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FERRETTI: L’ITALO-IRLANDESE CHE HA CAMBIATO FACCIA ALLA FALC
Da quasi 30 anni la manager è fedele all’azienda di calzature, titolare anche di Naturino e Falcotto, dove ha scalato tutti i gradini gerarchici, fino a diventare ceo. Si dice curiosa e ottimista. E riguardo ai ruoli di comando ha le idee chiare: «Si diventa leader solo con l’integrità»
DI ANGELA TOVAZZI
Da quasi 30 anni Salina Ferretti è tutt’uno con la Falc, azienda di Civitanova Marche che spazia nel mondo dell’adulto e del bambino con sei marchi di calzature: Naturino e Falcotto, Voile Blanche, Flower Mountain, Candice Cooper e W6yx. Il suo percorso professionale ha disegnato un’evoluzione naturale, come lei stessa ci racconta, ma non per questo scontata, visto che è passata dagli elettrodomestici alla moda e ha poi via via scalato più gradini gerarchici, fino a diventare ceo di un’azienda da quasi 100 milioni di euro di fatturato.
Lei è italo-irlandese, laureata alla Bocconi in programmazione e controllo: come è arrivata alla Falc?
Alla moda non ci pensavo. Mi piacevano i numeri e la matematica. Dopo la laurea ho fatto l’Erasmus in Germania e ho iniziato a lavorare per la filiale tedesca della Merloni a Francoforte, dove sono rimasta tre anni. Alla Falc mi hanno chiamato perché parlavo bene le lingue: sono sempre stata curiosa, tanto da vivere anche in Paesi diversi, come l’Olanda e la Cina. Ho cominciato a viaggiare, conoscere agenti e venditori e nonostante le resistenze iniziali sono entrata in azienda come commerciale estero.
Da lì però non si è più fermata. Quali sono stati i momenti chiave?
Non parlerei di momenti chiave. È stata una progressione molto naturale. Prima sono diventata responsabile delle vendite estero, poi ho preso la direzione commerciale, successivamente la direzione generale e da sei-sette anni ricopro il ruolo di ceo.
Il fatto di essere una donna non l’ha intralciata?
Direi di no. Mi sono sempre sentita trattata come una persona, dentro e fuori l’azienda. Il genere non ha impattato. Questo non vuol dire che non esista il gap tra uomini e donne, soprattutto quando si sale ai piani alti della piramide. Anche nel mondo delle imprese c’è ancora molta strada da fare per azzerare questa distanza, ma abbiamo la fortuna di essere nate in un momento storico e in un’area geografica più favorevoli da questo punto di vista. Indubbiamente le donne portano un’energia diversa quando arrivano nei ruoli apicali e il bilanciamento con la preponderanza di presenza maschile fa sempre bene alle imprese. Va però anche sottolineato che più si sale in azienda, più crescono gli impegni e le responsabilità. Bisogna saper accettare le sfide, avere la voglia di migliorare e l’ambizione di competere.
Anche se le incombenze familiari a volte pregiudicano avanzamenti di carriera...
Questo vale però anche per gli uomini. Per ottenere e mantenere ruoli importanti sono fondamentali complicità e flessibilità con il partner nella gestione della famiglia. Ogni carriera, sia al maschile che al femminile, funziona se c’è un gioco di squadra.
Lei che tipo di leader si sente?
Non ho mai fatto perno su un potere calato dall’alto, in una logica top-down. Credo nel confronto orizzontale, nel coinvolgimento, nella responsabilizzazione. Il capo non è quello che comanda, è quello che sa indicare la direzione e convincere la squadra a seguirlo.
Oltre alle competenze cosa ci vuole?
Le skill da mettere in campo sono tante, ma la conditio sine qua è sicuramente l’integrità, l’onestà nei comportamenti. Per essere un leader devi essere riconosciuto come tale. Le persone devono fidarsi di te. Non da meno è importante saper gestire i conflitti che possono venire a crearsi all’interno del gruppo di lavoro. Captare i segnali e agire di conseguenza. Preservare l’armonia è fondamentale. Come lo è dare spazio e fiducia anche alle persone meno “scontate”.
L’impronta personale che Salina Ferretti ha portato in azienda?
Sicuramente la curiosità e il desiderio di esplorare, che forse viene dal fatto di essere italo-irlandese, cresciuta a cavallo tra due Paesi. E poi il mio naturale ottimismo, con la capacità di mantenere il sorriso anche nei momenti più difficili.
Lei sta guidando la Falc da circa sette anni: come l’ha cambiata e in che direzione la sta portando?
Con lo spostamento del business verso le collezioni da adulto, che oggi valgono circa il 70% del fatturato, ci siamo avvicinati molto di più al mondo della moda, presenziando alle fashion week di Milano, Parigi e New York, con un impatto anche sul percepito. Negli ultimi anni abbiamo registrato crescite a doppia cifra nel fatturato (nel 2023 a quota 95 milioni, ndr). Il 2024 è stato un anno complicato e di consolidamento, ma ci stiamo attrezzando per accelerare nel 2025. La Falc è arrivata a un punto in cui è essenziale dare un colpo di reni per salire al livello successivo e per farlo è d’obbligo evolversi con velocità. Ma, ancora una volta, sono ottimista: ho la fortuna di avere un team davvero predisposto al cambiamento.