Indice Introduzione.............................................................................................................2 1. GLI ATTORI DEI MERCATI MUSICALI..........................................................6 1.1 Produzione................................................................................................7 1.2 Intermediazione........................................................................................8 2. RACCOLTA DELLE ROYALTIES IN ITALIA................................................10 2.1 SIAE ......................................................................................................10 2.2 IMAIE.....................................................................................................17 2.3 SCF.........................................................................................................20 3. DAL MONOPOLIO LEGALE ALLA LIBERA CONCORRENZA: LE SOCIETĂ€ DI COLLECTING IN EUROPA..........................................................25 3.1. Il copyright in Europa............................................................................25 3.2 Italia vs. Regno Unito.............................................................................27 3.3 Analisi dei costi di iscrizione e licenza...................................................30 3.4 Considerazioni........................................................................................32 4. L'UNIONE EUROPEA E I DIRITTI DI PROPRIETA' INTELLETTUALE. . .35 4.1 Cosa sono i DPI......................................................................................35 4.2 Verso un mercato unico integrato...........................................................37 4.3 Il diritto d'autore nel mercato unico digitale...........................................40 4.4 Sensibilizzazione dell'opinione pubblica................................................42 5. L' EVOLUZIONE DEI MERCATI MUSICALI................................................46 5.1 Il file fonografico....................................................................................46 5.2 L'aggregazione di contenuti....................................................................47 5.3 VAS (Value Added Services - Servizi a valore aggiunto).......................49 5.4 Lo sviluppo di piattaforme......................................................................50 5.5 La distribuzione......................................................................................52 5.6 Mediazione e generazione dei contenuti.................................................53 5.7 Crowdsourcing & Crowdfunding...........................................................57 6. LE NUOVE STRATEGIE DEL COMPARTO FONOGRAFICO: DALLA CREAZIONE DI PRODOTTI ALLA FORNITURA DI SERVIZI.......................61 6.1 Il 'problema' del file sharing...................................................................61 6.2 Nuovi modelli di business......................................................................63 6.3 Dalle etichette discografiche alle agenzie musicali................................65 CONCLUSIONI.....................................................................................................68
Introduzione Nel XX secolo, l'avvento dei riproduttori ed in particolare del computer e delle Rete internet, ha definitivamente gettato in crisi tutta l'industria musicale finora fondata sulla gestione del copyright, privandola di fatto di uno dei cardini fondamentali sulla quale si reggeva, ovvero il costo e la difficoltà di riprodurre e diffondere sul territorio le opere. Fino a pochi anni fa tutti questi aspetti erano gestiti esclusivamente dagli intermediari (editori, discografici, produttori cinematografici) dietro compenso o cessione dei diritti da parte degli autori. Queste figure professionali, un tempo necessarie, proprio perché si assumevano il rischio della produzione e della distribuzione di libri, dischi ed altre opere creative oggi stanno perdendo la loro importanza. Al contempo si aprono nuove opportunità per gli autori che possono addirittura tentare la strada dell'affermazione senza dover sottostare al giudizio di tali intermediari. E' quindi in quest'ottica che si racchiude l'essenza della nostra epoca che, sotto la spinta di un progresso tecnologico inarrestabile e in continuo mutamento, vede l'affermarsi di nuovi modelli di business e la crisi delle vecchie strutture. In questi ultimi anni stiamo assistendo allo scontro tra forze conservatrici ed innovatrici, scontro incentrato sul sistema dei diritti di proprietà intellettuale. Il confronto potrà risolversi o con l'estremizzazione delle rispettive posizioni, oppure con il graduale trapasso dal "vecchio" al "nuovo"; per far ciò occorre analizzare e riflettere su come funziona il meccanismo della protezione e monetizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, senza dimenticare che è ormai inutile ed anacronistico pretendere di arrestare il progresso dell'umanità solo per difendere l'attuale organizzazione produttiva dell'industria dell'intrattenimento. 1
Da un punto di vista piu' ampio e slegato dall'ambito della produzione musicale, lo sviluppo tecnologico che ha reso la copia di un'opera estremamente economica rappresenta un enorme progresso per l'intera umanità. Sappiamo tutti che quando erano gli amanuensi a copiare i libri la diffusione della cultura era limitata, mentre con l'abbattimento dei costi il grado di cultura e di progresso dell'umanità è aumentato esponenzialmente. Quello della cultura e della diffusione delle conoscenze rappresenta oggi l'ambito dove maggiori sono le opportunità offerteci dallo sviluppo della tecnica. Non dimentichiamo che un autentico e globale accesso al sapere costituisce una delle migliori vie per affrontare finalmente con successo il problema della povertà e del sottosviluppo in vaste aree del nostro pianeta. Questo percorso di progressiva partecipazione di un sempre maggior numero di persone nel processo di creazione e fruizione dell'arte, delle scienze e della cultura può determinare l'affermarsi inarrestabile e vigoroso della democrazia. Infatti non c'è alcun dubbio sul fatto che il livello di democrazia di una organizzazione sociale sia determinato dalla presenza di "regole di inclusione", mentre le "regole di esclusione" sono il sintomo di sistemi scarsamente democratici. Come già abbiamo potuto intuire da queste prime righe la materia e' molto complessa, anche a causa dell' intreccio dei piani su cui si muovono le attuali logiche economiche, politiche e giuridiche. Sarà opportuno capire soprattutto fino a che punto si spinge l'industria musicale e che tipo di rapporti ha con le industrie confinanti. Questo è un tema fondamentale non solo per tentare di quantificare l'esatta consistenza economica dell' industria musicale, ma anche e soprattutto per capire che ruolo giocano gli attori dei mercati musicali (autori,
2
compositori, editori, discografici, content provider, ecc.) e da quali garanzie giuridiche, e di conseguenza economiche, dovrebbero essere tutelati. Ormai è sotto gli occhi di tutti la strategia commerciale di colossi come la Apple, contemporaneamente fornitore di servizi (iTunes Store) e di prodotti (iPod, iPhone, ecc.): tutti si sono resi conto che la creazione dello store sia servita solo ed esclusivamente a far vendere i lettori di file mp3. Altrettanto ovvio che i guadagni generati dalla vendita di file mp3 sono infinitamente piu' bassi di quelli generati dalla vendita dei lettori. Contemporaneamente sappiamo che i lettori mp3 possono tranquillamente riprodurre file scaricati illegalmente da siti di file sharing (grazie alla tecnologia del peer to peer), e che gli internet provider realizzano altissimi incassi (sotto forma di sponsorizzazioni, introiti pubblicitari e/o canoni di abbonamento) grazie proprio alla possibilità che danno agli utenti di collegarsi ad internet ad alta velocità ed effettuare il download o lo streaming di contenuti, la maggior parte dei quali protetti da copyright. Lo stato attuale delle cose ci spinge a porci alcune domande: visto il crescente business della musica online, che si è sviluppato in modo autonomo sfruttando un ritardo legislativo e bypassando di fatto le società di collecting, è giusta e conveniente la svalutazione del diritto di proprietà a vantaggio dei più svariati diritti di accesso? In quest'ottica si innesta l'argomento di questa tesi: in un' epoca dove la musica è diventata il fulcro e il valore aggiunto di ogni attività online come si stanno comportando le principali società di gestione e tutela dei diritti d'autore in Italia e in Europa? Quali sono le direttive e le linee guida dell' Unione Europea? Quali sono i nuovi ed emergenti modelli di business che si stanno imponendo sul mercato, sfruttando il vuoto
3
legislativo e gettando di fatto in crisi la classica industria dei prodotti culturali?
GLI ATTORI DEI MERCATI MUSICALI
Per comprendere appieno l'argomento della tesi e' importante fare una breve analisi per individuare gli attori e le varie attività che fino allo scorso decennio hanno contribuito a far nascere e proliferare le economie della musica.
1.1 Produzione La
produzione
dell'opera
musicale
nasce
dalla
creatività
del
Compositore della musica e, se presente, dell' Autore del testo letterario. Entrambi possono scegliere di essere tutelati da società come la SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori), un ente pubblico economico a base associativa, preposto alla protezione e all'esercizio dei diritti d'autore. Queste società si occupano di concedere licenze e autorizzazioni per lo sfruttamento economico di opere, per conto e nell'interesse degli aventi diritto (compositori, autori e, come vedremo in seguito, editori), percepire i proventi derivanti dalle licenze/autorizzazioni e ripartire i proventi tra gli aventi diritto. Bisogna specificare che la SIAE non crea diritti d'autore, ma si limita a tutelare coloro che intendano depositare volontariamente le loro opere presso questo ente al fine di vederne protetta la paternità e i correlati 4
diritti. Il deposito non è obbligatorio in quanto il diritto d'autore, per sua natura, sussiste sin dalla creazione dell'opera e quindi possono essere usati altri mezzi per la dimostrazione della titolarità dei diritti. Ovviamente i compositori avranno bisogno di professionisti che possano eseguire al meglio le loro composizioni, soprattutto nel momento della registrazione di una musica in uno studio di registrazione e, successivamente, per le esibizioni live. Questi professionisti sono chiamati Artisti Interpreti ed Esecutori. Questa categoria di lavoratori dello spettacolo e' tutelata da società come la NUOVA IMAIE (Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori) . Queste società si occupano di proteggere le loro prestazioni artistiche e professionali, di raccogliere i diritti degli artisti interpreti esecutori di opere musicali, cinematografiche e audiovisive ogni qualvolta queste siano riutilizzate e/o trasmesse dalle radio, dalle televisioni e da qualsiasi altro ente utilizzatore e di far valere il diritto all’equo compenso connesso alla riutilizzazione o alla riproduzione delle opere interpretate o eseguite in base a quanto previsto dalla Legge sul Diritto d'Autore n.633.
1.2 Intermediazione Una volta creato il prodotto culturale, questo andrà immesso sul mercato per poter ottenere maggiore visibilità e generare un guadagno. In questo caso possono venire in aiuto dei compositori alcune figure professionali che si occuperanno della commercializzazione e dello sfruttamento economico dell'opera, in accordo con i compositori e gli interpreti. Le figure piu' importanti sono sicuramente:
5
•
Editore Musicale: manager dell'opera creativa, cerca di sfruttarla al meglio. L'editore è un talent scout e un ricercatore di businness, e guadagna sfruttando il diritto d'autore. E' tutelato da società come la SIAE.
•
Discografico: manager dell'artista che esegue l'opera e/o manager della registrazione. Guadagna dalle utilizzazioni dell'opera
(radio,tv,
sincronizzazioni),
sfruttando
il
diritto
connesso. E' tutelato da società come l'SCF, un consorzio che gestisce la raccolta e la distribuzione dei compensi, dovuti ad artisti e produttori discografici, per l’utilizzo in pubblico di musica registrata, come stabilito dalle direttive dell’Unione Europea e dalla legge sul diritto d’autore. Da notare che SCF intende gestire inoltre i diritti degli artisti ed interpreti italiani e stranieri, grazie agli accordi di collaborazione con IMAIE. Per maggiore chiarezza ricordiamo che i Diritti Connessi sono quei diritti che si generano dal momento in cui un' opera musicale viene registrata, eseguita in pubblico da musicisti o trasmessa tramite radio, tv, internet, ecc.
•
Distributore: distribuzione al dettaglio nei negozi reali e digitali (iTunes, ecc.). Guadagna ricevendo una percentuale sul prodotto venduto.
I canali distributivi sono: 1. musica su supporti fisici (cd,dvd,ecc.) 2. musica digitale (internet, telefonia mobile, abbonamenti a siti tipo jamba, ecc.) 6
3. musica "sparsa" (radio, tv, discoteca, centri commerciali, negozi, palestre, ecc.) 4. sincronizzazioni (spot pubblicitari e cinema) 5. concerti (musica suonata dal vivo) Ovviamente gli accordi tra tutte queste figure professionali sono regolati da appositi contratti di edizione (per permettere agli editori di partecipare ai guadagni generati dal diritto d'autore), cessione (per autorizzare i discografici a sfruttare economicamente le registrazioni) e licenza (per autorizzare i distributori a vendere i prodotti dell'ingegno in cambio di una percentuale sulle vendite e gli utilizzatori ad utilizzare legalmente opere protette da copyright).
2. RACCOLTA DELLE ROYALTIES IN ITALIA
2.1 SIAE Entriamo ora nel dettaglio della stato Italiano, che vede la SIAE come unica società di gestione e ripartizione di tali diritti. La SIAE raccoglie i proventi relativi al diritto d'autore e li distribuisce in base a delle quote di ripartizione a tutti gli aventi diritto, cioè gli autori, i compositori e gli editori. Pochi sanno che la SIAE si occupa anche della raccolta dei diritti connessi alla registrazione: quelli dei discografici (gestiti poi da società come la SCF) e quelli degli interpreti esecutori (attualmente gestiti dalla Nuova IMAIE). Come possiamo ben vedere, la SIAE è uno dei soggetti cardine del nostro "Sistema Cultura" , ovvio quindi che le decisioni prese su tariffe, 7
gestione dei proventi, ripartizione, ecc. riguardano non solo gli aventi diritto, ma incidono anche sul livello di accesso alla cultura e sulle concrete possibilità per i piu' giovani di basare il proprio lavoro sui guadagni derivanti dai propri DPI. La SIAE è munita di un'organizzazione specifica per la tutela dei diritti d'autore, composta da circa 600 circoscrizioni mandatarie (con funzioni di sportello), 13 sedi regionali e 34 filiali, alle quali ricorrono molte produzioni italiane ed estere. Gli agenti SIAE al fine di prevenire ed accertare le violazioni del diritto d'autore, vigilano: •
sull'attività di pubblico spettacolo (L.248/2000) e in convenzione con l'Agenzia delle Entrate per i controlli IVA (Dpr 640/72)
•
in convenzione con l'ENPALS (assorbita ultimamente dall'INPS) sui
contributi
dei
lavoratori
dello
spettacolo
e
sportivi
professionisti. •
sull'attività
di
riproduzione
e
duplicazione
con
qualsiasi
procedimento e su qualsiasi supporto delle opere tutelate, compresa qualsiasi diffusione radiotelevisiva. •
sulla proiezione nelle sale cinematografiche delle opere tutelate e sui diritti connessi.
•
sulla distribuzione, vendita, noleggio, emissione e utilizzazione in qualsiasi forma dei supporti contenenti riproduzioni di opere tutelate.
•
sui centri di riproduzione pubblici o privati che usano per proprio conto, o rendono disponibili a terzi, apparecchi per fotocopia o analoghi sistemi.
Purtroppo in questi ultimi tempi gli associati rimproverano alla SIAE una grandissima inefficienza per quel che riguarda la raccolta dei diritti. Uno dei problemi piu' gravi riguarda la ripartizione dei diritti d’autore 8
maturati in seguito all’esibizione di musica dal vivo in locali pubblici, i cosiddetti "concertini". Sono dette “concertini” quelle esibizioni musicali dal vivo effettuate in pubblici esercizi (ovvero in locali pubblici non esercenti attività musicali), ove la musica ha funzione accessoria rispetto ad altra attività svolta nel locale, quale ad esempio la somministrazione di alimenti e bevande. In questo caso il gestore del locale paga alla SIAE una quota ogni volta che organizza un “concertino”. Questi soldi, tolta la percentuale che spetta alla SIAE stessa per l’attività svolta, dovrebbero andare agli autori dei brani eseguiti durante il “concertino”. Il problema e che spesso ciò non accade. Infatti il criterio di ripartizione del “concertino”, stabilito dall’ordinanza di ripartizione della Sezione Musica della SIAE attualmente in vigore è suddiviso in due parti: 1. Il 75% dei proventi maturati complessivamente in tutte le esecuzioni di “concertino” a livello nazionale in ciascun semestre dell’anno vengono divisi sulla base di quanto direttamente rilevato da “ispettori” SIAE, nel corso di 500 controlli “in incognito”
su
base
nazionale
per
ciascun
semestre
di
competenza. Si noti che la singola registrazione diretta dell’evento può anche essere riferita a parte dell’evento stesso e non alla sua integralità, ma in ogni caso non può essere di durata inferiore ai 60 minuti. Il 75% del totale dei proventi incassati per ciascun semestre viene così diviso tra le composizioni eseguite rilevate in tali controlli, attribuendo a ciascuna composizione tanti punti quante sono le relative esecuzioni (es: se nel campione un brano risulta eseguito 4 volte, riceverà 4 volte il compenso dovuto ad un brano eseguito
9
una volta sola). La presenza dell’ispettore SIAE, dovrebbe fungere quindi da garanzia che il 75% dei proventi derivanti dai “concertini” sia pagato agli autori di brani effettivamente eseguiti. 2. La restante quota del 25% viene ripartita tra le composizioni contenute in un campione del 20% dei programmi musicali consegnati, estratti a sorte con criteri di casualità statistica. Tra le composizioni così individuate, tale somma viene poi suddivisa con il criterio del “doppio punto”. Si attribuisce un punto a ciascuna composizione per ogni sua esecuzione (es: 4 esecuzioni del brano A=4 punti, 1 esecuzione del brano B=1 punto), conteggiando però 2 volte (maggiorazione di doppio punto) le composizioni con editore musicale (e quindi ad es: 4 esecuzioni del brano A senza editore=4 punti, esecuzioni del brano A con editore=8 punti). Si considerano come meritevoli del doppio punto le composizione per le quali all’editore musicale sono attributi almeno 8/24 dei diritti di esecuzione. Sono invece escluse dalla ripartizione le composizioni musicali eseguite per una durata inferiore ai 30 secondi o presenti in programmi musicali che presentano delle irregolarità nella compilazione (da notare che basta mettere una lettera fuori da uno spazio perché il programma sia annullato e tutti i brani presenti vengano esclusi dalle ripartizioni per 6 mesi). Facendo
due
rapidi
calcoli,
possiamo
notare
che:
A) nell’80% dei “concertini”, i proventi da diritto d’autore non verranno pagati agli autori dei brani eseguiti, ma finiranno in un "calderone" e verranno in seguito redistribuiti ad altri autori. B) è impossibile prevedere anticipatamente l’esatto ammontare di provento da diritto d’autore dovuto a ciascuna utilizzazione di un brano. C) nel caso l’esecuzione finisca tra le oltre 500 serate campionate, i
10
brani di quelle serate matureranno molti più proventi di quelli “estratti a sorte”: una sorta di lotteria, insomma. Da tutto cio' si evince che i soci SIAE sono divisi in due fasce: una fascia A formata dagli autori più ricchi a cui toccano priviliegi incredibili quali la suddivisione del “calderone” e una fascia di 20/30.000 autori e compositori ai quali viene sottratta anche una buona parte di quello che spetterebbe loro di diritto. Ciò avviene tramite la ripartizione “a campionamento” e la divisione del “calderone” solo fra soci maggiori. E’ un meccanismo che costituisce un arricchimento ingiustificato dei soci maggiori e dei loro editori, a discapito dei piccoli editori, autori e compositori. In sintesi gli ispettori SIAE, campionando le famose 500 serate prenderebbero nota dei pezzi più suonati (in base a quale criterio vengano scelte le serate non è dato sapere, ma possiamo facilmente immaginarlo visto che i piccoli soci non possono controllare questi controllori). Tutto il ricavo annuo di tutte le feste da ballo e concertini che si fanno in Italia viene poi ripartito fra i pezzi più suonati in quelle serate scelte in maniera arbitraria, cioè nessuno legge quei borderò che vengono compilati a centinaia di migliaia. Questa metodologia di calcolo fu introdotta nel 2006, nel tentativo di ridurre l’alta percentuale di irregolarità compiute nella compilazione del programma musicale da coloro che si esibivano in tali tipologie di eventi e cercare di ripartire i proventi in modo da evitare gravi comportamenti truffaldini. Si è cercato di in tale modo di porre un argine alla programmazione irregolare. Molti infatti dichiaravano di aver suonato brani che nella realtà non erano stati eseguiti.
11
Prima del 2006 invece i proventi venivano ripartiti secondo un criterio analitico: la somma pagata per una esibizione (tolta la quota dovuta alla SIAE) era divisa equamente tra i brani eseguiti. Per i concerti sinfonici, da camera, operistici e jazz (per i quali viene fornito un apposito programma musicale) l’incasso era invece diviso in proporzione alla durata dell’esecuzione di ciascun brano. A questo criterio analitico equo e uguale per tutti, si aggiungeva poi il criterio del doppio punto precedentemente spiegato. Purtroppo il nuovo criterio di ripartizione finisce di fatto per penalizzare la maggior parte dei piccoli cantautori o delle band che eseguono i propri brani (si pensi in particolare a coloro che esibiscano in “concertino” i loro brani, i quali potrebbero vedere non retribuita in diritto d’autore tale esecuzione), ma in generale penalizza tutti gli autori perché, il provento da diritto d’autore dovrebbe andare all’autore del brano effettivamente utilizzato. Forse sarebbe stato piu' utile accompagnare a tale nuovo criterio un maggior numero di controlli e una buona campagna di informazione e formazione su come compilare il programma musicale e sul perché compilarlo correttamente, oltre che indicare le sanzioni previste. Come abbiamo già accennato in precedenza, molti autori lamentano una drastica riduzione degli introiti SIAE a seguito dell'entrata in vigore di questa nuova metodologia di calcolo. Addirittura la maggior parte degli autori “più piccoli” non riesce neanche a pagare l'iscrizione annuale alla SIAE, pur avendo più o meno mantenuto lo stesso numero di concerti all'anno. Questo vuol dire che se il numero di esibizioni è il medesimo degli altri anni, o non sono rientrati nel campione, o non sono stati estratti a sorte, o piu’ semplicemente hanno preso meno. In tutti e tre i casi, la gestione e la ripartizione del diritto
12
d'autore da parte della SIAE è sicuramente peggiorata negli ultimi anni. Purtroppo opporsi a questi metodi è di fatto impossibile: anche i soci infatti sono divisi in fasce a seconda del reddito, quindi di fatto saranno sempre i grossi autori ed editori ad avere piu' peso all'interno della società. Inoltre la Siae ha il monopolio e non si possono creare sistemi alternativi di collecting. Nemmeno essere iscritti ad una società estera aiuta, visto che da accordi internazionali la SIAE è autorizzata a gestire in Italia i repertori depositati in uno stato estero con le stesse modalità. Molti promuovono il boicottaggio della società invitando gli artisti a non iscriversi, ma anche questa soluzione sembra poco efficace, anzi favorisce ancora di piu' i soci maggiori perché i locali devono comunque pagare per fare un "concertino" o una serata da ballo, versando di fatto i soldi della serata nel famoso calderone di cui sopra al 100% invece del 75%. Come se tutto quello detto finora non fosse già abbastanza, La SIAE acquisisce un compenso (denominato Equo Compenso) sui dispositivi di memorizzazione venduti in Italia. Ciò significa che esiste una tassazione preventiva su pellicole fotografiche, musicassette, VHS, CD, DVD, HD DVD, Blu ray, masterizzatori, hard disk, pendrive, schede di memoria, personal computer, decoder, lettori MP3, telefoni cellulari, ecc. poiché viene assunto a priori che vi si registrerà una copia
privata
di
indipendentemente
materiale dal
fatto
protetto che
poi
dai ciò
diritti
realmente
d'autore, accada.
L'ammontare complessivo degli introiti da equo compenso viene stimato, da Confindustria e Assinform, in 300.000.000 Euro all'anno. Naturalmente anche questi soldi finiscono nel cosiddetto “calderone” che viene ripartito fra i super-soci.
13
Anche in questo caso sarebbe auspicabile un' equa divisione estesa anche agli autori e compositori minori .
2.2 IMAIE L’IMAIE (Istituto Mutualistico per la tutela degli Artisti Interpreti ed Esecutori) tutela i diritti degli artisti interpreti - esecutori di opere musicali, cinematografiche e audiovisive che vengono riutilizzate e/o trasmesse dalle radio, dalle televisioni o da qualsiasi altro ente utilizzatore (locali pubblici, sale da ballo, discoteche, ecc.). Infatti, nel momento in cui un'opera artistica viene riutilizzata, sorge a favore degli artisti che hanno contribuito alla creazione dell'opera (attori, cantanti, musicisti, direttori d'orchestra) un diritto di riutilizzazione che deve essere remunerato. Il servizio che l'Imaie offre è simile a quello offerto dalla Siae ad autori ed editori, cioè incassare, per conto degli artisti interpreti ed esecutori, i proventi loro dovuti in seguito alla riutilizzazione delle opere da loro interpretate e, dopo aver individuato gli artisti aventi diritto a compenso, provvedere alla ripartizione a questi ultimi dei proventi riscossi. Non è in nessun caso necessario essere socio per poter ricevere il pagamento dei diritti: il compenso è infatti dovuto a tutti gli artisti indistintamente, siano essi soci dell'Imaie o meno. L’istituto deve attivarsi per reperire gli indirizzi degli artisti ai fini di effettuare la comunicazione dei compensi maturati ed evitare che il compenso non venga ritirato. Ovviamente come sappiamo tutti, questo ente non è stato capace di raggiungere i suoi scopi societari, e infatti nel 2009 è stato dichiarato estinto dal Prefetto di Roma. L'istituto infatti è stato trovato in possesso 14
di 118 milioni di euro accumulati negli anni e non ripartiti agli aventi diritto per, a detta loro, poca chiarezza nelle regole di redistribuzione e per una presunta incapacità di rintracciare gli artisti. Fatto ancor piu' grave è che l'istituto ha continuato ad incassare negli anni considerevoli cifre dagli utilizzatori pur sapendo che quei soldi non sarebbero stati redistribuiti agli artisti. Per renderci conto delle gravi mancanze dell'Imaie, basta analizzare i dati del 2007-2008: 45 milioni di euro incassati e non redistribuiti, a cui si aggiungono 3 milioni di euro di interessi maturati in banca. In piu', analizzando i costi di gestione e gli incassi del solo 2007, si è scoperto che l'istituto ha speso 29 milioni di euro per incassarne 30, e per di piu' da una manciata di utilizzatori (Rai, Rti, Sky e pochi altri minori). Come se tutto ciò non bastasse, sempre nell'anno 2007 l'Imaie ha dichiarato di aver individuato, per la redistribuzione dei proventi, solamente 1613 artisti su un totale di 56.366 aventi diritto. Come abbiamo già visto in precedenza, nel 2009 l'Imaie viene dichiarato estinto per assoluta incapacità a perseguire i suoi scopi istutuzionali. In quel momento nelle casse dell'Imaie sono fermi oltre 130 milioni di euro e i commissari liquidatori dichiarano che il passivo supera l'attivo, visto che all'improvviso sono comparse schede di oltre 70.000 artisti creditori. Ora tutti si chiedono: perchè l'istituto è stato chiuso se i soldi potevano benissimo essere redistribuiti? Perchè chiudere l'Imaie invece di farlo funzionare? Il Tar motiva le scelte dichiarando che l'istituto aveva una compagine gestionale inidonea e una legge inadeguata alla corretta redistribuzione dei proventi. Nel frattempo, nel 2010, il governo decreta la nascita del Nuovo Imaie, confermando al loro posto tutti i vecchi dirigenti e funzionari, ed eleggendo di fatto l'istituto come unico
15
organismo di gestione dei diritti degli artisti interpreti esecutori. Il cosiddetto Nuovo Imaie, promette ora di essere piu' trasparente, fornendo agli artisti servizi online per sapere in tempo reale come e dove maturano i loro compensi, un accesso al sito web dove è possibile assistere a tutte le riunioni del comitato consultivo. In piu', in accordo con AFI e SCF, l'istituto ha costruito non solo una grande banca dati che consente pagamenti precisi e puntuali, ma ha stabilito anche i regolamenti che disciplinano le modalità di versamento e di rendicontazione dei compensi dovuti dai produttori fonografici agli artisti del settore musicale. L’accordo regola il versamento a Nuovo Imaie dell’equo compenso spettante agli artisti per la diffusione, comunicazione al pubblico e riutilizzazione dei fonogrammi e dei compensi per copia privata audio, determinando anche gli obblighi dei produttori in relazione all'invio a Nuovo Imaie dei dati identificativi degli artisti aventi diritto. Ultimamente l'IMAIE ha istituito un fondo mutualistico di solidarietà per gli artisti “over 65” che si trovino in uno stato di effettiva indigenza (reddito dichiarato inferiore o pari a 7000 euro). Questo fondo prevede il versamento di massimo 2000 euro una tantum al netto dell'iva e delle spese, erogati in proporzione al numero di opere edite alle quali si è contribuito in qualità di artista interprete esecutore e per le quali sono stati versati regolarmente tutti i contributi Enpals. 2.3 SCF L' SCF (Società Consortile Fonografici) è un consorzio composto da oltre 300 case discografiche, major e indipendenti, che raccoglie e successivamente distribuisce i compensi, dovuti ad artisti e produttori per la diffusione in pubblico di musica registrata. 16
SCF gestisce i contratti per l'utilizzo del repertorio discografico nazionale e internazionale pubblicato in Italia e attraverso il rilascio di un'unica licenza permette la diffusione in pubblico del repertorio musicale delle case discografiche rappresentate, nonché di effettuare le copie tecniche funzionali all'utilizzo. Le direttive dell'Unione Europea e la legge sul diritto d'autore italiano riconoscono e tutelano sia i diritti degli autori che compongono i brani (gestiti da Siae), sia i diritti dei produttori che realizzano le registrazioni musicali (i diritti discografici). Ciò significa che per diffondere in pubblico musica registrata (quando protetta da diritto d'autore), qualunque sia il mezzo utilizzato (radio, televisione, supporto audio, ecc.), è necessario riconoscere un compenso a SCF, autonomo rispetto a quanto dovuto alla SIAE per autori ed editori. SCF gestisce i diritti per la maggior parte delle occasioni in cui viene diffusa in pubblico musica registrata, sia in formato audio sia video, appartenente al repertorio delle imprese discografiche rappresentate. Ciò avviene comunemente nei seguenti contesti: •
trasmissioni radiofoniche e televisive
•
trasmissioni via satellite
•
attività che utilizzano musica a scopo di lucro (es.discoteche, sfilate di moda, corsi di fitness)
•
attività per le quali la musica costituisce un elemento di valore aggiunto al business (es. Bar, ristoranti,alberghi, esercizi commerciali, con musica in diffusione).
Il Consorzio si occupa, inoltre, di alcuni dei diritti legati alle forme di utilizzo di musica attraverso Internet e le nuove tecnologie. L' SCF è uno dei soggetti formalmente legittimato alla raccolta dei compensi per i diritti discografici. La diffusione in forma pubblica di 17
opere coperte dal diritto d'autore - qualsiasi sia il mezzo utilizzato senza il corrispettivo pagamento, è inoltre perseguibile, come riaffermato da più tribunali italiani. Ovviamente anche l' SCF presenta notevoli disfunzioni: innanzitutto nella pratica il legislatore non ha ancora stabilito nell'ordinamento civile alcun riferimento a questo consorzio nè conferisce i poteri per effettuare tale prelievo a questi fini. La legislazione non chiara ha permesso il susseguirsi di situazioni di disinformazione sull'argomento con diverse fazioni schierate a favore o contrarie. Alcune associazioni di categoria hanno intrapreso diverse azioni legali che tuttora non risultano ancora concluse e molti esercizi commerciali di fatto non hanno pagato l' SCF e sono attualmente in causa con il Consorzio. Tra le varie motivazioni infatti si nota l' ambiguo comportamento di SIAE e SCF in materia di diritti connessi e dall'obiettiva incertezza sull'esatta interpretazione della normativa di settore: molti lamentano di essere costretti a pagare due volte la stessa tassa, una delle quali senza un giustificato motivo. I vari esercizi commerciali per diffondere musica già pagano la SIAE per realizzare la cosiddetta copia tecnica dei fonogrammi regolarmente acquistati , e questo pagamento è comprensivo anche della percentuale destinata al pagamento dei diritti connessi, i quali poi dovrebbero essere ripartiti da SCF agli aventi diritto, senza ulteriori esborsi in denaro. Per evitare questo tipo di fraintendimento, SIAE e SCF hanno firmato un accordo di collaborazione, valido fino a tutto il 2012, per la raccolta dei diritti connessi discografici, limitatamente all’area delle utilizzazioni di pubblica diffusione di musica registrata. Con questo accordo SCF ha conferito a SIAE l’incarico in esclusiva di riscuotere, presso discoteche, discobar e locali analoghi, i compensi per i diritti spettanti ad artisti e
18
produttori riferiti alla diffusione di musica registrata nell’ambito degli intrattenimenti con ballo e senza ballo. Tale mandato si affianca a quello che l’AFI, per conto dei produttori associati, aveva già dall’inizio dell’anno conferito alla SIAE per l’intero comparto dei diritti connessi e che, in ragione di accordi tra le parti interessate, avrà compatibilità con il mandato della SCF. SCF continua a riscuotere invece direttamente i compensi relativi ai diritti connessi spettanti a tutti i produttori discografici per la musica d’ambiente diffusa in pubblici esercizi, alberghi ed esercizi commerciali. Quindi, sia le discoteche che i locali di intrattenimento, per l’utilizzo della musica, devono necessariamente acquisire il permesso della SIAE, al quale consegue il pagamento del diritto d’autore e anche il pagamento dei diritti connessi a favore dei produttori . Per quanto riguarda i locali di intrattenimento “senza ballo”, quando le esecuzioni costituiscono il risultato di una precisa scelta di brani o sono originate da un programma predeterminato e/o pubblicizzato in riferimento al genere, all'esecutore o ad altre caratteristiche specifiche del repertorio preannunciato, la SIAE chiederà al gestore di compilare e sottoscrivere una autodichiarazione per l’assolvimento dei diritti connessi. Ovviamente le quote SIAE sono comprensive dei diritti spettanti alle etichette discografiche rispetto alle tariffe di SCF, e di fatto obbligano al versamento della quota anche se i brani riprodotti non sono tutelati da SCF o AFI. In piu', per tutti gli altri utilizzi ci troviamo di fronte a forti ambiguità: nei pubblici esercizi, alberghi ed esercizi commerciali ove è diffusa musica d’ambiente, attraverso radio e TV, il diritto connesso è stato già versato dalle emittenti e dunque non dovrebbe essere nuovamente
19
richiesto ai titolari delle attività; nel caso invece in cui la musica d’ambiente è registrata su CD, DVD, ecc., l’importo andrebbe determinato mediante un provvedimento governativo che per ora non esiste, oppure sulla base di un accordo tra le varie associazioni di discografici, che non c'è mai stato. Quindi la determinazione e riscossione dell’equo compenso da parte di SCF non può dunque ritenersi vincolante, in quanto stabilita in modo unilaterale. Per concludere, il governo italiano ha approvato il 20 gennaio il cosiddetto decreto sulle liberalizzazioni, confermando l'esclusiva della SIAE sulle attività assegnate alla Società, pur prevedendo l’apertura del mercato in materia di diritti connessi al diritto d’autore. Le motivazioni sono quelle di favorire la creazione di nuove imprese nel settore della tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori, favorendo lo sviluppo di maggiore competitività nel settore e di conseguenza maggiore efficienza nella gestione, nonchè maggiore partecipazione e controllo da parte dei titolari dei diritti. Ovviamente non è comprensibile perchè si sia dato il via libera alla creazione di nuove società di gestione del diritto connesso, lasciando il monopolio del diritto d'autore alla Siae.
20
3. DAL MONOPOLIO LEGALE ALLA LIBERA CONCORRENZA: LE SOCIETÀ DI COLLECTING IN EUROPA
3.1. Il copyright in Europa La gestione del copyright in Europa è diversa da stato a stato. Come abbiamo visto, in Italia la SIAE opera in regime di “Monopolio Legale”, cosa che accade anche in paesi come la Danimarca e i Paesi Bassi e la Svizzera. In Stati come la Spagna e la Germania invece, è lo Stato che rilascia un’unica autorizzazione alle rispettive società cercando nel contempo di garantire un controllo sulle stesse. In Francia le Copyright Collecting Society (CCS) sottopongono al Governo il proprio statuto e sono autorizzate a meno che il ministero della cultura non vi si opponga; ciò ha consentito la costituzione di una pluralità di società attive nel settore concorrenti tra loro. Nel Regno Unito invece, l’attività è svolta in un contesto aperto alla concorrenza da più associazioni, agenzie e società che, in regime di libera attività, si specializzano in determinati settori e concorrono per guadagnarsi la preferenza di autori e fruitori delle opere tutelate. In teoria, ciascuno dei due principali modelli (monopolio legale e regime di libera concorrenza) presenta propri vantaggi e svantaggi. Da un lato, l’esistenza di un solo fornitore di servizi di gestione del diritto d’autore può dare benefici agli autori e alla comunità solo se le società di intermediazione non sfruttino il loro monopolio per alzare i prezzi e tollerare le inefficienze nella loro organizzazione interna; in piu’ il
monopolio
legale
dovrebbe
essere
accompagnato
da
una
regolamentazione più ferrea onde evitare che si abusi della posizione riconosciuta. Tuttavia, lo spirito corporativo che sembra inevitabilmente
21
caratterizzare questo tipo di modello e la mancanza degli stimoli offerti da uno scenario competitivo può farci supporre che questo modello sia destinato a fallire sotto la troppa burocrazia e a scadere in un’inutile autoreferenzialità, tanto da dimenticare la propria mission: la tutela degli interessi degli autori e l’intermediazione tra questi e la domanda di fruizione delle opere protette. Cosa questa che effettivamente sta succedendo in Italia con la SIAE. Il modello pluralistico può, viceversa, essere preferito da quanti ritengono che la concorrenza non possa far altro che stimolare il miglioramento
dell’efficienza
nella
gestione
delle
società
e
nell’erogazione dei servizi. D’altro canto, è verosimile supporre che la presenza di più soggetti tra gli autori e i fruitori di contenuti protetti possa comportare un innalzamento dei costi di transazione e di agenzia.
3.2 Italia vs. Regno Unito Dall’analisi del mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore come si è sviluppato in Italia e nel Regno Unito e dalla concretezza dei conti economici
degli
operatori,
possiamo
ricavare
alcuni
indicatori
sull’efficienza dei due modelli. La maggiore disponibilità di dati è rinvenibile dall’analisi dei settori della musica, dell’editoria e delle arti figurative, e dato che il primo è il mercato piu’ prospero, sarà l’oggetto della nostra comparazione. Nel Regno Unito, la società che più si avvicina alla Siae per numeri e servizi offerti nel settore della musica è la PRS for Music che riunisce sotto questo unico nome anche la Performing Right Society e la MCPS (Mechanical Copyright-Protection Society). La PRS for Music conta 22
circa 60 mila iscritti (tra cui 52 mila autori di canzoni e loro eredi) e nel 2010, attraverso le 350 mila licenze concesse ai fruitori di prodotti musicali, ha raccolto 623 milioni di sterline (746 milioni di euro), contro i 463 milioni circa della SIAE. Il dato piu’ interessante è che la SIAE ha avuto dei costi di gestione pari a circa 72 milioni di euro (15% dei ricavi) mentre la PRS for Music 58,5 milioni (12% dei ricavi). Di conseguenza la società inglese ha redistribuito 13,5 milioni di euro in più ai suoi associati. Il motivo che la SIAE adotta per giustificare gli alti costi operativi è la spesa sostenuta per vigilare, attraverso propri agenti, sull’effettiva corresponsione del dovuto, ma la scusa non regge, poiché anche le società straniere hanno tutto l’interesse a dedicare una parte delle proprie risorse alle misure di controllo ed enforcement. Anzi, l’esigenza dovrebbe essere più sentita nel Regno Unito, dove non è corrisposto il cosiddetto equo compenso per copia privata. In Italia infatti ben 59 milioni di euro, sui 484 totali, sono ricavati mediante l’imposizione di una tassa o tariffa che si applica direttamente sul prezzo di acquisto di dispositivi e a memorie capaci di contenere prodotti musicali oggetto di tutela. Questo meccanismo minimizza i costi di agenzia e di transazione e colpisce il consumatore dell’industria musicale alla fonte, già nel negozio dove acquista il proprio CD-ROM o DVD. Nel Regno Unito per ora l’equo compenso non è previsto e i proventi derivano nella loro totalità dal rilascio di licenze. In sostanza i dati a nostra disposizione indicano che la Siae è meno efficiente nonostante venga agevolata nella raccolta dei proventi attraverso un’imposizione che può dirsi parafiscale e che tuttora è oggetto di dibattito sulla sua validità legale. In piu’ la raccolta dell’equo compenso non implica alcun costo operativo di una qualche rilevanza.
23
Potremmo quindi misurare il tasso di efficienza della Siae facendo riferimento ai soli proventi ricavati dalla vendita delle licenze. Così facendo, il rapporto costi operativi su ricavi salirebbe al 16,8%, allontanandosi ulteriormente dai tassi di efficienza dell’analoga inglese. Sebbene la PRS for Music (grazie alla fusione con la MCPS e la PRS) si ritrovi ad avere una posizione che può dirsi dominante nel mercato dell’intermediazione e della gestione dei diritti d’autore nel settore musicale, di fatto non opera in regime di monopolio, anzi, la concorrenza risulta particolarmente agguerrita. La Phonographic Performance Ltd (PPL), specializzata nella tutela dei diritti dei produttori discografici derivanti dalla riproduzione di musica registrata, con un ricavato che nel 2008 ammonta a 127,6 milioni di sterline (130,2 milioni di euro) è un competitor potenzialmente capace di erodere la quota di mercato della PRS for Music qualora quest’ultima peggiorasse gli standard di efficienza ora garantiti ai propri clienti. Ad oggi, la linea di demarcazione tra il bacino di utenza delle due società è data dalla specializzazione e dalla diversità delle opere d’ingegno tutelate: la composizione di testi e canzoni per la PRS for Music, l’esecuzione di brani musicali per la PPL. Per conquistare fette di mercato ora controllate dalla PRS for Music, la PPL
dovrebbe
migliorare
il
proprio
rapporto
costi/ricavi,
che
attualmente si attesta al 14,6% (in ogni caso inferiore al dato della Siae). Occorre infine evidenziare che se da un lato la quota di mercato della PPL in termini di ricavi è nettamente inferiore a quella della PRS for Music (127,6 milioni di sterline contro i 608,2 della società leader), il numero di soggetti che affidano alla PPL la gestione dei propri diritti d’autore sono 47 mila, e in costante e significativa crescita.
24
3.3 Analisi dei costi di iscrizione e licenza Passando ora ai costi sostenuti dagli iscritti per beneficiare dei servizi di intermediazione, notiamo come la PPL offra gratuitamente il servizio di registrazione ad esecutori e case discografiche, mentre la PRS richiede attualmente una registration fee di 30 sterline (pari a 36 euro) una tantum per gli autori e 400 sterline ( pari a 482 euro) una tantum per gli editori. Cifre estremamente contenute, rispetto alla quota imposta dalla Siae ai suoi iscritti, pari a circa 130 euro di registrazione (cui si aggiunge la quota annuale pari a circa 92 euro) per gli autori e 1740 euro di registrazione, (piu' quota annuale di 414 euro) per gli editori. Si può obiettare che l’iscrizione ad un’associazione comporta il conferimento di uno status cui sono imputati diritti di partecipazione alla vita dell’associazione che danno un valore aggiunto, assente nel caso delle società inglesi. Il confronto, dunque, va fatto con le tariffe richieste per il mandato, che non implica l’iscrizione come socio Siae. Anche in questo caso però, il raffronto evidenzia una barriera d’entrata per gli autori
che
intendono
affidarsi
alla
Siae
per
la
gestione
e
l’intermediazione dei diritti d’autore. Il conferimento di un mandato quadriennale alla Siae comporta, infatti, una spesa per gli autori pari a circa 590 euro, che equivale ad un importo annuale di circa 148 euro. Per gli editori invece il mandato comporta una spesa di 1770 euro circa per la tassa istruttoria, più un corrispettivo annuo di 496 euro. Questi dati purtroppo evidenziano che in Italia molti autori ad inizio carriera o che non svolgono l’attività creativa come attività principale sono emarginati dal mercato dei diritti d’autore nel settore della musica a causa dei costi di iscrizione o di mandato che dovrebbero corrispondere alla Siae. Sorge il dubbio che gli alti costi di iscrizione siano la diretta conseguenza del carattere corporativistico della Siae, 25
associazione che difende gli interessi dei soggetti già iscritti, con la tendenza a chiudere le porte ai nuovi entranti. Come se non bastasse, le licenze concesse dalla Siae sono talvolta più costose di quelle rilasciate dalle collecting society nel Regno Unito. Non dimentichiamoci, inoltre, che il monopolio legale non concede nemmeno il vantaggio di dover acquisire una sola licenza, essendo attualmente necessario l’acquisto di una licenza dal Consorzio Fonografici (SCF), che raccoglie i diritti dei discografici per la musica registrata. Facciamo degli esempi pratici: •
alle discoteche, la Siae impone il versamento del 10% degli introiti a titolo di compensi per l’utilizzo di opere protette. A questo si aggiunge il pagamento di compensi alla SCF in proporzione al numero di ingressi. Per una serata di sei ore, una discoteca inglese versa alla PRS per i diritti d’autore da un minimo di 10,5 sterline (12 euro), se la sala è quasi deserta (fino a 75 persone), a 160 sterline (117 euro), per manifestazioni a cui prendono parte tra le 2500 e le 3400 persone. A queste quote va aggiunto un costo annuo una tantum pari a circa 92 sterline (111 euro) ogni mille persone, ma facendo la somma, il divario resta enorme: una discoteca italiana, supponendo che mediamente ogni cliente spenda tra biglietto di ingresso e consumazioni 20 euro, dovrebbe versare alla Siae dai 5000 ai 6800 euro, a cui si aggiungono i compensi dovuti alla SCF (69 euro circa per ogni serata, a prescindere dal numero di ingressi).
•
Un pub più piccolo, in una serata in cui riceve un centinaio di clienti per un incasso di 1000 euro, dovrebbe corrispondere in Italia 100 euro alla Siae e 10 euro alla SCF, mentre in Gran
26
Bretagna solo 27 euro (25 sterline, di cui 16 PPL e 9 alla PRS). •
Una radio commerciale italiana con ricavi pari a 500 mila euro, che trasmette su tutto il territorio nazionale, dovrà alla Siae il 7% dei propri incassi. La stessa emittente, in Inghilterra, verserebbe alla PPL il 3% e alla PRS il 2% .
3.4 Considerazioni Grazie al raffronto tra i dati di bilancio della Siae e quelli delle analoghe società britanniche possiamo evidenziare che la Siae, società che ha il monopolio legale dei servizi di intermediazione, ha costi operativi maggiori. Questo si traduce in una inefficienza che ricade sui consumatori, costretti a pagare di più lo sfruttamento dei diritti d’autore, e sugli autori, che non possono ricevere una parte consistente dei compensi raccolti in relazione alle proprie opere. Invece la flessibilità che caratterizza il mercato inglese porta le varie società a ricercare le soluzioni più efficienti, a specializzarsi in un preciso ambito e ad innovare i propri servizi adeguandoli alle esigenze del mercato. Ora, la specializzazione per categoria di soggetti tutelati porta anche alla costituzione di monopoli di fatto nei diversi settori del mercato. Tuttavia, non si tratta di monopoli legali, e questo è importantissimo, poiché la pressione del mercato è sempre avvertita: un peggioramento dei servizi da parte di una società renderebbe la propria quota di mercato appetibile ai competitor specializzati in ambiti affini o potrebbe attirare nuovi soggetti. Infatti in Gran Bretagna esistono numerose associazioni che per ora rappresentano le varie categorie di artisti e che di fatto costituiscono 27
ulteriori potenziali concorrenti. La Musician Union, ad esempio, riunisce circa 30 mila musicisti ed offre loro servizi di consulenza di ogni tipo, servizi di carattere previdenziale ma anche di intermediazione nei rapporti con radio e tv interessati alla messa in onda delle performance degli iscritti. La contiguità con il core business della PRS for Music è evidente e si traduce in una pressione competitiva esercitata nei confronti del monopolista di fatto. Mentre in Gran Bretagna si tende a garantire la gratuità dei servizi erogati all’autore, le spese di registrazione e di iscrizione che quest'ultimo
deve
sostenere
per
iscriversi
alla
Siae
italiana
rappresentano una barriera d’ingresso che scoraggia l’accesso al mercato da parte di giovani artisti e non professionisti. Il carattere corporativistico dell’ente, preposto alla tutela in primo luogo di chi è già iscritto, può spiegare la diversità di approccio praticato. Infatti a quote annuali elevate, corrispondono spesso compensi per lo sfruttamento del diritto d’autore di poche decine d’euro. Anche gli utilizzatori del repertorio tutelato hanno spesso motivo di lamentarsi degli alti compensi richiesti ed anche qui il gap tra le tariffe applicate all'estero è evidente, basti pensare che i costi complessivi sostenuti dagli utilizzatori in Italia sono stati di 671 milioni, contro il totale di 4 miliardi di euro del resto d'Europa. Appare ormai chiaro che la nostra società di collecting manca di efficienza, specializzazione, dinamismo, flessibilità, accessibilità dei servizi, tutte caratteristiche che la presenza di un monopolio di stato e l'assenza di concorrenza potranno difficilmente garantire. La SIAE pare non reggere il confronto nemmeno con altre società europee che operano in una situazione di monopolio, che sia esso legale o di fatto costituito con il rilascio di una singola autorizzazione.
28
Prendiamo ad esempio la Svizzera e la sua SUISA: la società elvetica raccoglie i proventi dai diritti d’autore nel mercato musicale in regime di esclusiva per tutti i suoi iscritti. L'autorizzazione alla raccolta ha durata quinquennale e può esser rinnovata alla scadenza per altri cinque anni. Nel 2008 la Suisa ha raccolto 102,5 milioni di euro, distribuendone 112,9 (cui vanno aggiunti 6,4 milioni di franchi svizzeri per un fondo assicurativo per gli artisti e 2,2 milioni per la fondazione SUISA for music) e sostenendo costi per un ammontare pari al 13,9% degli introiti, ben al di sotto della miglior performance della Siae, registrata nel settore musica, pari al 14,8%. Se la Siae fosse efficiente quanto la Suisa, all’industria musicale italiana e ai suoi utenti e consumatori rimarrebbero in tasca 4,4 milioni di euro in piu'. Se quindi il regime di libera concorrenza sembra condurre ad una maggiore efficienza nella gestione collettiva dei diritti d’autore, il sistema italiano sembra caratterizzato da problemi strutturali interni responsabili di un gap d’efficienza riscontrabile anche nel raffronto con i risultati ottenuti da analoghe CCS operanti anch’esse in regime di monopolio legale.
29
4. L'UNIONE EUROPEA E I DIRITTI DI PROPRIETA' INTELLETTUALE
4.1 Cosa sono i DPI I DPI, Diritti di Proprieta' Intellettuale, sono quei diritti di propietà che si generano contestualmente alla creazione di una qualsiasi opera di ingegno e che, ovviamente, spettano in primis al creatore e poi a tutta la filiera di soggetti che decidono di investire in tale prodotto dell'ingegno. I DPI hanno il compito di proteggere, nel nostro caso, gli autori, i compositori, i musicisti e tutti coloro che si sono adoperati nella creazione di un bene che, seppur immateriale, ha un valore e riesce a generare un'economia. Non a caso una delle entrate piu' importanti di un privato o una azienda che opera in campo culturale è quella generata dal proprio portafoglio di DPI. Soldi che vengono poi riutilizzati per sostenere attività culturali e progetti discografici, generare redditi e soprattutto reinvestire in creatività e sviluppare nuove opportunità di mercato. Ormai viviamo in un'epoca in cui la rapidità del processo tecnologico sta modificando il modo in cui si creano, diffondono e consumano i prodotti culturali: grazie al web si stanno sviluppando nuovi modelli di businness e quelli tradizionali si stanno pian piano adeguando al veloce cambiamento, nuovi operatori economici e società di servizi si affacciano prepotentemente sul mercato e a loro volta i consumatori stanno modificando il modo in cui interagiscono con il mercato stesso. Per questi motivi sarebbe giusto e conveniente sviluppare un sistema 30
di gestione e ripartizione dei diritti equo e integrato a livello europeo, per premiare in modo adeguato la creatività, per incentivare gli investimenti, e di conseguenza facilitare la diffusione della conoscenza da un lato e contribuire alla crescita economica, all'aumento di posti di lavoro e prodotti e servizi di qualità, dall'altro. La precedente analisi sulla situazione in Gran Bretagna e il confronto con gli altri paesi europei dimostra che la forma dell’ente pubblico e il regime di esclusiva non sono l’unica via perseguibile per la tutela dell’interesse generale alla protezione dei diritti d’autore; anzi, i privati, se avvertono la pressione del mercato, anche solo potenziale, possono fare di meglio, rendere i propri servizi più accessibili e ridurre i costi dell’intermediazione a beneficio degli utilizzatori e dei titolari dei diritti protetti. La capacità di adeguarsi alle esigenze che sorgono ogni giorno e alle nuove tecnologie è un fattore determinante per un’efficiente gestione dei diritti d’autore. In particolare il web e le nuove tecnologie pongono nuove sfide al settore e rilanciano l'ipotesi di una gestione collettiva dei diritti d’autore, considerato che una gestione individuale degli stessi porta inevitabilmente ad alti costi di transazione e ad un conseguente fallimento del mercato. Infatti, se da un lato le nuove tecnologie moltiplicano le modalità di fruizione delle opere protette (tanto da rendere anche più agevole la violazione dei diritti d’autore), dall’altro forniscono la possibilità di raccogliere maggiori informazioni sull’utilizzo delle stesse e di abbattere i costi di transazione avvicinando domanda e offerta. Le potenzialità insite nel Digital Right Management sono state esaminate da più autori, e tutti concordano sull' effetto dirompente dei nuovi strumenti dell’informazione, capaci di riallocare al centro del copyright
31
management l’autore e di sfidare i vecchi colossi che finora hanno gestito i suoi diritti. 4.2 Verso un mercato unico integrato La comunita' europea non è rimasta indifferente a queste tematiche, inserendo la questione della gestione dei diritti di proprietà intellettuale nell' Agenda 2020, con l'intento di creare un mercato unico integrato per i diritti di proprietà intellettuale. Lo scopo è quello di ricompensare in modo adeguato gli sforzi creativi, incentivare la produzione e la promozione di cultura in tutta la comunita'
europea, regolamentare il mercato ed eliminare le
diseguaglianze di trattamento e ripartizione del diritto d'autore e dei diritti connessi tra i vari stati membri. Un regime di diritti di propietà intellettuale europeo, integrato e moderno, aiutera' lo sviluppo di settori come il commercio elettronico, favorirà la nascita e la crescita di industrie digitali, aiutando così l'economia europea a prosperare e ad uscire dalla crisi, promuovendo contemporaneamente la diversità culturale e l'accesso da parte di tutti alla cultura in generale, favorendo così anche una crescita della qualità della vita. Dopotutto,
i
Competitività
dati
che
Europea
emergono non
dalla
lasciano
Relazione
dubbi
sulla
2010
sulla
necessità
di
un'operazione del genere: le industrie che operano in settori creativi forniscono il 3% dei posti di lavoro e sono tra i settori piu' dinamici dell' UE, con un'occupazione che è cresciuta piu' del 24% nell'ultimo decennio, a fronte di una crescita dell' 6% di quella generata dall' intera economia dell' UE nel suo complesso. A tutto questo bisogna aggiungere che già dal 2002 si sapeva che dal 32
45% al 75% della ricchezza delle singole società impegnate nella produzione di beni immateriali è generata dalla gestione dei loro DPI. Nello specifico, le industrie creative basate sul diritto d'autore (musica, film, libri, riviste, software) contribuiscono per il 3,3% al PIL dell' Unione Europea. Appare quindi subito chiaro come una corretta gestione del diritto d'autore possa stimolare la creazione di contenuti creativi. Ovviamente il potenziale economico dei diritti di proprietà intellettuale dipende da quanto i relativi propietari siano in grado di concedere in licenza contenuti creativi e di offrire prodotti e servizi sempre nuovi e di qualità ai potenziali consumatori. Dall' altro lato i fornitori di musica online attualmente sono costretti ad espletare molteplici procedure, a volte complesse, per ottenere i diritti di distribuzione dei contenuti su piu' territori. In questo contesto una buona e corretta legislazione in materia di DPI potrebbe regolare ed ottimizzare la relazione tra i principali soggetti in gioco: •
i creatori
•
gli aggregatori di contenuti
•
i consumatori
I primi avrebbero i giusti incentivi per la creazione e l'investimento, i secondi potrebbero sperimentare modelli di businness piu' creativi e remunerativi, il tutto a vantaggio dei terzi, che avrebbero accesso ad una piu' ricca varietà di prodotti, servizi ed espressioni culturali. Insomma, un beneficio alla società nel suo insieme. Non sono però pochi gli ostacoli da superare per realizzare un mercato unico, in primis l'accelerazione del progresso tecnologico verificatasi negli ultimi anni. Infatti lo sviluppo di nuove tecnologie per la 33
produzione, diffusione e consumo di prodotti e servizi ha difatti generato un uso non autorizzato di opere protette enorme, con una considerevole perdita di introiti da parte soprattutto delle piccole e medie imprese, che non riescono cosĂŹ ad elaborare strategie commerciali efficaci basate sui DPI. Anche i vari stati dell'UE sono rimasti impreparati di fronte a questa ondata tecnologica e di fatto tutte le leggi adottate negli ultimi anni per far rispettare la proprietĂ intellettuale non sono compatibili con il nuovo ambiente digitale. Di
contro,
parallelamente
all'adozione
di
misure
per
tutelare
maggiormente i DPI, occorre far si che i consumatori accedano alle offerte digitali in modo agevole e conveniente, puntando sulla creazione di contenuti allettanti e di qualitĂ . Un altro grosso problema riguarda la riduzione dei costi di gestione e la certezza che il diritto venga rispettato. Da tutto questo si evince l'importanza di introdurre un regime che sia capace di ricompensare adeguatamente i creatori di contenuti in modo equo e snello senza dimenticare mai il non meno importante diritto all'accesso.
4.3 Il diritto d'autore nel mercato unico digitale Come ben sappiamo Internet è una rete mondiale senza confini che per sua natura si evolve in modo veloce e costante, offrendo grandi opportunità di businnes per tutti gli operatori del settore culturale ma anche numerosi ostacoli per quel che riguarda la gestione dei diritti di proprieta' intellettuale, soprattutto se pensiamo che ogni nazione ha un suo
mercato
e
specifiche
regole
a
inevitabilmente a problemi di gestione 34
riguardo,
che
portano
collettiva e a grosse
diseconomie. Purtroppo fino ad ora il grosso progresso tecnologico non ha assicurato ai titolari dei diritti e ai consumatori di avvantaggiarsi delle opportunità offerte dal web. Data infatti la disponibilità immediata di contenuti online che possono essere fruiti dagli utenti, gli autori, gli editori e i produttori si aspettano un equo compenso per l'uso delle loro opere. Tra licenze, concessioni, applicazioni online, web radio, siti di condivisione e di streaming, shop online, canali musicali tematici, e quant'altro può offrire il web 2.0 e partecipativo, esiste sicuramente il potenziale per aumentare i redditi degli autori e permettere contemporaneamente una giusta diffusione della conoscenza senza vincoli territoriali e su scala mondiale. C'è bisogno quindi di regole certe per quanto riguarda la ripartizione di tutti i diritti d'autore e connessi, e contemporaneamente potenziare e migliorare i servizi online per i consumatori. Dopotutto, mai come in questi ultimi dieci anni un prodotto culturale ha avuto un così grande potenziale di diffusione. Accanto infatti ai vecchi modelli di distribuzione come il supporto fisico, le trasmissioni radiofoniche e televisive e le sincronizzazioni, si affiancano altri tipi di diffusione "virtuale" come l'inserimento delle opere su specifiche piattaforme web, i cosiddetti "aggregatori di contenuti", che fungono ormai da veri e propri distributori virtuali in un mercato virtuale di opere "reali". Solo
attraverso
precise
regole
comunitarie
di
governance
e
trasparenza, piu' un controllo e una vigilanza "effettiva" dei flussi di denaro generati da tali modelli di businness, si potranno garantire parità di condizioni a tutti i soggetti, dai titolari dei diritti alle società di gestione dei diritti, dagli aggregatori e prestatori di servizi agli utilizzatori finali.
35
L'Unione Europea si sta già muovendo su questo fronte proponendo varie soluzioni come la creazione di "broker europei" in grado di gestire licenze e incassi a livello multiterritoriale in concomitanza di una revisione generale del diritto d'autore e dei diritti connessi e la riscrittura delle regole con cui vanno amministrati, pagati e concessi in licenza tali diritti. Insomma, regole uguali per tutti e di conseguenza di piu' facile comprensione e controllo. Grande importanza è data allo sviluppo di basi dati online condivise che potrebbero aiutare ad individuare i titolari dei diritti e a promuovere lo sviluppo di infrastrutture per la concessione di licenze. Questo permetterebbe anche di distribuire le royalties in modo uguale in tutta Europa ai titolari dei diritti, facilitando anche la mobilità dei repertori tra i vari stati. In piu' tutto ciò permetterebbe, grazie al monitoraggio delle piattaforme, di individuare e distinguere tra uso commerciale e non di un opera, operando le dovute differenze di pagamento delle royalties sempre nel rispetto del diritto dell'accesso alla cultura. Infatti, uno degli aspetti piu' innovativi del web, tipico delle reti sociali, e la possibilita' data agli utenti di caricare contenuti online e condividerli con la comunità. Contenuti che in molti casi sono creati dagli utenti utilizzando materiale coperto da copyright, ma non per scopi commerciali. Una forma di creatività questa che va comunque tutelata, creando delle regole chiare e semplici che permettano agli utenti di usufruire di un sistema di autorizzazioni semplice ed efficiente e contemporaneamente retribuire i titolari dei diritti nel caso in cui il contenuto creato dall'utente generi in qualche modo un guadagno per l'utente stesso. Quindi, anche in questo caso bisogna adoperarsi per trovare un giusto equilibrio tra i diritti dei creatori e il rispetto per le nuove forme di
36
espressione degli utenti del web. Non vanno inoltre dimenticati i cosiddetti artisti interpreti esecutori, professionisti con un ruolo fondamentale nella creazione di contenuti che il piu' delle volte non sono riconosciuti come tali e di conseguenza non vengono ricompensati per il loro contributo creativo. E non è difficile rendersi conto che una parità di condizioni tra gli autori e gli interpreti possa non solo incoraggiare nuovi talenti ad intraprendere una carriera nel campo della musica, ma giovare anche ai produttori, che potranno investire di piu' in gruppi musicali emergenti.
4.4 Sensibilizzazione dell'opinione pubblica Per una corretta risoluzione di tutti i problemi legati alla corretta gestione della propieta' intellettuale, bisogna porsi alcune domande nient'affatto scontate: i consumatori sono consapevoli del valore dei DPI? Sanno cos'è il diritto d'autore? Le nuove generazioni, quando scaricano illegalmente contenuti protetti dalla rete, sono coscienti che stanno commettendo un reato? Hanno percezione di cosa sia il copyright? Questo è un problema che riguarda soprattutto le nuove generazioni (i cosiddetti "nativi digitali"), nate con Internet e abituate al download di contenuti gratuito tramite siti "pirata". In questa ultima decade il vuoto legislativo ha permesso infatti il proliferare di centinaia di siti e software che permettono la condivisione e il download illegale di contenuti (da Napster
a
ThePirateBay.org,
da
YoutubeToMp3Downloader
a
Megavideo, da eMule a BitTorrent, solo per citare i piu' famosi e usati), convincendo così gli utenti del web che queste pratiche siano del tutto legali e legittime. Dopotutto, i files si trovano in rete e nessuno vieta il 37
download. Purtroppo nessuno degli utenti riesce a percepire l'impatto socioeconomico negativo della pirateria e considera il copiare e diffondere opere protette da copyright, nel migliore dei casi, un gesto non corretto nei confronti dell'autore, ma non un illecito. Insomma, i nativi digitali o non conoscono la legge, o non si pongono assolutamente il problema di violarla, ma peggio ancora, l'80% dei giovani pensa che acquisire files coperti da diritto d'autore illegalmente non sia un furto, ma un diritto. La soluzione a tutto questo sta nell'educazione. Infatti l'unico modo per far comprendere a giovani e adulti l'importanza del diritto d'autore è che essi stessi siano autori. In questo senso le scuole e le università dovrebbero incentivare la creatività, proprio per mettere gli studenti nelle condizioni di pensare che un opera creativa richiede tempo, studio, fatica, investimenti, e che quindi non necessariamente debba essere diffusa gratuitamente senza aver mai la possibilità di rientrarci con le spese o di realizzarci un guadagno. Infatti spiegare cosa accade a colui che ha creato l'oggetto culturale e poi vede il suo lavoro prelevato gratuitamente da tutti è compito di una società civile che è convinta della dignità e parità di tutti i lavori. Bisogna però spezzare una lancia in favore del Web partecipativo, considerando che le tecnologie digitali hanno favorito enormemente un sistema di comunicazione sul web democratico e un accesso alla creatività altrui mai visto prima. Inoltre tutti i sondaggi rivelano che lo scambio
illegale
di
opere
dell'ingegno
non
solo
è
praticato
principalmente per ottenere un risparmio, ma il piu' delle volte è praticato non direttamente dai siti di file sharing, ma da parenti e/o amici degli intervistati. Cio' equivale a dire che il problema è radicato
38
nella nostra cultura e sicuramente esisteva già prima dell'avvento del web, basti pensare alle polemiche che nel corso dell'ultimo secolo si sono succedute ogni qual volta nasceva un nuovo tipo di supporto per riprodurre la musica, e il relativo registratore (mangianastri, lettori vhs, lettori cd e masterizzatori), ma ci obbliga a constatare anche che i prodotti culturali hanno un costo che il piu' delle volte non è sostenibile dalla maggior parte dei consumatori e che, con l'avvento del file sharing, le persone hanno avuto accesso ad una quantità di opere inimmaginabile. Tutto questo non fa che riportarci all'inizio del discorso, alla necessità di raggiungere a livello legislativo un bilanciamento tra tutela delle opere di ingegno e garanzia della libera circolazione della conoscenza e del sapere, un giusto equilibrio tra diritto di proprietà e diritto di accesso. E' necessaria una tutela giuridica certa ed efficace, sostenibile e capace di adeguarsi ai tempi, semplice e chiara nella definizione dei soggetti, delle forme creative tutelate e delle metodologie di tutela, il tutto per garantire una piu' giusta retribuzione, concorrenza e crescita culturale e umana del consumatore. Visto il crescente valore della nuova economia basata sulla conoscenza, possiamo ben supporre che gran parte del valore delle imprese europee risiederà in futuro nella commercializzazione di beni immateriali, e in quest'ottica la propietà intellettuale rappresenta proprio il capitale che alimenterà questa economia. Regole e utilizzi piu' efficienti dei diritti di proprietà intellettuale sono quindi essenziali per un modello di businness di successo.
39
5. L' EVOLUZIONE DEI MERCATI MUSICALI
5.1 Il file fonografico In questo capitolo andremo ad analizzare i mutamenti del sistema correlati all'avvento di un nuovo tipo di oggetto musicale, il FILE FONOGRAFICO. La nascita del file mp3 ha favorito la nascita di nuovi strumenti e modi di accesso alla musica registrata, contestualmente alla nascita di nuove possibilità di interazione sociale date dal cosiddetto “web partecipativo”. Questa tecnologia permette di espletare le tipiche funzioni del sistema dell'industria discografica in modo nuovo e diverso. Il tutto ovviamente favorito dall'evidente difficoltà della classica industria discografica e dei legislatori di adeguarsi a cambiamenti così grandi e repentini. Al momento il web e i files fonografici stanno favorendo la nascita e la sovrapposizione di tantissimi modelli di businness, facendo emergere nuove professionalità che vanno ad oscurare quelle tradizionali, sebbene ad oggi la maggior parte dei modelli di businness sia ancora legata ai tradizionali principi e regole che riguardano il diritto d'autore e il copyright. Andiamo quindi ad analizzare alcune funzioni che stanno assumendo sempre maggior rilievo per le economie e le strategie del comparto fonografico.
40
5.2 L'aggregazione di contenuti Contemporaneamente al crollo della vendita di cd audio e la conseguente chiusura di numerosi music store, si è sviluppata questa nuova funzione distributiva che funge da tramite tra i creatori di contenuti (musicisti, etichette) e gli operatori che vendono i prodotti musicali sul web (digital store e operatori di telefonia mobile). Questi distributori digitali sono nati contestualmente alla proliferazione di piattaforme dedicate alla vendita( iTunes store e co.), come conseguenza dell'aumento esponenziale della richiesta di contenuti da parte di un pubblico sempre piu' numeroso, e via via sempre piu' segmentato. Quindi gli aggregatori fanno fronte alle richieste dei piu' svariati tipi di musica prendendo in licenza (non esclusiva) i brani musicali per la loro distribuzione nei canali digitali. Ovviamente gli aggregatori trattano anche altri tipi di prodotti dell'ingegno, come ebooks, foto, video, java games, applicazioni per smartphone, ecc.ecc. La nascita degli aggregatori ha avuto alcune conseguenze pressochè immediate e con un impatto grandissimo sull'intera industria culturale cosÏ come la conoscevamo: innanzitutto con questo nuovo sistema l'artista non ha piu' bisogno di un'etichetta discografica che gli garantisca la diffusione sul territorio delle proprie opere, visto che nessuno vieta all'artista di interfacciarsi direttamente con l'aggregatore di contenuti e prendere accordi per la distribuzione . In secondo luogo gli aggregatori, sfruttando un ritardo ideologico dei produttori discografici, si sono subito trasformati in fornitori di servizi di marketing e di promozione dei contenuti fonografici sia su piattaforme web che su piattaforme mobile. Infatti i vecchi produttori musicali, nel momento in cui sono stati costretti a confrontarsi con nuove tecnologie e canali distributivi sui 41
quali non avevano nessun controllo (comprese le compagnie di telecomunicazioni), si sono trovati impreparati sia dal punto di vista della comunicazione con un nuovo tipo di pubblico, sia dal punto di vista delle strategie e competenze operative adeguate al nuovo contesto digitale. Le grandi major e molte piccole indipendenti si stanno trovando in difficoltà proprio per la loro scarsa capacità e predisposizione a ripensare i concetti stessi di impresa e di prodotto fonografico. Volendo fare un confronto con gli argomenti trattati nei precedenti capitoli, ancora una volta in un regime di libera concorrenza c'è chi ha saputo riorganizzarsi, inventare nuovi modelli di business e, dato da non trascurabile, abbattere i costi, tutto a favore dei creatori di contenuti. Infatti
gli
aggregatori
sanno
studiare
e
realizzare
campagne
promozionali personalizzate a seconda del tipo di budjet e al target di riferimento, aiutando anche gli artisti meno conosciuti o che fanno musica di nicchia a costruire la loro fan base, giocando così un ruolo fondamentale nella creazione del valore. Gli aggregatori così riescono non solo a sostituire il produttore fonografico, ma ad inglobare anche funzioni tipiche degli uffici di marketing e comunicazione. E questo è il motivo per cui gli aggregatori considerano gli artisti indipendenti e le etichette come clienti, anche se di fatto sono loro che acquistano le licenze per la distribuzione digitale.
5.3 VAS (Value Added Services - Servizi a valore aggiunto) Negli ultimi anni ha assunto un'importanza sempre piu' rilevante la funzione di implementazione di prodotti e servizi che arricchiscono 42
l'offerta di contenuti musicali, o che sfruttano gli stessi per aggiungere valore ad altri prodotti. Un ottimo esempio è quello dei VAS per la telefonia mobile, grazie ai quali gli operatori di telecomunicazione riescono a fornire molto di piu' di una semplice chiamata (loghi, sfondi, suonerie, video, musica d'attesa per le chiamate in entrata, brani in full download, informazioni sugli artisti, testi di canzoni, versioni karaoke dei brani, ecc.). Tutti questi servizi sono importantissimi perchè offrono un alto livello di personalizzazione dei prodotti per l'utente finale, e quindi un piu' alto range di potenziali clienti disponibile. Questi servizi, soprattutto dopo l'avvento dei moderni smartphone, sono diventati sempre piu' comuni anche tra le aziende che non offrono servizi di telefonia mobile, ma che sfruttano
queste
tecnologie
per
offrire
un
alto
grado
di
personalizzazione dei devices ai loro utenti: siti web ottimizzati per smartphone, sfondi e suonerie del nostro artista preferito, applicazioni che permettono la ricerca dei live che piu' ci interessano o che ci aggiornano in real time delle novità piu' importanti delle band che piu' ci piacciono, ecc.ecc.
5.4 Lo sviluppo di piattaforme Addirittura c'è chi ha sviluppato le proprie piattaforme per la distribuzione e la vendita, differenziandosi da altri per la particolarità dei prodotti venduti e per l'esclusività dei servizi offerti. Ovviamente successo maggiore avrà chi riesce a semplificare all'interno della propria piattaforma la ricerca e l'accesso alle informazioni sui contenuti, 43
la velocità e semplicità del pagamento e soprattutto a favorire le relazioni sociali incentrate su quel particolare tipo di prodotto che si sta vendendo. In questo senso le funzioni proprie dei Social Network stanno assumendo un ruolo sempre piu' importante per i nuovi modelli di businness dell'industria musicale: avere infatti un quadro chiaro dei nostri interlocutori, instaurare con loro un rapporto sociale e offrire opzioni d'uso dei nostri prodotti personalizzate ci può far individuare quali sono le migliori potenzialità di sfruttamento economico del nostro prodotto. Le piattaforme consentono quindi di ripensare in modo creativo e fruttuoso la produzione e l'offerta di contenuti, basti pensare alla possibilità di poter monitorare e ascoltare il proprio mercato di riferimento e mettere al centro dell'attenzione il cliente, magari dandogli la possibilità di partecipare ad alcuni processi creativi. Così facendo non sarà piu' l'azienda a proporre contenuti nella speranza che piacciano, ma sarà il cliente ad appropriarsi di ciò che piu' gli piace e di contribuire alla creazione di un prodotto che lo soddisfi appieno. E' questa la conquista piu' importante dei media digitali, e cioè il progressivo slittamento da logiche relazionali ormai datate di tipo 'push' a quelle piu' moderne di tipo 'pull': dagli sforzi di musicisti e produttori per 'spingere' prodotti finiti sul mercato, allo sforzo per creare strumenti che consentano ai clienti di orientare le scelte o partecipare ai processi creativi, per 'attirare' a loro dei prodotti che li soddisfino a pieno. Ovviamente ad oggi il miglior business possibile prevede la presenza contemporanea dei due modelli. Particolare attenzione meritano le piattaforme create appositamente per sviluppare ed accrescere l'attività live. Siti come Sonic Bid o
44
Eventful permettono infatti di far incontrare le esigenze di musicisti, manager e promoter. Il funzionamento è semplice ed efficace: si offre ai musicisti la possibilità di creare e caricare sui siti un presskit professionale con tutte le informazioni generalmente richieste dai promoter. Questi ultimi a loro volta pubblicano sul sito festival, club, contest, show radiofonici o televisivi per i quali ricercano musicisti. Grazie ai feedback che gli artisti ricevono dai fan sui loro personali social network, un sistema di filtri e di appositi widjet permette di sapere in quale città gli artisti sono piu' richiesti, e quindi pianificare uno show o un tour con piu' ampie possibilità di successo. L'aspetto piu' rilevante delle piattaforme e quello da non sottovalutare assolutamente, è che queste ultime sono frequentate non solo da utenti, musicisti e promoter, ma anche da sponsor desiderosi di relazionarsi con un determinato target di utenti e quindi disposti a cofinanziare progetti.
5.5 La distribuzione Un'aspetto positivo della presenza dei nostri prodotti e infrastutture in rete è sicuramente la possibilità di distribuirli a costo bassissimo in un qualunque punto del globo, basta avere una connessione ad internet e un terminale. Questo è importantissimo perchè per vendere il nostro prodotto non abbiamo piu' bisogno di comprare spazi espositivi in negozi, nei mass media generalisti come giornali, tv e radio nazionali o regionali, ma soprattutto, non abbiamo bisogno di farlo per ogni singolo territorio in cui vogliamo distribuire la nostra musica. Prima dell'avvento del web infatti, il successo di un prodotto derivava esclusivamente dalla 45
sua sovraesposizione mediatica e quindi dalla facilità con il quale poteva essere visibile e reperibile. Questo modello di business era incentrato sul mercato di massa e favoriva per forza di cose la diffusione di 'hit' a discapito dei prodotti di nicchia. Investire infatti ingenti quantità di soldi per una distribuzione e promozione capillare richiedeva sia l'acquisto dei limitati spazi fisici (nei negozi e nei media) per la promozione, e la creazione di un prodotto che fosse il piu' in linea possibile con i gusti del pubblico, per poter così vendere molte copie, rientrarci con le spese e realizzare un guadagno. I media digitali invece ci consentono di modificare le dinamiche di mercato combinando un infinito spazio espositivo, un accesso al prodotto indiscriminato da qualsiasi parte del globo e l'abbattimento del costo di distribuzione. Questo significa che il nostro pubblico solitamente di nicchia sul web può trasformarsi in pubblico di massa, e i nostri prodotti di nicchia possono diventare improvvisamente fonte di un alto guadagno, visto che la ridotta spesa di distribuzione rende significativi i guadagni su prodotti che vendono poco. Ovviamente tutto ciò implica un nuova professionalità da acquisire e con cui confrontarsi: la comunicazione. Infatti, dal momento che l'infinito spazio espositivo del web dona a tutti la possibilità di immettere sul mercato a basso costo il proprio prodotto, bisognerà adoperarsi per far si che questo riesca ad emergere dalla folla di nuove proposte, senza ricorrere ad ingenti campagne pubblicitarie che sicuramente costituiscono una barriera per le realtà piu' piccole. Quindi c'è necessità di appropriarsi di strategie comunicative efficaci.
46
5.6 Mediazione e generazione dei contenuti Come abbiamo visto in precedenza, le piattaforme digitali permettono di integrare aspetti della promozione con la distribuzione, integrando la vendita di prodotti alla fornitura delle piu' svariate informazioni, contenuti extra, suggerimenti, archivi e, naturalmente, strumenti per orientarsi e ricercare contenuti. L'utente in questo modo può informarsi, ascoltare delle preview, leggere e valutare le opinioni di altri utenti, costruire il proprio prodotto personale, il tutto in un unico processo che gli permette di conoscere a fondo il fornitore di contenuti (nel nostro caso, il musicista o l'etichetta o la web radio, ecc.). Ultimamente le piattaforme fanno largo uso dei cosiddetti filtri collaborativi, che hanno il compito di stimolare la curiosità ed indirizzare l'utente verso prodotti inediti. Grazie a questi filtri automatizzati si possono suggerire contenuti a partire da precedenti esperienze del consumatore, o da precise indicazioni di quest'ultimo sui suoi gusti e interessi: il filtro piu' usato (e abusato) è quello che, dopo l'acquisto di un prodotto, ne suggerisce altri simili che altri utenti hanno acquistato, oppure altri prodotti che hanno in comune musicisti, etichetta, genere musicale, strumentazione, ecc. con quello aquistato da noi. Molte web radio hanno usato i filtri per accrescere la loro popolarità ed offrire all'utente un'esperienza assolutamente unica e personalizzata: il portale Last.Fm, per esempio, offre un servizio di web radio basato sui gusti degli utenti, aggiungendo, di giorno in giorno, brani in playlist affini per genere a quelli selezionati dall'utente, ovviamente con la possibilità di reperire ulteriori informazioni sulla band ed eventualmente acquistare le tracce in un qualsiasi store convenzionato. Oltre che dai filtri automatizzati, le informazioni e i suggerimenti 47
possono arrivare dalla propria rete sociale. Questo è forse l'aspetto piu' importante da tenere in considerazione se si vuole sviluppare il proprio businness nell'epoca del web partecipativo: il passaparola e lo scambio di files da ascoltare costituisce anche e soprattutto sul web il miglior modo per far conoscere un artista a piu' persone possibile. Il cosiddetto viral marketing (o buzz marketing) si basa proprio su questo: una community di appassionati di un artista o genere musicale condivide con i propri amici files o videoclip di un determinato artista. I loro amici lo condividono con altre persone, e così facendo si genera un passaparola naturale che non fa che accrescere la popolarità dell'artista in questione. In seguito la crescita di popolarità porterà ad una maggiore considerazione da parte di riviste specializzate, critici ed organizzatori di eventi, il tutto a beneficio dell'artista e praticamente a costo zero. Ovviamente piu' la piattaforma che '”spinge” l'artista è credibile, obiettiva ed affidabile, piu' il suo giudizio influenzerà quello degli altri utenti. Questo è quindi il potere principale delle piattaforme digitali, che siano esse portali, social network o forum, e cioè il mettere in contatto artisti e fruitori e permettere tra loro lo scambio di informazioni, opinioni, riconoscimenti. In piu' la maggior parte delle volte questi contatti “virtuali” portano allo sviluppo di collaborazioni offline riguardanti gli interessi condivisi. Dopotutto i dati parlano chiaro: il 39% degli utenti di social network incorporano musica nel proprio profilo personale. Il 70% lo fa per esibire i propri gusti e/o per riflettere la propria personalità. In piu' il 53% delle persone ammette di navigare sui social network proprio per scoprire nuova musica e nuovi artisti, e ben 2/3 degli intervistati dichiara di aver scoperto la musica che ama
48
su di un social network. Di fatto grazie alle nuove tecnologie e allo sviluppo delle piattaforme, un artista è in grado di contestualizzare la vendita del proprio prodotto all'interno di molteplici flussi informativi, facendo partecipare il consumatore alla propria vita artistica e trasformandolo di fatto nel proprio distributore. In questo caso il consumatore, colui che ama un artista o un genere musicale e che condivide con piu' utenti la sua passione, può addirittura monetizzare quest'ultima. Infatti con programmi come Google AdSense si possono associare i propri contenuti e i propri spazi ad una pubblicità personalizzata e mirata, che grazie ai filtri individua automaticamente contenuti pubblicitari coerenti con quello che noi siamo soliti pubblicizzare. Questo meccanismo incentiva ancor di piu' le pratiche del viral marketing, in quanto l'utente guadagna in proporzione a quanto riesce a veicolare l'attenzione verso determinati contenuti. In ultimo bisogna fare una breve analisi sui cosiddetti User Generated Content, e cioè quei contenuti creati dagli utenti a costo zero (video amatoriali, remix, fotomontaggi, ecc.) grazie alle moderne tecnologie, e diffusi gratuitamente in rete. Questi contenuti sono una manna dal cielo per la pubblicità di un determinato artista, in quanto la maggior parte delle volte si usano dei brani o dei frammenti di artisti già famosi, e naturalmente sia i filtri che gli utenti stessi possono suggerirci cosa stiamo ascoltando, o da dove è stata presa la musica di un video, o ancora di quale brano stiamo ascoltando il remix, o addirittura dove posso comprare i biglietti dell'artista autore della colonna sonora del video. Insomma, le possibilità di fare business sul web sono davvero illimitate.
49
5.7 Crowdsourcing & Crowdfunding Come abbiamo visto, il web partecipativo offre la possibilità alle imprese ed agli artisti di interagire e collaborare con gli utenti in modi che fino a qualche anno fa erano impensabili. Una delle strategie di marketing piu' interessanti che può offrire il web è il codiddetto Crowdsourcing. Il termine, derivato dalla crasi tra crowd (folla) e outsourcing (delocalizzazione della forza lavoro), indica l'atto, da parte di un artista o società, di affidare una o piu' funzioni della produzione di beni o servizi ad una rete di persone (community). Si tratta di un passo avanti rispetto agli user generated content, poichè vengono commissionati dalle imprese per le imprese (o dagli artisti per gli artisti). Di solito ciò avviene attraverso una “chiamata aperta” in forma di concorsi, campagne, eventi, grazie alla quale i consumatori sono invitati a fornire i piu' svariati contributi: remix, artwork, video promozionali, scelta dei brani da includere in un album, organizzazione di un evento per lanciare un disco, ecc. fino ad arrivare a vere e proprie campagne di ricerca fondi per il finanziamento di nuovi progetti, o alla commercializzazione di tracce create dagli utenti utilizzando come mattoni sample dei brani degli artisti, o ancora creare un videoclip da frammenti video forniti dall'artista. Ovviamente la possibilità di selezionare gli output piu' votati e preferiti dagli utenti garantisce alle aziende una garanzia minima di riscontri sul mercato. I benefici del crowdsourcing sono molti, a cominciare dal costo di queste operazioni, che di solito rimane molto basso. In piu' il 50
pagamento o si basa sul risultato o addirittura non è previsto, poichè spesso gli utenti sono stimolati da una pura ricerca di personale soddisfazione intellettuale e non da un premio in denaro. Un ulteriore risparmio risiede nel fatto che l'organizzazione committente può avvalersi di un numero di esperti maggiore di quelli già presenti all'interno dell'organizzazione stessa a costo bassissimo o pari a zero. Dal punto di vista del marketing le organizzazioni, ascoltando la massa di utenti, hanno la possibilità di conoscere direttamente i desideri dei consumatori. Ma forse l'aspetto piu' importante è che grazie al suo contributo,
la
comunità
sviluppa
un
senso
di
appartenenza
all'organizzazione che porta a una conseguente fidelizzazione degli utenti ad un determinato marchio o artista. Ovviamente, per scongiurare la possibilità di affidare ad utenti poco preparati la gestione di alcuni aspetti della creazione o la gestione di servizi, l'attività di crowdsourcing deve essere sempre affidata ad un gruppo di mediatori che possa selezionare gli input migliori e lavorare solamente su quelli. Questa strategia di marketing si avvicina molto alla logica dell'open source nel campo software: in sostanza si da all'utente la possibilità, senza scopo di lucro, di utilizzare la base, i samples, le immagini di un progetto per crearne uno nuovo e/o affine, in linea con i gusti e le esigenze di ogni singolo consumatore. Vedremo poi come tutte queste nuove forme di business non contemplino affatto lo sfruttamento del diritto d'autore, o almeno, non con le classiche modalità dell'industria discografica pre-web. Ovviamente, se le imprese possono usare queste strategie per realizzare o migliorare i prodotti, sono soprattutto gli artisti che sempre piu' spesso preferiscono sganciarsi da editori ed etichette discografiche
51
ed appellarsi a questi input creativi per autofinanziare i propri progetti, produzioni e campagne di marketing. Infatti, oltre alle piattaforme che consentono di promuovere la propria attività artistica se ne possono sviluppare altre per convincere gli autenti a co-finanziare progetti artistici.
In
questo
caso
si
parla
di
Crowdfounding
(o
micromecenatismo). Una volta che il progetto artistico è stato realizzato si può offrire in anteprima ai micro-finanziatori, realizzando versioni ad hoc, esclusive e personalizzate, magari accompagnate da contenuti extra come oggetti di merchandise, packaging particolari, stampa di supporti fisici al posto dei files, ecc. In seguito il prodotto può essere messo in vendita o reso disponibile gratuitamente, e in quest'ultimo caso i guadagni potrebbero derivare da introiti pubblicitari o da sponsorships. Alcune piattaforme offrono addirittura la possibilità, per i microfinanziatori, di partecipare ai guadagni derivati dalla vendita del prodotto in una percentuale tanto alta quanto la quota versata per il finanziamento; in questo modo gli utenti diventano una sorta di azionisti del progetto, e sono piu' incentivati a pubblicizzarlo. Ovviamente un progetto di Crowdfounding, per ottenere dei risultati apprezzabili, deve essere accompagnato da una ben pianificata ed efficace campagna di viral marketing, per far si che l'artista riesca a creare una fan-base affidabile, realmente appassionata e disposta a supportare anche economicamente un progetto artistico. In conclusione, tutte le tecniche sopracitate possono avere diverse finalità: sfruttare gli utenti per individuare i migliori prodotti su cui investire, favorire la crescita e l'innovazione stimolando la creatività del popolo della rete, trasferire in outsourcing alcuni costi e compiti, aumentare l'interazione sociale con il proprio pubblico e farsi aiutare da quest'ultimo nelle scelte produttive.
52
6. LE NUOVE STRATEGIE DEL COMPARTO FONOGRAFICO: DALLA CREAZIONE DI PRODOTTI ALLA FORNITURA DI SERVIZI Finora abbiamo evidenziato alcune delle possibilità che l'industria musicale può sfruttare per instaurare fruttuose relazioni con i consumatori nell'epoca del web partecipativo. Ora dobbiamo cercare di capire su quali modelli ed economie si può reggere concretamente l'attuale sistema dell'industria musicale e come quest'ultima possa sfruttare al meglio e far proprie le nuove tendenze, peraltro in continua trasformazione, del web.
6.1 Il 'problema' del file sharing Sappiamo tutti che dalla fine degli anni '90 il file sharing è diventato un comportamento comune a tutto il popolo della rete, mettendo di fatto in notevole difficoltà la classica industria musicale basata sulle attività di licenza,
cessioni,
subedizioni,
stampa
di
supporti
fisici
e
sincronizzazioni audio-video. Ovviamente i primi ad osteggiare questa nuova pratica furono proprio gli editori e i discografici, titolari dei diritti d'autore e connessi, che vedevano sfumare tutti i possibili guadagni derivanti dalla tradizionale gestione dei loro pacchetti di DPI. In realtà le ricerche sul file sharing dimostrano che il download di un file non corrisponde necessariamente al suo mancato acquisto, visto che l'utente medio comunque non dispone dei soldi necessari ad acquistare la quantità enorme di files che scarica illegalmente. In piu' gli utenti subiscono il fascino di questa pratica per molti motivi: in primis 53
la felicità di poter disporre di molta piu' musica di quanta se ne sarebbe potuta acquistare, poi la possibilità di scoprire repertori ai quali non avrebbero mai potuto avere accesso (per ovvi motivi legati alla distribuzione fisica e all'esposizione mediatica dei supporti nei vari stati), e infine per la gratificazione nel diventare esperti nel reperire prodotti dell'ingegno e condividerli con altri utenti. Oggigiorno quindi, anche l'industria musicale si sta rendendo conto dell'enorme potenziale del file sharing, visto ora come un potente strumento di viral marketing, un amplificatore di popolarità e quindi di introiti diversi dalla semplice vendita del file, come quelli derivati dalle esibizioni live, dal merchandise, dalle sponsorizzazioni e dalla monetizzazione degli ingressi nei siti web e nei portali. Ovviamente per attirare l'attenzione sul proprio prodotto bisogna valorizzarlo con contenuti e servizi aggiuntivi, ed è proprio sui servizi che si sta spostando l'attenzione dell'industria musicale: ormai la pratica del file sharing e del download gratuito di contenuti si è talmente tanto radicata che sarà impossibile tornare indietro, quindi tanto vale sviluppare, partendo da questa pratica, un sistema di distribuzione legale e gratuito di musica sul web (magari grazie ad accordi che permettano la retribuzione degli aventi diritto in proporzione all'utilizzo dei loro files), ed in seguito offrire, correlati ai files, una serie di servizi aggiuntivi che giustifichino un esborso in denaro da parte degli utenti. I servizi aggiuntivi che potrebbero essere proposti sono moltissimi: dalle versioni alternative delle take (unplugged, remix) alle edizioni limitate, dalle versioni in 5.1 ai samples originali per creare le proprie composizioni originali, dal “making of” dei brani con riprese e foto in studio alle suonerie personalizzate, dal merchandise ai concerti live,
54
fino all'aggiornamento in tempo reale su tutti i propri devices delle attività dell'artista, magari prevedendo sconti sull'acquisto di biglietti o di pacchetti vacanza + concerto, ecc. ecc. In questo modo da un semplice prodotto se ne potrebbero generare a decine, per poi essere commercializzate, o regalate per fidelizzare il pubblico. Insomma, il futuro prossimo potrebbe essere basato su strategie che portino i consumatori a pagare per qualcosa che effettivamente non possono reperire grazie al peer to peer, e che possa aggiungere valore al file scaricato gratuitamente dalla rete. Meglio ancora se i contenuti extra possono essere acquistati su piattaforme affidabili e che possano garantire qualità ed esclusività dell'accesso. Una moderna strategia di management, che si tratti di un artista o di un catalogo deve oggi necessariamente integrare competenze che riguardano il “come” vendere un prodotto dell'ingegno, ma anche “cosa” vendere, e contemporaneamente costruire tutta una serie di offerte che possano essere proposte insieme o attraverso la musica.
6.2 Nuovi modelli di business Data la vastità del web, è pressoche impossibile tracciare ed analizzare ogni singola iniziativa imprenditoriale volta a monetizzare contenuti musicali, ma grosso modo possiamo dividere tutte queste attività distinguendo modelli a pagamento e modelli gratuiti. Il modello pay per content è stato fino a poco tempo fa il piu' diffuso (tra quelli legali) e il piu' vicino alle logiche tradizionali: si acquista un prodotto e se ne può disporre liberamente, senza limiti di tempo, per scopi non commerciali. In alternativa si può anche acquistare lo 55
streaming per visualizzazioni illimitate, ma in un periodo limitato di tempo. Questo segmento è dominato da iTunes della Apple, ma, come accennato proprio nell'introduzione di questa tesi, è ormai chiaro che la creazione dello shop online sia servita non tanto per guadagnare sulla vendita di files mp3, quanto per favorire e giustificare l'acquisto dei piu' famosi e costosi lettori (iPod, iPhone, iPad). Un altro modello che si è sviluppato molto in questi ultimi anni è quello basato sugli abbonamenti. Alcune piattaforme infatti consentono, a fronte di un abbonamento fisso mensile, l'accesso illimitato al loro database sia per il download sia per lo streaming. Chiaramente questo modello funziona solo se si dispone di un database enorme e di contenuti di qualità. Alcune piattaforme aumentano il prezzo in base alla qualità dei contenuti: piu' si paga, e piu' la risoluzione è alta. Poi ci sono i modelli supportati dalla pubblicità, che ovviamente offrono download o streaming gratuito in cambio della visione di spot pubblicitari. Quando i contenuti sono offerti in streaming, di solito si deve visualizzare o ascoltare una pubblicità prima dell'ascolto. Quando invece i prodotti sono scaricabili, la pubblicità può essere imposta in piu' modi: dall' inserimento della stessa all'inizio del brano, alla visualizzazione obbligatoria durante il download, oltre naturalmente alla pubblicità che compare su tutto il sito. Il punto di forza di questo modello è che si integra perfettamente con la pratica del download ormai radicata tra gli utenti del web, e comporta solamente un tempo di attesa che tutto sommato è accettabile, vista la gratuità del prodotto. Ormai molte piattaforme stanno usando questo modello, e YouTube è tra le piu' famose.
56
Ora, il modello supportato dalla pubblicità si avvicina molto a quello del broadcasting televisivo e radiofonico, dove gli inserzionisti pagano per avere la possibilità di avvicinare utenti attratti dalla possibilità di fruire di contenuti gratuitamente. Questo modello vede come protagonisti gli inserzionisti (che offrono pubblicità), gli intermediari (che offrono piattaforme), i fornitori di contenuti e gli utenti. I principali fornitori di contenuti, ad oggi, rimangono ancora le case discografiche, indipendenti e major che vedono ancora nel licensing il modo migliore di sfruttare i propri contenuti in ambiente digitale. Ma bisogna notare che, grazie ai bassi costi di distribuzione, un sempre maggiore numero di utenti immette in piena autonomia contenuti in rete e tenta di monetizzarli, bypassando etichette, editori e società di collecting e licenziando direttamente alle varie piattaforme i loro prodotti.
6.3 Dalle etichette discografiche alle agenzie musicali Ovviamente le case discografiche denunciano un problema di sostenibilità vista l'enorme differenza di guadagno tra la classica vendita di supporti e la vendita di files online. Questo sta portando molte aziende a diversificare il proprio business con attività che sono meno condizionate dal digitale, come i live e il merchandise, ridimensionando gli investimenti per la produzione a favore di quelli per il marketing e la promozione, trasformandosi di fatto in agenzie di management. Per questo tipo di strutture, il core business non è piu' il singolo prodotto, ma l'insieme delle economie generate dall'artista sotto contratto, che a sua volta è diventato un vero e proprio brand da promuovere. 57
In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un vero e proprio ribaltamento di funzioni e priorità, poichè la produzione e diffusione di musica registrata è diventata funzionale a promuovere l'artista, la sua immagine e i suoi live, che ad oggi rappresentano sicuramente l'attività piu' remunerativa. In questo modo l'etichetta integra dentro di se la produzione, il marketing, il management e il booking dei live, facendo convergere tutte le entrate in un'unica voce di bilancio. Così facendo si possono reinvestire i guadagni dei live per trovare uffici stampa all'estero per espandere la popolarità dell'artista ed etichette estere interessate al licensing dei brani, oppure usare i proventi delle edizioni musicali per investire in merchandise e promozione dei tour. Quindi in quest'ottica la diffusione di musica sul web, anche gratuitamente, è fondamentale per aumentare la popolarità dell'artista e alimentare qualsiasi forma di sfruttamento della creatività (live, merchandise, diritti d'autore e connessi, sfruttamento dell'immagine, sponsorizzazioni, pacchetti di viaggio per i fan, organizzazione di concorsi per i fan, ecc.). Ovviamente questo modello di business integrato sta costringendo i vari editori, discografici, manager e agenzie di booking a ripensare da zero il loro modo di lavorare per far fronte a nuove aziende che hanno saputo sfruttare fin da subito le potenzialità del web e il management integrato come metodo per minimizzare il rischio d'impresa. Questo modello di business permette di appaltare in outsourcing ( o in crowdsourcing) molte funzioni, pubblicità e viral marketing in primis, ma implica necessariamente un'attenta pianificazione e coordinamento di tutte le attività. Infatti l'azienda, vista l'enormità del web e delle possibili strategie da applicare per accontentare la fan base, deve sviluppare servizi di consulenza tecnica e strategica personalizzata, tarata sul
58
singolo brand-artista e sulle sue specifiche esigenze, cercando di far convivere
in
armonia
la
pubblicità,
il
reperimento
di
fondi,
l'organizzazione dei live e l'uscita del disco nei negozi o negli shop online, il tutto senza dimenticare di “educare'” il target di riferimento (la community) che farà da volano per la diffusione della musica grazie alla condivisione dei contenuti e al prosumerismo. Questo è quello che possiamo chiamare “music branding”, ovvero una serie di operazioni coordinate volte ad aumentare il fascino e la presa di un artista sul pubblico, comunicando valori, emozioni, immagini alle quali il pubblico si rispecchia.
CONCLUSIONI Come è facile intuire, tutte le analisi svolte finora non sono altro che la punta di un iceberg di un' industria musicale in continuo mutamento e che presenta tante sfaccettature ed esigenze particolari quanti sono gli operatori coinvolti; possiamo però cominciare a dare una risposta alle varie domande che ci siamo posti all'inizio del nostro discorso, e per farlo partiremo da un esempio pratico che racchiude in se tutte le disfunzioni dei vecchi modelli di business e tutte le potenzialità dei nuovi: nel 2007 i Radiohead (una delle band piu' famose al mondo) pubblicano In Rainbows, il loro settimo album in studio. La 59
distribuzione commerciale avviene secondo un formato assolutamente inedito, chiamato “it’s up to you” (letteralmente: spetta a te). La band, libera dai precedenti vincoli contrattuali con la Emi, è proprietaria al 100% della propria opera artistica e decide così di mettere alla prova una strategia di marketing apparentemente assurda: rendere l'album scaricabile dal sito ufficiale sia gratuitamente sia a pagamento. Non c'è un costo prestabilito e l'utente può decidere di pagare l'album al prezzo che gli sembra piu' giusto, attribuendo quindi un valore economico soggettivo al prodotto. Il risultato? I Radiohead riescono a trarre ricavi in quantità maggiore rispetto ai precedenti lavori. La media delle “donazioni” degli utenti è infatti di 2,30 euro per album; una band internazionale sotto contratto con una major oggi non ricava più di 2 euro per cd venduto, sebbene il prezzo al dettaglio raggiunga cifre decisamente più alte, fino ai 20 euro in Italia. Questo esempio ci dimostra che un album digitale, anche di fascia altissima, può essere distribuito a 2 euro, senza l’intermediazione di etichette discografiche, editori, distributori, e senza che il musicista subisca una perdita. Ne consegue che i restanti 13-18 euro che l’appassionato di musica era obbligato a spendere fino a qualche anno fa sono, semplicemente, un costo che oggi nessuno è piu' disposto a sostenere. In piu' ci dimostra che leggi e accordi atti a disincentivare la condivisione di contenuti protetti da copyright non potranno che essere nocive per tutta l'industria musicale, portando ancora di piu' i musicisti a trovare strade alternative alla Siae per tutelare e monetizzare la propria musica originale. Infatti, viste le precedenti analisi su costi, ripartizioni e diseconomie varie, possiamo affermare che la legge sul diritto d'autore ad oggi tutela solamente gli interessi particolari di grandi
60
aziende che operano nel campo dell'intrattenimento, e che le grandi società di collecting di fatto continuano ad essere operative e a modificare i metodi di ripartizione solo ed esclusivamente per tutelare gli interessi dei grandi editori e discografici. Anche se ci sono sostanziali differenze di gestione da un paese all'altro, non possiamo certo negare che il sistema di ripartizione, così come lo conosciamo, non può essere adattato ai nuovi scenari digitali senza essere costretti a ripensarne le basi proprio in virtu' dei nuovi modi da parte degli utenti di fruire di oggetti culturali. Un altro aspetto da non sottovalutare è che negli ultimi 10 anni, grazie al web, le possibilità di scelta per gli utenti sono aumentate in modo esponenziale . Se prima le nostre scelte dipendevano esclusivamente da ciò che si trovava in negozio, oggi possiamo ascoltare musica in streaming, gratuitamente e su diverse piattaforme, prima di decidere se acquistarla. Se prima il mercato era stabilito dai distributori e dalle etichette discografiche che decidevano cosa dovesse andare sugli scaffali e cosa no, ora è il pubblico a stabilire autonomamente cosa funziona. Le pop-star esistono ancora, ma vendono molto meno rispetto al passato, e soprattutto è sul web che le grandi stelle del firmamento musicale muovono i primi passi verso il successo. In piu' in questi ultimi dieci anni non è aumentata solamente la musica disponibile sul mercato, ma anche i dispositivi per ascoltarla: possiamo comprare un cd e godercelo a casa sul divano, possiamo riempire un lettore mp3 e portarlo sempre con noi, possiamo navigare su YouTube e, oltre alla musica, possiamo guardarci anche il video delle canzoni che piu' ci piacciono. Insomma, la tecnologia ci permette di ascoltare musica ovunque e in qualsiasi momento, liberandoci dal vincolo del possesso fisico del prodotto musicale: la musica non è più un prodotto
61
da possedere ma un servizio da utilizzare. E questo rappresenta un cambiamento sia di natura economica sia di natura antropologica. Per quanto riguarda la pirateria musicale, questa sicuramente rappresenta
un
problema,
ma
che
potrebbe
essere
risolto
semplicemente pagando le royalties agli aventi diritto in base all'effettivo utilizzo che gli utenti ne fanno in rete. La tecnologia lo permetterebbe già da svariati anni, purtroppo però assistiamo quotidianamente a scontri tra società di telecomunicazioni e grandi case editrici e discografiche: le prime, da sempre favorevoli al download indiscriminato e restie dal diventare una sorta di “polizia del web” che individua e punisce chi condivide contenuti illegali; le seconde, votate al guadagno e interessate a mantenere il piu' possibile la loro sovraesposizione mediatica e il controllo su tutto ciò che riguarda il licensing dei loro contenuti. Dopotutto, dall'avvento di Napster fino ad oggi, gli introiti delle grandi case discografiche, cinematografiche e di software si sono dimezzati, e sono proprio questi ultimi che oggi si pongono come strenui difensori del copyright, di mezzi investigativi e norme restrittive per evitare la violazione del diritto d'autore, cercando di spostare la responsabilità del fenomeno della pirateria online dagli utenti ai provider, cercando di far installare a questi ultimi dei filtri per controllare il traffico ed eventualmente punire comportamenti illegali degli utenti. Naturalmente i provider sono consapevoli che qualsiasi azione legale, bavaglio o sanzione esemplare attuata ai danni di siti di file sharing si risolverà con un nulla di fatto. Dopotutto è vero che ogni tentativo di arginare il fenomeno della pirateria si è risolto con un aumento dei siti dove poter reperire materiale coperto da copyright. La sensazione è quindi che i vecchi giganti del copyright non vogliano
62
cavalcare l'onda e modificare il loro modello di business, ma vogliano piuttosto prenderla di petto, senza rendersi conto che l'onda aumenta giorno dopo giorno e che ormai è di fatto impossibile arrestarla. In ultimo c'è da analizzare l'enorme potenziale che il web rappresenta per un artista indipendente e per generi musicali di nicchia: come abbiamo visto tempo fa c’era un mercato unico di distribuzione mentre ora gli artisti possono avere il completo controllo della loro musica, hanno a disposizione numerosi mezzi per farla circolare e fanno di tutto per riuscirci. In questo senso il mercato si sta anche rinvigorendo, si ascoltano cose nuove ogni giorno, e non solo ciò che cercano di imporci le case discografiche. Ormai le persone si sono abituate a questo modo di fruire la musica e le etichette discografiche saranno quindi costrette ad evolversi e ad andare incontro non solo agli utenti, ma anche agli artisti: dopotutto sul web avere un editore che lavora sul brano o un discografico che stampa e distribuisce il supporto non ha piu' molto senso, soprattutto per un artista emergente, mentre nei prossimi anni sarà di fondamentale importanza avere una solida struttura o community che sposi i progetti artistici e li aiuti ad emergere rispetto alla grandissima quantità di proposte. In piu' oggi si possono bypassare tranquillamente le società di collecting, affidando la protezione della paternità di un'opera a società legali e riconosciute di marcatura temporale, senza essere costretti (come succede ad esempio con la Siae) ad affidar loro in via esclusiva anche la gestione degli introiti e la ripartizione, che come abbiamo visto risulta fortemente inadeguata rispetto alle utilizzazioni in locali e discoteche, e praticamente nulla per quel che riguarda l'uso dell'opera online.
63
Quindi attualmente il diritto di proprietà rimane fondamentale per sfruttare l'unico business che sembra funzionare sul web, ovvero il licensing dei contenuti, ma risulta fortemente penalizzante per gli artisti limitare il diritto di accesso, soprattutto per quel che riguarda le utilizzazioni online. L'unico modo per far convivere questi due aspetti ad oggi sembra quello di bypassare le società di collecting, i classici intermediari, i distributori e di trattare direttamente con le piattaforme, almeno fino a quando non ci saranno leggi precise e uguali per tutti in merito alla raccolta e alla ripartizione dei diritti d'autore e connessi. In poche parole: bisogna tutelare la proprietà intellettuale ma superare la forma del copyright, bisogna pensare ad un metodo di gestione del diritto d’autore che tuteli chi crea e agevoli chi vuole conoscere, consapevoli di vivere in un periodo tecnologico che sta regalando alla razza umana la più ampia possibilità di conoscenza, di contaminazione e di impulsi continui mai avuta. Bisogna rendersi conto che bloccare questa circolazione di idee e contenuti, invece di ripensarla e di prevedere modalità innovative per la retribuzione degli autori, non solo è anti-storico, ma è perfettamente inutile.
64