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Fashion as a service: con il noleggio la moda copia Netflix
Soddisfa la voglia di shopping, senza derive iperconsumistiche, e tutela l’ambiente, allungando la vita del prodotto. Decollato sulle piattaforme dall’offerta multibrand, il fashion rental sta iniziando a fare proseliti anche tra le aziende e a evolversi in formule ibride, che includono il resale. Ma per trasformarlo in business ci vogliono risorse e competenze ad hoc
DI ANGELA TOVAZZI
Immaginate di aprire un armadio infinito, con capi e accessori per tutte le occasioni, tanto da poter cambiare look ogni volta che lo desiderate, ma senza abbuffate di shopping asciuga-portafoglio. Praticamente il sogno di tutti. Sarà per questo che, soprattutto tra i giovanissimi, sta prendendo sempre più piede la pratica del fashion rental, principalmente in abbonamento ma anche con altre formule innovative. Una soluzione a basso impatto ambientale e di spesa, che trasla nella moda modelli di sharing economy già testati con successo nei settori del cinema (pensiamo a Netflix), dell’automotive (Uber), della musica (Spotify) o del turismo (Airbnb). E che rappresenta un valore aggiunto non solo per i consumatori, ma anche per aziende e negozi, che attraverso il noleggio possono offrire una valida soluzione per sfruttare al massimo il potenziale di vita di un prodotto, in una logica circolare e maggiormente sostenibile, e in taluni casi risolvere in chiave green il problema delle rimanenze. Avviare gli ingranaggi di una macchina adibita alla moda in affitto non è però un’operazione alla portata di tutti, perché la gestione richiede risorse e, soprattutto, competenze specifiche. Negli ultimi anni sul mercato italiano sono comparse diverse startupcome DressYouCan e DrexCode - che sulla falsariga del big americano Rent the Runway sono riuscite ad accendere i riflettori su un nuovo modo di vivere la moda, intesa come servizio e non come bene di proprietà, contribuendo a creare una matrice per nuovi business model. Uno è quello messo a punto da Hesse, giovane realtà milanese gestita da sei soci, che ha introdotto il “noleggio con possibilità di riscatto”, grazie a una formula ibrida che mescola rental e resale. Basta scaricare la app e registrarsi gratuitamente e si ha accesso a brand per molti consumatori off-limits, come Gucci, Bottega Veneta, Miu Miu e Jacquemus. Il noleggio ha una durata standard di un mese, al termine del quale l’utente può decidere se restituire il capo o prolungare il noleggio per altri 30 giorni, o riscattarlo semplicemente tenendolo per un minimo di tre e un massimo di sei mensilità a seconda del prodotto. «Lavoriamo con selezionati retailer multimarca, che in questo modo riescono a gestire l’invenduto», spiega Marcello Gamberale, la cui ambizione è «portare il noleggio nella quotidianità, non solo come pratica one shot in occasione di un evento speciale».
Per gli utenti il vantaggio è duplice: avere la possibilità di indossare capi high-end e di acquistare quelli di cui «si innamora», trattenendoli fino alla fine del periodo di riscatto, aggiudicandoseli per una piccola frazione di prezzo del loro valore retail. «Circa un quinto per un abito, un quarto per una felpa, un sesto per una borsa», precisa l’imprenditore. Tra un noleggio e l’altro, a occuparsi del lavaggio e dell’igie-
1. Un’immagine di Hesse, giovane realtà milanese che ha messo a punto un business model incentrato sul “noleggio con riscatto”
2. Lo stile di Pinko Play, progetto nato circa un anno e mezzo fa 3. Una foto di H&M Rental
Shopping Revolution
Attenti a Gen Alpha e Zeta: noleggio e second hand in curva di sorpasso
La strada è tracciata. Il noleggio di moda online è uno dei trend che cambieranno il futuro dello shopping. Secondo le proiezioni di Future Market Insight, questo mercato ha ormai raggiunto dimensioni di tutto riguardo, pari a 2,3 miliardi di dollari nel 2023 ed entro il 2033 arriverà a toccare il traguardo dei 6,2 miliardi. A trainare la crescita, sottolinea il report, è il fiorente e-commerce, ma anche le abitudini di acquisto adottate dalle nuove generazioni, che da un lato vogliono impegnarsi in prima persona nel sostegno di pratiche sostenibili e, dall’altro, sono indipendenti dal concetto tradizionale di proprietà, preferendo un consumo in modalità sharing. Una tendenza confermata anche dall’ultimo report di Bloomberg Intelligence, secondo il quale il mercato del second hand (nella foto uno scatto di Vinted) e del rental è candidato a quintuplicarsi entro il 2025, superando nettamente il tasso di crescita previsto per i capi di abbigliamento di prima mano. Nel loro insieme questi business model volti ad allungare la vita dei prodotti hanno il potenziale per crescere fino al 23% del mercato globale della moda entro il 2030, spinti certo dalla maggiore consapevolezza dei consumatori in materia di sostenibilità, ma anche dalla pressione inflazionistica, che comprime la capacità di spesa. L’indagine, basata sulle stime di GlobalData, sottolinea che noleggio e rivendita costituiscono un’opportunità soprattutto per i brand di fascia alta, che potrebbero acquisire nuovi flussi di entrate e nuovi clienti che non possono permettersi acquisti luxury.
nizzazione è il partner Mama Clean, la più grande lavanderia a domicilio in Italia, anche se, come tiene a precisare Gamberale, sono più i capi riscattati che quelli restituiti: «Più che una società di renting - spiega - ci consideriamo un nuovo modello di e-commerce, con formule di pagamento rateale, una specie di leasing». Una modalità di consumo che sta fidelizzando soprattutto i giovani “nativi ecologici”, paladini dell’antispreco. Lo conferma Marco Ruffa, digital transformation director and Esg Lead di Pinko, che a circa un anno e mezzo di distanza dal lancio di Pinko Play, una delle aziende pioniere nel fashion rental, fornisce numeri eclatanti: 200 abbonamenti attivi e
1.600 capi noleggiati, destinati per il 40% alla fascia d’età 18-25 anni. Tra i brand leader dell’entry-to-luxury, Pinko si è avvicinato a questa tipologia di business nel 2021, affidandosi all’expertise di una startup, The Paac, che si occupa della parte di “reverse logistics”. «Tutto il processo parte dal nostro magazzino - spiega Ruffa - ma una volta che i capi prendono la strada del noleggio, tutte le fasi successive sono gestite dal nostro partner: dal refresh con lavaggio e stiratura, fino alla loro re-immissione sul “mercato”». La consumatrice può
Anche i marchi debuttano nel noleggio: chi en solitaire, chi con l’aiuto di startup specializzate scegliere quattro pezzi, che riceve in una speciale box, da indossare per un massimo di 30 giorni, scegliendo fra tre diversi tipi di abbonamento: 99 euro al mese per 4 pezzi dal valore di circa 1.000 euro, 179 euro per quattro articoli dal valore di circa 2.000 euro, oppure il più classico noleggio spot da cerimonia o evento speciale, con un esborso da 129 euro. «Per ogni articolo abbiamo fissato un limite massimo di cinque cicli di noleggio - informa il manager -. Passato questo tempo viene venduto come pezzo pre-loved, naturalmente a un prezzo
1. Un outfit proposto da Mango Renting
2. Un’immagine di Pleasedontbuy, il progetto dedicato al noleggio dell’azienda Twinset
3. Il marchio francese Petit Bateau ha recentemente lanciato in madrepatria il servizio noleggio, atteso a breve anche in Italia super conveniente, anche se molti capi vengono acquistati già dopo la prima tornata». Una strada differente è invece quella scelta da Twinset, altra realtà che ha deciso di scendere nell’arena del fashion renting con il progetto Pleasedontbuy, lanciato circa due anni fa. Diversamente da altri player, l’azienda emiliana gestisce il processo al 100% in-house, con lavanderia e sartoria interne per il ripristino dei capi. «I risultati sono ottimi, con il 10-15% delle nostre clienti che si affidano al servizio, soprattutto giovanissime, ma non solo», racconta il ceo Alessandro Varisco. Ogni capo può arrivare fino al limite di 10-12 noleggi, per un costo che per l’utente non oltrepassa mai i 150 euro, anche se si tratta di pezzi deluxe, pensati soprattutto per i momenti speciali. I margini? «Sono secondari rispetto al servizio che offriamo e all’obiettivo di fidelizzare nuove clienti», risponde l’a.d., che per il futuro ha intenzione di tirare dritto su questa strada: «Puntiamo ad ampliare il servizio ad altre categorie merceologiche, come scarpe e borse e - aggiunge - stiamo studiando altre soluzioni da integrare, come il second hand».