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Ansia da ricarica. L’antidoto? Una buona comunicazione

Curioso. Chi guarda con sospetto alle auto elettriche, motiva questo atteggiamento soprattutto con la famigerata “ansia da ricarica”. Chi invece già possiede un Bev, dichiara di non voler assolutamente tornare indietro. Strana contraddizione.

Forse motivata, più che da ragioni concrete, da pregiudizi o scarsa conoscenza delle opportunità e delle modalità di ricarica.

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Guardiamo più in profondità come si esplicita l’ansia da ricarica: uno studio di Deloitte (di cui parliamo in questo numero) spiega che si può dettagliare in tre voci, che vanno dalla limitata autonomia (o presunta tale), ai lunghi tempi di ricarica, fino alla insufficiente disponibilità di infrastrutture di ricarica ad accesso pubblico.

Ma è davvero così? Noi sappiamo che in realtà le cose stanno diversamente.

Sul primo punto, la stragrande maggioranza di chi utilizza auto lo fa abitualmente con percorsi per i quali l’autonomia di un veicolo elettrico è più che sufficiente.

Sui tempi di ricarica, vanno considerate diverse modalità di utilizzo: da una parte sono sempre più capillari i sistemi Hpc, dall’altra la ricarica notturna tramite wall box azzera il problema dei tempi di attesa. Sul terzo, sappiamo che la crescita delle installazioni pubbliche è verticale, e macina nuovi record trimestre dopo trimestre (+48% nel 1Q 2023 sullo stesso periodo del 2022).

Allora, come sciogliere il nodo di questa errata percezione della realtà da parte del grande pubblico?

A nostro avviso tutto il settore deve farsi carico di uno sforzo di comunicazione maggiore. Non basta mostrare negli spot delle case automobilistiche gli ultimi luccicanti modelli elettrici: c’è una inedita relazione con il veicolo da far comprendere; nuove abitudini di utilizzo; e nuove risposte ad esigenze diverse da quelle del passato. La barriera delle fake news è tanto dura da sconfiggere quanto la pigrizia mentale di chi dovrebbe sapere raccontare il cambiamento in atto (pensiamo ad esempio al mondo dell’informazione). Come vincere questa battaglia? Sicuramente occorre un grande e continuativo sforzo. E tanta immaginazione.

Abbiamo apprezzato molto, ad esempio, l’iniziativa di Ionity che ha coinvolto un gruppo di giornalisti della carta stampata in un viaggio da Milano a Oslo (e ritorno) per testare l’utilizzo di auto elettriche e l’efficienza della propria rete di ricarica. Ottima idea. I giornalisti coinvolti hanno ammesso di essere rimasti positivamente sorpresi da questa esperienza. E, aggiungiamo noi, sono diventati testimonial dei vantaggi del viaggiare elettrico.

È facendo toccare con mano i vantaggi di cui tutti noi del settore siamo persuasi, che si possono più agevolmente vincere le resistenze (spesso interessate).

E poi c’è un altro fattore, su cui il settore rischia un clamoroso autogol in termini di comunicazione. Ad oggi il 23% delle colonnine installate non è funzionante: spesso perché in attesa di autorizzazione, a volte per guasti e problemi tecnici. Pur sapendo che si tratta di una percentuale in calo, non dobbiamo dimenticare che anche queste colonnine svolgono la funzione di testimonial che mandano un messaggio fortemente negativo e controproducente.

Nessun dubbio sul fatto che il futuro sarà elettrico, ma che i tempi di questo cambiamento possano essere più o meno rapidi, dipende soprattutto da noi. Dalla qualità della rete di infrastrutture di ricarica che stiamo realizzando, e anche dalla capacità di rappresentarne la portata innovativa agli occhi del grande pubblico. La

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