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L’Europa finalmente al tavolo delle contrattazioni

Il rischio di una carenza di gas dalla Russia, nonché l’aumento dei prezzi sulla borsa di Amsterdam nei mesi scorsi, ha spinto la Germania, dipendente dalla Russia per oltre il 60% del proprio fabbisogno energetico, a riaprire le miniere locali di carbone. Questa azione, resasi necessaria anche a causa dell’aumento dell’approvvigionamento della materia prima da parte dei paesi esportatori, ha scatenato le proteste degli ambientalisti. Le quotazioni del carbone sui mercati internazionali hanno segnato un aumento di oltre il 70% dai minimi a $203 per tonnellata di agosto 2022, spingendo le nazioni ricche di carbone a riaprire le proprie miniere. Un meccanismo che ha avviato una politica di indipendenza energetica che risulta, tuttavia, tardiva e inefficace, al fine di isolare politicamente ed economicamente la Russia dopo l’invasione in Ucraina.

Punti di (s)volta

La scoperta di un enorme giacimento di terre rare in Svezia, più precisamente nell’area di Kiruna oltre il circolo polare artico nel nord della Lapponia, ha acceso gli animi europei convinti che questa scoperta possa cambiare la rotta nell’approvvigionamento di materie prime fondamentali, attualmente detenuta quasi totalmente dalla Cina. La società svedese che ha effettuato la scoperta ha dichiarato che la concentrazione di terre rare potrebbe soddisfare le richieste di materie prime per il “Green New Deal” europeo e favorirebbe un diretto approvvigionamento del settore automotive, fondamentale nella transizione ecologica. Il giacimento da 1 milione di tonnellate di minerale di terre rare, tuttavia, rappresenta solo una piccola parte delle riserve presenti nel sottosuolo del globo terrestre (stimate in 120 milioni di tonnellate dall’Istituto Geologico degli Stati Uniti – USGS), pertanto la continua esplorazione potrebbe portare al rinvenimento di nuovi depositi e consentirebbe di rendere economicamente più accessibile lo sfruttamento di depositi minori.

Tale ritrovamento risulta particolarmente importante perché in grado di avvicinare l’Europa, seppur con tempistiche ancora lunghe, al mercato globale delle terre rare. Infatti i tempi di sfruttamento del giacimento, secondo il responsabile del progetto, si aggirano intorno ai 10-15 anni prima di poter assistere all’estrazione e alla commercializzazione, e in questo lasso di tempo l’Europa dovrebbe quindi dipendere ancora da paesi terzi. Ciononostante, l’avvio di esplorazioni finalizzate all’approvvigionamento di elementi chiave in grado di accelerare anche la dipendenza energetica attraverso l’utilizzo di materiali innovativi pone l’Europa in un ruolo di maggiore forza nei confronti delle regioni ric- che di queste materie prime. Potersi sedere al tavolo delle contrattazioni, sapendo che in tempi relativamente brevi si potranno sfruttare le proprie risorse naturali, potrebbe porre l’Europa in uno stato di parità, se non di vantaggio, rispetto agli anni precedenti. Inoltre, la volontà di ripristinare la produzione di microprocessori all’interno dell’Europa potendo sfruttare, non solo la tecnologia, ma anche le risorse naturali del continente, dovrebbe favorire investimenti e migliorare il ciclo produttivo di queste importantissime componenti.

Discorso del tutto simile anche per il ruolo, ancora cruciale, del petrolio e del gas, con l’Europa che sta cercando di essere maggiormente autonoma o dipendente da quei paesi dove la sua influenza è ancora molto presente. Basti pensare al recente accordo italiano in Libia, volto a beneficiare non solo della vicinanza geografica tra i due paesi, ma anche di anni di relazioni distese, nonostante il problema dell’immigrazione nell’area del Mediterraneo.

Gli obiettivi green si avvicinano

L'Europa con il Green New Deal è impegnata in prima linea nella transizione ecologica, obiettivo ancora lontano se pensiamo alla necessità di utilizzare sempre più materie prime. L’obiettivo è quello di raggiungere la riduzione delle emissioni di almeno il 55% rispetto ai livelli registrati nel 1990, entro il 2030. A questo si aggiunge anche un nuovo piano d’azione per l’economia circolare, di cui l’Europa è già tra i leader del mondo, volto a ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali e trasformare quelle non più in uso. Si pensi, ad esempio, alla rottamazione di prodotti ricchi di materie prime, il cui riciclo è economicamente più conveniente rispetto alla produzione a partire da minerali o metalli grezzi.

Allo stesso tempo, per raggiungere una maggiore indipendenza dalle fonti energetiche quali petrolio e gas, l’investimento su commodity ferrose e non ferrose resta di primaria importanza.

Come è noto negli anni hanno assunto un ruolo sempre più crescente le materie prime in grado di favorire la messa in atto della transizione ecologica. Un esempio è rappresentato dalle turbine eoliche che necessitano di acciaio e rame per poter sfruttare la forza del vento e trasformarlo in energia pulita, oppure dai pannelli fotovoltaici che, attraverso il “silicio di grado solare” (ovvero il silicio con un grado di purezza fino al 99,9%), sono in grado di catturare la luce solare e di trasformarla in energia. Naturalmente, il silicio non è l’unica componente necessaria per la costruzione di un pannello fotovoltaico, sono necessarie anche alluminio, acciaio e rame.

Tutte queste materie prime sono facilmente rinvenibili in natura, principalmente nei paesi del Sud America, dell’Africa, in Asia (Cina, Filippine e Indonesia) e in Australia, che annoverano una grande presenza di miniere o impianti produttivi. Ed è proprio a quelle aeree del mondo, spesso instabili dal punto di vista politico e sociale, che si continua a guardare per l’approvvigionamento di materie prime, tema trattato già nel secondo numero del 2021, il 727.

In quell’articolo si sottolineava come la predominanza di aziende estere, che controllano la produzione o l’estrazione di queste materie prime, impone di fatto una sudditanza dell’Europa e del mondo occidentale nei confronti di queste nazioni. In quell’occasione si era parlato anche dell’aumento dei prezzi delle materie prime, tema oggi più attuale di allora, con gli impatti sui prodotti finiti che mette in difficoltà sia le aziende manifatturiere sia gli utilizzatori finali.

Un equilibrio necessario tra economia e politica

Come detto, tuttavia, quello che preoccupa maggiormente è l’impatto degli alti costi che comporta lo spostamento da una dipendenza geografica all’altra. È davanti agli occhi di tutti quanto le scelte politiche siano in grado di influenzare la vita quotidiana, andando a colpire anche i prezzi dei prodotti finali. Se la transizione ecologica sarà attuata grazie all’implementazione di nuovi progetti, l’attenzione dovrà essere spostata sull’impatto economico che questa avrà sulla popolazione, rendendo necessaria l’attuazione di programmi economici-finanziari a supporto di questa da parte dei governi centrali e dei responsabili della politica monetaria.

Un ruolo chiave in tal senso lo stanno già giocando le banche centrali che, dopo l’aumento dell’inflazione dovuta allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina che ha spinto al rialzo i prezzi di petrolio e gas nonché di cereali e grano ed in genere di prodotti agricoli o a loro connessi (ad esempio i fertilizzanti), hanno avviato una stretta monetaria al fine di frenare l’aumento dell’inflazione.

Le banche centrali saranno chiamate a fornire gli strumenti necessari per rallentare la pressione sui prezzi e allo stesso tempo mantenere una crescita economica solida e duratura. Combinazione che non sembra riuscire alla Banca Centrale Europea, a differenza della Federal Reserve statunitense, che dopo gli aumenti dei tassi ha visto un lieve rallentamento della pressione sui prezzi al consumo, ma contestualmente una netta frenata della crescita economica, con il rischio dell’ingresso in recessione dell’economia dell’eurozona. Non a caso la Banca Centrale Europea ha fatto intendere che gli aumenti dei tassi termineranno presto (probabilmente dopo l’aumento di marzo) per poi avere riscontro dall’economia sull’efficacia dell’azione monetaria restrittiva prima di, eventualmente, riproporre nuovi piani di stimolo.

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