FASHION FOCUS KIDSWEAR_E-Paper_january2025

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FOCUS

KIDSWEAR

Celebrare un traguardo importante e, in parallelo, un nuovo inizio: così l’edizione di gennaio di Pitti Bimbo è al tempo stesso 100 e 001. Anche per questo numero di Fashion si può parlare di “001”.

Torniamo infatti a dedicare un’uscita speciale a un settore che, temprato da anni complessi, si ripensa, rilancia e getta le basi per voltare pagina.

IL SETTORE E IL SALONE
La parola agli imprenditori e agli organizzatori di Pitti Bimbo, che investe nel cambiamento
CUORE E TESTA DEL MERCATO
Retail e showroom multimarca: dall’anello cruciale della filiera testimonianze e mosse strategiche
L’IMPRESA È DONNA
Intuito, coraggio e visione: Salina Ferretti di Falc e Maria Chiara Maggi di Magil

Leonardo Basagni Direttore Generale

Giovanni Basagni Presidente e Fondatore MINICONF

PER IL 2025-2027

STRATEGICO L’EXPORT

«Il2024 è stato un anno di investimenti e nuovi progetti per Miniconf, i cui risultati saranno visibili già dal 2025. La previsione è di chiudere il 2024 con circa 66 milioni di euro di ricavi, dai 70 milioni del 2023. Un risultato influenzato dalla nostra strategia distributiva, sempre più selettiva, che ha portato a interrompere la collaborazione con i partner grossisti. Questa scelta, motivata dal fatto che il canale non è più in grado di generare numeri significativi, ha un impatto sulle performance di breve periodo, mentre l’abbigliamento bambino attraversa condizioni di mercato sfavorevoli. Siamo convinti che sia necessario focalizzarsi sulle linee di business più promettenti come la distribuzione al dettaglio, dove possiamo fare la differenza. La priorità è creare le condizioni per il ritorno a una crescita solida. Per il 2025-2027 sarà strategico incrementare l’export, adesso pari al 15% dei ricavi. L’idea è consolidare le quote in Sud Europa, oltre a svilupparci a Est, Balcani e Polonia in primis. Un’attenzione speciale sarà rivolta ai Paesi nordici e alla Germania, in più stiamo valutando Nord Africa, Medio Oriente e Sud America. Quest’anno attendiamo anche i primi risultati dall’espansione della rete retail iDO. Nel 2024 abbiamo aperto 18 punti vendita con la formula dell’affiliazione, in città di dimensioni medie e medio/grandi. Nel 2025 ci saranno meno aperture ma vogliamo migliorare le performance dei negozi già attivi. Quanto al canale multimarca, che conta oltre 2.000 punti vendita, di cui 1.500 in Italia, la sfida è mantenere le quote di mercato, aumentando la penetrazione sui clienti attivi e altamente potenziali, a cui vorremmo riservare attenzioni e servizi unici. L’e-commerce cresce oltre le attese, anche se l’incidenza sulle vendite dirette è volutamente contenuta, perché gestito in ottica omnichannel, quasi al servizio del negozio fisico. Siamo inoltre presenti su Zalando e Veepee, con l’idea di incrementare la riconoscibilità dei nostri marchi. Sul fronte prodotto, continuiamo a perfezionare l’offerta, per rispondere al meglio alle richieste dei clienti, in fatto di occasioni d’uso ed estetica, ma soprattutto di qualità e durabilità dei prodotti, che sarà il focus di una campagna in uscita nei primi mesi dell’anno. Notiamo una crescente attenzione ai temi della moda sostenibile, anche se la spinta verso un consumo “veloce”, di basso prezzo e scarsa qualità, rimane forte. Le nuove generazioni tendono anche a interpretare le funzioni d’uso in modo inedito, con distinzioni meno rigorose tra formale e informale, o con il coinvolgimento attivo dei figli, che sempre più precocemente influenzano la scelta del prodotto. La denatalità è un fattore che ci preoccupa: si stima che nei prossimi cinque anni provocherà un calo del 10% nel mercato del childrenswear. Un altro aspetto critico, strettamente connesso, è che oggi le chiusure di negozi dedicati superano le nuove aperture. 

MANIFATTURE DADDATO LANCIA LANEUS KIDS

Con l’autunno-inverno 25/26 Manifatture

Daddato lancia la linea kids di Laneus marchio italiano di maglieria rilevato in maggio. L’azienda archivia un 2024 di crescita moderata rispetto al 2023, sostenuta dalla continua attenzione alla qualità, alle materie prime e alla praticità delle collezioni. «Le vendite in Italia hanno registrato una performance positiva, grazie a prodotti che combinano design e qualità e a un consumatore che tende a preferire marchi locali. Tuttavia il mercato sta ancora attraver-

IMPRESE FIDUCIOSE DOPO UN 2024 COMPLESSO

Le aziende italiane di abbigliamento bimbo navigano in un mercato altamente competitivo e irto di complessità, che sta influendo sulle strategie. Dalla revisione della distribuzione a una maggiore attenzione al value for money

Sono un quarto della popolazione mondiale, i bambini da 0 a 14 anni, e per vestirli si generano vendite con volumi superiori a quelli dell’abbigliamento uomo (in valore al terzo posto, dopo womenswear e menswear). Quello dell’abbigliamento infantile è tuttavia un mercato altamente competitivo, dove si sfidano manifatture dedicate alle mini-taglie, griffe già affermate nell’adulto, catene specializzate accanto ad altre che vestono grandi e piccoli, fino ai giganti dello sportswear. Al momento di andare in stampa, statista.com stima che nel 2025 il settore possa raggiungere i 285,8 miliardi di dollari di vendite, in aumento dell’1% sul 2024, per arrivare a sfiorare i 314 miliardi nel 2029 (ipotizzando un tasso annuo di crescita composto del 2,37%). Quest’anno gli Usa dovrebbero confermarsi il maggiore acquirente in valore (54 miliardi di dollari nel 2024), seguiti da Cina, India, UK e Giappone. Secondo gli esperti del settore, rimarranno cruciali criteri d’acquisto come la qualità, i materiali e la durata, che si auspica vadano a premiare il made in Italy, dopo un 2024 deludente in cui le vendite delle aziende italiane della moda 0-14 anni (inclusi intimo e accessori) si sono fermate a circa 3 miliardi di euro, dai 3,18 miliardi del 2023. In base ai dati preliminari dell’Ufficio Studi Economici di Confindustria Moda, è il risultato dei minori consumi sia in Italia che all’estero. Per quanto riguarda le vendite interne di

abbigliamento junior, nei primi 10 mesi del 2024 hanno subito un calo dell’1,6% (-9,3% rispetto al 2019), con il segmento bambina che ha sofferto meno (-1,2%) di maschietto (-1,6%) e neonato (-2,7%). Per quanto riguarda l’export, la sola categoria di cui si conoscono i flussi per nazione è la moda bebè, che fra gennaio e settembre 2024 ha accusato un -4,4% a 117,2 milioni di euro, perché le flessioni in Ue non sono state più che compensate dagli incrementi nell’area extra-Ue. Nonostante i numeri totali, il 2024 ha mostrato un certo dinamismo, come attestano le dichiarazioni degli imprenitori in queste pagine, ma anche i giri di licenze. Sul finire dell’anno Scervino ha siglato una nuova partnership con Monnalisa In estate Gimel lancerà Miss Blumarine, la girl di Pinko e Mamatchy, un progetto per tutta la famiglia in jv con Elettra Lamborghini Vivetta ha scelto Nanàn per il kidswear, AT.P.CO ha firmato con 2Brothers e Roy Roger’s rafforza la collaborazione con Miniconf lanciando MiniRoy. Nella maglieria, Malo esordisce con la collezione baby, realizzata in house e Laneus si propone in taglie piccole sotto la nuova proprietà, le Manifatture Daddato, con la collezione autunno-inverno 2025/26. Non manca chi ci crede anche nel retail: in settembre a Firenze ha inaugurato LuisaViaRoma Kids, uno store di circa 400 metri quadrati su tre livelli, interamente dedicato alla moda baby, kid e teen. 

Le previsioni sul mercato globale del childrenswear

«La nuova linea in puro cashmere Baby Malo è la riposta a una forte richiesta dei nostri clienti storici. Arriva dal nostro heritage, da un grande studio del nostro archivio storico e dall’intento di valorizzare al massimo ciò che rende unico il marchio: la passione per l’artigianalità, l’eccellenza, lo stile raffinato. Oltre a racchiudere appieno i valori e la filosofia dell’azienda, i capi per i bebè offrono un abbraccio caldo, prezioso e confortevole. Il cashmere, infatti, è un filato che mantiene la temperatura del corpo costante, proteggendola dagli sbalzi di temperatura. Uno dei plus è la qualità. Tutte le proposte - tutine intere, completi pantaloni e maglioncino, ma anche plaid, scarpine e cappellini - sono realizzate con cura e attenzione, per garantire ai neonati una sensazione unica di calore e morbidezza, nel rispetto delle loro pelli delicate e sensibili, secondo i più alti standard qualitativi. La collezione si distingue anche per lo stile senza tempo, oltre che per le lavorazioni che, in questo specifico caso, valorizzano la treccina, motivo iconico di Malo, realizzato delle nostre eccellenti maestranze. Per quanto riguarda la distribuzione, è prevista sia tradizionale che online. Puntiamo ai nostri mercati di riferimento, in particolare l’Europa, in cui la moda bimbo è molto seguita e apprezzata Il 2025 vede anche la conclusione di un importante accordo con un partner per la distribuzione del brand in America e il rafforzamento dell’awareness aziendale. Le aspettative sul 2025 sono ottime. Abbiamo già avuto riscontri più che positivi, per quanto riguarda la linea baby, in particolare nelle nostre boutique, dove i clienti possono toccare con mano la bellezza delle nostre pregiate fibre naturali. L’offerta per i neonati, autenticamente Made in Italy, è stata e sarà sicuramente molto apprezzata. 

3 mld di euro la stima di fatturato delle aziende italiane di abbigliamento infantile nel 2024

-1,6%

le vendite di moda junior in Italia, nei primi 10 mesi del 2024

sando un momento di attenzione alle spese», spiegano dalla realtà pugliese, che si avvale di una serie di laboratori del territorio. L’export è stato interessato da un moderato incremento, soprattutto in alcuni mercati europei chiave (come Germania, Spagna e UK), oltre ad alcuni Paesi extra-Ue. «Middle East e Asia - specifica il management - registrano una crescita interessante. Emirati Arabi e Arabia Saudita, in particolare, stanno aumentando la domanda di prodotti di alta qualità e dal design europeo, con una forte attenzione ai materiali. Analogamente, Giappone e Corea del Sud mostrano un crescente interesse per la fascia alta». La strategia commerciale mira al rafforzamento del wholesale in

Italia e all’estero. «Stiamo puntando a espandere la nostra presenza in aree dove vediamo un potenziale di crescita e a consolidare la rete di rivenditori che già collaborano con noi - aggiungono -. Questo ci consente di raggiungere un pubblico ampio, senza la necessità di aprire negozi diretti». Le previsioni per il 2025 sono positive: «L’attenzione crescente al rapporto qualità/ prezzo, legata al know-how nella progettazione e produzione del kidswear, ci fa pensare che il nostro approccio possa rispondere alle aspettative del mercato. Per una crescita costante e sostenibile, continueremo a focalizzarci sull’innovazione di prodotto, mantenendo una forte attenzione alle esigenze dei clienti». 

Nancy Marchini Direttore Marketing MALO CASHMERE
LA LINEA BABY? UNA RICHIESTA DEI CLIENTI

Federica Fusco

A.D., responsabile marketing e socia FGF INDUSTRY (BLAUER)

STIMIAMO UN 2025 DI ULTERIORE CRESCITA

«I

n un 2024 particolarmente difficile per il mercato internazionale dell’abbigliamento infantile, Blauer Junior (di ritorno a Pitti Bimbo, ndr) è cresciuto del 10%. Tra collezioni baby e junior il fatturato 2024 ha raggiunto i 6 milioni circa, dai 5,2 milioni del 2023. Negli ultimi anni, in Italia, questo segmento sta crescendo in maniera costante, sulla scia dei successi dell’adulto. L’estero, corrispondente a circa il 15% dei ricavi in piccole taglie, vede una situazione di stabilità nei mercati principali, come Spagna e Germania. Attualmente abbiamo già in portafoglio il 50% degli ordini della FW25/26, che fanno ipotizzare una stagione positiva. Le nostre scelte strategiche ci portano inoltre a stimare un’ulteriore crescita per l’intero 2025, sostenuta anche dal sempre maggiore interesse per la linea baby, che sta cominciando a dare dei buoni risultati. Ciò che ci preoccupa è la riduzione dei punti vendita specializzati e la presenza sempre più forte di catene retail, che propongono qualità e prezzi sempre più bassi, svilendo il mercato del childrenswear. Sul fronte distributivo stiamo espandendo il retail Blauer, inserendo dove possibile anche la linea junior che, dopo alcune stagioni di prova, ha iniziato a dare soddisfazione anche nel nostro negozio on-line. Ma lavoriamo anche sul fronte prodotto: abbiamo deciso di incrementare la proposta di felpe e T-shirt, riducendo in modo importante i prezzi di vendita, senza diminuire gli standard qualitativi. Per quanto riguarda il core business del capospalla, continuiamo a proporre un prodotto di qualità, con un rapporto qualità/prezzo corretto. 

«IL PERCORSO IN FIERA COME UNA PROMENADE: COSÌ IL SALONE SOMIGLIA A UNA PICCOLA CITTÀ»

Un nuovo layout, ispirato al Gioco dell’Oca, offre visibilità a tutti i brand a Pitti e rende la visita più esperienziale, come spiega Ilaria Marelli, architetto e designer che lo ha progettato

Quando si visita una rassegna il rischio che si corre è quello dell’eccessivo schematismo dei percorsi e di una scarsa personalizzazione dell’esperienza, senza contare che è fondamentale che gli addetti ai lavori, con poco tempo a disposizione e molte cose da

«PITTI BIMBO 100 MA ANCHE 001: PERCHÉ IL MERCATO

CAMBIA E NOI CON LUI»

Una 100esima edizione da considerare anche come la prima di un nuovo corso: Pitti Bimbo guarda avanti puntando su un format più snello, a partire dalla durata di due giorni (22-23 gennaio), e meno oneroso per espositori e visitatori. «In questa svolta, servizio e un lavoro ancora più approfondito di editing vanno di pari passo», sottolinea il direttore generale di Pitti Immagine, Agostino Poletto

DI ALESSANDRA BIGOTTA

Pitti Bimbo celebra la sua 100esima edizione. Un numero che voi di Pitti Immagine avete voluto rileggere anche al contrario, come 001: come mai?

Penso che sia giusto e bello festeggiare un traguardo così significativo per una rassegna importante, ma che questa cifra tonda sia anche da considerare come un nuovo inizio. L’idea è quella di ripartire, riformulare e riprogettare, con la consapevolezza che cambia il mercato e noi con lui. Abbiamo pensato all’evento di gennaio come a una vera prima edizione, che spazia dalla moda al lifestyle nelle sue sfaccettature (compreso il food, una novità con nomi come Bibanesi, Gabriele Rocchi, Nocciole.it e Torta Pistocchi), avvalendosi di un format più snello, su due giorni, e meno oneroso per i partecipanti: il che significa ingresso libero per i visitatori, soprattutto per riportare in Fortezza i retailer italiani, e stand preallestiti per gli espositori, contestualizzati in un nuovo percorso ad anello ideato da Ilaria Marelli. A interromperlo quattro isole tendenza, spazi ispirazionali dedicati ad altrettanti macro temi. C’è stato da parte nostra un ascolto molto attento delle esigenze di aziende e compratori dopo anni in cui il settore si è trovato, prima di altri, ad affrontare notevoli criticità su tutti i fronti: basti pensare, al netto del Covid, alle ripercussioni del conflitto tra l’Ucraina e la Russia, che per lungo tempo è stata il primo mercato per il childrenswear italiano e, a livello distributivo, alla polarizzazione tra il segmento alto e il basso, con il medio che ha particolarmente sofferto.

Molta concretezza in fiera, ma forse meno effetto wow?

Tutt’altro. Prendendo spunto da altri saloni di cui ci occupiamo, come Fragranze, Testo e Taste, abbiamo ragionato nell’ottica di un racconto collettivo, concentrandoci su una prova forte dal punto di vista dell’editing e della curatela. La nostra non è una politica di scontistica, piuttosto puntiamo su un modo diverso di fare saloni. Per esempio gli stand sono sì preallestiti, con un risparmio per i brand fino al 20%, ma anche contraddistinti da personalizzazioni cromatiche che mettono in risalto i prodotti. Abbiamo in Fortezza anche momenti di formazione e networking, tra cui gli Speed Date della moda, alla loro terza edizione (appuntamenti brevi e mirati tra i brand e i buyer o la stampa), l’incontro con Shop Survival e altri progetti con-

vedere, abbiano una “bussola” per orientarsi facilmente tra i vari stand alla scoperta del salone. Pitti Bimbo 100/001 - il cui ingresso è ora da Porta Faenza - debutta con un nuovo layout: firmato da Ilaria Marelli, che collabora da tempo con l’ente fiorentino, si ispira al Gioco dell’Oca per svilupparsi su una promenade, un lungo viale circolare che attraversa una città - la manifestazione - colorata e vivace. Un percorso sul quale si aprono quattro piazze tematiche, con installazioni editoriali a tema: Newborn Style! (il primo guardaroba dei newborn), Be Magic! (abiti e accessori per le grandi occasioni), Play Outdoor! (tutto per la vita all’aria aperta) e Super Snow! (capispalla e altro per proteggersi dal grande freddo). «Si tratta di un circuito a doppio anello, che sfocia nelle quattro piazze e offre visibilità a tutti i brand, i cui stand sono appunto come tante caselle del gioco che ha accompagnato l’infanzia dei grandi ma che è amato anche

certati con influencer. Tra le iniziative speciali, oltre al concerto del Piccolo Coro dell’Antoniano - che indosserà capi disegnati e realizzati da Magil, in vendita nel suo stand - vorrei citare quella realizzata con Monnalisa, al suo rientro in fiera, che coinvolgendo sei mamme influencer e i loro figli-mini ambassador, sia in Fortezza che online già prima della manifestazione, ha scelto di dare vita quasi a una “TV del Pitti Bimbo”, nel segno dello storytelling e dell’omnicanalità. Non mancano poi le capsule create da una quindicina di brand per il 100esimo anniversario in vendita, in esclusiva, a Pitti Bimbo e sulla piattaforma Pitti Connect. Ma ovviamente c’è molto altro. Oggi diverse aziende, non solo di moda infantile, tendono a fare da sé: più presentazioni in showroom, più appuntamenti fuori dagli schemi abituali. Perché essere a Pitti Bimbo può costituire un valore aggiunto?

«IL FUTURO È RESTARE B2B, MA MUTUANDO IDEE E STRUMENTI ANCHE DAL B2C»

Una scelta basata sul contenimento dei costi è comprensibile, ma il lavoro di un brand nella propria showroom è differente da quello legato a un momento collettivo come Pitti Bimbo. Il compito del salone è presentare una selezione ottimale di prodotti, di moda ma anche di lifestyle, che stiano bene insieme. In altri termini, quello che si riesce a fare in fiera è più della somma di tutto ciò che si può fare da sé, perché ci si immerge in una dimensione collettiva che permette di confrontarsi con i concorrenti e, più in generale, con il mercato. Pitti non opera da solo ma si avvale di un main partner come UniCredit e della sinergia con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e di Agenzia Ice, che si traduce nell’incoming di buyer esteri di prima grandezza, portavoce sia dei più importanti department store, sia di boutique, concept store, negozi di ricerca e selezionati e-shop.

A proposito di estero, tra gli oltre 150 espositori la percentuale di stranieri è alta (65%), ma tenete a sottolineare che Pitti è sinonimo anche del meglio dell’italianità in piccole taglie…

Penso che l’internazionalizzazione fortifichi un po’ tutti come accade nello sport, dove ci si confronta ad armi pari con competitor dalle caratteristiche diverse dalle proprie. L’esigenza da parte di

dalle nuove generazioni», dice Ilaria Marelli, architetto e designer, specializzata in interni, allestimenti e oggetti e docente di Interior Design al Politecnico di Milano. «In questo nuovo format - prosegue - il percorso espositivo è immediato contribuendo, ci auguriamo, a creare una migliore connessione tra espositori e buyer. Inoltre, come quando si passeggia in città, tra proposte di abbigliamento, accessori e lifestyle debutta anche uno spazio dedicato al cibo, la nuova Area Food, concepita come un largo». Da professionista, ma anche da mamma, Marelli riflette anche sui negozi da bambino. «Ci si muove fondamentalmente tra due situazioni - osserva -. Il punto vendita indipendente, spesso di dimensioni ridotte e che non sempre riesce a rinnovarsi, e la grande catena. È ancora raro trovare un negozio esperienziale, inteso anche come hub di servizi, a partire dalle informazioni sulle attività per i bambi-

Pitti di valorizzare il prodotto fatto in Italia o con forti radici italiane non significa chiusura o difesa del localismo, ma valore interessante per un mercato globale che va sempre più alla ricerca di prodotti durevoli in materiali di qualità, con lavorazioni accurate e una narrazione coinvolgente. Mi vengono in mente marchi come Blauer, un ritorno importante, Sarabanda, Jesurum, Rondinella, Roy Roger’s Kids con il debutto della capsule MiniRoy, dedicata al bebé, L’Orsobruno, Monnalisa, Magil, Catya, Story Loris, Falcotto e Naturino e Bufi, solo per citarne alcuni. Qual è il suo stato d’animo e come vede Pitti Bimbo nel futuro?

Io e tutto il team di Pitti siamo soddisfatti del lavoro fatto per questa edizione 100/001: la nostra convinzione è che una fase tuttora complessa vada affrontata con coraggio, persino con audacia, pensando al salone come a un lavoro collettivo di buyer, espositori e altri operatori. Dobbiamo far sì che il compratore non venga da noi solo per visionare marchi e collezioni, ma perché qui può trovare suggerimenti, tematiche e storie in grado di stimolare la sua attenzione. Vedo Pitti Bimbo sempre più come una fiera informativa, di servizio, curata dal punto di vista estetico e aperta a nuove sperimentazioni, come quella a cui accennavo a proposito di Monnalisa. Il futuro è restare B2B, ma mutuando idee e strumenti anche dal B2C. 

ni in zona: una formula che non richiede un particolare spazio aggiuntivo e che può rendere la boutique un punto di riferimento oltre la semplice vendita. Più difficile allestire una zona giochi, per un fatto sia di superficie, sia di assistenza necessaria per i bimbi mentre i genitori comprano». 

LA CHECK LIST DEI BUYER: ECCO COSA CONTA DAVVERO

Uno sguardo esclusivo dietro le quinte del mercato del childrenswear, raccontato da chi lo vive e lo conosce a fondo. I titolari e responsabili acquisti dei migliori store in Italia e all’estero condividono le tendenze più interessanti, svelano le peculiarità del mercato in cui operano e analizzano le criticità del mercato, senza perdere la fiducia in un rilancio. Non mancano, inoltre, utili suggerimenti rivolti ad aziende e organizzatori di fiere

►SALVATORE SICILIANO

PETIT PASHA

OLTRE IL TOTAL LOOK: L’ENERGIA SI RICARICA CON IL MIX&MATCH

Dopo quasi 20 anni di attività, nel 2025 Petit Pasha entra a far parte di CBICamera Buyer. Perché proprio ora?

QUANDO L’HERITAGE È UN ASSET STRATEGICO

Con 45 anni di esperienza dedicati a inseguire tendenze e fare scouting, quali, secondo Robirò, sono le caratteristiche fondamentali che un marchio bimbo deve possedere nel 2025 per emergere?

Nel panorama attuale, i brand che vincono nel nostro settore seguono le tendenze dell’adulto, ma con un twist adatto ai più giovani. Spesso si tratta di nomi iconici, come Stone Island o Ralph Lauren, che riescono a trasmettere il loro dna anche nelle collezioni junior.

Per una realtà come la vostra, che attinge da due mondi - quello dei brand specializzati nel kidswear e quello delle grandi griffe che propongono anche collezioni mini - qual è l’equilibrio merceologico perfetto?

►BARBARA FRÈRES FRÈRES PREZZI, DIGITAL, ALLEANZE: LA MODA BIMBO CERCA SOLUZIONI

Da quando ha aperto il suo primo negozio nel 1978, lei è stata una pioniera che ha contribuito alla crescita della moda di lusso per bambini in Germania, diventando un esempio per altri Paesi. Secondo Barbara Frères, cosa è cambiato da allora nell’industria?

Negli anni ho notato un aumento troppo rapido dei prezzi, il che ha portato molte boutique per bambini a chiudere. È un peccato, perché la varietà di negozi era un punto di forza del settore. Inoltre, il panorama digitale ha trasformato il modo in cui i marchi si presentano, spingendo verso una maggiore presenza online.

Quali sono i brand che stanno andando meglio al momento?

Attualmente i più performanti sono Moncler, Gucci, Stone Island e Givenchy. Nomi che riescono a unire qualità, stile e tendenze contemporanee, risultando particolarmente apprezzati sia dai genitori che dai giovani clienti. E i capi must have di stagione?

Per i maschi i piumini neri di Moncler sono super richiesti. Le felpe di Stone Island e il modello hoodie blu di Off-White e poi i pantaloni cargo, con molte tasche, sempre perfetti! Per le femmine gonne a pieghe, felpe e pullover nei toni panna sono essenziali, all’interno di un guardaroba versatile. I piumini in nero e beige di Moncler si confermano anche nel guardaroba femminile. Bene inoltre i completi in tweed di Givenchy, con gonne o pantaloni abbinati a T-shirt nere. Qual è la parte migliore e quella più difficile dell’essere una buyer specializzata in moda per bambini?

Il ruolo di buyer richiede una grande conoscenza delle tendenze moda per gli adulti, che influenzano direttamente il settore kidswear. Per i bambini tra i 6 e i 14 anni i look mini me funzionano sempre molto bene, mentre per i più piccoli c’è un interesse, anche se un po’ più limitato. Un consiglio per i brand, sia affermati che emergenti?

«I MARCHI DEL FUTURO? SPAZIANO DALLE FIERE AI SOCIAL MEDIA»

►PAOLO COLOGNESE ZOPPAS COLOGNESE APERTURE ALL’ESTERO: ALLA RICERCA

DI NUOVE OPPORTUNITÀ

Il consiglio principale è di mantenere il proprio stile distintivo, senza perdere di vista l’evoluzione dei mezzi di comunicazione moderni, come i social media. Instagram e altre piattaforme digitali sono fondamentali per costruire e consolidare la propria identità. Frequentare fiere come Pitti Bimbo è altrettanto essenziale: sono occasioni uniche per stringere contatti e capire le tendenze del mercato. Personalmente, non ho mai saltato un’edizione di Pitti Bimbo da quando ho aperto il mio negozio, nel 1978! 

«LAVORIAMO

BENE CON IL

TARGET 12-16

ANNI: CERCA

In un momento critico come quello che il settore della moda junior sta attraversando, avvertivamo l’esigenza di un confronto ed è proprio quello che contiamo di trovare nell’associazione. Volevamo ampliare i nostri orizzonti e non limitarci a ragionare come una realtà specializzata. Petit Pasha vende moda bimbo, ma collabora con le stesse griffe con cui si interfacciano gli iscritti a CBI. Sono certo che la nostra partecipazione all’associazione sarà costruttiva. Altra novità: avete aperto uno store in centro a Napoli, che si aggiunge a quello del Vomero...

Abbiamo raddoppiato ed è stata una vera sfida. Ma Napoli è una città calorosa e il business della moda bimbo resta consistente per chi lo affronta nel modo giusto.

Qual è il modo giusto per Petit Pasha?

Da vero multimarca. Da noi, sia in vetrina che all’interno, il total look è praticamente bandito. I clienti ci hanno sempre apprezzato per come mixiamo l’assortimento, dando alle nostre proposte un tocco concreto e autentico. Quasi il 90% della vostra offerta è legata a griffe. Gestire i rapporti con queste realtà è complesso: perché allora non dare più spazio ai brand specializzati?

Non otterremmo gli stessi risultati. Lavoriamo molto bene con il target dei ragazzini, quella fascia d’età tra i 12 e i 16 anni che cerca gli stessi brand in voga tra gli adulti. Ed è questo il criterio che ci porta ad aggiornare il nostro portfolio. Pitti Bimbo compie 100 edizioni. Un consiglio per le prossime 100? Nulla da dire sull’offerta, sul mix di brand o sugli allestimenti. Ma sulle date si potrebbero introdurre dei cambiamenti. Quando la fiera inizia, noi abbiamo già acquistato l’80% del budget disponibile. Lavorando con i grandi marchi, gli ordini si effettuano tra novembre e dicembre. 

Nel nostro store il mix è composto per circa il 30% da marchi specializzati in kidswear, mentre il restante 70% viene da collezioni junior di grandi griffe. Queste ultime hanno saputo adattarsi alle esigenze del settore, puntando su materiali di qualità e una vestibilità impeccabile. È un equilibrio che cerchiamo di mantenere, seguendo le evoluzioni del mercato.

C’è anche una quota riservata ai new name?

Siamo sempre alla ricerca di nuove proposte ma dobbiamo ammettere che, ormai da diverse stagioni, non abbiamo individuato brand emergenti che si distinguano realmente. La scena sembra piuttosto stagnante in questo momento. Fiere, showroom, social: quale piattaforma preferite per il buying?

«70% GRIFFE E 30% BRAND DI SETTORE: PER NOI È QUESTO L’EQUILIBRIO GIUSTO»

Dopo la pandemia, i saloni, sia italiani che internazionali, hanno perso attrattiva. Il numero di espositori è diminuito e, spesso, le proposte non sono state all’altezza delle aspettative. Questo ci ha spinto a esplorare soluzioni alternative, ma manteniamo un occhio attento sulle occasioni più promettenti. 

L’insegna esiste dal 1882, ma solo ora Colognese si espande all’estero con un negozio bimbo a Zagabria. Un bel segnale di fiducia nei confronti del settore... Era tempo che pensavo di espandermi all’estero e ho scelto Zagabria come trampolino per il mio progetto. È una città con oltre un milione di abitanti e una popolazione molto interessata al bello e alla moda, un contesto ideale per il nostro posizionamento. Abbiamo deciso di iniziare con il punto vendita dedicato alla moda bambino, aperto nella primavera del 2024. Si tratta di un segmento importante per noi e una base solida da cui partire. Nella primavera del 2025, invece, arriverà un multimarca dedicato agli adulti. Il negozio sta performando bene? È ancora presto per trarre conclusioni. Stiamo prendendo confidenza con la città e con il mercato locale, ma la scelta di Zagabria mi convince sempre di più: il pubblico è attento, sofisticato e ha un forte interesse per la moda. Qual è l’assortimento dello store dedicato ai bambini?

«DATI I PREZZI ELEVATI, LO SHOPPING BIMBO SI FA PIÙ CHE MAI IN FAMIGLIA»

Restiamo fedeli alla nostra formula, proponendo tutte le grandi firme. Tra i marchi che offriamo ci sono Fendi, Burberry, Chloé, Polo Ralph Lauren, Stone Island, Moncler, Golden Goose, Gucci e Givenchy. A questi affianchiamo qualche brand specializzato e sostenibile, ma senza esagerare. Vogliamo mantenere il nostro posizionamento nel lusso, senza trasformarci in un altro tipo di negozio. La nostra offerta si basa su qualità e prime linee, ma siamo anche attenti alle esigenze dei clienti. Per questo ci possono essere marchi alternativi, ma non supereranno mai il 30% dell’offerta complessiva. Quali sono i capi più richiesti nel segmento under 14?

I best seller rimangono i modelli semplici e versatili, come T-shirt e felpe. Stiamo osservando un calo di interesse per gli abiti troppo costruiti e leziosi: genitori e bambini cercano qualcosa di pratico, ma di qualità.

Lo shopping si fa ancora in famiglia? Oppure i piccoli prendono l’iniziativa?

La mamma rimane la figura centrale nel pro-

cesso di acquisto, rappresentando circa il 60% dei casi. Nel 30% delle situazioni si tratta di una scelta condivisa tra mamma e figlio, mentre i papà acquistano con i figli nel 10% dei casi. I bambini che fanno shopping da soli? Difficile, soprattutto con i prezzi attuali: serve sempre un genitore che approvi e paghi il conto. Come affronta il tema dei prezzi, un aspetto critico nel childrenswear?

I prezzi sono sicuramente un problema, sia per la moda bambino, sia per quella adulta. Tuttavia, i marchi che propongono collezioni di qualità, il cui valore percepito è in linea con il prezzo, continuano ad avere successo. Ne sono un esempio Chloé e Ralph Lauren. Cosa pensa del futuro del lusso?

Credo che il lusso debba smettere di essere esclusivo e iniziare a essere inclusivo, senza però compromettere la qualità. Questa trasformazione dovrebbe partire proprio dalla moda per i più piccoli, che rappresentano il domani: il loro guardaroba può essere il punto di partenza per un cambiamento che renda il lusso più accessibile, mantenendo l’eccellenza come pilastro fondamentale.

Quali sono le sue prospettive per il futuro?

Continueremo a essere pionieri nella moda bimbo e nel segmento adulto, con un’attenzione particolare alle grandi firme, alla qualità e all’innovazione. Zagabria è solo l’inizio: guardiamo con fiducia al mercato internazionale, cercando sempre di anticipare le tendenze e rispondere alle esigenze dei clienti. 

GUARDAROBA MINI

Harvey Nichols Doha è una luxury destination per il Qatar, ma anche per il turismo internazionale: da questo osservatorio privilegiato pensa che l’etichetta made in Italy rappresenti un valore anche per la moda in taglie mini? Decisamente sì. Una parte consistente del nostro portfolio è composta da brand italiani. L’heritage del Made in Italy è fortemente apprezzato dal nostro consumatore finale. Tuttavia, non basta il semplice “branding”: è fondamentale che sia accompagnato da una qualità dello stesso livello. La cliente GCC (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) è molto esigente e non cerca solo il logo, ma è disposta a investire se percepisce una reale luxury experience. Oltre il lusso, c’è spazio anche per gli outsider in Medio Oriente?

Grazie a un portfolio di oltre 50 brand, la nostra offerta copre praticamente ogni linea e categoria. Oltre ai grandi nomi del lusso, per i maschi stiamo ottenendo ottimi risultati con brand di qualità come Eleventy e C.P. Company. Per le bambine, invece, ciò che fa la differenza sono le special occasion (eventi, matrimoni, Ramadan), alle quali i genitori sono felici di destinare un budget consistente. Tra i designer in ascesa, oltre a Maison Ava, ci sono Elie Saab e il ritorno di Marchesa per la SS25. Un altro segmento fondamentale è quello dei regali per newborn. Tra i brand di maggior successo mi viene in mente Atelier Choux. C’è sempre spazio per nomi nuovi?

«PER IL BIMBO SIAMO IL ONE-STOP-SHOP DELLA MODA CIRCOLARE»

Nuovi modelli di business: combinando il format marketplace e servizi di trade-in la piattaforma Tildi riesce a ottenere margini più alti DI TOBIAS BAYER

«SEMPRE INSERIRE PROGETTI NUOVI: L’EFFETTO SORPRESA CONTA»

prezzata in Qatar e, più in generale, in tutto il Medio Oriente. Uno dei marchi che ci stanno dando molte soddisfazioni è come dicevo Maison Ava, una collezione di occasionwear luxury. Ho avuto il piacere di scoprire il brand e incontrare la designer proprio al Pitti due anni fa, dando vita a una collaborazione di successo. All’epoca era una realtà emergente: Harvey Nichols Doha è stato il primo a crederci e ora è presente nei migliori department store al mondo. Ha qualche consiglio per gli organizzatori di saloni in merito alla selezione dei brand?

Nelle ultime stagioni abbiamo notato un lavoro significativo sulle collezioni kidswear di brand affermati come Self Portrait, Zimmermann, Missoni e il lancio della collezione in piccole taglie di Etro. Una caratteristica importante è il concetto di mini me, una tendenza molto ap-

►DIDI CORBETTA VALTELLINI AMPLIARE LA GAMMA È UNA NECESSITÀ

Valtellini è un multimarca che ospita moda sia per adulti che per bambini. Su quale dei due fronti è più dura la vita del buyer?

Senza dubbio su quello del bimbo. Questo segmento è diventato una piccola giungla, dove non si gioca ad armi pari. Troppi colleghi cedono alla politica degli sconti selvaggi, rendendo quasi impossibile vendere collezioni a prezzo pieno. La colpa è dei prezzi, che anche nella moda junior sono saliti alle stelle… È vero, forse più che nell’adulto. Inoltre, oggi il cliente altospendente presta più attenzione allo scontrino quando si tratta di shopping per i figli. Un esempio?

Un caso classico è il capospalla, che resta un best seller. Tuttavia, se prima i big brand specializzati in outerwear vendevano facilmente i loro piumini anche in taglie mini, ora è più difficile convincere i genitori a spendere certe cifre.

Quindi anche vendere i grandi marchi a tutta la famiglia è più difficile…

Nel nostro lavoro è fondamentale fare ricerca. Cerchiamo sempre di scoprire nuove realtà promettenti ed è proprio questo che ci aspettiamo dagli organizzatori: in questo Pitti Bimbo non delude le aspettative. Il nostro obiettivo è inserire costantemente progetti emergenti, così da rendere la nostra offerta ancora più sorprendente. In un panorama in cui tutto è accessibile ovunque (sia nel retail che nell’e-commerce), l’introduzione di tocchi inaspettati regala alla cliente un customer journey interessante. Un altro consiglio è di aprirsi a nuove categorie. Harvey Nichols Doha è un kids concept store a 360 gradi. La nostra offerta comprende regali, giocattoli, prodotti beauty per bambini e molte altre novità, che sveleremo presto. 

Sì, anche se ci sono eccezioni, come Ralph Lauren, che riesce ancora a conquistare papà, mamma e figli. È un brand che ha sempre curato il rapporto qualità-prezzo e prestato attenzione allo storytelling. Per questo viene premiato: sicuramente ora è il suo momento. Ci sarà qualcosa con cui si va sul sicuro?

Le taglie 12/14 di marchi come Stone Island e Moncler vanno sold out rapidamente, perché i genitori investono maggiormente su taglie più durature e le acquistano anche gli adulti.

Le è capitato di dover rinunciare alla collaborazione con un brand, proprio a causa del prezzo troppo alto delle collezioni?

Purtroppo sì, come è accaduto con Burberry. Ci sono marchi con prezzi così alti, da poter essere venduti solo in boutique monomarca o nel parallelo.

Cosa può fare un buyer per assecondare le esigenze della clientela?

Puntare sullo scouting e introdurre novità a ogni stagione, sperando che nascano nuovi fenomeni, come Gcds qualche stagione fa. Purtroppo, non se ne vedono all’orizzonte. Aprire l’offerta alle contaminazioni può aiutare?

Sì, l’ampliamento della gamma è una necessità. È qualcosa che abbiamo sempre curato. Nei nostri giri tra Playtime a Parigi e Pitti Bimbo a Firenze cerchiamo costantemente piccoli accessori da aggiungere alle collezioni di abbigliamento. Penso a prodotti come le calze della Collégien, le babbucce particolari, i giocattoli, i calzini sorprendenti di Eat

My Socks o i gadget per neonati. Tutta questa parte è divertente e diventa un complemento molto utile alla vendita finale.

Con tutte queste difficoltà non si è mai detta «Lo spazio bimbo lo trasformo in qualcos’altro»?

Qualche volta ci penso (ride). Quei 60 metri quadri dedicati ai bambini potrebbero essere utili per estendere nuovi progetti lifestyle. Ma resisto, un po’ perché tengo molto alle partnership con i brand, un po’ perché spero di tornare a divertirmi con questo mondo. 

Chi cerca abbigliamento per bambini su piattaforme di rivendita come Vinted può scegliere tra un’ampia gamma di tutine, piumini, vestiti, costumi da bagno e persino gioielli messi in vendita dai genitori. I prodotti spaziano dal fast fashion come H&M ai marchi di fascia alta come Il Gufo. Il problema, dal punto di vista dei brand, è che non partecipano attivamente al mercato del second hand. Non hanno visibilità su cosa venga venduto, a quale prezzo, né alcun controllo su come i loro prodotti vengano presentati. Inoltre, non traggono alcun profitto dalle rivendite. Tildi vuole cambiare questa dinamica. La start-up tedesca, fondata da Doris Schoger e Sofie Morber, si dedica a promuovere l’economia circolare nella moda per bambini. Grazie a Tildi, i marchi possono offrire ai loro clienti un’opzione di rivendita semplice, senza grandi sforzi o costi aggiuntivi. «Così permettiamo ai fornitori di abbigliamento per bambini di partecipare attivamente al mercato secondario», affermano le co-fondatrici Schoger e Morber.Tildi è un marketplace che integra i mondi B2B e B2C: da un lato, i marchi possono vendere le rimanenze di magazzino attraverso la piattaforma; dall’altro, i genitori possono rivendere i capi usati tramite un’app di trade-in. La vera novità è che la piattaforma offre ai marchi una quota dei ricavi generati dalle vendite, a condizione che promuovano la piattaforma ai loro clienti - ad esempio, tramite newsletter - e forniscano immagini dei prodotti. Attualmente la compravendita di moda per bambini è ancora poco sviluppata. Nel settore moda in generale, invece, usato e noleggio sono già temi centrali, poiché molti consumatori cercano soluzioni più sostenibili ed economiche, spinti dai cambiamenti climatici e dall’inflazione. L’idea di creare una piattaforma di rivendita per l’abbigliamento dei bambini è nata a Sofie Morber durante il congedo parentale. «Volevo acquistare articoli sostenibili e a basse emissioni per mio figlio», racconta Morber, advisor di prefessione. Così ha iniziato a frequentare mercatini dell’usato, negozi di seconda mano e piattaforme online, ma spesso le esperienze si sono rivelate deludenti. Le è capitato di ricevere prodotti contraffatti o scatole di vestiti per bambini in condizioni pessime, addirittura sporchi. «Tutto sembrava così trasandato», ricorda. Da qui la convinzione: «Deve esserci un modo migliore». Così ha creato un negozio online con Shopify e, poco dopo, ha conosciuto Doris Schoger, ex dipendente di Zalando e autrice di un blog sulla moda sostenibile. Insieme hanno sviluppato Tildi. La piattaforma offre circa 10mila prodotti tra capi di stagioni passate, campioni e articoli di seconda mano. Questi provengono da 50 partner commerciali, tra cui marchi di abbigliamento per bambini, negozi di second hand e privati che utilizzano l’app di trade-in. Il modello di business di Tildi risponde alla sfida di rendere redditizia il resell di moda per bambini. Tradizionalmente,

Tildi ha operato principalmente in Germania, ma le fondatrici puntano a espandersi in Europa, aprendo nuovi magazzini in

Italia inclusa PER RENDERE SOSTENIBILE IL MODELLO, IL MARKETPLACE ESCLUDE I MARCHI DEL FAST FASHION E SI FOCALIZZA SULLA FASCIA ALTA

guadagnare con la compravendita di abbigliamento è complesso, e nel settore infantile lo è ancora di più. Il valore di rivendita dei capi per bambini è relativamente basso, il che riduce l’importo medio degli ordini e spesso rende antieconomica persino la spedizione. Inoltre, i vestiti dei bambini tendono a rovinarsi facilmente e richiedono riparazioni, aumentando i costi. Per rendere sostenibile il modello, Schoger e Morber hanno scelto di escludere i marchi fast fashion e i discount, concentrandosi su brand di fascia alta. Inoltre, per aumentare i margini, vendono anche carrozzine, mobili e giocattoli, che rappresentano il 40% dell’assortimento, mentre l’abbigliamento copre il restante 60%. La combinazione di marketplace e servizio di trade-in garantisce margini più alti: Tildi non solo incassa una commissione sulle vendite, ma guadagna anche sulla differenza tra prezzo di acquisto e di vendita, proprio come un tradizionale rivenditore di moda. Per attrarre i marchi, Tildi semplifica al massimo il processo di integrazione. «In media, collegarsi al nostro marketplace richiede un’ora», spiega Schoger. Se un brand non vuole gestire direttamente la vendita, può spedire scatole e pallet al magazzino di Tildi in Baviera. La piattaforma si occupa di tutto: vendita, logistica e spedizioni, offrendo un vero e proprio servizio di rivendita chiavi in mano. I marchi interessati a offrire ai propri clienti la possibilità di rivendere articoli usati possono utilizzare l’app di trade-in di Tildi o integrare sul proprio sito web una sezione di resell gestita dalla startup tedesca. Oltre ai ricavi, i brand possono accedere a dati preziosi forniti da Tildi.

Finora ha operato principalmente in Germania, ma i fondatori puntano a espandersi in Europa, con l’obiettivo di aprire hub in altri Paesi, come l’Italia. Attualmente sono alla ricerca di nuovi investimenti per finanziare questa crescita. La loro missione a lungo termine è chiara: «Vogliamo diventare il punto di riferimento per tutti gli articoli per bambini già esistenti, evitando che si continui a produrre merce non necessaria». 

Finora
altri Paesi,

LA PAROLA ALLE SHOWROOM

EMOZIONE E SERVIZIO SONO ARMI VINCENTI

Nonostante il periodo attuale sia estremamente complicato, showroom e negozianti del childrenswear possono allearsi e raggiungere risultati importanti. Conta saper evolvere, offrire emozioni, consulenze, servizi e supporto ad hoc, raccontando il valore dei prodotti, al cliente finale come al commerciante. Alcune showroom raccontano su quali leve occorre concentrarsi DI MARIA CRISTINA PAVARINI

La canzone “Only the strong survive” recita «solo i più forti resistono». Un mantra valido anche per il kidswear: molti negozianti stanno affrontando difficoltà notevoli e diversi tra loro sono stati costretti a chiudere. Tuttavia, altri segnali sono incoraggianti. A settembre, per esempio, ha aperto LuisaViaRoma Kids a Firenze, una realtà che può ispirare molti. Parlando con alcuni responsabili di queste realtà emerge la criticità del momento attuale, ma non mancano le opportunità. Abbiamo interpellato Chiara Bacchini, titolare di Bacch Rappresentanze di Cattolica, agente esclusivo per Emilia Romagna, Toscana e Centro Italia per brand quali quelli del gruppo Brave Kid, ma anche Il Gufo, Aspesi, Petit Bateau, MC2 Saint Barth, C.P. Company, Herno, AT.P.CO, Police. Questa realtà ha accolto alcune new entry quest’anno, tra cui People Of Shibuya, Vision Of Super e Phobia. Un esempio di longevità inossidabile è poi Sicilia Uno Rappresentanze di Palermo, che quest’anno festeggia il 45esimo compleanno. La società gestita da Anna Beritelli insieme al padre e fondatore Giovanni si occupa per la Sicilia di marchi come C.P. Company e Pinko, Marni, Margiela e Miss Blumarine - aggiunti da poco al suo portfolio - oltre a Diesel, Dsquared2, Max&Co., N21, Elisabetta Franchi, MC2 Saint Barth, Fay, Missoni, Richmond e molti altri già nel loro organico. Non ultima, Crespo Rappresentanze di Paolo Crespo, attiva tra Nord Italia e Paesi esteri come Svizzera, Croazia, Francia, Paesi Arabi ed Europa dell’Est. Opera da Milano e Torino e segue marchi come Bomboogie, Jeckerson, Tobetoo, Regina e MC2 aint Barth, oltre a Refrigiwear, Lulu e U+, acquisiti da poco. Ha inoltre inizato a occuparsi anche di moda donna.

PREZZI ALTI, SCONTI SELVAGGI E POI?

Tutti gli intervistati concordano su un punto, ossia la contrazione del business in seguito al generale rallentamento dei consumi, all’abitudine dei clienti di acquistare sempre più a prezzi scontati - ormai quasi tutto l’anno e senza nessuna regolamentazione - soprattutto in tempo di saldi, a causa di prezzi in stagione molto alti. I negozianti, dal canto loro, devono pagare sempre gli stessi costi fissi, benché siano spesso obbligati a vendere a prezzi ridotti, con ripercussioni negative sui margini, causa principale di molte chiusure recenti. «I nostri clienti - spiega Paolo Crespo di Crespo Rappresentanze - si trovano ad affrontare situazioni difficili, come la concorrenza del fast fashion e delle vendite online». È forte la pressione dei prezzi, anche a causa dell’abitudine di molti a fare acquisti nell’usato. A questo proposito interviene Chiara Bacchini di Bacch Rappresentanze: «In un settore come quello dell’abbigliamento per bambino - dice - ci dovrebbe essere una maggiore attenzione da parte delle aziende al prezzo al pubblico, perché il second hand sta prendendo sempre maggior spazio. Inoltre, brand medio-alti come quelli che rappresentiamo difficilmente riescono ad avere buoni sell out se i prezzi sono eccessivi». «Le aziende - conclude Bacchini - potrebbero adeguare i prezzi tenendo conto della situazione attuale». Nonostante un mercato sfidante, alcune showroom, come Sicilia Uno, hanno registrato incrementi di business. «Dopo il Covid tutti tendono a spendere meno, ma noi nel 2020 siamo cresciuti del 28% - sottolinea Anna Beritelli -. Generalmente in famiglia si tende a tagliare più sull’abbigliamento degli adulti che su quello per bambini: in certe fasce d’età alcuni capi si portano giocoforza per poco tempo, ma è sempre un piacere compra-

UN NEGOZIO PER BAMBINO NON DEVE ANNOIARE MAI. CHI LO GESTISCE DEVE SAPER OFFRIRE SERVIZIO, COMPETENZA ED EMOZIONE

Anna Beritelli

Il

CI SIAMO TRASFORMATI IN CONSULENTI, OFFRENDO CONSIGLI MIRATI PER VARIE OCCASIONI COME CERIMONIE, EVENTI FAMILIARI O WEEKEND SPECIALI

Paolo Crespo

Cambiamo continuamente Dal 1980, Sicilia Uno è gestita da un team di sole sei persone, inclusi Anna Beritelli e il padre Giovanni, fondatore della società (nella foto). «Siamo affiatati ed efficienti come una macchina da guerra,in cui ciascuno conosce il proprio compito e capisce cosa fare al minimo cenno» dice la manager.Tre segreti spiagano questa longevità. Il primo è “dedizione”, «perché ciascuno studia a fondo ogni collezione per trasferire ai clienti il valore di ogni singolo capo». Il secondo è “relazione”: «Le mode passano. Quello che rimane sono i rapporti umani. Grazie a questo siamo rimasti nei negozi con una presenza forte». Il terzo è “cambiamento”, perché la disposizione della showroom, l’offerta e i servizi cambiano continuamente: «Ci rinnoviamo da 45 anni. Grazie a questo siamo sempre in crescita».

re abbigliamento per i propri figli. Su questo i negozianti dovrebbero fare leva». Per attuare questa strategia, tuttavia, bisogna avere idee chiare. «Un negozio da bambino non deve annoiare mai - osserva Beritelli -. Chi lo gestisce deve saper offrire servizio, competenza, emozione e saper creare occasioni per richiamare il cliente più spesso in negozio. È vitale allestire feste, eventi, iniziative e occasioni che incuriosiscano e spingano ad acquistare Se ci si ferma al prezzo è la guerra dei poveri». Per l’imprenditrice siciliana, il dettagliante deve credere nel suo lavoro tenendo il negozio in ordine, rinnovando costantemente la disposizione della merce e puntando su un’atmosfera piacevole ottenuta con musica, fragranze, allestimenti, cortesia e attenzione da parte del personale. «Anche le aziende - riflette Anna Beritelli - dovrebbero supportare i loro clienti, oltre a rivedere i prezzi, organizzando seminari, workshop, momenti di formazione per insegnare al personale come presentare i prodotti, allestire le vetrine e rinnovare la disposizione della merce». Iniziative che possono convincere il consumatore che non c’è solo la caccia allo sconto o l’acquisto solo tramite e-commerce.

IL SERVIZIO È TUTTO

Chi sopravvive riesce perché fortemente motivato e concentrato sul cliente. «Le boutique che puntano su servizio, consulenza, qualità e unicità riescono a mantenere il loro posizionamento», afferma Paolo Crespo, sottolineando che dall’impegno costante è possibile arrivare a risultati tangibili. Per lui, un negozio kidswear deve offrire al cliente un supporto ad hoc sfruttando i momenti in cui servono consulenze specializzate, per esempio, per la stagione primaverile in occasione delle cerimonie, quando sono richiesti prodotti di qualità superiore e gusto sofisticato, un valore aggiunto che il fast fashion spesso non riesce a garantire. «Noi stessi - precisa - ci siamo trasformati in veri e propri consulenti per i clienti, in modo da offrire consigli mirati e

Crespo Rappresentanze è sinonimo di servizi mirati e consulenze ai suoi clienti in vari ambiti, dal supporto ai negozi all’assistenza nell’uso di strumenti digitali

NON VENDIAMO

CAPI FATTI IN ITALIA PERCHÉ IL CONSUMATORE È PIÙ INTERESSATO ALLA QUALITÀ DEL PRODOTTO CHE AL “MADE IN”

Chiara Bacchini

selezionare outfit adatti a occasioni ed eventi speciali». Saper stupire il cliente, richiamare la sua attenzione e occuparsi con dedizione del proprio lavoro è una delle strategie vincenti seguite da Sicilia Uno: «Cambiamo in continuazione. Ogni volta che un cliente viene a trovarci trova sempre novità. Rinnoviamo il layout della showroom e spostiamo i campionari, per sorprendere chi ci visita. Cambiamo la nostra offerta, aggiungiamo sempre servizi e novità diverse facendo attenzione a tutto…Non ci fermiamo mai da 45 anni», conclude Beritelli. Anche Paolo Crespo crede nell’importanza di fare ricerca continua: «Insegniamo ai nostri clienti quanto sia importante la ricerca costante di tessuti, prodotti, colori e tendenze nuove dei nostri clienti. Questo permette loro di mantenersi sempre al passo con le aspettative dei consumatori e di proporre un’offerta unica e aggiornata».

MADE IN ITALY: SÌ O NO?

Saper spiegare il valore di un prodotto è importante. Tuttavia, dove viene realizzato un capo non è un elemento essenziale per tutti, soprattutto quando si parla di kidswear. Bacch Rappresentanze, per esempio, non offre prodotti fatti in Italia, perché pensa che il consumatore sia più interessato alla qualità del prodotto che al “Made in”, soprattutto se quest’ultimo influisce troppo sul prezzo. Per Paolo Crespo, Made in Italy è sinonimo di qualità, cura artigianale e attenzione ai dettagli: caratteristiche apprezzate in questo segmento, benché molti dei marchi italiani che Crespo Rappresentanze vende non offrano prodotti realizzati in patria. «Dove si produce un capo non è cruciale per tutti - è la convinzione di Anna Beritelli di Sicilia Uno -. Abbiamo abituato il cliente solo al prezzo, ma è anche importante far capire che il Made in Italy dà garanzie maggiori, perché in genere realizzato senza sostanze pericolose per la salute». Per promuovere capi Made in Italy bisogna saper spiegare in cosa differiscono dagli altri. Inoltre, occorre porsi dei

Bacch Rappresentanze offre un osservatorio specializzato sul mercato della moda kidswear, grazie a un’esperienza consolidata e a una notevole conoscenza del settore

limiti, perché anche chi è disposto a pagare non vuole spendere cifre esagerate per un capo che un bambino indosserà per un paio di mesi.

MICRO O MACROAREE? QUESTO È IL DILEMMA

Non tutte le showroom operano in aree ristrette e non per tutte vale la stessa formula. Sicilia Uno, dopo aver lavorato in un ambito più ampio occupandosi del Sud Italia, ha scelto di focalizzarsi solo sul centinaio di negozi che si trova in Sicilia. «È talmente complicato mantenere il rapporto col cliente, che risulta vincente essere concentrati sul proprio territorio - dice Anna Beritelli -. Anziché gestire una macroarea che si conosce a malapena, per noi è importante conoscere bene un territorio e relazionarsi con quello».

TECNOLOGIA MA NON SOLO

La tecnologia è diventata un elemento chiave per gestire gli ordini e la consultazione delle collezioni. Inoltre, grazie al digitale, molte operazioni sono state semplificate e hanno migliorato l’esperienza d’acquisto. Crespo crede nell’importanza della strategia omnicanale e di sostegno all’integrazione tra negozi fisici e digitali, per offrire esperienze d’acquisto fluide adatte alle nuove abitudini dei consumatori. Inoltre, offre consulenze per aiutare a usare le tecnologie più nuove per semplificare molte operazioni. Per Beritelli di Sicilia Uno, invece, la tecnologia contribuisce a far evolvere molte attività in modo veloce, a volte anche troppo. Serve per gestire attività da remoto e fare resi in tempi rapidi, ma molti consumatori ormai comprano spesso solo via e-commerce. Fare acquisti da remoto non è la stessa cosa che vedere dal vivo i colori e toccare la merce e non può assolutamente sostituirsi alla competenza. «Se il cliente si fida ti ascolta, la tecnologia può essere un supporto, ma non deve mai sostituirsi al rapporto umano», conclude l’imprenditrice, sottolineando ancora una volta come le showroom continuino a fare la differenza nel rapporto col negoziante. 

SICILIA UNO SPEGNE 45 CANDELINE
nostro segreto?

OLTRE IL SOFFITTO DI CRISTALLO

FERRETTI: L’ITALO-IRLANDESE

CHE HA CAMBIATO FACCIA ALLA FALC

Da quasi 30 anni la manager è fedele all’azienda di calzature, titolare anche di Naturino e Falcotto, dove ha scalato tutti i gradini gerarchici, fino a diventare ceo. Si dice curiosa e ottimista. E riguardo ai ruoli di comando ha le idee chiare: «Si diventa leader solo con l’integrità»

DI ANGELA TOVAZZI

Da quasi 30 anni Salina Ferretti è tutt’uno con la Falc, azienda di Civitanova Marche che spazia nel mondo dell’adulto e del bambino con sei marchi di calzature: Naturino e Falcotto, Voile Blanche, Flower Mountain, Candice Cooper e W6yx. Il suo percorso professionale ha disegnato un’evoluzione naturale, come lei stessa ci racconta, ma non per questo scontata, visto che è passata dagli elettrodomestici alla moda e ha poi via via scalato più gradini gerarchici, fino a diventare ceo di un’azienda da quasi 100 milioni di euro di fatturato.

Lei è italo-irlandese, laureata alla Bocconi in programmazione e controllo: come è arrivata alla Falc?

Alla moda non ci pensavo. Mi piacevano i numeri e la matematica. Dopo la laurea ho fatto l’Erasmus in Germania e ho iniziato a lavorare per la filiale tedesca della Merloni a Francoforte, dove sono rimasta tre anni. Alla Falc mi hanno chiamato perché parlavo bene le lingue:

sono sempre stata curiosa, tanto da vivere anche in Paesi diversi, come l’Olanda e la Cina. Ho cominciato a viaggiare, conoscere agenti e venditori e nonostante le resistenze iniziali sono entrata in azienda come commerciale estero.

Da lì però non si è più fermata. Quali sono stati i momenti chiave?

Non parlerei di momenti chiave. È stata una progressione molto naturale. Prima sono diventata responsabile delle vendite estero, poi ho preso la direzione commerciale, successivamente la direzione generale e da sei-sette anni ricopro il ruolo di ceo. Il fatto di essere una donna non l’ha intralciata?

Direi di no. Mi sono sempre sentita trattata come una persona, dentro e fuori l’azienda. Il genere non ha impattato. Questo non vuol dire che non esista il gap tra uomini e donne, soprattutto quando si sale ai piani alti della piramide. Anche nel mondo delle imprese c’è an-

La sentiamo al telefono, Maria Chiara Maggi, però l’energia arriva lo stesso. Classe 1984, ligure, il suo nome fa pendant con quello della Magil, ma nonostante l’assonanza, non è lei la fondatrice di questa storica azienda di childrenswear, nata invece nel 1966 a Crema su iniziativa di Gilberto Mantica. Eppure di questa storia è parte integrante, anzi potremmo dire determinante, visto che nel 2011, a soli 26 anni, ha investito tutti i suoi risparmi per rilevare il marchio, travolto dalla crisi. Ma riavvolgiamo il nastro. Studi allo Ied di Milano, Maria Chiara comincia il suo percorso professionale in un atelier milanese di moda donna, dove si fa le ossa e impara tutto del mestiere. Nel frattempo asseconda anche la sua predilezione per l’abbigliamento infantile e nel 2006 va per la prima volta a Firenze per Pitti Bimbo: «Una folgorazione - racconta -. La sera stessa ho mandato il mio curriculum a tutte le aziende presenti in Fortezza, ben 600». Le rispondono in due: una società pugliese e, appunto, la Magil, all’epoca di proprietà di un gruppo bolognese. A quel punto lascia l’atelier e

dall’alto, in una logica top-down. Credo nel confronto orizzontale, nel coinvolgimento, nella responsabilizzazione. Il capo non è quello che comanda, è quello che sa indicare la direzione e convincere la squadra a seguirlo. Oltre alle competenze cosa ci vuole?

Le skill da mettere in campo sono tante, ma la conditio sine qua è sicuramente l’integrità, l’onestà nei comportamenti. Per essere un leader devi essere riconosciuto come tale. Le persone devono fidarsi di te. Non da meno è importante saper gestire i conflitti che possono venire a crearsi all’interno del gruppo di lavoro. Captare i segnali e agire di conseguenza. Preservare l’armonia è fondamentale. Come lo è dare spazio e fiducia anche alle persone meno “scontate”. L’impronta personale che Salina Ferretti ha portato in azienda?

cora molta strada da fare per azzerare questa distanza, ma abbiamo la fortuna di essere nate in un momento storico e in un’area geografica più favorevoli da questo punto di vista. Indubbiamente le donne portano un’energia diversa quando arrivano nei ruoli apicali e il bilanciamento con la preponderanza di presenza maschile fa sempre bene alle imprese. Va però anche sottolineato che più si sale in azienda, più crescono gli impegni e le responsabilità. Bisogna saper accettare le sfide, avere la voglia di migliorare e l’ambizione di competere.

Anche se le incombenze familiari a volte pregiudicano avanzamenti di carriera... Questo vale però anche per gli uomini. Per ottenere e mantenere ruoli importanti sono fondamentali complicità e flessibilità con il partner nella gestione della famiglia. Ogni carriera, sia al maschile che al femminile, funziona se c’è un gioco di squadra.

Lei che tipo di leader si sente?

Non ho mai fatto perno su un potere calato

CONTROCORRENTE

Sicuramente la curiosità e il desiderio di esplorare, che forse viene dal fatto di essere italo-irlandese, cresciuta a cavallo tra due Paesi. E poi il mio naturale ottimismo, con la capacità di mantenere il sorriso anche nei momenti più difficili. Lei sta guidando la Falc da circa sette anni: come l’ha cambiata e in che direzione la sta portando?

Con lo spostamento del business verso le collezioni da adulto, che oggi valgono circa il 70% del fatturato, ci siamo avvicinati molto di più al mondo della moda, presenziando alle fashion week di Milano, Parigi e New York, con un impatto anche sul percepito. Negli ultimi anni abbiamo registrato crescite a doppia cifra nel fatturato (nel 2023 a quota 95 milioni, ndr). Il 2024 è stato un anno complicato e di consolidamento, ma ci stiamo attrezzando per accelerare nel 2025. La Falc è arrivata a un punto in cui è essenziale dare un colpo di reni per salire al livello successivo e per farlo è d’obbligo evolversi con velocità. Ma, ancora una volta, sono ottimista: ho la fortuna di avere un team davvero predisposto al cambiamento. 

MARIA CHIARA MAGGI: A 26 ANNI SALVÒ MAGIL E OGGI TORNA A PITTI

Ci sono storie che dall’esterno sembrano favole, se si mettono tra parentesi sacrificio, rinunce e impegno incondizionato. Qui ribaltiamo le carte e portiamo in superficie lo sforzo di una ragazza, oggi quarantenne, che ha creduto in un sogno e deciso di pedalare controvento, gettando sempre il cuore oltre l’ostacolo

DI ANGELA TOVAZZI

inizia a collaborare come freelance con svariate realtà del settore, in particolare per Magil, fino a quando la stessa azienda di Crema, alla ricerca di investitori, le propone di comprare il 40% delle quote. «Non avevo soldi ed era impossibile affrontare un’operazione di quella portata - ricorda l’imprenditrice - però trovammo un accordo. Con l’incoscienza e l’entusiasmo dei miei 26 anni presi tutti i risparmi in mio possesso e decisi di rilevare soltanto il marchio, per dargli un futuro». I primi anni sono duri, durissimi. Non ascolta chi le suggerisce di rimanere a Crema e trasferisce gli uffici a Lavagna (Genova), all’interno del porto, offrendo alle sue dipendenti una vista diretta sul mare, anche se per pagare gli stipendi continua con le consulenze e le collaborazioni esterne. Oltre al business da rilanciare, ci sono una fiducia e un credito da riconquistare. «I rivenditori mi guardavano e si chiedevano: «Questa ragazza sarà in grado? Consegnerà? Non consegnerà? C’è da fidarsi?». Ma io sono andata avanti, gettando il cuore oltre l’ostacolo. Sempre». La risalita è lenta, ma progressiva. «Ho avuto la fortuna di trovare un

agente per il Nord Italia che ha creduto nel nostro progetto e di riuscire a circondarmi delle persone giuste», spiega. Ma, come sempre negli esiti positivi di un’avventura imprenditoriale, non c’entra solo la fortuna. A Maria Chiara non mancano tenacia, grinta, capacità di problem solving e soprattutto visione: «Ho sempre avuto un approccio controcorrente. Anche durante la pandemia, quando tutto si è fermato e le aziende tiravano i remi in barca, io ho aumentato gli investimenti e fatto un campionario più ampio». Risultato: il fatturato è lievitato, così come la visibilità sul mercato. Oggi le difficoltà non sono certo alle spalle: tanti negozi specializzati hanno chiuso e altrettanti sono in affanno. «Il futuro non è roseo - ammette - ma se penso agli inizi, quando non avevamo né credito né soldi, gli ostacoli da superare si ridimensionano». Dalla sua parte oggi c’è un team di sette persone, tutte donne. Chiara non le chiama dipendenti ma collaboratrici: «Siamo cresciute insieme e tutte hanno

CREDO NEL CONFRONTO ORIZZONTALE, NEL COINVOLGIMENTO, NEL DARE RESPONSABILITÀ VOGLIAMO VESTIRE BAMBINI CHE NON HANNO FRETTA DI ASSOMIGLIARE AI GRANDI E REGALARE A MAMME E PAPÀ RICORDI INDELEBILI

STORIA DI UNA RINASCITA

Magil è oggi una realtà artigianale da 2 milioni di fatturato, che distribuisce le sue creazioni in circa 230 negozi multimarca, per il 90% entro i confini nazionali. La produzione è al 100% made in Italy, mediante laboratori dislocati soprattutto nel Nord Italia. Il primo giorno di PItti Bimbo, il marchio è protagonista in Fortezza con un evento insieme ai piccoli cantanti del Coro dell’Antoniano

un forte spirito di appartenenza verso l’azienda. L’orario di lavoro permette loro di conciliare casa e ufficio. Non hanno bisogno di chiedere e io di concedere. Lavoriamo insieme allo stesso progetto». «Pensi - confida ridendo - che per chiudere gli uffici qualche giorno per Natale ho dovuto addirittura litigare!». Del resto, negli ultimi mesi gli impegni si sono moltiplicati, a partire da luglio, quando il Coro dell’Antoniano di Bologna ha chiamato Maria Chiara per proporle di creare i vestiti per lo Zecchino d’Oro. «Ero alle stelle - dice -. E ho capito che eravamo sulla strada giusta» 

ASPESI

AT.P.CO

C.P COMPANY

LA MODA È UN PUZZLE DA COMPORRE IN LIBERTÀ

Il childrenswear della FW25/26 va oltre il concetto di mini me: le nuove proposte di abbigliamento e accessori non sono cloni di quelle per l’adulto, ma nemmeno rientrano nella categoria dei modelli “da bambino”, leziosi, zuccherosi e spesso poco pratici. Tutto questo appartiene al passato. Ora le parole d’ordine sono personalità e, per esteso, personalizzazione. Attraverso abbinamenti creativi e intercambiabili, stratificazioni, echi vintage e divertenti rivisitazioni dello stile cerimonia prende forma un guardaroba dove l’ultima parola spetta a ragazzi e ragazze con le idee molto chiare su ciò che vogliono o non vogliono indossare.

A CURA DI ALESSANDRA BIGOTTA

ROY ROGER’S
GALLUCCI
BIKKEMBERGS JUNIOR
SARABANDA
ETNIA BARCELONA
MONNALISA
DUCATI
BARROW
BABY MALO
BLAUER JUNIOR
LANEUS
JECKERSON

HAPPY BIRTHDAY? DILLO CON I VESTITI

100 edizioni vanno festeggiate anche con delle limited edition ad hoc. Così, in occasione di Pitti Bimbo 100/001, una quindicina di brand hanno realizzato capi e accessori speciali, in vendita in esclusiva durante la manifestazione e sulla piattaforma Pitti Connect. Nomi come Wooly Organic, Beemondo, Naturino, Rondinella, Magil, Catya, Mamababy, Jack Junior, Name It, Lil Atelier, Kids Only e Fina Ejerique, che celebrano una storia e che a loro volta raccontano storie, una diversa dall’altra ma con alcuni elementi in comune: una creatività attenta alle esigenze del bambino, la ricerca della qualità, la cura di dettagli e lavorazioni e, non ultima, la sostenibilità, che nel mondo del childrenswear è ancora più importante che in quello dell’adulto.

BEE 100 - BEEMONDO
WOOLY ORGANIC
MAGIL
RONDINELLA
PALLONCINO BLU
CATYA

BRAND TO WATCH

Qualità, sostenibilità e un concept pensato e costruito esclusivamente per i bambini. Dalla moda al design, un poker di piccoli brand che aspirano a diventare grandi

A CURA DI ANGELA TOVAZZI

Founder Jelkica Popovska

Distribuzione

Diretta ekki.co

ÈKKI

Nato nel 2022 su iniziativa di Jelkica Popovska, stilista e make-up artist, Èkki Milano punta tutto su qualità e autenticità. Fa a meno di loghi ed etichette e si concentra su prodotti in piccole taglie dai tessuti esclusivi e dal design raffinato, realizzati in maniera artigianale entro confini europei. «Vogliamo essere un marchio capace di stimolare il cambiamento nel rispetto dell’ambiente e portatori di valori radicati nell’etica della famiglia», spiega la founder, che ha base a Milano e si definisce «stilista e madre bohémien». Il brand è attualmente distribuito sull’e-commerce ekki.co a prezzi compresi tra i 25 e i 150 euro, ma nei progetti c’è anche uno sviluppo nel mercato wholesale.

Founder Monica Carsaniga

Distribuzione

Diretta

palloncinoblusleepwear.it

REDAZIONE

A.D.

Markus Gotta markus.gotta@dfv.de

DIRETTORE RESPONSABILE

Tobias Bayer t.bayer@fashionmagazine.it

EDITOR AT LARGE

Michael Werner michael.werner@dfv.de

CAPOSERVIZIO

Alessandra Bigotta a.bigotta@fashionmagazine.it

Founder Ludovica Guarriello

Distribuzione Diretta momtobe21.it

Founder Paola Bernardotto

Distribuzione Diretta ettomio.com

PALLONCINO BLU

L’idea di Palloncino Blu è nata in pieno lockdown, quando Monica Carsaniga era incinta del secondo figlio, per prendere forma nell’autunno del 2023 dopo «prove, cambiamenti, dubbi, momenti di stop, coincidenze», e soprattutto grazie a «determinazione, testardaggine, giusti incontri, salti nel vuoto, sogni e un pizzico di follia». Oggi le tutine e i pigiamini in bambù sono il cuore della collezione, completata da prodotti legati al mondo nanna e camerette, come copertine e tappeti gioco. Vetrina del marchio è per il momento l’e-commerce palloncinoblusleepwear.it, dove i prodotti sono venduti tra i 60 e 70 euro, ma la partecipazione a questa edizione di Pitti Bimbo potrebbe aprire le porte anche a una distribuzione fisica con partner specializzati.

Andrea Bigozzi a.bigozzi@fashionmagazine.it

Elisabetta Fabbri e.fabbri@fashionmagazine.it

Maria Cristina Pavarini mariacristina.pavarini@dfv.de

Angela Tovazzi a.tovazzi@fashionmagazine.it

GRAFICA E DESIGN

Nadia Blasevich n.blasevich@fashionmagazine.it

CHIEF MARKETING OFFICER

Daniella Angheben d.angheben@fashionmagazine.it

HEAD OF ADVERTISING

Barbara Sertorini b.sertorini@fashionmagazine.it

MOMTOBE21

La fondatrice Ludovica Guarriello parla di Momtobe21 come di un brand nato dalla forza dell’amore: un progetto di due sorelle, una zia e una mamma, ispirate da «due meravigliose creature che ci hanno travolto in un mondo di colori». La collezione “zero” ha visto la luce nel 2020 e da quel momento il progetto ha continuato a crescere, conquistando il pubblico grazie a capi sartoriali, totalmente made in Italy, che come mission hanno in primis quella di «coniugare comfort e bellezza». Destinati alla fascia 0-8 anni (ma su richiesta si può andare oltre), l’abbigliamento e gli accessori Momtobe21 sono distribuiti sull’e-shop del brand a un prezzo medio di 70-80 euro e in una rete di negozi multimarca su scala europea.

ETTOMIO

Brand di arredo premium, Ettomio ha visto la luce nel 2019 con l’obiettivo di andare incontro alle esigenze del mondo kid, scegliendo come coordinate una produzione made in Italy, materiali di alta qualità, filiera corta e sostenibilità, in opposizione al fast furniture. L’azienda, guidata da Paola Bernardotto (vincitrice nel 2024 del premio GammaDonna per l’imprenditoria femminile innovativa) si posiziona come pure player, con una strategia commerciale prevalentemente direct-to-consumer e un e-shop dove i letti - categoria principale del marchiosono venduti a un prezzo medio intorno ai 900 euro. Accanto alla vendita B2C, sono state avviate recentemente collaborazioni con atelier selezionati e studi di interior design, con tappe da Binnichì (Rm), Le Civette sul Comò (Mi) e Dudù (Vr).

ASSISTENTE DI DIREZIONE/UFFICIO TRAFFICO

Valentina Capra v.capra@fashionmagazine.it

COORDINAMENTO INTERNAZIONALE

Margherita Cimino margherita.cimino@dfv.de

AMMINISTRAZIONE

Cristina Damiano c.damiano@fashionmagazine.it

COLLABORATORI

Mariella Barnaba, Cristiana Bonzi

EDIZIONI ECOMARKET SPA

Redazione, Amministrazione, Pubblicità, Piazzale Cadorna 15 20123 Milano - telefono 02 80620-1

FASHION STRATEGIA, INNOVAZIONE E MERCATI

Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 389 del 6-11-1970 Iscrizione n. 1418 al ROC Registro Operatori della Comunicazione

Stampa: New Press Edizioni SRL Lomazzo (Co)

Distributore: MDM Milano Distribuzione Media Srl © FASHION 2025 Edizioni Ecomarket - Milano

Fashion fa parte del Gruppo Dfv MedienGruppe - Deutscher Fachverlag GmbH - www.dfv.de Alcune testate moda del gruppo sono: TextilWirtschaft, Francoforte; The Spin Off, Milano; ötz österreichische Textil Zeitung, Vienna. www.fashionmagazine.it

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