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JENNIFER TOMMASI BARDELLE «ORA BALLO DA SOLA. ECCO LA MIA JACOB COHËN»

Da fine 2023 la presidente e creative director del marchio di luxury denim ha portato definitivamente in house produzione e distribuzione, iniziando un percorso en solitaire, supportata dal ceo Luca Roda. Prossimi obiettivi potenziare le collezioni in chiave lifestyle, con il rilancio della donna, e l'upgrading del network commerciale, attraverso una riqualificazione (ma anche razionalizzazione) del wholesale e una accelerazione del retail. Jennifer Tommasi racconta le nuove sfide da azienda "indipendente", partendo dal sogno infranto del fondatore Nicola Bardelle. E spiega come vede la Jacob Cohën del futuro

DI ANGELA TOVAZZI

JENNIFER TOMMASI BARDELLE

NATA A NEW YORK, L'IMPRENDITRICE

VIENE DAL CAMPO ARTISTICO. DOPO UN ANNO ALLA MARANGONI E GLI

STUDI IN LETTERE SI È TRASFERITA

A PARIGI PER FREQUENTARE LA SORBONA E STUDIARE RECITAZIONE. TORNATA IN ITALIA, HA COMINCIATO

A LAVORARE IN TEATRO E CONDOTTO UNA PROGRAMMA SPORTIVO IN TV.

POI IL SALTO NELLA MODA, CON LE ESPERIENZE IN CAMPO COMUNICAZIONE E MARKETING, FINO ALL'INCONTRO CON NICOLA BARDELLE.

C’èun prima e un dopo nella storia di Jacob Cohën, il denimwear che ha bypassato le gerarchie, elevando il jeans a bene di lusso. Dal luglio 2012, dopo la scomparsa improvvisa sulle strade di Saint Tropez del fondatore e direttore creativo Nicola Bardelle, il secondo capitolo della casa di moda veneta è stato scritto dalla moglie Jennifer Tommasi, che a 37 anni e con due figli piccoli ha raccolto la sfida di portare avanti il sogno di un imprenditore «geniale e visionario». A 12 anni di distanza - e dopo l’ultima, importante operazione con cui è stato completato, dopo quasi due decenni, il processo di internalizzazione produttiva e distributiva del marchio - l'imprenditrice ci racconta in che direzione sta andando e gli asset su cui sta investendo «per finire quello che mio marito aveva iniziato».

Partiamo dall'operazione di fine 2023, quando Jacob Cohën Company ha rilevato il 100% di JC Industry, sciogliendo la jointventure con Sinv, che dal 2021/2022 produceva e distribuiva le collezioni. Che cosa ha significato questo ultimo step, che ha portato a superare definitivamente il modello su licenza che avevate da quasi 20 anni?

Portare finalmente in house il controllo di produzione e distribuzione ha rappre-

Jennifer Tommasi Bardelle balla da sola, ma al suo fianco da otto anni come braccio "armato", come lui stesso si definisce, c'è Luca Roda, promosso dal 2020 al ruolo di ceo. Insieme stanno traghettando l'azienda veneta verso un posizionamento ancora più alto, appena al di sotto delle griffe extralusso, grazie anche a una strategica "bonifica" del wholesale, che oggi vale circa il 90% del fatturato. Un'operazione non indolore, che ha impattato sui conti, ma reputata necessaria per allineare in maniera coerente il prodotto e il network commerciale. «Abbiamo iniziato questo percorso di riqualificazione nella stagione 2020/2021 e a oggi abbiamo chiuso i rapporti con circa 500 multimarca, arrivando a quota 950». A essere interessati da questa razionalizzazione è stato soprattutto il mercato europeo, quello più storico e maggiormente presidiato da Jacob Cohën, con l'Italia che oggi è scesa a 200 clienti. A controbilanciare il trend è però il vasto territorio oltreoceano, dove il canale multimarca sta conoscendo una fase di crescita, spinta da nuove alleanze con i department store di Stati Uniti e Canada. «Stiamo lavorando con una cinquantina tra i più bei negozi americani - spiega Roda - e crescendo molto bene, grazie anche a corner e shop-in-shop. A inizio anno abbiamo aperto una filiale nel New Jersey, che ci aiuterà a sviluppare tutta l'area». Anche se il wholesale rimane lo sbocco primario del brand, le attese maggiori sono per il retail, in forte accelerazione. «Oggi vale solo il 10% del giro d'affari, ma vorremmo invertire la rotta», spiega il ceo. In questa direzione sono andati gli ultimi investimenti, con l'apertura di tre negozi in due mesi. Tra giugno e luglio hanno alzato le serrande lo store Jacob Cohën di Roma, nella centralissima via del Babuino, quelli di Kobe in Giappone e Palma di Maiorca in Spagna, «un mercato, quest'ultimo, che ci sta dando ottimi feedback, insieme all'Olanda e alla Scandinavia - aggiunge Roda - dove siamo amati dai consumatori più giovani e un gruppo musicale ci ha addirittura dedicato una canzone rap». Negozi che si sono aggiunti a quelli diretti di Milano, Parigi, Courchevel e Saint Tropez e ai 12 in franchising sparsi in giro per il mondo. Ora le energie saranno nuovamente convogliate sugli Usa, perché il prossimo goal è aprire il primo flagship a New York. «Crediamo che il retail sia fondamentale per comunicare i valori del brand e la nostra evoluzione - osserva Roda -. Per questo abbiamo appena arruolato una figura che seguirà lo sviluppo dei punti vendita diretti e in franchising. Noi veniamo da una cultura wholesale. Il suo contributo sarà fondamentale per approcciare le nuove strategie con metodo e in maniera scientifica». Luca Roda è convinto che il nuovo corso porterà l'azienda a tagliare il traguardo dei 100 milioni euro di fatturato. «Questo è l'obiettivo nel medio periodo - precisa -. Siamo in una fase di trasformazione e stiamo facendo scelte strategiche che daranno i loro frutti più avanti. Intanto chiuderemo l'anno in positivo a quota 82 milioni, con una crescita di circa il 4%». a.t.

In alto a sinistra, un look uomo FW 2024. A lato, una fase di lavorazione dei jeans. A fine 2023 Jacob Cohën Company ha sciolto la jointventure con Sinv, che a partire dalla collezione FW 2021/2022 aveva gestito produzione e distribuzione del brand, completando il processo di internalizzazione produttiva e distributiva sentato uno step fondamentale per completare il disegno originale di mio marito: essere non solo il titolare del brand, ma il gestore del brand, potendo esprimere al massimo la propria visione e avere il controllo del posizionamento sui mercati, senza l’intermediazione di un licenziatario, che giocoforza ha prospettive diverse e più a breve termine. Il destino ha impedito a Nicola di realizzare questo sogno. Io ci ho messo 12 anni per conquistare il traguardo, ma questa è stata l’idea che ho coltivato sin da subito.

Arrivarci non deve essere stato semplice…

Considero Jacob Cohën come il mio terzo figlio, visto che il marchio è staro ri-

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