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JAN-JAN VAN ESSCHE

PEOPLE

Jan-Jan Van Essche

Stilista

«Per me le barriere tra i generi non esistono. Quello che conta è suscitare emozioni»

Lontano dalle ribalte internazionali, il designer di Anversa ha saputo costruire una sua estetica molto personale, in cui parole come fluidità, patrimonio culturale, artigianato e "human collective" sono le fondamenta. Una storia che ora racconta a Pitti Uomo, dove è Designer Project

DI CARLA MERCURIO

Ph Pietro Celestina

Un ritratto di Jan-Jan Van Essche (in alto) e un outfit della sua collezione (sopra). Lo stilista, nato ad Anversa, si è laureato nel 2003 alla Royal Academy of Fine Arts della città, dove ha il suo studio di design. Ora pensa ad ampliare la collezione con nuove merceologie

Ph Wannes Cré

Nata nel 2010, la sua collezione sfila per la prima volta in assoluto a Pitti Uomo. Perché ha scelto questa fiera?

In realtà è andata al contrario, siamo stati invitati dall'organizzazione di Pitti Uomo. C’era già stato un contatto in passato, quando gli organizzatori hanno visitato la nostra showroom e ci hanno invitato ad alcuni eventi. Ora ci è sembrato il momento giusto per realizzare il progetto e siamo grati per l'opportunità che ci è stata data.

Cosa si aspetta dalla kermesse fiorentina?

Sappiamo che ci porterà più visibilità e una piattaforma più ampia per raggiungere nuove persone. Avremo l'occasione di mostrare la filosofia della collezione e di raccontare la nostra storia. Porteremo sotto i riflettori il nostro Project#11 per la stagione Fall/Winter 2023, che getterà uno sguardo sui nostri archivi con un nuovo punto di vista. Il nostro è un percorso continuo di apertura, umanità condivisa, una visione del futuro radicata nella storia.

Quali sono le sue principali fonti di ispirazione?

Lo “human collective”, i diversi patrimoni culturali e la vasta conoscenza che c’è dietro l'artigianato tradizionale sono le principali fonti di ispirazione. Quando si viaggia si vedono le cose più chiaramente, poiché si ha una visione meno contestualizzata delle cose, per cui l'ispirazione arriva facilmente. Ma negli ultimi anni, quando viaggiare non era così facile, mi sono ispirato anche a ciò che mi circondava. Abbiamo la fortuna di avere casa, negozio e studio molto vicini tra loro, in una zona molto vivace e variegata. Il quartiere, con tutti i suoi abitanti, è un terreno molto fertile per un designer come me.

Cosa significano le parole genderless e fluidity per il tuo brand?

Preferisco vedere le persone semplicemente come persone, a prescindere dal genere. Molti dei capi che innescano la mia ispirazione sono genderless. La forma e la costruzione di un kimono, ad esempio: le varianti maschile e femminile sono quasi le stesse per quanto riguarda modello e costruzione. C'è così tanto che abbiamo in comune e i vestiti che realizzo si concentrano maggiormente su questo. Anche quando usiamo elementi del classico guardaroba maschile, le proposte sono indirizzate a chiunque ne riceva un’emozione.

Ripeterà l'esperienza della sfilata?

Forse sì. Prima non l'abbiamo mai considerata una parte essenziale del nostro storytelling. Ma ora, dopo aver realizzato cinque film insieme al regista Ramy Moharam Fouad durante la pandemia e aver preparato questo evento a Pitti Uomo, nascono spunti per altri modi di presentare. Ma deve essere l’idea giusta al momento giusto. Molto probabilmente sceglieremo Parigi, dove presentiamo la nostra collezione durante la settimana della moda uomo da più di dieci anni.

Com’è evoluta la collezione nel tempo e dove la produce?

La collezione è cresciuta lentamente ma costantemente. La filosofia non è cambiata molto, ma i vestiti sì. Ho perfezionato il modo di esprimere la mia idea senza inserire troppo del mio ego artistico, con l’obiettivo di migliorare i capi e l'esperienza di chi li indossa. La collezione è prodotta in Europa, principalmente in Belgio ma anche in Polonia, Romania e Ungheria. Lavoriamo in modo indipendente da 12 anni e al momento vendiamo le nostre proposte in 40 negozi in 13 Paesi.

Ho visto che ha disegnato i costumi per l'opera Alceste. È la sua prima esperienza in questo campo?

No, non era la prima volta. Dal 2016 ho avuto la fortunata opportunità di collaborare con il coreografo Sidi Larbi Cherkaoui su sei delle sue creazioni, tra opera, danza contemporanea e balletto. È sempre bello poter intraprendere questi viaggi creativi.

E-commerce e sostenibilità: a che punto siete con questi temi?

Abbiamo il nostro negozio Atelier Solarshop ad Anversa, dove le vendite online si sono rivelate importanti quanto lo store fisico. Ma l’e-commerce non è il modo più semplice di presentare i nostri capi, poiché molti dettagli rimangono invisibili fino a quando non si indossano. Per quanto riguarda la sostenibilità affrontiamo questo tema cercando di lavorare nel modo più umano possibile, impiegando solo fibre naturali, cercando di realizzare abiti che possano durare, utilizzando il più possibile coloranti naturali, trattando le persone con cui lavoriamo in modo equo e non producendo più del necessario. 

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