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Crescono le richieste di restituzione di cani e gatti

Dopo il boom di acquisti e adozioni durante il lockdown del 2020, nel 2021 l’Enpa ha iniziato a registrare un sensibile aumento dei casi di pet parents che chiedono di poter consegnare ai canili i loro animali. Un fenomeno preoccupante, difficile da contrastare, che ha alla base diverse motivazioni, tra le quali anche quella di famiglie che con troppa superficialità e senza il giusto supporto hanno deciso di comprare un pet senza conoscerne le esigenze.

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di Franco Radice

Animali acquistati o adottati che vengono poi portati in canile perché una famiglia non vuole più occuparsene, oppure perché si è nell’impossibilità di continuare a prendersi cura del proprio pet. Un fenomeno cui si sta assistendo, dopo che nella primavera dell’anno scorso si era registrato un netto balzo in alto del numero delle adozioni che aveva fatto chiudere il 2020 con un +15% rispetto al 2019 (dati Enpa). L’allarme è stato lanciato prima dal Corriere della sera e ripreso poi anche dal Tg5 e su Rai 1; un problema evidenziato inizialmente dall’Enpa di Monza e Brianza ma che si sta riscontrando anche a livello nazionale.

COSA STA SUCCEDENDO / Nel secondo semestre 2020, in piena emergenza Covid che aveva portato il governo a imporre radicali misure restrittive di socialità e spostamenti, l’incremento di richieste di adozioni di cani e gatti era stata conseguenza di più ragioni, le più importanti delle quali sono state l’esigenza delle persone di non sentirsi sole e il bisogno di affetto. Un fenomeno di rilevanza nazionale che ha coinvolto i canili ma che ha riguardato anche molti acquisti di animali online o direttamente dagli allevatori. Passata questa fase di autentico boom, i rifugi hanno iniziato a registrare l’incremento di casi di famiglie che non volevano più occuparsi del loro animale; soprattutto cani ma anche gatti. Il fenomeno non riguarderebbe tanto gli esemplari presi da canili e gattili, quanto quelli acquistati direttamente da altri canali, ad esempio Internet. Alcune richieste di restituzione sono fisiologiche e ci sono sempre state ma per motivazioni ben definite e serie. Legati al Covid si sono registrati casi di anziani deceduti con la famiglia che non ha poi più voluto farsi carico dell’animale piuttosto di proprietari morti in solitudine che hanno quindi lasciato il proprio cane o gatto. Ci sono stati anche casi di pet parents che a causa di difficoltà economiche non hanno più potuto sostenere il costo di mantenimento di un cane, così come è capitato che stranieri rientrati in patria dopo il lockdown, non hanno potuto farsi carico dei costi di trasporto aereo per l’animale. Così come non mancano i casi di neo-proprietari che si scoprono allergici al pet. Tutte queste sono motivazioni serie per le quali i canili sono disponibili a ritirare gli animali non senza aver compiuto tutti i tentativi per evitarlo. Alcuni, ad esempio, vanno incontro alle esigenze economiche delle famiglie in difficoltà, donando cibo per il cane o il gatto. Oppure, nel caso in cui un pet parent non riesca a far fronte alle spese veterinarie, il canile può far intervenire gratuitamente i suoi veterinari o gli educatori se ci si trova di fronte a un esemplare stressato o aggressivo che può spingere un proprietario a volersene liberare. In ogni caso, si cerca sempre una soluzione alternativa e se non si trova, l’animale viene accolto nel rifugio.

ADOZIONI O ACQUISTI SUPERFICIALI / Gli operatori Enpa, però, hanno segnalato che una percentuale consistente di pet owner avrebbe chiesto di poter consegnare l’animale per motivazioni più superficiali. Se durante il lockdown erano costretti a stare a casa, la recente prospettiva di riprendere un

tenore di vita sociale con meno restrizioni starebbe causando qualche ripensamento in chi non è più disposto a dedicare il tempo e la cura necessari alla gestione di un pet. In questo panorama, inoltre, una parte di pet parents starebbe affermando di aver sbagliato la scelta del tipo di cane. Alcuni soggetti possono essere infatti inadatti, per razza, dimensioni e natura, a determinati ambienti casalinghi. Dichiara Carla Rocchi, presidente nazionale Enpa: «Diverse famiglie si sono avvicinate ai cani senza conoscerne le esigenze. Non hanno valutato che adottare un animale richiede di prendersene cura tutti i giorni». Questo tipo di comportamento potrebbe essere dovuto anche al fatto che una buona parte delle adozioni recenti non sarebbe avvenuta attraverso i canili o gli allevatori ma in canali non tradizionali, o comunque senza un contatto diretto con un professionista. Nei rifugi infatti, ad esempio, è prevista una fase di preaffido in cui a chi è interessato vengono fornite tutte le informazioni possibili sull’animale da adottare e a cui viene consigliato l’esemplare più adatto. «Ci sono stati molti acquisti direttamente da cucciolate, senza che si sapesse nulla dell’animale preso. Per non parlare di chi si è rivolto a venditori improvvisati o che operano tramite Internet» ha affermato Carla Rocchi. «Spesso si è trattato di acquisti superficiali, senza il controllo, il conforto e il sostegno di esperti in grado di consigliare i nuovi proprietari. Sono convinta che, se durante i mesi di chiusura fosse stato possibile continuare ad andare nei canili, pur con tutte le precauzioni indispensabili, molti dei problemi legati alle restituzioni non si starebbero verificando». Riguardo alle cifre relative a livello nazionale, l’Enpa fa sapere che il saldo rimane comunque attivo e che fortunatamente la maggior parte degli animali adottati o acquistati sarebbero rimasti presso la nuova famiglia. Dati e numeri li

Durante il lockdown della scora primavera, diverse famiglie hanno acquistato un cane senza adottarlo dai canili ma attraverso canali non tradizionali

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