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Periodico bimestrale - Sped. a.p. 45% - Art. 2 comma 20/b - Legge 662/96 - Filiale di Forlì - Contiene I.P. Direttore Responsabile: Giovanni Cioria - Aut. Trib. di Rimini n. 185 del 16/8/80 e del 26/8/92 Red. e Amm. Riccione - Via Montebianco 27 - Tel. 0541 643884 Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio - Grafica: Composet Riccione
Anno XXXVI - n°3 -
MAGGIO/GIUGNO 2018
2008 Buon
Famija Arciunesa www.famijarciunesa.org redazione@famijarciunesa.org
Compleanno 2018 LUNGOMARE DELLA LIBERTÀ
DIVENTA SOCIO 2018
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Giuseppe Lo Magro e gli irripetibili anni ‘60 C’era una volta un paese che non aveva più il Re... Mi sa che sono andato troppo indietro nel tempo. Diciamo che quasi tre quarti di secolo fa cominciò una euforica fase di rinascita per l’Italia. Era appena finita la IIª Guerra mondiale e donne e uomini avevano grande voglia di ricostruire, di dimenticare lutti ed orrori e ricominciare a “fare l’amore” con amore, sognando un futuro roseo per i figli che sarebbero arrivati. E i nuovi nati si possono senz’altro considerare “molto” più fortunati di quelli arrivati in tempi in cui si paventava l’inizio di una immane catastrofe o durante il conflitto che si rivelò il più terribile e sconvolgente di sempre, perchè si trovarono a crescere non certo “sguazzando” nel benessere ma nel desiderio di ricreare, nell’entusiasmo di inventare cose nuove, nello scoprire possibilità di miglioramento sino ad allora precluse... e arrivò il “Boom economico”. Riccione vide il turismo esplodere... invasa da turisti di tutta Europa... e da tante ragazze che volevano vivere le novità gioiosamente, libere di agire, pensare, esprimersi. Ragazze che giunte sulla Riviera si trovarono “ubriache” di sole, di buon mangiare e buon bere, di giornate divertenti ventiquattrore su ventiquattro e, soprattutto, corteggiate come mai lo erano state, trattate e vezzeggiate come principesse. Scandinave, teutoniche, albioniche, transalpine, asburgiche o tulipane erano attrazione, miele per “orsetti” golosi e insaziabili... erano calamita. Nuovi dancing nacquero dall’oggi al domani, proliferarono gruppi musicali, i juke-box diedero vita ai bar, i mangiadischi erano complici perfetti per serate in spiaggia in riva al mare. Ovunque si poteva amoreggiare al chiarore della Luna.
Rodolfo Francesconi e gli ineguagliabili primi del ‘900
Questi “insegnamenti del mare”, di Rodolfo Francesconi, con dedica alla famiglia degli Amati di Riccione, “quelli delle vongole”, non sono solo il racconto di una saga familiare di cui peraltro l’autore, per “li rami” materni, è parte. E’ anche la storia di un territorio, non ancora città, ripreso per lunghi tratti, da una prospettiva insolita, quella della vita materiale, della quotidianità, dei giochi infantili e abitato, ancora nella penultima decade dell’800, da poco più di 500 “anime”. Il fascino del racconto è nella paziente e acribica ricostruzione dei luoghi e delle vicende che furono lo scenario attivo e suggestivo di personaggi e di intraprese all’origine di quella che da decenni oramai, per il suo appeal conclamato, è meta di milioni di turisti. Una guida del tempo in una Riccione che non ritroveremmo in nessun manuale del Touring Club o della Lonely Planet. A suo modo un romanzo di formazione.
REDAZIONE Direttore Responsabile: Giovanni Cioria • Capo Redattore: Giuseppe Lo Magro • Redazione: Nives Concolino, Maria Grazia Tosi. Hanno collaborato: Alessandra Prioli, Davide Bagnaresi, Patrizia Battilani, Enea Del Bianco, Alessandro Molinari Pradelli, Adriano Prioli, Maurizio Montanari, Alfredo Fanelli, Michele Cortesi, Edmo Vandi, Lorenzo Scola, Fabrizio Serafini, Roberto Betti • Pubblicità: Tel. 338 4304667 • Grafica e impaginazione: Studio Grafico Composet Riccione: 0541 606680 • Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio S.r.l.
2008-2018 Buon compleanno Nella serata del primo Giugno del 2008 Riccione ha inaugurato il nuovo Lungomare della Libertà. Dal Piazzale del Porto a Piazzale Roma, 470 metri di pura bellezza interdetti alle automobili (ciclabile a fianco per le emergenze). Ricchi di siepi, piante e tappeti verdi, zampilli d’acqua, sinuose sedute in legno, pavimentazione dai colori morbidi e rilassanti, danno vita ai cinque piazzali: della Nave, del Sole, delle Palme, dell’Ombra e dell’Acqua. Una serata che ha visto la partecipazione di 12.000 persone, palesemente entusiaste, in indiscutibile ammirazione di cotanto innovativo arredo. Il sindaco Daniele Imola ha tagliato il nastro coadiuvato da una madrina eccezionale, la bellissima Anna Falchi, riccionese d’adozione con tanto di casa di proprietà, e poi si sono fatti un bel giro in carrozza. Il nuovo Lungomare ha suscitato subito tante “invidie”, anche perchè allora ne fu
immediatamente annunciato il prolungamento sino al Piazzale San MartinoLungomare della Repubblica- (altri mille metri completati nel Maggio 2010) e la futura realizzazione di ulteriori ottocento
metri per il Lungomare della Costituzione (dal Porto a Piazzale Azzarita- completato nel 2014). Non resta che far parlare le immagini e darsi appuntamento per i prossimi due compleanni.
Betti Riccardo RIPARATORE AUTORIZZATO OPEL GM Assistenza: Via Emilia 11 - Riccione Vendita e esposizione: Via Emilia 24 - Tel/Fax 0541 643527 e-mail: bettiriccardo@libero.it
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Lungomare della LibertĂ
riccione all’estero
Davide Bagnaresi e Patrizia Battilani
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Viale Ceccarini... raccontato ai francesi La rivista “La revue foncière” - n° 14 di Nov.-Dic. 2016, ha pubblicato un interessante dossier turismo dedicando quattro pagine a Viale Ceccarini. L’articolo è a cura di Davide Bagnaresi e Patrizia Battilani, due giovani e valenti storici presso l’Università di Bologna “innamorati pazzi” di Riccione. Qui sotto una breve introduzione.
La revue foncière Création de l’espace public d’une ville balnéaire «Viale Ceccarini» à Riccione (Italie) Dans les stations balnéaires, la pratique de la consommation prend une dimension toute particulière parce qu’elle voit l’imbrication de deux imaginaires («le désir de rivage» et le shopping), et de deux lieux (la plage et l’espace urbain). Lieux et expériences sont indissociables, mais cette liaison est encore plus évidente dans les destinations touristiques. De ce point de vue, le cas de Riccione est intéressant car cette localité balnéaire, dans la seconde moitié du XXe siècle, a lié son image non seulement à la mer, mais aussi «à la route des boutiques» Riccione, fraction de la ville de Rimini jusqu’en 1922, est une localité balnéaire de 35.000 habitants qui est devenue une des capitales du tourisme balnéaire euro-péen (en 2015, elle a enregistré 3.500.000 nuitées). Cette ville se trouve dans la zone italienne qui a su le mieux exploiter les opportunités touristiques de la seconde moitié du XXe siècle: les provinces côtières de la région Emilia Romagna. Elle s’articule autour de deux axes: une première rue (nord-sud), la Via Flaminia, sur laquelle s’est installé le village originel, et une seconde rue d’environ un kilomètre (est-ouest), qui prendra la dénomination de Viale Ceccarini en 1912, étroit chemin de campagne qui conduisait du village à la mer. La petite gare ouverte en 1865 (sur la voie ferrée entre Milan et Ancône) l’a divisé en deux parties, connues sous les noms de lato Paese (côté de la ville) et lato Mare (côté de la mer). Ce lato Mare, d’une longueur d’environ 400 mètres, a acquis une importance primordiale, car elle est devenue le centre de la vie sociale et touristique de la ville: elle est devenue très rapidement le symbole du nouveau style de vie que la société de consommation a rendu possible après-guerre.
Particolari dell’arredo di Viale Ceccarini oggi
Aree ai piedi dei pini.
Pilastro del gazebo all’incrocio di Viale Ceccarini e Viale Dante. In primi piano cavi elettrici, raccordi, cassette per contatori. Sicuro che non ci sia nessun pericolo? Di sicuro inestetici. Racchiuderli in pannelli fiorati verticali è una brutta idea?
Sono ricettacolo di mozziconi di sigarette e deiezioni di cani. Molte di esse sono una quindicina di centimetri sotto il livello della strada. E' sufficiente una minima distrazione (chiacchierando o guardando le vetrine) per mettere un piede in fallo e rompersi una caviglia. Disagi evitabili con la sistemazione di griglie forate di plastica, che colmano il dislivello e coprono la terra.
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conoscere il mare
di Nives Concolino
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Il Club Nautico lancia il Giocavela Nonostante le radici marinare di Riccione, sono pochissimi i bambini e i ragazzi del posto che hanno scoperto la vocazione per la vela. Con l’obiettivo di rilanciare questo sport, il Club Nautico di Riccione, che già l’anno scorso ha registrato numeri lusinghieri, per “catturare” soprattutto i giovanissimi riccionesi quest’estate proporrà il Giocavela”. Ne parla Stefano Giuliodori, consigliere e responsabile della scuola, che per il 2 e il 3 giugno annuncia anche il “Vela Day”. La scuola ha raddoppiato i numeri, ma i riccionesi nicchiano? “L’anno scorso, con l’incremento del 48 per cento di bambini iscritti alla scuola vela, è stato un successone, abbiamo raggiunto circa 150 tesserati, ma c’è un aspetto negativo, su tanti bambini solo 26 risiedono a Riccione, tutti gli altri sono turisti. Dispiace notare che solo il 17 per cento sia di Riccione, città di mare, così ci siamo prefissati, come minimo, di raddoppiare i partecipanti”. In che modo? “Oltre alla classica Scuola vela che terremo tutte le mattine dalle 9 alle 12 e tutti i pomeriggi dalle 15 alle 18, quest’anno proporremo il “Giocavela”, un camp estivo di scuola
vela, dove mamme e papà potranno portare i loro figli già dalle 8 del mattino e venirli a prendere dalle 14 alle14,30. I bambini seguiti dagli istruttori, faranno vela, giochi ludici e pranzeranno al sacco sulla terrazza del Club nautico, dove potranno fare anche i compiti e svolgere altre attività didattiche, sempre seguiti dagli istruttori. Tutto sarà incentrato sul mare e sulla barca a vela. Questi camp sono dedicati ai bambini riccionesi, proprio per questo motivo li stiamo pubblicizzando in tutte le scuole. In questo modo offriremo anche una valida opportunità ai genitori che lavorano”. Quando partiranno le attività? “Entrambe l’11 giugno e si protrarranno fino al 7 settembre, tutti i giorni dal lunedì al venerdì”. Come si svolgerà la giornata? “Dalle 8 alle 9 accoglieremo i ragazzini dai 6 ai 12 anni nella sala o sulla terrazza del club, dove svolgeranno le attività ludiche seguite dagli istruttori. Alle 9 è prevista la teoria per poi formare gli equipaggi, insegneremo ad armare le barche e poi andremo in mare a provare tutti i tipi di barche dalla singola alla doppia fino a quelle con quattro posti. I ragazzi verranno quindi suddivisi in due livelli: i principianti che seguiranno i corsi di avviamento alla vela e quelli che hanno già fatto esperienza, destinati al gruppo di perfezionamento. Al rientro dopo aver disarmato le barche, si pranzerà al sacco, un paio di volte la settimana si organizzerà il pizza e il piadina party”. Come funzionano le iscrizioni? “Si potranno effettuare per una settimana, per un mese o per tutta la stagione a prezzi politici. Il Club Nautico infatti non deve fare utili, il nostro scopo è solo quello di pubblicizzare la vela, per cui si parte da un prezzo base di 57 euro a settimana, se fa lo stagionale, che comprende anche il tesseramento alla Fiv e l’assicurazione. Gli istruttori, tutti esperti della Federazione italiana vela, seguiranno sempre in mare i bambini piccoli fino a quando non impareranno per poi andare sulle barche da soli, ma ci sarà sempre un gommone con
un istruttore di supporto a bordo”. Quante barche sono a disposizione? “Una ventina, quest’anno infatti abbiamo aumentato la flotta, che ci permette di costituire fino a tre gruppi al mattino o al pomeriggio. Finalmente sotto la sede del club, grazie alla disponibilità dell’amministrazione comunale, abbiamo anche gli spogliatoi”. Verranno coinvolti i genitori? “Si. Abbiamo deciso di renderli partecipi, per cui almeno due volte al mese, al mattino e in alternanza di pomeriggio, la nostra meravigliosa Saviolina e le barche dei soci armatori saranno a disposizione dei genitori che potranno uscire in mare gratuitamente, per poi seguire le esercitazioni dei figli e partecipare alle “battaglie” tra mamme, papà e figli”. Non mancheranno altre iniziative? “Sempre per favorire l’avvicinamento dei riccionesi al mare e alla vela, dopo l’open day del 12 e 13 maggio, proporremo un Vela day il 2 e 3 giugno dove tutti sono invitati a visitare il Club Nautico (tel. 0541 647910), per conoscere gli istruttori, uscire in mare gratis con i nostri mezzi. In luglio poi parteciperemo alla veleggiata della Saraghina, aperta ai bambini di tutte le scuole vela. In agosto organizzeremo una seconda veleggiata dedicata piccoli velisti di tutte le scuole di Riccione con sede nelle zone 25 e 151. In calendario c’è pure un corso di base di vela d’altura per adulti. Partirà il 12 giugno e si protrarrà al 15 luglio, con cinque lezioni teoriche serali e altrettante pratiche in mare , il costo è di 320 euro per singola persona e di 290 euro, se ci si iscrive in coppia anche con un amico”.
“Il nuovo assetto della Scuola vela offre una grande opportunità anche alle famiglie – sottolinea Sebastiano Masetti, presidente del Club Nautico -, perché con il “Giocavela” offriamo un servizio ai bambini e agli adolescenti dalla mattina al dopopranzo. Siamo in grado di creare gruppi omogenei che condividono questa passione e i valori. Questa è una sfida importante, si offre una grande opportunità, quella di imparare un nuovo sport a tariffe agevolate in un luogo sano, tutti noi siamo genitori e quindi sensibili anche alla qualità dell’ambiente e dell’atmosfera. Il gruppo della Scuola vela è sano, si basa su regole, anche ferreee, di rispetto del mare e delle persone, una bella disciplina!”.
in riva al mare
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Attrezzatura di spiaggia Così come non si può dire teatro se non c’è un palcoscenico, un sipario, le quinte, una platea... non si può dire spiaggia se non ci sono l’ombrellone, lo sdraio, il moscone, la brandina... La spiaggia ha bisogno della sua attrezzatura, del suo corredo per essere vissuta e goduta, a partire dalla necessità di un riparo dal sole sino ad arrivare a quella di potersi riposare. I classici ripari dal sole sono tre: ombrelloni semplici o con telo agganciato, tende orizzontali fisse, tende inclinate mobili a vela. Attrezzature nate cento e più anni fa e ancora valide e utilizzate le prime due, mentre le terze sono scomparse definitivamente a metà anni ‘50 del secolo scorso. Non è così per gli arredi destinati al riposo che hanno avuto una notevole evoluzione. Ormai ben pochi si
di Giuseppe Lo Magro
siedono a spiaggia, è molto più comodo e rilassante sdraiarsi o allungarsi. Considerato che stendersi direttamente sulla sabbia è alquanto scomodo (va bene per bambini e giovani) si comprende il ”boom” delle sedie a sdraio pieghevoli e regolabili in legno, in auge sino ai primi anni ‘60, grazie alla loro praticità e maneggevolezza. Sedie a sdraio andate presto nel dimenticatoio, soppiantate dalle “brandine” che hanno qualità in più: permettono di “allungarsi” e di prendere il sole davanti e dietro. Indiscutibilmente sono l’arredo della spiaggia anni 2.000. Irrinunciabile. Già in uso negli anni ‘30 al Lido di Venezia, l’attuale lettino da spiaggia, con 50 anni di vita al servizio del turista, ha già un sua storia, una evoluzione nella forma, negli accessori, nei materiali.
Un vivace disegno coi primi lettini da spiaggia in uso al Lido di Venezia negli anni ‘30. Notare le dimensioni e l’eleganza di teli e cuscini. Quasi un salotto.
La vera storia della “brandina” Al termine di una lunga disastrosa guerra mondiale le attività turistiche sulla nostra riviera ricominciarono a mettersi in moto e, con quel poco che era rimasto anche la vita balneare prese lentamente forma. La zona di spiaggia di mio padre Vittorio confinava con quella di Cesare Fabbri detto “Magnacia”. Il buon Cesare per incrementare il bilancio famigliare trovò lavoro in uno stabilimento industriale di Mestre. Con la sua potente Guzzi faceva la spola Riccione Mestre. Dal lunedì al venerdì lavorava
di Enea Del Bianco
in Veneto e sabato e domenica in Romagna. Per cinque giorni lasciava la conduzione della sua zona di spiaggia alla moglie Anna -la “Netta”-, al figlio maggiore Valter (mio coetaneo e amico) e al piccolo Domenico. L’industriale di Mestre, proprietario della fabbrica dove lavorava Cesare, trascorreva le sue vacanze al Lido di Venezia, ma Cesare lo invitò più volte e lo convinse a trascorrere una estate a Riccione. In una afosa giornata di Agosto arrivò sul Lungomare un macchinone strapieno di ogni cosa.
in riva al mare
Anni ‘30. Un bell’ombrellone con tanto di telo agganciato. Da notare, in primo piano in basso, l’originale dispositivo per creare ombra a persona distesa sulla sabbia.
Al volante un elegante e corpulento signore con moglie e figli: era il suo datore di lavoro. Il portabagagli sul tetto della vettura era interamente occupato da attrezzatura da spiaggia, così disse il “Commneda”, chiedendo che venisse scaricata. Valter mi chiamò per aiutarlo nell’incombenza e solo quando fu sistemata sotto la prima fila di tende, capimmo che erano due specie di lettini di legno, coperti di tela impreziosita da frange svolazzanti, sorretti da due complesse paia di gambe, uno schienale regolabile manualmente in altezza e un tettino per riparare il viso dal sole. Bisogna sapere che sino ad allora, sulla spiaggia erano in uso solo poltrone col fondo in vimini e sedie a sdraio. I lettini erano una novità assoluta. I nostri clienti rimasero stupefatti per questa originale struttura e chi passeggiava sulla riva si soffermava ad ammirare la comodità, chiedendo lumi sul come poterla affittare. Finite le ferie, il Commenda , in considerazione dello stupore sollevato dai suoi lettini e come ringraziamento dell’invito ricevuto, pensò di lasciarli a Riccione, regalandoli al buon Cesare che consultò l’amico e collega Vittorio valutando se fosse il caso di portare uno di questi lettini dal loro falegname di fiducia, il bravo Secondo Vandi, per chiedergli di ridimensionare l’articolo in questione, togliendo i fronzoli superflui e renderlo più funzionale. Il primo di ottobre (Cesare, Vittorio, Valter e il sottoscritto) ci recammo nel piccolo laboratorio di Secondo, per fargli esaminare l’attrezzo. Ci chiese del tempo e a metà inverno ci mandò a chiamare per mostrare il suo lavoro.
10 Il lettino da lui costruito era in legno di faggio, di una semplicità geniale: due montanti con due gambe incernierate con quattro compassi in ferro, rientranti a scomparsa, uno schienale manovrabile con una cordicella per consentire due posizioni in altezza e un tettuccio spostabile per riparare il viso dal sole. La tela adoperata per sdraiarsi era in cotone rinforzata con due asole ai lati deve venivano inseriti due listelli di legno, il tutto fissato ai montanti con diverse viti di ottone. Sensazionale! “Era nata la brandina da spiaggia!”. Cesare e Vittorio rimasero stupiti e soddisfatti e, mentre Cesare ne ordinò subito 10 pezzi, mio padre, più prudente si accontentò di 4. Appena sbocciò l’estate, le prime e uniche brandine di tutta la Riviera Adriatica vennero poste in mostra, come trofei, al sole. Sulla tariffa di spiaggia che l’Azienda ci forniva ogni anno per l’affitto dell’attrezzatura, non esisteva, ovviamente, la voce “brandina”.
Cesare e Vittorio pensarono al prezzo giornaliero da applicarle. Sia la poltrona che la sedia a sdraio costavano ognuna 50 lire, per cui Cesare, considerando l’unicità del prodotto, pensò di farle pagare 150 lire. Dopo qualche discussione, mio padre lo convinse, in via promozionale, che 100 lire al giorno fosse il prezzo giusto. Da subito la richiesta di brandine simili aumentò di giorno in giorno, suscitando anche l’interesse degli altri bagnini, desiderosi di venirne in possesso. La notizia che nelle zone n° 17 e 18 ( ora 66 e 67) di Cesare e Vittorio di Riccione esistesse un modo più comodo di prendere il sole, si sparse in un baleno anche nei paesi limitrofi. Il falegname Secondo fu sommerso da così tante richieste di brandine che dovette affittare un capannone più ampio per soddisfare i neoclienti e si avvalse della collaborazione del suo giovane assistente Nullo Migani che poi divenne socio. Nel giro di alcuni anni, in conseguenza dell’aumento progressivo del turismo estero nella nostra costa, molte falegnamerie avviarono in modo industriale la produzione di attrezzature da spiaggia e in particolare di brandine. Tra tutti si distinse, per inventiva, un estroso artigiano che apportò la prima modifica alla brandina originale. Invitò nel suo laboratorio alcuni componenti della Coperativa Bagnini per visionare la novità. Aveva ideato un attrezzo meccanico che incideva sui montanti delle brandine, una scanalatura in cui era possibile infilare ogni tipo di tela, eliminando in questo modo, l’uso antiestetico delle viti che sino ad allora venivano impiegate. All’appuntamento si presentarono Fuzzi Nino, futuro presidente dei bagnini, e mio padre Vittorio.
in riva al mare
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Nel 2010 Riccione ha celebrato il mito della brandina arredando la rotonda di Viale Berlinguer - Via Circonvallazione - Corso Giulio Cesare con un modello gigante... Collaudata da una bellezza riccionese!
Apprezzarono l’inventiva e, incuriositi, chiesero di vedere il macchinario. L’inventore, a buon ragione, si rifiutò adducendo il fatto che, avendo già presentato alle autorità competenti il suo progetto, non era consentito a nessuno di vederlo, né tantomeno copiarlo. Pur comprendendo le legittime ragioni dell’artigiano i due, in considerazione della grande amicizia con Secondo, non poterono non informarlo. Secondo e il fido Nullo, ascoltate le sommarie informazioni, trovarono la soluzione al problema e, in buona fede, applicarono tale innovazione alle proprie brandine. A questo punto la reazione del primo ideatore fu immediata: la falegnameria Vandi- Migani venne denunciata per plagio industriale e citata in giudizio. Fortunatamente, l’avvocato consultato dai due falegnami si documentò con cognizione di causa, e controbbatè le accuse presentando documenti che dimostravano l’esistenza di una simile scanalatura già prima della nascita di Cristo. I cinesi se ne avvalevano per infilare le vele alle proprie barche. Non potendo essere considerato una novità assoluta, il brevetto non aveva valore e la sentenza assolutoria permise così a tutti i costruttori di adeguarsi al nuovo sistema. Nel frattempo le telerie Fabbri di Pesaro e Selva di Cattolica fornirono tele plastificate e coloratissime, dando maggior pregio e bellezza a tutte le attrezzature da spiaggia. La concorrenza tra i costruttori aumentò in modo esponenziale cosicchè il buon faggio italiano impiegato venne presto esaurito. Si ricorse allora al mercato jugoslavo che, per soddisfare le pressanti e continue richieste italiane finì per esportare un faggio, stagionato artificialmente in maniera affrettata. Di conseguenza il legno così trattato perdeva consistenza, solidità e durata. Le rotture sempre più frequenti ai vari componenti ed una manutenzione ancor più impegnativa dando spazio a insoddisfazione e malumore. A questo punto un intraprendente fabbro di Rimini, Aldo Nanni, creò un nuovo prodotto e, in pompa magna, lo presentò sul mercato della nostra riviera. Si trattava di una brandina in ferro zincato, non molto elegante, pesante, ma indistruttibile! Ci furono poi tentativi con altri materiali: plastica e acciaio inossidabile per cui molti bagnini cominciaro a preferirli al legno.
Quando sul mercato scese la ditta Smeca di Pesaro, che trattava alluminio, presentando un prodotto con quel materiale, non ci fu più storia. La brandina in alluminio anodizzato eliminava tutti i difetti precedenti, non aveva la necessità di essere verniciata, era leggerissima, solida e con garanzia illimitata. Monopolizzò l’attenzione diventando la regina delle brandine e solo il costo iniziale -34.000 lire, oltre il doppio delle altre- ne frenò l’immediato predominio assoluto. Già da qualche decennio il 90% delle attrezzature da spiaggia (brandine, sedie a sdraio e poltroncine) viene fabbricato in alluminio ed esportato in tutto il mondo per soddisfare le richieste del turismo balneare di alto livello. Attualmente, che io sappia, solo una falegnameria in Romagna è in grado di fornire a richiesta delle “romantiche” brandine in legno e, guarda caso, si trova a Riccione, dove è venuta al mondo la sua antenata. Questi miei ricordi sono dedicati alla memoria di due grandi amici e compaesani: gli eccelsi falegnami Vandi Secondo e Migani Nullo.
L'anno dopo un atto vandalico l’ha spedita in pensione.
la pagina della donna
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di Maria Grazia Tosi
Laura Oppioli Berilli: pensieri e parole Insegnante, narratrice, scrittrice per l’infanzia, Laura Oppioli si occupa di educazione e sensibilizzazione alla lettura, conduce corsi di formazione rivolti a genitori, educatori e insegnanti: tante cose… e ovviamente ha una sconfinata passione per i libri. “Dobbiamo tutti impegnarci, famiglia e scuola, nei confronti dei bambini, che fin da piccoli vanno seguiti nella lettura, prestando la nostra voce e il nostro tempo. Leggere loro belle storie, seguirli sempre anche quando riescono a farlo da soli è cosa preziosa; perché leggere non solo fa scoprire la meraviglia che c’è dietro ad un racconto e non insegna solo qualcosa in più… ma li aiuta a scoprire e conoscere meglio sé stessi e gli altri”. I lavori della Oppioli Berilli, pubblicati dalla casa editrice di libri per ragazzi “Fulmino” di Rimini, sono interessanti e variopinti, grazie anche alle splendide illustrazioni del riccionese Roberto De Grandis. Quali sono le storie e i personaggi che ha voluto affrontare? Il primo libro è stato “Il Pesciolino Aldi” che ha raccontato la storia della Saviolina: a scuola lavoravo ad un progetto sul mare e sulle nostre tradizioni marinare, e ho compreso che non c’era un testo adatto ai bambini che raccontasse di una delle barche più famose della riviera romagnola. Poi c’è stata “La Viola”, sulla figura di Maria Ceccarini, una grande donna e benefattrice che dalla fine dell’800 fece realizzare opere grandiose come l’ospedale, l’asilo, il porto. Due tematiche, quindi, particolarmente a noi legate, perché ritengo sia importante che il bambino sin da piccolo possa conoscere le radici e le tradizioni della propria città e comunità. Dopo mi sono dedicata a due grandissimi artisti italiani. Con “La luna nel palazzo” ho scritto della vita di Giacomo Leopardi bambino,
le sue prime poesie, i ricordi, il percorso culturale. Un racconto che sottolinea l’importanza del leggere, perché lui, che era nato e cresciuto coi libri, nonostante una vita fatta poi di dolore e solitudine per i suoi problemi di salute, grazie a loro raggiunge la gloria che meritava. “Io sono la tigre” parla invece della vita di Antonio Ligabue, ispirazione sorta in occasione di una visita con i bambini ad una sua mostra che li incuriosì tanto per una pittura molto vicina, come impatto, alla loro, in un’esplosione di colori, animali, paesaggi familiari: una vita che però racconta anche di disagi psicologici. In generale si pensa di evitare ad un pubblico infantile storie cruente con fatti drammatici o inquietanti, ma l’importante è che il finale sia sempre positivo. Due racconti che possono far loro riflettere sul disagio e la sofferenza che vive una persona emarginata; e penso che ogni storia debba lasciare un messaggio ben preciso, formativo per bambini ma anche per gli adulti. Da cosa è stata alimentata questa grande passione per la scrittura? Mi piace molto leggere, e il mio lavoro di insegnante mi porta ad affrontare quoti-
dianamente delle storie. Con i miei bambini della scuola materna nella quale lavoro da quarant’anni, sono andata anche un po’ oltre a quelle che normalmente si raccontano… ho voluto raccontare la vita. Anche quella di persone che ci hanno lasciato cose importanti. Oltre ad insegnare e a scrivere ho fatto per un certo periodo la lettrice volontaria per un progetto in biblioteca, e ne porto avanti uno sulla sensibilizzazione alla lettura rivolto ad insegnanti e ai genitori, attraverso corsi di formazione e aggiornamento sia a scuola che in librerie. Sono poi invitata nelle scuole primarie e secondarie come autrice di libri. Naturalmente ho provveduto alla mia di formazione, tramite aggiornamenti con pedagogisti e psicologi; la mia lunga esperienza accanto ai bambini mi ha aiutata a percepire concretamente cosa piace loro e di cosa hanno bisogno per risvegliare ed illuminare la loro mente e le loro emozioni. I libri illustrati per bambini necessitano anche di accattivanti e simboliche immagini. Certamente. Oltre alla lettura sono molto importanti le immagini, rivolgendosi i miei lavori anche a bambini che ancora non sanno leggere. Io da subito ho puntato in alto, chiedendo la collaborazione di un bravissimo artista ed illustratore di Riccione, Roberto De Grandis che conoscevo precedentemente grazie ai tanti lavori nelle scuole ai quali lui ha portato il proprio contributo creativo. Sino ad ora tutte le mie pubblicazioni sono state illustrate dal suo particolare estro stilistico, anche grazie al quale i due libri sugli artisti Leopardi e Ligabue sono stati onorati dal marchio “Premio qualità” e presentati in alcune trasmissioni televisive. E in questi giorni Roberto ed io siamo stati invitati dal consolato italiano di Friburgo e Stoccarda per presentare “La luna nel palazzo” in occasione di un evento legato a Leopardi. Le piace più scrivere o leggere? Mi sento più narratrice che scrittrice. Narrare è più semplice e mi viene spontaneo, e riesce a tirare fuori tutta la mia passione e un po’ di teatralità. Scrivere mi piace tantissimo, ma richiede molta concentrazione, infatti mi ci dedico principalmente in estate durante le vacanze scolastiche. Tra qualche anno andrò in pensione, e ho tanti progetti in serbo. Comunque il prossimo libro è già quasi finito e in ottobre uscirà, e ruoterà sull’affascinante storia dell’Andrea Doria, il nostro Titanic. Una storia raccontata in prima persona dall’ammiraglio ligure fondatore della Repubblica Marinara di Genova, città alla quale sono molto legata, che ha dato il nome al meraviglioso transatlantico che dopo 100 viaggi tra Genova e New York nel 1956, purtroppo, affondò.
marineria
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di Nives Concolino
Riccione attende il ritorno della Amerigo Vespucci Riccione sogna di riavere in rada l’Amerigo Vespucci, la nave scuola più bella del mondo, che già nel maggio 1995 aveva stazionato nello specchio d’acqua antistante il porto. Con questo intento i presidenti del Lions Club e del Club Nautico, Francesco Procopio e Sebastiano Masetti, lo scorso marzo hanno avanzato la richiesta a nome della città al capitano di vascello Roberto Recchia, ospite d’onore del meeting dedicato allo storico vascello. L’hanno fatto alla presenza di 120 soci, di autorità civili e militari e del sindaco Renata Tosi, che ha pubblicamente rinnovato la richiesta. Queste le sue parole: “Offriamo la disponibilità della nostra piccola, ma calorosa città per avere la nave scuola qui a Riccione, sarebbe un onore, non solo per la sua bellezza, ma anche per ciò che rappresenta per noi e per tutta l’Italia”. Lascia ben sperare la risposta di Recchia, comandante della Vespucci dal 4 ottobre 2017. Per l’oc-
casione ha esclamato: “Sarebbe davvero un piacere! Riccione è bellissima, sono sicuro: tutto l’equipaggio ne sarebbe entusiasta. Da parte mia nulla contro, mi auguro che lo Stato Maggiore valuti in modo favorevole questa possibilità. Sono fiducioso e ottimista, d’altra parte è compito della nave offrirsi, rendersi disponibile alla popolazione e farsi apprezzare da chi la visita”. E ancora: “Quando 30 anni fa, per il mio battesimo del mare, mi sono imbarcato sulla Vespucci come allievo, non avrei mai potuto immaginare di diventarne il comandante. E’ un’emozione fortissima, un privilegio, che ho sentito sin dal primo giorno e che ho avvertito costantemente nell’attività di rou-
tine. La nave scuola continua a svolgere egregiamente il suo ruolo istituzionale di formazione e addestramento degli allievi di prima classe dell’Accademia. A questo si associa l’attività diplomatica, da ambasciata galleggiante itinerante a servizio della diplomazia nazionale per pubblicizzare le eccellenze italiane nei confronti dei Paesi esteri”. “Questo vascello è per noi e per tutti motivo di orgoglio -commenta Procopio, al suo terzo mandato di presidente del Lions Club Riccione-, è uno dei massimi esempi di eccellenza italiana”. “La Vespucci -rimarca Sebastiano Masetti del Club Nautico- è un simbolo dell’Italia virtuosa che funziona”. La serata si è conclusa con lo scambio di doni.
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la nostra storia... 90 anni fa
di Giuseppe Lo Magro
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1928 - “Calcinculo” sul mare Riccione spiaggia delle novità. Alla fine di Giugno 1928 viene montata in mare, a una trentina di metri dal bagnasciuga, una giostra “Calcinculo”. Vi si accede da un pontile in legno situato in posizione strategica: di fronte all’Hotel Ritz. I proprietari della struttura ingaggiano un gruppo di ragazzi riccionesi per propagandare la giocosa novità offrendo loro giri gratuiti
illimitati. La compagnia, composta da Arnaldo Tausani, Paolo Sorci, Nilo Del Bianco, i fratelli Matatia, i fratelli Nilo e Nedo Mattei Gentili, nonché i figli dei bagnini della zona Giuseppe Angelini e Adriano Manzi, si attiva con entusiasmo giovanile, ma i risultati sono sconfortanti tant’è che non conclude neppure la seconda stagione e chiude a metà Luglio.
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1928 - Italo Balbo atterra in spiaggia
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Il Generale Italo Balbo e il pilota Arturo Ferrarin, (leggendario campione aeronautico), posano per la foto ricordo sotto l’ala del loro aeroplano atterrato per avaria sulla spiaggia di Riccione. Nel toccare terra sulla battigia sbatté l’ala nel battello di Romano Del Bianco (che poi fu risarcito con 200 lire. Il Generale ebbe
fortuna perché trovò insperatamente, sul posto il riccionese Andrea Casadei (detto "Andrioun", per la sua mole) in posssesso del brevetto di motorista aeronautico (qui ritratto appollaiato sull’ala) il quale godette il suo momento di gloria perché in breve riuscì a rimettere a posto il motore; consentendo ai due aviatori di ripartire.
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di ni.co.
Torna il DIG Festival
In arrivo i big del giornalismo investigativo Con workshop, mostre, performance, proiezioni, incontri con ospiti internazionali e premiazioni, dall’uno al 3 giugno, a Riccione torna Dig, Documentari, inchieste, giornalismi. Il festival quest’anno amplia i suoi confini geografici. I 220 lavori di videogiornalismo investigativo e reportage in concorso per il Dig Award sono giunti da 22 Paesi. A realizzarli sono stati sia giornalisti affermati, sia giovani reporter europei, statunitensi, arabi, australiani e latino-americani. A valutarli sarà una giuria composta da dodici professionisti di nove nazionalità, presieduta dal reporter statunitense Jeremy Scahill, due volte vincitore del prestigioso George Polk Award. Al suo fianco quattro nuove giurate: l’israeliana Galia Bador, direttrice di Docaviv, festival del documentario di Telaviv; la canadese Claudine Blais, produttrice esecutiva di Enquête, programma investigativo della tv pubblica Société Radio-Canada; la tedesca Juliana Ruhfus, senior reporter del programma di Al Jazeera English People & Power; la danese Pia Thordsen, giornalista di TV2 Denmark e cofondatrice dell’associazione panaraba di giornalismo investigativo ARIJ. Riconfermati Alexandre Brachet, fondatore dell’agenzia di produzione francese Upian; Riccardo Chiattelli, direttore di laeffe; Nils Hanson, giornalista di punta della tv svedese SVT; Marco Nassivera, direttore dell’informazione per l’emittente franco-tedesca Arte, Alberto Nerazzini, giornalista freelance già a Report e Anno Zero; Andrea Scrosati, executive vice president programming di Sky Italia e Morten Møller Warmedal, responsabile della sezione documentari dell’emittente norvegese NRK. Denso il calendario del Dig Academy. Sono una quindicina
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RANCH SALOON di appuntamenti con reporter ed esperti che tratteranno temi di grande attualità come Facebook e privacy, riciclaggio di denaro e malaffare. Cuore del più ampio cartellone del Dig Festival sarà il Palazzo del Turismo, dove tra le decine di ospiti si annunciano Carola Frediani (Agi) che attraverso lo studio di casi di cronaca analizzerà il lato oscuro delle valute digitali, i tanto discussi bitcoin, Angelo Mincuzzi e Roberto Galullo (Il Sole 24 Ore) che con il loro format multimediale Fiumi di denaro seguono le piste di quei soldi che sembra non lascino traccia del loro passaggio, e i reporter di Irpi (Investigative Reporting Project Italy) al centro dell’attività d’inchiesta internazionale su riciclaggio e criminalità organizzata. Previsto pure l’approfondimento sul digitale con la presenza degli informatici italiani dell’Hacking Bar a cura di Hermes Center for transparency and digital human rights, centro di consulenza informatica gratuita su navigazione online, nuove app, software alternativi e buone pratiche e sicurezza, daranno informazioni su come proteggere dati e fonti da intrusioni informatiche. Come sempre il Dig Festival é promosso dall’omonima associazione, Comune e Regione Emilia-Romagna in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti.
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nuove associazioni
di Maria Grazia Tosi
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L’alba dell’Alba I NUOVI PIONIERI Entusiasta, preciso, intraprendente, Daniele Tomassini è il presidente dalla nuova Associazione Riccione Alba, la fusione sinergica di un centinaio di attività di un’area che va più o meno dall’Hotel Gemma alla Chiesa Gesù Redentore e dal piazzale Azzarita sino in fondo a Via Verdi e anche un po’ più in su. Affiancato inizialmente da un piccolo ma super volenteroso gruppo di imprenditori riccionesi, ha saputo in poco tempo e con tante idee conquistare gestori di alberghi, bar, ristoranti, zone spiaggia, attività economiche. L’associazione ha preso vita il 13 marzo scorso, sostenuta da un consiglio direttivo particolarmente ricco di fantasiosa concretezza: oltre a Tomassini, ci sono il vice presidente Giorgio Fortunato, Cinzia Ferri, Joanne Valentini, Serena Muratori, Salvatore Conigliaro, Grassi Alfredo, Tarcisio Villa, Andrea Ciavatta, Monia Guagnelli, Alessandro Corazza. La mission? Quella di far levare il sole su un quartiere che aveva bisogno di rianimarsi. L’AURORA DEL PROGETTO Naturalmente la nuova associazione non è stata costituita solo per assicurare vita e divertimento… anche se in realtà da quest’ultimo ha in qualche modo preso spunto. Il progetto di fondare una nuova e più allargata associazione, infatti, di fatto è nato dalla manifestazione della scorsa estate, lo Street Party, ideata ed organizzata dal bravo Mauro Forbicini; manifestazione che proponendo per cinque serate estive una mega festa sul tratto di strada a nord del viale Dante, e coinvolgendo attività che più o meno lì si affacciavano, oltre a segnare un momento eventi di grande successo, ha instillato la consapevolezza a coloro che avevano aderito dell’importanza di restare uniti, che assieme si poteva fare, e si poteva fare tanto. E così è stato. MOTIVAZIONI ED OBBIETTIVI “Ho sempre pensato che si potessero fare una marea di cose qui all’Alba, e non capivo perché non si facevano – sostiene Tomassini -. Perché tante sono le potenzialità di questa zona, non sufficientemente sfruttate; una zona che spesso è stata un po’ dimenticata, in particolare il viale Verdi: ed é un attimo rappresentare l’inizio del Centro… o quello della periferia. Sinceramente non pensavo che saremmo riusciti a coinvolgere così tanti associati, dimostrazione di quanto ci tengano tutti a farla migliorare e rilanciarla. Noi vogliamo fermamente che soprattutto in estate i turisti non si mettano in cammino dopo cena per arrivare in viale Ceccarini… o non solo, comunque. Vogliamo che restino anche qui. Siamo un comitato d’area
che assieme alla decina di altri della città opererà per migliorare sempre di più la sua proposta turistico-culturale… facendo comunità e non concorrenza. Un’area che sarà seguita più attentamente di quanto sempre fatto, e per il quale la forza di un’associazione così numerosa, naturalmente in stretto accordo con l’Amministrazione, potrà dire la sua rispetto alla sicurezza, alla pulizia e al decoro urbano”. SHOPPING CARD Una card creata appositamente è stata consegnata a tutti gli alberghi associati unitamente ad una brochure illustrativa per essere regalata ai clienti in arrivo. Questa card, oltre ad elencare la presentazione di ciascuna delle cento attività, darà diritto a sconti e agevolazioni. Lo scopo finale è naturalmente quello di far scoprire ed apprezzare maggiormente le loro diversificate proposte, ed incrementare così un mercato che nella maggior parte dei casi si basa su una stagionalità non poi tanto lunga. Un’operazione commercialmente strategica che abbinata ad un’interessante programmazione di piccoli e grandi eventi potrà riportare ai fasti di un tempo una zona di Riccione che ultimamente aveva perso un po’ di smalto, ma che al contrario negli anni dal ’60 agli inizi degli ‘80 ne incarnava uno dei cuori. “RITORNO AL FUTURO” Un cuore che in quegli anni parlava una lingua straniera, perché la zona Alba e sino al Marano erano il quartier balneargenerale di un folto ‘esercito’ di tedeschi, ma anche austriaci, svedesi, finlandesi… polo significativo quindi per una giovane località che si stava facendo conoscere dal mondo. Un cuore che si divertiva tanto, quando tra Boito e Cilea (quella che
ora passa nella gallerie dei nuovi giardini) c’era Il caffè Stadt Munchen, gestito dal riccionese Gualdi e dalla moglie tedesca. E quando il Calderone faceva ballare sino a notte tarda e il Bar Messico (ora Tanimodi) sulla sua terrazza convogliava giovani del posto che corteggiavano le belle straniere. C’era la Traviata che di sera faceva cantare col boccale di birra in mano, il Pavoncino, bellissimo anche se rumorosissimo pub. I giardini pubblici proprio al centro, poi, diventavano piccoli parchi giochi affollati da macchinine e cavallini a pedali per i piccoli turisti ma anche per i bimbi del posto che per tutto l’anno si rallegravano gironzolando per i vialetti entro il folto verde delle sue alberature. DIVERTIMENTI 2018 Dopo le due date di aprile dell’Alba with love, festeggiamenti in sintonia con l’evento Beach in Love organizzato dal Comune per le festività pasquali e sino ai primi di giugno, e che hanno visto ‘colorarsi’ con danze urbane, band, hippie market, i nuovi giardini che rappresenteranno il più importante palcoscenico del progetto, tanti saranno gli eventi ludici ma anche colti. Ogni lunedì il mercatino, in collaborazione col Comitato di via Dante, il mercoledì serate culturalmente più incisive in sinergia con Aruke (prima Srl di beneficienza in Italia, nata nove mesi fa qui a Riccione da un’idea di Alberto Beltrame), con presentazione di libri, danze, discipline olistiche, improvvisazioni teatrali, arte da strada. Il venerdì serata a tema: da Be Vintage, una scoppiettante festa anni ’60, per passare a Gran Caribe, la Made in Italy, la Country Western. “E una volta nell’estate una ‘bomba’: una festa in spiaggia assolutamente indimenticabile!”
curiosando in biblioteca
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L’Emilia Romagna com’era Vedete, tra un emiliano ed un romagnolo c’è molta difformità: saranno stati gli eventi storici, il clima, l’ambiente naturale? Sì, anche, con certezza! Tutte le condizioni assembrate e l’aggiunta istintiva - quel pizzico di sale che insaporisce la vita - della qualità del rapporto col prossimo. Noi emiliani non urliamo, non sputiamo bestemmie come fossero intermezzi, non chiudiamo i pugni per avere ragione, non partiamo a lancia distesa contro mulini a vento: il romagnolo sì. Non è una colpa, certo! Anzi, vorremmo dire più propriamente un risvolto sanguigno e passionale che colora la vita e distempera toni ed ombreggiature, insomma, che fa di un quadro un capolavoro, di un pittore un caposcuola. Ma questa forza morale, assieme a quella fisica han lasciato segni indelebili, difficili da soppiantare. Il nostro carrettiere lavorava di briglie, il romagnolo di frusta, per esempio. Dai colli emiliani scendevano a dorso di mulo genti dirette ai mercati: mentre il borgo sonnecchiava infreddolito, che già la neve aveva colorato le cime dei monti. Dalle otri di pelle (boghe) lacrimavano gocce d’un rubino carico, vino orgoglioso e pronto alla sfida coi palati più esigenti. Strada facendo gli animali prendevano confidenza con breccia e fango, rispondendo solleciti ai richiami del capocarovana. Una volta in città, sapevano per tempo dove scaricare in due o tre piccole botteghe che avevano la sfortuna di non possedere la cantina per la vinificazione in proprio. Nelle bisacce pane duro d’alcuni giorni, una
di Alessandro Molinari Pradelli
fetta grossolana di pancetta, qualche fungo da regalare ed in tasca un pugno di castagne novelle. Negli estremi colli della Romagna, intanto, accadeva lo stesso: ma la brezza proveniente dal mare avrebbe aggiunto certamente buonumore e voglia di farsi sentire. Una canta a tutta voce, uno sberleffo tagliente e crudo, una bocia di quello buono per riempire i gotti di tutti, una piada sulla teglia rovente. E quando si trattava di darsi agli altri, di ospitare, l’emiliano l’avrebbe fatto con ritegno, forse insicuro delle proprie capacità, titubante se far tutto in casa o scendere nella trattoria paesana, schivo quel tanto da lasciar spazio a qualsiasi interpretazione. L’albergo, l’osteria, il caffè eran ambienti affollati, diamine! Ma nel piacentino il silenzio era nell’aria, e giù giù verso Parma, Reggio, Modena, ecco pian piano dissolversi come la nebbia; la cucina sempre più grassa, il vino
sempre più frizzante portano in sé i germi vitali della voglia di vivere, della tavola, del letto perché no. A certe camere d’albergo, d’un lindore assoluto, quasi asettico, strada facendo si contrapponevano arredamenti vivaci, più ricchi, più estrosi; alla musica timida d’un paio di strumenti subentravano di forza le orchestre, i gruppi di ballerini, balere immense, aie superaffollate. Anche questo era (è) tipico del grado sociale romagnolo: chiedetelo ai villeggianti estivi. L’emiliano tranquillo, riflessivo, provava a socializzare nel lavoro: nascevano le cooperative, le sedi deputate per tirare e faticare assieme e crescere una capacità morale e cosciente volta al progresso comune. Il romagnolo, da contraltare, era più individualista, le cose le faceva per sé, giuste o sbagliate, pagando di tasca propria se necessario e dovuto. Poi gli eventi mutarono fortemente: il progresso intese livellare i valori e senza accorgersene l’emiliano s’avvicinò al romagnolo, provò a comportarsi come il cugino e vi si trovò a suo agio; intanto questi adottava più accorte valutazioni concedendosi sempre meno alla piazzata, alla forza fisica, al sangue, alla testa. La regione parve un bengodi, nell’accezione vera del termine: il buonumore, la disponibilità, le radici agresti, la voglia di vivere assieme portarono fin dagli inizi del secolo grandi fortune dalle nostre parti. La natura, l’arte, i centri storici eran già pronti a ricevere: bastava credere nel turismo, tanto la costa adriatica così larga e lunga da contenere ospiti a dismisura non aspettava altro.
Riccione anni ‘30, così la narravano
R
imini rimpiangeva Riccione, la Perla verde dell’Adriatico, staccatasi da pochi anni dalla sua collana: faceva colpo questa stazione allegra, elegante, così raccolta, così verde, così fiorita.Già scendendo dal treno la stazione appariva come una villa linda, nel giardino sapientemente disposto che s’allargava e s’allungava per un lungo tratto come per far ala d’onore al fascio dei binari, nel bizzarro contrasto di fiori e spranghe grige. “Fuori un ombroso viale vi accompagnava fino a un crocicchio e pareva dividere due mondi: qui la cittadina tutta fronzoli, vezzi e civetteria; di là la campagna semplice e schietta a cui però conduceva un pomposo vialone, guardato da vecchi alberi giganti che propiziavano un’ombra densa e profonda”.Eccola Riccione, tutta imbottita di verde, in mezzo a cui si stagliavano a scacchiera i viali pavesati d’alberi e guarniti di ville. Laggiù, un po’ a sinistra, scorreva il portocanale sfavillante di variopinte vele; qui, dal passaggio a livello, si staccava dritta al mare l’arteria principale del paese, il viale Maria Ceccarini, a consacrare ai posteri la memoria d’una insigne benefattrice, colei che per l’appunto auspicò con generosità munifica la costruzione
del porto. Questo viale, tutto lastricato e con marciapiedi coperti di blocchetti, lo adombrano filari d’alberi dove ai piedi di ciascuno stava un’aiuola fiorita. Di qua e di là allineavano palazzine e ville, alberghi e pensioni, il Teatro Dante e il cinematografo Iris, negozi d’ogni genere, bar, caffè, pasticcerie, mostre di fotografi e di librai, fra un diramarsi d’altri viali rettilinei, anch’essi alberati. Un andirivieni di carrozzelle e pedoni animava il tutto. Ma il tono di Viale Ceccarini, ch’era poi il tono di Riccione, era segnato nel modo più gradevole dal folto avvicendarsi, dal continuo transitar di signore e signorine in chiari, leggeri, coloriti abiti da spiaggia. Che non vengano a dire che questo era un lido senza etichetta. Si, libertà, famigliarità, modestia non ne mancava di certo, e gente che se ne infischiava e faceva i suoi comodi e andava intorno in pigiama o in maniche di camicia. Ma questa non era la regola: era l’eccezione, la quale conferma e da risalto a un’altra regola, la vera: quella dell’eleganza; dell’eleganza disinvolta, scapigliata, sans-gene* fin che si vuole, ma che nondimeno rimane sempre eleganza. In fondo al viale la piazza s’era adornata d’una fontana dove due chioschi segnavano l’inizio di due ali di
Tratto da: L’Emilia Romagna com’era
stabilimenti balneari, di terrazzi, di capanni, dinanzi a cui allineavano file di tende, ombrelloni, mosconi. Sulla sabbia dolcissima e nel primo specchio d’acqua era un folleggiare d’uomini, di donne, di bambini che nuotavano, che si rincorrevano e si tuffavano, che giocavano ridendo e schiamazzando, o se ne stavano beatamente distesi a godersi l’aria ed il sole, a inebriarsi di spazio e luce. Riccione si era svincolata da Rimini nel 1922 divenendo un comune autonomo. Il paese era disceso da un pezzo dalla collina retrostante, ove viveva l’umile vita agreste, e già da un quarto di secolo s’era per così dire dedicato al mare, proponendosi con lodevole intraprendenza per divenire un luogo di bagni e di villeggiature. Si riorganizzò la spiaggia, per un’estensione di cinque chilometri: sistemati ed alberati i viali, che avevano uno sviluppo di 34 chilometri; si era disciplinato il servizio di sorveglianza e quello delle automobili e delle vetture a cavalli; s’era costruito un nuovo Teatro, il Dante, e s’eran accresciuti i campi sportivi con uno stadio, campi da tennis, s’eran indette gare di canottaggio e di pattinaggio, di giuoco del calcio, di tiro al piccione per intrattenere gli ospiti all’infuori delle feste danzanti che si svolgevano frequentemente negli
alberghi e nelle pensioni, di cui pure aumentarono il numero e migliorarono la qualità. Basti pensare che nel 1929 la tassa di soggiorno aveva fruttato la rispettabile somma di 420.000 lire, come dire oltre 20.000 presenze forestiere, tra cui gran numero di milanesi ed un largo contingente di stranieri: in prevalenza tedeschi, austriaci e ungheresi. Dove alloggiava tutta questa gente? Nelle ville e nelle case private in discreto numero, ma per lo più in alberghi e pensioni, dato che il loro numero complessivo rasentava la cinquantina, per oltre 2.000 posti letto. La schiera più folta era formata dalle pensioni, una quarantina: e per non far torto a nessuna le nomineremo tutte. Per prima la Grande Pensione Bedeschi, che disponeva di 80 letti, bagni e acqua corrente nelle camere: pregio quest’ultimo che vantavano anche le pensioni: Sirocchi, Vienna, Minerva, Raspi, Villa Margherita, Villa Rosa, Casadio, Adriatica, Regina, Villa Platani. Vi erano poi le pensioni Villa Igea e Praga, Mazzoni, Zanzani, Minghetti, Lombardia, Mancini, Savoia, Colombo, Bertazzoni, Sirena, Garisenda, Belvedere, Rovella, Ristorante Bolognese, Ristorante Miramare, Franchini, Dellarosa, Conti, Excelsior, Boemia, La Perla, Villa Angheben, Alba
e Trento. L’Albergo pensione Angelini e l’Albergo ristorante Stazione eran forniti d’acqua corrente, mentre n’era sprovvisto l’Hotel Roma. Possedevano invece questo attributo di modernità l’Hotel des Bains che disponeva di 80 letti, l’Hotel Amati che ne aveva 100, il Savioli 120, il Grande Albergo Milano 140, e il Grand Hotel Lido 180, distribuiti in 140 camere e in vari appartamenti con bagno, ed era l’unico in prima linea sul mare, in fondo a Viale Ceccarini, con vaste sale a vetri e terrazze, sale da ballo, autorimessa, giardini, tennis, cabine sulla spiaggia. Poi, nella stagione estiva del 1929 sorse il Grand Hotel Riccione - per l’ardita intraprendenza industriale di un noto editore milanese: Gaetano Ceschina – fornito di 300 letti, di 50 camere con bagno e tutte con acqua calda e fredda, di appartamenti completi con salotto privato, di lussuosi saloni, di un grandioso ristorante prospiciente la spiaggia, di estesissime verande e terrazze, fra cui una magnifica per tè danzanti con un’orchestra di prim’ordine ed un istruttore di ballo; di american bar, bigliardo e tennis, di cabine proprie con doccia d’acqua dolce, di autorimessa e di autobus per la stazione. La facciata s’elevava dal giardino con una terrazza
sontuosa di lampade e di cespi fioriti e con tre piani di loggette e balconcini sormontati da una terrazza e dominati da un frontone su cui spiccava il leone di San Marco. Pari all’esterno, l’interno era una meraviglia di sfarzo artistico per la profusione di mosaici e di stucchi, di tappezzerie, di lampadari e di vetrerie di Murano. Nessun altro albergo possedeva tale ricchezza: dovuta al Ceschina anche proprietario d’una vetreria nell’isola veneziana. I salotti in vecchio stile, aristocratici e seducenti, le sale di lettura, da convegno, da ballo, il bar di tipo orientale, la luminosa veranda del ristorante verso il mare, i finestroni, le colonne, le specchiere, le mense, i mobili, gli arredi, tutto parlava del gusto fine che presiedette la realizzazione. Ma per tale rapporto l’impianto della cucina, gli armadi a muro nelle camere, le doppie porte e le segnalazioni luminose rivelavano come qui si fosse applicata l’ultima parola della tecnica cercando, con pieno esito, la perfezione. Nel 1930 l’Hotel crebbe di una altra ala con 40 camere. Eccola la Perla verde dell’Adriatico: sembrerà impossibile. *sans-gene= Senza imbarazzo, sfrontato, disinvolto
viabilità
di Adriano Prioli
Perchè si sappia Nel progetto del prolungamento del sottopasso ferroviario di viale Ceccarini, per un “capriccio tecnico” approvato dalla Giunta e difeso strenuamente dal Sindaco Tosi un tratto del marciapiede del viale delle Magnolie in vicinanza dell’innesto con viale Ceccarini VIENE DEMOLITO per permettere la costruzione della rampa per i disabili che si poteva invece costruire nel parco a confine del marciapiede senza alcun problema tecnico ed ambientale. (Cosi’ come da schema illustrative a fianco riportato). Quando i lavori della rampa previsti nel progetto saranno completati la situazione sarà questa: • demolizione e quindi mutilazione del marciapiede per circa 30 metri di lunghezza e metri 2,75 per la lunghezza; • restringimento della sede stradale di circa metri 550 (marciapiede più un tratto dell’attuale carreggiata); • riduzione del percorso del marciapiede, compreso la sua totale visuale, dal viale Ceccarini alla stazione; • costruzione di un muretto con ringhiera per circoscrivere la rampa, ubicata di fronte all’esistente del TRC. Quando nel mese di gennaio è apparsa sulla stampa l’immagine planimetrica del progetto approvato (sono un tecnico) ho subito immaginato come si presenterà strutturalmente ed ambientalmente la zona una volta costruita la rampa. Fin da subito la mia mente tornò indietro nel tempo ricordando il momento di gioia e di soddisfazione che ho provato quando nel 2008 in Consiglio Comunale il Sindaco lmola accettò il mio progetto di prolungamento del tunnel ferroviario di viale Ceccarini fino ad arrivare alla parte alta del viale, completo di una rampa per i disabili in Viale dei Mille di fronte al fabbricato e con le scale all’incrocio dei Viali Ceccarini e delle Magnolie, bocciando quello del TRC che riproponeva l’esistente raddoppiato per permettere la costruzione della corsia del bus, che si raggiungeva attraversando in superficie il viale dei Mille. Allora pensai al futuro di quest’opera da tempo richiesta, che oltre a collegare le due zone della città separate dalla ferrovia e ad aver dato “respiro” alle numerose attività poste nella parte alta, se ben realizzata, avrebbe anche arricchito tutto l’ambiente circostante; ma cosi’ NON SARA’ ed allora alla gioia è subentrata una grande amarezza. Amarezza, vista l’inflessibilità dell’Amministrazione a non voler recedere malgrado abbia più volte richiesto di non eseguire il progetto cosi’ strutturato che a mio giudizio non ha e non può trovare nessuna giustificazione per essere così realizzato. Amarezza ancor più grave nel constatare che i valori morali etici e di responsabilità di chi ha il compito di osservarli e di farli osservare oggi non esistono piu’. Prova ne sia che un’opera così importante da lungo tempo attesa è stata ignorata anche da coloro che dovrebbero rappresentare e difendere i problemi della nostra città: forze politiche che siedono in Consiglio Comunale sia di maggioranza che di minoranza; categorie economiche e le varie associazioni che nel silenzio assoluto hanno permesso all’Amministrazione Tosi di distruggere e abbruttire l’ambiente della zona che è parte del cuore della città e che invece avrebbe dovuto difendere. Tutto questo anzichè realizzare opere pubbliche dove la funzionalità e l’aspetto architettonico ambientale sono elementi fondamentali per arricchire la città. Questo è il mio pensiero...
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di Alessandra Prioli
Il dialetto entra a scuola e fa scuola Famija arciunesa si impegna anche con i giovani sostenendo un progetto legato all’aspetto piu’ intimo e significativo della cultura riccionese: il nostro dialetto. Il 9 marzo, presso il Liceo Volta Fellini, ha avuto luogo il primo degli incontri sul dialetto previsti per gli studenti del Liceo. Francesco Gabellini autore di raccolte poetiche e di vivaci ed eleganti monologhi teatrali, ha proposto ad un pubblico di giovani paesaggi, pensieri e quindi poesie da leggere e meditare; ha offerto loro lo spunto per approfondire la visione del mondo e gustarlo in ogni sua forma suggerendo di guardare non solo avanti, ma anche dietro, la strada già percorsa. Gabellini, poeta, ha fatto cio’ servendosi di voci ed immagini del nostro territorio, Raffaello Baldini, Tonino Guerra, Nino Pedretti. Perché è importante accendere un riflettore sul dialetto? E’ importante riflettere su questo tema non solo per spiegare come la lingua sia un fenomeno vivo, complesso ed altamente strutturato, ma per sottolineare come il dialetto in modo particolare sia l’espressione più intensa e vera della cultura del nostro territorio, espressione di una civiltà che si trasforma e troppo velocemente si dimentica. Abbiamo bisogno di recuperare le nostre radici e non c’è nulla di più autentico e genuino che farlo attraverso la lingua dialettale e la poesia. Solo chi ha radici ed è consapevole del cammino che da ieri ci porta ad oggi, può diventare vero artefice del suo futuro, evitando il rischio di divenire oggetto piuttosto che soggetto di scelte altrui. Davide Pioggia, glottologo e studioso dei dialetti della nostra regione, è stato il protagonista del secondo incontro. Il suo intervento intitolato “Una lingua volgare: origine e struttura del dialetto Riccionese”, ha aperto gli occhi sulla reale natura del nostro dialetto: non fratello minore, ma lingua autonoma rispetto all’italiano.
Come si è giunti a questa conclusione? Analizzando le trasformazioni fonetiche e morfologiche (cioè dei suoni e della grammatica) intervenute nel corso dei secoli nei dialetti della nostra regione, a partire dal latino, si comprende appunto che esse sono parallele e indipendenti da quelle che hanno prodotto i dialetti toscani, che sono stati la base della lingua italiana. Queste trasformazioni non hanno nulla di quella “caoticità” che alcuni attribuiscono ai dialetti, ma seguono una “geometria” nascosta. Anche se il dialetto si trasmette attraverso le generazioni e viene appreso in modo intuitivo, coloro che lo parlano non sono consapevoli della presenza dell’ordine e della precisione quasi matematica che lo regolano. Il progetto per la scuola, sostenuto economicamente da Famija Arciunesa, ha avuto il piacere di essere accolto con grande entusiasmo anche dall’amministrazione Comunale nella persona dell’assessore alla Scuola Prof.ssa Alessandra Battarra, sempre presente agli incontri. Va ricordato che l’amministrazione comunale, consapevole del valore intrinseco della lingua dialettale e della nostra tradizione, ha promosso il progetto “ Adés” che presso la biblioteca comunale, ha ospitato vere chicche letterarie nelle persone dello stesso Francesco Gabellini con la sua raccolta di monologhi “Zimmer Frei”, Enzo Travaglini col suo libro “E’ preim pas” e Lidiana Fabbri “Mulighi”.
I bu
Tutti noi, al termine degli interventi siamo d’accordo sulla necessità di ripetere questa esperienza, magari rafforzandone la progettualità attraverso un concorso finale in cui vengano coinvolti i giovani abbracciando tutte le arti: letteratura, drammaturgia, filmica, grafica ed arte culinaria; questo affinché la lingua dialettale possa trovare massima espressione e venire gustata in tutte le sue declinazioni anche da chi non riesce a comprenderne ogni parola, ma riesce ad intuirne il contenuto grazie all’alto livello di comunicabilità ed al suo forte potenziale espressivo. Grazie a tutti coloro che vi hanno creduto!
I buoi
Andé a di acsè mi bu ch’i vaga véa, Ditelo ai miei buoi che l’è finita che quèl chi à fat i à fatt, che il loro lavoro on ci serve piu’ che adèss u s’èra préima se tratour. che oggi si fa prima col trattore E’ pianz è cor ma tott, ènca mu mè. E poi commoviamoci pure Avdai ch’i à lavurè dal mière d’ann a pensare alla fatica che hanno fatto per mille anni E adèss i à d’andè vèa a tèsta basa Mentre eccoli li che se ne vanno a testa bassa Dri ma la corda longa dé mazéil. Dietro la corda lunga del macello
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di Alessandra Prioli
In un sabato di Aprile, una ventata di gioia in rosa Uno sciame di donne in bicicletta, donne in festa, biciclette addobbate di fiori rosa, fiori rosa per tutti; insieme per le vie della nostra città per fare gruppo, conoscersi, divertirsi, godere di una bella giornata di primavera. Quest’anno il Comitato delle Pari Opportunità, un gruppo di 15 donne appartenenti a tutti i gruppi politici rappresentati in Consiglio Comunale, porta avanti iniziative di vario spessore e portata. Una di queste la manifestazione “Donne in Bici” che ha visto impegnarsi in un tour “quasi turistico” circa 300 riccionesi, prevalentemente donne, ma non solo. Partendo dal Piazzale Terme, nel primo pomeriggio di una piu’ che primaverile giornata di sole, la lunga marcia su due ruote si è snodata lungo un percorso cosi’ strutturato: Viale G. d. Verazzano, Riccione Paese, Viale Vittorio Emanuele, Viale Rimini, Viale Emilia (lungo il famigerato muro del pianto), Viale Tasso, Giardini Alba,
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Lungomare, Giardini Montanari e finalmente Piazzale Ceccarini. All’arrivo ad attendere il “gran gruppo” una merenda speciale, non ci si è fatti mancare proprio nulla, infatti durante il percorso vari i punti ristoro offerti dai comitati di zona Paese, dove primo fra tutti il Bar Centrale ha omaggiato le presenti offrendo bevande e piccola pasticceria. Una giornata al femminile e rosa acceso cosi’ come “donna in bici” non si era mai vista e la prossima edizione sarà ancora piu’ strepitosa e sorprendente, assicura la Presidente del Comitato Pari Opportunità, Barbara Bassan, che entusiasta del successo della manifestazione ha già in programma con il resto del gruppo, una serie di attività ricreative, legate al mondo femminile e delle pari opportunità, ma non solo. Si prospetta un calendario di camminate serali ispirate dai percorsi storici. Tale attività sarà rivolta a tutte le donne che desiderano fare attività fisica, socializzare ed imparare tecniche di autodifesa personale. Non ci resta che partecipare!
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di Nives Concolino
In estate 2 sedi per bambini e under 12 Il Centro 21, che da vent’anni supporta i ragazzi con sindrome di Down, non si ferma neppure durante la stagione balneare. Sono molteplici le iniziative messe in campo dagli animatori, a partire dal centro estivo, che quest’anno raddoppia, con una seconda sede. Ad annunciarlo è la presidente Cristina Codicé nel frattempo impegnata a cercare un locale da adibire a negozio per vendere oggetti da regalo e bomboniere, prodotti a livello professionale dagli stessi ragazzi. “Quest’estate amplieremo ulteriormente il centro estivo (l’anno scorso per bambini dai 6 ai 10 anni), ai ragazzi disabili e normodotati delle scuole medie, dai 10 ai 12 anni. A loro verranno aggregati i ragazzi di 5ª elementare. Il centro, che l’anno scorso ha servito una settantina di famiglie, sarà attivo dal 18 giugno al 7 settembre. I due centri avranno sedi distinte, il gruppo elementari in viale Limentani, 15, e quello delle medie in viale Sicilia presso la parrocchia Stella Maris di Fontanelle. Questo lavoro, che svolgiamo come servizio e come sostentamento, è fondamentale per l’integrazione. I nostri giovani infatti vengono coinvolti nell’attività come aiuto educatori”. Sempre nell’ottica dell’autofinanziamento (che si può sostenere con il 5x 1000 - Codice fiscale 04213940408) e dell’acquisizione di autonomia dei ragazzi si lavora pure per l’inserimento lavorativo, obiettivo che alcuni ragazzi con disabilità, come Luca Leardini alla Brasserie di Riccione e Maria Aluigi al Peccati di gola a Rimini, hanno raggiunto. Da qui l’intento di dare maggiore risalto ai laboratori manuali, aprendo un negozio per vendere gli oggetti prodotti dal Centro 21. A proposito la Codicé annuncia: “Siamo alla ricerca di un locale in zona centrale, a Riccione Paese o al mare per trasferire anche le attività svolte attraverso “Cuore 21”, cooperativa nata nel 2015 come costola operativa della nostra associazione che al momento segue 30 ragazzi dai 14 ai 46 anni. Ci servirebbero almeno 100 metri quadri di superficie per mostrare in diretta quello che fanno questi ragazzi nella nostra sede di viale Limentani. Sono molteplici le attività che svolgiamo, a partire dalla creazione di bomboniere, anche con marmellate, e articoli da regalo, lavoro che si inserisce nel più ampio progetto dei laboratori di educazione al lavoro. Confezioniamo oggetti pure per il periodo natalizio e questo ci impegna tutto l’anno. E’ stato attivato anche un laboratorio bisettimanale, impostato proprio sull’inserimento
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lavorativo, serve a educare i ragazzi alle regole del lavoro. E’ nostra intenzione allargare quest’attività all’intera settimana”. Ma l’impegno va oltre e si allarga alla danza. Luca, Maria, Daniele Mordini e tre adolescenti partecipano perfino ai festival di danza contemporanea, che si tengono in Emilia-Romagna e nelle Marche. Con il medesimo gruppo, su richiesta, si fa pure intrattenimento serale durante le cene negli hotel. Si tratta di un’importante attività che aiuta a superare gli stereotipi culturali. Vengono proposti anche laboratori e letture animate per i bambini in spiaggia. Nel frattempo continua il progetto di vendita delle maglie solidali, promosso con la Pina di Radio Deejay, e il progetto dei Ristoranti del Cuore, che coinvolge anche il Pepper dove lo scorso 21 marzo, Giornata mondiale della Sindrome di Down, i giovani con disabilità hanno addirittura servito al banco e si sono esibiti in una performance serale. L’iniziativa ha avuto successo per cui si conta di replicarla il 21 giugno e in altri equinozi. Tra i ristoranti del Cuore: il Birrodromo, il Samsara, il Cristallo, il Pastrocchio e quando riaprirà La Fattoria. Ognuno di loro ha un piatto del Centro 21 che in base alla vendita riconosce un contributo alla Onlus, così’ l’aperitivo del Pepper, dove si annunciano pure momenti di formazione.
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di Nives Concolino
Il Premio Enzo Baleani a Massimiliano Giometti E’ stato attribuito a Massimiliano Giometti il Premio “Enzo Baleani 2018” il 25 Aprile nella piazzetta del Faro dalle mani di Maurizio Metto, presidente del Consorzio d’area di Viale Ceccarini, alla presenza di Rita Baleani, delle figlie Polly, Anna e Lucia e del Sindaco Renata Tosi. L’ambito riconoscimento ha premiato il noto imprenditore per il ruolo di primo piano che riveste a Riccione nel settore cinematografico. Ha ridato alla città il gusto di rivivere il cinema, rilanciando le sale cinematografiche del palacongressi, che prima del suo arrivo sembravano destinate a trasformarsi in uffici. Forte del suo spirito imprenditoriale e della sua lungimiranza in breve tempo ha fatto della cittadina rivierasca un polo culurale di cinema e un permanente red carpet con decine e decine di artisti di grido come il premio Oscar Salvatores, Gerini, Ligabue, Accorsi e Abatantuono solo per citarne alcuni. “Sono molto contento e lusingato di aver ricevuto questo premio – commenta Giometti – è segno che la città si è accorta di quello che stiamo facendo. Nel 2010 abbiamo accettato questa sfida, anche se nel momento in cui siamo subentrati le sei sale andavano malissimo. Siamo partiti da sotto zero, si dovevano rifare le poltrone, le toilette,
ma ero entusiasta di tornare a Riccione, dove sono nato il 5 gennaio 1970. Ho sempre portato avanti l’attività col cuore, con la famiglia e con spirito commerciale, che mi ha portato a differenziare la clientela riccionese da quella delle Befane”. Così Giometti ha puntato sulla cultura attraverso le rassegne Cinema d’autore, seguite da un folto pubblico di habituée, come l’estivo Cinema in giardino. Vincente pure l’idea di puntare su mostre, labo-
ratori, opere liriche e concerti in diretta, iniziative ghiotte che hanno calamitato il pubblico anche da Rimini e dintorni con risultati lusinghieri. La multisala ha raggiunto 130mila presenze all’anno (erano 80mila quelle della precedente gestione). Giometti Cinema che in tutto gestisce sei multisale con una cinquantina di schermi, la più grande è quella di Prato con 3.500 posti e 14 schermi, ora fattura 20milioni di euro all’anno”.
solidarietà
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Superdonazioni ad Arop, Aism, Ail, IOR e IO CENTRO Nel Marzo 2018 il Buon Vicinato “Amici della Briscola”di via Sicilia, in occasione della Festa della Donna, ha organizzato il pranzo della Solidarietà. L’appuntamento, da 15 anni è una data molto importante per il centro e ha visto la partecipazione di un centinaio di soci, consapevoli dell’importanza di questa iniziativa per dare un aiuto economico alla ricerca ed un sostegno ai famigliari di tante Associazioni di volontariato. In questi anni l’Associazione “Gli Amici della Briscola” ha raggiunto un grosso traguardo, raccogliendo la somma di circa 20.000 euro, merito di tante intense attività: Tombole, Compleanni, Feste, Tornei di Briscola, Pranzi, Cene, Gite. Quest’anno ha devoluto 2.500 euro alle Associazioni A.R.O.P onlus, che si occupa del sostegno ai bambini ricoverati nel reparto Oncoematologia dell’Ospedale di Rimini, all’ A.I.S.M Ass.Sclerosi Multipla e A.I.L (Ass.Italiana Lotta alle Leucemie) Sez. di Rimini. La consegna è avvenuta durante il pranzo e dopo le rituali foto di gruppo, a tutti è stata offerta una fetta di torta Mimosa preparata dallo Chef del Centro. Non poteva mancare un omaggio floreale a tutte le Donne, che sono le colonne portanti del centro.
3.200 euro dal “Parco 7 nani”
2.500 euro dagli “Amici della Briscola”
Due cospicui assegni da 1.600 euro l'uno sono stati donati dal Parco 7 Nani di Riccione a due importanti associazioni di volontariato, ben radicate e attive nel territorio: l'Associazione Io Centro di Misano e l'Istituto Oncologico Romagnolo. L'Associazione Io Centro utilizzerà l'assegno per i suoi progetti, che hanno l'obiettivo di favorire le autonomie personali e sociali di giovani disabili e fragili. Lo Ior utilizzerà la cifra a sostegno della ricerca scientifica e per il Progetto Margherita. Quest'ultimo è un progetto gratuito rivolto alle pazienti che durante l’iter di cura si trovano ad affrontare la delicata fase della caduta dei capelli. Le pazienti hanno la possibilità di incontrare parrucchieri volontari, con i quali scegliere la parrucca migliore per valorizzarsi e tornare a sentirsi belle nonostante la malattia. La consegna ufficiale è stata fatta dal presidente del Parco Francesco Dovuti, ad Alfredo Barnabè presidente di Io Centroe ad Ilva Melotti responsabile della sede Ior di Riccione.
Marina Saponaro, giovane promessa della danza Chi l’ha vista danzare con disinvoltura e gran classe, è rimasto stupito per il suo talento, inusuale per una dodicenne. Così la professionalità di Marina Saponaro, ballerina riccionese, di recente è stata premiata con l’ammissione alla prestigiosa Accademia La Scala di Milano, che le ha spalancato le porte alla sua prima audizione. La giovanissima danzatrice, che sta per concludere il secondo anno scolastico alle scuole medie Geo Cenci, a giugno inizierà il suo nuovo percorso nel capoluogo lombardo. Viste le premesse, anche se ha ancora tanto da scoprire in se stessa, si profila un brillante futuro che potrebbe fare di lei una futura Carla Fracci. Nel frattempo continua a frequentare l’Aga Asd, scuola di danza, ma non si limita ad approfondire la classica e studia anche contemporanea e moderna. Un allenamento quotidiano, che richiede sacrificio, ma che svolge con passione e disciplina. Marina, intanto, tra fine aprile e maggio è stata all’estero. Oliver Matz, direttore dell’Accademia di Zurigo e Amanda Bennet, direttrice dell’Accademia di Basilea in precedenza l’avevano invitata a segui-
re dei giorni di lezioni/audizioni durante uno stage, anche sul Lago di Garda. La giovane ballerina, che ha vinto delle borse di studio, ha il ballo nel Dna. Come racconta la mamma Romina “Balla da sempre, perché per lei è una dote naturale, una passione e lo fa con costanza e umiltà. Tutti gli insegnanti la descrivo-
no come una ragazzina dolce, sensibile, responsabile e matura”. Ma quando si accendono i riflettori e lei sale sul palco, sfodera una grinta, una forza che si mescola alla dolcezza. Un mix che ha prodotto ottimi risultati, grazie anche all’insegnamento delle insegnanti di danza classica, Monica Pasquinelli e Roberta Mussoni che si sono occupate della sua formazione e che hanno contribuito a farle raggiungere quell’alto livello di preparazione, con la conseguente ammissione alla prestigiosa Accademia della Scala (terzo corso), ambita da tutte le ballerine. Marina vive questo sogno diventato realtà, con grande normalità. “ Ho apprezzato molto le esperienze fatte di recente con la danza – commenta - le audizioni mi hanno entusiasmata! Tutto questo mi ha fatto capire meglio come funziona questo mondo nella realtà. Spero di riuscire a continuare a fare quello che mi piace di più, e cioè ballare, e che l’entrata in Accademia mi renda ancora più felice, anche se non sarà facile stare lontano dalla mia famiglia, da mamma Romina e papà Filippo e dalla sorellina Gilda, ma anche dagli amici e dalle mie cose”.
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Passeggiate di gruppo nelle zone più belle di Riccione, accompagnati dagli istruttori della Polisportiva. Il grado di difficoltà molto basso permette a tutti di partecipare! Guarda la mappa dei percorsi sul sito www.polcomriccione.com
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Tinte per capelli in gravidanza La gravidanza rappresenta una delle fasi piu’ delicate nella vita di una donna, che si trova spesso a riflettere sui possibili risvolti negativi di abitudini quotidiane ritenute innocue fino a poche settimane prima. Si può dire che l’attesa rappresenti per i capelli un vero e proprio trattamento di bellezza: l’aumento di ormoni femminili li rende splendenti come non mai. E la domanda sorge spontanea: posso farmi la tintura ai capelli? Per ovvi motivi etici, non esistono studi specifici sulla sicurezza sull’uso di colorazioni tricologiche in gravidanza. Sebbene colorazione e decolorazione riguardino il fusto, ovvero la parte del capello che emerge dal cuoio capelluto ,è possibile che le sostanze impiegate nelle tinte penetrino in parte nell’organismo, assorbite attraverso i vasi sanguigni, e siano quindi dannose per lo sviluppo dell’embrione, portandoci così ragionevolmente a sconsigliarne l’uso. In questo periodo, bisogna fare molta attenzione nell’utilizzo dei prodotti per la bellezza come appunto le tinture per capelli, e gli smalti sulle unghie.. Specie nei primi mesi di gravidanza, ed in particolare nei primi 3 mesi di gravidanza. Soprattutto con le tinte a base di ammoniaca (e non solo). L’ammoniaca penetra attraverso il cuoio capelluto e puo' essere nociva per il feto. Anche se si tratta di un’eventualità perché rischiare? Quindi se proprio in maniera assoluta
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non potete farne a meno, usate una tinta per capelli naturale, ammoniaca ,resorcina, fenilendiammina ed altri composti tossici., il risultato è lo stesso di quello ottenuto con la tintura per capelli con ammoniaca. L’unico inconveniente delle tinture naturali , non è tanto la durata, quanto il fatto che non si possono avere proprio tutti i colori. Inoltre al posto del classico shampo, è meglio utilizzare un olio lavante: contiene oli solubili in acqua che legano a sé le impurità e lavano via lo sporco. Se ne mette un cucchiaio sul palmo della mano, si massaggia bene sul cuoio capelluto emulsionandolo con un po’ d’acqua e si sciacqua: il capello resta compatto, pulito e assolutamente non untuoso. In ogni caso, magari per un eccesso di precauzione, consiglierei di lasciar passare i primi tre mesi, che sono quelli in cui si forma l’embrione. Inoltre userei le stesse precauzioni anche durante l’allattamento Per il resto.... godetevi la magia della gravidanza in serenità! Sarete bellissime comunque!
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di Paolo Cortesi
Giovanni Cantarini: cantore eclettico Giovanni Cantarini, riccionese classe 1972, figlio, assieme a quattro fratelli, di Gianni e Maria Rita Maffi, frequenta il Liceo Classico “Giulio Cesare” di Rimini, si laurea in Lettere antiche con il massimo dei voti e lode all’Università di Bologna con una tesi sul primo coro de “Le donne alle Tesmofore” di Aristofane e consegue il Baccellierato in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Riceve la prima iniziazione alla musica classica assai presto dentro le mura di casa con l’ascolto di molti LP assieme alla madre Maria Rita ed alla nonna Marina, ora centenaria, affacendate nei lavori domestici. Successivamente, da ragazzo, con il maestro Stefano Raffaelli, anch’egli riccionese, prende lezioni di pianoforte assieme a rudimenti di armonia e composizione. Partecipa al coro della Parrocchia di San Martino diretto dallo stesso Raffaelli e dalla madre Maria Rita. Per lo sviluppo della propria personalità Giovanni è molto riconoscente al gruppo di amici guidato magistralmente da don Mariano de Nicolò cappellano nella suddetta Parrocchia per alcuni anni e, dopo alcuni decenni di importanti impegni in Vaticano, nominato Vescovo della Diocesi di Rimini. Scopre definitivamente la vocazione di cantore nell’ attività corale del Pontificio Seminario Maggiore Romano diretto da Monsignor Frisina eccellente compositore. La sua formazione vocale ed il suo perfezionamento si realizzano attraverso lo studio con eccellenti maestri italiani e stranieri. Durante l’Università studia canto con Claudio Cavina col quale successivamente incide l’ottavo libro di Madrigali di Claudio Monteverdi con il gruppo “ la Venexiana”. Accanto a concerti dilettantistici diventa allievo del tedesco Ulrich Pfeiffer col quale apprende lo stile della monodia e della polifonia medievale imparando a leggere i manoscritti e ad apprezzare la bellezza della “intonazione pitagorica”. Con Elena Sartori esegue “Ercole amante” del veneziano Francesco Cavalli apprendendo così lo stile barocco del ‘600. Incrementa la sua formazione apprendendo da Michell van Goethem, contraltista belga, il canto rinascimentale approcciandosi a trattati e fac-simile. Per la Sagra Malatestiana esegue Messa e mottetti del compositore barocco riminese Alessandro Grandi con la direzione di Marco Gemmani e con il famoso Carlo Chiarappa violino solista. Consegue il Diploma di canto lirico al Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena. Fondamentali per rifinire la propria formazione professionale sono stati i quattro anni trascorsi a Basilea presso la rinomatissima Schola Cantorum Basiliensis ottimizzando, sotto la guida di eccellenti maestri di varie nazioni, il canto medievale, la musica d’insieme rinascimentale ed il canto barocco. Svolge attività di inculturazione ad alto livello con la costituzione, quattro anni fa, dell’Ensemble vocale “Il Turturino”. Il nome del gruppo ricorda il musicista Cornelio Antonelli detto il Turturino, frate agostiniano della fine del ‘500, attivo a Rimini e Cesena, cantore e compositore di madrigali e villanelle, collegato a grandi compositori dell’epoca. I componenti dell’Ensemble sono Giovanni Cantarini, direttore e tenore, Elisabetta Rinaldi e Maria Chiara Ciotti, soprani, Gabriele Petruzzo alto e Decio Biavati basso. L’Ensemble ha iniziato a provare, in un clima famigliare, studiando madrigali nel salotto di casa di Giovanni, ora residente a Coriano. Il concerto più rilevante, inserito nel programma della Sagra Malatestiana, è stato eseguito recentemente nel salone del Castello Malatestiano di Rimini accompagnato da validi strumentisti al liuto, alla ghironda, alla viola d’arco ed alle percussioni riscuotendo un grande successo dal folto pubblico. Un’altra attività in questo ambito della inculturazione riguarda la formazione di un coro polifonico diretto dallo stesso Cantarini formato dagli studenti del suddetto Liceo classico, una importante iniziativa per la formazione di giovani leve. C’è da segnalare la loro partecipazione al laboratorio “Voce poetica” e l’effettuazione di un concerto a Pesaro per il FAI.
La sua intensa attività di tenore come solista e come cantore in molti Ensemble polifonici e strumentali di fama internazionale lo ha portato nell’arco di molti anni ad esibirsi in centinaia di concerti nei maggiori festival europei di musica antica, negli Stati Uniti ed in Ecuador. Il suo repertorio spazia dalla monodia medievale, ai madrigali rinascimentali fino all’oratorio barocco, privilegiando tutti i generi e le epoche dove la musica è essenzialmente legata alla poesia. Ultimamente alcuni celebri compositori hanno scritto musica appositamente per lui. Occasionalmente svolge con cantanti attività di docente in master di poesia, metrica e letteratura italiana, nei corsi di canto barocco e monodia secentesca in Spagna e nel master di ensemble con il famoso Antony Rooley. Appare anche in emittenti radiofoniche e televisive. La sua attività è documentata da una notevole produzione discografica con le più rinomate marche specializzate. Collabora infine nella realizzazione di supporti multimediali per la scuola per la casa editrice Zanichelli. L’indole della eclettica personalità di Giovanni Cantarini può essere sintetizzata in questo pensiero di Goethe: “Ogni creatura non è che un tono, una sfumatura di una grande armonia che si deve studiare anche nella sua totalità e ampiezza altrimenti ogni altro particolare non è che una lettera morta”.
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amici che se ne vanno
di Nives Concolino
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Addio Zucconi, chirurgo innamorato di baseball e politica E’ stato una colonna del “Ceccarini”, un riferimento per tanti pazienti del posto e di altre province. Il chirurgo Walter Zucconi, 85 anni, primario di Chirurgia dagli anni Ottanta al primo agosto del Duemila, se n’è andato per sempre lo scorso 3 marzo. Una perdita significativa oltre che per il settore medico anche per quello sportivo. Il noto camice bianco è stato infatti il presidente per eccellenza del Baseball Riccione. La sua poliedricità, il dinamismo e l’amore per la sua città l’hanno indotto a impegnarsi pure in campo istituzionale, sicché raggiunto il pensionamento per limiti di età, ha svolto il ruolo di assessore. E’ successo nel’ottobre 2001, quando il sindaco Daniele Imola l’ha chiamato a far parte della sua giunta, affidandogli la delega del Bilancio e degli Affari generali, ruolo che ha svolto fino al termine della legislatura sempre con discrezione e fuori dai riflettori. Zucconi infatti non amava mettersi in mostra, si concedeva alla stampa solo quando lo riteneva indispensabile e per argomenti importanti. Socialista convinto, a livello locale aveva contribuito alla nascita del Partito Democratico. Dietro quell’aspetto un po’ sornione e burbero Zucconi, che ha lasciato la moglie Francesca e i figli, Roberta e Francesco, celava una grande umanità. Così dopo il pensionamento si è dedicato al volontariato, impegnandosi nell’associazione medica “Francesco Gnazzi”. Proprio attraverso questa realtà sono state fatte di-
verse donazioni al Ceccarini, compreso quelle servite all’acquisto della Tac e l’endoscopio, donato in ricordo di Giuseppe Savoretti, l’assessore scomparso prematuramente sei anni fa. Lungimirante come sempre, in vista dell’unificazione dell’azienda sanitaria che stava per diventare Grande Romagna, Zucconi nel 2013 lanciò un accorato appello per invitare medici, dirigenti e riccionesi a tenere alta la guardia del Ceccarini, che con questa operazione avrebbe rischiato di perdere pezzi. Allora il suo intervento sanguigno fu censurato. A distanza di cinque anni, lo stesso appello è stato fatto proprio da altri colleghi, tant’è che per non
rischiare di perdere servizi eccellenti e primari, com’è poi successo in un paio di reparti, lo scorso dicembre il consiglio comunale di Riccione ha approvato un apposito ordine del giorno. Zucconi, che cominciò a far carriera all’Infermi di Rimini per poi proseguire a Villa Maria, ha sempre portato nel suo cuore l’ospedale di Riccione. Voleva vederlo sempre più efficiente, all’avanguardia, ampio e dotato di servizi. Non è un caso che con altri primari si sia impegnato a realizzare il Dea, che ha fatto fare al “Ceccarini” il vero salto di qualità. La sua lungimiranza è stata determinante anche nel momento della scelta del suo successore; senza indugiare Zucconi ha posato lo sguardo sul chirurgo Gianluca Garulli di recente trasferito all’Infermi di Rimini. Cinque anni dopo il pensionamento Zucconi ha avuto l’idea di creare il Centro polivalente sanitario del Boschetto, che ha poi diretto, coivolgendo decine di specialisti. Con la stessa passione e con la sigaretta sempre in bocca, il noto chirurgo ha coltivato anche la passione per il baseball, che a Riccione durante la sua presidenza vinse il campionato di seconda divisione. La sua scomparsa ha lasciato un grande vuoto pure tra gli atleti della società Junior Rimini Baseball, presieduta dal figlio Francesco. Un particolare. Nella stessa compagine, in Under 18 e Serie B, milita il nipote Samuele, mentre i figli del fratello, Gilberto e Gastone Zucconi, sono rispettivamente manager e coach in Serie B.
Valter Patrignani, stella” del calcio che ora brilla in cielo E’ stato una punta di diamante della Riccione Calcio e punto di riferimento anche per altre compagini sportive. Valter Patrignani, apprezzatissimo goleador nell’epoca d’oro della squadra biancoazzurra, se n’è andato per sempre lo scorso 13 aprile a 80 anni. Lascia la moglie Pitti e le figlie, Barbara e Michela, nonché il fratello Armando, anche lui con un passatato da calciatore. Valter, già in forze nelle giovanili del Bologna, per diversi anni ha fatto parte anche della squadra del Rimini, anni fa quand’era in Serie C. Calciatore di talento, a Riccione era molto conosciuto anche per l’attività svolta come albergatore e volontario dello Ior, sempre disponibile, pronto a dare una mano. “Conoscevo molto bene Valter, anche perché ho giocato con suo fratello nel
Rimini per quattro anni. Era una persona, buona, disposponibile, un amico -ricorda Franco Nanni, ex giocatore riccionese di Serie A-. Era una promessa del calcio, con ottime prospettive e talento, ma il legame con la famiglia l’ha trattenuto a Riccione. Io ero più giovane l’andavo a vedere sempre come spettatore. Aveva un buon rendimento, vederlo giocare era un piacere!”. “Per lungo tempo è stato il simbolo della Riccione Calcio -fa eco Lele Montanari, già suo ex allievo-. Era attaccato oltre misura alla sua squadra. Aveva tutte le carte in regola per arrivare in Serie A. Seguirlo mentre rincorreva il pallone nel campo di viale Lazio per noi giovani era uno spettacolo”. Tante le persone che l’hanno salutato per sempre nella chiesa Gesù Redentore a Riccione Alba.
amici che se ne vanno
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Spartaco Selva, anima e cuore dell’A.S.A.R. Spartaco Selva era un organizzatore nato. Credeva fermamente in tutto ciò che la sua mente, la sua perseveranza, avevano creato e sviluppato. Ma sopratutto era un amico. Quando avevi la ventura di incontrarlo, in qualunque luogo, in qualunque circostanza, un saluto, un sorriso, una confidenza, l’annuncio dell’immancabile progetto erano assicurati. L’Abissinia era la sua Patria, L’ASAR il suo Regno. Nel rinomato Torneo Internazionale, da lui creato e inventato, aveva profuso tutta la sua caparbietà, la sua grinta e anche le sue risorse. L’annuale conferenza stampa di presentazione dell’evento era una occasione per incontrare amici, colleghi e conoscenti. Ricordo la luce che esprimevano i suoi occhi quando rivelava orgogliosamente l’elenco delle squadre e i personaggi che
di Edmo Vandi
avrebbero partecipato a quella edizione. Quando annunciò la partecipazione di una squadra proveniente nientemeno che dagli Stati Uniti, sembrò un padre che annuncia la nascita di un figlio. Covava i palloni come una chioccia cova le uova. Si racconta che in una occasione, mancando dalla conta finale un esemplare, gli fu rivelato che il giovane arbitro della partita si era portato alla chetichella la palla come ricordo della sua prima direzione. Saputo che avrebbe preso il treno, spedì velocemente un socio il quale, raggiunto l’impavido in attesa sul primo binario, gli sequestrò prontamente il maltolto. Ci mancherà questo personaggio, questo amico, che ha fatto onore allo sport e al nome della sua città, che, come tutti i riccionesi veri aveva profondamente radicata nel cuore.
Rino Cevoli e barbier ad San Lurènz
di Edmo Vandi
Oltre 170 persone hanno ricordato nei giorni scorsi un personaggio scomparso poco tempo fa, protagonista della storia e delle tradizioni di Riccione e in particolare del suo quartiere. Stiamo parlando di Rino Cevoli: “...e barbièr ad Sanluranzèin”, cultore del dialetto locale che ha lasciato “zirudèle” e poesie narranti vicende della famiglia, di amici e della Riccione popolare. La serata, denominata “1° MEMORIAL RINO CEVOLI” si è svolta nei locali dell’Osteria Taca Banda, condotta da Edmo Vandi, con la partecipazione del Gruppo Folkloristico “Al Mariette e Mingoun” diretto dal M° Valentino. Letture delle poesie di Cevoli sono state eseguite dalla moglie Giovanna, dal figlio Renzo e dall’amico di famiglia Toni. Ha concluso la serata da par suo, con l’abituale verve, il rinomato Umberto Carlini. Al termine ricco buffet a cura della famiglia e di Daniele Imola. La figlia Stefania ha espresso il proposito di rendere annuale e ricorrente questo Memorial dedicato al padre, vista la straordinaria riuscita di questa prima edizione.
Luciano Gobbi, l’operaio affabulatore Era un pionire dei levigatori, nonché uno storico commerciante di Viale Dante, Luciano Gobbi, se n’è andato per sempre lo scorso 4 marzo. Il 7 marzo avrebbe compiuto, 91 anni. Era un uomo dal volto gioviale e gli occhi chiari che ispiravano bontà. Grande lavoratore, molto conosciuto e stimato a Riccione per la sua vita passata a levigare i pavimenti in marmo, nelle case, negli hotel e in tante altre attività commerciali. Uomo di grande intelligenza e acutezza, era un profondo conoscitore dell’animo umano, un antropologo, sociologo, psicologo ed economista “honoris causa” che girava in Ape Car per le nostre strade, vestito da semplice artigiano. Per lavoro è stato a lungo in ginocchio, ma la sua vita l’ha attraversata a testa alta, da vero uomo giusto. Senza fare grandi cose, Gobbi ha reso grande la sua quotidianità rimanendo fedele nel tempo ai soli valori che contano: l’amore per la famiglia, il suo lavoro, la sua gente, la sua città. Ha amato profondamente sua moglie Teresa,
dov’era uno, c’era sempre anche l’altro. L’essere perfettamente complementari incantava chi li vedeva insieme. Rimar-
di ni.co.
rà perennemente impressa l’immagine di loro due seduti davanti casa, a godere insieme in silenzio dell’ora magica del tramonto. Nel loro negozio che odorava di casa, si veniva sempre accolti con calore, il tempo per due chiacchere non gli mancava mai. Luciano amava conversare di ogni argomento, era un affabulatore nato, ascoltarlo era un piacere. Con il suo acume sapeva leggere tra le pieghe della realtà il senso più vero e più profondo delle situazioni e degli accadimenti. Se fosse nato e cresciuto in una tribù indiana, Luciano Gobbi sarebbe sicuramente stato innalzato al ruolo di saggio anziano stregone, perchè coglieva in profondo la verità delle cose e sapeva condensarla e restituirla in laconiche sentenze che facevano sorridere e pensare. Con lui se ne va una persona unica e davvero originale, espressione di una generazione di romagnoli, e in particolare di riccionesi sagaci e autentici, che ormai va scomparendo.
www.taekwondoriccione.com
since 1978
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Il TKD (della Polisportiva) “aggredisce” il podio d’Europa Open Challenge Cup Belgio. I ragazzi del Taekwondo della Polisportiva di Riccione guidati dal M. Roberto Betti non hanno deluso le aspettative, hanno conquistato medaglie con tutta la loro determinazione e tenacia. I risultati sono arrivati dopo un ottimo campionato nazionale due settimane prima dell’Open in Belgio: il medagliere parla da solo, 4 Argenti (Filippo Migani, Marina Bagli, Linda Sacripanti, Alice Betti) e 2 Bronzi (Luna Uguccioni Federica Migani). L’Open Challenge Cup si è svolto a Tongeren il 3-4 marzo e oltre agli ottimi risultati nello sparring (combattimento) anche nelle poomsae (tecnica) sono andati molto bene con Alessandro Nicoletti che per pochissimi centesimi non è riuscito a salire sul podio ma ha conquistato meritatamente un ottimo 5° posto passando la qualificazione e perdendo solo la finale davanti a degli atleti di alto livello. Ottima prestazione anche di Maurizio Sanchi che però non è riuscito a passare il turno di qualificazione. Open Fano. Conclusa il 14 e 15 aprile, la gara di Fano ha visto salire sul tatami ben 41 atleti riccionesi tutti grintosi e determinati e infatti i risultati parlano chiaro! Il taekwondo della Polisportiva Riccione si aggiudica la coppa come 3ª società classificata con un totale di: 11 ori, 11 argenti, 7 bronzi tra adulti e bambini nelle competizioni di poomsae (tecnica) e combattimento, senza considerare che i nostri combattenti senior hanno dovuto purtroppo saltare questa gara. Il maestro Roberto Betti non può che essere fiero dei suoi ragazzi sia di chi con costanza partecipa alle competizioni e ogni volta aumenta esperienza e capacità sia di chi con coraggio ha partecipato per la prima volta. Ma la cosa più bella è vedere che i componenti del gruppo unito,
tra adrenalina, sconfitte e soddisfazioni, appoggiandosi l’un con l’altro, alla fine si divertono insieme. Poomsae (tecnica). Oro: Righini Marta, Casadei Anna, Lishchynska Stella, Sacripanti Linda. Argento: Ceci Carlotta, Rofrano Carlotta, Bernardi Marcello. Bronzo: Sanchi Maurizio, Sanchi Aurora. Combattimento. Oro: Anastasio Luca, Magnani Alessandro, Bagli Lara (in 2 cat.), Marzialetti Doralice, Lishchynska Stella, Barbera Milena. Argento: Cavalli Pietro, Messina Mathias, Marziali Jacopo, Gambuti Giulia, Arcangeli Arianna, Righini Marta, Bagli Martina, Comandini Rebecca. Bronzo: Achilli Ettore, Magi Simone, Bongiorno Marco, Gambuti Alessandro, Ninotta Alessandro. Un ringraziamento alla Polisportiva di Riccione per il sostentamento e al nostro DT Geo Ottaviani per gli incitamenti e i consigli. Scuola EX Fornace corso TAEKWONDO Lunedì 16:50 (bambini 5-8 anni) - 17:45 (bambini 9-13 anni) 18:45 (ragazzi 14-17 anni) - 19:35 (agonisti-adulti) - 20:35 (adulti) Mercoledì 17:45 (bambini 9-13 anni) - 18:45 (ragazzi 14-17 anni) 19:35 (agonisti-adulti) Venerdì 16:50 (bambini 5-8 anni) - 17:45 (bambini 9-13 anni) 18:45 (ragazzi 14-17 anni) - 19:35 (agonisti-adulti) - 20:35 (adulti) Giovedì 20:00 (corso agonisti) Scuola via Martinelli Scuola via Martinelli corso DIFESA DA STRADA Martedì 20:00 (ragazzi 15 anni-adulti)
Insegnanti D.T. Ottaviani Geo 7° Dan M. Betti Roberto 6° Dan Istr. Uguccioni Luna 4° Dan Istr. Sacripanti Linda 4° Dan
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pallanuoto rosa
Ragazzine spumeggianti e vincenti Eccoci di nuovo a parlare di pallanuoto, oggi con gioia al femminile. Infatti la sezione pallanuoto della Polisportiva Riccione da 2 anni ha dato spazio anche all’altra metà del cielo e in pochissimo tempo ha creato un gruppo, purtroppo non omogeneo, che esprime un’ottima pallanuoto con elementi di spicco come Laureti Federica, Protti Vittoria, Gnassi Giada, Albertini Sara (quest’ultima convocata nella squadra E. R. al torneo delle regioni svolto ad Avezzano). Queste, con altre ragazzine hanno debuttato nel campionato under 12 Uisp, una squadra quasi completamente al femminile. In campionato, dopo un timido inizio, perdendo con i fratelli della Polisportiva, predestinati a giocarsi un posto in finale, si sono rivelate delle cecchine infallibili, impallinando nell’ordine: Novafeltria, Ravenna, Cesena e Faenza. Ora si trovano al secondo posto nel girone Romagna del campionato. E sembra che nessuna di loro soffra di vertigini e vogliono restare ai vertici della classifica e giocarsi pure loro un posto in finale. Possono farcela, come dice il loro tecnico Montanari Maurizio, che le loda e metaforicamente le paragona a dei lupi, no a tigri o leoni ma a lupi, a chi bada, al risultato senza tanti fronzoli. La selezione vera e propria delle ragazze passa attraverso Luca Bellavista, D.T. della sezione che ne cura la formazione comprese le squadre che formano la sezione. Montanari Maurizio il tecnico che le segue in campionato, mette assieme il puzzle e le dirige in acqua. Ne parla con entusismo
ma ribadisce che non è semplicissimo dare un equilibrio a tutto perchè anche se formato da dodicenni l’universo femminile è altero e anarchico quasi un rebus per un uomo. Nella pallanuoto si da importanza alla formazione dei ragazzi e attraverso il divertimento del gioco si trasmettono valori e passione, cose rare oggi. Non è fatto erigendo dei modelli, ma inconsciamente. Perchè i primi a divertirsi sono i tecnici. La pallanuoto lancia una sfida soprattutto ai genitori, quelli che sono angosciati dai loro figli attaccati al vetro di un telefonino o ad un compiuter, senza desideri, circondati dal vuoto degli oggetti che si posseggono. Accendere un computer è facilissimo, per accendere una vita ci vogliono passioni. Portateli a giocare a pallanuoto; tre lezioni di prova costano venti euro. Venti euro per aprire un mondo per allargare un orizzonte per far nascere una passione. Orari acquagol corso base di pallanuoto 16.50/18.30 Lunedì /Mercoledì /Venerdì Info: Maurizio Montanari Responsabile Acquagoal Tel. 333 6769374 Luca Bellavista Tel. 335 8395385 Direttore tecnico pallanuoto
RICCIONE (stadio del nuoto) Via Monterosa 1/D Tel. 0541 660485
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salute
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di Alfredo Fanelli
Quando il cuore è “ballerino” Anche quest’anno il 12/13 maggio si sono incontrati a Riccione i “CUORI CAPRICCIOSI” di tutta Italia. Nati 7 anni fa da un Gruppo Facebook aperto e amministrato dal riccionese Alfredo Fanelli e alcuni suoi amici, dai primi 15/20 iscritti di allora si è arrivati agli attuali 2550. Un gruppo che prova ad informarsi/ confrontarsi/confortarsi sul problema della Fibrillazione Atriale e altre Aritmie e disturbi del ritmo cardiaco. Cercando per quanto possibile di essere un punto di riferimento per chi vive questi disturbi. La fibrillazione atriale è la più comune aritmia cardiaca, affligge 1 anziano su 12. Durante questa aritmia, gli atri del cuore si attivano con una elevatissima frequenza ed in maniera scoordinata generando un battito cardiaco irregolare e spesso accelerato (tachicardia). La fibrillazione atriale aumenta in maniera significativa il rischio di ictus cerebrale. E’ strettamente correlata all’età: i tassi vanno, infatti, dal 3% nei soggetti nella fascia d’età 6569 anni al 16,1% negli ultraottantacinquenni. Ma a soffrirne, in particolare, è l’8,3% degli over 65, con un dato più alto
Da sin.: il Prof. James L. Cox, ideatore della procedura chirurgica Maze IV; Alfredo Fanelli, Organizzatore e amministratore del gruppo “Cuori Capricciosi”; Dott. Stefano Benussi, Cardiochirurgo e vice primario University Hospital USZ di Zurigo.
tra gli uomini (9,1%) rispetto alle donne (7,3%). Il campione totale del progetto è stato costituito da 6.000 ultrasessantacinquenni. Questo è il 6° Incontro Nazionale, siamo cresciuti in modo esponenziale, lo scorso anno eravamo in 150. Questi incontri uniscono oltre al lato informativo, mediante l’apporto di Medici di riconosciuta fama, anche il piacere di incontrarsi e trascorrere due giorni insieme; apporto più che gradito visto che partecipano con entusiasmo senza clamore e completamente a loro spese. Oltre al Gruppo Cuori Capricciosi e Aritmie su Facebook abbiamo un sito www.fibrillazioneatriale.it con un forum dedicato, dove le varie esperienze riportate nelle discussioni restano a disposizione come in un archivio storico.
Riccione cultura sportiva Si è svolta Mercoledì 18 Aprile presso il Palazzo del Turismo la serata dedicata al progetto e relativo libro: “Sana cultura sportiva”. Presenti gli assessori Alessandra Battarra e Stefano Caldari, che hanno portato la loro testimonianza riguardo l’esperienza sportiva. L’assessore Battarra ha ricordato l’importanza dello sport e dell’agonismo legato ad una scelta personale e non forzata. L’assessore Caldari triatleta, ha esaltato lo sport anche come strumento per uscire dai momenti difficili. Ospiti d’eccezione Nicola Ciotti gemello di Giulio e Antonio Sabbioni. Nicola campione di salto in alto, ha raccontato episodi a tratti commoventi della sua crescita e quella del fratello, evidenziando lo straordinario rapporto con i loro genitori. Antonio Sabbioni babbo del nuotatore Simone, ha sensibilizzato la platea percorrendo diversi momenti della carrie-
di Fabrizio Serafini
Da sin.: gli assessori Alessandra Battarra e Stefano Caldari, l’atleta Nicola Ciotti, Antonio Sabbioni e Fabrizio Serafini.
ra del figlio, sottolineando il lato umano del rapporto. Il pubblico che ha sforato le 100 presenze, ha potuto apprezzare al di là dei risultati agonistici, il valore
del rapporto di relazione che si crea nell’ attività sportiva, un’apertura mentale che aiuta quotidianamente i giovani e non solo, nel percorso educativo personale.
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racconti la pagina in di dialetto edmo vandi
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Io e il “Mostro di Firenze” Era il periodo nel quale le prime pagine dei giornali erano piene delle notizie riguardanti le tragiche vicende del mostro di Firenze. Viaggiavo sul treno che porta da Roma alla capitale toscana. Poca gente nei vari scompartimenti e a me la fortuna di averne trovato uno completamente vuoto. Chiudo la porta, mi metto comodo. Le prime campagne toscane corrono dal finestrino. Tiro fuori un libro che mi stava interessando molto. Mi sento placidamente a mio agio. All’improvviso si apre la porta e un ragazzino sui sette-otto anni entra deciso. Richiude disinvolto la porta e mi si sie-
de di fronte. Lo guardo un attimo, ha lo sguardo furbo, l’aria del bambino curioso. Infatti, dopo avermi scrutato attentamente per alcuni minuti, mi fa: “Cosa leggi?” - “Un libro non vedi?”. - “Come si chiama?” - Gli mostro la copertina. Tace per un pò, poi: “Ti piace?” - “Certo, se no non lo leggerei”. Silenzio poi prosegue:”Come ti chiami? - Chi è tua moglie? - Dove sono i tuoi bambini? Come si chiamano?”. Non rispondo, voglio continuare a leggere in pace. L’argomento del libro mi chiama. Il bimbo ha scarpette blu con stringhe bianche. All’improvviso ne stampa una sul mio
stinco sinistro. “Ehi, amico, cosa fai, sei matto ?”. Per risposta mi viene centrato anche lo stinco destro. Reagisco: “Ma che cosa fai, cosa vuoi, dove sono i tuoi parenti , non hai genitori ?”. Gli sgrugno la faccia feroce, lo prendo per un braccio, lo deposito in corridoio e chiudo la porta. Riprendo il mio 34 ° capitolo. Dopo un pò alzo gli occhi e vedo che chi passa in corridoio si ferma davanti alla porta e guarda dentro con espressione, si direbbe, preoccupata. Non capisco e riprendo a leggere. Entra il controllore. “Biglietto?” poi mi dice: “Cosa ha fatto a quel bambino la fuori? E’ seduto sullo strapuntino e dice a tutti quelli che passano: Là dentro c’è il mostro, il mostro di Firenze!”. Esco allarmato in tempo per vedere il ragazzino che, tirato per una mano, viene trascinato recalcitrante da quello che dovrebbe essere il padre. Alla stazione di Firenze mi affaccio al finestrino e scorgo, tra la folla che defluisce, il ragazzino in mano ai due genitori. Tutto sommato l’ho trovato simpatico. Si volta, mi vede, lo saluto con un cenno della mano. Mi dedica una lingua lunga un palmo.
Quasi Modo alla Edmo
Ognuno si compra un bel frutto di serra maturato senza un raggio di sole Ed è subito pera Anni ‘40: quando sul Lungomare correvano i futuri campioni!
Art: De Grandis
I rasunamènt per capì la vita La prima telefonèda dla Vèdva (ma l’amìgh): “Stasera tpò antrè da la porta” Og ho vù un’idea inteligènta. L’è stè una novità asolùta dla mi vita.
Signor fam véda a pruvè emènch un Prugèt ad Adriano Prioli e... ...dep arcojme po’ azchènt ad cl’Alma Benedèta !
La cunsulazioun de mediocre l’è pansè che ènca e Supergenie e mor. E Puletich l’ariva me sucès se i ne ciapa mai se fat. A m’arcòrd ancora la prima volta che ho fat l’amòr. Ho ancora la ricevuta.
La pagina del dialetto
39 di Giuseppe Lo Magro
Una parola più significati Ragn= 1 Ragno - 2 (R. paghèn) Pesceragno. Raganèla= 1 Raganella - 2 Raucedine da catarro - 3 Strumento per gracidare. Ragujoun= 1 Ragaglie di pollo - 2 Apparato genitale maschile (dispregiativo). Rèta= 1 Rottura - 2 Passaggio nella neve. Ràza= 1 Ràzza, stirpe - 2 Raza = Razza (pesce). Rèm= Ramo. Rém= Remo. Rèmula= 1 Crusca – 2 Lentiggine. Réc= 1 Ricciolo, boccolo – 2 Truciolo- 3 (Baghin réc) Porcospino. Ròsp= 1 Rospo - 2 Rana pescatrice. Sbadaj= 1 Sbadiglio - 2 Spiraglio- 3 Apribocca. Scaja= 1 Scheggia, scaglia - 2 Miseria. Scanadur= 1 Coltello per smontare il maiale - 2 Camera per incontri amorosi proibiti. Scapèda= 1 Breve viaggio- 2 Battuta di spirito. Scòfia= 1 Cuffia, cresta - 2 Cotta d’amore. Scur= 1 Buio, oscuro – 2 Imposta, scuretto – 3 Nuvole preludio al temporale. Sèc= Secchio. Sèch= 1 Secco, asciutto - 2 Magro. Sèca= 1 Siccità, arsura - 2 Banco di sabbia in mare. Seda= 1 Sete - 2 Seta - 3 (Met-te da seda) Mettiti a sedere. Sghèda= 1 Segata - 2 Fregatura- 3 Coito. Sghèt= 1 Seghetto - 2 Colpo mancino. Smènta= 1 Seme, semenza- 2 Chiodino da calzolaio. Sòra= 1 Suora, monaca - 2 Recipiente di terracotta per braci. (A) Sora= Sopra. C Spèc= Specchio. (B) Spéch= Spicco. Spéc= Spiccio, rapido - 2 Denaro in piccola taglia, monetine. Squéz= 1 Schizzo, spruzzo - 2 Piccola cosa mancante- 3 Debituccio. Testa= 1 Testa - 2 Intelligenza - 3 Insaccato di maiale. Tétul= 1 Titolo - 2 Capezzolo. Tòch= 1 Pezzo di qualcosa - 2 Bacato (frutto) 3 Tocco della campana - 4 Un po’ matto. Tòf= 1 Tuffo - 2 Tufo. Travaj= 1 Travaglio, turbamento - 2 Lavoro. Trépa= 1 Pancia dell’obeso - 2 Stomaco di animale. (C) Usèl= 1 Uccello - 2 Membro virile. (D) Vela= Vela. Véla= Villa. Vèrs= 1 Lato - 2 Voce sgarbata - 3 (Fè e vèrs) Imitare. Zòch= 1 Cepp, zocco - 2 Uomo poco intelligente.
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Passeggiando... a cura di Giuseppe Lo Magro
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