Fashion Tabloid Focus Fliera Tessile

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FOCUS FILIERA TESSILE

LA SFIDA RICOMINCIA DALLA GEN-T

Il tessile italiano: tanta tradizione e il tema scottante del passaggio generazionale. Ma finalmente c’è un cambio di marcia, tra la nuova “Gen-T” di manager che proietta nel futuro le storiche aziende dove è nata e cresciuta, attingendo a competenze diversificate, e sempre più giovani interessati alla professione di textile designer

IL PUNTO SUL SETTORE

I numeri, le prospettive e come gli imprenditori stanno lavorando alla ripresa

SALONI A CONFRONTO Strategie e nuovi format tra Milano, Parigi e Monaco di Baviera

OLTRE L’APPARENZA

Il valore aggiunto di interfodere, imbottiture, zip ed etichette

«LO SCENARIO MIGLIORA, MENO NUVOLE IN USA E EUROPA»

STEFANO ALBINI

PRESIDENTE ALBINI

«Per fortuna nelle ultime settimane si stanno registrando segnali di miglioramento sul mercato e un po’ di positività si inizia finalmente a cogliere. Su certi tipi di clienti, come quelli legati alla fascia premium e media, stiamo sperimentando degli ordinativi che sono pari, o addirittura leggermente superiori, a quelli dell’anno scorso. Gli Stati Uniti, che avevano rallentato la corsa, stanno ora dando segnali forti di ripresa. È un’area che aveva accumulato molto, ma che ora sta tornando ad acquistare. Una zona che è ancora ferma è l’Emea, ma pensiamo che si riprenderà dagli ordinativi di fine luglio in avanti. Questa lentezza è legata al mercato del lusso, che in questo momento è stabile, dopo diversi anni di crescita a due cifre. Noi, per fortuna, non ne stiamo risentendo, anzi in questo segmento acquisiamo nuovi clienti grazie al servizio che offriamo. Particolarmente apprezzato il fatto che controlliamo tutta la filiera, dal capo di cotone fino al tessuto finito. Perché i nostri clienti vogliono la sicurezza di quello che acquistano in termini, in primis, di sostenibilità. Ci distinguiamo anche per la nostra capacità di creare progetti ad hoc per le griffe del lusso nostre clienti, che ci richiedono disegni e tessuti specifici per le loro produzioni: ormai non si lavora più sui macro trend. A sostenere il mercato Emea non ci sarà più solo l’alto di gamma, in quanto molte produzioni di brand premium stanno riportando la filiera in Europa dall’Estremo Oriente. E questa è una bellissima notizia, oltre che un’opportunità. Non è facile attualmente prevedere cosa succederà da qui al 2025, ma lo scenario oggi si prospetta decisamente migliore rispetto a come si preannunciava appena qualche mese fa. Contiamo di confermare questo nostro ottimismo anche a Milano Unica, dove incontrando i nostri clienti principali possiamo avere anche il polso di come loro vedono la parte a valle del mercato».

«IL 2024 SARÀ UN ANNO UTILE PER AVERE NUOVE IDEE»

TESSILE ITALIANO: NONOSTANTE LE NUBI GIÀ SI PENSA ALLA RIPRESA

Il fatturato 2023 dell’industria italiana della tessituira è sceso a 7,7 miliardi, flessione che prosegue anche in questa prima metà 2024, tra il calo delle esportazioni e il ricorso alla cassa integrazione, volato alle stelle. Ma gli imprenditori stanno già lavorando alla ripresa e confidano nei segnali positivi che arrivano da diverse direzioni

DI ANDREA BIGOZZI E MARIA CRISTINA PAVARINI

L’allarme si era già acceso nei giorni scorsi, quando Sergio Tamborini, presidente di Sistema Moda Italia, aveva annunciato che nel primo quadrimestre del 2024 si era registrato un ricorso alla cassa integrazione più alto del 67,6% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente, con un interessamento maggiore per il comparto tessile (71,6% del totale ore) e per la manodopera. «I nostri operai hanno il 100% di cassa integrazione in più dell’anno scorso», ha evidenziato il numero uno dell’associazione, che riunisce 40mila imprese del comparto tessile-moda. L’obiettivo prioritario del momento sembra essere ridurre il costo del lavoro, in una fase di contrazione degli ordini e dei fatturati. E infatti, alla vigilia della fiera Milano Unica edizione 39 (dal 9 all’11 luglio presso Fiera Milano-Rho), pur in assenza di dati ufficiali di congiuntura - che vengono diffusi in apertura del salone - arriva il quadro di settore che mostra una serie di difficoltà, dopo anni di crescita sostenuta. Ai fattori di tensione internazionale e all’aumento dei costi delle mate-

C’È ATTESA PER UNA RIPARTENZA

DEGLI ORDINI: GRAZIE AI MARCHI

PREMIUM IL LUSSO RESTA

L’OSSERVATO

SPECIALE

rie prime si aggiunge il rallentamento generalizzato del settore moda, che fa i conti con magazzini che stanno impiegando più tempo del previsto a svuotarsi. Nel 2023 il fatturato dell’industria italiana della tessitura si è attestato a quota 7,7 miliardi di euro, in calo sul 2022 del 2,5%. Anche l’export è diminuito del 2,7%, realizzando comunque un fatturato di 4,4 miliardi, il secondo migliore degli ultimi sette anni. Nel 2024 le nuvole che stazionano sulla filiera made in Italy non sembrano destinate ad allontanarsi, almeno in base ai primi dati disponibili: nel primo trimestre di quest’anno il “monte” ha registrato una dinamica negativa sia per quanto riguarda le vendite estere, in calo del 13,4%, sia soprattutto le importazioni, che perdono il 18,4%. Numeri che mettono in luce un contesto di frenata, ma che non scoraggiano gli imprenditori del tessile, che a Milano Unica sono pronti a mostrare una reazione. «La situazione resta complessa, ma c’è fiducia in alcuni piccoli segnali che si stanno manifestando», è leitmotiv che sintetizza la loro visione sul futuro. 

L’INDUSTRIA TESSILE NEL 2023 E I PRIMI DATI DEL 2024

7,7mld

il fatturato dell’industria italiana del tessile nel 2023

12%

l’incidenza della tessitura made in Italy sul fatturato complessivo della filiera tessile-abbigliamento

Fonte: Smi

71,6%

l’incidenza di ore di cassa integrazione per il tessile sul totale tessileabbigliamento nei primi 4 mesi del 2024

-13,4%

la flessione dell’export 4 mesi del 2024

«LE NUOVE OPPORTUNITÀ? I PAESI ARABI E L’AFRICA»

ALESSANDRO BARBERIS CANONICO

CEO E COMPROPRIETARIO

VITALE BARBERIS CANONICO

«I l mercato vive una situazione congiunturale difficile, ma si intravedono segnali di ripresa, sostanzialmente dal Nord Europa, mentre negli Usa il mercato già andava bene. La svalutazione in Giappone ha creato problemi, ma verrà superata a breve, perché questo Paese economicamente sta performando bene. La grande assente è la Cina. Per quanto riguarda altri mercati, vorremmo crescere nei Paesi Arabi, che pur se di entità ridotta rappresentano un’area dove potremmo crescere grazie all’alto spending power dei suoi abitanti e perché alcuni consumatori russi si stanno trasferendo lì. Tra gli altri nuovi mercati dove potremmo crescere c’è l’Africa. Qui, insieme a una delegazione organizzata da Milano Unica, vorremmo portare i nostri tessuti, per farli conoscere in un’area dove si comincia a produrre abbigliamento. In termini di strategia per noi il core business rimane la sartoria formale. Ovviamente l’abito da cerimonia e quello da lavoro rappresentano la parte più importante, ma stiamo introducendo anche stoffe per vestire il cliente in momenti di svago. In un’ottica di diversificazione abbiamo anche realizzato un piccolo progetto dedicato alla donna che veste classico, puntando principalmente su lane molto fini, perché la donna vuole solo abbigliamento stretch, materiali sui quali stiamo investendo, oltre a tessuti con micro-disegni e lane follate. Per quanto riguarda Milano Unica, anche in qualità di past president è bello vedere che gli imprenditori hanno fiducia nella fiera. Le ragioni per il successo di Milano Unica sono principalmente due. La prima è aver anticipato le date, la seconda essere rimasta a presidiare la fascia dell’altissima qualità, selezionando gli espositori».

«IN UN MERCATO STABILE LA SOSTENIBILITÀ TRAINA LA CRESCITA»

DIRETTORE GENERALE EUROJERSEY

«C’è in atto una forte evoluzione del mercato e ne siamo consapevoli. A scatenarla non sono gli aspetti geopolitici, ma i cambiamenti sociali. Da tre anni il modo di vestire non è più lo stesso e il concetto di comfort si è fatto sempre più determinante per il consumatore. Di questo scenario la nostra azienda si è avvantaggiata, perché i nostri tessuti elasticizzati Sensitive Fabrics sono diventati molto richiesti per capi versatili e lifestyle. Arriviamo da un quinquennio di crescita significativa, ma in questo momento

siamo sotto rispetto al 2023. Il 2024 sarà un anno di assestamento, in cui puntiamo a confermare i livelli del 2023. Ma non ci pare il caso di drammatizzare, anzi. Questi saranno mesi in cui forse faremo di meno, ma avremo l’occasione di pensare di più. Ne approfitteremo per studiare i mercati di nuovo interesse e per accelerare nella moda maschile, dove abbiamo un forte potenziale. I nostri tessuti assecondano alla perfezione le esigenze dell’uomo di oggi: la ricerca del confort, la facile manutenzione e quindi possiamo crescere in questo segmento, andando a conquistare quote di mercato tradizionalmente presidiate da aziende produttrici di tessuti più tradizionali. A livello geografico, per il tessile tecnico le opportunità più significative arriveranno dagli Usa e dalla Cina mentre l’Europa, specie quella del Nord, sembra destinata a rallentare. Sarei cauto a dare per persi gli Stati Uniti: è un mercato molto rapido nel contrarsi, ma lo è altrettanto nel ripartire e a noi sta ancora dando buone soddisfazioni. La Cina resta un’opportunità molto interessante, anche in questa fase di rallentamento: il governo cinese sta sostenendo la crescita di nuovi marchi locali. Il nostro compito è di scoprire queste realtà e farci conoscere attraverso la nostra struttura commerciale, che è strutturata e capillare. Le fiere? Sono un momento di incontro e per mettere a terra la nostra visione di prodotto. In passato partecipavamo anche a Première Vision, ma ora concentriamo tutto il nostro impegno su Milano Unica, con cui condividiamo il valore dell’eccellenza».

MARCO MANTELLASSI CEO MANTECO ANDREA CRESPI

«L a situazione attuale per Manteco è stabile, in uno scenario generale non facile, perché i clienti stanno facendo acquisti più consapevoli. Poiché il cliente finale ha spostato il proprio budget su settori diversi come hotel, viaggi e spese simili, i nostri clienti si ritrovano con stock significativi d’invenduto dagli anni precedenti e anche loro riducono leggermente i loro acquisti. Tuttavia, Manteco ha tratto un ulteriore vantaggio da questa situazione, perché investe continuamente e ha

un’immagine molto forte in termini di qualità e sostenibilità, che si allinea con i criteri d’acquisto dei nostri clienti. Ci aspettiamo un anno con ricavi più o meno simili a quelli dello scorso. Per il 2024 dovremo cercare di portare avanti i nostri progetti in modo concreto e senza sprechi di energia. Per Manteco Première Vision e Milano Unica sono ugualmente importanti. La fiera di Parigi è più focalizzata sul mercato francese, area molto importante per la nostra azienda. Ma, al tempo stesso, la clientela che ci visita a Milano Unica sta crescendo in maniera sempre più significativa. Per ora continueremo a partecipare a entrambe. Siamo consapevoli dell’importanza di Milano Unica, forti del fatto che i nostri prodotti sono 100% Made in Tuscany. Per questa ragione abbiamo raddoppiato le dimensioni dello stand di Milano, dove i visitatori possono vedere i nostri artigiani al lavoro. Per quanto riguarda il prodotto, la sfida del mercato si vince offrendo gamme sempre più ampie di tessuti in materiali naturali, monofibra, dall’apparenza ricca, ma leggeri, un aspetto importante per il cliente. Dobbiamo continuare a puntare sul Made in Italy, sulla filiera, sulla tracciabilità e sulla trasparenza. Ci stiamo muovendo in questa direzione, per dare ai nostri clienti la certezza che acquistare da Manteco è sinonimo di qualità e sostenibilità. Stiamo investendo in maniera crescente nella ricerca di materie prime di alta qualità, in grado di conferire ai nostri tessuti un aspetto sempre più ricco».

«OPTIAMO PER LA QUALITÀ. ALTRI HANNO FATTO SCELTE DIVERSE »

Nella competizione tra le fiere eccellenza, espansione globale e segmenti come donna, sportswear e beachwear guidano il percorso vincente di Milano Unica, perseguito dal neopresidente Simone Canclini

Presidente Canclini, nel suo nuovo ruolo alla guida di Milano Unica come vede l’andamento del settore tessile?

Per la 39esima edizione di Milano Unica ospitiamo 700 espositori, dei quali 569 presenti all’interno dei tre saloni Ideabiella, Moda In e Shirt Avenue, e altri suddivisi in Aree Speciali e Osservatori (Korea e Japan). Milano Unica sta vivendo sicuramente un momento favorevole, a differenza del settore tessile, che attraversa un momento generalmente difficile. Alla prossima edizione parteciperanno molte nuove aziende. Inoltre, alcuni espositori che già erano presenti in passato ci hanno chiesto di aumentare il loro spazio espositivo. Come siete cresciuti nel tempo?

Con l’attuale edizione abbiamo registrato un incremento del 18% degli espositori rispetto a luglio 2023. Un dato più significativo è quello raffrontato rispetto all’edizione pre-Covid del luglio 2019, che vede una crescita di aziende attestata al +22%. Al di là dei numeri specifici, è un dato di fatto che gli espositori e la superficie occupata dal salone siano aumentati, quindi Milano Unica è vista come un partner prezioso per le aziende tessili e degli accessori che si concentrano sulla qualità, perché la manifestazione offre un supporto importante. Vi siete spostati in altri padiglioni?

Quanto sono aumentati gli spazi occupati?

La crescita del numero degli exhibitor, unitamente alle richieste di aumento dello spazio espositivo, ha determinato un incremento complessivo della superficie espositiva del 23%. Questa è la ragione dello spostamento dei padiglioni.

Cosa differenzia Milano Unica?

Penso che sia l’unica rassegna al mondo che offre

SALONI INTERNAZIONALI «STIAMO LAVORANDO PER VOI»

Mentre le fiere tornano a essere occasioni immancabili per il confronto tra industria e buyer, molti appuntamenti ripensano i loro format: eventi leader nel settore studiano dunque nuove soluzioni, per incontrare le esigenze degli insider, alle prese con i mutati atteggiamenti del consumatore.

Il focus è sulle novità di prodotto, ma anche su un servizio migliore ai clienti e al settore, offrendo inoltre un supporto adeguato nell’affrontare le nuove sfide imposte dalle normative richieste dalla transizione ecologica, per non parlare dei nuovi supporti digitali. Due rassegne internazionali, Munich Fabric Start e Première Vision, raccontano come stanno affrontando le sfide del momento.

tessuti di qualità, caratterizzati da grande innovazione stilistica, capaci di rispondere alle esigenze di tutto il settore a 360 gradi, oltre che sostenibili e circolari. Inoltre, i nostri espositori si differenziano da quelli delle filiere che offrono principalmente commodities e materiali a prezzi bassi. Nel corso degli anni c’è stata una differenziazione nel mercato e noi abbiamo puntato tutto su qualità, innovazione stilistica e ricerca, mantenendo un focus estremamente preciso.

Quali sono i vostri obiettivi futuri?

Mantenendo il focus sulla qualità e sulla produzione europea e italiana - tutti aspetti inderogabili - il nostro obiettivo è diventare il punto di riferimento del tessile di qualità nel mondo. Vorremmo che aumentasse il numero delle aziende presenti, richiamando anche quelle che ancora non espongono e ospitando le più qualificate del settore. Ricordo che prestiamo grande attenzione alla selezione delle richieste di partecipazione, ammettendo solo le aziende che rispondono ai requisiti per noi indispensabili. Quali nuove aziende partecipano a questa edizione?

Al di là dei distretti, la nostra è la fiera dei produttori italiani ed europei

particolare MarediModa è la new entry di questa edizione, dove una selezione di 15 aziende presenta in anteprima le collezioni per l’estate 2026.

Ci sono progetti per il futuro?

Stiamo valutando di portare espositori di Milano Unica anche in altri Paesi, come abbiamo fatto per l’edizione che si svolge in Cina, a Shanghai, grazie al prezioso contributo di Ice Agenzia (Ita). Vorremmo far conoscere alcuni nostri espositori anche in altre aree strategiche, dove ci sia un interesse da parte loro e dei buyer. Il mercato americano può essere una prossima meta e, eventualmente in futuro, anche l’Africa. In che tempi uno di questi progetti si potrebbe concretizzare?

LE NEW ENTRY DI QUESTA EDIZIONE SONO

ANCHE

La crescita di Milano Unica è avvenuta in maniera equilibrata rispetto ai vari settori che rappresentiamo. Grande attenzione è stata prestata al settore dei tessuti per abbigliamento femminile, che per noi è molto importante. Di tendenza tutto il mondo dedicato allo sportswear e all’activewear, che presenta performance particolarmente innovative. Nel nostro percorso espositivo sono presenti due aree specificamente indirizzate a questi segmenti di mercato: Innovation Area e MarediModa. In

FLORENCE ROUSSON

CHAIR OF THE PREMIÈRE VISION

STEERING COMMITTEE

PREMIÈRE VISION

«Première Vision rimane uno dei grandi appuntamenti internazionali basato su tre assi principali, internazionalità, contenuti moda e selettività. La fiera esiste da 50 anni e da sempre è il riflesso delle evoluzioni dell’ecosistema della moda e desidera fornire le migliori soluzioni ai buver che visitano l’evento. La nostra volontà è essere aperti a un contesto internazionale. Dopo l’acquisizione di Première Vision da parte di GL Events e delle manifestazioni a essa collegate, stiamo costruendo una divisione dedicata agli eventi di moda. Benché GL Events sia un gruppo francese, è presente in tutto il mondo con il 50% delle attività in altri Paesi come Europa, Asia e Nord America. Grazie al nostro network e a team dedicati, possiamo capire come servire al meglio le esigenze dei nostri clienti, per dare la risposta

Potremmo arrivare entro circa un anno, dopo aver verificato la fattibilità del progetto, oltre all’interesse di espositori e clienti. Milano Unica ha visto crescere le realtà partecipanti, grazie all’ampliamento nel settore donna. Questo è stato possibile grazie all’arrivo delle aziende pratesi? Il tessile per l'abbigliamento femminile è cresciuto nel corso di queste ultime edizioni, grazie all’apporto di espositori che provengono dai distretti comasco e pratese. Ma tengo a sottolineare che la nostra è la fiera dei tessitori italiani ed europei, indipendentemente dalla loro provenienza geografica. Proprietari e fondatori sono Ideabiella, che rappresenta i tessitori biellesi, e Fondazione del Tessile Italiano, che raggruppa i produttori degli altri specifici settori. Tutti noi tessitori ci riconosciamo in Milano Unica come la "nostra" manifestazione.

migliore in termini di fiere, Paesi e mercati con le risorse di un gruppo quotato in Borsa. Già da questa edizione di luglio abbiamo suddiviso gli espositori di Première Vision Paris in due padiglioni, allo scopo di riorganizzare l’offerta in maniera coerente. Abbiamo raggruppato gli espositori per tipologia di prodotto e di prezzo, più che per provenienza geografica, affinché i buyer possano subito orientarsi e fare le proprie scelte, mantenendo l’obiettivo di garantire a chi viene a visitarci un’offerta e un contenuto di qualità. Entro fine anno annunceremo quale sarà la nuova strategia di posizionamento della divisione moda di GL Events per le prossime edizioni che interesseranno le nostre 15 fiere. In momenti come quelli attuali è importante chiedersi di cosa abbia bisogno il mercato e adottare le strategie più adeguate per far evolvere gli eventi fieristici».

Il successo è dipeso anche dalla decisione di anticipare a luglio la sessione estiva. Manterrete le date di luglio e febbraio anche in futuro? Non ci sono rischi di sovrapposizioni con altri saloni?

Abbiamo già confermato le date per le prossime edizioni per evitare sovrapposizioni. Le prossime saranno 4-6 febbraio 2025, 8-10 luglio 2025, 3-5 febbraio 2026 e 7-9 luglio 2026. Su quali aspetti si stanno concentrando i vostri espositori per affrontare le sfide future?

Oltre alla salvaguardia della qualità "senza se e senza ma", i nostri player si stanno concentrando su tre fattori: sostenibilità, circolarità e digitalizzazione. Milano Unica ha dato grande supporto ai suoi espositori affinché, soprattutto le Pmi, potessero adeguarsi alle direttive in ambito di sostenibilità. Come avete operato?

Moltissime aziende sono sempre più attente a seguire queste direttive. È il tema del momento e lo sarà ancora di più in futuro, quando la sostenibilità diventerà misurabile, ma la fiera ha già fatto grandissimi passi avanti in questa direzione. Nel 2018 abbiamo dato vita all’area MU Tendenze Sostenibilità, presentando 53 aziende. Nel corso delle edizioni, l’attenzione è cresciuta costantemente ed è stato deciso di declinare le tendenze esclusivamente su campioni con requisiti di sostenibilità. All’ultima edizione di fine gennaio 2024 sono state 342 le aziende a esporre campioni con queste caratteristiche. Inoltre, per supportare il sourcing sostenibile, mettiamo a disposizione uno specifico desk, dove ricercare prodotti con performance di sostenibilità. Cosa può dirci sulla circolarità?

Sarà il prossimo step, non appena la direttiva sulla responsabilità estesa del produttore diventerà legge. Quando tali norme entreranno in vigore, Re.Tex Green, il consorzio promosso da Sistema Moda Italia e Fondazione del Tessile Italiano, si candida a essere il primo e principale Consorzio Nazionale dei produttori per la gestione dei rifiuti d’abbigliamento, tessile-casa, calzature e pelletteria. In tal modo il Sistema Moda darà un grande impulso a tutto il settore in termini di filiera sull’utilizzo dei materiali riciclati.

Come si stanno muovendo gli espositori nella digitalizzazione?

Molti ci hanno già lavorato, affinché la maggior parte dei campionari fosse disponibile anche a livello digitale, perché l'accesso in questo formato è molto funzionale. Poiché ogni azienda produce nuovi campionari ogni sei mesi, l’innovazione stilistica è fondamentale, ma è anche grazie agli archivi in versione digitale che è possibile avere un accesso privilegiato alla ricchezza e alla tradizione, oltre a poter continuamente adeguare e migliorare tali supporti.

Come vi rapportate con le altre rassegne estere? Ci sono forme di collaborazione o concertazione in corso?

I rapporti ci sono e sono cordiali, ma ognuno fa il suo percorso. Noi abbiamo scelto quello della qualità, della produzione europea e italiana e ci concentriamo su questa nicchia. Altri hanno fatto scelte diverse e, giustamente, ciascuno presidia il proprio segmento di mercato. 

SEBASTIAN KLINDER

MANAGING DIRECTOR

MUNICH FABRIC START

«Il panorama fieristico internazionale è in fase di trasformazione. Se da un lato c’è una notevole ripresa degli eventi fisici, dall’altro si assite a uno spostamento verso l’efficienza e l’efficacia. Noi di Munich Fabric Start, ad esempio, abbiamo strategicamente ridotto la durata del nostro evento a due giorni per le prossime edizioni di settembre 2024 e gennaio/febbraio 2025, per allinearci meglio alle esigenze del settore e alle tendenze del mercato, che si concentra su tempi di viaggio più brevi e soluzioni sensibili al budget. La fiera continua a evolversi in modo organico e dinamico all’interno dell’attuale panorama industriale. Con un impegno verso l’innovazione e la sostenibilità, Munich Fabric Start attrae costantemente espositori di alta qualità e mette in mostra tecnologie all’avanguardia. Le prossime edizioni sono pronte a stabilire nuovi standard, per facilitare relazioni di lavoro significative e guidare l’evoluzione del settore. Nell’edizione di settembre tutte le nostre sezioni (Munich Fabric

Start, Bluezone, Keyhouse e The Source) occuperanno diversi padiglioni, come sempre. L’unico adattamento di location che siamo stati costretti a fare è dovuto ad alcuni lavori di costruzione in corso nella vicina Kesselhaus, che ci impediscono di utilizzare questo spazio per settembre. Per questo la Keyhouse sarà integrata come una “fiera nella fiera” nella Bluezone nel padiglione 7, mentre la Bluezone si svolgerà come sempre nei padiglioni 6, 7 e nella Zenith Halle. Il salone intende mantenere questo format anche per gennaio-febbraio 2025, adattandosi alle richieste del mercato e mantenendo un approccio strategico. L’obiettivo rimane fornire una piattaforma che promuova l’innovazione e la collaborazione al momento e nel luogo giusto. Monaco di Baviera è la sede perfetta e accessibile a livello globale per un evento di questo tipo. Siamo certi che questa piattaforma, snella e mirata, continuerà a creare esattamente quell’ambiente di lavoro altamente professionale per cui siamo conosciuti».

Simone Canclini

LUDOVICO ZEGNA

MARKETING COMMUNICATION MANAGER

MARZOTTO GROUP-BMT

Lei è un manager, nessun legame di sangue con il tessile, avrebbe potuto fare dell’altro...

E così è stato, almeno agli inizi. Nonostante le origini biellesi, da universitario non ho mai inviato un cv a nessuna delle aziende storiche del settore e, dopo tanto tempo ed energie dedicati al basket, sono finito a lavorare allo Sviluppo di prodotti innovativi e Design di FCA-Fiat Chrysler Automobiles. E poi cosa è successo?

Mi sono avvicinato al mondo dei tessuti un po’ per caso, un po’ per assecondare la mia passione per lo sport, il movimento e l’eco-design, aspetti che fanno parte di questo mondo. Ed è stata una vera fortuna, perché che ho scoperto che qui c’è non solo la bellezza, ma anche la creatività e la possibilità di fare. Più che nei grandi gruppi industriali, dove molti progetti sono allineati al budget. Il tessile davvero è innovativo?

Certamente. Le persone sono abituate a considerare il tessile come un mondo di progettazione, produzione e vendita. Per molto tempo il marketing è stato visto come una perdita di tempo, ma ora c’è un cambio di marcia. Le aziende sono più brillanti e reattive se c’è un contagio positivo delle idee, che arrivano da competenze diversificate.

IL FUTURO È NELLE

LORO MANI

Cinque leader in erba per altrettante aziende storiche del tessuto. Figli d’arte - ma sicuri di sé e senza timori di parlare dei genitori - e manager. Uomini e donne di relazioni (preferibilmente tra coetanei), ma soprattutto professionisti under 40, capaci di guidare verso il futuro le aziende in cui lavorano. Sono esperti di prodotto, ma anche di marketing. Si occupano di tecnologie e di internazionalizzazione. Perché nelle imprese del tessile c’è voglia di competenze diversificate e di confronto, dentro e fuori la filiera. Una nuova “Gen-T”, come Tessile, con l’orgoglio di far parte di un pezzo di storia delle imprese italiane e con una sfida comune: valorizzare questo patrimonio per le generazioni a venire

DI ANDREA BIGOZZI

I GIOVANI? EDUCATI A COLLABORARE

GIOVANNA MAGGIA

SOCIO E MEMBRO DEL CDA

MAGLIFICIO MAGGIA

Guida l’azienda con suo fratello Ludovico. C’è mai stata tensione a causa della confusione fra ruoli familiari e ruoli aziendali?

Questo assetto non è semplice, ma per noi è sempre stata una risorsa. E il merito è di nostro padre, che si è rivelato un ottimo mentore aziendale e continua ad aiutarci in questo percorso di consapevolezza e maturazione. Ci siamo costruiti uno stile di direzione, ognuno in base alle proprie personalità: io mi occupo del prodotto e gestione del personale, Ludovico invece è più focalizzato sul commerciale estero. Nove generazioni in azienda, ma mai prima d’ora due fratelli avevano lavorato insieme al maglificio, vero?

Infatti, è la prima volta. All’epoca dei nostri bisnonni ogni fratello aveva la sua impresa. Il concetto della collaborazione non era contemplato all’epoca.

Ora tutto è cambiato…

Infatti e non solo nel nostro maglificio, ma nel settore. Sarà per la globalizzazione, ma la nostra generazione è più portata al confronto. La nascita di progetti di rete di impresa come MagnoLab, di cui siamo tra i fondatori, lo dimostra. È una bella iniziativa, focalizzata sull’innovazione e l’interazione tra aziende e giovani.

Come si riesce a farsi notare dai giovani? Dando loro spunti e informazioni. Stiamo ristrutturando la nostra sede storica del 1780, facendone un luogo di innovazione e cultura, con il nostro archivio storico aperto al pubblico e, ovviamente, agli studenti.

SUPERARE LA PAURA

DI SBAGLIARE

MARIA CLOTILDE BOTTO POALA

MARKETING MANAGER

LANIFICIO SUCCESSORI REDA

Quinta generazione di una dinastia del tessile: avrebbe preferito far parte di una famiglia con un brand di moda alle spalle?

Sinceramente no, però può essere un bias, perché di fatto in questo settore ci sono nata. Spesso le persone vedono solo il logo, ma non sanno quello che c’è dietro. Io invece ho la fortuna di averlo impresso nel mio dna. Nonostante il dna, ha lavorato in altri campi... Ho sempre avuto voglia di partecipare all’attività di famiglia, ma anche di sapere come si muovono altri mondi. In azienda mi occupo di marketing da un anno e mezzo, in precedenza ho ricoperto il ruolo di Senior Project Manager da Hearst. Prima ancora ho fatto esperienze all’estero: a Londra, dove mi occupavo di marketing per un brand del lusso, a Shanghai per l’agenzia Attila e a Hong Kong, dove ho lavorato in Ruder Finn Asia. Il lato positivo del vostro family business? L’innovazione. Ogni giorno c’è da imparare e scoprire qualcosa. In azienda l’innovazione non passa solo dal prodotto. Il nostro reparto di ricerca e sviluppo è sempre all’opera e ho la fortuna di lavorare a stretto contatto con loro.

Lei ha 33 anni, ci dica come il tessile può essere attraente per i giovani. Spiegandogli quali possono essere le opportunità. Permettendogli di sbagliare, provare e cambiare.

BASTA DIRE: «SI È SEMPRE FATTO COSÌ»

ELENA SCHNEIDER AMMINISTRATORE THE SCHNEIDER GROUP

Prima di occuparsi di tessile, ha lavorato in Slow Food e Pomellato. Quali sono i punti di contatto di queste esperienze?

La ricerca della qualità assoluta. È facile equiparare il nostro mestiere a quello di uno chef: anche per fare un buon prodotto tessile c’è bisogno di materiali di alta qualità. Per i brand del lusso è lo stesso, infatti stanno finalmente costruendo una narrazione intorno alla qualità delle materie prime utilizzate. Dal 2009 è attiva in azienda: l’amore per cashmere e vicuña è scattato da subito?

Al principio ho trovato questo settore complicato, poco coinvolgente e non adatto a una ragazza come me. Poi ho imparato a conoscerlo e me ne sono appassionata. La staffetta generazionale è un’illusione in questa industria?

Lo scenario è in evoluzione. A livello di funzioni strategiche, le nuove generazioni diventano operative prima rispetto al passato, quando per avere voce in capitolo bisognava fare una lunga gavetta. Oggi è chiaro che non si va più avanti dicendo «si è sempre fatto così»: la necessità di competenze nel digitale e nella sostenibilità, ha favorito il passaggio generazionale. I giovani torneranno anche ai mestieri manuali?

La mancanza di manodopera è tra i maggiori problemi del settore. Serve ridare dignità a certe figure, investendo su di loro. Ci sono ragazzi, e anche ragazze, intenzionati a valutare certe professioni, ma devono esserci le giuste condizioni.

LA CHIAVE È APRIRSI ALL’ESTERNO

VASILIY PIACENZA

BRAND DIRECTOR E CO-CEO

GRUPPO PIACENZA

Conquistarsi la fiducia è la grande sfida per i giovani che vogliono succedere ai loro genitori. Lei come ci sta riuscendo? Non c’è solo la fiducia della famiglia da conquistare, ma anche quella dei clienti, dei dipendenti, dei fornitori. Non è stato facile. Sono entrato in azienda nel 2011 come commerciale estero e da allora il mio ruolo è cambiato più volte, sempre come conseguenza delle novità che io, mio fratello Ettore e mio cugino Felice abbiamo introdotto a livello di business. Ora sono molto focalizzato sullo sviluppo del nostro marchio di abbigliamento Piacenza 1733. Qual è il cambiamento più forte che ha portato?

Aver pensato che ci fosse bisogno non soltanto di un indirizzo imprenditoriale di tipo familiare e di un attaccamento emotivo all’impresa, ma anche di un forte approccio manageriale. Così sono stati introdotti nel gruppo nuovi e giovani professionisti, con l’obiettivo di avere diverse voci capaci di portare innovazione. È stato un passaggio fondamentale, alla luce dei progetti intrapresi, come le acquisizioni di filiera, lo sviluppo del brand e le politiche di welfare aziendale, attivate per valorizzare i collaboratori. Il sogno del futuro?

Per quanto riguarda il tessile puntiamo sulla ricerca per offrire prodotti più innovativi e competitivi, creiamo sinergie e negli ultimi anni abbiamo siglato diverse acquisizioni. Anche l’espansione del brand è una priorità e oggi guardiamo al futuro con la collezione donna.

IL PIANETA LANA SCOPRE NUOVI SATELLITI

È dalle fibre più antiche, lana e cashmere, che possono arrivare i messaggi più moderni. Aperte alle sperimentazioni e sostenibili ante litteram, sanno passare dal guardaroba classico al beachwear, ritagliandosi uno spazio anche nel denim. E se il mercato richiede trasparenza la risposta arriva dalla blockchain, una garanzia in più per il consumatore finale, alla ricerca di prodotti sinceri e affidabili

VITALE BARBERIS CANONICO

1.

DAL SAXON CLUB

ALLO STILE STROPICCIATO

Vitale Barberis Canonico, uno tra i più antichi lanifici al mondo fondato nel 1663, presenta varie famiglie di prodotti e nuove soluzioni per chi cerca sia prodotti durevoli e classici, sia innovativi. In primo piano The Saxon Club, collezione realizzata con lana Saxon Merino, materiale pregiato ottenuto dal vello di una razza di pecore che ha fatto la storia del tessile a rischio di estinzione. Questa pecora, progenitrice delle Merino australiane moderne, fu introdotta a metà ’800 in Australia, dove c’erano le condizioni ambientali ideali per l’allevamento.

Le Saxon sono di dimensioni ridotte e producono meno lana rispetto alle altre pecore, perché nate da incroci e selezioni degli allevatori. Inoltre, a causa della minore robustezza rispetto alle razze più moderne, la loro gestione è più complessa e richiede cure costanti. Gli allevatori che riforniscono Vitale Barberis Canonico aderiscono a protocolli di Integrity Animal Welfare, garantendo sia la cura etica dell’animale che dell’ambiente.

La lana Saxon ha un “crimp” elevato, in quanto realizzata con una fibra che garantisce un notevole effetto ondulato di grande corpo e struttura. Negli anni l’azienda ha utilizzato questa fibra fine e preziosa in blend con altre lane per i suoi tessuti iconici, ma per il suo 360esimo anniversario propone tessuti in 100% Saxon Merino come le flanelle morbide, calde e dalla caduta impeccabile. Tuttavia, la capacità d’innovare di questo player biellese si esprime anche attraverso materiali molto innovativi. Benché la lana sia un materiale naturalmente ingualcibile, la flanella di lana “Wrinkled” della linea Offlimits mantiene un effetto stropicciato permanente. Questo tessuto pesa 330 g/m ed è composto per il 96% da lana e per il 4% da lenza monobava di poliammide, che permette di ottenere un aspetto volutamente sgualcito, adatto a fashion victim e moderni dandy anticonformisti.

La Fall-Winter 2025/2026, protagonista alla recente edizione di Pitti Filati e a Milano Unica, è un’ulteriore prova dell’eclettismo della lana, pura o al centro di studiate mischie per aumentarne le performance.

Immancabile il cashmere, fibra nobile per eccellenza, che sfoggia nuove versioni e colori. Materiali spesso dotati di una o più certificazioni di sostenibilità, arricchiti da finissaggi che li rendono ancora più eclettici, con superfici mosse e versatili e il comfort come conditio sine qua non.

DALL’INTESA TRA IL BRAND, THE WOOLMARK COMPANY E REDA È NATA LA LINEA VILEBREQUIN X THE WOOLMARK COMPANY

VILEBREQUIN VITA DA SPIAGGIA INDOSSANDO LA LANA

La vita da spiaggia ha una nuova alleata, la lana Merino. Grazie a nuove tecnologie e alleanze, è infatti possibile rilassarsi in riva al mare e nuotare indossando un costume da bagno in lana ad alta performance e basso impatto ambientale. Già dalla Spring-Summer 2022 Vilebrequin, marchio francese di costumi d’alta gamma, collabora con The Woolmark Company, azienda no-profit che si occupa di ricerca, sviluppo e marketing nella filiera della lana australiana, e con Reda, produttore di tessuti in lana di alta qualità e ricerca di Biella. Grazie a questa alleanza, sono nati gli short da bagno Vilebrequin x The Woolmark Company da uomo in lana Merino Super 120’s di Reda Active, gamma di tessuti sviluppata per garantire performance, comfort e movimento.

Dalla primavera-estate 2024 la capsule si è ampliata ulteriormente, offrendo la variante del modello Magnus in più colori, oltre ai classici blu, bianco e grigio delle precedenti stagioni, come giallo fluo, azzurro, bordeaux e viola, per citarne alcuni, oltre a camicie e pantaloni con coulisse nello stesso materiale. La lana Merino è una tra le fibre naturali più versatili e sostenibili, perché è biodegradabile e non rilascia microplastiche. È riciclabile e riutilizzabile, oltre a essere mulesing-free.

Inoltre è naturalmente anallergica, traspirante, termoregolatrice e, grazie a notevoli sviluppi R&D, si presenta morbida al tatto e non “punge” più, a differenza di quanto succedeva in passato. Leggera e naturalmente elastica, garantisce performance, comfort e libertà nei movimenti. Infine, è lavabile in lavatrice e asciuga in soli cinque-sette minuti. I costumi, venduti a prezzi al pubblico a 210 euro, sono stati realizzati applicando tecni-

che tradizionali di sartoria, dalla tessitura, al taglio dei modelli e al posizionamento delle tasche. La cucitura di ciascun costume richiede 32 passaggi in media, permettendo di creare calzoncini dalla vestibilità simile a capi su misura, oltre a essere costruiti per durare.

La lana Merino è una fibra naturale fonte di eco-innovazione in linea con l’obiettivo di Vilebrequin di realizzare la quasi totalità delle collezioni usando esclusivamente tessuti e processi sostenibili entro il 2026, secondo Roland Herlory, ceo di Vilebrequin. «Siamo sicuri che i nostri clienti apprezzeranno la straordinaria qualità di questo materiale e come cade naturalmente sul corpo. E siamo entusiasti di continuare la nostra collaborazione con Reda», ha detto il manager. «Questa partnership dimostra come due aziende possano trovare un terreno comune attraverso valori condivisi come la sostenibilità e la produzione responsabile», afferma Ercole Botto Poala, ceo di Reda. A fine marzo 2024, durante la presentazione dei progetti di fine corso degli studenti dell’Institut Français de la Mode x Kering Sustainability Certificate, grazie a Vilebrequin e The Woolmark Company gli studenti hanno studiato l’utilizzo della lana come materiale sostenibile per i costumi da bagno e sviluppato una collezione completa di prodotti responsabili a scopo commerciale a lungo termine. «I costumi Vilebrequin x Woolmark in lana Merino esaltano la grande versatilità della fibra», ribadisce John Roberts, ceo di Australian Wool Innovation (casa madre di The Woolmark Company). «Morbida sulla pelle ma abbastanza resistente da sopportare l’effetto del mare, la lana Merino continua a vestire prodotti inaspettati. Grazie alle tecniche manifatturiere, Vilebrequin sta ridefinendo il modo di indossare la lana, portando in acqua la raffinatezza della lana pettinata», conclude Roberts.

DI MARIA CRISTINA PAVARINI (HA COLLABORATO ALESSANDRA BIGOTTA)
ZEGNA BARUFFA LANE BORGOSESIA
Casquette è un filato cardato in 100% UltraFine Merino Wool, frutto di un blend di lane ultrafini, ideali per esaltare gonfiezza, sofficità e un effetto cashmere touch.
3D WOOL LANIFICIO DI TOLLEGNO Nella collezione 3D Wool del Lanificio di Tollegno si incontrano una lunga tradizione e la spinta all’innovazione: sopra,
BOTTO GIUSEPPE
GRUPPO PIACENZA
Lanificio Piemontese
Lanificio Fratelli Piacenza Da sinistra, un tessuto in flanella Principe di Galles (90% lana Rws, 10% cashmere), un “gusto solaro” cangiante e un Beaver, entrambi in 100% Baby Cammello

L’EXPORT DEI

FILATI LANIERI

NEL 2023 *

181mln

il valore stimato delle esportazioni dei filati cardati in lana

-13,3%

la percentuale di calo dell’export sempre per i filati cardati in lana

276mln

il valore dell’export dei filati pettinati in lana

-6%

la flessione delle esportazioni dei filati pettinati in lana

Nativa, fornitore di fibre naturali parte della holding francese Chargeurs Group, ha lanciato Nativa Cashmere, un cashmere sostenibile basato su una blockchain che analizza il ciclo di vita della fibra, a partire direttamente dalla fattoria.

Dopo avere lanciato la lana Merino sostenibile e il cotone rigenerativo, Nativa si concentra ora sul cashmere. Proveniente dalla Mongolia, il cashmere di Nativa è fornito da tribù nomadi in piccole fattorie a conduzione familiare. Grazie a una tecnologia blockchain sviluppata da poco, i marchi che utilizzano Nativa Cashmere per i loro capi di abbigliamento avranno accesso a una piattaforma personalizzabile, che traccia e registra l’intero percorso della fibra a partire dalla fattoria.

La fibra è certificata da rigorosi criteri di benessere animale, gestione del territorio e responsabilità sociale d’impresa, secondo le linee guida della Sustainable Fiber Alliance, che hanno anche un impatto positivo sul sostentamento di intere comunità di agricoltori. Lavorando in collaborazione con gli agricoltori nomadi della Mongolia, Nativa visita personalmente ciascuno di loro per conoscere i loro metodi, personalizzando i suoi programmi in base alle esigenze di ogni singola azienda agricola, assicurando alle famiglie di migliorare le condizioni di vita e di proteggere le tradizioni culturali storiche.

FRA I PARTNER DI NATIVA NOMI COME STELLA MCCARTNEY, GUCCI E PANGAIA

Attraverso la scansione di un QR code sull’etichetta di un capo Nativa Cashmere il consumatore finale può scoprire l’intero percorso dell’articolo dalla fattoria al marchio, contribuendo a raggiungere la piena trasparenza lungo la catena di approvvigionamento. Il lotto iniziale di questo progetto sarà limitato e proverrà dai primi 40 pastori certificati

Nativa. Rispetterà i tempi naturali di crescita e raccolta delle aziende agricole tradizionali a conduzione familiare e le dimensioni ridotte dei greggi di capre di ciascuno di loro.

Tra gli attuali partner del marchio Nativa figurano, tra gli altri, Stella McCartney, Gucci e Pangaia. Nativa è da poco entrata a far parte del programma Life 360 Business Partners del Gruppo Lvmh

ROYAL DENIM È

UNA NUOVA CAPSULE

ISPIRATA AL SU MISURA

Il Gruppo Schneider, storico fornitore italiano di lana e fibre speciali fondato nel 1922 vicino a Biella, ha lanciato Authentico by Schneider Group, un marchio sinonimo di filiera della lana trasparente, verificata, tracciabile, etica e d’alta qualità, dall’azienda agricola all’abito. Il nuovo brand farà il suo debutto durante le principali fiere ed eventi.

È già stato presentato a Pitti Filati di giugno ed è tra i protagonisti di Milano Unica in luglio, oltre a Natural Fibre Connect (Nfc) a Biella a metà settembre e alla Textile Exchange Conference a fine ottobre a Pasadena. Authentico by Schneider Group mira a diventare un riconoscimento globale che consente agli operatori del settore, fino ai consumatori finali, di scegliere materiali certificati di qualità superiore, oltre a verificare e tracciare i processi d’approvvigionamento e produzione lungo l’intera catena di fornitura. Fanno parte della rete globale del Gruppo Schneider produttori di tessuti che usano lana certificata Rws e Gots e cashmere certificato Sfa, secondo il programma Zdhc

Roadmap to Zero. Il gruppo possiede diverse filiali. Una di queste è la Pettinatura di Verrone, a Verrone (Biella), insieme ai siti produttivi di Authentico - Fuhrmann in Argentina e Mediterranean Wool Industries in Egitto. Per raggiungere i suoi obiettivi, il Gruppo Schneider ha creato il Sistema di Verifica Authentico, una serie di criteri e linee guida seguiti da tutti i partner della catena di fornitura.

Parte del sistema è anche l’Authentico Integrity Scheme, best practice per gli allevatori che operano secondo pratiche mulesing-free e forme d’allevamento rispettose delle pecore. Inoltre, la lana proviene da allevatori accuratamente selezionati. Le fibre selezionate vengono poi trasformate in tops negli stabilimenti del gruppo nei vari continenti, gestiti direttamente e completamente certificati. Le linee guida del marchio Authentico includono criteri precisi stabiliti dal Gruppo Schneider e devono essere seguite anche dagli altri attori della filiera tra cui filatori, tessitori, maglifici, confezionisti, marchi e rivenditori.

EUCOTTON

Durante l’ultima edizione di Première Vision, Calik Denim (produttore turco di denim premium) ha presentato Royal Denim, una nuova capsule di luxury denim, adatta a chi vuole realizzare capi eleganti, ma stylish. Ispirandosi ai capi su misura, Calik Denim ha sviluppato questa selezione di tessuti indaco dall’immagine pulita, in colori che non sbiadiscono così velocemente come i denim tradizionali. Inoltre, i filati usati per trama garantiscono cali molto bassi, tra lo 0 e il 3%, soddisfacendo i requisiti dell’abbigliamento “cut-sew-wear”, sia prêt-à-porter che su misura. Questi articoli sono realizzati in cotone e arricchiti da piccole percentuali di fibre preziose come cashmere, seta, lino e cotone organico, fino a un massimo del 10%. Queste fibre, come spiegano dall’azienda, aggiungono valore al look e assicurano comfort a chi li indossa. Poiché si tratta di tessuti che contengono una piccola percentuale di fibra stretch, i classici punti di tensione come spalle, gomiti e ginocchia seguono i movimenti di chi li indossa, garantendo il massimo comfort. La capsule Royal Denim può essere utilizzata per abiti, pantaloni e blazer dallo stile essenziale, ma distintivo.

DAL BRUSHTAIL POSSUM UN FILATO ONE OF A KIND

Morbido, caldo ma leggero e durevole: non stiamo parlando di un filato in lana ma di Perino realizzato con un materiale molto particolare ed esclusivo, il sottopelo dell’animale neozelandese brushtail possum. La storia di Perino inizia nel 1992 dalla collaborazione tra Woolyarns (cui fa capo il marchio), un’imprenditrice, un allevatore e alcuni ricercatori neozelandesi: il risultato è un filato naturale e biodegradabile, confortevole e morbido grazie a una speciale tecnica di giarratura che elimina i peli ruvidi, anti-pilling e abbinabile ad altre fibre nobili e naturali. Perino non si deteriora nel tempo, grazie anche alla particolare struttura della fibra, che presenta al proprio interno delle cavità con estremità affusolate. «I tessuti Perino - sottolineano da Woolyarns - sono più caldi del 50% rispetto a quelli in puro merino e del 35% se confrontati quelli in puro cashmere dallo stesso peso e struttura». L’azienda si avvale di uno Stock System in due sedi: una a Wellington, in Nuova Zelanda, e una in Italia, a Milano.

IL COTONE EUROPEO È DI MODA A MILANO

Non tutti sanno che il cotone prodotto e lavorato in Europa ha caratteristiche superiori rispetto a quello proveniente da altri Paesi per qualità della materia prima, condizioni di sostenibilità sociale e ambientale in cui è coltivato e sicurezza per il consumatore. Eucotton è un «marchio collettivo europeo di qualità» che integra le caratteristiche di questo cotone, parte di Eca (European Cotton Alliance), associazione di produttori europei di cotone che seguono i criteri conformi alla legislazione dell’Unione Europea in quest’ambito. Questo cotone certificato, ottenuto da semi no-Ogm, raggiunge un’elevata filabilità e ha un’eccellente uniformità e versatilità delle fibre. Inoltre, viene raccolto a macchina ed è praticamente privo di contaminazioni. Le caratteristiche di alta qualità e sostenibilità di Eucotton sono state promosse attraverso un programma che ha interessato Spagna, Grecia, Germania e Francia e sta coinvolgendo anche l’Italia. A Roma, se ne è parlato il 4 e 5 giugno durante il Phygital Sustainability Expo, una kermesse dedicata alla sostenibilità, mentre a Milano il 10 luglio alle 17, presso SG Company in Piazza Guglielmo Oberdan 2, si terrà un evento rivolto a brand e aziende italiani. Le delegazioni greca e spagnola dell’associazione mostreranno come, grazie al protocollo Eucotton, si possono creare per capi d’abbigliamento 100% Made in Europe, sostenibili, di alta qualità e interamente tracciabili, dalla fattoria al negozio.

* Fonte: Sistema Moda Italia su dati Istat

LA RICERCA DIETRO LE QUINTE CHE FA LA DIFFERENZA

Alla base di interfodere, imbottiture e fibre man-made di ultima generazione c’è uno studio incessante per garantire a tutti i settori dell’abbigliamento, compresa l’alta sartoria, il massimo del comfort e della durevolezza, con il valore aggiunto della sostenibilità. E che dire delle zip? Sono piccoli ingranaggi indispensabili, che non possono mai tradire le aspettativa: devono funzionare alla perfezione, essere esteticamente in linea con gli ultimi trend e, non ultimo, amiche dell’ambiente

DI ALESSANDRA BIGOTTA

I COMPONENTI INTERNI? SEMPRE PIÙ IMPORTANTI ANCHE NELLA COUTURE

Quanto contano oggi le interfodere e i componenti interni, settori di specializzazione di Chargeurs PCC, nell’abbigliamento?

Sempre di più. Ci troviamo di fronte a consumatori sempre più attenti ed esigenti, che chiedono performance, durata e comfort ma anche soluzioni rispettose dell’ambiente. La nostra mission è presentarci come pionieri nell’innovazione, facendo sempre il meglio nel settore in cui operiamo anche alla luce delle nuove regole che il mercato, soprattutto europeo, impone e andrà a imporre in tema di sostenibilità ai produttori. A questo proposito noi di Chargeurs PCC non abbiamo perso tempo e ci siamo portati molto avanti in questi ultimi anni.

Qual è la principale novità che presentate a Milano Unica?

Si chiama Thermo+ ed è una collezione di ovatte per imbottiture a basso impatto ambientale, visto che utilizzano fibre riciclate certificate e offrono elevate performance in fatto di morbidezza, tenuta termica e flessibilità. La varietà e l’ampiezza della collezione Thermo+ consentono di utilizzarla in molteplici tipologie di capi. All’interno della collezione va citata la linea di imbottiture in poliestere sostenibile, nata dall’intesa con Repreve (leader nelle fibre ottenute con materiali riciclati), dove il 90% del poliestere utilizzato per i wadding proviene dalla lavorazione di scarti di processi industriali ed è disponibile dai 40 ai 120 grammi di peso.

Si dice componenti interni e ancora oggi si pensa sostanzialmente a sportswear e dintorni: ma è ancora così?

Non più, o comunque non solo. Notiamo una richiesta sempre maggiore di imbottiture in ambiti per così dire non tradizionali, come l’alta sartoria. Come si va incontro alle esigenze di questi settori?

Puntando su prodotti con pesi molto leggeri, che ne permettono l’utilizzo per esempio all’interno di cappotti o giacche eleganti, offrendo prestazioni di alto livello e un plus per quanto riguarda il comfort.

Thermore è in prima linea per quanto riguarda l’innovazione, anche sostenibile, nelle alternative alla piuma. Dopo una storia di 50 anni cosa si può ancora inventare?

Un’imbottitura che sia elastica ma anche sostenibile, capace di adattarsi a qualsiasi movimento. È il nostro ultimo ritrovato, Thermore Freedom, le cui fibre sono al 50% riciclate da bottiglie Pet post consumo: un prodotto dotato di una termicità elevata, certificato Grs e protetto da un finissaggio brevettato contro la fuoriuscita di fibre dalla fodera e dal tessuto. Freedom è disponibile in quattro pesi, da 60 a 150 grammi, ha un’ampia gamma di utilizzo e sa tornare nel tempo al 100% alla sua forma e dimensione. Si adatta a qualsiasi design, è lavabile in acqua e a secco ed è di facile manutenzione. Quali sono i cambiamenti che notate di più nel mercato dell’abbigliamento e come cercate di assecondarli?

Premesso che sono 50 anni che affianchiamo i grandi brand della moda e dello sport nello sviluppo dei loro progetti, quello che mi colpisce oggi è che fashion, sport e lusso viaggiano spesso in parallelo. Sono caduti molti paletti: la moda si fonde sempre più con lo sport e l’activewear segue questa macrotendenza, esprimendo un nuovo e differente

concetto di stile e performance, per fasce sempre più ampie e diversificate di consumatori, anche dal punto di vista anagrafico. La durevolezza è un tema centrale: per noi è un fatto di etica aziendale portare un reale beneficio al consumatore, puntando su prodotti che continuino a mantenere le loro caratteristiche nel tempo.

La collaborazione con i brand: quanto conta da 1 a 10?

Direi 11...è sempre più intensa, in un continuo scambio di idee. Ma questa non è, in fondo, una novità per noi di Thermore: se siamo arrivati qui è perché siamo da sempre guidati dalla voglia di fare le cose in modo diverso e migliore. La sfida quotidiana è superare le limitazioni e lasciare ai designer con cui lavoriamo la possibilità di spaziare come e dove vogliono con la loro creatività.

Prima Thermore Ecodown Fibers Ocean, l’imbottitura fatta al 100% con materie prime ricavate dalle “Ocean Bound Plastics” abbandonate sulle spiagge, ora Thermore Freedom: quale il prossimo step?

Si pensa che nelle imbottiture si sia già stato escogitato tutto, ma è esattamente il contrario e lo dimostreremo con un nuovo prodotto, che lanceremo a breve.

Di un vestito colpiscono la silhouette, i materiali, i colori, la sintonia - o meno - con le tendenze dominanti. Ma senza le chiusure lampo tanti abiti non potrebbero letteralmente esistere. «Si fa presto a dire zip - afferma Gaetano Lanfranchi, amministratore delegato della Ditta Giovanni Lanfranchi cui fa capo il brand Lampo, noto per le sue creazioni di alta gamma -. Le nostre uniscono funzionalità, estetica, ricerca sui materiali e, non ultimo, rispetto di alti standard qualitativi, con la possibilità di utilizzare nastri in filati certificati Grs». «Negli ultimi anniprosegue l’imprenditore - il mercato in cui operiamo è stato al centro di una forte polarizzazione, che ha spazzato via il segmento medio. Noi siamo stati avvantaggiati dal fatto di investire sul vero made in Italy e su una forte personalizzazione, potendo tra l’altro contare su una struttura completamente verticalizzata e improntata a criteri di sostenibilità». Dietro Lampo c’è un mondo da scoprire: in quest’ottica Gaetano Lanfranchi ha deciso che, oltre al prodotto, avrebbe portato a questa edizione di Milano Unica una novità fuori dagli schemi. «Pensando ai “bigini” in voga tra gli studenti negli anni Ottanta - dice - ne abbiamo realizzato uno tutto nostro, destinato a clienti, stakeholder ma anche, perché no?, ai social. 120 pagine in cui spieghiamo tutto quello che c’è dietro a un prodotto come il nostro, che si presta a essere raccontato in ogni dettaglio».

Nelle fibre man-made la tecnologia avanzata è sempre più impegnata nel garantire standard elevati di sostenibilità. Ne sa qualcosa Alan Garosi, global marketing manager di Fulgar, azienda di Castel Goffredo, nel mantovano, che produce e distribuisce poliammide 6.6 ed elastomeri ricoperti per i settori tessile e tecnico ed è nota per il filato rigenerato Q-Nova, quello di derivazione bio-based Evo e per Q-Cycle, realizzato riciclando materiali post-consumo che sarebbero altamente inquinanti, come i pneumatici a fine vita. «Una novità è Q-Geo by Fulgar - informa Garosi -. Un filato in poliammide di natura bio-based, che segna un passo avanti nella nostra ricerca continua verso materiali in grado di combinare i benefici dei filati naturali con le prestazioni avanzate di quelli high tech». Dal punto di vista tecnico Q-Geo presenta tutte le caratteristiche della classica poliammide, a livello sia di processi che di impiego, «ma appunto - spiega il manager - si differenzia grazie all’anima bio-based e ai plus di comfort, dalla piacevolezza sulla pelle alla gestione dell’umidità corporea, con un’assorbenza del 50% in più rispetto a una normale poliammide, fino a traspirabilità, tenuta del colore e asciugatura ultra-rapida». Plus garantiti dal fatto che il 46% della fibra, che tra l’altro si presta a una produzione su larga scala, è prodotto a partire da una poliammide a base biologica, estratta dall’amido del mais di scarto da coltivazioni industriali su terreni non adatti alla produzione alimentare. «Nei prossimi anni - conclude Alan Garosi - il tessile-abbigliamento rafforzerà la propria inclinazione verso soluzioni da fonti rinnovabili e noi siamo già pronti».

Un tessuto realizzato con Q-Geo by Fulgar

THE GOAT: IL LUSSO INCONTRA LA PERFORMANCE

Al lancio durante Milano Unica, la nuova cashmere collection - illustrata con alcuni total look - ridefinisce gli standard di massima qualità dell’azienda biellese, leader nella produzione di tessuti in lana Merino, introducendo per la prima volta la fibra nobile per eccellenza

The GOAT, Greatest of All Time. Non una semplice collezione, ma un manifesto per celebrare l’origine di una delle fibre più pregiate e lussuose al mondo. Attraverso una proposta di total look contemporaneo, lontano dai soliti schemi classici e formali, Reda - sinonimo di eccellenza nel mondo dei tessuti Made in Italy - eleva il cashmere oltre il concetto di fibra nobile, verso nuovi orizzonti di stile. Il progetto incarna l’audacia e lo spirito di innovazione dell’azienda tessile biellese: il cashmere è ora parte del mondo Reda, come espressione di una costante ricerca di bellezza sartoriale. La più pregiata delle fibre, nella sua migliore declinazione. The GOAT – lanciato in occasione di Milano Unica 2024 – viene presentato attraverso cinque capi dall’anima street, dal fit oversize, comodo, funzionale: la felpa con zip dal mood sporty, l’overshirt trapuntata, i wide pant con vestibilità ampia e una pratica coulisse, la T-shirt oversize o a collo alto e l’immancabile cap, accessorio perfetto per completare un look stylish. Reda, sinonimo di qualità e artigianalità da oltre un secolo e mezzo, si distingue grazie alla continua ricerca di eccellenza e innovazione, ponendo il Made in Italy come suo punto di forza principale. Alla base di tutti i processi aziendali c’è la costante attenzione verso la sostenibilità. Un impegno quotidiano che si concretizza attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili, la riduzione dei consumi d’acqua, la gestione diretta della filiera produttiva, la formazione continua del personale e l’aggiornamento tecnico degli impianti.

La messa a punto di impianti fotovoltaici innovativi e di sistemi di filtrazione dell’acqua, il monitoraggio rigoroso di ogni operazione all’interno dello stabilimento confluiscono in un sistema di eco-gestione, garantito dalla certificazione EMAS, capace di assicurare il rispetto degli standard legislativi e il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali.

La gestione e il controllo diretto dell’intera filiera produttiva, dal vello al filato, garantiscono e certificano la qualità dei tessuti, tramite un processo accuratamente monitorato in ogni sua fase che riflette la dedizione dell’azienda alla perfezione e alla purezza del filato.

La divisione Reda Active, infine, è specializzata nella produzione di tessuti altamente performanti, ideali per esaltare l’attività fisica e affrontare le sfide quotidiane. Questa linea di prodotti rappresenta l’impegno di Reda nel coniugare tradizione e innovazione.

LE ETICHETTE ESCONO ALLO SCOPERTO E SI FANNO SMART

Creatività e funzionalità, processi produttivi e materiali sostenibili ma anche tecnologie avanzate, come la Rfid e la Nfc: le aziende del labelling si mettono in gioco, pronte a soddisfare la variegata industria della moda e un consumatore che l’Ue - con il passaporto digitalevuole rendere più consapevole e attento allo spreco

DI ELISABETTA FABBRI

Il più delle volte nascoste - anche se alle ultime fashion week c’è chi le ha messe in evidenza, come fossero un decoro -, le etichette si preparano a ritagliarsi un ruolo essenziale nel business della moda. Ci guidano già per individuare il prezzo, la taglia e i materiali, ci indirizzano su lavaggio e stiro ma ora, grazie a tecnologie come la Rfid-Radio frequency identification, la Nfc-Near field communication e i codici QR, stanno per trasformarsi in passaporto digitale (tra alcuni anni obbligatorio, secondo il volere dell’Ue), che può raccogliere una grande quantità di informazioni su un capo o un accessorio in vendita. È una delle nuove sfide per la Reca Mainetti, dove spiegano che il documento digitale «permetterà l’identificazione unica del capo di abbigliamento, collegato a un database digitale che contiene informazioni dettagliate sul prodotto e il tracciamento del suo ciclo di vita». Ne garantirà l’autenticità e servirà a contrastare la contraffazione. Inoltre specificherà meglio i materiali, il luogo di produzione, le lavorazioni, le eventuali certificazioni di sostenibilità e, non ultime, le modalità di manutenzione e cura. Con le etichette smart si potrà tenere traccia di riparazioni e modifiche (uno strumento utile per il second-hand), facilitare il riuso e il riciclo a fine vita. Altro aspetto non secondario, saranno il veicolo per una maggiore interazione con i consumatori, grazie a funzionalità come link a contenuti esclusivi, programmi di fidelizzazione o storie sulla

IL LABELLING SI SPOSA CON I MATERIALI GREEN E LE NUOVE TECNOLOGIE PER CONSUMI DI MODA PIÙ CONSAPEVOLI

creazione del capo. L’industria del labelling sta inoltre mostrando un impegno concreto sul fronte ambientale. «Stiamo cercando di sviluppare prodotti con materiali certificati e dotati di garanzie sull’origine della materia prima - dicono alla Cadica, che elenca certificazioni attive come Oekotex 100 class I e II e Leather, Fsc, Iso 9001, Grs e SA8000 -. Per il nostro gruppo è importante focalizzarci su materiali di qualità, che possano avere un impatto positivo su persone e pianeta. Pensiamo che quelli riciclati o recuperati dagli scarti vadano a valorizzare le nostre collezioni e ci auguriamo che catturino l’attenzione dei nostri stakeholder». Sostenibilità, riciclo e basso impatto ambientale sono anche tra le linee guida di Labeltex Group, che realizza le etichette con materie prime certificate e ingredienti come la creatività e la distintività. Ultimamente ha messo a punto una serie di proposte per abbigliamento, calzature e pelletteria sull’onda del quiet luxury. «Il design - dicono dall’azienda - è sempre in linea con le tendenze dettate dal fashion system. Nella realizzazione, invece, ci piace uscire dagli schemi». Non a caso, le più recenti sperimentazioni impiegano tecnologie già in uso nel calzaturiero, ma nuove per il fashion labelling. L’innovazione, a sentire gli addetti ai lavori, passa anche per le tecnologie di stampa - favorendo quelle che non usano sostanze chimiche - la personalizzazione e l’ottimizzazione dei processi. Per contenere i costi senza compromettere la qualità. 

In tessuto, per uso interno ed esterno, questa etichetta punta all’urbanwear. Richiamando il concetto di artigianalità, gioca con i colori accesi e le texture. La superficie superiore è fatta con un broccato in lana, unito a uno in ciniglia. Il rovescio è in raso con taglio a ultrasuoni e il fondo è in poliestere riciclato e certificato Icea-Istituto per la certificazione etica e ambientale

URBANWEAR, ALTO DI GAMMA E GLAM SONO

ALCUNI DEI MONDI NEL MIRINO DI LABELTEX

In vera pelle pieno fiore, con logo a rilievo e ricamo sul perimetro questa label cavalca il mood quiet luxury, con una forma sobria e un tocco vibrante. Per abbigliamento, pelletteria e calzature

Per uso esterno, gli interni dei capispalla e la pelletteria, questa etichetta è stata realizzata con una tecnologia in uso nel mondo calzaturiero. Il fondo è in tulle con rose ricamate tono su tono, mentre il logo è ricamato a effetto paillettes

Con fondo morbido di raso nero opaco questa etichetta è certificata Oekotex Non usa prodotti chimici nella stampa ed è realizzata con un processo di produzione sostenibile. Indicata per capi di lusso, permette l’inserimento di un codice univoco, per migliorare la trasparenza e la sostenibilità

questa label non fa uso di chimica nella stampa ed è ottenuta grazie a un processo di produzione sostenibile. Si propone al segmento luxury con una lavorazione che, mettendo in risalto i rilievi della pelle, rende ogni etichetta unica

Questa proposta impiega la colorazione Mineral Dye: dagli scarti dell’industria del marmo è possibile recuperare una polvere usata per colorare i filati. Il 46% è in

MATERIALI RICICLATI E COLORAZIONI CON PIGMENTI ESTRATTI DAL MARMO TRA LE NOVITÀ DI CADICA

Il 60% di questa etichetta è in poliestere riciclato, certificato Grs-Global Recycled Standard, mentre il 40% è in poliestere convenzionale

MIU MIU FW 24/25
KIMHEKIM FW 24/25
LOEWE SS 25

TEXTILE DESIGNER: NON BASTA LA MANO, CI VUOLE ANCHE LA TESTA

Seppure più nell’ombra rispetto agli stilisti, i disegnatori tessili svolgono un ruolo cruciale nella catena del valore, forgiando con la loro creatività la materia prima da cui nascono le collezioni dei brand. Una professione in forte evoluzione, che oggi può farsi aiutare dalle nuove tecnologie, ma che deve anche fare i conti con un mercato incerto e sfidante

Dici textile designer e subito immagini creativi al lavoro su un tavolo disseminato di acquerelli, china, tempere, pennelli e tutto l’occorrente per disegnare fantasie, motivi grafici e pattern che faranno da base alle soluzioni stilistiche dei brand. Tutto vero: per certi versi è ancora così. Tuttavia oggi questa descrizione va un po’ stretta alla nuova generazione di disegnatori tessili, ai quali vengono richieste competenze trasversali, che vanno oltre la mera operatività. «Com’è cambiato questo mestiere? È cambiato tutto», sentenzia Lorenza Mosca, responsabile disegnatori e archivio di Ratti, azienda comasca specializzata in tessuti e accessori stampati, uniti, tinti in filo e jacquard. E non solo perché «una volta si usavano solo le mani e oggi c’è il supporto delle macchine e dell’intelligenza artificiale», ma soprattutto in quanto è mutato lo scenario in cui si opera: il mercato ha iniziato a correre con un ritmo più serrato e un timing «dalle 6 alle 12 uscite nel corso dell’anno». Senza contare la «maggiore fluidità tra collezioni maschili e femminili e il venire meno di vincoli legati alla stagionalità».

OLTRE ALLE ABILITÀ TECNICHE E MANUALI, È ESSENZIALE RIUSCIRE A INTERPRETARE GLI INPUT DEGLI STILISTI

Uno scacchiere su cui giocare più complicato e competitivo, dove però il talento può ancora fare la differenza. Le nuove tecnologie rappresentano un valido acceleratore dei processi creativi, ma insostituibile - secondo l’esperta - è il valore aggiunto dell’artista, quello che ha «sia la mano che la testa». Detto in altre parole, da un lato «le abilità tecniche e manuali per disegnare» e, dall’altro, «la capacità di interpretare al meglio gli input forniti dai brand». «Anche se questo profilo esercita un ruolo cruciale nella filiera - aggiunge Mosca - è un “servitore” dei marchi con cui si relaziona e, se necessario, deve essere capace di mettere da parte il proprio ego artistico per tradurre su stoffa il briefing delle griffe». Stefano Bernasconi, amministratore delegato di Clerici Tessuto, azienda di Grandate (Como) attiva nel segmento del tessile di alta gamma per abbigliamento, accessori e arredo, lo conferma: come spiega il ceo, oggi la figura

del textile designer è eclettica e rimanda a una molteplicità di competenze: «In primis - precisa - la capacità di interpretazione, con un continuo aggiornamento e adattamento alle tendenze culturali e stilistiche in atto, unita a conoscenze legate alla digitalizzazione dei processi e, naturalmente, alla conoscenza delle fibre, non in modalità didascalica ma in un’ottica di innovazione di prodotto». Tutt’altro che secondarie sono, secondo Bernasconi, anche le cosiddette “soft skill”, ovvero la predisposizione a lavorare bene in team. «Non esiste più il creativo - spiega - che opera stand alone. Esiste solo il creativo che dialoga con le persone dell’ambito commerciale e delle realtà produttive». Possedere qualità relazionali e comunicative dà un vantaggio competitivo soprattutto nel mercato attuale, in cui «i tempi di risposta sono ridottissimi e si misurano non in giorni ma in ore» e dove «vige l’incertezza», con i brand che faticano a leggere i mutevoli bisogni del pubblico e spesso «apportano variazioni e aggiustamenti in corso d’opera». Insomma, anche in questo stadio della filiera, quando si creano gli ingredienti per le “ricette” stilistiche dei brand, gli attori coinvolti sono chiamati a compiti sfidanti. Ecco perché, nell’iter formativo per diventare un disegnatore di tessuti, è necessario un approccio

A PASSO D’UOMO Installazione di Eleonora Gentile Ied Torino

L’opera, presentata a Pitti Uomo nell’ambito del progetto espositivo Identity di Ied, sottolinea l’importanza del tatto nella nostra società moderna, sempre più guidata dalla tecnologia, grazie all’uso di filati di seconda mano lavorati in base a una tecnica lenta artigianale a uncinetto

Sopra, textile designer in azione da Ratti, realtà comasca specializzata in tessuti e accessori stampati, uniti, tinti in filo e jacquard. A lato, un’immagine del progetto “Behind the Roles” di Clerici Tessuto: una serie di interviste (fruibili sul profilo LinkedIn della società) realizzate con i dipendenti dell’azienda per far luce sulle diverse professioni che stanno dietro alla realizzazione di un tessuto

olistico, che metta in primo piano la «cultura del progetto», come suggerisce Alon Siman Tov, coordinatore Fashion e Textile Design dell’Accademia Aldo Galli (Gruppo Ied) di Como: «Nel nostro percorso didattico - informa - un accento particolare è posto sulla cultura generale, la ricchezza di espressione, la ricerca e tutte quelle esperienze che aiutano lo studente a trovare lo storytelling dietro i progetti». Poi, naturalmente, non manca lo studio delle tecniche: «Oggi gli allievi rispetto a una volta, quando si disegnava esclusivamente a mano, possono avvalersi di filtri, programmi 3D e AI che aiutano a creare effetti sorprendenti, mescolare le tecniche e accelerare il lavoro, con risultati eccellenti». Analogico e digitale dunque si intersecano, per una preparazione che deve essere trasversale e multidisciplinare, per adeguarsi a qualsiasi ambito - dal tessile all’abbigliamento, fino agli accessori - e, soprattutto, a qualsiasi compito richiesto: «I nostri diplomaticonclude Siman Tov - possono avere diversi sbocchi professionali, iniziando con degli stage curriculari ed extracurriculari nelle aziende del distretto serico comasco, disegnando tessuti, stampe, sviluppando collezioni tessili e varianti colore. E alcuni di loro riescono a entrare negli uffici stile delle maison di moda di prêt-à-porter, occupandosi delle scelte e degli sviluppi in ambito tessile o per disegnare abbigliamento». 

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Paolo Gnutti è un consulente e un esperto insider del settore jeans, oltre che visionario. Disegna Isko Luxury by PG, una collezione di denim di ricerca a da tre anni secondo criteri sempre nuovi. «La mia filosofia - spiega - consiste nel creare collezioni sempre diverse, guardando al passato per proporre una moda del presente proiettata nel futuro. Questo viaggio nel tempo mi porta anche a esplorare mondi diversi dall’abbigliamento e a studiare realtà collegate a quelle della moda come, ad esempio, l’arredamento, gli accessori e i gioielli del passato. Tutto ciò che ha una storia da raccontare è fonte d‘ispirazione per me». «Poi lo trasformo in ciò che ritengo manchi sul mercato in termini di prodotto e che sia al di fuori di ogni regola e schema. Così nascono le mie collezioni. Sono pensate per sorprendere con prodotti nuovi e mai visti o reinterpretati con una visione futuristica», aggiunge.

Isko Luxury by PG è una capsule collection di denim di segmento alto parte dell’offerta di Isko, azienda turca specializzata nella produzione di denim premium. Dal 2021 questa capsule offre circa 60 diversi tessuti, tutti realizzati su base denim e composti da Next-Gen Cotton and Next-Gen Polyester, materiali ottenuti attraverso particolari tecniche di riciclo prodotte da RE&UP, neonata azienda che si definisce “circulartech” parte della holding Sanko, che come Isko trasforma rifiuti tessili in nuove fibre d’alta qualità. Per la stagione F-W 2024/2025 Isko Luxury by PG offre diverse famiglie di prodotti, tra cui, ad esempio, Godfather. Si tratta di una collezione ispirata dalla grande eleganza degli anni ’30, che reinterpreta le lane e le flanelle secondo una visione denim attraverso gessati di nuova generazione attraverso trattamenti floccati. Nuovi sono anche gli Underglass Denim (nella foto), tessuti che mantengono il look denim autentico, ma ai quali è stato applicato un coating che mostra il tessuto come se fosse leggermente velato e rivelasse effetti vetrificati e second skin, adatto a coat, accessori e capi baggy. Il Fur Denim rappresenta una nuova frontiera nel mondo degli accessori. Che si tratti di borse e valigie, cappotti e giacche, ma anche pantaloni e gonne, questa famiglia di materiali è progettata per adattarsi a qualsiasi individuo o articolo, perché ricrea effetti-pelliccia, cavallino, visone e flock, perfetti per calzature, borse e accessori. Si ottiene usando un flock di viscosa e poliammide applicato sul denim. «Non seguo un percorso preciso quando creo. Viaggio molto e sono curioso - conclude Gnutti -. Gli spunti possono essere tantissimi, come visitare un teatro o trovare una carta da parati in seta, ma amo anche mettere le mani in pasta visitando aziende, facendo sperimentazioni e tentativi. Poi parto dall’idea di tanti armadi pieni di capi e cerco quel pezzo che manca e che vorrei». m.c.p.

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