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«PITTI BIMBO 100 MA ANCHE 001: PERCHÉ IL MERCATO CAMBIA E NOI CON LUI»
Una 100esima edizione da considerare anche come la prima di un nuovo corso: Pitti Bimbo guarda avanti puntando su un format più snello, a partire dalla durata di due giorni (22-23 gennaio), e meno oneroso per espositori e visitatori. «In questa svolta, servizio e un lavoro ancora più approfondito di editing vanno di pari passo», sottolinea il direttore generale di Pitti Immagine, Agostino Poletto
DI ALESSANDRA BIGOTTA
Pitti Bimbo celebra la sua 100esima edizione. Un numero che voi di Pitti Immagine avete voluto rileggere anche al contrario, come 001: come mai?
Penso che sia giusto e bello festeggiare un traguardo così significativo per una rassegna importante, ma che questa cifra tonda sia anche da considerare come un nuovo inizio. L’idea è quella di ripartire, riformulare e riprogettare, con la consapevolezza che cambia il mercato e noi con lui. Abbiamo pensato all’evento di gennaio come a una vera prima edizione, che spazia dalla moda al lifestyle nelle sue sfaccettature (compreso il food, una novità con nomi come Bibanesi, Gabriele Rocchi, Nocciole.it e Torta Pistocchi), avvalendosi di un format più snello, su due giorni, e meno oneroso per i partecipanti: il che significa ingresso libero per i visitatori, soprattutto per riportare in Fortezza i retailer italiani, e stand preallestiti per gli espositori, contestualizzati in un nuovo percorso ad anello ideato da Ilaria Marelli. A interromperlo quattro isole tendenza, spazi ispirazionali dedicati ad altrettanti macro temi. C’è stato da parte nostra un ascolto molto attento delle esigenze di aziende e compratori dopo anni in cui il settore si è trovato, prima di altri, ad affrontare notevoli criticità su tutti i fronti: basti pensare, al netto del Covid, alle ripercussioni del conflitto tra l’Ucraina e la Russia, che per lungo tempo è stata il primo mercato per il childrenswear italiano e, a livello distributivo, alla polarizzazione tra il segmento alto e il basso, con il medio che ha particolarmente sofferto.
Molta concretezza in fiera, ma forse meno effetto wow?
Tutt’altro. Prendendo spunto da altri saloni di cui ci occupiamo, come Fragranze, Testo e Taste, abbiamo ragionato nell’ottica di un racconto collettivo, concentrandoci su una prova forte dal punto di vista dell’editing e della curatela. La nostra non è una politica di scontistica, piuttosto puntiamo su un modo diverso di fare saloni. Per esempio gli stand sono sì preallestiti, con un risparmio per i brand fino al 20%, ma anche contraddistinti da personalizzazioni cromatiche che mettono in risalto i prodotti. Abbiamo in Fortezza anche momenti di formazione e networking, tra cui gli Speed Date della moda, alla loro terza edizione (appuntamenti brevi e mirati tra i brand e i buyer o la stampa), l’incontro con Shop Survival e altri progetti con- vedere, abbiano una “bussola” per orientarsi facilmente tra i vari stand alla scoperta del salone. Pitti Bimbo 100/001 - il cui ingresso è ora da Porta Faenza - debutta con un nuovo layout: firmato da Ilaria Marelli, che collabora da tempo con l’ente fiorentino, si ispira al Gioco dell’Oca per svilupparsi su una promenade, un lungo viale circolare che attraversa una città - la manifestazione - colorata e vivace. Un percorso sul quale si aprono quattro piazze tematiche, con installazioni editoriali a tema: Newborn Style! (il primo guardaroba dei newborn), Be Magic! (abiti e accessori per le grandi occasioni), Play Outdoor! (tutto per la vita all’aria aperta) e Super Snow! (capispalla e altro per proteggersi dal grande freddo). «Si tratta di un circuito a doppio anello, che sfocia nelle quattro piazze e offre visibilità a tutti i brand, i cui stand sono appunto come tante caselle del gioco che ha accompagnato l’infanzia dei grandi ma che è amato anche certati con influencer. Tra le iniziative speciali, oltre al concerto del Piccolo Coro dell’Antoniano - che indosserà capi disegnati e realizzati da Magil, in vendita nel suo stand - vorrei citare quella realizzata con Monnalisa, al suo rientro in fiera, che coinvolgendo sei mamme influencer e i loro figli-mini ambassador, sia in Fortezza che online già prima della manifestazione, ha scelto di dare vita quasi a una “TV del Pitti Bimbo”, nel segno dello storytelling e dell’omnicanalità. Non mancano poi le capsule create da una quindicina di brand per il 100esimo anniversario in vendita, in esclusiva, a Pitti Bimbo e sulla piattaforma Pitti Connect. Ma ovviamente c’è molto altro.
Oggi diverse aziende, non solo di moda infantile, tendono a fare da sé: più presentazioni in showroom, più appuntamenti fuori dagli schemi abituali. Perché essere a Pitti Bimbo può costituire un valore aggiunto?
Una scelta basata sul contenimento dei costi è comprensibile, ma il lavoro di un brand nella propria showroom è differente da quello legato a un momento collettivo come Pitti Bimbo. Il compito del salone è presentare una selezione ottimale di prodotti, di moda ma anche di lifestyle, che stiano bene insieme. In altri termini, quello che si riesce a fare in fiera è più della somma di tutto ciò che si può fare da sé, perché ci si immerge in una dimensione collettiva che permette di confrontarsi con i concorrenti e, più in generale, con il mercato. Pitti non opera da solo ma si avvale di un main partner come UniCredit e della sinergia con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e di Agenzia Ice, che si traduce nell’incoming di buyer esteri di prima grandezza, portavoce sia dei più importanti department store, sia di boutique, concept store, negozi di ricerca e selezionati e-shop.
A proposito di estero, tra gli oltre 150 espositori la percentuale di stranieri è alta (65%), ma tenete a sottolineare che Pitti è sinonimo anche del meglio dell’italianità in piccole taglie…
Penso che l’internazionalizzazione fortifichi un po’ tutti come accade nello sport, dove ci si confronta ad armi pari con competitor dalle caratteristiche diverse dalle proprie. L’esigenza da parte di Pitti di valorizzare il prodotto fatto in Italia o con forti radici italiane non significa chiusura o difesa del localismo, ma valore interessante per un mercato globale che va sempre più alla ricerca di prodotti durevoli in materiali di qualità, con lavorazioni accurate e una narrazione coinvolgente. Mi vengono in mente marchi come Blauer, un ritorno importante, Sarabanda, Jesurum, Rondinella, Roy Roger’s Kids con il debutto della capsule MiniRoy, dedicata al bebé, L’Orsobruno, Monnalisa, Magil, Catya, Story Loris, Falcotto e Naturino e Bufi, solo per citarne alcuni.
Qual è il suo stato d’animo e come vede Pitti Bimbo nel futuro?
Io e tutto il team di Pitti siamo soddisfatti del lavoro fatto per questa edizione 100/001: la nostra convinzione è che una fase tuttora complessa vada affrontata con coraggio, persino con audacia, pensando al salone come a un lavoro collettivo di buyer, espositori e altri operatori. Dobbiamo far sì che il compratore non venga da noi solo per visionare marchi e collezioni, ma perché qui può trovare suggerimenti, tematiche e storie in grado di stimolare la sua attenzione. Vedo Pitti Bimbo sempre più come una fiera informativa, di servizio, curata dal punto di vista estetico e aperta a nuove sperimentazioni, come quella a cui accennavo a proposito di Monnalisa. Il futuro è restare B2B, ma mutuando idee e strumenti anche dal B2C.