesi e anche quelli degli alberghi che la circondavano. Per non parlare dell’American Disco Roller, creatura di Luciano Tirincanti, che in zona Terme dal 1980 al 1986 fece roteare tanti giovani a ritmo dance sulla pista di uno storico locale da ballo, La Baita (ora Bollicine).
IL FASCINO DELLA SCIVOLATA Un divertimento annunciato, ma che si è rivelato migliore del previsto quello del Riccione Christmas Village, che attorno alle festività natalizie da poco trascorse ha elargito vivacità a piene mani, o meglio piedi. Una pista di pattinaggio lunga 180 metri che ha solcato il viale Ceccarini col suo chiassoso fiume di ghiaccio e dal 29 novembre al 25 gennaio ha contato 25.000 pattinatori, del posto e non. Scivolare su una piattaforma è sempre stato uno svago amato dai riccionesi, e se non su due lame… su otto rotelle. Sin dal 1901, infatti, il primo albergo importante costruito a Riccione accanto a via Viola, l’Hotel Amati, aveva una propria piccola pista di ‘Skating ring’. Ce n’era poi una molto grande di fronte all’Hotel Lido ora Mediterraneo. Successivamente la pista dei giardini del Centro, una volta che il Comune aveva risanato un’area che era stata lasciata andare, ha rappresentato un punto aggregativo per grandi e piccoli… addirittura elitario: “Si andava spesso alla domenica… anche se le famiglie che la utilizzavano erano quelle un po’ più snob…” – così racconta un’anziana riccionese.
OLIMPIONICI PER CASO Il piazzale Roma, prezioso palcoscenico in riva al mare per concerti, balletti, moda, trasmissioni televisive, festival dello sport… negli anni ‘70 è stato ‘invaso’ da una spericolata ed indimenticabile trasmissione ad ampio respiro, nella quale Riccione ne divenne brillante co-protagonista sia nel ‘71 che nel ‘75: “Giochi senza frontiere”. Olimpiadi giocose che vedevano incontrarsi e scontrarsi gli Stati dell’Europa. Il piazzale era stravolto e straallestito di tribune con in mezzo vistosi elementi acquatici acrobatici, ed affollato di un pubblico di turisti e riccionesi, come le tante graziose hostess che per l’occasione erano state operativamente assoldate, e così volontari e tecnici. Il 24 giugno del ’71 ospitò la trasmissione nella prima puntata della sua settima edizione piazzandosi con la propria squadra al primo posto, e nella finale ad Essen in Germania il 15 settembre arrivò quarta, dopo Gran Bretagna, Olanda e Svizzera. L’ undicesima edizione, quella del ’75, si svolse sempre sul piazzale Roma il 17 giugno, e ancora la squadra di Riccione si accaparrò la vittoria, arrivando seconda nella finale del 26 agosto ad Ypres in Belgio, dopo la Francia.
23 PROPOSITI TROPPO AMBIZIOSI? Un complesso avanguardista per il divertimento colto e ludico al tempo stesso fu il Nirigua, inaugurato nel giugno del ‘22 grazie all’investimento del villeggiante Luigi Guarini. Sorgeva in un’ampia zona dove sino alcuni anni fa c’era il Delfinario. Un progetto decisamente ambizioso che si divideva in due parti: il Nirigua Park, con grandi impianti per giochi vari con in più piccoli esercizi commerciali, ed il Politeama Nirigua, teatro all’aperto che prevedeva anche la proiezione di pellicole cinematografiche, opere, balletti, ma anche incontri di pugilato (la scuderia pugilistica dei fratelli Galavotti proprietari dell’allora Hotel Lido godeva di un ottimo team di atleti).
Restò aperto per soli cinque anni, perché non era stato ben considerato che la stagione durava 60 giorni e poco più, e che quindi il restante periodo non poteva garantire un afflusso degno di un bilancio economico in attivo… oltre a non essere particolarmente amato dagli operatori riccionesi, che lo percepivano quale minacciosa concorrenza ‘straniera’. PARCO D’ACQUA CON TANTI FAN Una mega scivolata nel divertimento è stato fuor di dubbio Aquafan. Nel 1987 apriva le porte ad una marea di gente, dove i riccionesi, soprattutto quelli più giovani, non erano affatto in minoranza rispetto ai bagnanti (l’abbonamento per tutta la stagione è stato sempre un gradito dono per la promozione…). Il più grande parco acquatico italiano: 80mila metri quadri costellati di piscine,
scivoli, giochi nell’acqua. Dalle prime fisionomie scarne e diventato poi un giusto connubio di acqua e vegetazione, l’Aquafan, per la sua posizione strategica e per la sua potenzialità nel conferire la possibilità di relazionarsi con gli altri all’aria aperta, è diventato da subito un’oasi felice che ha arricchito alla grande la proposta turistica locale. E di sera? A seconda delle diverse stagioni ha animato la sua pista da ballo, dove alla consolle si sono messi in luce i migliori trascinatori e DJ, come Fiorello, Cecchetto, Linus, Amadeus, Fargetta. Interessante e più acquatica proposta ricreativa rispetto alle nostre allora tanto amate discoteche.
una MV Agusta, si fermò solo in Piazzale Roma tanta la velocità. Stop alle gare disputate su strada. “L’UOMO E’ CACCIATORE” La Società Caccia e Tiri fu probabilmente la più vecchia associazione sportiva e di tempo libero di Riccione.
A TUTTA VELOCITA’! La Mototemporada Romagnola, nata nel ’45 a Lugo di Romagna, consisteva in una serie di corse su tracciati cittadini, che a metà degli anni ’60 scese anche nella riviera adriatica.. e a Riccione. Eventi che attiravano anche turisti che accorrevano per poter vedere i più grandi piloti del motociclismo come Agostini, Pasolini, Spaggiari ma anche campioni stranieri come Read, Duff, Herrero. Il circuito partiva dal Lungomare della Repubblica direzione porto e poi ritorno su via Milano per entrare in Ceccarini e ancora piazzale Roma verso San Martino.
In viale Viola sopra la ferrovia nell’attuale sede della Polizia stradale, nelle sue sale oltre ad organizzare lo svolgimento dell’attività si allestivano feste da ballo, pranzi e spettacoli vari. Il campo di gara dove si cimentavano i tiratori, lo Stand Maranello, era invece nella zona della fornace Piva, e proponeva un articolato programma di gare. Quello del tiro con fucile è stato un divertimento che ha en-
E lasciava tutti col fiato sospeso. Chi non ricorda i viali circoscritti con balle di fieno, l’urlo assordante dei motori, l’odore di olio di ricino e l’adrenalina nel sentirli sfrecciare accanto tanto da poterli sfiorare…!? Un circuito di rettilinei brevi e curve secche, dove i ‘dritti’ erano frequenti e le cadute pure. Tutto questo sino all’aprile del ‘71, quando una pioggia insistente che rese pericoloso il percorso, costò la vita al pilota Angelo Bergamonti: slittò di fronte all’Hotel Promenade e la corsa del suo bolide,
tusiasmato residenti e turisti, e che si protrasse nel tempo. Se nel 1911 vedeva tra i vincitori del tiro allo stormo i riccionesi Stefano, Cesare, Ernesto e Arturo del Bianco, c’era anche da Cattolica il signor Gozzoli o da Rimini i signori Turci e Bernucci. Anche presso lo Stadium, 80.000 metri quadrati di terreno in fondo a San Martino dove per soli due anni si svolsero manifestazioni di sport e spettacolo, si tenevano nel 1931 competizioni di tiro al piccione, e si vincevano premi anche sino a 4.000 lire.
delfini e marinai (parte 2)
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di Giuseppe Lo Magro
“Dèp i dulfèin e i cuchèl i vèn i marinèr” Dopo i delfini e i gabbiani vengono i marinai
Motto che evidenzia quanto rispetto del delfino abbiano gli uomini che vivono sul mare
Delfini e dialetto Il delfino= e dulfèin (anche dolfèin) I delfini= i dulfèin. L’è com un dulfèin= E’ come un delfino (chi sta sempre a bagno in mare). E nòda com un dulfèin= Nuota come un delfino (chi è agile e aggraziato in acqua).
“Dèp i dulfèin e i cuchèl i vèn i marinèr” Dopo i delfini e i gabbiani vengono i marinai. Motto che evidenzia quanto rispetto del delfino abbiano gli uomini che vivono sul mare.
Dispitos com un dulfèin= Dispettoso come un delfino (qui col significato di giocherellone). Fè e dulfèin= Fare il delfino (nuotare nudi e ondeggiando far uscire il culo dalla superficie).
Fè com e dulfèin de sacoun= Fare come il delfino del saccone che rompe la rete per divorare il pesce catturato. Indica l’ingordo, l’insaziabile.
Per i marinai il delfino è uno scoreggione - un scurgioun (causa i versi particolar che emette). Nulla hanno a che vedere con tutto ciò le “scurege ad dulfèin dette anche ove ad cuchèl” (scoregge di delfino o uova di gabbiano); in realtà sono i gusci dei ricci di mare che il moto ondoso depone sulla spiaggia. Il delfino come cibo Se opportunamente trattata la carne del delfino è appetitosa. Ne “I mangiari di Romagna” Raoul Tassani ci presenta una ricetta famosa... e assai gustosa. In Liguria vanno ghiotti del “mosciame” ovvero filetto essiccato di delfino. I killer dei delfini l delfino, considerato “nemico” dei marinai veniva cacciato con arpioni, fucili e addirittura coi coltelli. Ci fu chi ne fece un mestiere, spinto dai premi che le Autorità marittime davano a chi riportava a terra una testa di delfino. Si conoscono uomini che non esitavano a tuffarsi in mare, avvinghiarsi al mammifero marino per
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colpirlo ripetutamente sino ad ucciderlo per poi essere, in un tutt’uno, issato a bordo. Nel periodo 1925/27 il più famoso era Agostino Imolesi detto “Brighèla” di Cesenatico* che vantava un numero assai considerevole di “prede”. Mise fine alle sue lotte acquatiche quando capì che
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i delfini avevano imparato a identificarlo come pericolo e fuggivano alla sua vista. *Negli anni ‘60 il porto di Cesenatico riceveva le visite di un delfino che non mostrava paura ma si esibiva nelle più svariate acrobazie. Così venne ricavato uno spazio protetto riservato alle sue evoluzioni e fu chiamato “Garibaldi”. Neanche a dirlo divenne una star che richiamò folle di curiosi. Credenze I marinai attribuiscono al delfino la capacità di piangere e sanno che il suo attaccamento alla famiglia lo spinge anche a farsi catturare per provare a liberare la compagna o il piccolo e lo ritengono capace di uccidere per raggiungere il suo scopo. La superstizione fa credere che il delfino sia stato uomo o anche anima di marinaio e quindi non si deve imprecare al suo indirizzo o maledirlo se rompe le reti.
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La Sfrèmbla (la Fionda)
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a cura di Giuseppe Lo Magro
Rubrica che “lancia” idee per una Riccione più viva
La passeggiata dei Pionieri Posizioniamo una serie di 14 targhe per “onorare” l’opera di 14 riccionesi benemeriti (quelli che sinora non hanno avuto alcun riconoscimento) sul Lungomare della Costituzione dal Porto canale di Ponente verso nord fino a Piazzale Azzarita. La partenza dai pressi di Piazzetta Dante Tosi, renderebbe omaggio all’autore de “I PIONIERI” 1862-1922. Riccione vocazione turistica originale. In ogni targa: Il titolo “Passeggiata dei Pionieri” col numero progressivo, la fotografia, la biografia in italiano e in inglese, il nome dei donatori. Che potrebbero essere i titolari delle 20 zone di spiaggia, dei 7 ristoranti
bar e dei 19 hotel che si affacciano sul lungomare. Fatti i conti ne servirebbero tre per ogni targa. Sarebbe una piccola spesa per un progetto che arricchirebbe il nuovo arredo urbano documentando la nostra città.
Beninteso, per ovvi motivi di permessi, uso suolo pubblico, regolamenti etc. etc. Il tutto dovrebbe essere coordinato e avallato dall’Amministrazione comunale tramite l’Assessorato preposto a iniziative culturali e turistiche. Sebastiano Amati, classe 1860. Primogenito di Emilio, oltre ad essere il proprietario del primo esercizio alberghiero, partecipò senza riserve alla vita amministrativa e politica della città, arricchendone la prospettiva di espansione grazie ad idee nuove e brillanti progetti, che senza fatica elaborava con la massima cognizione di causa. Capitano di Lungo Corso, era preparato sulle problematiche marine al fine di utilizzarle verso la realizzazione di innovative realtà balneari.
Giuseppe Angelini, classe 1865. Custode–giardiniere: un’inedito mestiere quello che si inventò Angelini, in anni nei quali tante furono le ville e i villini che i forestieri costruirono lungo la costa. Arrivò a prendersi cura, assieme a tutta la famiglia, di ben 25 abitazioni contemporaneamente. Allargò poi la propria attività alla riva del mare, in un primo tempo per impiantare cabine e tende per i suoi clienti, poi acquisendo lui stesso una precisa zona spiaggia.
Giuseppe Angelini, classe1854. Quella di bagnino fu la sua attività principale, che lo vide gestire una delle prime concessioni di spiaggia verso la zona Abissinia. Assieme a Giuseppe Casali (Liciacul), Camillo Corazza (Nuvènta), Fortunato Angelini (Spacanti), Giovanni Bugli (Rancin) e qualche altro, furono gli inventori del servizio di spiaggia, elemento primario ed imprescindibile del nostro strepitoso ed imprevedibile boom.
Giovanni Cecchini, classe 1876. Si dedicò appassionatamente alla costruzione di Riccione nel vero senso della parola, in anni nei quali faceva moda farsi la casa al mare. E quelle costruite da lui dicevano essere le più belle e meglio rifinite, e che ancor oggi restano a confermarne la veridicità. Fu uno dei tanti costruttori locali, agguerrito gruppo di operatori intraprendenti e muratori dell’edificazione dello sviluppo locale.
Leonilde Conti, classe 1860. Prototipo di emancipazione femminile in un mondo dove il potere era incontestabilmente degli uomini. Madre di 8 figli e moglie di Giuseppe Bologna, gestì assieme a lui la grande e frequentatissima Locanda sulla piazzetta di Paese. Con l’incrementarsi del turismo aprì nel 1885 in fondo all’attuale viale Ceccarini, al tempo Viola, il Ristorante Bologna, probabilmente il primo dei punti di ristoro vicino alla spiaggia. Girolamo Fabbri (Giurmèin), classe 1875. Iniziò costruendo case, chiavi in mano, per i villeggianti. Ma la sua opera più imponente, il suo sogno che si esaudì fu la costruzione dell’Hotel des Bains. Una grande albergo, elegante e raffinato, nel cui ampio giardino realizzò un prestigioso Caffè Concerto, apprezzata occasione di intrattenimento. Il terremoto del ‘16 demolì buona parte dell’hotel, e ci vollero anni per farlo risorgere, più grande e più bello. Luigi Fabbri (Big ad Prinòn), classe 1879. La sua vita è trascorsa accanto al mare: con la sua lancia a vela in estate portava al largo i primi bagnanti, in autunno si dedicava alla pesca con reti a strascico, ed in inverno con un battello a remi pescava le vongole. Per la sua esperienza marina, associata ad un carattere un po’ ruvido ma gioviale, incarna perfettamente la figura dell’uomo di mare, figura umana appartenente alla nostra memoria. Domenico Galavotti, classe 1859. Andato in pensione dalle ferrovie per un incidente sul lavoro, costruì un locale in riva al mare in fondo all’attuale Ceccarini, dove approdavano anche i pescatori con le loro barche. Un esercizio di successo che gli diede il coraggio per affrontare il grande passo: quello di erigere nel 1910 il Grande Albergo Al Lido (attuale Mediterraneo), struttura turistica di estremo ed emblematico fascino. Domenico Mancini (Manghin de Fabre) classe 1852. Di famiglia benestante di Paese, dopo aver trasferito a mare una succursale della sua macelleria acquistò lì terreni che divennero strategici nell’assetto delle attività di servizi del centro. Era interessato all’agricoltura e al mare, per il quale armò barche da pesca d’altura e trabaccoli per il trasporto merci. Grazie alle forti possibilità economiche appoggiò i molti che, privi dei capitali necessari, volevano mettere su casa o attività. Costruì a sua volta tante dimore estive e non, nella zona a sud di Riccione, migliorandola.
Don Giovanni Montali, classe 1881. Fu parroco della vasta parrocchia che andava dal Porto al confine con Rimini, zone che stentarono un po’ più delle altre nel loro accrescimento economico. Fu un prete a cui piaceva fare politica. Uomo d’intelletto, lottava per i problemi della sua comunità in modo competente e sanguigno, con proprietà di linguaggio e veemenza, facendosi tanto sentire dagli amministratori ed amare dalla gente. Secondo Savioli, classe 1863. Si trasferì da Montescudo a Riccione nel 1905 per bonificare i terreni di famiglia. In accordo col Conte Mattioli e col contributo di Provincia e Comune realizzò la prima passerella che univa la zona centro a quella più a nord (che sfocia a Fogliano), permettendone maggior espansione. Costruì la pensione Villa Rosa con annessi ristorante, alimentari e tabacchi e, trasferendo poi il tutto in un terreno più a nord, in quello rimasto scoperto creò un posto di divertimento storico: il Savioli. Ettore Tonini, classe 1857. Nonostante la guerra, il terremoto, le epidemie, continuò per 40 anni a consegnare le lettere ai riccionesi, diventando il tramite tra loro ed il mondo. Grazie alla sua sensibilità ed esperienza riusciva a percepire il contenuto della posta che cercava di consegnare valutandone l’urgenza. Non aveva orario e svolgeva il suo ruolo umano portando nei posti più impervi il carico di messaggi provenienti da lontano, partecipando così alla vita della popolazione che lo ricambiava con affetto. Pietro Tontini, classe 1884. Dietro al fratello Angelo che fece carriera lavorando anche in strutture alberghiere oltre confine, Pietro già a 9 anni lo seguì a Londra dove studiò e imparò le lingue e l’arte dell’ospitalità, che lo proiettò alla dirigenza di realtà turistiche in giro per il mondo. A sua volta ospitò il fratello Luigi che ripeté la medesima carriera. Sicuramente un dono di famiglia. Pietro rientrò a Riccione e gestì poi l’Hotel Milano. Luigi Valcarenghi, classe 1881. Venne giù da Milano, diventando in breve uno dei più laboriosi e noti fotografi di quegli anni. Sotto l’insegna Foto Gigi divenne operatore apprezzato, per le sue estemporanee in spiaggia, per gli scatti in studio e per quelli pubblicitari utilizzati in depliants di alberghi e ditte. L’agire con meticolosità e sollecitudine diede lustro ad un’attività che assunse un ruolo che ebbe il suo peso in un contesto come il nostro. Biografie di Maria Grazia Tosi
LA NOSTRA STORIA 90 ANNI FA
da: Dall’Internazionale a Giovinezza di Manlio Masini
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16 agosto 1925: cerimonia delle tre bandiere e inaugurazione del ponte sul Rio Melo Dopo il ponte sul Marano, un altro ponte si aggiunge a rendere più accessibile e signorile l’antica borgata di Rimini, quello sul rio Melo. Anche questa seconda opera in cemento armato, stupenda nella sua linea architettonica e suggestiva nella sua collocazione, che concede alla passeggiata il piacevole panorama del porto-canale, testimonia la grande capacità imprenditoriale e sociale del municipio di Riccione. E come fu per il primo ponte, anche l’inaugurazione di quest’altra costruzione assume il significato di una coinvolgente festa di paese. Fin dalla mattina di domenica 16 agosto tutte le ville e i viali della marina sono addobbati del tricolore. Nel primo pomeriggio una folla di cittadini e di ospiti converge nel parco della residenza municipale dove uno stuolo di autorità civili, politiche e religiose si appresta ad inaugurare il gonfalone del municipio, la bandiera dell’Arma dei regi carabinieri e il vessillo della “Dante Alighieri”. La cerimonia ha inizio alle 17 con il rinfresco offerto ad autorità e ospiti dall’amministrazione comunale. Un brindisi, qualche minuto di conversazione, molti “saluti romani” e la banda cittadina che intona Giovinezza, l’inno ormai familiare in questi affollati raduni. Esauriti i convenevoli squillano «le note dell’attenti» e l’ambiente è pervaso dal silenzio. Il sindaco
si avvicina al gonfalone del municipio, lo mostra ai presenti e ne spiega il significato. Esso, dice, rappresenta il «simbolo dell’unità civile, amministrativa e storica del nuovo Comune», richiama «la concordia, i sani propositi e le liete speranze per l’avvenire». Va ricordato che prima del gonfalone, Riccione si era dotata dello stemma municipale; questo, sollecitato nel 1923 dall’allora commissario prefettizio Augusto Marani, fu concretizzato dopo un meticoloso studio da parte di una équipe di “esperti” formata da Camillo Manfroni, Felice Pullè, Sanzio Serafini, Amato Amati, don Agostino Magnani e dall’architetto Alberto Sironi. Lo stemma veniva approvato dal consiglio comunale il 16 dicembre 1923 e riceveva l’imprirnatur del governo il 2 aprile 1925. Nella figurazione risaltano i simboli cari alla memoria della città: in primo piano San Martino a cavallo e dietro «un lembo di terra presso il mare “carico” di cinque barche a vela sotto un cielo al tramonto». Il gonfalone municipale ripropone i motivi raffigurati nello stemma, coniugandoli con i colori azzurro e verde della bandiera di Riccione. Archiviata tra gli applausi la cerimonia delle “tre bandiere”, la banda musicale attacca la Marcia reale. E il segnale della “partenza”: dal municipio si forma un lunghissimo corteo che, «preceduto dal gonfalone di Riccione e da quelli dei vicini comuni di Rimini e Cattolica», si dirige verso il porto. II passaggio per i viali Maria Ceccarini e Dante Alighieri, è accolto dai battimani della gente assiepata ai margini della strada. Nelle vicinanze del rio Melo «è accalcata una folla immensa» e la banda, giunta in prossimità del ponte, riprende ad intonare Giovinezza e l’entusiasmo
cresce alle stelle. Fatto silenzio, Lombardini «pronuncia un altro elevato discorso»: ricorda le realizzazioni «del giovane Comune» e illustra i pregi della nuova «magnifica opera» intestata a Maria Ceccarini; successivamente la signorina Maria Rosa Moretti «taglia il nastro tricolore e scopre la lapide posta sul ponte a glorificazione della grande benefattrice». Questo il testo dell’epigrafe:
Sciolte le righe, il ponte “Maria Ceccarini” è invaso dalla folla. La sera all’Albergo Milano ha luogo il banchetto di oltre sessanta coperti offerto dall’amministrazione comunale alle autorità. Alle 21, sul piazzale a mare, prende inizio lo spettacolo pirotecnico; poi è la volta della banda comunale e il suo concerto pone termine all’indimenticabile giornata. L’erezione del ponte sul Rio Melo venne pensata e discussa dal consiglio comunale nella seduta del 19 maggio 1923; la decisione definitiva dei lavori fu presa nel marzo del 1924. Nel giugno del 1925 si deliberò di intitolare l’opera a Maria Ceccarini. Durante il periodo dei lavori, in sostituzione del vecchio ponte sul porto, venne costruita una “passerella” in legno per consentire il transito veicolare e pedonale.
Il passaggio del primo tram sul ponte Maria Ceccarini
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personaggi di ieri
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Sfogliando “La Perla Verde” per scoprire i personaggi più autentici degli anni ‘70
Il dr. Federico Riccioni medico condotto Fine settembre 1924. Ero appena tornato da scuola. Il mio fratellino di due anni mezzo non mi aveva accolto coi soliti gridi festosi: era pallido, quasi privo di sensi, tra le braccia della mamma, e a gridare era lei, mia madre che chiamava il babbo in bottega: «Marcello sta male! Corri a chiamare il dottore, fai presto, per carità!». Mio padre accorse e, perchè non fossi di impiccio, mi caricò sulla bicicletta e via di corsa. La sala d’aspetto era vuota; l’ultimo paziente era nell’ambulatorio. Si udiva di quando in quando un colpo di tosse poi silenzio: un silenzio che rendeva mio padre sempre più agitato. A rompere il peso di quel nervosismo che, per riflesso diventava doloroso anche per me, dalla finestra del primo piano in posizione simmetrica con quella dell’ambulatorio, s’udì la voce della cara signora Maria: - Federico la minestra è pronta! - E lui di rimando: - Vengo subito! - Il paziente uscì e dietro a lui apparve il medico.- Dottore, il mio piccino sta molto male, venga subito, la prego! Un sospiro di rassegnata sottomissione al dovere professionale, poi la sua voce: - Va bene... Maria! Tieni lì in caldo; ho una visita urgente. - Il caro, buono e bravo dottor Riccioni, con la inseparabile bicicletta, impeccabilmente vestito di chiaro, pedalava accanto a mio padre, conversando di non ricordo cosa. Visitò il mio fratellino e poco dopo formulò la diagnosi: niente dì grave, un colpo di freddo. Ordinò impacchi asciutti ben caldi sul pancino e delle gocce da somministrargli per qualche giorno. Attese che il piccino si riprendesse, poi tornò a casa con la coscienza di aver fatto anche quel mattino, tutto il suo dovere... Accompagnandolo, mio padre gli disse: - Grazie dottore! - Il dottor Federico Riccioni (che da quel giorno non ho mai cessato di ricordare) è un altro personaggio inseritosi e integratosi con «la mia Gente», che molti di noi ci onoriamo ricordare per la sollecita e sempre benefica presenza accanto al letto dei suoi malati. Nato il 14 febbraio 1875, a Osimo, e deceduto a Riccione il 14-11.1953, il Dr Riccioni resta per molti di noi una figura che non si può dimenticare, per molti motivi, fra i quali la sua umanità profonda, la serietà professionale, il senso del dovere e i tratti inconfondibili di un carattere forte che spuntava tra le pieghe di un animo gentile, immutato per tutto il tempo della sua onorata carriera. Studiò medicina a Bologna, dove aveva trovato alloggio in casa del signor Innocenti che era cameriere del Cardinale. Innamoratosi della giovane Maria, figlia del padrone di casa e da lei corrisposto, pervenuto alla laurea, il dottor Federico la sposò poi andò ad assumere una condotta in un piccolo paese di campagna, dal quale raggiunse Riccione (frazione di Rimini) ove elesse domicilio il 23.3-1907. Erano anni, quelli, in cui l’esordio era duro per tutti, anche per i medici. Come giunse a Riccione, prese in affitto una camera e cucina, su in «Paese», nella stessa casa dell’attuale farmacia Basigli, al primo piano. Quella farmacia esisteva anche allora, ed era gestita dal signor Lucio Amati, il quale dovette più volte prestargli la bicicletta, per le prime visite. Suo primo incarico, fu quello di mandare avanti l’Ospedale Ceccarini, in sostituzione del Dr. Pullé quasi sempre assente giustificato. Ed era lo stesso Dr. Pullé a stipendiarlo, nella misura di lire 150 al mese, fino a quando assunse la condotta, dopo di che a stipendiarlo fu il
Comune di Rimini. Allora il nostro dottore acquistò un calesse, perchè il giro era lungo: si trattava infatti di raggiungere le «case sparse» di campagna e di marina. In un secondo tempo prese in affitto una villetta di proprietà del signor Gamberini, detto «Marcòun», attigua all’ospedale. Successivamente il signor Ferdinando Pari gli costruì una casa in quel bellissimo parco da lui in seguito ceduta alla città di Riccione che, con la raggiunta autonomia, la trasformò in sede municipale. In quella casa nacquero i suoi due figli: Adriana, deceduta il 25-10-1911 e il Dr. Raoul, dirigente della Montecatini Edison a Milano, e presidente da parecchi anni del club nautico di Riccione, di cui il babbo fu uno dei fondatori. Trasferitosi definitivamente a Marina, visse per altri trent’anni in quella casa tuttora adiacente all’Hotel Savoia. Gran galantuomo, ben degno di fregiarsi di tale titolo, sia in campo professionale che in quello umano e civile, in tutto il tempo della sua vita non fu mai udito pronunciare parole irriverenti contro chicchessia. Appena arrivò a Riccione conobbe la «Lisa», una ragazzina che andava a fargli i lavori di casa e lui ne intuì la vocazione, la istruì e la promosse infermiera. Da allora la «Lisa» fu la sua aiutante; e come lui, incominciò a girare in bicicletta, notte e giorno per recarsi a fare la «puntura» a questo o a quell’ammalato. Poi ci fu la guerra del 1915-18. Anche il Dr. Riccioni fu richiamato e assegnato all’ospedale di Fano. Ma tutte le settimane veniva a rendersi conto della situazione dell’Ospedale Ceccarini e di quella dei profughi veneti affidati all’assistenza della cara «Isetta». Dopo la guerra ripresa la condotta che, sdoppiata, seguendo la linea di demarcazione della ferrovia, venne assunta, quella a monte, dal Dr. Pier Giacomo Graziosi, Il quale lo sostituì anche come interno nell’ospedale, mentre lui, il buon Riccioni, a mare, continuava ad accorrere al capezzale del suoi malati, (in un territorio più ristretto, ma in continua ascesa per numero di anime), trattandoli con una confidenza affettuosa e rispettosa in pari tempo. I Riccionesi, a un ventennio dalla sua morte, lo ricordano ancora con una certa commozione e lo rivedono percorrere le strade con la inseparabile bicicletta (che con lo sdoppiamento della condotta era tornata a sostituire il calesse) sempre in abito bianco, d’estate; in abito chiaro nella mezza stagione; in abito scuro, con gambali, d’inverno. Chi si poteva incontrare nelle notti di quegli anni venti?... La Lisa, il Dr. Riccioni, oppure i compianti vigili Uneddu e Franco, e, nell’ora antelucana, il compianto vigile sanitario Morri, costantemente alla caccia delle annaffiatrici di latte... Inizialmente, il Dr. Riccioni non poteva farsi pagare, perché i Riccionesi, avevano quasi tutti la «tessera di povertà». Con quei pochi che potevano, invece, combinava una specie di abbonamento annuo, dal quintale di grano dei coloni Polverelli, alle derrate alimentari dei diversi commercianti e bottegai locali, alle 10 lire annue degli ortolani!... Nel tempo della condotta unica, oltre alle visite a domicilio e a quelle ambulatoriali, doveva prestare molte ore di servizio all’ospedale anche come assistente chirurgo. Poi i tempi migliorarono, ma come succede al solito, col benessere arriva presto la vecchiaia, e poi la fine. Suoi unici hobbyes, la filodrammatica, della quale fu l’animatore iniziale, il presidente, l’economo.. (Lo ricordo dietro le quinte mentre raccoglieva persino il chiodo
lasciato cadere dal trovarobe, perchè nulla doveva andare sprecato) e il mare. Lo amò tanto, il mare, che il 1» aprile 1933 assieme ad altri appassionati riccionesi fondò il CLUB NAUTICO RICCIONE, uno dei più vecchi della riviera adriatica, che resse come Presidente per oltre un decennio, coadiuvato fedelmente dall’allora giovane marinaio Gianni Fabbri. Anche a questa attività egli dedicò il poco tempo libero che gli consentiva la professione. I suoi libri contabili sono una esemplificazione della sua onestà: risparmiatore ad oltranza, quando si trattava di amministrare un patrimonio sociale. Questa assione per il mare l’ha trasfusa nel figlio Raoul che gli successe nella «presidenza del Club» e il figlio a sua volta nel nipote, il quale, non ancora decenne difendeva con il suo «beccaccino» i colori del Club riccionese. Ciò per dire che buon sangue non mente... Era modesto in tutto, il nostro medico. Persino nell’esigere il suo onorario che, a domicilio del paziente, sia che gli ammalati da visitare fossero uno o più di uno, restava vincolato alle note dieci lire, quali io ricordo negli anni 30. Poi venne la seconda guerra e negli anni cinquanta il definitivo ritiro, cui segui la malattia, poi la morte. Due giorni prima di spirare tra le braccia della «Lisona» pregò sua moglie, la sua adorata Maria che lo ha raggiunto nella pace dei Buoni il 2 settembre 1973, di lasciare per lui un ricordo alla cara infermiera con la quale aveva lavorato in parziale simbiosi, e che ora lo
La ricetta del mese:
Il Dottor Federico Riccioni esce di casa per le visite giornaliere ai suoi ammalati, con la inseparabile bicicletta.
stava amorevolmente assistendo ma senza poterlo, data la professionale competenza, confortare con le solite pietose bugie... Il ricordo consiste in una medaglia d’oro sulla quale volle fossero incise, con la data della morte, le seguenti parole: all Dottor Federico Riccioni, alla sua Elisa, il 14-11-1953». Mentre guardavo quel ricordo gentile, che l’Elisa mi mostrava sorridente e fiera, intravvidi con gli occhi lucidi di commozione, immaginandone la prima parte, quel
veloce arco di mezzo secolo di professione nobile ed onorata, lo ripeto, durante la quale l’indimenticato - perchè indimenticabile - dottor Riccioni, curò mio padre fanciullo, curò mia madre morente e i miei nonni vecchi, curò me per quasi trent’anni e curò i miei primi due figli fino all’inizio degli anni cinquanta. Poi i tempi cambiarono e cambiarono anche gli uomini. Adesso, per quanto bravi che siano, sono pochi i dottori disponibili ad ogni urgenza domiciliare. Adesso ci sono gli ospedali. E se mancano i letti, tanto peggio per chi soffre. E’ vero, ed è giusto che anche per il medico debba poter esistere l’ora dei riposo e della famiglia, ma è pur vero anche che, nonostante il progresso, la scienza e la moderna civiltà non sono ancora arrivate a fermare il male da una apposita stanza dei bottoni, così come riescono a comandare il lancio delle testate nucleari le quali dove arrivano cancellano tutti i mali con una terapia rapida e sbrigativa!... Però, quelli che alla fine degli studi liceali si propongono di intraprendere lo studio della medicina, devono sapere a priori che la professione del medico è libera, sì, ma diversa da tutte le altre, perchè solo la abnegazione del professionista può neutralizzare o mitigare i mali del paziente. Questo il Dottor Federico Rlccionl lo sapeva; e noi, nel ventesimo anniversario della sua morte, gli diciamo ancora, come gli dicevamo dopo ogni sua visita: «Grazie, Dottore!». Albo Casadei
“CALAMARI IN GRATICOLA” per 4 persone Due maniere di prepararli Per entrambe servono 1 kg. di calamari che andranno puliti, lavati e asciugati. Tempo di preparazione= 10 minuti. Tempo di cottura= 20 minuti Ingredienti 1ª maniera: Pangrattato q.b., spicchio d’aglio, prezzemolo tritato, olio d’oliva, sale e pepe. Alcuni spicchi di limone per decorare. Procedimento: mescolare il tutto e spalmare sui calamari. Poi metterli in graticola ben calda prima un lato poi l’altro. Serviteli con una irrorata di olio decorando col limone. Ingredienti 2ª maniera: 1 limone, 4 cucchiai d’olio d’oliva, prezzemolo tritato, sale e pepe. Procedimento: mescolare olio, limone, pepe e sale e ungere i calamari. Poi metterli in graticola bel calda prima un lato poi l’altro. Servirli con una irrorata di olio e limone e spruzzatina di prezzemolo tritato.
ANNIVERSARI
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Nozze di Diamante per “Marisa” e “Piero” Martina “Marisa” Beltrambini e Pierino “Piero” Ballarini convolarono a nozze nel lontano 11 Aprile 1955. Entrambi del 1934, innamorati pazzi, non attesero quei pochi mesi che li avrebbero resi maggiorenni (ai tempi 21 anni compiuti) e scavalcarono la legge italiana andandosi a sposare “all’estero”.... San Marino era dietro l’angolo. Pranzo di nozze con ciambella e marsala. Viaggio a Loreto ( in un giorno andata e ritorno)... coi soldi per un panino in due! E Marisa che rinunciò anche a un piccolo morso per lasciarlo al suo uomo:” Sono emo-
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zionata, ho lo stomaco chiuso” disse, mentre la fame le faceva vedere le lucciole. Adesso possiamo capire perchè dopo 60 anni sono ancora assieme, ancora innamorati, ancora felici. E tra pochi giorni divideranno la loro gioia con figlie, generi, nipoti e 8 scalmanati pronipoti. Famija Arciunesa idealmente li abbraccia... e arrivederci per le nozze di Grazia (70 anni).
Il Chetone di Lampone, “un valido aiuto per dimagrire” Il chetone di lampone è un principio attivo termo genico utilizzato nelle formule degli integratori brucia-grassi. Il lampone contiene all’incirca 200 molecole che contribuiscono al suo inconfondibile sapore, il chetone di lampone fa parte di una queste ed emerso rispetto alle altre componenti per il suo aiuto nella perdita di peso,e la sua popolarità è in rapida crescita . I ricercatori hanno notato come il chetone di lampone avesse una struttura molecolare molto simile alla capsaicina, una delle componenti del peperoncino attiva nella perdita di peso. Oltre a questa particolarità è emerso anche che se il chetone di lampone viene posto direttamente sulla pelle aiuta a combattere i segni dell’invecchiamento. Il chetone di lampone un composto naturale estratto direttamente dal frutto, pressoché privo di controindicazioni, (in inglese raspberry ketone), ed aggiunto in concentrazioni fino a 450 volte superiori a quelle contenute in una porzione dei relativi frutti freschi; il raspberry ketone è quindi un principio attivo termogenico, che assunto in dosi concentrate, spinge il nostro organismo a bruciare le riserve di grasso per produrre maggiore energia. Il chetone di lampone placa lo stimolo della fame e quindi dimagrire è possibile, donando anche energia, e ciò spiega come sia possibile dimagrire naturalmente. Le diete dimagranti che causano l'aumento dei chetoni sono utilizzate in ambito dimagrante poiché questi cataboliti inibiscono molto lo stimolo nervoso dell' appetito; agiscono sull’enzima lipasi che è responsabile per il rilascio degli acidi grassi e lo svuo-
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tamento delle cellule adipose nel processo di “combustione” dei grassi. Inoltre, i composti fenolici dei lamponi aiutano il fegato a sciogliere il grasso più velocemente del normale. L'integrazione con raspberry ketone è consigliata nello svolgimento delle diete dimagranti come brucia-grassi e nel trattamento NON farmacologico delle pelli grasse poco elastiche e della calvizie. Secondo il medico statunitense Dr. Mehmed Oz, il raspberry ketone è in grado di ridurre il tessuto adiposo in virtù dell'incremento metabolico complessivo dell'organismo, ovvero il meccanismo che risiede alla base di tutti gli altri integrato tori termogenici. I ricercatori hanno quindi evidenziato una correlazione tra l'assunzione di chetone del lampone e: • Aumento della Adiponectina che svolge un ruolo nella regolazione della glicemia e del peso corporeo • Aumento della noradrenalina (catecolamina,ormone,che promuove anche la lipolisi) • Incremento della elasticità cutanea • Stimolo della crescita capillifera nei soggetti colpiti da alopecia. Si è quindi ipotizzato che, oltre a favorire il calo ponderale, l'impatto ormonale dello raspberry ketone potrebbe giovare in maniera significativa anche ai soggetti con ridotta tolleranza glucidica (anche diabete tipo 2) o alterazioni metaboliche di vario genere. In definitiva, è possibile che l'integratore raspberry ketone, inserito nel contesto di una dieta ipocalorica possa facilitare la riduzione del tessuto adiposo, quindi il dimagrimento generalizzato. Dosaggi di circa 200mg/die di integratori a base di chetoni di lampone frazionati in due assunzioni da 100mg potrebbero essere efficaci e considerate sicure. NB. l’integratore di chetoni è sconsigliato in gravidanza e allattamento. Scola dr Lorenzo
PASSEGGIANDO
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E sèttapas di cuchèl. Il sottopassaggio dei gabbiani. Vecchio Cimitero C.so G. Cesare
Dialogo tra la Mariòcia dla fusaia e Berto e latèr B=Te vést che brènch ad cuchèl tachèd me mur de nov sèttapas de Campsènt? M= Iè fat isé bèn chi pèr chi vola...ui amènca snè la parola. B= Sa quèl chi ha spés i puteva mèt ènca un impiènt stereofonich... i l’ha po’ fat te vièl Cecarini! Magari i mitiva dò strid... sa gl’ènde ch’l’is arugla...un sèfie ad vènt... M= Perchè i costa na masa? B= Al ciacare al zchèr chi ha fat una muliga ad giunta ma dis mèla euri. M= Va là, un sarà vera. Gnènca i fòs agl’aragoste! B= Tan gnè mènga da magnè! M= Te rasoun ènca te! E po’ l’arte la vò e su sfogh.. e i su quatrèin! At salut!
Viale Montebianco. Che bella TOS... ATA! Adés e po’ fè tòta la niva che vò
Viale Diaz. Panchina da riposo con porta immondizia a portata di mano. Certo che se gli addetti non vuotano il sacchetto con regolarità, diventa panchina con effluvi incorporati. Un po’ come le tavolette w.c odora ambiente al contrario!
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La roba di tutti non è di nessuno!
Bike sharing= Bicicletta in compartecipazione
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E’ un servizio gratuito chiamato “La Perla in bici” utilizzabile nel territorio comunale dalle ore 6.00 alle 24.00 per un massimo di 5 ore. Per info e ritiro chiave codificata per l’utilizzo delle bike: Ufficio IAT - Palazzo del Turismo. Secondo la cartina stradale (2012) “Riccione a piedi, in bicicletta, in armonia con la natura” del Comune di Riccione i punti servizio sono otto. Questa la situazione attuale: 1) Giardini dell’Alba, 2) P.le Roma, 3) Viale M. Ceccarini, 4) Viale S. Martino, 5) Stazione ferroviaria, 6) Scuola Media Viale Einaudi (nuovissime). P.le Vincenzo Ceccarini (Palazzo del Turismo) rimosso per Concerto di Fine anno. Corso F.lli Cervi e Viale Gramsci: chi le ha viste?
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tra verde e storia
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La collina degli “Agolanti” Esiste un luogo a Riccione dove è possibile farsi accarezzare dalla fresca brezza marina e abbracciare con lo sguardo l’azzurro dell’Adriatico da un lato e il corollario del Montefeltro e San Marino dall’altro. Questo luogo magico è situato nel punto più elevato della città, noto ai riccionesi come “la collina del castello degli Agolanti”. Prende il nome, infatti, dall’omonima struttura situata alla sua sommità. Dalla cultura letteraria si è appreso che si tratta di un manufatto risalente agli inizi del XIII secolo della famiglia fiorentina degli Agolanti in esilio in questa parte della Romagna. La struttura si è rivelata nei secoli scorsi un importante baluardo per la difesa del territorio. Nel periodo del suo massimo splendore verso la metà del XVII secolo, il castello di Riccione ben due volte ospitò la regina Cristina di Svezia. All’inizio del XVIII secolo passò in possesso di altre famiglie sino alla sua distruzione, per un terremoto, nel 1768. Nei periodi successivi venne destinato a casa colonica, ridotto a misero rudere fu comprato nel secolo scorso dalla famiglia Verni, la quale nel 1982 lo cedette all’Amministrazione comunale di Riccione. Negli anni novanta dopo un discusso intervento di recupero fu destinato a contenitore culturale, per mostre e spettacoli vari. Qualche decina di metri più a valle il territorio è segnato dall’antica via Caprera, un’arteria che costeggia l’attuale perimetro del “parco degli Agolanti”, un tempo utilizzata dai pellegrini che si recavano a Roma. La posizione elevata di questa strada era ritenuta molto più sicura rispetto alla sottostante “via Flaminia” (l’attuale ss.16) per evitare i briganti, che a quel tempo imperversavano lungo le principali vie di comunicazione. Via Caprera sino agli inizi degli anni novanta si caratterizzava per la presenza di una ricca siepe di rovi che la fiancheggiava per un lungo tratto e di una celletta in muratura. A seguito di interventi di riqualificazione urbanistica, della siepe di rovi non rima-
ne più nulla, mentre la celletta è stata restaurata e ricollocata nei pressi della sua posizione storica. Per chi oggi si reca sulla collina, oltre al “castello” non può non notare un misterioso oggetto che si
erge verso il cielo, si tratta del grande gnomone della meridiana, alto sei metri e 516 centimetri a forma di vela “randa al terzo” rivestita su ambedue i lati da un mosaico realizzato dall’Istituto Stata-
le d’Arte di Riccione. Le linee orarie al suolo e un labirinto completano questa maestosa opera. Proseguendo lungo la strada che porta al castello si giunge fino ai margini di un area tipicamente mediterranea, ricca di specie arbustive e arboree, in primavera avanzata e inizio estate, spicca la folta presenza di ginestre in fiore dall’inconfondibile colore giallo e dall’intenso profumo. Altra specie molto diffusa è il biancospino, si identifica facilmente dai caratteristici forellini bianchi, spesso rifugio di piccoli uccelli. Nella macchia si notano anche cespugli di rosa canina e ginepro, sono presenti anche alberi da frutto selvatici e diverse varietà arboree della specie “prunus”, “acer”, “pinus” e “roverelle” introdotte a metà degli anni novanta con un progetto della Provincia di Rimini, al fine di realizzare un parco collinare. Oggi l’area appare quasi totalmente boscata, rifugio di molte specie di volatili e mammiferi. Abituali frequentatori di questo habitat sono i caprioli e la volpe più volte avvistati, oltre al comune passero, merli e tortore dal collare, è possibile avvistare rapaci diurni, soprattutto poiane e gheppi, occasionalmente si è anche notata la presenza dell’astore. È anche accertata la presenza di rapaci notturni come civette, allocchi, gufi, assioli e barbagianni. Molti piccoli mammiferi animano il sottobosco come ricci, faine, arvicole dei campi e donnole. L’idea di realizzare un parco sulla collina riccionese prende le mosse da una proposta dettagliata presentata all’allora Amministrazione Comunale dall’associazione WWF (Gruppo di Riccione), la quale fin dagli inizi degli anni novanta si batté energicamente per impedire la cementificazione della collina e bandita l’attività venatoria su tutta l’area collinare attorno al castello perché divenisse un grande polmone verde della città. Oggi il Parco del Castello degli Agolanti è diventato realtà se saremo capaci di proteggerlo e preservarlo. Resterà patrimonio di Riccione in eredità alle future generazioni. Antonio Cianciosi Pres. WWF provincia di Rimini
un grande personaggio
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L’addio a Otello Copioli Era un pioniere del settore alberghiero riccionese, un imprenditore lungimirante che ha vissuto da protagonista gli anni del boom turistico con il grande esodo di tedeschi e italiani. Il geometra Claudio Otello Copioli, per oltre sessant’anni al timone dell’Hotel Arizona, se n’è andato il primo febbraio a 88 anni. Lo spirito imprenditoriale l’aveva ereditato dal padre Giuseppe, capomastro, che assieme ai fratelli Giovanni e Alfredo, era al timone dell’impresa di costruzioni Copioli, che operò a pieno ritmo in autonomia fino al 1953 per poi svolgere alcuni lavori con altre ditte del territorio. Nel dopoguerra Otello cominciò, intanto, a lavorare in Comune, esattamente nell’Ufficio ricostruzioni dell’Edilizia privata come geometra. Nel 1953 lui e il fratello Nullo (scomparso nel 1994) acquistarono la villa, in viale D’Annunzio, che lasciò poi spazio, prima alla pensione, poi all’Hotel Arizona. Fu l’inizio di una nuova avventura. Dall’anno successivo, come raccontano i figli Francesco e Alessandro, il noto albergatore dal 1954, con la vali-
gia di cartone zeppa di depliant assieme ad altri colleghi, se ne andava all’estero, soprattutto in Germania per pubblicizzare Riccione. Il suo costante contatto con i bagnanti d’Oltralpe lo indusse a imparare presto, come autodidatta, diverse lingue: inglese, tedesco e francese. Molto vicino a Giancarlo D’Orazio, nel periodo in cui fu presidente dell’Azienda di soggiorno, il suo nome appariva nell’elenco dei primi soci dell’Aia, già dal 1961. Ma Copioli fu pure un creativo. Con il fratello Nullo negli anni Sessanta inventò il camino a nafta per il riscaldamento domestico. Il nuovo sistema consentiva di filtrare i fumi con l’acqua, tirando giù la fuliggine. Un’invenzione brillante della quale però si appropriarono altri privati, prima che venisse brevettata. Proprio per l’attaccamento e la dedizione alla sua attività, che l’aveva indotto a rinunciare alla carriera da geometra, nel 2009 era stato nominato Cavaliere del lavoro. Una soddisfazione giunta dopo un anno nero. Nel 2007, infatti, in un incidente stradale Copioli aveva perso l’inse-
...come eravamo!
parabile moglie, Paola Melucci, che per mezzo secolo l’aveva affiancato nel lavoro, accogliendo ospiti del calibro di Peppino di Capri e dell’ingegnere Saverio Fabozi, noto per aver cooprogettato la diga di Khartoum e lo spostamento dei templi di Abu Simbel. Di carattere docile, buono e gentile, ma fermo e deciso, Otello si divideva sempre tra il lavoro e la sua adorata famiglia, concedendosi solo qualche ora di pesca a bordo di un moscone. Nives Concolino
dall’album di famiglia di Montanari Erio
Anni ‘40. Sulla scalinata dell’Hotel Savioli Spiaggia (sul Porto canale) un impeccabile Dario Montanari nella classica divisa.
Anni ‘50 - Dancing “Rio Rita” Viale Dante (in fondo verso Rimini). Da sin.- Dario Montanari, Virgilio Metalli, Egidio Montanari.
1951. Hotel Vittoria in Viale D’Annunzio. Prima in basso a sin.: Ersilia Donzelli con le compagne di lavoro.
1964- La squadra del bar dell’ Embassy Night Club. Da sin. - Bruno Tosi, Erio Montanari, Gilberto Nardi, x x , Serafino Montanari.
COMPLEANNI
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L’ingegnere Fascioli: 90 anni per il turismo Lo scorso 30 gennaio ha festeggiato il suo novantesimo compleanno. Ma l’ingegnere Abner Fascioli, decano degli albergatori riccionesi, di mollare i suoi storici hotel, Vienna e Abner’s, non ne vuol sapere. Forte come una roccia e con le idee ancora chiare, tiene stretto il timone. Una perseveranza da premiare anche per l’apporto dato nei decenni al turismo riccionese. Riconoscente del lavoro svolto, l’Associazione Albergatori di Riccione con i familiari (la sorella Licia e il nipote Massimo Melucci dell’Hotel Alexandra) nel giorno del grande traguardo gli ha organizzato una festa con il taglio della torta, a cura degli allievi dell’Alberghiero Savioli. Tra un brindisi e un amarcod l’ingegnere, cavaliere della Repubblica e console onorario, nonché commendatore dell’Ordine al merito del Gran Ducato di Lussemburgo, ci riporta indietro nel tempo, ripercorrendo i momenti che hanno contribuito a rendere Riccione città internazionale. E’ vero che, accantonata la sua professione, ha cominciato a girare l’Europa per promuovere Riccione? “Si, per fare promozione negli anni d’oro con la mia auto ho girato l’Europa intera, fino a percorrere un milione di chilometri. Si andava addirittura in Finlandia e in Norvegia. In un solo giorno ero capace di andare e tornare dalla Francia”. Per decenni l’ha affiancata una persona speciale, è così? “Si, mia moglie Liliana Riguzzi”. Come cercava i clienti? “Si giravano le città, contattando le agenzie che con il ciclostile facevano un programma, inserendo il nome e il prezzo degli hotel. A noi interessava essere inseriti in questa brochure. Si cercava, come oggi, di entrare nei cataloghi”. Una passione ereditata dai suoi avi? “Si credo che a trasmetterla, siano stati loro, mio padre Mario, nonché la nonna Elisa e mia mamma che d’estate facevano le affittacamere. Lavoravano bene e con diversi austriaci, anche se avevano appena quattro camere in viale Gramsci”. Forte di questo senso d’imprenditorialità a Riccione ha fondato l’Aia? “Si, l’Associazione Albergatori (che nel giorno del compleanno con il direttore Luca Cevoli, il presidente Rodolfo Albicocco, il suo predecessore Bruno Bianchini, il timoniere di Promhotel, Cesare Ciavatta e tanti colleghi, si è stretta attorno a lui ndr.)” Gli alberghi sono stati il leitmotiv della sua vita fin dalla nascita? “Si, sono nato nel giardino della Gran Pensione Vienna (oggi Hotel Vienna), che mio padre aveva aperto, dopo aver acquistato due lotti e le rispettive villette con i soldi che aveva guadagnato emigrando da ragazzo in America. Partì nel 1909 e per la traversata impiegò 36 giorni. Era un bravo muratore e lavorò con diverse imprese. In quanto a me, già dalle medie e fino agli anni
dell’Università, in estate davo una mano ai miei genitori in hotel. Ho poi sempre affiancato mio padre”. Perché il Vienna venne chiamato così? “Perché lavorava soprattutto con gli austriaci, era il vanto della mia famiglia. E’ emblematico il fatto che mio babbo, prima della guerra, un giorno prese l’aereo e su Vienna fece lanciare i volantini del nostro albergo”. Erano gli anni del boom turistico… “Si, a Riccione allora c’erano tanti inglesi e soprattutto svizzeri. Erano gli unici nell’immediato dopoguerra a potersi permettere le vacanze da noi. Nel tempo furono scalzati dai tedeschi. Intanto si faceva promozione all’estero anche con il compianto ex presidente dell’Aia, Luigino Montanari”. Com’era la Riccione di allora? “Bella, molto bella. Innanzitutto c’era tanto verde che ora è scomparso e poi c’erano tante villettine nel tempo trasformate in alberghi. Erano dei gioiellini”. Riccione è cambiata e con lei anche i turisti vero? “Si, i nostri ospiti sono sempre più esigenti, vogliono tutto perfetto e noi a capo di hotel a quattro stelle dobbiamo dare quel che chiedono”. Tra i suoi ospiti ha annoverato nomi eccellenti! “Si. Tra i tanti ricordo Andrea Giordana, Romolo Valli, Franca Valeri e Max Giusti”. Sua mamma fu protagonista di un singolare aneddoto, vero? “Si, proprio perché si chiamava Agenore, le arrivò la cartolina per la chiamata dei militari”. Lei è sempre stato un uomo distinto, amante dell’eleganza… “Pensi, a dieci anni indossai per la prima volta lo smoking per partecipare a un veglione per ragazzi che si teneva al Caffè Zanarini, in viale Ceccarini”. Nives Concolino
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UOMINI e... BEstie degli anni ‘30
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a cura di Giuseppe Lo Magro
Climènt e la munghèna da muntè “Climèntâ€? era un uomo che per “garavellareâ€? qualche baiocco s’adattava in mille lavoretti extra oltre quello fisso di facchino alla stazione ferroviaria. E lo faceva tra un treno e l’altro. Il suo maggior difetto era l’alzare spesso il gomito cosicchè la sua attenzione non era delle piĂš precise. Un giorno fu incaricato dal contadino “Franzchinâ€? di portare una mucca alla monta di Asdrubale. Visto che la distanza era di quasi otto chilometri, la sua previsione era di impiegare ben piĂš di due ore tra andare, fare e ritornare. Perciò si “feceâ€? qualche corroborante bicchierozzo di sangiovese, poi ritirò l’animale dalla stalla e s’avviò. Giunto da Asdrubale questo lo accolse con uno scortese: “Cus tvò?â€?. Le nebbie alcoliche faticarono alcuni secondi a diradarsi poi rispose in modo strascicato e col tono di chi si rivolge ad un idiota : “ Come cus ca voj... ho port la munghèna me tòrâ€?. Al che l’altro con un tono assai compassionevole e cantilenante rispose: “Mo.. slè.. un.. bĂšâ€?. Climènt si voltò, notò all’istante il macroscopico errore commesso ed ebbe, secondo il suo parere, un lampo di genio. “GiĂ ca sò ichĂŠ e che ho fat un sach ad strèda e sarĂ mej nu butĂŹ e viag... cus dis se hai fam dè una pasadèina? Magari dèp l’è cuntènt.â€? Asdrubale, con un ghigno sottile proseguĂŹ: “Se inveci a mèt sètta ma te? As divartĂŠm in tre...e tor
che e fa e su lavor... te che tan pèrd e viag... e me ca guèrd�. Climènt afferrò la cavezza e tornò a trotto sostenuto alla stalla di Franzchin, guardandosi bene di chiedere il compenso pattuito.
Climènt e e brĂŠch a mitĂ Quando “Climèntâ€? cominciò a capire che l’avanzare degli anni non gli consentiva piĂš di spostare oggetti pesanti, negandogli l’opportunitĂ di ottenere lavoretti extra, corse ai ripari. Venuto a conoscenza che “Lesioâ€? aveva un carretto col suo bell’asino trainante gli propose di comperarlo. “Na, ai sò trop feziunèd...l’è vintan ch’l’è sa me..â€? fu la risposta. Allora Climènt giocò la seconda carta: “ E se a dvantasme soci? At ni pègh una mitĂ ....al duvram una stmèna pron!â€?. A Lesio piacque l’idea e, dopo una breve contrattazione, con una stretta di mano sigillarono l’accordo. Un bel giorno Bigin, un amico comune dei due, vede Climènt, armato di un frustino, menar colpi da orbi sulla parte destra del groppone del povero animale. “Climènt, sa fèt?...te vò mazè?â€?. “La punt ch’un vò ‘ndè avanti.. e me ho da cuns-gnĂŹ cal scarane prèima ad mizdĂŠâ€?. “Prova sal bone maniere...e po’ cus che giria Lesio a veda cumè che te tratâ€?. “ Oh, Bigin, at pos asicurè ch’un giria gnint...perchè quand us chèmpra una roba in societĂ ognoun l’è padroun dla su mitĂ . E me a mèin tla mia....guèrda po’ la pèrta ad Lesio..gnènca un segn!â€? E smoccolando continuò...
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Maddalena e la capasanta del mare
Maddalena Migani Meduse ballerine, polipi scaldotti, ricci pungens pungens e altre creature dell’ecosistema marino popolano le avvincenti fiabe della scrittrice Maddalena Migani, di origine riccionese, ora residente a Bellaria. L’ultima storia fantastica,
“Ilva tra i fiori canterini” con illustrazioni di Laura Patrignani (Fulmino Edizioni), racconta avventure e peripezie di una capasanta del Mare del Lumini al largo delle terre di Solatia. L’autrice, che oltre ad alcune pubblicazioni tecnico-scientifiche, ha firmato anche “Ilva nella rete di Nodal”, ci racconta com’è nata l’idea di narrare queste favole. “Cinque anni fa –racconta – avevo visto un filmato sul mare, in cui c’era una conchiglia che si agitava in modo simpatico nell’acqua. Sembrava che stesse ballando. Poi in Sardegna ho visto delle meduse con un cappello, simile a un hamburger galleggiante”. E’ bastato questo per mettere in moto la fantasia. “Di ritorno a casa, sul traghetto – racconta la Migani – la storia ha cominciato a prendere corpo nella mia mente con una serie di messaggi che intendevo trasmettere, poi messi in bocca ad alcuni personaggi”. Sono nati così i protagonisti come la medusa in rima e il pesce bussola, pronti a incantare i piccoli lettori di fiabe. Nel nuovo episodio di Ilva i personaggi si moltiplicano. “Oltre ai cattivi nerottiri - anticipa la scrittrice -, c’è anche Mascherino, il feroce sardoncino. C’è poi un placido pesce lunotto, una snobbissima aragosta, nonché uno squalo e un pesce martello che sferrano un tafferuglio. Con loro Ilva che cerca di raggiungere l’agognata piana dei fiori canterini”, nel frattempo la capasanta scopre il vero significato della sua esistenza, che è quello di filtrare l’acqua, rendendola quindi pulita per tutti i pesci del mare. “Scrivere è sempre stata la mia passione - confida la Migani -. Mi sono stancata di occuparmi solo di software e tecnicismo. Così è nata l’dea delle favole che mi ha divertito, risvegliando la bimba che c’è in me.
Laura Patrignani Nel 2007 sono diventata mamma di Irene e con lei sto riscoprendo la letteratura dell’infanzia. Per le illustrazioni ho scelto Laura, mia amica dall’adolescenza, già allora sognavamo di scrivere e disegnare insieme”. Nives Concolino
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musica corale
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Il sorriso di Jenny vola fino a Firenze Il sorriso di Jenny pochi giorni fa è nuovamente salito sul pullman con i suoi amici delle “ Note in Crescendo”, ed assieme al maestro Fabio Pecci, si sono recati presso l’Auditorium CRF di Firenze per un concerto evento dal titolo “Dal cielo con amore”. Un evento benefico a favore di Arop (ass. ne riminese oncoematologia pediatrica) che prevedeva la presentazione del libro di Jenny dal titolo “Non kiederti mai dove sono” e l’esibizione del coro di Riccione, le Nic appunto, e il coro di Firenze “coro del Piccolo Melograno”. Un gemellaggio questo, nato lo scorso maggio dopo l’incontro tra i due cori avvenuto in occasione del 1° concorso per cori Città di Riccione. Il coro di Firenze si era aggiudicato il premio speciale Jenny Berardi, come migliore presenza scenica. Un feeling sincero e spontaneo è subito nato tra le due realtà corali, e da lì la voglia e la disponibilità di portare la storia di Jenny anche nella loro bella Firenze. Promessa mantenuta... così il 15 febbraio scorso il libro di Roberta, mamma di Jenny, è giunto fin là. Il successo riscosso dal libro è davvero sorprendente e forse inaspettato; al momento con il solo passaparola sono state vendute oltre 1050 copie, riuscendo a devolvere all’ass.ne Arop circa 5.500 euro. I fondi raccolti hanno contribuito alla realizzazione di molti importanti progetti quali ad esempio la visita in udienza da Papa
Francesco concesso ai bimbi oncologici dell’Ospedale Infermi di Rimini e alle loro famiglie. Un altro obiettivo è stato la giornata del “cinema terapia”. Grazie al Gruppo Giometti che gestisce le sale di proiezione presso il Centro comm.le Le Befane, in accordo con l’ass.ne, si è potuto usufruire di una sala con un percorso riservato ai soli bimbi ammalati, alle loro famiglie e al personale medico. Vi è poi il progetto “scuola in ospedale” nato grazie alla collaborazione tra Unità operativa di pediatria (servizio di oncoematologia pediatrica), l’ass.ne Arop e l’Ufficio scolastico territoriale di Rimini. Ha la finalità di
garantire il diritto all’istruzione dei bambini e ragazzi affetti da patologie gravi che determinano lunghi periodi di assenza dalla scuola. Da quest’anno si potranno inoltre avere le bomboniere solidali che le volontarie dell’associazione confezionano per battesimi, comunioni, cresime, e matrimoni. Per Informazioni contattate le segreteria arop al num.0541 705778. Ricordiamo inoltre che il libro di Jenny “Non kiederti mai dove sono” è ancora in vendita presso il negozio Forte Vento di Riccione S.Lorenzo Via Giulio Cesare n. 111. M. Antonella Colangelo
Nerina un’altra “nonnina” da record Ha festeggiato i 100 anni Nerina Bompadre in Tamellini. Nata l’ 11 febbraio 1915 a Gabicce,vive da una vita a Riccione in Via Ugo Bassi, nel cuore dell’Abissinia. A festeggiare con Lei, al Ristorante Ranch saloon, in prima fila i due figli Elio e Alba assieme ad una valanga di nipoti, parenti (anche di Pesaro e San Giovanni Marignano) e di vicini di casa.
22 gennaio
Eletto il nuovo Consiglio direttivo
Il 22 gennaio si sono svolte le elezioni per il nuovo consiglio direttivo della Polisportiva. La lista capeggiata dal presidente uscente Giuseppe Solfrini ha vinto con 853 voti a favore contro i 514 ottenuti dalla lista alternativa guidata da Alessandro Casadei. Per effetto di queste votazioni sono risultati eletti nel consiglio direttivo: GIUSEPPE SOLFRINI; PANDOLFINI KARL FRIEDRICH; BAROSI STEFANO; SERAFINI SILVIA; PASSUTI CLAUDIO; GORI GIORGIO; GALLO PAOLO; VALMARANA GIANANDREA; PASSERINI DAVID DIEGO; BORGOGNONI MAURIZIO; MORGANTI GORDON; CULICETTO ANTONIO; PAOLO SEMPRINI; DE PAOLI GUIDO; VILLA MORENO; UGUCCIONI GIUSEPPE; FELETTI TATIANA; MANCINI MANUEL; MANZO ANTONIO. Il consiglio ha poi confermato Giuseppe Solfrini alla presidenza. Queste le altre cariche: Giorgio Gori (vicepresidente); Antonio Culicetto (segretario); Stefano Barosi (tesoriere). Sono poi state distribuite le seguenti deleghe: Gianandrea Valmarana (Area Personale); Claudio Passuti (Area Organizzazione manifestazioni ed eventi); Paolo Semprini (Area Organizzazione manifestazioni ed eventi); Diego Passerini (Area Commerciale); Moreno Villa (Area Commerciale); Giuseppe Solfrini (Area Amministrativo/Finanziaria). Il comitato esecutivo è formato da: Giuseppe Solfrini, Giorgio Gori, Antonio Culicetto, Stefano Barosi, Gianandrea Valmarana, Claudio Passuti, Paolo Semprini, Diego Passerini, Moreno Villa.
Giuseppe Solfrini
Dal 29 al 31 maggio
Trofeo Italo Nicoletti: in arrivo la 19ª edizione!
Il Trofeo Italo Nicoletti
Una manifestazione che a tutti all’interno della Polisportiva Comunale Riccione è davvero molto cara: il Trofeo internazionale Italo Nicoletti di nuoto. E’ la gara, giunta ormai alla 19ª edizione, che ricorda il più grande presidente che la Polisportiva Comunale abbia mai avuto: Italo Nicoletti che la guidò per 17 anni e la portò dall’essere una piccola realtà all’essere una società sportiva in grado, come lo è oggi, di ospitare manifestazioni internazionali; portata ad esempio in tutta Italia per le capacità organizzative. L’edizione di quest’anno del Nicoletti si tiene dal 29 al 31 maggio. E’ ormai considerata una “classica” del nuoto giovanile (e non solo) e porterà nella vasca esterna da 50 metri dello Stadio del Nuoto circa 1.800 atleti e almeno 6mila presenze.
5 x mille alla PolCom? Perchè no? In sede di dichiarazione dei redditi, è possibile destinare il 5 x mille della propria dichiarazione a favore della Polisportiva Comunale Riccione. Il contributo sarà utilizzato per qualificare progetti di giocomotricità per l’infanzia, d’edu-
cazione attraverso lo sport, per attività in favore della diversabilità e per la diffusione della cultura sportiva sul territorio. Come si fa? Basta apporre la propria firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni sportive dilettantistiche”
che si trova sui modelli di dichiarazione dei redditi. Nello spazio sottostante va indicato il codice fiscale della Polisportiva Comunale Riccione: 82008250407. Non costa nulla e aiuta la Polisportiva nella sua missione sociale.
Dal 15 giugno
Torna il Giocaestate con 4 grandi novità! Anche quest’anno la Polisportiva Comunale propone per i bambini e i ragazzi dai 4 ai 13 anni il “Giocaestate”, ormai un classico nella vita estiva di tanti giovanissimi riccionesi. Quest’anno, oltre alle attività ludico motorie ed espressive (sport e laboratori) e alla consueta cornice fornita dal “Villaggio Verde” che si trova attorno allo Stadio del Nuoto ci sono quattro novità: 1) Sconto del 20% a chi si iscriverà dall’11 al 29 maggio. 2) Dal 5 al 12 luglio campeggio a Valbonella, centro turistico nel Comune di Bagno di Romagna per il gruppo dei Blu (dai 9 agli 11 anni) e quello dei Rossi (dagli 11 anni in su) con 30 posti disponibili. 3) La promozione dell’attività pomeridiana nei mesi di luglio e agosto a 40 euro settimanali. 4) La possibilità di prolungamento dell’attività mattutina fino alle ore 15, pranzo incluso.
Per informazioni su iscrizioni, prezzi e su tutto quanto può esservi utile: Stadio del Nuoto (0541 644410) o segreteria della Polisportiva (0541 643559) potete anche consultare il sito www.polcomriccione.com e cliccare sul link del Giocaestate.
Domenica 12 aprile
37ª StraRiccione Domenica 12 aprile si disputa la 37ª edizione della "StraRiccione", la mezza maratona di 12 chilometri inserita nel calendario internazionale Vivicittà, diventata ormai un classico primaverile per lo sport della Perla Verde. Diverse le novità quest'anno. Innanzitutto la gara agonistica prende il via alle 10 e, pur partendo dalla pista d'atletica dello Stadio Nicoletti, non sarà più in circuito ma in linea. Usciti dallo stadio, si andrà in direzione del mare e si correrà sul lungomare fino alle Fontanelle. Poi si risalirà verso Paese percorrendo via Da Verrazzano, via Panoramica e Corso Fratelli Cervi. Da lì, sfruttando la ciclabile, ci s’inserirà nel Parco per poi tornare verso lo Stadio. Circa a metà percorso sono previsti sia un ristoro, sia un traguardo volante inteso a vivacizzare la corsa. Come sempre, la Strariccione sarà parametrata a tutte le altre podistiche del “Vivicittà”, partite nello stesso giorno e alla stessa ora in altre città italiane e nel mondo, per decretare il vincitore "mondiale". Come al solito, spazio anche alle categorie giovanili che affronteranno al Nicoletti durante lo svolgimento della gara su strada. Alla manifestazione risultano iscritti circa 1500 atleti.
2104. Ana Nanu e Paolo Caldiroli, vincitori della 36ª edizione.
Appuntamenti della Polisportiva Nel periodo in cui Famija Arciunesa entra nelle case dei cittadini della Perla Verde, la Polisportiva ospita diversi e importanti avvenimenti sportivi: i Campionati italiani primaverili giovanili di nuoto (20/25 marzo); i Campionati italiani primaverili di nuoto di fondo (12/13 aprile); I Campionati italiani Assoluti primaverili di nuoto e la Coppa Brema a squadre (14/19 aprile) e i Campionati italiani Giovanissimi di scherma (29 aprile / 5 maggio). Un giro complessivo di circa 10mila atleti per circa 70mila presenze.
www.taekwondoriccione.com
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Oro, argento e bronzo all’ Open a nazioni in Belgio!
Poomsae. Belgio 2015. In alto da sx: Lerch Petra, M. Betti Roberto, Gennari Robert, Bernardi Marcello,Sanchi Maurizio, Comandini Andrea, sotto da sx: Romagnuolo Elisa, Sanchi Aurora, Sacripanti Linda.
Erano 12 i partecipanti del Taekwondo Riccione che hanno gareggiato all'evento internazionale a Tongeren (Bruxelles)
il 28 - 1 marzo, presenti ben 18 nazioni. La prima giornata ha dato il via alla competizione tecnica (poomsae) dove ha visto subito i nostri atleti salire sul podio. Medaglia d'oro per Lerch Petra, cinture colore cat. Master 2; medaglia d'argento per il team cat, Master 1 cinture nere composto da Bernardi Marcello, Sanchi Maurizio e Gennari Robert; una bellissima medaglia di bronzo nel team cat. Senior cinture nere di Sacripanti Linda, Romagnuolo Elisa e Sanchi Aurora una categoria impegnativa dove il livello era alto in presenza anche della nazionale olandese. Per la cat. individuale Master 1 cinture nere con ben 17 partecipanti, un' ottima prestazione per il Maestro del Taekwondo Riccione Betti Roberto. Dopo un'importante infortunio, senza aspettative di ritorno sul tatami, il M. Betti ha sorpreso tutti. A un soffio dalla finale ha lasciato alle sue spalle olandesi e tedeschi sfiorando per pochi decimi il podio. Comunque, una
bellissima "vittoria" e un grande tifo da tutti i suoi allievi. La seconda giornata dedicata al combattimento è stata eccellente mancando di poco la medaglia più prestigiosa. Una combattiva e meritata medaglia d' argento per Sacripanti Linda battuta in finale da una lussemburghese. Medaglia di bronzo per Celli Tobia arrivato in semifinale dopo una serie di incontri vinti, ha incontrato un campione kosovaro, vincitore della categoria. Anche Luna Uguccioni prende il bronzo sconfitta da una belga con un punteggio minimo di 5 a 3. Il Maestro Betti e il D.T. Ottaviani Geo soddisfatti del risultato ottenuto confidano nelle possibilità degli allievi per i prossimi impegni nazionali e internazionali. Un ringraziamento a tutta la squadra e anche a chi è venuto a sostenere il Taekwondo Riccione nella sua trasferta Europea.
Sparring. Belgio 2015. Da sx: Celli Tobia, Sacripanti Linda, Uguccioni Luna, Betti Alice.
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la pagina di edmo vandi
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Lino Ronci (e Mulìr) e la passione per la lirica La vecchia Riccione, Riccione Paese per intenderci, viveva le sue cronache giornaliere nel nome di personaggi che sono rimasti, anche per i loro racconti, ben chiari nella memoria di noi che negli anni ‘40-50 eravamo già ragazzetti. Fra questi ricordo il mugnaio Lino Ronci (e Mulìr), dal fisico tarchiato (si diceva portasse un quintale sottobraccio) e il Farmacista Michele Basigli sempre pronti ad organizzare burle ed eventi scherzosi che animavano, appunto, le lunghe giornate dell’attuale Corso F.lli Cervi. Lino Ronci era un appassionato, direi un “patito” della musica lirica che all’inizio del secolo scorso andava per la maggiore. I primi dischi di Caruso e poi Gigli, le recite di Borgatti al Bonci di Cesena, erano il suo pane quotidiano. Radunava nella sua casa adiacente il mulino, settimanalmente un gruppo di amici (un pò scrocconi) per ascoltare sul grammofono a manovella (una novità) le tristi vicissitudini delle donne di Puccini e Verdi. A me, appena tredicenne, fu concesso il privilegio di far parte del ristretto circolo in quanto Lino si era accorto che i suoi racconti e le vicende appassionanti che raccontava al bar o dal barbiere, mi intrigavano più del normale. L’inserimento ufficiale avvenne al primo impatto, quando partecipai attivamente al flusso lacrimale provocato dalla straziente dipartita di “Mimì” subdolamente ammannita nel finale della “Boheme” dal grande Giacomo Piccini. (...sono andati, fingevo di dormire...). Ma Lino e i suoi amici avevano un idolo a portata di mano, il tenore centese Giuseppe Borgatti, frequentatore di Riccione e da tempo in gran spolvero nei teatri di tutta Italia. Lo seguivano da anni puntualmente ad ogni sua esibizione (opera o concerto) che teneva nelle città vicine. Lino amava raccontare aneddoti legati al mondo della musica
dire che, a parte il tono leggero e aneddotico di questi racconti, Lino Ronci è stato uno dei principali artefici della nascente economia della Perla Verde, pioniere di un’attività ancora oggi estesa non solo nel territorio riccionese. Un altro personaggio della vecchia Riccione è stato senza dubbio il farmacista Michele Basigli, del quale ricorderò alcune gesta nel prossimo numero.
I rasunamènt per capì la vita
lirica. Dell’estroso Borgatti raccontava di quando quest’ artista (che stranamente amava Wagner) durante un concerto, proprio alla fine di un’aria del musicista tedesco, fu sonoramente fischiato dal solito loggione (mai successo con Verdi o Puccini). Borgatti non si scompose, voltò le spalle al pubblico e, calatosi i calzoni, espose disinvoltamente alla platea le sue rotondità posteriori, che erano di notevoli proporzioni. Poi riprese il concerto come se niente fosse accaduto. Un’altro episodio, sempre dai racconti di Lino Ronci, protagonista ancora Borgatti, riguardava la scena finale dell’”Otello” quando il gelosissimo “Moro”, guardando costernato l’amata Desdemona discintamente riversa sul letto, appena eliminata, attacca il recitativo: “...ed or che far degg’io?...” Nell’emozionante silenzio generale, dal solito loggione parte una voce squillante che suggerisce:”Chergla fin ch’là è chèlda !” (sco..la fin che è calda !). Tutto questo naturalmente col beneficio d’inventario, anche se il fantasioso Lino giurava che tutto era pura verità. Per concludere devo
Fitness per amore
Una volta snè i vècc imbacuchìd i zcurèva da per lòr per la strèda. Adès il fà tòt quej ch’j’hà e “telefonino”. A pasàm la vita a spirè che la dmènga un piova. La mi Mà l’am svigìva per veda s’a durmìva. Felicità per una dona l’è quand un busèrd uj dis: “T’pèr la surèla dla tu fiòla!”. Quand e nàs un burdèl l’arnàs enca la mà. Un pasa dè che una rumagnòla l’an dega: “Cus’a fam da magnè stasèra?”.
In attesa del Natale, il 14 dicembre 2014 è stato organizzato un evento benefico di fitness presso la Palestra Gold di Riccione. Si è trattato di una Masterclass di Beneficienza che ha coinvolto tutti gli istruttori della palestra, ognuno nello svolgimento della propria disciplina. Oltre a me, si sono adoperati per dar vita a questa iniziativa Ada Giovannini, Ivan Ceccarelli, Silvia Liuzzi, Alex Buldrini, Federico Sepe, Debora Progressi, Luis Pardo, Selene Matera e Gilberto Frisoni. Il ricavato, pari a 535 euro, è stato devoluto in beneficienza all’Associazione “Il Segno” di Montefiore (ONLUS). Questa organizzazione si occupa della gestione di case per l’accoglienza e l’educazione di minori con problematiche familiari. Un gruppo di psicologi ed educatori professionali si prende cura di questi bambini con l’aiuto di volontari che lo fanno con il solo scopo di aiutare altre persone. Personalmente posso affermare che questa esperienza di volontariato è molto gratificante a livello personale e mi sono resa conto che il mio piccolo contributo è prezioso per questi bambini. Mi auguro che anche altre persone come me, vogliano provare questa bella esperienza in modo da aiutare questi bambini meno fortunati. Ringrazio tutti i partecipanti per il contributo offerto durante lo svolgimento di quest’opera di beneficienza, in particolare gli allievi. Infine un ultimo ringraziamento vorrei farlo ai titolari della palestra, Thomas Arcangeli, Gilberto Frisoni e Alessandro Gardenghi ed a tutto lo staff GOLD che ci hanno dato l’opportunità di svolgere questa splendida giornata. Milva Angelini
...come eravamo! dall’album di ROBERTO MATTEONI 8
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Asilo Maestre Pie- Viale Cesare Battisti, Riccione- 1949/50 Dall’alto: 1) Fabbri Renzo 2) xx 3) Mantani Luciano 4) Della Rosa Vittorio 5) Conti Mario 6) Innocenti Paolo 7) Mancini Massimo 8) xx 9) xx 10) Bezzi Atos 11) Parmeggiani Alberto 12) Gobbi Luigino 13) Polverelli Stefano 14) Fabbri Corrado 15) Tonti Salvatore “Rino” 16) Bernabè Alfio 17) Matteoni Roberto 18) Gurella Maurizio 19) Mancini Clara 20) Morri Maurizio 21) Leurini Nara 22) Piccioni Paola 23) xx 24) xx 25) Antonioli Laura 26) Tonini Iolanda 27) xx 28) Savioli Paola 29) xx 30) xx 31) xx 32) Cannarezza Silvana 33) Bacchini Giancarlo 34) xx 35) Pulici Maurizio 36) Pulici Ilio 37) Del Bianco Rinalda 38) Bernardini Gisella 39) Maroncelli Roberto 40) Bellini Angela 41) Tamellini Alba 42) Villa Angela 43) Villa Mimma 44) xx 45) xx 46) Del Bianco Maria 47) Melucci Giuseppe “Bibino” 48) xx 49) xx 50) Mancini Roberto 51) Cecchi Giorgio 52) xx 53) Matteoni Pierluigi “Pitti” 54) xx 55) Barosi Grazia 56) xx 57) Del Bianco Renzo “Bagione” 58) xx 59) Mancini Mimmo 60) xx 61) xx 62) Bernabè Marta 63) Suor Giuseppina 64) Suor Lorenza.
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E sghétle - il solletico
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a cura di Giuseppe Lo Magro
Piccola rubrica di battute surreali, barzellette seminuove, fantasie oniriche, filosofia popolare. Da leggere in relax e magari “degnare” di un sorriso come quando si è sottilmente sollecitati
Tòt i vò un amigh. Nisoun us preocupa d’ès un amigh. Un amigh l’è oun ch’ut cnès bèn... e ut vò bèn l’istès.
L’om l’è e capo dla famija. La dona l’è e còl ch’la fa prilì e capo
Se’t pèns d’avé méla amigh e vò dì che tan n’è gnènca oun.
Un busèrd tan e cred gnènca quand e dis la verità. E spilorc l’è oun che chèmpa in miseria per paura da murì tla miseria.
L’amicizia l’è una bèrca ch’la porta un sach ad persoune se mèr calme ... e ouna snè quand l’è in burasca.
E giva e bèr d’una volta. “An sò cuntrerie a basè la mèna d’una sgnora. E bsègna po’ cmanzè da qualche pèrta!”.
E mèz amigh l’è un’èmbra ch’la dura finènta ch’ui è e Sol.
“La tu mèj l’è una rosa” i ha dét m’un cigh. Lò l’ha arspost: “A l’eva capì dal spèine”.
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LA ZIRUDèLA
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di Giuseppe Lo Magro
E paluncin
Il palloncino
Mà, Bà e fiulèin sora tre an un dmènga ch’in eva malan iè ‘ndè a magnè me risturènt per fè festa m’un sacramènt.
Mamma, Babbo e figlio di tre anni una domenica che stavano in salute sono andati a pranzo al ristorante per festeggiare un sacramento.
Di genitur l’era l’anivèrserie chi s’era unì in matrimonie isé i ha fat un po’ ‘d baldoria da un bèl po’ in eva memoria.
Dei genitori era l’anniversario che si erano uniti in matrimonio così han fatto un po’ di baldoria come da un po’ non succedeva.
Te turnè ma chésa in alegria ma la strèda ii dèva purchesia isé i Carabignir sla su palèta i ha fat fè e stop ma la carèta.
Tornando a casa in allegria sulla strada andavano purchesia così i Carabinieri con la paletta hanno fatto lo stop alla macchina.
“Patente, librèt e vènga adfura l’è un cuntrol, ch’un ava paura. Adès a fam de sangue e cuntrol l’è la msura de percènt dl’alcol”.
“Patente, libretto e venga fuori è un controllo, non abbia paura. Ora facciamo del sangue il test è la misura percento dell’alcol”.
Te paluncin un lèngh sèfie viv se risultèd che e Bà l’è pusitiv. “Un po’ ès, ho bivù snè un bicir un sang-vés d’un bèl culor nir”.
Nel palloncino un lungo soffio vivo col risultato che il Babbo è positivo. “E’ sbagliato, ho bevuto un bicchiere un sangiovese d’un bel colore nero”.
“L’etilometre un po’ sbajè dafat, quatre multe, nisoun la fat e mat”. “Alora ch’ul prova sla mi sgnora lia la bè snè l’aqua com una sora”.
“L’etilometro non sbaglia proprio, quattro multe, nessuno ha protestato”. “Allora lo provi con la mia signora lei beve solo acqua come una suora”.
E Carabignir l’artaca e baganaj clè cumpagn a prima senza sbaj. ”A l’eva dét l’è guast” e dis e Bà “Na, l’è ch’l’è in gata ènca la Mà”.
Il Carabiniere riattacca lo strumento ed è come il precedente senza errore. “L’ho detto, è guasto” dice il Babbo “No, è in sbornia anche la Mamma”.
“Fam una roba, prova se burdlèin isé e fnés in gnint tòt stè casèin”: “ Un si po’, l’è znèin, un ha l’età”. “ Al permèt me, a ho la podestà!”.
“Facciamo così, provi col bambino così finisce in niente tutto ‘sto caos”. “Non si può, è minore, non ha l’età”. “Lo permetto io, che ho la potestà”.
Isè e partés per e tèrz tentativ e la machinèta la cmèza a scriv. Tl’utme un risulta propria gnint e Carabignir l’ha pers i sentimint.
Così cominciano il terzo tentativo e lo strumento comincia a scrivere. Alla fine non risulta proprio nulla il Carabiniere ha perso la ragione.
“Avì rasoun, l’ha propria scantunè a vagh sòbte in caserma a cuntrulè. Vuèlt adès andè tranquél vers chésa e vè giur av lasarém in sènta pèsa”.
“Avete ragione, ha proprio errato vado subito in caserma a controllare. Voi andate tranquilli verso casa vi assicuro vi lasceremo in pace”.
Sora la machina la Mà s’una risèda “Adés prova a dì ca sò una sgrazida. S’an bagnèva tla grapa te ciuciòt Adés tzérte cius drèinta un gabiòt”.
Sulla macchina la Mamma ridendo “Ora dimmi che sono una disgraziata. Se non bagnavo nella grappa il ciuccio adesso eri chiuso dentro il gabbiotto.
TENNIS CLUB RICCIONE a cura di Fabrizio Serafini
L’Osservatorio sociologico sportivo Riccione compie 10 anni. Tante le cose fatte in questo periodo. Serate a tema riguardanti l’aspetto formativo dello sport; l’approccio all’agonismo degli allievi e delle famiglie al seguito; il Mental Training, con le sedute di rilassamento e miglioramento del pensiero positivo; la cultura sportiva ad ampio raggio, intesa come vero motivo
per il quale i giovani praticano sport; la capacità ed il miglioramento degli insegnanti a personalizzare l’addestramento e l’allenamento. Numerosi atleti di varie discipline anche fuori regione, si sono avvicinati alle tecniche di mental training, dove l’approccio è socio- filosofico e prevede il T.E.P. che sta per training educativo personalizzato. Già dopo alcune sedute è possibile mettere in pratica nella propria disciplina tecniche che migliorano la gestione delle difficoltà, il recupero delle energie e il miglioramento del proprio dialogo interno. E’ disponibile un volume gratuito presso il Tennis Club Riccione riguardante l’argomento in questione.
“Ciclisti al buio” Costa meno di dieci Euro il kit completo di luci per rendere più sicura la vita di chi viaggia di notte in bicicletta. Nove ciclisti su dieci ne sono sprovvisti. Di sera basta intravvedere un ombra scura che si muove nel buio e che l’automobilista vede solo all’ultimo momento, per capire quanto sia pericoloso, sia per il ciclista che si gioca la vita, sia per l’automobilista che rischia di cacciarsi in un mare di guai. I Vigili Urbani potrebbero ritagliarsi qualche minuto dalla loro occupazione preferita (le multe per divieto di sosta) e applicare Leggi e Regolamenti che esistono da sempre. Edmo Vandi
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