Speciale Fiera del Levante 2014

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A LEZIONE DA RENZI











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renzi in Fiera stretto fra ilva e TaP IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO HA INAUGURATO LA 78ª EDIZIONE DELLA CAMPIONARIA BARESE. E HA LANCIATO UN MESSAGGIO CHIARO A CHI LO CONTESTAVA: “CHI DICE NO NON PUÒ DIRE STOP”

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l miglior momento per piantare un albero era vent’anni fa; il secondo miglior momento è ora”. Novantadue caratteri. Molto più breve di un tweet, l’unità di misura a lui più famigliare. Matteo Renzi chiude a modo suo, con un proverbio indiano, l’intervento alla sua prima cerimonia inaugurale della 78ª Fiera del Levante, la prima di Decaro sindaco di Bari, l’ultima di Vendola e Schittulli presidenti di Regione e Provincia. E risponde al suo amico Antonio Decaro che, in apertura, lo aveva chiamato in causa a proposito dell’infinito iter burocratico che ha portato alla nascita delle Città Metropolitane. A tallonare il Presidente del Consiglio nel lungo tour pugliese che lo ha portato dalle rovine del Gargano

alle prospettive per l’Ilva, passando per Bari e, più tardi, per Mola, dove ha inaugurato la Sitael, una lunga schiera di contestatori. A molti dei quali ha dato delle risposte nette. In mattinata nel capoluogo jonico, dove “è doveroso un passaggio quando si parla di futuro dell’Italia, del Mezzogiorno e della Puglia”, Renzi aveva confermato la linea del Governo: “Taranto è il futuro della siderurgia”. Spiegando poi che “alcuni imprenditori” hanno manifestato il proprio interesse ad acquistare l’azienda e annunciando un proprio ritorno a fine anno per fare un nuovo punto della situazione. “A Taranto - aveva detto ancora - non è più una partita che riguarda solo l’Ilva, ma è in gioco l’idea stessa di rapporto tra diritto al lavoro e diritto alla salute. Vincere la sfida dell’Ilva a Taranto” significa “dimostrare che la siderurgia e Taranto sono il simbolo per il quale si può coniugare capacità di attrazione degli investimenti stranieri, creazione di posti lavoro e dimensione ambientale”. Le stesse coordinate che si identificano nell’acronimo TAP, il metanodotto che porterà in Puglia, e dalla Puglia all’Italia e all’Europa, il gas dell’Azerbaijan. E contro il quale si sono schierati numerosi sindaci del Salento, dove il gasdotto approderà. La sua risposta è stata ferma: “Siamo sempre pronti a discutere di tutto. Ho rispetto per il coraggio di chi dice no, ma chi dice no non può dire stop: i cittadini hanno il diritto di vedere realizzati gli interventi che servono. Non è possibile che si blocchi un’opera che parte dall’Azerbaijan e che non può arrivare a Ventimiglia, ma deve arrivare qui”. Al termine dell’inaugurazione, un breve summit con i sindaci salentini. “Sul Gasdotto TAP - ha spiegato il primo cittadino di Vernole Luca De Carlo - il Presidente del Consiglio è molto determinato ad andare avanti, ma chiede a noi sindaci di trovare una soluzione alternativa all’approdo a San Foca di Melendugno. Per noi potrebbe non farsi proprio il gasdotto, ma Renzi ci ha chiesto di trovare una soluzione alternativa. E’ uno spiraglio, ma noi lavoreremo perché diventi un’apertura. Siamo pronti a presidiare la Regione perché istituisca un tavolo politico che valuti un approdo alternativo”. Quale? “Non spetta a noi dirlo, non siamo mica amministratori di area vasta”. Nessuna contestazione poco più tardi a Mola, dove ha inaugurato, con Romano Prodi, lo stabilimento Sitael del suo amico Vito Pertosa. Che dà lavoro a moltissimi giovani ingegneri nel settore dell’aviazione e dell’aerospazio e che conta di arrivare a mille dipendenti nell’arco dei prossimi cinque anni. “L’Italia - ha detto il premier - è quello che è perché ha sempre saputo tenere assieme in un mix geniale, folle e strepitoso, le migliori caratteristiche che ha. Se siamo grandi italiani, non è perché abbiamo un grande passato, ma perché abbiamo tanta voglia di futuro. Aprire uno stabilimento nuovo significa questo”. Discorso che fa il pari con quanto detto poco prima in Fiera del Le-


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vante. “Ci sono 300 miliardi di euro che la Bce ha messo in circolo. Io non parlo ai politici ma alle piccole e medie imprese, alle partite iva, agli artigiani e a chi prende il mutuo. Bisogna avere progetti seri e bisogna che le nostre banche, che hanno affrontato stress test con numeri più forti di altre banche in Europa, tirino fuori i denari e corrano il rischio - perché se fai il banchiere devi correre ri-

schi - e li mettano” nel circuito produttivo. Ha parlato di disoccupazione e riforma del lavoro, di crisi, di geopolitica, di infrastrutture, di energia e di sviluppo delle potenzialità turistiche alla cerimonia di apertura della Fiera. E ha elogiato il lavoro di Nichi Vendola: “La Puglia negli ultimi dieci anni è cambiata, è la regione numero uno per spesa dei fondi per la tutela idrogeologica. E anche sui fondi europei sa spendere, altre regioni

non lo fanno”. E allora Renzi guarda avanti, raccoglie l’assist di Decaro sulle difficoltà sul piano dei trasporti e rilancia. “Quando sono venuto a trovarti a Firenze in treno da Roma, ci ho messo un’ora e mezza - aveva detto poco prima il neo sindaco di Bari -. Quando da Bari devo andare a Napoli, più o meno la stessa distanza, ci impiego 4 ore, se mi va di lusso e non mi salta la coincidenza. Dovete continuare a lavorare per permettere a questo sud, al sud migliore, di andare veloce, molto più veloce di adesso”. La risposta del premier, tra una battuta e l’altra, non si è fatta attendere. “La Napoli-Bari - ha spiegato - è una delle priorità dello ‘Sblocca Italia’ e avere anticipato l’inizio dei lavori di due anni significa non solo ridurre i tempi di percorrenza tra le due città, ma modificare l’impostazione economica delle stesse, come è successo a Firenze”. Dove, però, esattamente come accade a Napoli, passa l’Alta Velocità. Quella che a Bari non arriverà. Ma il futuro, per il Presidente del Consiglio, passa per la formazione. “Esigo da me stesso quello che ho sempre detto: la riforma della scuola non si fa sulla testa degli insegnanti, ignorandoli, né sulla testa dei genitori”, ha spiegato, sottolineando come la riforma sarà “discussa per un anno”, durante il quale “andremo casa per casa, scuola per scuola”. “Perché l’Italia tornerà grande quando le nostre università torneranno a essere attrattive per i cervelli. E vale anche per quelle del Sud, per non parlare sempre di emigrazione”. La riforma della scuola si inserisce in un pacchetto più ampio di riforme, di cui Renzi ha parlato a Bari, talvolta ostacolato da una farraginosa macchina burocratica da snellire. Ora “è un labirinto e la riforma proposta dal Governo punta a rendere semplice capire chi fa cosa e di chi è la responsabilità di un sì o di un no”. Analogamente, c’è da trovare la giusta medicina per la “riformite”, la “malattia che da vent’anni attanaglia l’Italia” e per la quale “le riforme si annunciano e non si fanno”. Per il suo Governo non


sarà così, o almeno è questo quello che lascia intendere. “Anche se non credo che le riforme ci salveranno, almeno da sole, ma sono il minimo per continuare a guardarsi allo specchio. Sto dalla parte dei cittadini e di chi rischia, non dei professionisti dei convegni. Ho la testa dura e non mollo di un centimetro”. E allora, in risposta alle accuse di Schittulli, spiega che il superamento del bicameralismo perfetto “non è la forzatura della democrazia, ma la riduzione del ceto politico e la semplificazione dell’iter normativo”. E prospetta la propria immagine del ruolo del premier. “Il Presi-

dente del Consiglio è come un allenatore di calcio. Un allenatore che ha a disposizione giocatori fortissimi che, però, non si parlano, né si passano la palla. Poi sugli spalti c’è gente che fa il tifo perché la squadra vinca”. E la squadra è l’Italia, alle prese con “la crisi economica più seria del Dopoguerra”, con “i dati devastanti” del Pil sotto zero e del tasso di disoccupazione raddoppiato. “L’Italia non è ancora ripartita, non si è rimessa in moto. Oggi la crisi economica è globale, ma vede nell’eurozona un punto di maggiore difficoltà. E allora l’affondo della stoccata nel solco del duello verbale a di-

stanza con la Commissione Europea: “Junker è stato eletto con un programma che prevede investimenti per 300 miliardi di euro. Non facciamo piagnistei ma chiediamo di rispettare quanto scritto in quel programma. Chiediamo conto di quei soldi, visto che siamo l’Italia, siamo alla guida della Ue e dobbiamo essere capaci di farci sentire. L’Europa non può essere solo spread”. E allora, se il momento buono di vent’anni fa è passato, presidente Renzi, smuova la terra, c’è un albero da piantare. Prima che sia troppo tardi. Pierfrancesco Catucci






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il divario tra nord e Sud è incolmabile I NUMERI DEL RAPPORTO DI PREVISIONE DELLA SVIMEZ. I DATI PIU’ DRAMMATICI RIGUARDANO I CONSUMI E IL LAVORO. OLTRE AL MANCATO O PARZIALE UTILIZZO DEI FONDI STRUTTURALI

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l dato più evidente e, per molti aspetti più drammatico, è quello sui consumi. Il meno 13% evidenziato dal Rapporto di previsione Svimez implica uno stravolgimento delle abitudini delle famiglie italiane. In tempi di crisi si risparmia su viaggi, vacanze e divertimenti, ma oggi siamo davanti a una contrazione significativa della spesa alimentare o di quella per energia e riscaldamento, insomma per quei capitoli di spesa che rappresentano la sopravvivenza. Le famiglie “assolutamente povere” sono aumentate di due volte e mezzo, passando da 443mila a 1 milione e 14mila nuclei. E quel divario, da sempre esistito, tra Nord e Sud, diventa quasi incolmabile. Per la prima volta il numero degli occupati nel Mezzogiorno ha sfondato al ribasso la soglia psicologica dei 6 milioni, il livello più basso dal 1977. Il Rapporto tiene conto sia delle azioni esogene internazionali, sia delle manovre di finanza pubblica. Oltre alla disaggregazione delle manovre tra Centro-Nord e Mezzogiorno, quest’anno la Svimez ha scelto di aggiungerne una che mostra come si svilupperebbero, a livello regionale, gli effetti dei provvedimenti. In particolare, nello studio è contenuta una valutazione sull’impatto che avrebbe sul Mezzogiorno, l’utilizzo totale dei fondi strutturali. Sulla dinamica della domanda mondiale pesano sfavorevolmente due fattori: le recenti tensioni di natura politica emerse in alcune aree del mondo e il brusco rallentamento che ha interessato i paesi del gruppo BRICS, ossia Brasile, Russia, India, Cina,

Sudafrica. Sul piano interno, la necessità di rispettare gli impegni europei e mantenere entro la soglia del 3% del Pil l’indebitamento netto della PA, ha imposto al governo di contenere gli effetti delle misure anticicliche. Secondo le elaborazione della Svimez, oltre il 77% del totale delle maggiori entrate reperite nell’ultimo triennio è a carico del Centro-Nord, mentre il peso sopportato da quest’area in termini di riduzione delle spese è pari al 63%. In termini di Pil territoriale, però, la distribuzione dell’onere della manovra assume caratteristiche differenti. Sia per le entrate, che per le spese, il peso sul Mezzogiorno risulta essere superiore a quello che grava sulle altre aree del Paese: 9,5% del Pil, nell’intero triennio 20132015,a fronte del 6,0% del Centro-Nord. Capitolo a parte è quello relativo ai tagli alle spese in conto capitale che continuano a penalizzare il Mezzogiorno. Oltre ai tagli al Fondo per le aree sottoutilizzate/Fondo Sviluppo e Coesione, il Mezzogiorno ha beneficiato in misura inferiore dell’espansione di spesa con la conseguenza che l’onere a suo carico è aumentato rispetto a quanto era previsto nel precedente Rapporto. Gli investimenti pubblici, scrive la Svimez, rappresentano una delle poche variabili esogene in grado di stimolare la crescita dell’economia meridionale. Per quanto riguarda i fondi strutturali, si tratta di risorse quasi completamente previste nel passato ciclo di programmazione (2007-2013), la cui coda dovrebbe concentrarsi proprio tra il 2014 e il 2015.

La Svimez ha ipotizzato l’impatto macroeconomico se fosse raggiunto il massimo livello di spesa disponibile. Il volume di risorse complessivamente disponibili per i prossimi due anni sarebbe considerevole: circa 13,5 miliardi nel 2014 e 17,5 miliardi nel 2015. Per il 2014, in particolare, l’impatto aggiuntivo sul Pil meridionale sarebbe di oltre un punto percentuale (1,3%), invertendo quindi il segno della congiuntura al Sud e incidendo in modo positivo sul Pil italiano, con una crescita addizionale di quattro decimi di punto percentuale. Nel 2015, l’incremento addizionale di Pil sarebbe pari, rispettivamente, a otto decimi di punto percentuale nel Sud e a due decimi nell’Italia intera. Facilmente immaginabile l’effetto positivo che si avrebbe sull’occupazione. I posti di lavoro che si attiverebbero nel Mezzogiorno sarebbero pari a 34mila unità nel 2014 e ad oltre 82mila nel 2015. Uno scenario, purtroppo improbabile. La quota reale di spesa dei Fondi strutturali sarà considerevolmente minore, tenendo conto anche della distanza dal target fatta registrare al 31 maggio 2014 da ben 13 programmi operativi. Nel 2014, con riferimento ai soli Fondi Strutturali, la spesa effettiva - scrive ancora la Svimez - potrebbe verosimilmente risultare complessivamente inferiore di circa 2,2 miliardi rispetto a quanto previsto dai target, e di oltre 3 miliardi nel 2015. Tornando alle previsioni per il 2014, secondo il Rapporto, il Pil italiano dovrebbe aumentare dello 0,6%. Una crescita modesta, ma positiva se com-


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parata alla caduta dell’anno precedente. Con riferimento alle due grandi macro-aree del Paese, le stime indicano però, per il 2014, una caduta dell’attività produttiva complessiva nel Sud (-0,8%) e una variazione positiva nel Centro-Nord (1,1%), a differenza di quanto avvenuto l’anno precedente. Buona parte delle differenze territoriali sono dovute ai tagli di spese che “sottraggono” al Sud quasi sette decimi di punto percentuale contro i poco meno di due al Centro-Nord. All’interno di questa voce di bilancio, l’impatto più ampio è dovuto, nelle regioni meridionali, ai minori investimenti pubblici che da soli spiegano quasi i due terzi dell’impulso negativo complessivamente offerto dai tagli alle spese. Anche i consumi delle famiglie si prevede che saranno ulteriormente in calo dello 0,5% al Sud e, al contrario, in aumento dello 0,3 nelle regioni centrosettentrionali. Le esportazioni di beni, al netto dei prodotti petroliferi, dovrebbero far registrare in tutte e due le ripartizioni una variazione positiva: 1,4% nel Mezzogiorno e 2,7% nel Centro-Nord. Nel corso del 2014, gli investimenti totali dovrebbero diminuire di circa un punto percentuale al Sud (-1,1%) e, dopo cinque anni, arrestare di fatto la contrazione nel resto del paese (-0,4%). Il dato previsto nel 2014, se confermato, porterebbe la caduta degli investimenti meridionali, rispetto al picco pre-crisi, intorno al 35%. Nel 2014, il mercato del lavoro è in forte calo al Sud (-1,2%), in lieve aumento nelle regioni centrosettentrionali (0,2%). In valori assoluti, il volume complessivo di occupazione nel Sud risulterebbe nel 2014 più basso di quasi 800mila unità di lavoro rispetto al 2007. Guardando all’anno precedente, il tasso di disoccupazione fa registrare nel Mezzogiorno un significativo balzo in avanti attestandosi al 20,6%, valore mai registrato prima e pari a più del doppio di quello previsto nel Centro-Nord (9,1%, identico al valore 2013). Basti pensare che al Sud si è concentrato il 60% delle perdite occupazionali compressive.

Nel 2015, l’aumento di Pil ipotizzato a livello nazionale dovrebbe riguardare solo le regioni del Centro-Nord (1,7%), mentre il Sud sarebbe ancora interessato da una variazione negativa (-0,3%). Questi dati, se confermati, indicano per l’area meridionale una caduta di reddito che si estende per otto anni consecutivi. Le anticipazioni del Rapporto Svimez contengono anche alcune previsioni per il 2015. Per quanto riguarda le finanze pubbliche, tra tagli alle spese e maggiori entrate si prevede una correzione di circa 6 miliardi di euro, quattro in meno rispetto all’anno precedente. La domanda mondiale dovrebbe registrare una lieve accelerazione e i mercati finanziari, specie per quanto riguarda l’ac-

cesso al credito per famiglie e imprese, dovrebbero essere meno penalizzanti. Come detto, il Pil nazionale dovrebbe essere in lieve crescita, ma il segno positivo riguarderà solo le regioni del Centro-Nord, mentre il Sud avrebbe ancora una variazione negativa. Inoltre, il continuo calo della spesa in beni durevole peserà sulle famiglie del Sud, molto più che su quelle delle altre aree del Pese. Il mercato del lavoro, conclude la Svimez, è l’epicentro del tracollo economico e sociale del Mezzogiorno: il crollo della domanda, dovuto al venir meno dei redditi da lavoro, sta determinando un avvitamento recessivo destinato a prolungarsi anche al prossimo biennio. Stefania Rotolo







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Con noi la Puglia è uscita dalla culla INTERVISTA AL PRESIDENTE VENDOLA: OGGI È UN NOME CHE EQUIVALE A FASCINO, QUALITÀ, ATTRATTIVITÀ E BELLEZZA. UNA REGIONE MIGLIORE ED EURO MEDITERRANEA

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residente Vendola in questi 10 anni le politiche regionali sono state ispirate al cosiddetto “vendolismo”, che ne sarà di questa etichetta una volta che lascerà il timore? Sento molto forte il rischio di un ritorno al passato, che si cancellino con un colpo di spugna i 10 anni di cambiamento poderoso realizzati. Processi capillari di trasformazione di interi settori della società. Al netto di errori e di contraddizioni sono preoccupato per il futuro. Ci vogliono molti anni per mettere sui binari il riformismo introdotto sul governo del territorio, l’urbanistica, la tutela ambientale, l’infrastrutturazione sociale, la lotta alla povertà, per trasformare un’amministrazione in una casa di vetro, per rendere la burocrazia veloce ed efficiente. Bastano due mesi di sciatteria e malgoverno per far precipitare tutto all’indietro. Governare non è fare surf, cavalcare l’onda, ma approfondire la radice dei problemi, scegliere quali interessi far prevalere, sciogliere nodi. Spesso ci si imbatte in problemi complessi che non hanno una risposta semplice. Osservo preoccupato che in Puglia e in Italia politica e cultura regrediscono sempre più nella vita pubblica. Non accetto l’idea che la politica debba inseguire i micro interessi locali, corporativi, lobbistici, non mi piacciono la demagogia, il populismo e l’egoismo particolaristico. Se la politica continua a inseguire tutto questo finirà nel burrone.

Questi riferimenti riguardano pure lo scontro in atto col leader del Pd, Michele Emiliano? Io non faccio guerre a Emiliano, è vero il contrario. Da mesi subisco le sue piccole molestie, le diffamazioni, le volgarità. Ora, però, dico basta. Emiliano non può pensare che le cose straordinarie fatte in 10 anni sono merito del Pd mentre tutte le criticità, le contraddizioni, le responsabilità sono di Nichi Vendola. Non può pensare di impostare la campagna elettorale contro di me. Vuole costruire una coalizione che assomiglia all’arca di Noè. Ci sono tutti, tranne uno. Forse il suo è anche un problema psicologico. Voleva fare le primarie un mese dopo la mia nomina e ignora che qui bisogna governare fino alle elezioni, nel 2015. E’ impossibile farlo in stato d’assedio. Non può comportarsi come una potenza occupante. Esigo rispetto per me e la mia giunta e per gli assessori, soprattutto per quelli del Pd, molti dei quali sono bravissimi. Di cosa va più fiero in questi 10 anni? Qual è l’eredità migliore che lascia ai cittadini? La venuta al mondo della Puglia, è questo il risultato migliore. La nostra regione è uscita dalla culla e ha iniziato a camminare in giro per il mappamondo. Oggi ciò che non esisteva, la Puglia, è un nome che equivale a fascino, qualità, attrattività, bellezza. Abbiamo costruito una regione euro mediterranea con nuove politiche di internazionalizzazione, innovazione, inclusione.

La globalizzazione l’abbiamo intesa non come un mare dove naufragare, ma come un corso per imparare a nuotare. Tutto questo ci ha portato alla destinazione di una Puglia migliore di quella che abbiamo trovato. Lei resta uno dei più fermi oppositori del governo Renzi, in Puglia lo ha contestato per la Tap e le trivelle, rischia di restare isolato? Non credo, di certo non seguirò la straordinaria capacità di tenuta schizofrenica che hanno in molti nella nostra regione. Sono capaci di sostenere una tesi a Roma e una capovolta in Puglia. In realtà sulle grandi opere si riflette la pessima riforma costituzionale che ha scippato ai territori il diritto a condeterminare il proprio destino. Per 20 anni abbiamo sentito parlare di federalismo e oggi, di colpo, scopriamo che non serve più. Nessuno ci ha avvisato ma è sparito, soppiantato nuovamente dal centralismo statalista. Si sta mistificando la realtà, i territori devono essere ascoltati e avere una voce in capitolo su queste scelte. Il gasdotto turco non è un’opera devastante sul piano ambientale, ma prima di farla si ascoltino le comunità locali. Sulle trivelle, invece, il no è forte e chiaro. Se le multinazionali vorranno fare nell’adriatico un distretto industriale noi faremo le barricate. Su questa vicenda farò una battaglia senza se e senza ma contro gli atti autoritari del governo Renzi. Francesco Iato







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il rilancio passa dai fondi del petrolio INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE BASILICATA MARCELLO PITTELLA, CHE AGGIUNGE: LA SALUTE DEI CITTADINI E LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE VENGONO PRIMA DI TUTTO

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l governo della Basilicata da poco più di nove mesi, il governatore lucano Marcello Pittella spiega come riuscirà a trasformare la regione in un territorio finalmente capace di impiegare al meglio le risorse che possiede, petrolio in primis, e quelle che arriveranno dal nuovo ciclo di programmazione comunitaria. Il tutto senza mai dimenticare la salute e la sicurezza dei lucani e il futuro dei più giovani. Innanzitutto può tracciarci un bilancio di questi primi mesi al governo della regione. E’ un bilancio sicuramente positivo, soprattutto alla luce dei provvedimenti approvati. Penso, per citarne alcuni, alla nomina del commissario unico per i Consorzi di Bonifica, alla soppressione di Arbea, alla riforma di Alsia e dei Consorzi Industriali, all’accelerata su “Agenda digitale” e “open data”. Importanti sono stati anche i provvedimenti adottati nel settore della sanità a tal proposito è importante sottolineare che la Basilicata è l’unica regione del Mezzogiorno a non avere una sanità “commissariata” e, di questi tempi, non è poco. Quali le prossime misure? Stiamo lavorando alla trasformazione di “Sviluppo Basilicata” in società finanziaria, così come fatto in altre Regioni. Il modello che vorremmo mutuare in Basilicata è quello della Lombardia, dando vita a uno strumento agile ed efficace per sostenere lo sviluppo delle nostre imprese. Abbiamo la necessità di utilizzare i fondi, anche cospicui, che confluiscono in cassa grazie alle royalties del petrolio e che oggi, per effetto del patto di stabilità interno, non riusciamo a utilizzare. La finanziaria potrà aiutarci a superare, almeno in

parte, questo gap. La Basilicata regione strategica per il fabbisogno energetico nazionale, ma a quale prezzo per i lucani? Ho sempre detto, e lo ripeto, che la salute dei cittadini e la salvaguardia dell’ambiente vengono prima di tutto. Forse non tutti lo sanno, ma intorno al Centro Oli di Viggiano è operante una rete di monitoraggio di tutte le matrici ambientali che copre un’area di oltre 100 chilometri quadrati. Vi sono 6 centraline per il monitoraggio in continuo per la qualità dell’aria, 4 centraline per le emissioni acustiche, 7 punti di prelievo per le acque superficiali, 8 nasi elettronici per le emissioni odorigene, 15 stazioni di rilevamento per la mi-

crosismicità. Stiamo utilizzando tutto ciò che la tecnologia ci mette a disposizione per garantire la sicurezza e la salute dei lucani. Basilicata, terra fragile sotto diversi punti di vista, quale ricetta per lo sviluppo? Penso innanzitutto a un’agricoltura e a un agroalimentare di qualità, penso alla biochimica, all’ambiente, all’energia, all’automotive e al suo indotto, senza dimenticare la filiera del mobile imbottito e quella turistico-culturale e creativa. I giovani sono tornati ad abbandonare questa regione. Cosa sente di dir loro? Dico che devono aver fiducia e scommettere, con noi, su un progetto e una visione comune per la Basilicata. Dobbiamo tutti rimboccarci le maniche, sapendo che questa regione può vivere un nuovo protagonismo e compiere passi concreti per una reale riscossa civile ed economica. Bisogna solo crederci, Le opportunità, spesso non valorizzate, ci sono. Per quanto mi riguarda lavorerò sino allo stremo delle forze per dar vita a una comunità regionale inclusiva e coesa, che tenga dentro tutti. Soprattutto i giovani. L'Europa è la grande sfida opportunità per la Basilicata. Quanto conta la programmazione? La programmazione ovviamente conta tantissimo e noi stiamo già lavorando in questa direzione, grazie all’apporto decisivo del nuovo Dipartimento Programmazione. Tra l’altro c’è una fortunata coincidenza fra l’avvio della legislatura in corso e l’inizio del nuovo ciclo di programmazione comunitaria 2014-2020. Avremo a nostra disposizione fondi comunitari per 863 milioni di euro, a valere sui Programmi operativi regionali e nazionali, cui andrà a sommarsi la quota di competenza nazionale. Risorse che saranno poste al servizio di opzioni strategiche per dar vita a una società competitiva e aperta. Alessandro Boccia





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Basta liti, è ora di progetti e programmi IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE ONOFRIO INTRONA SUL CENTROSINISTRA PUGLIESE A POCHI MESI DALLE ELEZIONI: LA SFIDA E’ RENDERE LA PUGLIA PIU’ GRANDE E ATTRATTIVA

Presidente, si chiude l’era Vendola alla regione Puglia, qual è il bilancio di questi 10 anni? Il presidente Vendola ha garantito dieci anni di buona e stabile politica alla Puglia. Due quinquenni di amministrazione efficace, di leggi valide, alcune ottime, e di crescita, almeno finchè la crisi economica ce lo ha consentito. Non dimentico le scelte innovative delle Giunte da lui guidate, con la collaborazione di tutto il centrosinistra. Quella delle energie non inquinanti, il rispetto dell'ambiente, la difesa del suolo, i progetti per i giovani, da Bollenti Spiriti a Ritorno al futuro, gli exploit nel turismo, la promozione dei nostri tesori agroalimentari sul mercato internazionale. E come ho segnalato in un’altra occasione: anche lo sforzo di aprire gli armadi polverosi dell'urbanistica. Il risultato è stato lo sblocco di piani e progetti dei Comuni, rimasti per anni nei faldoni della Regione, reali o informatici. Tra pochi mesi lei dovrà lasciare pure la presidenza dell’aula, può tracciare un resoconto? Quanto al mio bilancio, lo rimando alla prossima primavera. Intanto conto di continuare la mia attività, condotta come sempre giorno per giorno, attento alle emergenze e alle esigenze della Puglia, con azioni ispirate alla buona politica. Le regionali sono dietro l’angolo, cosa pensa

delle primarie? Si dice che lei potrebbe scendere in campo, è così? In caso contrario che farà? No a primarie guerreggiate, sì al ritorno a una festa della democrazia, al primato della partecipazione e dell’incontro con gli elettori, sui temi del “futuro della Puglia”. Io in campo? Non senza elmo, scudo e schinieri. No, questa è una competizione che lascio volentieri ad altri. Il centrosinistra rischia di perdere se continueranno le liti tra Pd, Sel, Vendola ed Emiliano? C’è un po’ di nervosismo, ma possiamo tutti tornare a parlare di progetti e di programmi per fare sempre più grande e attrattiva la Puglia. Perché si sono raffreddati i rapporti col governatore Vendola, da ultimo ha bocciato la sua proposta di allungare fino a ottobre l’apertura degli stabilimenti balneari. Cosa fa dire che si sono raffreddati i rapporti? Esprimere diversità di vedute mi sembra un dialogo, non un conflitto. È tutto ok e, se si vuole, normalissimo, non siamo al pensiero unico! Cosa pensa del gasdotto Tap e delle trivellazioni, la Puglia sarà costretta a subire il sì del governo Renzi? Sulla Tap, si sa che la ritengo un’opera strategica, per assicurare l’autonomia energetica all’Italia, purchè sbarchi con il consenso della Puglia

e in un luogo condiviso dai pugliesi. Mi sono sempre espresso allo stesso tempo contro le trivelle, Renzi lo sa, l’ho anche invitato ad ammirare di persona la trasparenza dei nostri due mari puliti, Adriatico e Ionio. Come sarà la nuova legge elettorale che approverete in autunno? Le donne avranno, finalmente, il loro spazio? E i partitini? Con l’Ufficio di Presidenza abbiamo già chiesto al presidente della settima commissione di calendarizzare ogni mercoledì le sedute per l’esame del disegno di legge elettorale da portare poi in Aula. Parità di genere e piccoli partiti (non esistono ‘partitini’, ma piccoli partiti, quasi tutti con grandi storie): la legge dovrà essere auspicabilmente il più possibile partecipata e condivisa da tutte le forze politiche del Consiglio regionale, quindi non posso intanto che confermare le mie personali convinzioni. Sono anni che lo ripeto: è tempo che alle donne venga riconosciuta la possibilità di incrementare la loro presenza nelle Istituzioni elettive (penso a una doppia preferenza, limitata nel genere, che non ha dato cattiva prova dove adottata) e naturalmente in un’Assemblea che passerà da 70 a 50 consiglieri, la soglia di sbarramento andrà ridotta adeguatamente, per garantire il diritto di tribuna a tutte le forze politiche.







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Bubbico, sicurezza e cultura della legalità IL VICE MINISTRO DELL’INTERNO PUNTA IL DITO ANCHE SU DUE GRANDI SFIDE PER LA SUA BASILICATA: L’ACCOGLIENZA DEGLI IMMIGRATI E LA LOTTA AL RACKET E ALLE ESTORSIONI

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iconfermato vice Ministro dell’Interno nel governo Renzi, il lucano Filippo Bubbico parla di sicurezza e cultura della legalità, ma anche delle grandi sfide che si prospettano per la Basilicata: da quella dell’accoglienza degli immigrati a quella della lotta al racket e alle estorsioni. “La partita con il governo sul tema del raddoppio delle estrazioni petrolifere è ancora aperta ma”, assicura Bubbico, “ambiente e salute dei cittadini saranno sempre salvaguardate”. Lei e De Filippo, due ex governatori lucani nel governo Renzi. La sua è una riconferma. Il governo Renzi ha davanti a sè grandi sfide che sta affrontando con coraggio e spirito di innovazione. Siamo alla guida del semestre europeo, abbiamo la straordinaria opportunità di imprimere il nostro passo su questioni determinanti per il nostro futuro e quello dell’Europa: economia, integrazione, sicurezza, diritti, libertà, immigrazione. Per me si tratta dell’opportunità di continuare il percorso e il lavoro iniziato con il governo Letta e di dare il mio contributo in una fase fondamentale per l’Italia e per tutti noi. Un bilancio di questi primi mesi del governo in tema di sicurezza. Su cosa c’è da lavorare? Sono molte le questioni aperte e le difficoltà che bisogna affrontare, soprattutto, a causa della ristrettezza di risorse a disposizione. Nonostante tutto il bilancio è positivo. L’Italia è un Paese sano sotto il profilo della sicurezza e della gestione dell’ordine pubblico. Gli uomini e le donne delle forze dell’ordine ogni giorno compiono un lavoro straordinario nell’attività di contrasto e prevenzione al crimine, al terrorismo e di tutela dell’ordine pubblico. Ovviamente bisogna sempre tenere alta la guardia e continuare la battaglia contro le mafie, le infiltrazioni criminali nelle amministrazioni locali, la corruzione, la gestione dei beni confiscati, il terrorismo. Bisogna anche lavorare sotto il profilo culturale. Per questo motivo, diffondere e insegnare cultura della legalità significa avere cittadini consapevoli e comunità più sane. La Basilicata da terra di emigrati a crocevia di accoglienza per gli immigrati. La Basilicata ha una grande tradizione di accoglienza e di ospitalità. Si parla tanto in questi giorni dell’emergenza immigrazione e di tutte le problematiche connesse al fenomeno migratorio. Io penso che anche qui dobbiamo fare i conti con un cambiamento culturale. L’immigrazione non è più un’emergenza, siamo di fronte ad un dato strutturale che continuerà negli anni. Per questo motivo, la gestione degli sbarchi, ma soprattutto, le politiche dell’accoglienza e dell’integrazione sono sempre più importanti per costruire un modello di società sana e funzionale. In questo, tutti i territori devono fare la loro parte e anche la Basilicata non mancherà di dare il suo contributo. La sua regione si conferma sempre più a rischio racket, estorsioni e usura. Purtroppo si tratta di un fenomeno diffuso, che non riguarda solo la Basilicata. I territori sono soggetti a un forte rischio di infiltrazione criminale e la crisi economica e sociale che il nostro Paese sta attraversando da tempo, acuisce questo fenomeno. In questi casi, bisogna lavorare sia sotto il profilo politico, salvaguardando le amministrazioni locali sane, ma anche sotto il profilo economico e sociale, offrendo sostegno a imprese e cittadini che vivono momenti di difficoltà e che spesso non si sentono supportati dalle istituzioni. Raddoppiare le estrazioni in Basilicata, la partita con il governo è ancora aperta. Cosa pensa al riguardo? Bisogna riempire di contenuti l’accordo tra la Regione e lo stato. Agire nel rispetto dei principi di precauzione per garantire la tutela della salute dei cittadini e della qualità ambientale. La Basilicata ha sempre dimostrato di saper tutelare gli interessi dei propri cittadini senza mai venir meni agli obblighi della comunità nazionale. Serve rigore, trasparenza e affidabilità perché possa ricrearsi quel clima di fiducia tra i cittadini e le istituzioni. Alessandro Boccia









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lavoro, facilitiamo le assunzioni INTERVISTA AL SOTTOSEGRETARIO AL LAVORO MASSIMO CASSANO: LA PROPOSTA È CREARE UN RAPPORTO DIVERSO TRA AZIENDE E LAVORATORI, PIÙ EQUO, DEMOCRATICO E AL PASSO COI TEMPI

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norevole Cassano, qual è il bilancio dei primi sei mesi da Sottosegretario al lavoro? Credo sia positivo anche se oggi parlare di lavoro è complicato. La crisi economica e sociale mordono, la disoccupazione dilaga in Italia e in Europa. Il governo ha messo in cantiere la grande riforma del lavoro, il Job’s act. La svolta sta nelle facilitazioni sulle assunzioni alle imprese. La proposta è creare un rapporto diverso tra aziende e lavoratori, più equo e democratico, al passo coi tempi. Il Nuovo CentroDestra ha chiesto pure di modificare le rigidità dell’articolo 18, il vecchio tabù dei sindacati. Va rivisto anche il limite dei 15 dipendenti per l’applicazione della regola. Meno burocrazia e più coesione tra le le parti in campo, seguiamo il modello della Germania. Lì imprenditori e dipendenti stanno dalla stessa parte e non a caso l’economia va. Qui da noi le resistenze e le battaglie di retroguardia di qualche sindacato hanno ingessato il mercato del lavoro e la crescita. L’Ncd s’è federato con l’Udc, Scelta Civica e Per l’Italia, per ricostruire il grande centro, guardate più a Renzi o a Berlusconi? La nostra storia inizia nel centrodestra, è da lì che veniamo e lì vogliamo preferibilmente restare. Certo ci sono difficoltà di dialogo con Forza Italia. La scissione dello scorso anno non è stata un capriccio. Appoggiammo il governo Renzi perché era l’unica alternativa per salvare il paese e, a conti fatti, abbiamo avuto ragione. Anche i nostri

ex alleati oggi hanno offerto l’appoggio esterno all’esecutivo. Questo significa che devono riconoscere il nostro senso di responsabilità e trarne le conseguenze politiche. Vogliamo essere rispettati e ripartire da nuove basi di dialogo. Quali? A partire dalle prossime regionali auspichiamo un accordo ampio e condiviso, regione per regione, candidato per candidato. Abbiamo maturato idee e posizioni diverse, bisogna rompere col passato, ma se ci sarà un patto nazionale per le regionali l’accordo politico complessivo si potrà raggiungere. E in Puglia come stanno le cose? E’ vero che l’Ncd ha in tasca un patto segreto con Emiliano e il Pd… Non esiste, questa ipotesi è pura fantasia. L’accordo col centrodestra lo vogliamo anche qui, ma tutto deve passare dalle scelte del tavolo nazionale. In questa regione ci sono state troppe anomalie in passato, troppe sconfitte dettate da scelte e strategie fallimentari che hanno pesato sui partiti e sui tanti candidati bruciati. Il leader pugliese Fitto vi ha chiesto di tornare sul tavolo delle primarie, che farete? Strano, l’onorevole Fitto si ricorda ora delle primarie dopo aver affossato la nostra stessa richiesta alle ultime comunali a Bari. Lì una consultazione popolare tra i candidati avrebbe evitato la figuraccia rimediata. La verità è che gli accordi si tratteranno e si firmeranno a Roma, insieme al resto dei partiti, disegnando il perimetro

della coalizione. Non possiamo continuare a rincorrere in Puglia le tattiche personali di Fitto che spesso non coincidono col bene del partito e della coalizione. Ma perché non volete fare le primarie già concordate con gli altri partiti in Puglia? Guardi, noi in questo momento non le riteniamo uno strumento indispensabile. Che primarie sono se a tutt’oggi non ci sono i confini della coalizione? E intanto Schittulli e Fitto hanno quasi rotto sulla vice presidenza del consiglio al comune di Bari. Che dice? Non mi intrometto in queste storie, spero che la vicenda possa ricomporsi. Noto solo che negli ultimi anni il centrodestra pugliese ha contato troppi addii e pochi nuovi ingressi, vediamo di cambiare rotta. E le ruggini tra lei e Fitto? Nessun astio, niente conflitti, con lui c’è e ci sarà un normale rapporto tra leader di due partiti diversi, tutto qui. Cosa auspica per il centrodestra, qual è l’appello che rivolge alla futura coalizione? Io spero che possa vincere e cambiare il segno di questa regione che ha molto sofferto dopo un decennio in cui il centrosinistra e la giunta Vendola hanno guidato la regione. Se coinvolgiamo la società civile e i partiti sono determinati e vogliosi di riscatto possiamo farcela. Questa è una regione che ha una vocazione di centrodestra, non dimentichiamolo. Francesco Iato











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Città Metropolitana, cosa cambia? CON L’ELEZIONE DEL CONSIGLIO, FISSATA PER IL PROSSIMO 12 OTTOBRE, SI INAUGURA IL PROCESSO COSTITUENTE DEL NUOVO ENTE CHE, DI FATTO, SOSTITUIRA’ LA PROVINCIA

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on sono state ancora individuate le risorse necessarie al decollo, né c’è chiarezza sulle competenze, ma tra pochissimi mesi saranno realtà. Dal primo gennaio 2015 dieci Province scompariranno per dar vita - ope legis - alle Città Metropolitane. In Puglia è il destino che toccherà a Bari. Il nuovo ente coinciderà integralmente con il territorio provinciale, ne assorbirà attività e passività, responsabilità e impegni di spesa. La sede sarà la stessa, lo storico palazzo di via Spalato. Cosa cambierà per il cittadino? Sostanzialmente nulla, tranne l’esclusione - dettaglio non di poco conto - dalla scelta di chi lo rappresenterà in seno alla Città Metropolitana. Solo un cambio di nome, dunque? Non proprio. La rivoluzione ci sarà e sarà piuttosto in ambito amministrativo e organizzativo. Ma andiamo con ordine. La Città Metropolitana è un ente locale previsto per la prima volta dalla legge 142/1990 sulla riforma degli Enti locali. Quella di Bari comprende 41 comuni, quasi un milione e 300 mila abitanti per una superficie di circa quattromila chilometri quadrati. Il primo passo verso la nascita sarà l’elezione del Consiglio Metropolitano, presieduto dal sindaco metropolitano, che coincide - tranne modifiche allo statuto - con il primo cittadino della città capoluogo, Antonio Decaro. Si vota il prossimo 12 ottobre, nella sede della Provincia. Si tratta di elezioni di secondo livello che escludono dal voto i cittadini. Sono chiamati alle urne 734 tra sindaci e consiglieri - ossia l’elettorato attivo - dei 41 comuni, fatta eccezione per Modugno a seguito del recente commissariamento. Le liste, sottoscritte da almeno 33 consiglieri-elettori, dovranno comprendere al massimo 18 candidati, quanti sono i rappresentanti - tra sindaci e consiglieri - da eleggere con metodo proporzionale secco e voto ponderato: ogni elettore, cioè, esprimerà una scelta che sarà proporzionale al numero di cittadini che consigliere comunale e sindaco rappresentano nel Comune di appartenenza. Il

primo compito dei neo eletti sarà l’elaborazione di una proposta di statuto. Il 12 ottobre, dunque, con l’elezione del Consiglio Metropolitano si inaugura il processo costituente. I 18 consiglieri dovranno redigere la “carta costituzionale” del futuro ente, di cui il Consiglio rappresenterà dal primo gennaio 2015, con il sindaco metropolitano, l’organo di governo, che resterà in carica cinque anni. Lo statuto dovrà essere sottoposto all’approvazione della Conferenza Metropolitana, costituita dai 41 sindaci, entro il 31 dicembre. Qualora non si rispettasse tale scadenza, varrà lo sta-

tuto della Provincia fino al 15 giugno 2015. Data oltre la quale, in assenza di approvazione, interverranno i poteri dello Stato. Superati questi passaggi, dal primo gennaio cesserà il ruolo della Provincia che si chiamerà Ente Città Metropolitana. Il primo vero cambiamento riguarderà la spesa: sul bilancio non graveranno più emolumenti, né del sindaco né dei consiglieri, che svolgeranno le loro funzioni a titolo gratuito. Le incombenze sono altre, a partire dal trasferimento delle competenze tra Stato, Regione Puglia e Città Metropolitana. Competenze fondamentali come la gestione delle strade e dell’edilizia scolastica degli istituti di secondo grado. Nei giorni scorsi, in sede di Conferenza Unificata, è stato raggiunto l’accordo sullo schema di decreto ministeriale che definirà il trasferimento di beni, risorse e funzioni dalle Province alle Città Metropolitane. Ma a pochissimi mesi dalla nascita preoccupa non poco la totale incertezza sull’individuazione e sulla quantificazione delle risorse necessarie per far partire le nuove realtà. Della natura poco chiara della futura Città Metropolitana è convinto il Presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli: “Le Città Metropolitane rappresentano nuovi organismi di forte complessità per i territori. Mi auguro non aprano nuove problematiche, bensì le chiudano. Infatti - aggiunge Schittulli le dieci Città Metropolitane costituiscono un record tutto italiano e per alcune di esse, almeno sette, non vi sono in assoluto i presupposti di legge, e quindi con la loro istituzione sembra prevalga il calcolo e l’interesse partitico-politico”. Anna De Feo










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Guerra aperta alle liste d’attesa LA PRIMA BATTAGLIA DEL NUOVO ASSESSORE REGIONALE ALLA SALUTE E AL WELFARE, DONATO PENTASSUGLIA, CON L’OBIETTIVO DI STANARE LE IRREGOLARITÀ E I TRUCCHETTI E ora su cosa si sta concentrando? ugno di ferro contro le liste d’attesa lumaca in Puglia anche a costo di Sbloccare e velocizzare l’avvio delle coinvolgere nei controlli la Guardia Fi assunzioni per tutto il sistema salute finanza. E’ questa la madre di tutte le pugliese, territorio per territorio; al ribattaglie per il nuovo assessore alla spetto e le verifiche delle appropriaSalute e al Welfare Donato Pentassutezze delle prescrizioni per una glia, indicato dal governatore Vendola corretta gestione delle famigerate liste al posto di Elena Gentile eletta al Pardi attese alla interlocuzione coi medici lamento Europeo. Il nuovo timoniere di medicina generale per una revisione vuol accendere i riflettori sui ritardi acdegli accordi e delle opportunità di colcumulati nelle liste delle visite specialilaborazione più stringente e vera sestiche e sugli esami diagnostici. E ciò condo il Contratto esistente e per le anche a costo di indagare sulle decinuove frontiere e modelli organizzativi, sioni assunte dal suo predecessore alche vedono il rapporto cittadino mel’inizio dell’anno con un piano dico di medicina generale quale primo straordinario di smaltimento delle liste approccio, guardando alle fragilità die 12 milioni di euro di incentivo al perverse e presa in carico dei cittadini, ai sonale per riorganizzare il sistema. Tra problemi della psichiatria e dei distretti le criticità è emersa nel mese di agosto di salute mentale, oltre al Centro salute un’impennata delle richieste di esami, e ambiente e alle criticità ambientali di il 35% in più rispetto al 2013. Il dato Taranto, Brindisi e Lecce. Entro fine non è sfuggito a Pentassuglia che ha settembre adotterò la delibera di rimonotato come l’anomalo aumento abbia dulazione dell’offerta ospedaliera pucongestionato pronto soccorso e regliese e territoriale, congiuntamente parti ospedalieri. In questo mese di setalla nuova rete della emergenza urtembre le Asl sono state messe sotto genza già chiusa con intesa all’unaniosservazione. L’obiettivo è stanare irmità con tutti i soggetti interessati regolarità e trucchetti sull’utilizzo dei (direttori di centrale 118 e direttori di macchinari e sulla distribuzione dei pronto soccorso). L’assessore regionale alla Salute e al Welfare, Donato Pentassuglia Quali sono gli obiettivi più stringenti turni del personale. Un occhio particolare, dopo lo scandalo scoppiato nella Asl di Bari, di rientro imposto e condizionante, finalmente in da realizzare in questi mesi rimanenti? sarà posto sui rimborsi degli straordinari e sullo un mese di luglio tremendo per scadenze e impeVoglio dare attenzione a progetti innovativi in tersfoltimento delle liste di routine e quelle d’urgenza. gni, abbiamo chiuso e sottoscritto il Patto della Sa- mini di servizi alle persone, con particolare rilancio Tra le misure estreme c’è anche l’utilizzo di agenti lute, adottato il Piano Operativo (post Piano di del territorio e della sua integrazione dei servizi. della Guardia di Finanza e denunce circostanziate rientro) e condiviso con i due Ministeri competenti Penso che entro fine settembre, abbattendo fortenei casi più gravi. (Salute ed Economia e Finanze) lo sblocco delle mente i tempi, sarà pubblicato il bando per la coAssessore qual è il bilancio dei primi due mesi di assunzioni per 2.563 unità tra il 2014 e 2015, oltre struzione dell’ospedale di Taranto per fronteggiare attività? alla sottoscrizione del Piano di riparto del Fondo l’emergenza socio sanitaria molto sentita in quelSono stati intensissimi e pieni di sfide. Non ho Sanitario che ha consentito di portare a casa 180 l’area stuprata sul piano ambientale. Se ci saranno fatto per la prima volta nemmeno un giorno di ferie milioni di euro in più già dal 2014. Inoltre ho conti- le condizioni farò la stessa cosa per l’Ospedale di vista la mole enorme di lavoro nell’affrontare un nuato il lavoro sulla ridefinizione della rete del Ter- Fasano-Monopoli con la pubblicazione entro la sistema complesso che risponde ai bisogni di Sa- ritorio con Ospedali pubblici e quelli del privato stessa data del bando per il progetto preliminare e accreditato, in ossequio al Patto della Salute sot- rischio clinico del nuovo Ospedale, anch’esso già lute dei cittadini pugliesi. I primi risultati? toscritto e al rispetto degli standard previsti dal- finanziato con delibera CIPE. Francesco Iato Dopo anni di blocco delle assunzioni e di un piano l’ultimo DPCM pubblicato il 5.8.2014.

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San Carlo, crescita e ricerca comune IL DIRETTORE GENERALE GIAMPIERO MARUGGI HA APERTO LE PORTE DELL’OSPEDALE DI POTENZA A COLLABORAZIONI DI ECCELLENZA CON ALTRE STRUTTURE E UNIVERSITA’

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avorare con il cuore, prima che con la testa”. Ne è convinto il direttore generale dell’azienda ospedaliera “San Carlo” di Potenza, Giampiero Maruggi. Per anni ai vertici di importanti istituti di credito, a marzo del 2012 è stato nominato alla guida del più importante ospedale della Basilicata. Direttore, innanzitutto i numeri del “San Carlo”. Nel 2014 abbiamo registrato un incremento degli accessi al pronto soccorso dell’8%. Le prestazioni ambulatoriali sfiorano il milione e i ricoveri chirurgici sono aumentati del 5%. Nel 2014 sono stati effettuati 80 interventi con l’ausilio della chirurgia robotica. Il dato positivo è che i pazienti provengono per la maggior parte da fuori regione è ciò conferma quanto il “San Carlo” sia sempre più apprezzato come struttura di qualità. L’azienda gode di ottima salute, abbiamo chiuso il 2013 con un utile davvero significativo. Dal suo insediamento ha sempre pensato che il “San Carlo” possa diventare il polo interregionale della sanità meridionale. Cosa è stato fatto fino a ora per raggiungere questo obiettivo? Ci siamo mossi su più fronti: anzitutto abbiamo aperto le porte del “San Carlo” a collaborazioni di eccellenza che significano crescita e ricerca comune. Per dirne una, abbiamo un’ottima chirurgia generale che è centro di riferimento per la chirurgia pancreatica e non sono molte in Italia, e men che meno al Sud, le strutture con questa specializzazioni. Tuttavia sarebbe follia pensare di poter lavorare da soli, per questo motivo abbiamo deciso di allearci con la struttura ospedaliera di Verona. Adesso a Potenza arrivano pazienti da tutto il Sud che prima erano costretti a raggiungere Verona per essere curati. Lo stesso discorso vale per l’implantologia nucleare: abbiamo all’attivo una collaborazione con la “New York University” e altre partner-

ship interessano poi il reparto di urologia e ginecologia. Le collaborazioni sono una scelta necessaria per garantire al “San Carlo” di guardare sempre avanti. Cosa rimane da fare? Il più resta da fare soprattutto per ciò che riguarda l’umanizzazione delle cure e la necessità di rendere conto ai cittadini di quanto accade e come viene gestita l’azienda. La pubblicazione del bilancio sociale è diventata da qualche anno per noi un dovere e un piacere, un appuntamento importante per raccontare in piena trasparenza ciò che si fa all’interno del “San Carlo”. Tra i suoi obiettivi c’è l’istituzione della fonda-

Il direttore generale del “San Carlo”, Giampiero Maruggi

zione “San Carlo 1810”. Di cosa si tratta? La fondazione “San Carlo 1810” si avvarrà di fondi privati e chi la gestirà lo farà solo a scopo gratuito. Abbiamo in mente una fondazione aperta che rispecchi quel principio anglosassone secondo il quale laddove il pubblico non riesce a finanziare progetti importanti, il privato può sostituirsi a esso. Andremo così incontro alla società civile parcellizzando il fondo tra cittadini, consulta del volontariato e lavoratori del “San Carlo”. Spero che la mia gestione sia ricordata per questo ambizioso progetto. Il problema più urgente da risolvere? Stiamo lavorando sui modelli organizzativi interni per migliorare il funzionamento della struttura. Abbiamo aperto ben otto cantieri di grande rilevanza. Stiamo realizzando, infatti, un nuovo padiglione, il parcheggio multipiano per 700 posti auto, 17 alloggi destinati ai familiari dei degenti, stiamo lavorando per il rifacimento del manto stradale e a breve istituiremo, per i laureati di scienze infermieristiche in Basilicata, delle borse di studio per creare la figura dell’”angelo del pronto soccorso”: uno steward che si occuperà dell’aspetto umano facendo da tramite tra il paziente ricoverato in pronto soccorso, i medici e i familiari che attendono il sala d’aspetto. Siamo intervenuti in maniera decisiva anche sulle liste d’attesa che si stanno accorciando grazie alle cosiddette classi di priorità. Una cosa di cui è particolarmente orgoglioso? Il “San Carlo” è istituzione importante e bisogna lavorare sul senso di appartenenza. Su questo registro un passo avanti che mi fa essere molto ottimista sul futuro. Quando si fa una cosa buona il risultato si vede immediatamente e confesso di non aver mai provato prima queste soddisfazioni che spesso passano per le piccole cose. Bisogna lavorare col cuore prima che con la testa. Alessandro Boccia




















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Sanità privata, sei i centri a rischio NEL MIRINO DEL “PATTO PER LA SALUTE” SEI CLINICHE PUGLIESI DI PICCOLE DIMENSIONI. SECONDO IL SINDACATO DI CATEGORIA FINIREBBERO SUI CARBONI ARDENTI ALMENO 500 POSTI DI LAVORO

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l Patto per la Salute piove come una spada di Damocle sulla sanità privata pugliese. L’atto di programmazione e di distribuzione delle risorse del governo Renzi ha messo nel mirino le cliniche private di piccole dimensioni. L’accordo raggiunto al tavolo nazionale ha imposto la chiusura delle strutture accreditate col sistema sanitario regionale con meno di 60 posti letto. Una mannaia che rischia di cancellare almeno sei centri privati in Puglia: due su Brindisi (Brodelli e Delucia), tre su Taranto (D’Amore, Santa Rita e Cittadella della carità) e una su Lecce (San Francesco). Secondo la stima dell’Aiop, il sindacato di categoria, finirebbero sui carboni ardenti almeno 500 posti di lavoro. La Regione Puglia, però, ha avviato il confronto con gli operatori del settore e le parti sociali per arginare gli effetti del tagli alle cliniche. In realtà ci sono diverse vie d’uscita, a partire della trasformazione dell’attività delle piccole cliniche in monospecialistiche (occuparsi di una sola branca di specializzazione sanitaria come la riabilitazione). In alternativa la fusione con altri centri privati più grossi per continuare l’attività. Ma bisogna far presto stante la prima scadenza del gennaio 2015 quando saranno censite dal Ministero della Salute le cliniche polispecialistiche con meno di 60 posti letto esistenti sui territori al fine di redigere la blacklist da epurare. Da quella data scatteranno due anni di tempo per mettersi in regola. Intanto la sanità privata continua a leccarsi le ferite dopo i tagli imposti dal piano di rientro nel 2013 con 300 posti letto sfrondati per adeguarsi alle misure di contenimento della spesa imposte dallo stato alle regioni in fase di risanamento.

La mappa del privato In totale il sistema privato oggi può contare su 2395 posti letto: 995 a Bari, 638 a Taranto, 406 a Lecce, 288 a Foggia e 68 a Brindisi. Nel 2014 ha visto la luce, dopo una serie di ritardi e di rinvii, la nuova Mater Day, guidata dal gruppo Cbh. Una clinica privata a cinque stelle costruito al posto dell’ex Cotugno di Bari ristrutturato che oggi è senz’altro uno dei più grossi ospedali regionali, un record nel settore privato con quasi 500 posti letto accreditati. Il frutto, questo, del maxi accorpamento di tre centri sanitari preesistenti riuniti nel maxi ospedale dotato di Pronto Soccorso, reparti di eccellenza e apparecchiature anti tumorali all’avanguardia come il Cyberknife. I tetti di spesa annuali sono rimasti invariati nel 2014. L’unico aumento ha riguardato gli enti ecclesiastici (Miulli, Panico e San Giovanni Rotondo) che hanno ottenuto un pacchetto aggiuntivo di finanziamenti stante le crisi aziendali e le difficoltà finanziarie registrate soprattutto al Miulli di Acquaviva delle Fonti. Il sistema privato pugliese ha il suo fiore all’occhiello nella cardiochirurgia, una delle migliori in Europa in base ai dati del ministero della Salute. Tra le eccellenze oltre a Bari in questo campo spiccano la clinica città di Lecce, nel capoluogo salentino, e Villa Verde a Taranto. In evidenza pure l’assistenza ortopedica e le risposte assistenziali dei pazienti acuti. Le proteste degli operatori Sono diverse e a macchia di leopardo nel territorio pugliese. A partire dalla provincia di Foggia da sempre un po’ penalizzata sulle scelte

della sanità. Non a caso si registra la dura presa di posizione di uno degli imprenditori leader nel settore privato, Potito Salatto. In cima alle criticità, sostiene Salatto, c’è la riduzione dei posti letto, il blocco delle piante organiche, l'assenza dei dipartimenti di emergenza. “Il Governo dice che bisogna ridurre le spese, e pensa di farlo iniziando dalla sanità, tagliando 25 milioni sulle cliniche private, circa il 15%, con una riduzione in provincia di Foggia del 12,5%. La spesa sanitaria è imponente, ma non viene percepita come servizio importante, viene considerata come un costo eccessivo”. Questo lo sfogo dell’imprenditore che sottolinea come invece dal privato arrivino investimenti, occupazione e indotto. In questa fase, ritiene il magnate della sanità, il sistema è in tilt. “Da due anni - sottolinea - la ASL di Foggia non fa contratti per l’assegnazione dei servizi, e questo ci penalizza tantissimo. La Regione? Un disastro: Fitto ha perso le elezioni perché ha iniziato a razionalizzare i posti letto; Vendola nel secondo mandato ha dovuto fare retromarcia con una brusca virata che ha ulteriormente complicato le cose. Solo Tommaso Fiore in questi anni ha saputo ben onorare il ruolo di assessore regionale alla salute. Elena Gentile? No comment. Solo tante idee, nulla di più. Dal nuovo assessore Pentassuglia mi aspetto un forte segnale, ma in soli otto mesi non sarà facile”. Tra le criticità gli operatori segnalano i nuovi accordi contrattuali stabiliti dalla giunta regionale lo scorso 6 agosto. Una rivisitazione che impone paletti più rigidi nei rapporti tra cliniche private e regione Puglia. Tra i vincoli il divieto di presentare ricorsi nei confronti degli atti regio-


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nali pena la perdita dei finanziamenti pubblici per rimborsi sui ricoveri e sull’attività specialistica effettuata per conto del sistema regionale. La scelta, sostanzialmente passata sotto silenzio, ha scatenato la protesta di Confindustria Taranto. Il sindacato non l’ha digerita ed è uscito con una durissima nota contro la giunta Vendola. “In attesa dell’imminente pubblicazione sul BURP dei nuovi contratti tipo con le strutture accreditate del SSR - sostiene Confindustria - appare opportuno richiamare l’attenzione dei cittadini e degli operatori del settore sulle gravi conseguenze che i provvedimenti regionali adottati lo scorso 6 agosto rischiano di procurare”. “Senza procedere con alcun tipo di confronto con le organizzazioni rappresentative degli operatori accreditati - sostengono gli industriali - così come peraltro espressamente previsto dalle norme nazionali e regionali, la Giunta pugliese ha dato il via libera a schemi contrattuali assai stringenti che impongono vincoli e prescrizioni assolutamente inconciliabili con l’ordinaria gestione aziendale. Ma soprattutto con la domanda di salute della comunità pugliese. In un momento in cui, in presenza di acclarate emergenze sanitarie caratterizzate da lunghe liste d’attesa e da nuove e complesse esigenze dei cittadini da soddisfare, occorrerebbe adottare modelli di governo della sanità pugliese flessibili e trasparenti, l’Amministrazione regionale ha scelto incomprensibilmente di percorrere la strada della rigidità dei rapporti sacrificando, in onore di un controllo della spesa comunque ottenibile attraverso differenti vie, la libertà dei cittadini e degli operatori di individuare di concerto le modalità più opportune per erogare le prestazioni sanitarie”. “D’ora in poi - segnala Confindustria - la regione fisserà periodicamente, addirittura settimanalmente, le prestazioni da erogare. Inoltre sarà impossibile nell’ambito della programmazione annuale valutare gli andamenti della domanda di salute. Non ci vogliamo certo sottrarre alla legittima verifica da parte delle Istituzioni delle nostre attività che, invece, invochiamo con forza in quanto rappresenta garanzia di trasparenza e di qualità che va a beneficio di tutto il sistema. Ma ci chiediamo come sia possibile garantire una risposta sanitaria seria ed efficace ai cittadini negando la possibilità alle strutture accreditate, quelle più vicine all’utenza finale, di modulare la propria produzione sulla base della reale domanda di prestazioni”. “Potrebbe verificarsi anche il caso limite in cui - secondo Confindustria TA - per effetto del contingentamento quantitativo e temporale delle prestazioni, il paziente debba recarsi presso più strutture accreditate per esami o prestazioni che fino a ieri, invece, poteva ricevere da un unico operatore accreditato con il SSR. Difficoltà, complicazioni e ulteriori lungaggini che si scaricano per intero sui cittadini e le strutture di cui avremmo fatto tutti volentieri a meno e che invece oggi dobbiamo subire incomprensibilmente”. Francesco Iato


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la sfida dei nuovi ospedali pugliesi IL SAN CATALDO DI TARANTO E QUELLO DI FASANO-MONOPOLI. MA ANCHE DI ANDRIA, DELLA CONCA BARESE (TRA TERLIZZI E BISCEGLIE) E DEL SUD-SALENTO (TRA MAGLIE E MELPIGNANO)

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ue nuovi ospedali, il san Cataldo di Taranto e l’ospedale di Fasano-Monopoli, avranno una corsia privilegiata nel piano dei cinque nuovi presidi previsti nella rete ospedaliera pugliese. Ridimensionati gli annunci iniziali (10 nuovi nosocomi da costruire) la regione Puglia punta a costruirli nei tempi e secondo le indicazioni dei più moderni bandi d’appalto dell’Unione Europea. Ma, nel frattempo, la giunta Vendola ha tentato di tenere insieme le nuove

opere con l’adeguamento dell’esistente. S’è dovuto fare di necessità virtù inventandosi nuovi percorsi di ingegneria finanziaria per sfruttare fondi e leggi statali, in particolare i soldi dell’articolo 20 statale e quelli della programmazione europea per ampliamenti e riconversioni della rete ospedaliera esistente. Sui fondi Ue la regione Puglia sta mettendo a punto proprio in questi giorni di settembre la nuova agenda del Programma Operativo 2014-2020. Nella torta

degli aiuti saranno inserite le buone pratiche sulle progettazioni sanitarie già adottate per la vecchia programmazione 2007-2013. In particolare sarà proseguito il piano di investimenti per la riconversione dei presidi ospedalieri dismessi e per il potenziamento delle strutture ambulatoriali e della sanità territoriale. In questo ambito sono stati già utilizzati 470 milioni nell’ultimo quinquennio, con una percentuale di spesa già certificata superiore al 60%, ben al di sopra della media nazionale. Si tratta di investimenti pubblici realizzati dalle sei ASL pugliesi nonché dall’Azienda Universitaria Policlinico di Bari e dagli Ospedali Riuniti di Foggia. 231 gli interventi finanziati nelle sei province, in larga misura utilizzati per la riconversione e il potenziamento delle strutture della sanità territoriale a seguito della cura da cavallo del piano di rientro costato la chiusura di 22 ospedali e il sacrificio di 1500 posti letto. Inoltre sono state potenziate le tecnologie a supporto delle attività di diagnostica specialistica (circa il 55% del totale), ma anche il rafforzamento dei servizi della rete ospedaliera di eccellenza e di riferimento territoriale (circa il 39% del totale). In questo quadro le risorse della finanza ordinaria - fondi ex art. 20 della l.n. 67/1988 per l’edilizia sanitaria, fondi regionali e risorse proprie dei bilanci ASL - e fondi FESR del PO 20072013 si sono incrociati rispetto ai fabbisogni dei territori. I ritmi di avanzamento della spesa, in sostanza, hanno soddisfatto le esigenze della razionalizzazione del Piano di rientro e ora si è pronti per la fase due, la razionalizzazione e il rilancio della sanità. Con l’ultima annualità europea la regione punterà a migliorare l’offerta sfruttando un tesoretto aggiuntivo da circa 80 milioni di euro di risorse FESR. Entro giugno 2015 sarà potenziata e adeguata la rete di rac-


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colta sangue nelle ASL, costruita la rete regionale per i pazienti in coma con 3 Centri per i Risvegli. Saranno acquistati i grandi macchinari e le apparecchiature di routine per le dotazioni tecnologiche e la diagnostica specialistica, infine il completamento delle riconversioni di ex presidi ospedalieri dismessi. I nuovi ospedali A tutto ciò si collegano i progetti dei nuovi ospedali. Le nuove aperture coincideranno con la chiusura di altri piccoli ospedali territoriali inutili (esiste una black list che attualmente è tenuta nei cassetti). La filosofia sarà quella di costruire nuovi ospedali di grandi dimensioni e dislocati in modo da servire con servizi ospedalieri di eccellenza aree vaste oggi distanti dai principali ospedali pugliesi. Sono 5 i nuovi grandi ospedali di riferimento aziendale che la Regione ha definito di realizzare, a partire dal nuovo grande ospedale di Taranto nella ASL TA e l’ospedale intermedio del sud-est barese tra Monopoli e Fasano nella ASL BA, entrambi già finanziati, cui seguiranno i nuovi ospedali di Andria (ASL BT), della Conca Barese tra Terlizzi e Bisceglie (ASL BA) e del Sud-Salento tra Maglie e Melpignano (ASL LE), per i quali si stanno mettendo a punto i percorsi di accesso alle risorse finanziarie. Per l’Ospedale di Taranto i posti letto saranno 715. Scorrendo le carte del progetto ci saranno 290 posti Letto chirurgici, 70 Day Hospital - Day Surgery, quattro piani fuori terra, un seminterrato per un’altezza di 22,50 metri e una superfice totale di 20.000 mq, di cui 90 mila coperta. In sostanza ogni paziente godrà di un’ampia superfice minima. 42.000

mq del progetto saranno destinati ai contenuti tecnologici all’avanguardia con grandi macchinari e spazi dedicati alla ricerca. In totale l’ospedale avrà 11 sale operatorie. Il costo totale dell’opera sarà di 207.500.000,00 euro. Ogni posto letto costerà circa 290 mila euro, mentre il resto dell’edificio avrà un valore medio di costruzione pari a 2.305,00 euro a mq. Per il nuovo ospedale tarantino si prevede una robusta dotazione di apparecchiature diagnostiche. In parte saranno sostituite quelle presenti (per metà sono già obsolete o lo diventeranno alla data di realizzazione del nuovo ospedale), nonché il contestuale potenziamento dei livelli quantitativi e qualitativi di assistenza sanitaria. Saranno acquistati tre Acceleratori lineari, una TAC Simulatore, uno IORT, predisposta una sala per il Cyberknife (la terapia tumorale a raggi laser di ultima generazione). E, ancora, due Gamma camere, una PET/TAC, tre risonanze, quattro Tac, un Angiografo Biplano e altri due Angiografi. Per le tecnologie la regione spalmerà la spesa in parte sul quadro economico dell’intervento di costruzione del Nuovo Ospedale e in parte con i maggiori finanziamenti a valere sul PO FESR 20014-2020. Altrettanto importanti sono gli impegni assunti sui tempi di realizzazione di tutte le opere. Col primo disciplinare firmato ad agosto è stata finanziata la fase di progettazione definitiva e clinico gestionale che vedrà: l’aggiudicazione entro aprile 2015 la consegna di tutti gli elaborati di progettazione definitiva entro dicembre 2015. L’ospedale sarà dotato di tutte le più moderne tecnologie per la diagnosi

e la cura in campo oncologico, sono stati già stanziati 207 milioni di euro, tra Fondo Sviluppo e Coesione 2007-2013 e fondi regionali, ed è già stata predisposta la gara per l’affidamento della fase di progettazione definitiva e clinicogestionale, che precede l’appalto integrato per i lavori. Tra 7 anni, a partire dal 1 agosto, quando vi è stata la sottoscrizione del disciplinare tra la Regione Puglia e la ASL TA, che è stazione appaltante e soggetto attuatore dell’intervento, il nuovo ospedale sarà pronto e potrà degnamente sostituire l’attuale Santissima Annunziata di Taranto, il San Marco di Grottaglie e il Moscati di Statte, con un potenziamento netto della rete ospedaliera dell’area tarantina. Per l’Ospedale di Monopoli-Fasano, di circa 300 posti letto, sono già stati stanziati 80 milioni di euro e sono in corso di avvio le procedure per l’appalto della progettazione definitiva e clinico-gestionale. Sono circa 6 gli anni richiesti per vedere la conclusione di questo intervento, destinato a sostituire l’attuale ospedale di Monopoli e quello di Fasano, ma soprattutto a riqualificare l’offerta ospedaliera nell’area intermedia tra Bari, Brindisi e l’area interna pre-murgiana, che è oggetto di imponenti flussi turistici per metà dell’anno. Attualmente è stato individuato il terreno, a ridosso della statale 16, tra Monopoli e Fasano. Gli enti locali e i comitati cittadini si stanno muovendo per condividere le scelte, ma non sarà facile stante le prime polemiche sul nome e sulla localizzazione che sta scatenando a Monopoli l’ennesima dura battaglia degli ambientalisti. Francesco Iato




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4,4 miliardi per la Tav Bari-napoli FONDI SBLOCCATI GRAZIE AL DECRETO “SBLOCCA ITALIA”, PER FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA DEL MEZZOGIORNO. A PATTO, PERO’, CHE IL CANTIERE PARTA ENTRO IL 1 NOVEMBRE 2015

ra le “opere cantierabili da subito”, per le quali sono state trovate le risorse, anche se raschiando il fondo del barile, il Fondo sviluppo e coesione e fondo revoche, c’è l’Alta velocità Napoli-Bari, per cui sono stati stanziati 4,4 miliardi di euro su 6,7 di valore totale. A patto che parta il cantiere entro il 1 novembre 2015. Oltre i dieci mesi, la pena di perdere i finanziamenti. 3,8 miliardi sono destinati per 600 milioni allo sblocco delle piccole opere segnalate dai sindaci e per i 3,2 miliardi alle “grandi opere cantierabili da subito”, tra cui la ferrovia Bari-Napoli, grazie al decreto “Sblocca Italia” varato dal Consiglio dei ministri. Insomma, nuove norme che sbloccano opere già finanziate per far aprire prima i cantieri: tant’è che l’alta velocità Napoli-Bari avvierà i lavori a novembre 2015 anziché gennaio 2018. Per la realizzazione dell’opera, e per garantire tempi certi, la nomina a commissario, dell’amministratore delegato di Fs, Michele Mario Elia. Ad annunciarlo, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi che vede come punto principale e simbolo dello Sblocca Italia la realizzazione dell’Alta velocità Bari-Napoli. Il presidente del Consiglio regionale Onofrio Introna accoglie con soddisfazione l’anticipo a novembre 2015 del cantiere sulla tanto attesa linea ferroviaria. “Finalmente il governo Renzi ha accolto le esigenze che da tanti anni sono poste con forza dal Consiglio regionale e dall’intera comunità pugliese”, sottolinea Introna. “Non dovremo attendere il 2018 - aggiunge - per il via

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ai lavori che consentiranno di velocizzare il trasporto ferroviario sull’asse appenninico meridionale. Si avvicina la prospettiva di collegamenti più rapidi su rotaie da una capitale all’altra del Sud continentale, essenziali non solo per la Puglia, ma per tutto il Meridione, perché una ferrovia moderna tra Tirreno e Adriatico, concorrerà a colmare ritardi infrastrutturali storici del Mezzogiorno e offrirà uno strumento per affrontare la sfida all’emarginazione e le battaglie per la ripresa economica e il rilancio”. E sì, perché la Tav tra Napoli e Bari la vogliono davvero tutti, in quanto viene vista come l’unico modo utile per far ripartire l’economia del Mezzogiorno d’Italia. Era settembre 2006 quando il progetto è stato approvato dalle autorità competenti, Regione Puglia, Regione Campania, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ferrovie dello Stato ed RFI. Sono passati otto anni dalla firma del protocollo d’intesa e a complicare le cose, un’azienda che ha vinto l’appalto per il raddoppio della Cervaro-Bovino (150 milioni di euro di cui circa 90 già spesi) e che doveva essere ultimato entro giugno 2014, ma da dicembre in amministrazione controllata e impossibilitata a proseguire i lavori, tant’è che RFI si è trovata costretta a disdire il contratto e così il progetto è bloccato a quattro chilometri dalla conclusione su 23 complessivi, con il via a un nuovo riappalto e con conseguenti lungaggini. Stando così le cose, la conclusione dei cantieri ha uno slittamento di un anno. Il termine del progetto com-

plessivo dell’Alta capacità sarebbe previsto per il 2028. A oggi Napoli e Bari, distanti circa 300 chilometri, si possono raggiungere con il treno più veloce in quasi quattro ore. Con la nuova linea ci vorrà un’ora e cinquanta per collegare le due città del sud mentre Roma sarebbe distante dal capoluogo pugliese solo tre ore. Con la realizzazione di questa linea si potrebbero liberare le strade ferrate secondarie campane e pugliesi, con un’uscita a Foggia, poco prima dell’ingresso dell’Alta Velocità sulla linea Adriatica. Per l’opera di 30 chilometri del raddoppio della Frasso Telesino-Vitulano, sbriciolata in mini appalti, e da 730 milioni che rappresenta il cuore del progetto dell’alta capacità ferroviaria, in quanto permetterà di andare dalla Puglia a Roma senza cambiare, 100 milioni che mancavano per realizzare il primo lotto, sono stati inseriti nella legge di Stabilità con previsione dell’approvazione del progetto definitivo entro il 30 settembre 2014. Si è sempre ritenuto che collegare insieme alcune tra le città più importanti del mezzogiorno, Napoli, Foggia, Bari avrebbe garantito la nascita di un tessuto sociale ed economico molto forte che avrebbe contribuito a superare il gap infrastrutturale del meridione rispetto al nord Italia. Le lungaggini hanno modificato il progetto, ma ora, dopo l’iniziativa del ministro Lupi sul decreto Sblocca Italia relativo alle infrastrutture, si spera che possa essere recuperato il tempo perduto. Alessandra Lofino





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Più investimenti uguale più turismo LA RICETTA DEL DIRETTORE DI AEROPORTI DI PUGLIA MARCO FRANCHINI: C’È DINANZI A NOI UNO SPAZIO DI CRESCITA IMPORTANTE CHE HA BISOGNO DI UN CONTINUO CIRCOLO VIRTUOSO

Traffico Non si ferma la crescita degli aeroporti pugliesi. Lo dicono i dati, gli ultimi, relativi al traffico passeggeri dei primi otto mesi dell’anno, hanno il segno più, nonostante i lavori in corso, e le polemiche sulla gestione, riproposte a cadenza regolare. Passando dal trend ai numeri, nei primi otto mesi del 2014, i passeggeri in arrivo e partenza dagli aeroporti di Bari e Brindisi sono stati 3.902.770, ossia il 3,2% in più rispetto allo stesso periodo del 2013 (3.782.333). Il segno più riguarda tutte le componenti di traffico aereo: i maggiori incrementi sono stati quelli dei charter (+17%) e delle linee internazionali (+5,4%), più modesto il 2,1%, in più registrato dalle linee nazionali. Traina il dato complessivo, la performance dell’aeroporto del Salento: a Brindisi, l’incremento registrato è stato dell’8,3%, e cioè i 1.172.068 passeggeri dei primi otto mesi del 2013, sono diventati 1.359.239, quest’anno. Il traffico di linea è cresciuto del 8,3%, e ancora più sensibilmente sulle linee internazionali: +9%, mentre sfiora il 75% l’incremento del traffico charter, passato dai 16.865 passeggeri dei primi otto mesi 2013 ai 29.642 di quest’anno. Pressoché stabile il dato riferito al Karol Wojtyla di Bari, con un incremento del traffico nei primi otto mesi dello 0,3%. In termini reali, i 2.423.094 passeggeri dei primi otto mesi del 2013, sono diventati 2.430.702 nello stesso periodo di quest’anno. Anche in questo caso, svetta la crescita del traffico di linea internazionale (+4,2%). Dati incoraggianti, che il direttore di Aeroporti di Puglia, Marco Franchini, spiega così: “I dati di traffico au-

mentano per effetto delle politiche regionali di incentivazione, ma anche per la nostra scelta di destinare, gran parte dei ricavi, al consolidamento delle linee ritenute decisive - quelle che collegano la Puglia con le destinazioni europee dove il Pil è più alto, in Germania - Stoccarda, Dusseldorf e

Il direttore di Aeroporti di Puglia, Marco Franchini

Francoforte - in Inghilterra, Francia e Spagna oltre agli hub strategici come Monaco, che ci consentono di raggiungere 650 destinazioni nel mondo, senza transitare da Roma e Milano. Un sostegno diretto: “nel nostro bilancio, parte dei ricavi che derivano dagli oneri di assistenza a terra, che pagano le compagnie, vengono reinvestiti – restituiti alle compagnie - sotto forma di promozione del territorio”. Ma aeroporti di Puglia punta a nuovi hub alternativi a quelli classici continentali, per la prosecuzione nel Far East: “L’obiettivo - spiega Franchini - è lavorare sull’incoming di quei Paesi. E dunque a breve la Puglia potrebbe essere collegata a Istanbul dalla Turkish Airlines, e da lì a Singapore e Taiwan. Altri sviluppi riguardano i collegamenti per Dubai e Abu Dhabi”. Lavori “Lo sviluppo commerciale e delle rotte, va di pari passo con quello delle infrastrutture e della formazione del personale”, precisa Franchini. “Nel nostro settore gli standard di qualità si raggiungono anche attraverso la formazione costante e l’attenzione alle esigenze del personale e alla qualità dell’ambiente”. Al Karol Wojtyla di Bari, sono in via di ultimazione i lavori di ampliamento dell’aerostazione passeggeri. La nuova ala si sviluppa per circa 13.000 metri quadrati. Con l’ampliamento, verranno realizzati ulteriori spazi commerciali e, da punto di vista operativo, ulteriori sei gate di imbarco. L’aerostazione sarà anche predisposta per l’installazione di altri due finger, che danno accesso diretto agli aerei.


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La realizzazione della nuova ala est dell’aerostazione passeggeri, nelle intenzioni di Adp, oltre a qualificare servizi e aree a disposizione dei passeggeri, si caratterizza per le soluzioni tecnologiche adottate in materia di risparmio energetico e sostenibilità ambientale. Attraverso l’utilizzo di sistemi di facciata a doppia pelle, impianti elettrici eco-efficienti, pannelli fotovoltaici integrati nelle facciate e sulle coperture, regolazione dell’impianto di climatizzazione integrato alla vegetazione interna, si utilizzeranno fonti alternative, si ridurranno le dispersioni energetiche e gli sprechi nell’uso di energia termica e elettrica. Anche a Brindisi, sono in corso i lavori per il raddoppio dell’aerostazione, l’ampliamento del piazzale per la sosta degli aeromobili, con il miglioramento del sistema di atterraggio sulle due piste perpendicolari, la riqualificazione del distaccamento vigili del fuoco e l’ampliamento sale d’imbarco. In corso progettazione collegamento metro bus tra aeroporto e stazione ferroviaria. Ma la promozione riguarda tutti gli scali, precisa Franchini, nel rispetto del Piano nazionale, all’interno del quale la pianificazione regionale deve muoversi. Se Bari è aeroporto di interesse strategico, e Brindisi di interesse nazionale, Grottaglie ha la specificità del traffico cargo, ma non solo. Per disposizione dell’Enac, infatti, l’aeroporto “Marcello Arlotta è qualificato per svolgere la funzione di piattaforma logistica integrata per l’attività di sviluppo, ricerca e sperimentazione di prodotti aeronautici”. Dunque, sottolinea Franchini, sarà sede dell’attività sperimentale per i velivoli a pilotaggio remoto. “Il distretto dell’aeronautica ben radicato sul territorio, insieme al turismo, sono leve di sviluppo importanti per l’indotto”. Ma il piano non esclude il traffico passeggeri. “E non lo escludiamo neanche noi”, chiarisce Franchini. “E’ opportuno, però, che l’azienda venga gestita secondo sani principi di equilibrio finanziario: non possiamo, quindi, dare, corso a progetti che non abbiano autonomia dal punto di vista economico”. Anche per Foggia, aeroporto di interesse regionale, ci sono dei progetti. Quello per il prolunga-

mento delle piste, è già stato aggiudicato ma si attendono il giudizio di compatibilità con la norma sugli aiuti di Stato dall’Europa, e la Valutazione d’impatto ambientale dal Ministero. “Siamo fiduciosi - anticipa Franchini - sulla riattivazione dei collegamenti”. Presto potrebbero essere operativi quelli giornalieri della Blue Wings Air per Milano Malpensa. In sintesi, “un’economia diviene turistica quando riesce ad attrarre non solo persone ma anche investimenti, allora il processo si consolida e diventa strutturale, non si è più dinanzi a una breve moda vacanziera. Fino a pochi anni fa, la capacità attrattiva delle Puglia derivava principalmente dalle sue risorse naturali. Oggi la qualità

dei servizi e delle infrastrutture è cresciuta. C’è ancora tanto da fare, c’è dinanzi a noi uno spazio di crescita importante che ha bisogno di un continuo circolo virtuoso: più investimenti uguale più turismo. In questo quadro e con questa impostazione si muove la strategia di crescita della società aeroporti di Puglia”. Una crescita che Adp intende sostenere puntando anche sul low cost che tantissimo ha dato in questi anni, ma non solo: in quest’ottica rientrano i nuovi collegamenti extraeuropei di cui abbiamo parlato. Siamo convinti che tutto ciò favorisca anche l’arrivo di investimenti in Puglia, essenziali per diversificare l’offerta turistica su segmenti di clientela alti.











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almo esporta il Made in Puglia IL FINALISTA DI MASTERCHEF PORTA IN GIRO PER IL MONDO I PROFUMI E I SAPORI DELLA TERRA PUGLIESE. LE PROSSIME TAPPE DELLA SUA “MISSIONE” A CHICAGO, TOKYO E BEIRUT

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l territorio pugliese non ha nulla da invidiare alle altre regioni. Siamo noi a dover valorizzare i nostri prodotti. Io ho già cominciato a farlo dalla cucina di Masterchef”. E Almo Bibolotti, finalista del noto reality show, continua questa sua missione in Italia e in giro per il mondo. Ma cosa bolle in pentola? Abbiamo ha incontrato il 39enne di origine barese allo stand di Selezione Casillo e Agricola del Sole a Cibus, l’importante fiera enogastronomica che si è svolta a Parma dal 5 all’8 maggio. “Sono ospite del grande Mimmo Casillo con cui sto sviluppando un progetto. Sono orgoglioso di rappresentare la Puglia. Selezione Casillo rappresenta un’eccellenza per le semole pugliesi”, dice Almo che durante il suo cooking show ha preparato per i visitatori della fiera un classico della cucina pugliese: orecchiette di grano arso con ricotta marzotica e rucola, “un piatto tipico che esalta i prodotti della nostra terra”. La vita di Almo è decisamente cambiata. Una domanda che gli avranno posto sicuramente in tanti,

ma doverosa dopo il grande successo di Masterchef. Federico e polemiche a parte, Almo ora pensa alla sua carriera e a portare alta la bandiera italiana e il made in Puglia anche all’estero. “Sto girando tanto - racconta Sto facendo tutto quello che non ho fatto dopo aver aperto il mio dog hotel. Ora sono sempre in giro tra eventi e ospitate in ristoranti dove presento menu gourmet”. All’orizzonte si stanno aprendo anche panorami internazionali. “Sono in programma esibizioni oltre i confini nazionali - ci confida A breve sarò a Chicago, Tokyo e Beirut. Inoltre ci stiamo organizzando per gettare le basi su un discorso di ristorazione. Mi sono arrivate proposte concrete da Londra, Mumbai e Dubai. Insomma, un periodo ricco di impegni e soddisfazioni”. E le soddisfazioni più grandi gli arrivano proprio dalla gente comune, da chi lo ha sempre sostenuto. “Sono entrato nel cuore di tutti gli italiani e di chi mi ha seguito. Non tanto come personaggio televisivo ma soprattutto come Almo. Almo è quello che è sempre stato. Continuo ad esserlo e sto con i piedi per terra - dice - Adoro stare con la gente e continuerò a farlo, tanto più con le persone che mi hanno sostenuto e seguito in questa lunga avventura”.

Ma a una persona che non è mai stata in Puglia che cosa consiglia di assaggiare Almo Bibolotti? “In Puglia si deve provare tutto, pesce, carne, formaggi, vini. C’è solo l’imbarazzo della scelta… Consiglierei di fermarsi più giorni per avere la possibilità di poter degustare più prodotti possibili”. Gianvito Magistà


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il sale pugliese protagonista al Cibus IL VINCITORE DELLA TERZA STAGIONE DI MASTERCHEF FEDERICO FRANCESCO FERRERO, NE HA RACCONTATO SEGRETI E PECULIARITÀ AL SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE

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ale, sole e sapore. A volte bastano pochi ingredienti e semplici per fare di una ricetta una grande emozione. Sono quelli di Cuor di Mare, il sale marino e x t r a ve r g i n e 100 per cento di Atisale. E li racconta Federico Francesco Ferrero, visionario del gusto, nostalgico dei sapori, innamorato della Puglia e dell’Egeo. Il medico chirurgo e nutrizionista, vincitore della terza stagione di MasterChef racconta la sua esperienza, i suoi ricordi pugliesi e il suo libro, nel quale ha racchiuso passione e ricette. La Salina è situata su una pianura del Tavoliere delle Puglie che si affaccia sul Mar Adriatico. È la più grande d’Italia e una delle più vaste dell’intero bacino mediterraneo. Federico l’ha visitata tre anni fa. Una riserva naturale per fenicotteri rosa, pesci e vegetali in via di estinzione. Un rigoglioso ambiente incontaminato nel cuore dell’incantevole panorama pugliese di Margherita di Savoia che gli è “rimasto nel cuore”. “Sono qui - ha spiegato durante l’ultima edizione del “Cibus” di Parma - per raccontare una storia che ho vissuto personalmente. È una bellissima oasi naturale dove si possono trovare gamberetti rossi alofili che vivono nell’acqua molto salata, vengono mangiati dai fenicotteri che a loro volta assumono il loro tipico colore rosa. È un luogo incredibile, dove cresce la salicornia e dove vivono molte specie di uccelli marini. E pensate che il lavoro si fa ancora a mano, dal 200 a.C.. Insomma, un posto magico”. Della Salina ne parlò anche Plinio il Vecchio. “Il sale che si raccoglie è molto sapido, molto persistente con un finale dolce. Ha un’alta solubilità nonché un maggiore potere salante rispetto al salgemma”. A pochi mesi dal lancio sul mercato Cuor di Mare, di cui esiste anche la versione iodata, ha ricevuto il premio internazionale “Eletto Prodotto dell’Anno” per la categoria prodotti da

condire. Viene raccolto attraverso un processo di estrazione naturale e tradizionale che rende il sale unico per la sua sapidità autentica e per la complessità degli elementi che lo differenziano da tutti gli altri tipi di sale. A Federico piace viaggiare. Viaggiare tra i sapori attraverso ricette da provare e da rielaborare. Il suo libro “Missione leggerezza” è proprio questo. Una conversazione sul cibo tra intense suggestioni e immagini evocative. Un libro riccamente illustrato con tutti i piatti vincenti della sua sfida televisiva e numerose varianti vegane delle ricette proposte. E se si parla di leggerezza il suo pensiero vola alla

Puglia. “È una regione straordinaria. Avete il miglior pesce d’Italia e una cucina di verdure che io amo. Quando la verdura incontra il brodo e la pasta, scatta una magia che c’è solo in Puglia”, dice. Nel suo libro c’è un intero capitolo sull’Egeo. “Sono isole dove vado spesso, dove nasce la cucina della Bibbia, della poesia ellenistica, di pochi prodotti ma semplici, sole, grano, formaggio fresco di capra, olio ed erbe spontanee, miele, vino e null’altro. E tutto questo precisa Federico passa in Puglia”. E racconta che il pomodoro cominciò a prendere piede solo verso la seconda metà del 1600. Presto, la coltivazione dell’ortaggio si diffuse a macchia d’olio e, trovando le condizioni climatiche più favorevoli, il pomodoro modificò la propria veste da giallo dorato, il “pomo d’oro”, all’attuale rosso rubino. “Da tutto questo nasce la cucina italiana - continua Federico - La cucina pugliese è l’antica cucina greca, quella del mondo da dove noi tutti veniamo. La pasta che avevano già i greci, seppure in altre forme, era molto brodosa, cucinata con verdure spontanee, come per esempio il cavolo, con un po’ di olio e formaggio di capra. Sono cibi ancestrali che ci riportano indietro nel tempo e che sono straordinariamente sani, a cui si aggiungono legumi e il vostro meraviglioso pesce. Pesce che, però, non faceva parte delle isole greche che, come la Sardegna, erano zone dedite alla pastorizia e non esisteva la cultura della pesca. I mercanti, invece, portarono in Puglia un prodotto da forno buonissimo, il ‘ntakos’, un pane integrale biscottato e secco che oggi tutti noi conosciamo come frisella. Quando nel forno c’era già stata la prima cottura, con il calore residuo si infornava e poi si tagliava a metà con n filo. Veniva quindi fatto un buco in modo da poter essere appeso alle navi. Era particolarmente disidratato e non ammuffiva”. Per assa-


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porare al meglio la frisella, suggerisce il vincitore di Masterchef, occorrerebbe immergerle in acqua di mare, proprio come facevano e fanno ancora i pescatori. “E sopra… verdure e un filo d’olio. Una volta si aggiungeva ricotta e origano selvatico. Questa è la dieta mediterranea, frugalità e cereali integrali”. Federico non viene spesso in Puglia. “Purtroppo”, ammette. E spiega che “la memoria del cibo è legata al ricordo sì del sapore ma anche dell’immagine”. “Memorizzo il gusto. Immagino i piatti prima di prepararli e assaggiarli. Tutti i piatti che ho fatto a Masterchef non li avevo mai cucinati prima. Avevo invece associato il sapore all’immagine”. E a proposito di emozioni del cibo, ricorda ancora la nonna di una sua amica che lo ospitò a Lecce. “Con grande umiltà si mise a impastare la semola e a prepararmi le orecchiette. Ricordo il profumo del broccolo, l’acciuga, un brivido d’aglio, l’olio, l’orecchietta scolata e adagiata in quella zuppiera bianca decorata di blu con il gallo. Ricordo il vento sulla terrazza, un vento di Marrakesch, c’era aria d’Africa. La vostra Puglia è straordinaria”. Gianvito Magistà








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ilva, cercasi acquirenti per il rilancio AL MOMENTO HANNO MANIFESTATO UN INTERESSE CONCRETO ALL’ACQUISTO IL GRUPPO FRANCO-INDIANO “ARCEROL-MITTAL”, GLI INDIANI DI “JINDAL” E GLI ARABI DI “EMIRATES”

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a due anni a questa parte - dal momento in cui deflagrò l’inchiesta della magistratura ionica, a tutela di ambiente e salute - sul presente e sul futuro dello stabilimento ILVA di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa, incombe un grande punto interrogativo. Un’incertezza fatta di paurosi cali produttivi e di perdite di quote di mercato nazionale e internazionale. L’acciaio tarantino, fino a qualche anno fa il miglior prodotto, che dominava sulla scena per quantità e qualità, rischia di scomparire. Benché - come è noto - la siderurgia e il Gruppo ILVA, in particolare, siano considerate dal governo attività e im-

presa strategiche per l’economia nazionale. Ma le leggi e i vincoli europei, nonché il grave momento di crisi, non consentono un intervento economico diretto dello Stato. Intervento economico che va finalizzato all’ammodernamento degli impianti e quindi a renderli compatibili con la salvaguardia dell’ambiente e della salute come disposto dall’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) - nonché alla ripresa produttiva a regime, attraverso il superamento dell’attuale crisi di liquidità e di mercato. Necessitano, in totale, almeno tre, quattro miliardi di euro nei prossimi due, tre anni. Risorse che non ci sono.

Intanto, per disposizione ultima di legge, l’ILVA è commissariata e gestita - ancora per un anno - da un commissario di governo, Piero Gnudi, che ha preso il posto - nell’amministrazione straordinaria pro-tempore - della famiglia Riva, proprietaria dal 1994, quando acquistò dall’IRI. La famiglia varesina (morto il capostipite e fondatore Emilio, latitante il primogenito Fabio, a Londra in attesa di procedimento per eventuale estradizione) potrà rientrare in possesso degli impianti - che restano di proprietà - allo scadere della gestione commissariale e a precise condizioni di gestione operativa. Un’ipotesi, quella del rientro dei Riva, che sembra essere remota. Perché, al di là delle intenzioni a proseguire in questa impresa, deve ancora avviarsi la fase dibattimentale del maxi processo per disastro ambientale, in attesa che la Cassazione decida la sede giurisdizionale (tra Taranto, sede naturale, e Potenza, in sostituzione) a seguito di un ricorso della difesa per presunta incompatibilità ambientale. Di fatto, però, sino a questo momento, la famiglia Riva non ha ufficializzato la volontà di vendere, restando in attesa degli eventi. E in attesa degli eventi l’acciaieria ionica è al minimo produttivo di tutti i tempi. Basti pensare che fino al 2010 si producevano oltre nove milioni di tonnellate di acciaio annue e che quest’anno la produzione si attesterà intorno ai quattro milioni e mezzo. Esattamente la metà, quindi. E non è tutto. Mentre in passato l’azienda registrava in bilancio utili consistenti, in questo momento la gestione dello stabilimento di Taranto è in perdita per circa cinquanta milioni al mese, che in un anno fanno 600 milioni di rosso! E questo accade perché l’acciaieria funziona al minimo delle sue potenzialità, tanto per i lavori di ristrutturazione in corso (sebbene questi lavori vadano a rilento e facciano registrare grandi ritardi ri-


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spetto al cronoprogramma AIA), quanto per ridurre al minimo le emissioni inquinanti e anche per oggettive difficoltà a stare sul mercato. Infatti i sequestri disposti lo scorso anno dalla magistratura - anche sui prodotti finiti, considerati corpo di reato - hanno fatto allontanare gli acquirenti nazionali e internazionali. Fette di mercato perse, un mercato sul quale è difficile rimettersi in linea. Tengono, fino a questo momento, i livelli occupazionali diretti. In ILVA a Taranto lavorano 11.200 dipendenti, dei quali solo un migliaio sono temporaneamente in CIG. Di mese in mese, però, c’è il rischio del mancato pagamento degli stipendi e dei premi di produzione, a causa della crisi di liquidità. Crisi di liquidità che ricade tutta, invece, sulle imprese dell’indotto che vantano crediti da mesi e - di conseguenza - non pagano i salari ai dipendenti, per un totale di circa cinquemila unità. Una boccata di ossigeno è arrivata dalla concessione di un prestito-ponte da parte delle banche, che lo hanno concesso solo a fronte di ampie garanzie da parte del Governo. Si è trattato, però, di un prestito risicato, rispetto alla richiesta fatta dal commissario straordinario: solo 250 milioni di euro, in due trance da 125, a fronte di una richiesta pari a 650 milioni. La somma ottenuta da Gnudi sarà sufficiente a tamponare la situazione solo per qualche mese, poi si vedrà. Intanto c’è da dire che il prestito concesso dalle banche come decisione in se stessa, più che per la quantità - ha dato una certa fiducia ai possibili acquirenti dello stabilimento ionico. E a questo punto si potrebbe aprire un nuovo capitolo, il capitolo del futuro dell’ILVA di Taranto. Al momento i pos-

sibili acquirenti che hanno manifestato un interesse concreto all’acquisto sono tre: il gruppo franco-indiano “Arcerol-Mittal”, che ha già visionato gli impianti inviando nel capoluogo ionico i suoi tecnici, gli indiani di “Jindal” e gli arabi di “Emirates”. La possibile trattativa, ancora in fase embrionale, è comunque un po’ più avanzata con Arcerol-Mittal. Buona l’impressione che i tecnici del gruppo hanno ricevuto visionando gli impianti. Pensavano di trovare un rottame hanno detto - dopo tutto quello che si era sentito attraverso i mass media nei mesi scorsi. Invece hanno giudicato l’acciaieria ionica di buon livello, soprattutto a fronte delle modifiche già apportate e in previsione di quelle che seguiranno. Un interesse, questo, che induce all’ottimismo. E’ quanto sostiene il commissario Gnudi, rimarcando che l’Ilva “è un impianto efficiente e così riteniamo di poter trovare un acquirente all'altezza”. Nessuna previsione sui tempi (“Non dipende da me”, aggiunge Gnudi), ma certo non si può attendere all’infinito, tanto più che Arcelor Mittal intende presentare il suo piano industriale entro la fine di settembre. Un passo alla volta, quindi, l’acciaio di Taranto prova a scrollarsi di dosso i suoi guai, mettendo a punto un percorso di risanamento che poggia sul sostegno delle banche e, ancor più, su un piano di risanamento ambientale che possa consentire al gruppo di continuare e produrre nel rispetto delle norme. “Non ci sono rischi. L’Aia sarà completata all’80% entro il 30 agosto 2015 come previsto. Ce la facciamo”, conferma ancora Gnudi, replicando ai dubbi - sollevati per lo piu’ dagli ambientalisti - sul completamento del-

l’Aia. Siamo dunque in un momento delicato. Un momento di transizione, in una situazione di fragilità dell’acciaieria più grande d’Europa. E a questo proposito non mancano i pessimisti, che considerano l’interesse degli acquirenti piu rivolto alle quote di mercato - quelle che restano al momento - che non all’impianto produttivo. Cioé c’è chi teme che l’acquisto sia finalizzato alla chiusura, togliendo definitivamente dal circuito dell’acciaio quella che per anni è stata una delle aziende leader mondiali del settore. Ma a questo proposito sono ben note le condizioni poste da governo e sindacati per arrivare a un’intesa con il nuovo proprietario: risanamento ambientale e salvaguardia dell’occupazione. A queste condizioni, sostiene il governo, l’Italia potrà essere protagonista della scena siderurgica, al di là di chi abbia la proprietà del capitale. “Il nostro obiettivo è difendere l’industria siderurgica italiana e l’occupazione che garantisce spiega il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, che viene dal mondo delle imprese e ben ne conosce le dinamiche - poiché l’acciaio è una produzione essenziale per l’economia nazionale alla quale il Paese non può in alcun modo rinunciare. Sul fronte dell’Ilva - prosegue il ministro - grazie all’azione condotta dal commissario Piero Gnudi e dalla nuova squadra manageriale è stato raggiunto un accordo con il sistema bancario che consente la prosecuzione dell'attività dell’ impianto siderurgico italiano, rendendo altresi’ possibile continuare la ricerca di un forte partner in grado di sostenere gli ingenti investimenti necessari al suo rilancio”. Francesco Persiani






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Xylella, il killer che minaccia gli ulivi IL BATTERIO HA INFETTATO OLTRE 23MILA ETTARI DI ULIVETI IN SALENTO E DALL’EUROPA SONO SUBITO PIOVUTE DIRETTIVE PER EVITARE LA SUA DIFFUSIONE NEGLI ALTRI PAESI DELL’UNIONE

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on solo danno di immagine all’economia salentina. Il batterio della Xylella ha infettato più di 23mila ettari di uliveti, danno che rischia di mettere in ginocchio una delle aree in cui si concentra una buona parte della produzione nazionale. Già nel mese di ottobre 2013, l’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia, nell’ambito delle proprie attività di controllo, ha riscontrato nella provincia di Lecce, su alcune specie vegetali e in particolare su olivo, la presenza del batterio xylella fastidiosa, patogeno da quarantena. Immediata la notifica da parte dell’Italia agli Stati membri e alla Commissione europea della presenza dell’organismo patogeno nel proprio territorio in due aree separate della provincia di Lecce. Questa, la prima volta che si è confermata la presenza dell’organismo nel territorio dell’Unione. Subito dopo, hanno cominciato a circolare voci e una domenica di novembre 2013 tanti cittadini sono andati nelle aree, dette “d’insediamento”, considerate zone con la massima pesantezza del fenomeno. In quei luoghi hanno trovato alberi d’ulivo che nei mesi precedenti avevano perso le foglie, in pieno vigore rigenerativo. Si trattava di uliveti che non avevano subito nessun intervento curativo, potatura o trattamenti specifici. Peccato che i tecnici chiamati in una sorta di “call” alle armi, dopo solo pochi giorni di sopralluogo, avevano dato per spacciate le piante di ulivi, con l’esigenza di eradicarle tutte. Terreni dati per contaminati, anche se, poi, proprio in quella “zona rossa”, alcune varietà di olivo, non hanno mai presentato alcun disseccamento. Inoltre, non sempre

con l’eradicazione si raggiunge l’obiettivo prefissato. A volte è più probabile che arrechi danni ai coltivatori visto che verrebbero tagliate piante potenzialmente produttive. Il prospetto è stato devastante sin dall’inizio: si parlava di 600mila alberi d’ulivo, più mandorli e altre specie su cui potenzialmente sarebbe potuta vivere la xylella. Dalla scoperta dell’esistenza del batterio killer, in circa nove mesi, si sono chiamati a raccolta numerosi tecnici per avviare le verifiche in campo, il monitoraggio delle aziende colpite dal batterio, del numero di alberi e delle varietà maggiormente aggredite dalla malattia, “i cui effetti - dichiara in un comunicato la Coldiretti - si stanno vedendo ora, ma il contagio risale ad almeno due anni fa”. Misure d’emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione del batterio, in seguito al monitoraggio del territorio, il prelievo di materiale vegetale da sottoporre alle analisi di laboratorio e l’abbattimento delle piante risultate infette, sono state previste con una delibera di giunta regionale del 29 ottobre 2013, in condivisione con la Commissione Europea e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Esiti positivi, cioè, dell’assenza del batterio killer, si sono avuti nelle province di Brindisi e Taranto. Nel mese di novembre, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, al fine di garantire che la xylella non si diffondesse nel resto dell’Unione, ha imposto il divieto di circolazione in uscita da zone che potrebbero contenere piante infette. Scattato, in seguito, il piano di monitoraggio su tutto il territorio regionale che, per avere esiti

più precisi, è stato suddiviso in maglie, all’interno delle quali sono stati effettuati campionamenti di materiale vegetale da piante ospiti della Xylella fastidiosa, sottoposti a specifiche analisi fitosanitarie presso laboratori accreditati dalla Regione Puglia. I dati tecnici e scientifici disponibili e le indagini delle autorità italiane hanno poi confermato che alcune piante sono ospiti dell’organismo patogeno. Nel mese di aprile 2014 sono iniziate le attività di eradicazione degli olivi, in accordo con il comitato istituito dall’Unione Europea per far fronte all’emergenza xylella. Tre mesi dopo, la Commissione Europea ha adottato una nuova decisione relativa alle misure per impedire l’introduzione e la diffusione nell’Unione europea del batterio. Inoltre, nello stesso mese di novembre, la Regione Puglia ha pubblicato le linee guida per il contenimento della diffusione del batterio sub specie pauca del ceppo CoDiRo e la prevenzione e il contenimento del complesso del disseccamento rapido dell’olivo. Per quel che riguarda le risorse finanziarie, a dicembre scorso, nella legge di stabilità 2014, sono stati stanziati cinque milioni di euro per il potenziamento del servizio fitosanitario nazionale e per il potenziamento dei sistemi di monitoraggio e controllo. È stata fatta una stima, inoltre, dei danni per un’azienda di medie dimensioni pari a 125mila euro. La xylella, oltre a non aspettare i tempi della politica, continua a propagarsi a causa delle calde temperature. Intanto, gli imprenditori olivilicoli pugliesi hanno bisogno di certezze. Alessandra Lofino



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Un piano per debellare il batterio IL “CASO XYLELLA” HA ASSUNTO PROPORZIONI INTERNAZIONALI. PER ESTIRPARLO SI ABBATTERANNO GLI INSETTI VETTORI, SI ESTIRPERANNO GLI ULIVI INFETTI E SI POTENZIERANNO I CONTROLLI NEI VIVAI

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l’ultima ed estrema soluzione, quasi del tutto tramontata, l’eradicazione degli ulivi salentini colpiti dal batterio killer, la xylella fastidiosa, e che si trovano nell’area dichiarata infetta. E’ diventata ormai una questione nazionale, non solo più della Puglia, tanto da aver esteso il monitoraggio ad un’area più vasta e ad aver allargato a figure professionali il comitato scientifico. Una task force di esperti di tutto il mondo, quindi, convocati dal ministro delle politiche agricole Maurizio Martina che ha rimesso in discussione le direttive della Ue, fissate nella decisione del 23 luglio scorso e che “si è detto disponibile - spiega Fabrizio Nardoni, assessore alle risorse agroalimentari della Regione Puglia - a sostenere la nostra battaglia contro la decisione assunta dalla Commissione Europea a Bruxelles”. Nardoni sottolinea come questo sia un passaggio importante che vede la Puglia difesa a spada tratta non solo nel comparto produttivo, ma anche per quel che riguarda l’immagine stessa della terra pugliese. In tutti i modi, si è parlato di un decreto sull’emergenza Xylella, che non ha preso subito i voti, la cui soluzione è stata sostituita dall’incontro del 15 settembre del comitato fitosanitario nazionale. Una decisione presa a tavolino al termine del vertice che si è tenuto al Palazzo dell’Agricoltura di Roma, tra il ministro Maurizio Martina, l’assessore pugliese Fabrizio Nardoni e i tecnici dell’Osservatorio fitosanitario regionale per affrontare il “caso Xylella”. Intanto sono attesi dagli agricoltori atti concreti, interessati allo stanziamento dei fondi per 2,6 milioni e all’autorizzazione, tramite approvazione decreto, dei primi interventi fitosanitari su terreni e piante malate, moratorie su crediti agricoli e interventi su contributi previdenziali. Ma al vertice, di nero su bianco, c’è stata l’immediata istituzione del comitato scientifico che supporta il servizio fitosanitario nazionale, composto dai maggiori esperti della materia, nazionali e internazionali. Dar vita al nuovo decreto, tra i compiti del comitato, dunque, decreto cosiddetto di “lotta obbligatoria” al batterio killer, con indicazioni

di eventuali strumenti straordinari anche di natura legislativa per contrastare un fenomeno deleterio per la realtà agricola pugliese. Anche la stessa nomina del commissario rientra nel gioco delle parti che mira a trovare soluzioni concrete per riattivare e ripristinare un sistema che sta trovando ostacoli “naturali”. Importanti i controlli e, quindi, il monitoraggio sulla movimentazione di materiale a rischio e cioè piante e terreno. Ad occuparsene, il corpo forestale e l’ispettorato per la repressione

frodi. Questo, tra i punti siglati nel corso dell’incontro tra Puglia e ministero, oltre, ovviamente, la creazione della “zona cuscinetto” tra l’area colpita dalla Xylella e il resto degli ulivi pugliesi immuni, nella cui area si attivano interventi fitosanitari. Tra le probabilità, anche, abbattimenti di ulivi che non interessano l’area dichiarata infetta. Il vertice ha dato il via ad una serie di decisioni importanti, non solo strategie e modalità di soluzione al “caso Xylella”, ma richieste per rimpinguare il plafond di spesa nazionale utile per affrontare l’emergenza. Intanto, il batterio percorre chilometri e quello che interessa a tutti i pugliesi è tutelare il patrimonio oleicolo salentino. Sono attive già da tempo azioni di contenimento del batterio e la realizzazione di un cordone sanitario, barriera lunga dallo Ionio all’Adriatico, è sempre stata considerata un’ottima idea per impedire la diffusione a Nord del salento, costituita da una zona “cuscinetto” nella quale procedere a incisive azioni di lotta al batterio e ai vettori. Ma in cosa consiste il piano di interventi? Abbattimento degli insetti vettori ed estirpazione di eventuali piante infette; potenziamento controlli sull’eventuale presenza dell’infezione nei vivai e blocco della movimentazione dei prodotti a rischio identificati nella decisone Ue; attuazione di interventi sulla nuova zona cuscinetto tramite monitoraggio costante a maglie strette; potenziamento di attività di ricerca, finalizzate anche all’individuazione delle piante ospiti di varietà immuni o resistenti e di eventuali trasmissioni del batterio; individuazione di idonei strumenti anche finanziari al ristoro dei danni subiti dagli agricoltori e dai vivaisti colpiti dall’infestazione del batterio. Tra le piante a rischio, mandorli e ciliegi; quelle salve e non risultate esposte alla Xylella, vite e agrumi. Alessandra Lofino







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Capitale della Cultura, lecce ci spera PER FARE DEL SALENTO UN PUNTO NEVRALGICO DELL’EUROPA. PRIMA, PERO’, BISOGNERA’ VINCERE LA CONCORRENZA DI CAGLIARI, MATERA, PERUGIA-ASSISI, RAVENNA E SIENA

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ancano ormai pochi giorni alla visita ufficiale prevista per il 6 ottobre 2014 alla città di Lecce, tra le pre selezionate a “Capitale della Cultura 2019”. Membri della giuria, rappresentanti della Commissione Europea e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Focus Point capitale Europea della Cultura, inizieranno a valutare i due criteri alla base del programma di una città candidata: la dimensione europea, la città e i cittadini. Per la selezione finale saranno coinvolti tredici membri di alcuni stati europei, quali Italia, Austria, Estonia, Spagna, Germania, Regno Unito e Slovenia. A competere con Lecce per il primato di “Capitale della cultura 2019”, sono le città di Cagliari, Matera, Perugia, Ravenna e Siena. E’ stato dato il via all’iniziativa, adottata nel giugno 1985, dal decreto firmato a marzo scorso dal ministro dei Beni Culturali e Turismo, Dario Franceschini, in seguito alla verifica delle regolarità delle procedure di preselezione e candidatura. Dal ministero è giunta voce che sia il ministro sia i membri della Commissione europea hanno giudicato “straordinario” il risultato che l’Italia ha conseguito con le 21 candidature proposte. La ricchezza della progettazione elaborata costituisce un patrimonio che occorre valorizzare mettendo in atto tutte le azioni possibili per la realizzazione dei progetti. Tant’è che in caso di vittoria, Lecce porterà sul podio, non solo la città e i cittadini, ma l’intero territorio, apportandone un radicale salto di qualità, finora non riuscito a nessuno nel Mezzogiorno d’Italia, facendo del Salento un punto nevralgico dell’Europa. È già un importante obiettivo arrivare a essere stata selezionata tra più di venti città che avevano uno stesso progetto: promuovere il dialogo interculturale e la comprensione reciproca fra cittadini dell’Unione. La giuria europea, presieduta da Steve Green, consulente e ricercatore nel campo della politica culturale, e composta da membri

italiani e stranieri, scelti e concordati con la Commissione Europea, tornerà a riunirsi nell’ultimo trimestre del 2014 e la città che vincerà si vedrà assegnare un premio pari a un milione e mezzo di euro dall’Europa, in onore di Melina Mercouri, l’eurodeputata greca che ideò l’iniziativa. Il resto dei finanziamenti verranno dati dagli enti locali, dalla Regione e dallo Stato. Fino ad oggi trenta le città d’Europa che sono state insignite di questo titolo. In Italia sono state tre: Firenze nel 1986, Bologna nel 2000 e Genova nel

2004. E il 2014 detta un obiettivo ben preciso: “Riavvicinare i popoli europei”, compito non semplice in questo momento storico, in cui prevalgono ondate di anti europeismo. Ed è solo valorizzando la ricchezza e l’eterogeneità delle culture europee che l’azione potrà contrastare con efficacia le ondate di antieuropeismo. I progetti candidati dovranno essere un tramite della città, attraverso i quali presentare le peculiarità, i suoi aspetti europei, un programma delle attività proposte che dovrà stimolare una cultura


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partecipativa. La manifestazione dovrà costituire un’attrattiva capace di convogliare l’interesse di cittadini locali e internazionali oltre a rappresentare “una delle iniziative culturali più prestigiose e di maggiore risonanza a livello europeo: un’occasione unica per rigenerare la città, modificarne l’immagine e aumentarne la visibilità a livello internazionale, anche allo scopo di promuovere il turismo. Soprattutto nel presente frangente storico, caratterizzato da una forte crisi economica, la possibilità di proporre e attuare un programma di trasformazione urbana e culturale di una città costituisce un’occasione importante”. Promozione della cooperazione tra operatori culturali, artisti e città di diverse nazioni europee resta il punto nevralgico del programma proposto dalla città candidata, oltre all’importante risalto che dovrà dare agli aspetti comuni, passando dalla partecipazione e l’interesse degli abitanti della città, come anche quello dei cittadini delle altre nazioni europee. Lecce, insieme alle altre cinque città candidate, ha presentato nel mese di luglio,alla Commissione esaminatrice, il proprio dossier con i programmi aggiornati. La giuria europea, poi, si riunirà entro la fine del 2014 ed emetterà il verdetto finale nell’autunno prossimo. Ma qual è lo spirito con il quale la città di Lecce insieme alla città di Brindisi, che rientra nel territorio leccese in questo specifico contesto, porta avanti la sua candidatura? Forte della sua storia millenaria di ponte sul Mediterraneo, mira a “costruire relazioni coltivando la sapienza del confine”. A sostenerlo, il Comitato Lecce 2019 che basa il progetto partecipativo “Reinventare Eutopia” su

modelli di crescita: nel concetto del «buon luogo» redatto dallo staff, diretto dal dirigente comunale Raffaele Parlangeli, il concetto di Eutopia viene declinato in otto sezioni, che mirano a fare di Lecce un modello continentale: «Democratopia», modello di partecipazione; «Polistopia», modello di inclusione sociale; «Edutopia», luogo di rivoluzione dell’educazione; «Talentopia», luogo in cui ognuno ha il diritto di poter sviluppare il proprio talento; «Profittopia», luogo in cui tutti hanno diritto ad un profitto; «Ecotopia», capitale anche della sostenibilità; «Esperentopia», Lecce meta di diversi turismi; «Artopia», luogo in cui la partecipazione creativa è disseminata in tutti i contesti. Ad accomunarli, la partecipazione democratica, il benessere sociale, un’innovazione nel sistema dell’educazione, la valorizzazione del potenziale umano e della gioventù, nuovi modelli per fare economia, un’ecosostenibilità maggiore e nuovi modi di concepire il turismo e la produzione artistica. Poi, sono stati organizzati , spazi urbani dedicati a incontri aperti al pubblico,le Zone delle Curiosità, in cui vengono posti ai cittadini quesiti sul rapporto tra le loro città e l’Europa, sui punti di forza e carenze che incontrano sul territorio. La città di Lecce è sostenuta con “convinzione” nella sua candidatura ad essere Capitale Europea della Cultura 2019 dalla Giunta regionale pugliese che ha adottato uno specifico atto riconoscendo il valore strategico dell’iniziativa che “prosegue nel solco delle azioni già attivate dalla Regione Puglia nella dimensione europea e nel dialogo interculturale, consolidando la politica di cooperazione internazionale

nell’area del mediterraneo”. “Le politiche di coesione per il 2014/2020 - ha detto il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola - rafforzano ulteriormente il ruolo delle città, con particolare attenzione allo sviluppo urbano sostenibile e al rafforzamento dell’approccio integrato. Nel solco tracciato dalle politiche di coesione, noi vogliamo lavorare per rafforzare e valorizzare le intelligenze, le competenze, le idee che sono a dimora, per esempio, in una città come Lecce”.”Crediamo fermamente - afferma ancora - che gli investimenti in cultura promossi dalle comunità e dai territori possano sostenere sviluppo e innovazione. Questo, il senso e il messaggio che oggi la mia Giunta ha voluto lanciare appoggiando e sostenendo la città di Lecce nella candidatura a Capitale della Cultura Europea 2019”. “Vogliamo sperimentare un innovativo modello di città di avanguardia - ha concluso Vendola - partendo da una nuova relazione tra Comuni e Regione. Ed è proprio nel contesto delle nuove sfide della programmazione 20142020 legate alle specializzazioni intelligenti, che si colloca questo accordo con la città di Lecce”. “Vorrei ringraziare il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola - ha commentato il Sindaco di Lecce Paolo Perrone - perché, con la sua sensibilità e la sua capacità di ascolto dei territori, ha permesso alla città di Lecce di essere al servizio dell’intera comunità pugliese. E’ una sfida importante che vogliamo vincere, è un’opportunità per tutto il Mezzogiorno ed è una prospettiva di crescita e di sviluppo che coinvolge l’intero territorio. E di questo, sono particolarmente felice”. Alessandra Lofino








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Matera punta tutto sulla sua storia ANCHE LA CITTA’ DEI SASSI E’ CANDIDATA A ”CAPITALE DELLA CULTURA 2019”. L’OTTIMISMO DEL DIRETTORE DEL COMITATO MATERA 2019 PAOLO VERRI: L’EUROPA DEVE RIPARTIRE DAL SUD

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atera è una delle città più antiche del mondo. Attraverso gli insediamenti del neolitico, le grotte e le chiese rupestri, la stratificazione urbana dei Sassi è oggi possibile leggere e conoscere da vicino la storia dell’umanità, dalle origini ai giorni nostri. Matera ha vinto diverse sfide, da vergogna nazionale per le cattive condizioni igieniche e sanitarie in cui si viveva nei Sassi, a prima città del Sud ad essere inserita, nel 1993, nella lista Unesco del patrimonio mondiale dell’umanità. E ancora, è riuscita a passare da città misconosciuta a una delle principali città d’arte da visitare. Ora Matera lancia la nuova sfida di candidarsi a capitale europea della cultura 2019 facendo tesoro della sua storia millenaria per proiettarla in una nuova dimensione più avanzata, più innovativa, più sostenibile, più aperta, più creativa. Fra le 21 città che nel 2013 hanno deciso di partecipare alla competizione, una giuria composta da 13 persone, 7 nominate dalla commissione europea e 6 dal Ministero dei Beni culturali, ne ha scelte 6: Ravenna, Cagliari, Perugia/Assisi, Lecce, Siena e, appunto, Matera. Un traguardo importante per la città dei Sassi che anche grazie a questa sfida sta già vedendo i primi risultati concreti attraverso una programmazione culturale e una crescita esponenziale delle presenze turistiche. Il 5 settembre il sindaco e presidente del Comitato, Salvatore Adduce, ha depositato al Mibact il secondo dossier riguardante la programmazione culturale per il 2019. Matera è, certamente, fra le città che più di altre sta lavorando per trovarsi pronta a questo traguardo. Alla fine del 2010 il Comune ha messo in piedi un comitato scientifico di livello internazionale e nel luglio del 2011 è nato il comitato istituzionale composto da Regione Basilicata, Comuni di Matera e Potenza, Province di Matera e Potenza, Camera di commercio di Matera e Università degli studi di Basilicata a cui si sono gradualmente aggiunte altre istituzioni come il Conservatorio Egidio Romualdo Duni e il Parco Naturale di Matera e delle Chiese Rupestri. A

guidare tutto il percorso di candidatura è stato chiamato un manager di grande esperienza: Paolo Verri, torinese, per cinque anni direttore del Salone del libro di Torino e del Salone della musica, direttore del piano strategico di Torino, responsabile dello Sponsor Village delle XX Olimpiadi Invernali di Torino 2006, promotore della candidatura vincente di Torino capitale mondiale del design nel 2008, direttore delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Abbiamo incontrato il direttore del Comitato Matera 2019, Paolo Verri, per farci raccontare il passato, il presente e il futuro di questa candidatura.

Il direttore del Comitato Matera 2019, Paolo Verri

Qual è il significato di questa candidatura? Significa costruire un altro passaggio, un altro ponte: da città che ha reso fruibile il suo patrimonio storico e architettonico a città che vuole attrarre stabilmente talenti culturali, economici e tecnologici e che punta a rendere sostenibili i processi di sviluppo e di crescita. Matera vuole diventare, attraverso questo percorso, una città aperta, che sappia dare carta bianca agli operatori europei della cultura e dell’arte, e realizzare con tre anni di progetto uno spazio disponibile a tutti, fatto di infrastrutture economiche e operative che rendono più facile la realizzazione delle


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proprie idee, fatto di tecnologie che rendono rapide e condivise le comunicazioni. Ecco perché in quest’ultimo dossier abbiamo individuato il claim “Open future”. La nostra è una candidatura aperta, trasparente, orizzontale, partecipativa e proiettata verso un orizzonte lontano. Quali sono gli elementi chiave della candidatura? Secondo la giuria che ha scelto le sei città italiane entrate nella finale per diventare capitale europea della cultura per il 2019 il dossier che abbiamo presentato conteneva due elementi strategici, la dimensione europea dei progetti e la partecipazione dei cittadini. Oggi siamo fortemente orientati a lavorare su questi due pilastri. Per la seconda parte del dossier relativa alla programmazione culturale abbiamo nominato come direttore artistico, attraverso un bando pubblico, Joseph Grima che ha già svolto un lavoro di ascolto delle industrie creative della Basilicata costruendo con loro un rapporto di collaborazione e crescita. Nel frattempo abbiamo allargato il processo di partecipazione dei cittadini partendo dalle scuole e dai quartieri. State già toccando con mano i primi risultati? Siamo una delle poche città italiane ad aver registrato, nel rapporto fra 2013 e 2012 un aumento di pernottamenti nelle nostre strutture pari a circa il 13 percento. Si tratta di un risultato straordinario se si considera la difficile fase congiunturale. Grazie alla candidatura siamo entrati a far parte di network altrimenti inavvicinabili, concludendo accordi di parternariato con governi nazionali, con grandi organizzazioni europee

(come il Goethe Institut), con città di grandi dimensioni (come Berlino e Marsiglia). In che modo il comitato intende gestire le prossime fasi della candidatura anche dopo l’esito finale? Proprio nei giorni scorsi il Consiglio comunale di Matera ha approvato lo statuto della Fondazione Matera-Basilicata 2019 per la raccolta e la gestione dei fondi necessari alle due tipologie di interventi: quelli legati alla costruzione dei contenuti, che verranno poi utilizzati dalla fondazione stessa, e quelli legati alle infrastrutture materiali e immateriali, gestiti dagli enti competenti, o da privati chiamati a bando. L’idea di fondo è che una delle eredità della candidatura sia al contempo un programma di azioni definite e condivise, che si attueranno qualsiasi sia l’esito della competizione, con un ciclo di sei anni e il rafforzamento della capacità manageriale del territorio. Quale sarà il ruolo dei privati? L’entrata in shortlist ha dato una spinta eccezionale al rapporto con i privati, che sono di tre tipi: i grandi soggetti industriali nazionali e internazionali presenti sul territorio (FIAT, ENI, Total, Italcementi), il sistema industriale locale, con cui abbiamo intrapreso già campagne di comunicazione (esemplare quella regalataci dal Biscottificio Di Leo sul Domenicale del Sole 24 Ore); i privati presenti capillarmente nel mondo e in Italia che sostengono Matera 2019 (soprattutto emigrati che sentono la forza delle radici); i cittadini che ci aiutano quotidianamente. Rispetto ai circa 50 milioni di investimenti previsti da qui

al 2022 solo per attività che genericamente definiamo culturali, ma che in realtà includono ricerca, innovazione, tecnologia, creatività, ospitalità, il peso del privato nel sostegno a Matera 2019 è nell’ordine del 20%, una quota molto elevata se pensiamo che al Sud esiste una debolezza strutturale dovuta all’assenza di fondazioni di origine bancaria di peso. Quali sono i legami con il resto del territorio lucano? Quali rapporti avete con la Puglia? La candidatura di Matera include in maniera forte e coerente tutta la regione Basilicata. Nell’estate che si sta concludendo abbiamo attivato collaborazioni dirette con oltre 50 comuni, e da ogni parte sono giunte richieste di partenariato, di coproduzione, di comunicazione delle iniziative. Altrettanto importante è il lavoro congiunto che stiamo attuando con i comuni della Murgia materana: Altamura, Gravina, Laterza, Santeramo. Una collaborazione che verrà sancita pubblicamente il 25 settembre al teatro Mercadante di Altamura e che apre ulteriori collegamenti con Bari, che è il nostro aeroporto, con la Fiera e con l’Università. Quali sono gli effetti di lungo periodo che il progetto auspica di generare a seguito dell’anno dedicato alla manifestazione? Far diventare Matera e la Basilicata la piattaforma urbana digitale ineludibile in tutto il sud Italia e tra le top 5 nel sud Europa, come luogo di produzione culturale digitale innovativa. E dimostrare che l’Italia e l’Europa possono e devono ripartire da sud. Alessandro Boccia




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russia, stop all’import. aziende in crisi IL DECRETO FIRMATO DAL PRESIDENTE PUTIN STA AVENDO RIPERCUSSIONI ANCHE SUL MERCATO PUGLIESE, I SETTORI PIU’ COLPITI SONO L’ORTOFRUTTA E QUELLO LATTIERO-CASEARIO

l blocco dell’import dei prodotti agroalimentari provenienti da Ue e Usa, stabilito da un decreto firmato dal presidente russo Vladimir Putin sta avendo ripercussioni anche sul mercato pugliese. Ortofrutta e lattiero-caseario sono i due settori più colpiti. A subirne gli effetti ancor più negativi, gli esportatori di uva, poi di pesche e percoche e si aspetta l’eco anche sugli agrumi. Qualche ora dopo la decisione russa di limitare per un anno le importazioni di prodotti agricoli e alimentari in Russia dai paesi che l’hanno sanzionata, il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina istituisce una task force per “stimare l’impatto e per valutare come fornire sostegno concreto alle imprese interessate, anche utilizzando i fondi di emergenza previsti dalla politica agricola comune. Lo scopo è quello di difendere gli interessi nazionali della Russia che di fatto limita l’esercizio delle operazioni economiche-commerciali con l’estero che prevedono l’importazione in territorio russo di singoli tipi di prodotti agricoli, materie prime e alimenti, il cui Stato di provenienza è uno Stato che abbia deciso di applicare sanzioni economiche nei riguardi della Russia. In una lista, i prodotti oggetto di sanzioni in aggiunta all’elenco di atti con l’obiettivo di evitare sia un aumento eccessivo dei prezzi di alcuni beni sia che alcuni prodotti scarseggino sul mercato interno, tant’è che la soluzione trovata è stata quella di aumentare la produzione interna di alcuni beni. Il blocco delle importazioni europee minaccia le aziende pugliesi che stanno subendo perdite in media del 20 per cento, ma anche del 30 sul fatturato con riflessi anche occupazionali. Perdite si ripercuotono anche su chi rifornisce gli esportatori e su chi porta nei paesi che esportano in Russia, come Olanda o Belgio. Insomma, un mercato fermo e ad approfittarne ci pensano i paesi extraeuropei, primo tra tutti, la Turchia. Per quel che riguarda il settore lattiero-caseario pugliese, sono

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tre le aziende che esportano in Russia prodotti come mozzarelle e burrate. Siamo sul milione come cifra persa in seguito alla decisione russa. E, alcune aziende sono state costrette a licenziare da una a due unità. Nella lista dei prodotti non soggetti all’embargo, ci sono olio, olive e pasta. A essere toccati sono i settori di carni, formaggi e pesce, la cui urgenza è comunque inferiore rispetto a frutta e verdura in quanto più facilmente stoccabili. Infatti Bruxelles ha deciso di correre ai ripari e per scongiurare un tracollo economico per il settore agroalimentare, il più colpito dall’embargo di Putin, ha messo sul tavolo Ue un pacchetto di aiuti per sostenere l’ortofrutta europea. Una misura che è stata resa possibile grazie al nuovo quadro della Politica Agricola Comune e che resta in vigore sino a fine novembre 2014. Un aiuto che prevede compensazioni economiche per l’immissione sul mercato in modo gratuito dei prodotti più deperibili. Ad accederci, tutti i produttori, una marcia in più l’avranno coloro che fanno parte delle associazioni di categoria poiché avranno diritto sia al 50 per cento del prezzo di ritiro cofinanziato da Bruxelles sia al restante 50 per cento messo dalla rispettiva organizzazione. Dunque, più a rischio sono carni, latte e derivati e perdere 180 milioni di consu-

matori, per una regione come la Puglia, è un grave danno. Tra l’altro, molti sono gli imprenditori che hanno investito in Russia insieme a molte aziende tecnologiche pugliesi. C’è chi tra gli imprenditori, consiglia di investire nei paesi dell’est a ridosso della Russia, dove i consumi stanno crescendo e il made in Italy raggiunge alte soglie di preferenza restando tra i primati della competitività. Per quel che riguarda il giro d’affari di ortaggi e frutta, si parla di cifre raggiunte in Ue pari a 5,2 miliardi di export verso la Russia nel 2013, a fronte di 11,3 complessivi in cui rientrano vino e pasta. Si è,dunque, di fronte a una preoccupante escalation dello scontro con una guerra commerciale che conferma la strategicità del cibo. Alessandra Lofino






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diritto allo studio, ricerca e territorio INTERVISTA AL RETTORE DELL’UNIVERSITA’ DI BARI ANTONIO URICCHIO, CHE ILLUSTRA IL PROGRAMMA DI SVILUPPO DELL’ATENEO CON UN OCCHIO ALL’EQUILIBRIO FINANZIARIO

viluppo e ricerca. Con un occhio di riguardo ai costi e al personale. E’ questa la sfida che attende l’Università di Bari e il Rettore Antonio Uricchio, a quasi un anno dal suo insediamento. “I principi ispiratori del programma di sviluppo di un Ateneo moderno - spiega il professor Antonio Uricchio - sono sussidiarietà, coesione territoriale e diritto allo studio. L’Università di Bari è strutturata in 24 Dipartimenti più una Scuola di Medicina e quest’anno offre 115 Corsi di Laurea fra Triennali e magistrali, dislocati su Bari, Brindisi e Taranto. L’Ateneo presta particolare attenzione al Diritto allo Studio attraverso l’incentivazione di borse di studio, promozione di attività giovanili, agevolazioni e servizi. In particolare l’ateneo mette a disposizione dei propri studenti biblioteche centrali e 61 biblioteche dipartimentali e un Centro di Documentazione”. Attività e attenzioni che non possono prescindere dalla ricerca. In quanto ateneo generalista, l’Università di Bari sostiene e promuove la cooperazione dei saperi umanistici e scientifici, perseguendo azioni che mirino all’interazione e all’osmosi tra settori scientifico-disciplinari, gruppi di ricerca di enti e istituti di ricerca operanti nelle diverse aree del sapere. Essa intende sviluppare una ricerca di standard internazionale, specializzata sui riconosciuti ambiti di eccellenza, per trasferire, attraverso la didattica, conoscenze funzionali allo sviluppo del territorio e del Paese. Numerose sono state, anche recentemente, le ricerche condotte nei laboratori dell’Ateneo barese che hanno ottenuto riconoscimenti internazionali. In generale, possiamo affermare che l’Università di Bari è costantemente impegnata in tutti i campi del sapere a valorizzare le capacità della mente umana di vedere e pensare la realtà in modi sempre nuovi, originali, diversi. L’Università di Bari, come del resto tutti gli enti

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pubblici in questo particolare momento storico, deve tenere sotto stretto controllo anche i conti. Sul piano finanziario l’Ateneo sta attraversando una difficile fase storica per cui se è resa necessaria l’approvazione di un piano di rientro che persegue il raggiungimento dell’equilibrio finanziario e delinea strategie di rilancio ripensando regole, azioni e misure che possano consentire all’Ateneo di ottimizzare le risorse esistenti (anche attraverso processi di riorganizzazione interna) e attrarre ulteriori e maggiori entrate. Il piano presentato, non a caso denominato Piano di Rientro e di Rilancio, oltre a rafforzare le misure di contenimento della spesa, già annove-

Il rettore dell’Università di Bari, Antonio Uricchio

rate nel bilancio di previsione per il triennio 20142016, appare particolarmente ricco e complesso, individuando una pluralità di strumenti da porre in essere. Il piano intende superare la logica che ha ispirato quello precedente (prevalentemente fondato sulla alienazione dei beni immobili) individuando misure di più largo respiro. Nonostante il drammatico calo dell’organico (dal 31 dicembre 2008 al 31 dicembre 2013 le unità di personale di ruolo sono passate da 3.678 a 3.035, con una riduzione di 643 unità), per la prima volta, nell’anno 2014, l’ammontare del finanziamento statale a favore di questo Ateneo rischia concretamente di non consentire la copertura delle spese per il personale e quindi di non poter garantire efficacemente il livello dei servizi sia nella didattica che nella ricerca. Fa ben sperare l’introduzione di parametri premiali legati alla qualità della ricerca e soprattutto l’introduzione di necessari fattori correttivi che tengano conto del contesto socio-economico territoriale di riferimento e l’importante contributo che potrà essere offerto dal provvedimento interministeriale MIUR - MEF relativo alla determinazione del "costo standard unitario di formazione per studente in corso", di cui all'art. 5, comma 4, lett. f), della Legge 240/2010 e la cui adozione appare ormai prossima (un gruppo di lavoro, coordinato dal Rettore dell'Università di Catania e composto, tra gli altri, dal Rettore di questa Università, è stato istituito presso la Conferenza dei Rettori proprio per confrontarsi con il MEF). Il successo del piano presuppone la consapevolezza che esso sia indispensabile e inevitabile e allo stesso tempo che sia affidato alla responsabilità condivisa di tutti coloro che operano all’interno del nostro Ateneo e del coinvolgimento di tutte le componenti sociali, economiche ed industriali del nostro territorio.




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Tutti insieme per cambiare la Scuola INTERVISTA AL SOTTOSEGRETARIO ALL’ISTRUZIONE ANGELA D’ONGHIA CHE, IN OCCASIONE DELL’AVVIO DEL NUOVO ANNO SCOLASTICO, RIVOLGE UN APPELLO A TUTTI I SOGGETTI COINVOLTI

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ei giorni scorsi, nella maggior parte delle scuole di Puglia (alcune hanno anticipato l’apertura rispetto alla data di inizio fissata dalla Regione) è suonata la prima campanella, pur fra le numerose carenze, disfunzioni e complicazioni che sempre accompagnano la rimessa in modo di un sistema troppo grande e complesso come il nostro sistema scolastico. Facciamo il punto della situazione sullo stato di salute della Scuola pugliese con il sottosegretario all’Istruzione, Angela D’Onghia. “I numeri - spiega l’onorevole - sono rilevanti già nella nostra Regione che rappresenta poco meno del 10% del sistema nazionale, collocandosi al 7° posto di un’ipotetica graduatoria delle Regioni Italiane per ordine di grandezza. Gli alunni sono 624.025, 6.776 in meno rispetto al precedente anno scolastico. Aumentano solo i portatori di handicap, di 936 unità, e parimenti i posti di sostegno. Le classi e le cattedre di discipline comuni invece seguono il calo degli alunni (132 classi in meno e 340 cattedre in meno)”. Numeri a parte, l’avvio del nuovo anno scolastico ha dovuto fare i conti con qualche problema. Le Provincie, ormai in dismissione e quindi prive di risorse finanziarie, hanno fatto mancare il loro consueto sostegno alle scuole di loro competenza (istituti di istruzione secondaria di 2 grado) che inutilmente hanno richiesto aule, banchi, ristrutturazioni, fino a dover decidere da soli la strada da intraprendere, ricorrendo alla solida-

rietà delle scuole vicine, al credito di fornitori amici o compiacendosi in azioni dimostrative come fare lezioni sui gradini della scalinata d’ingresso. Mancano i docenti e l’orario non potrà essere completato finché non si esauriscano le operazioni di nomina in ruolo e di conferimento delle supplenze. Qualche ritardo c’è stato anche nell’assegnazione delle cattedre e delle relative supplenze. L’aver reso noto solo in agosto il numero delle nomine in ruolo autorizzate dal MEF, che quest’anno hanno riguardato 1.399 posti contro i 632 dell’anno scorso, ha senza dubbio allungato i tempi di espletamento delle assegnazioni delle cattedre, e così a seguire i tempi del conferimento delle supplenze che quest’anno sono comprensibilmente diminuite, pur restando di quantità elevate (1.145 posti comuni e 1.560 posti di sostegno di cui la parte preponderante è negli istituti superiori: 455 posti comuni e 619 posti di sostegno). Quale messaggio vuole rivolgere a tutto il mondo della Scuola, alle porte di questa nuova stagione scolastica? La scuola non è solo questione di numeri, bensì di persone che sono dietro quei numeri e che animano e misurano l’efficacia di un servizio pubblico, quale l’istruzione e la formazione, che è essenziale per la vita presente e la conservazione di ogni comunità, locale e nazionale.

Con gli occhi della mente incrocio gli occhi di quanti in questi giorni per la prima volta si sono seduti a un banco di scuola e ne percepisco le emozioni. Vorrei rassicurare loro e le loro famiglie: comincia un percorso nuovo che li traghetterà dall’infanzia alla giovinezza, accompagnando ogni stagione della loro crescita fisica e psichica con il valore aggiunto della conoscenza. Per diventare uomini,per accedere a un lavoro, per integrarsi nella comunità cui si appartiene, bisogna imparare innanzitutto a conoscere se stessi, a rapportarsi agli altri, a decodificare la realtà circostante, a comprendere le regole che presidiano la pacifica convivenza, funzioni queste affidate alla Scuola e ai suoi maestri. Agli studenti, alle loro famiglie, ai dirigenti scolastici, agli insegnanti e al personale amministrativo tecnico e ausiliario, auguro di vivere questo anno scolastico appena iniziato con sentimenti nuovi di generosità, di entusiasmo, di speranza in un futuro diverso dalle ansie del presente e che sta a noi costruire. Agli auguri aggiungo l’invito a partecipare, tutti, ciascuno per la parte che lo riguarda, e responsabilmente, alla consultazione che si è aperta sulla proposta di riforma “La buona Scuola” lanciata dal Governo, per aiutarci a cambiare la Scuola per le parti ormai superate dai tempi e renderla più a misura dei vostri sogni. Francesco Iato



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Censis e Sole 24ore premiano la lum SECONDO I DATI DIFFUSI RECENTEMENTE SI AFFERMA COME SECONDA UNIVERSITÀ ITALIANA PER GRADIMENTO DEI PROPRI STUDENTI. OTTIMI CONSENSI ANCHE PER LA FACOLTÀ DI ECONOMIA

Il rettore della Lum “Jean Monnet”, Emanuele Degennaro

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Università Lum Jean Monnet si conferma eccellenza nel Meridione. A dirlo solo gli studi pubblicati annualmente dal Censis e dal Sole 24Ore. Meglio di quasi tutte le università private italiane. Meglio di tutte quelle pubbliche, sempre a livello italiano e quindi anche su base regionale. L’Università Lum Jean Monnet di Casamassima, secondo i dati diffusi recentemente dal Sole 24Ore, si afferma come seconda università italiana per gradimento dei propri studenti. Proprio quando vengono diffusi i giudizi poco lusinghieri degli studenti dell’Ateneo di Bari su aule affollate, scarso utilizzo della tecnologia, poca disponibilità del corpo docente, il risultato conseguito dalla Lum Jean Monnet assume ancora maggior significato. Con una valutazione di 8,77 l’Università Lum è seconda nella graduatoria di gradimento sia considerando le sole università private italiane (preceduta di un solo decimo di voto dalla Liuc di Castellanza) sia a livello assoluto. Per rendere l’idea: la prima tra le università statali è quella del Piemonte Orientale con una valutazione di 8,25. I dati sono tratti dall’Anvur, e nello specifico dalla relazione dei nuclei di valutazione degli Atenei per l’Anno Accademico 2012/2013. La notizia dell’exploit sul fronte del gradimento

degli studenti fa il paio con l’affermazione della facoltà di Economia della Lum che, secondo i dati diffusi recentemente dal Censis, si colloca tra le prime nel Centro/Sud Italia e al vertice in Puglia con 82 su 110. La soddisfazione di precedere atenei blasonati come Luiss, Bocconi, Siena, Bologna è espressa da Emanuele Degennaro, rettore della Lum Jean Monnet. “L’insieme di questi dati rappresenta una situazione di costante crescita per la nostra Università - ha dichiarato il magnifico rettore - che continua nell’opera di radicamento nel territorio pugliese e non solo, uno sforzo che passa dall’offerta didattica ai rapporti con le imprese, fino al miglioramento dei servizi offerti agli studenti. Siamo impegnati, fin da ora, affinché il prossimo anno accademico possa non soltanto confermare questi lusinghieri risultati ma rafforzarli”. La Lum Jean Monnet si è posta come obiettivo quello di fornire costanti risposte alle richieste e alle aspettative di propri studenti adeguando costantemente l’offerta formativa alle esigenze del mercato del lavoro. “La facoltà di Giurisprudenza - spiega Degennaro - nei primi quattro anni assicura la formazione nell'ambito privatistico, pubblicistico, processualistico, penalistico e internazionalistico; nonché, in ambito istituzionale, economico, comparatistico e comuni-

tario. A partire dal quarto anno la formazione viene completata con il pieno coinvolgimento del mondo delle professioni in particolare dell’avvocatura”. La facoltà di Economia, con il corso di laurea triennale, offre una visione completa dell’azienda e del sistema competitivo in cui è inserita, sviluppando competenze di management a tutto tondo: marketing; strategia; organizzazione; contabilità; programmazione e controllo, finanza costituiscono i capisaldi di una seria formazione economico-aziendale. La Laurea Magistrale in Economia si caratterizza per offrire metodologie didattiche innovative, imperniate su un mix di lezioni in aula, discussioni di casi, project work e lavori di gruppo, in grado di sviluppare le conoscenze e le competenze manageriali utili per il mondo del lavoro. “E poi - prosegue il Rettore della Lum - la Scuola di Management con i numeri che da soli ne fanno un punto di riferimento nel meridione: 2800 partecipanti alle nostre attività di formazione e seminariali; 8000 ore di formazione erogate; 15 Master e 30 Corsi di Alta Formazione; 180 docenti impegnati; 350 istituzioni ed aziende partner. E infine - conclude Degennaro - la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali che ogni anno prepara i propri studenti all’ingresso nelle professioni forensi, avvocatura, magistratura e notariato”.





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Vendola ricorda l’eroe del Gargano IL PRESIDENTE DELLA REGIONE, NEL SUO DISCORSO, HA OMAGGIATO IL 24ENNE ANTONIO FACENNA, TRAVOLTO E UCCISO DALL'ACQUA PER SALVARE GLI ANIMALI DELLA SUA MASSERIA

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ignor Presidente del Consiglio, caro Matteo, la rovina e la morte ci sono piovute addosso, con la furia di un evento alluvionale che ha ferito il nostro Gargano, insultando la sua bellezza, colpendo la sua ricchezza. Non appena la prima bomba d'acqua ha investito San Marco in Lamis, si è mobilitato un vero esercito di uomini e donne della Protezione Civile, del Corpo forestale, dei Vigili del fuoco, di tutte le forze di pubblica sicurezza, dei meravigliosi volontari che in questi anni abbiamo formato, organizzato e dotato di strumenti per operare sul campo. Quasi mille persone hanno ingaggiato un corpo a corpo che ha evitato la strage e che ha portato soccorso con i mezzi di terra, di cielo, di mare. A noi oggi tocca fotografare il danno, all'economia garganica, al comparto dell'agricoltura e della pesca, al turismo, alle infrastrutture civili, alle strutture produttive. A noi oggi tocca fare i conti con gli effetti di quella mutazione climatica che sconvolge le stagioni, che scopre e colpisce le nostre fragilità, che reclama rumorosamente un nuovo paradigma di vita civile e produttiva. Ma il disastro è anche, come dicono i filosofi, una "epi-

fania", cioè una rivelazione: rivelazione di ciò che è accaduto prima che si compisse lo schianto dell'acqua o del fuoco o del sisma. E questo è il racconto degli stupri che sfigurano complessi e delicati eco-sistemi, delle colate spesso abusive di cemento, degli sfondamenti nella montagna, del sovraccarico edilizio in aree fragilissime, della ostruzione al deflusso naturale delle acque, dei canaloni trasformati in discariche o strozzati da edificazioni che sembrano figlie del gioco d'azzardo più che di una ordinata pianificazione urbanistica. La costa, il fiume, la montagna, la campagna: tutto è stato abusato, ovunque nel Bel Paese. Nel nome di un modello di sviluppo che estrae ricchezza privata dalla devastazione della ricchezza collettiva, che non sa calcolare tra i fattori produttivi di ricchezza: la storia, la cultura, la natura, la bellezza, il benessere, l'identità, il paesaggio. Noi non possiamo più continuare su questa strada, perché è un vicolo cieco, perché continuiamo solo ad inseguire emergenze su emergenze senza mai afferrare il bandolo della matassa: che io penso sia il tema più impegnativo di una autentica cultura riformatrice, e cioè coniugare economia ed ecolo-

gia, in una sorta di (uso una parola religiosa) "conversione" del modello di relazioni sociali e produttive. Per questo ci aspettiamo un ascolto attento e sincero da parte delle autorità centrali. La Puglia in questo decennio ha rifiutato di rinchiudersi in un recinto localistico, non si è proposta come una "piccola patria", non ha inseguito le bandiere dell'identitarismo isterico o della nostalgia borbonica. Abbiamo voluto sviluppare la nostra vocazione mediterranea e la nostra ambizione europea, non ci siamo mai sottratti ai nostri doveri di membri di una comunità nazionale e protagonisti di una faticosa costruzione continentale. Non siamo stati una comunità né anarchica né autarchica. L'Italia ha bisogno di energia? Noi la produciamo in percentuali rilevanti, sia con i combustibili fossili che con le rinnovabili, nel fotovoltaico come nell'eolico come nelle bio-energie deteniamo il primato della produzione nazionale: noi offriamo un contributo straordinario al soddisfacimento del fabbisogno energetico del Paese. E quindi abbiamo il diritto di ribellarci alle trivelle in questa nostra striscia di mare, pensiamo che l'Adriatico non possa subire l'impatto di una


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sua mutazione in piattaforma energetica. Diciamo si alla generazione diffusa di rinnovabili, si alla solarizzazione delle città, si all'efficientamento energetico degli edifici. Diciamo no a ciò che ci toglie l'orgoglio di essere protagonisti del nostro sviluppo: la ricchezza non è nascosta sotto i fondali, la ricchezza è la costa, la pesca, il turismo, il colore del nostro mare. Noi abbiamo sempre rispettato le competenze dello Stato e sappiamo che nell'incandescente contesto internazionale, con i rumori di guerra che riecheggiano sulla testa e sotto i piedi dell'Europa, la questione dell'autosufficienza energetica è questione di assoluta serietà. Ma non è la "sindrome di Nimby" che spinge tutto il Salento a difendere un sito di pregio naturalistico, paesistico ed archeologico, in cui si prevede di portare il tubo di un gasdotto: e se il Ministero dei Beni Culturali stila un parere negativo su Tap, vuol dire che non stiamo discutendo di pregiudizi ideologici ma di giudizi scientifici. Sappiamo dire i Si che aprono al futuro, non quelli che ci ripiombano nei fasti e nei nefasti di un passato in cui siamo stati considerati terra da colonizzare, discarica a disposizione, una capanna dello zio Tom dove per quattro soldi si comprano pure la nostra dignità. Qui abbiamo attratto investimenti più che in tante altre regioni del Nord, colloquiamo con i più grandi gruppi industriali del mondo, radichiamo una presenza strategica nella meccatronica, nelle bio e nelle nanotecnologie, nell'areospazio, nell'agroalimentare: tra il 2007 e oggi abbiamo attratto 3 miliardi di euro di investimenti, con 8.768 imprese coinvolte. Non abbiamo solo dati incentivi importanti alle imprese (e secondo tutti gli studi, si tratta del più completo ed efficace catalogo di incentivi che esista nel Paese), ma anche sostegno alla formazione, all'internazionalizzazione. Abbiamo lottato, con misure concrete e azioni mirate, contro le strozzature del sistema creditizio. Qui in Puglia, insieme alla Campania, abbiamo ripensato al tema cruciale dei collegamenti e della mobilità delle merci e degli umani: qui abbiamo costruito un progetto di "alta velocità" tra Bari e Napoli, perché abbattere il muro che separa il Tirreno dall'Adriatico rappresenta un'opera economica e ambientale di prima grandezza, se si vuole davvero rivoluzionare il traffico merceologico, limitare il trasporto su gomma, collegare logisticamente i grandi porti del Mediterraneo. Qui ieri abbiamo visto la realizzazione quasi ultimata del raddoppio dell'aeroporto di Palese, un capolavoro di eco-sostenibilità. Abbiamo ieri consegnato i lavori del raddoppio dell'aeroporto di Brindisi e abbiamo battezzato la riapertura del Gino Lisa di Foggia, con voli anche sulle rotte balcaniche. Tra qualche ora inauguriamo una fabbrica all'avanguardia, in quel segmento spaziale dell'economia dell'innovazione a cui abbiamo avuto il coraggio di guardare e su cui abbiamo deciso di investire. Qui abbiamo cominciato l'avventura di una nuova agricoltura, a partire dalla modernizzazione delle cantine, dalla spinta a fare sistema che si è trasformata nel marchio "prodotti di Puglia", dalla coltivazione della canapa e dalla sua trasformazione in materiale per la bioedilizia, dallo sviluppo delle masserie didattiche. Qui abbiamo dato al turismo una cabina di regia, e abbiamo rotto l'isolamento che faceva della Puglia un luogo sconosciuto al mondo: oggi la Puglia rappresenta nel mercato internazionale un brand di qualità. Qui abbiamo cercato di cambiare la mentalità e i processi, per esempio chiedendo al comparto edilizio di accettare la sfida della riqualificazione e del riuso del costruito e della rigenerazione urbana, mentre interventi di ristrut-

turazione e manutenzione sono stati fatti sul 50% del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Sappiamo dire si e sappiamo dire no. Sappiamo dire no alle mafie, che dal Gargano al Salento passando per tutte le province pugliesi, provano a rialzare la testa. Sappiamo dire no al caporalato, che è il marchio del disonore su alcuni angoli bui della nostra terra. onorare la memoria di chi, dicendo no alla speculazione e alle mafie, ci ha fatto dono della sua stessa vita: penso a Renata Fonte, assassinata da chi voleva fare di Porto Selvaggio e del magico territorio di Nardò, un grande buco da riempire di cemento. Signor Presidente del Consiglio, in Puglia si chiude un ciclo, un decennio in cui è toccato a me il compito impegnativo, entusiasmante ma anche doloroso di guidare l'amministrazione regionale. Ho imparato tanto, ho imparato da tutti. Tra tutti permettete ch'io ricordi un grande sindaco che ci ha lasciato, un intellettuale di destra, un galantuomo, un uomo con la

schiena dritta, con cui ho avuto l'onore e il piacere di condividere la battaglia contro il rigassificatore nella pancia di Brindisi. Parlo di Mimmo Menniti, l'avversario ideale per chi considera la politica come servizio, come incivilimento, come passione. Non bisogna avere paura del conflitto, del contrasto delle idee: bisogna solo umanizzarlo, slegarlo dai vincoli di una cultura di guerra. Per chi ha la nostra fede, c'è un punto, come un'altura ripidissima, che è la più spinosa novità del nuovo testamento: una frase, un imperativo che dice "ama il tuo nemico". Ma noi abbiamo trasformato quella pietra angolare in pietra di scarto. Non riusciamo neppure a concepire il pensiero di quella vetta. Qui, nel mondo odierno, il tramonto delle ideologie invece che spegnere ha acceso focolai di odio a ogni latitudine. E la politica vive di odii intensi, ma povera di senso, senza idee, solo rumore. Il rischio è che alla fine non vinca la bella gara delle idee e dei progetti, ma il brutto compromesso tra gli interessi. E l'odio serve allo share


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dei circhi tv. Per questo urge restituire alla politica una missione più alta, una seria progettualità radicata nella conoscenza della realtà, urge liberarla dalla sua deriva pubblicitaria, ma anche emanciparla dalle piccole e grandi lobbies, dalle clientele, dalle corporazioni, dalla mucillagine degli interessi particolaristici, dalle caverne del localismo. Una politica che sappia venir fuori dai palazzi e dai talk-show. Fuori, a respirare i dolori e le speranze dei giovani, a imparare le storie dei vecchi, a studiare i saperi delle donne, a interrogare i bambini lasciandosi interrogare da loro. In molte politiche regionali abbiamo alitato questi pensieri, ne abbiamo fatto scelte di governo. Non è stata poesia. Se l'Istat incorona la Puglia come regina dell'Export, se in assoluta controtendenza registriamo ulteriore crescita nel turismo, se il traffico areoportuale lievita del 4% in questo anno drammatico, vuol dire che c'è stato un lavoro complesso e costante. Pur contrastando la follia ideologica e il sadismo sociale delle politiche dell'austerity, abbiamo sanato le nostre aziende, messo in ordine i bilanci, le agenzie di rating ci danno una buona pagella per "la costante capacità di abbattimento del debito", e la Corte dei Conti certifica un bilancio in buona salute e anche un percorso di profondo risanamento della spesa sanitaria. Tutto ciò che abbiamo costruito è figlio di una ispi-

razione, di una visione di noi stessi, della nostra storia, dei nostri doveri verso il futuro. Abbiamo cercato sempre di intrecciare modernità e tradizione nel nostro racconto e nella nostra ricerca di una Puglia migliore, coniugando identità e cosmopolitismo, cura delle radici e sguardo sull'intero mappamondo. Volevamo dire ai pugliesi: mettetevi sulle spalle le care cose antiche e i vostri vecchi e andate incontro a un mondo nuovo. Per noi oggi il cammino è verso una nuova cittadinanza, fatta di rispetto pieno dei diritti di ogni individuo, fatta di lavoro che può nascere dall'investimento in ambiente e cultura, fatta di arricchimento dei saperi della produzione, fatta di persone libere dalla gabbia della precarietà, fatta di educazione alla pace e alla convivialità delle differenze, fatta di accoglienza, di inclusione, capace di dare speranza. L'ho chiamata patria, per dire di un impegno corale, per dire della radicalità del cambiamento necessario. Ho incontrato qualcosa che somiglia a questa Patria, ne ho visto qualche traccia, proprio sul Gargano, in quei piccoli presepi incastonati sul monte. La gioventù di Vico e di Carpino, che organizza la festa della transumanza e un bellissimo folk festival, ha accompagnato con le chitarre e con i canti la bara di Antonio Facenna, 24 anni, travolto e ucciso dall'acqua. Antonio era corso alla sua masseria, dai suoi animali, per metterli al riparo dal maltempo. Dentro un pianterreno di

gente umile e bella, la madre e il padre di Antonio raccontano di questo figlio che studia ma si fa contadino, pastore, allevatore ("non un mestiere, ma uno stile di vita" così scrive Antonio su Facebook). C'è una foto tenerissima che lo ritrae felice mentre abbraccia un maialino appena nato. Tanti ragazzi e ragazze come Antonio abbiamo incontrato in questi anni, una energia fresca e pulita a cui abbiamo offerto occasioni e percorsi per emergere: con i bollenti spiriti, con i principi attivi, con le start up innovative, con tutte le politiche giovanili, con il sostegno alla scuola e all'università, con gli incentivi all'auto-impresa, con un investimento strategico nel cinema, nella musica, nei teatri, nei laboratori urbani. Per queste politiche la Regione Puglia è stata premiata a Bruxelles dalla Commissione Europea. Abbiamo fatto una grande semina, e ovunque sono germogliate cose nuove e cose buone. Appunto, le tracce di una patria abitata da una nuova etica della responsabilità, magari tracce nel fango, quello delle alluvioni e quello dell'arroganza e del cinismo del potere. Mentre mi accingo a congedarmi da un decennio che mi ha succhiato la vita, penso proprio ad Antonio e alla sua generazione e ai suoi sogni e alla sua masseria che diventerà - l'ho promesso ai genitori una masseria didattica. Se ho fatto qualcosa di buono in questi dieci anni e in tutta una vita, vorrei dedicarlo proprio ad Antonio: è lui l'eroe della nostra storia".


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e’ il tempo di scelte rapide e decise IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI BARI FRANCESCO SCHITTULLI HA PUNTATO IL DITO SU LAVORO, INVESTIMENTI STRUTTURALI, DEBUROCRATIZZAZIONE, POLITICHE SOCIALI E SANITARIE

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a Provincia di Bari ha aiutato l’avvio di un nuovo percorso per la Fiera del Levante, il cui stato di sofferenza può essere emblematico, atteso che oggi si cerca di elaborare un programma che possa rilanciarla. Pur nella nuova obiettiva situazione di severa crisi internazionale che attraversiamo. In questo scenario, non soccorre però, signor Presidente del Consiglio, proprio l’impegno del Governo che, sul piano interno, procede ad un cambiamento istituzionale che risulta incerto, non consentendo la risoluzione netta e secca dei problemi. Cosicché Lei è costretto a spostare, sempre più in avanti, il momento della verifica di ciò che il Suo governo si propone di realizzare. Per cui si dichiarano abolite le Province (la qual cosa proposi da questo podio già due anni fa), e fra giorni invece si va al rinnovo delle stesse. Si vuole abolire il Senato, ma non lo si fa. Se non in modo frustrante e caotico. L’unica cosa abolita credo sia la democrazia partecipata. Si creano intanto nuovi organismi come le Città Metropolitane, di incerta natura e di forte complessità per i territori, che apriranno problematiche, più che chiuderne. Le attuali 10 Città Metropolitane sono un record tutto italiano. E per alcune di esse - almeno 7 - non vi sono in assoluto i presupposti di legge. Mentre sembra prevalere il calcolo e l’interesse squisitamente partitico-politico. Per quanto riguarda la Provincia di Bari, riconosciuta come una delle più virtuose del nostro Paese, mi permetto evidenziarLe quanto già ebbi a comunicarLe con nota dell’8 agosto scorso. In particolare devo rappresentarLe lo stato asfittico, ormai agonizzante, in cui versa la Provincia di Bari, a danno soprattutto delle scuole (146 Istituti) e della sicurezza stradale (1700 km), che non consente di soddisfare minimamente i bisogni più urgenti ed

improcrastinabili della comunità e le pressanti molteplici richieste che quotidianamente mi pervengono da presidi, sindaci, cittadini, famiglie e studenti. Dal 2009 ad oggi, i tagli effettuati dal Governo alla Provincia di Bari sono stati di oltre 68 milioni di euro, pur mantenendo la Provincia le stesse funzioni e gli stessi obblighi. E negli ultimi due anni, come se non bastasse, il Governo, ha azzerato ogni trasferimento. Anzi, ha addirittura richiesto al nostro Ente un contributo di circa 9 milioni di euro per il 2013. E per il corrente anno un ulteriore contributo di circa 20 milioni di euro, quale compartecipazione agli obiettivi di finanza pubblica nazionale. Orbene, il fabbisogno minimo attuale della Provincia di Bari per la manutenzione ordinaria dei 146 Istituti Scolastici e dei 1700 km di rete viaria è di 50 milioni di euro a fronte di un bilancio nel quale non si è potuto stanziare più di dieci milioni di euro. Paradossalmente però, la Provincia di Bari oggi ha una disponibilità liquida di circa 218 milioni di euro. Ma non può onorare i propri debiti, che ammontano complessivamente a poco più di 5 milioni di euro, pena lo sforamento del Patto di Stabilità. Ecco, signor Presidente, il nostro vero “Gufo”. Peraltro, come se non bastasse, devo rammentare che il Governo è, ad oggi, debitore nei confronti della Provincia di Bari di oltre 140 milioni di euro. Tanto Le rassegno confidando, fiducioso, in un Suo celere, risolutore intervento. E che dire poi degli oltre 8000 enti paralleli (tra agenzie, società, aziende e così via), e dei loro crescenti costi? Oggi, però, deve essere una giornata di fiducia, di speranza. Speranza di ritrovare “normalità e pacificazione” in un Paese sempre più incattivito, propenso peraltro ad alimentare un devastante scontro, conflitto generazionale: due mondi da unire, non da di-

videre! L’impegno che deve guidarci, passando attraverso un rinnovamento “morale” della classe politica e dirigenziale, credo debba essere quello di profondere grande attenzione per il bene comune, affinchè si possa avviare un futuro di sviluppo certo. E’, quindi, tempo di scelte decise, forti e rapide. Che debbono andare verso l’occupazione, gli investimenti strutturali, la reale deburocratizzazione, la concentrazione delle risorse su nodi non risolti, come le politiche sociali e sanitarie, la tutela dei territori. Anche il Mezzogiorno ha bisogno di trovare riscatto, fiducia, sicurezza ed, insieme come dicevo di rinnovamento, non tanto anagrafico, di classi dirigenti, di certezza di buona amministrazione, quanto di riconquista della dignità della politica. Di una politica intesa eticamente come impegno, passione, senso di responsabilità, che sappia riscattarsi dal degrado in cui oggi sguazza. Urgono politici che parlino sempre e comunque il linguaggio della verità. Ecco il perché occorre, subito, una omogenea Riforma della legge elettorale ad ogni livello. Seria, rispettosa della volontà del cittadino. La politica non può continuare ad essere paragonabile ad un ascensore, ad una porta girevole di un hotel, ad una carrozza che si può fermare a piacere per salirvi o scendere, ad una sorta di calcio-mercato con infime, squallide campagne acquisti. Come si sta già verificando in Puglia, in preparazione delle prossime elezioni regionali. Signor Presidente del Consiglio apra, nella concretezza dei fatti, alla speranza. Abbiamo necessità che il Suo governo ripristini il rispetto delle regole, garantisca i valori della persona, sappia esaltare la meritocrazia dei nostri giovani, instauri quel processo di giustizia sociale, basato su principi di libertà di pensiero, tolleranza e solidarietà”.




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i baresi hanno l’accoglienza nel cuore IL SINDACO DI BARI ANTONIO DECARO HA PARLATO ANCHE DI CITTA’ METROPOLITANE, LIBERTA’ (A 360 GRADI), E SCUOLA: SE LA MIGLIORIAMO, POSSIAMO CAMBIARE LA NOSTRA STORIA

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envenuto presidente Renzi. Non è la prima volta che la accolgo in questa città. È però la prima volta che ti accolgo da sindaco. Ed è per me un'emozione grandissima rappresentare la mia comunità davanti a un presidente del Consiglio e ad un amico. Spero che tu abbia trovato questa città accogliente. Come spero la troveranno accogliente Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, quando scenderanno dal volo di Stato che li riporterà definitivamente nella loro terra. L'accoglienza, noi baresi, ce l'abbiamo nel sangue. L'abbiamo dimostrato 23 anni fa, quando i 20.000 albanesi della Vlora trovarono una città che non si lasciò intimorire dai titoloni dei giornali che parlavano di "invasione". Una città che a quei disperati aprì le proprie case, le proprie credenze e il proprio cuore. Nessuno allora li chiamava extracomunitari. Erano semplicemente uomini e donne affamati di libertà che fuggivano in cerca di una vita migliore. Lo spirito d'accoglienza dei baresi è ancora saldo e forte, oggi, a 23 anni di distanza. Ma non è più tollerabile che la gestione di vere e proprie emergenze mondiali sia lasciata alla buona volontà dei cittadini, e ai mezzi, sempre più scarsi, di un'amministrazione comunale. Abbiamo 2.000 persone in una struttura, il CARA, che ne potrebbe ospitare meno della metà. Negli ultimi tre anni la spesa per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nel bilancio comunale è passata da 250.000 euro a oltre 3 milioni. L'abbiamo fatto perché chi abbandona un bambino, in ogni parte del mondo,

qualunque sia il colore della sua pelle, il suo paese d'origine, la religione dei suoi genitori, commette un crimine atroce. A questo proposito apprezzo la disponibilità del tuo Governo a riconoscerci fondi per sostenere le politiche in favore di quei minori. E più in generale, spero che il rapporto tra amministrazioni locali e governo centrale, su questo ed altri temi, sia sempre continuo, intenso e proficuo. Ma il dialogo tra un sindaco e un governo nazionale non basta. Su un tema come l'accoglienza di milioni di profughi in fuga dalle guerre, le città di frontiera del Sud dell'Italia, da Lampedusa, a Taranto, a Bari, non possono essere lasciate da sole. Non è un problema del Mezzogiorno. Non è un problema italiano. È un problema globale e l'Europa non può far finta di niente. Confidiamo che con la tua presidenza del semestre europeo, Presidente, e con la nomina di Federica Mogherini, per la quale ti sei battuto, le cose cambieranno. Intanto, a te e alla Ministra Mogherini, un orgoglioso augurio di buon lavoro da parte di tutti noi. È questa la politica. Condividere i problemi e trovare insieme le soluzioni. Al di là degli steccati ideologici, al di là di anacronistici campanilismi. Bari, su questo, vuole essere il modello di un nuovo Sud che sa che divisi si muore e uniti si cresce. Per questo sosteniamo con convinzione la candidatura di Lecce capitale europea della cultura 2019. Per questo siamo al fianco delle popolazioni del Gar-

gano colpite dal nubifragio, e ci uniamo a loro nel chiedere massima attenzione al problema del dissesto idrogeologico, lì, come in tutta l'Italia. Permettetemi di rivolgere un grazie a tutti i volontari, agli uomini della protezione civile, alla Regione Puglia, all'esercito e al Governo. Grazie per essere stato a Peschici, questa mattina, presidente. Grazie a tutti quelli che in questi momenti, sanno rispondere presto e bene alle richieste d'aiuto dei nostri territori. E grazie a tutti i sindaci dei comuni colpiti, che sono rimasti in prima linea, senza paura, a fronteggiare le emergenze. Non saremo la parte più ricca del Paese, presidente, ma c'è una risorsa che di sicuro non ci manca. È il coraggio. Non manca alle istituzioni e non manca agli imprenditori. Coraggio e fiducia nel futuro, voglia di scommettere, di mettersi alla prova. Anche per questo ti ringraziamo presidente, perché se hai deciso di venire qui, vuol dire che sai che non siamo quelli del salotto buono (al massimo siamo quelli della buona cucina). Noi rappresentiamo quel tessuto imprenditoriale che si spacca la schiena e non si arrende. Ogni giorno in Puglia, un imprenditore si sveglia e sa che deve lavorare il doppio di uno del nord, perché deve fare i conti con arretratezze, servizi meno efficienti e illegalità. Eppure, ogni giorno, questo imprenditore si sveglia e si mette a lavorare. Non piagnucola su quello che non va, ma prova a migliorarlo. Non elemosina soluzioni dall'alto ma le cerca da sé. Esattamente come facevano i nostri nonni (e tu l'hai sottolineato recentemente) che da-


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vanti alle difficoltà non si arrendevano, non davano la colpa ad altri ma si ingegnavano per garantire il futuro a loro e alle loro famiglie. Perché i nostri nonni credevano nel futuro come noi vogliamo crederci oggi. Non ci sono gufi, qui, Presidente, stai tranquillo. Ma questo non deve essere un alibi per il governo. Non ci lasciate soli. Dovete continuare a lavorare per permettere a questo sud, al sud migliore, di andare veloce, molto più veloce di adesso. Oggi per raggiungere Napoli in treno, io ci impiego 4 ore, se mi va di lusso e non mi salta la coincidenza. Alla media di 66 km/h. Per andare da Roma a Firenze, più o meno la stessa distanza, ci impiego un'ora e mezza, a una media di 200km/h. Più di tre volte tanto. E la situazione dei collegamenti ferroviari sulla dorsale adriatica non è diversa purtroppo. Hai promesso, Presidente, che i lavori per l'alta capacità Bari-Napoli cominceranno con due anni d'anticipo e per questo ti ringrazio. E ti aspetto qui, all'inaugurazione del cantiere, a novembre 2015. Poseremo insieme la prima pietra. Da oggi faccio partire il conto alla rovescia. Intanto, un altro conto alla rovescia sta per arrivare al termine. Il 1° gennaio prossimo, Bari diventerà città metropolitana. Non mi sembra vero. La prima legge sulle città metropolitane è datata 8 giugno del 1990. Il giorno dopo Totò Schillaci segnava all'Austria il primo dei suoi 6 gol nel mondiale delle notti magiche. Io avevo vent'anni e stavo preparando l'esame di Analisi I a Ingegneria. Nel frattempo, sono passati altri sei mondiali di calcio. E io ho avuto il tempo di laurearmi, di diventare ingegnere all'Anas, di fidanzarmi, di sposarmi, di avere due figlie e di essere eletto addirittura sindaco della mia città. E ora che anche mia figlia si è fidanzata, temevo di doverla vedere laureata e di diventare nonno prima che questa legge trovasse applicazione. Invece, per merito tuo, presidente, tra poco più di tre mesi, Bari sarà la quinta città metropolitana d'Italia, con un milione e duecentomila abitanti. Una sfida importante per chi, come me, crede alla politica come condivisione e come superamento degli steccati. Una sfida alla quale arriviamo preparati,

ma che ci impone grande responsabilità e scelte strategiche. Anche per questo, presidente, ti chiediamo di velocizzare il piano di dismissione delle caserme a cui sappiamo sta lavorando la Ministra della Difesa Pinotti e di concederci una delle caserme inutilizzate della città per realizzare finalmente quel polo della giustizia barese che da troppo tempo attendono avvocati, magistrati, personale della giustizia e semplici cittadini. E ci auguriamo, nello stesso tempo, che il tuo Governo decida di cancellare finalmente una legge che tu, che sei stato sindaco, non puoi che giudicare, come me, del tutto assurda ed insensata. La legge 392 del 1941, che scarica i costi di una funzione statale fondamentale e delicata come la giustizia, sui bilanci comunali. Una vera e propria sciagura. Nessuna elemosina, nessun piagnisteo. Chiediamo soltanto che lo Stato faccia il suo dovere, cioè semplificare, rimuovere gli ostacoli, facilitare la vita dei cittadini e delle comunità, renderci tutti più liberi. Vogliamo la libertà di scommettere sulle nostre capacità, la libertà di aprire un'azienda senza combattere con la burocrazia, di aprire un negozio senza dover pagare il pizzo, la libertà di andare in giro per strada senza temere per la propria vita. "Libertà" presidente. Libertà, per uno scherzo beffardo del destino, è il nome del quartiere nel quale Florian Mesuti, un ragazzo perbene, è stato ucciso qualche giorno fa, solo perché aveva provato a mettere fine a una lite tra ragazzini. Niente potrà cancellare questo delitto, niente potrà ridare pace e serenità alla sua famiglia e niente restituirà la gioia quotidiana a tutti quelli che per colpa della criminalità organizzata, hanno perso qualcuno che amavano. Ma noi non avremo pace finché non faremo tornare la Libertà nel quartiere che porta quel nome. E per farlo, servono senz'altro più forze dell'ordine, ed è per questo che abbiamo chiesto al ministro Alfano di inviare più agenti di pubblica sicurezza. Ma serve soprattutto l'unica vera forza dell'ordine che può spazzare via la mafia: la forza del lavoro, di quello pulito e onesto, che toglie alla criminalità il suo potere di ricatto e azzera la sua capacità di reclutamento. Per questo, proprio nel cuore del Libertà, nella vec-

chia Manifattura dei Tabacchi, insieme all'Università, porteremo i cervelli del CNR, che trasformeranno un grande vuoto urbano in un hub dell'innovazione e della ricerca. E in questo stesso luogo daremo vita a Porta Futuro, un grande progetto già sperimentato con successo a Barcellona e a Roma, che promuove l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro in modo moderno ed efficace. E sull'insegna, accanto a Porta Futuro, scriveremo il nome di Florian Mesuti. Abbiamo parlato di date importanti. Quella di Lecce nel 2019, quella dell'alta capacità Bari-Napoli, nel novembre del 2015 e quella della città metropolitana, nel prossimo gennaio. Vorrei chiudere con un'altra data, di cui si parla poco ma che forse è la più importante di tutte. È vicinissima. Tra soli due giorni, lunedì riaprono le scuole. So che ognuno dei tuoi ministri, presidente, andrà a far visita a una scuola della propria infanzia. E farò così anche io. Anzi, di più, accompagnerò mia figlia al suo primo giorno di scuola elementare. Non è solo un atto simbolico. È la risposta a chi oggi, di fronte alle proposte per una riforma della scuola, dice che questa non è una priorità. Ebbene io credo che la scuola, per ogni istituzione, dal governo, al parlamento, dalle regioni ai comuni, è oggi, sarà domani e sarà tra cent'anni, sempre, La priorità. I baresi, i pugliesi e gli italiani di domani, sono lì, seduti tra quei banchi. E noi, come istituzioni, migliorando la scuola, possiamo cambiare il loro futuro e la nostra storia. Siamo di fronte a un bivio. A seconda di come noi ci comportiamo oggi, i bambini che siedono su quei banchi, tra quindici anni li troveremo o davanti a un computer a creare un algoritmo per una nuova teoria macroeconomica, oppure davanti a un videopoker; li troveremo a maneggiare un prototipo di un nuovo aereo superveloce o a maneggiare una pistola automatica; a seconda di come noi ci comportiamo oggi, li troveremo a pronunciare una esemplare sentenza di condanna, oppure a scontarla. Ecco perché, presidente, il primo giorno di scuola è importante prima di tutto per noi, rappresentanti delle istituzioni. Perché noi per primi, abbiamo ancora molto da imparare”.


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la Fiera torna al suo spirito originario IL PRESIDENTE UGO PATRONI GRIFFI: CI ISPIRIAMO AI VALORI FONDANTI DELLA BORGHESIA MERCANTILE, RAZIONALIZZAZIONE DEI PROCESSI IMPRENDITORIALI, SPIRITO DEL RISPARMIO ED ETICA NEGLI AFFARI

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ignor Presidente del Consiglio, Onorevoli, Ministri, Sottosegretari, Onorevoli Parlamentari, Signori Ambasciatori, Presidente della Regione, Signor Sindaco, Presidente della Provincia, Delegazioni estere, Autorità civili, militari e religiose, signore e signori sono davvero onorato di poterLa accogliere nuovamente quest’anno nella Fiera del Levante e La ringrazio per avere voluto, con la Sua presenza, confermare la tradizione che vede il Presidente del Consiglio inaugurare la nostra Campionaria. Se l’origine delle Fiere risale al Medioevo, è nella prima metà del ‘900 che nascono le Fiere moderne. In Italia in base ad una virtuosa sinergia tra enti locali (Comune e Provincia) ed imprenditoria locale, quest’ultima rappresentata dalle Camere di Commercio la cui natura ibrida, tra associazionismo e funzione strumentale istituzionale, si prestava (e ancora oggi si presta) efficacemente a renderle lievito dello sviluppo e del progresso economico del territorio. Le Fiere moderne, si può dire, sono il frutto delle istanze più avanzate della borghesia commerciale del ‘900, che giustamente riteneva imprescindibile fattore di crescita economica l’apertura al mercato, la rimozione delle barriere fiscali, l’intessitura di rapporti e di sinergie commerciali. In un mondo in cui le comunicazioni non erano ancora facilitate dalla informatizzazione e le distanze geografiche costituivano effettivo ostacolo alle interazioni commerciali. Da allora è passato molto tempo e le condizioni economiche del Paese sono profondamente mutate. Viviamo

l’era della glocalizzazione. Le distanze geografiche non costituiscono più il principale ostacolo al commercio. Oggi le barriere alla internazionalizzazione risiedono principalmente nella complessa matassa normativa che regola il commercio, specie internazionale, e nelle differenze linguistiche e culturali. Le Fiere, oggi, si mostrano strumento particolarmente efficace per, se non annullare, grandemente ridurre tali barriere. Non a caso il sistema fieristico italiano è secondo in Europa a quello tedesco, precedendo quello spagnolo e francese. Ogni anno si svolgono oltre mille manifestazioni fieristiche, di queste 209 sono internazionali; raggiungono un fatturato complessivo di quasi un miliardo di euro ed un indotto che supera di tre volte il fatturato. Mentre gli affari conclusi (riferisce la AEFI) raggiungono i 60 miliardi di Euro. Pertanto, le Fiere, signor presidente, continuano a rappresentare una grande occasione di business per le imprese e quindi costituiscono ancora una leva di crescita per l’economia italiana. Tuttavia, le fiere sono imprese, e come tutte le imprese risentono dell’andamento dei cicli economici. Il che è fisiologico, ed impone alla comunità politica ed economica uno sforzo per traghettare le imprese fieristiche e le potenzialità che esse racchiudono per il territorio oltre le secche della crisi. In questo sforzo sono impegnati anche i soci della Fiera del Levante, i suoi amministratori e i dipendenti. Uno sforzo più poderoso di quello richiesto alle imprese fieristiche del Nord Italia. In quanto destinato a colmare oltre agli effetti della crisi, ancora

più avvertita nella fragilità del tessuto economico meridionale, incrostazioni patologiche della struttura dei conti che, negli anni, avevano scavato un solco profondo tra la Fiera del Levante e le imprese concorrenti. Per queste ragioni, è stato varato un imponente piano di ristrutturazione che lentamente sta riallineando la struttura dei costi a quelli del settore, e che prevede la valorizzazione dell’enorme patrimonio immobiliare dell’Ente (oltre 33 ettari e 900.000 metri cubi) anche grazie all’intervento dei privati e alla ricerca di sinergie con altri operatori fieristici. Nel predisporlo, ci siamo ispirati a quei valori fondanti della borghesia mercantile: la razionalizzazione dei processi imprenditoriali; lo spirito del risparmio e l’etica negli affari. E’ grazie a questi valori e agli effetti pratici che ne stanno derivando che quest’anno siamo riusciti a riportare la Campionaria al suo spirito originario. Infatti, come ebbe a dire il prof. Nicola Tridente, cui va tutta la nostra riconoscenza per aver risollevato la Fiera nel difficile momento del dopoguerra, la Campionaria “è un grande libro aperto nel quale il curioso visitatore trova modo di vedere, osservare, erudirsi” per godere di una qualità della vita migliore. Un decisivo sostegno al rilancio della Fiera del Levante e all’attuazione del piano di ristrutturazione, signor Presidente, potrebbe sicuramente derivare dall’inclusione del quartiere fieristico nel decreto sulle zone franche urbane. Con questi intendimenti, signor Presidente, la invito ad inaugurare ufficialmente la 78ª edizione della Fiera del Levante.


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le immagini della cerimonia inaugurale SABATO 13 SETTEMBRE L’APERTURA UFFICIALE DELLA 78ª EDIZIONE DELLA FIERA DEL LEVANTE, ALLA PRESENZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO RENZI E DI NUMEROSE AUTORITÀ

Tutti in piedi per l’Inno di Mameli che ha dato il via ufficiale alla cerimonia di inaugurazione della 78ª edizione della Fiera del Levante

All’uscita dalla sala che ha ospitato l’inaugurazione, il Presidente del Consiglio Renzi si intrattiene con i giornalisti, prima di avviarsi verso il padiglione della Regione Puglia

Matteo Renzi si concede a una fan per un selfie, prima di lasciare la Fiera del Levante per recarsi a Mola di Bari per l’inaugurazione della Sitael


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Emiliano, dopo 10 anni al tavolo di presidenza, relegato a metĂ sala

Introna-Gentile: rapporto difficile anche se sorridente

Gli onorevoli del Partito Democratico Roberto Speranza e Gianni Cuperlo

Il padiglione Spazio 7, gremito di gente per l’arrivo del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ascolta l’intervento del sindaco di Bari Antonio Decaro

Decaro e il presidente della Fiera Patroni Griffi in posa per i fotografi

La prima uscita ufficiale del nuovo capo di gabinetto di Vendola, dott.ssa Antonella Bisceglia


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I sindaci del Salento protestano contro la realizzazione del gasdotto TAP. In basso ascoltano e applaudono il passaggio dell’intervento del presidente Vendola dedicato alla vicenda


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L’arrivo del Ministro della Difesa Roberta Pinotti

L’europarlamentare di Forza Italia Raffaele Fitto a colloquio con l’ex Prefetto di Bari Carlo Schilardi

Il lancio di un pallone aerostatico in onore del Premier


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Antonio Distaso, Michele Boccardi e Nuccio Altieri a colloquio

L’ad di Ferrovie dello Stato Michele Elia con l’assessore regionale Guglielmo Minervini

L’arrivo dell’arcivescovo di Bari mons. Cacucci con il sottosegretario al lavoro Cassano

Presente all’inaugurazione anche il deputato di Centro Democratico Bruno Tabacci







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