Verso una nuova politica dello spettacolo

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Anno 1998

VERSO UNA NUOVA POLITICA DELLO SPETTACOLO

A cura di gisella belgeri

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VERSO UNA NUOVA POLITICA DELLO SPETTACOLO

PREFAZIONE Il lavoro è il frutto di proposte e considerazioni emerse sia da incontri con artisti e musicisti che con operatori e intellettuali, attenti al progredire del settore culturale italiano legato al mondo della musica. Esso si è avvalso dei saggi consigli e del competente contributo di Franca Di Palma alla cui memoria intendo dedicare questo piccolo studio. Il primo capitolo è destinato a individuare, seguendo il Decreto legge emanato nel 1993 in materia di spettacolo, dopo l’abrogazione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, le linee di contenuto essenziali per l’identificazione dei compiti di indirizzo, e di coordinamento, nelle valenze nazionali e regionali. Il secondo capitolo espone la realtà risultante oggi dall’applicazione della legge 800 (1967) nelle attività musicali, suddivise per le diverse categorie individuate (Enti Lirici e Sinfonici, Teatri di Tradizione, Lirica minore, Istituzioni Concertistico-orchestrali, Associazioni, Festivals, Corsi, Concorsi, Collaterali vari e Promozione all’estero). Il terzo capitolo, con una breve scheda, analizza le lacune e le carenze venutesi a creare nel tempo e gli spazi troppo angusti oggi per una diversa richiesta di cultura e di arte. Il quarto capitolo configura la necessità di assicurare al cittadino una base culturale e creativa, anche tramite le arti rappresentate e quindi la musica. Il quinto capitolo ipotizza i possibili ampliamenti o sbocchi professionali per la carriera di un musicista. Il sesto capitolo rivede le possibili trasformazioni delle attuali categorie finanziate dallo Stato, in nuovi poli di riferimento secondo le diverse tipologie di programmazione. Di particolare opportunità appare la proposta di istituire, a fianco delle Fondazioni di Prioritario Interesse Nazionale, una Divisione quale Centro Nazionale della Arti Rappresentate ovvero L’Osservatorio delle Nuove Strategie per la Cultura della Musica creando un elemento di forte interesse artistico che, tramite una programmazione progettuale sia in grado di dare, in tempi ragionevoli, risposte qualificate per un ammodernamento del panorama italiano musicale e per un deciso investimento sulle giovani leve della musica e della danza.

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CAPITOLO 1 VERSO UNA NUOVA POLITICA DELLO SPETTACOLO

Il nuovo assetto istituzionale e governativo che andrà a regolare la vita dello spettacolo, attualmente appoggiato ad un Dipartimento della Presidenza del Consiglio, costituisce l’occasione per rivedere sostanzialmente la strategia dello spettacolo italiano in riferimento al supporto finanziario dello Stato. Vanno stabiliti i principi di finanziabilità su fondi pubblici, da ricercare in larga misura nella consistenza culturale, nella ricerca artistica e tecnologica, nell’ampliamento del pubblico, nel rapporto costi/benefici delle attività di musica, danza, teatro ecc… Vanno individuate le logiche che inducono a preferire per taluni aspetti produttivi, ideativi, formativi o promozionali un rapporto di più stretta connessione con le Regioni e gli Enti Locali, quelle che sarebbero favorite da una concertazione tra Stato e Regioni e, infine, quelle che per strategia nazionale, dovrebbero essere prevalentemente affidate al centro, tramite l’operato di un Organismo centrale di chiaro indirizzo artistico e culturale. Oltre alle situazioni che vedranno lo Stato impegnato in prima linea nel sostegno di specifiche attività di spettacolo, la cui demarcazione venne già indicata nel Decreto Legge approvato il 4/8/93, va trovata una corretta impostazione delle due direttrici di indirizzo e di coordinamento nel rapporto tra Stato e Regioni. Ne consegue una serie di valutazioni che inquadrano questi due elementi fondamentali entro logiche che formino un palinsesto attuabile, entro il quale collocare sia il patrimonio di esperienze e di operatività oggi esistente, sia una nuova capacità di programmazione, a medio e lungo termine, per rendere operativi gli assetti individuati. Considerato che si tratta tendenzialmente non già di operare un consolidamento dell’esistente, quanto di iniziare una politica di reale sviluppo del settore, appare indispensabile l’essere in grado di svolgere un compito di radicale trasformazione, non tanto delle formule operative quanto del concetto stesso di spettacolo, rinnovando nel prossimo decennio il rapporto arte/musica/società nel nostro Paese, sì da costituire un patrimonio facilmente usufruibile sia da parte dei cittadini italiani che del mondo intero. Deve trattarsi, in altri termini, di un ampio investimento in un comparto, quale è quello della creatività artistica e musicale, di altissimo valore storico per il nostro Paese. La funzione di indirizzo va vista in particolare come individuazione di principi o di criteri che, pur nel rispetto delle loro stesse autonomie, favoriscano l’azione delle Regioni per il perseguimento degli obiettivi sopra individuati tra i quali, non ultimo, è anche quello di realizzare un più stretto rapporto fra spettacolo, cultura, patrimonio e turismo. In particolare l’azione delle Regioni dovrebbe tendere: 1 -­‐ al miglior utilizzo e al consolidamento delle programmazioni sul territorio, nel rispetto delle singole autonomie culturali; 2 -­‐ all’allargamento del pubblico e agli aspetti della formazione culturale relativa allo spettacolo; 3 -­‐ all’innalzamento del livello artistico e culturale delle iniziative; 4 -­‐ alla partecipazione attiva del mondo giovanile sia per gli aspetti di partecipazione diretta che di ricezione; 3


5 -­‐ all’incentivazione della creatività; 6 -­‐ allo sviluppo delle attività di ricerca e sperimentazione. A tali principi dovrebbero ispirarsi i programmi regionali da sottoporre alle valutazioni del citato organismo centrale. Attraverso idonei strumenti lo Stato potrà quindi verificare l’aderenza della politica culturale regionale agli obiettivi proposti La funzione di coordinamento si attua come metodo di lavoro che coinvolga insieme Stato e Regioni per realizzazioni di comune interesse, rese possibili anche da una comunione di risorse finanziarie. Più dettagliatamente i compiti di coordinamento si esplicano: 1 -­‐ favorendo lo sviluppo di iniziative di partenariato interregionali per la circolazione di produzioni artistiche e l’utilizzo del patrimonio e dei beni culturali e ambientali; 2 -­‐ ampliando la promozione all’estero dello spettacolo italiano, con l’apporto di una o più regioni; 3 -­‐ predisponendo piani comuni, estesi agli Enti Locali per lo sviluppo della professionalità in campo artistico, anche in funzione propedeutica, e dando particolare rilievo alle espressioni contemporanee; 4 -­‐ promuovendo a livello interregionale indagini rivolte all’andamento occupazionale del settore e agli sbocchi professionali, anche in un rapporto di collaborazione con gli organismi preposti, le Università e i Conservatori di musica. Per quanto concerne le materie di preminente competenza dello Stato esse potrebbero essere così individuate: 1 -­‐ Enti primari di musica e danza riconosciuti in Fondazioni; 2 -­‐ Iniziative di divulgazione, promozione e specializzazione della musica e della danza, in Italia e all’estero, riunite in un comparto dedicato al loro sostegno; 3 -­‐ Iniziative interregionali di valenza nazionale ed internazionale, collegate tramite formule di Sistemi Integrati; 4 -­‐ Relazioni internazionali a livello bilaterale e multilaterale.

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CAPITOLO 2 INFORMATIVA Legge Nr.800: sostegni e filosofia

Nella legge nr. 800 hanno trovato riferimento: -­‐ Enti Lirici Sinfonici (12+1); -­‐ Teatri di tradizione (22); -­‐ Istituzioni concertistico orchestrali (11); -­‐ Associazioni concertistiche -­‐ non a numero chiuso -­‐ attualmente circa 300; -­‐ Festival (molti polidisciplinari) -­‐ non a numero chiuso -­‐ attualmente circa 80 -­‐ Concorsi -­‐ non a numero chiuso -­‐, attualmente circa 60; -­‐ Compagnie di Danza -­‐ non a numero chiuso -­‐; -­‐ Lirica comunale e minore -­‐ non a numero chiuso -­‐ attualmente per un totale di circa 200 recite; -­‐ Corsi -­‐ non a numero chiuso -­‐ e Scuole di perfezionamento -­‐ non a numero chiuso -­‐ attualmente circa 70; -­‐ Attività di ricerca -­‐ limitatissime; -­‐ Enti di Promozione musicale (3); -­‐ Attività all’estero. La legge 800, dal 1967, ha regolato la materia musicale privilegiando: 1 -­‐ il consolidamento delle strutture teatrali e istituzionali (enti lirici, teatri di tradizione, istituzioni concertistico-­‐orchestrali); 2 -­‐ la capillarità dell’intervento statale (associazioni, corsi e concorsi); 3 -­‐ una certa logica geografica nell’intervento finanziario (v. Enti lirici sinfonici, orchestre, festival, lirica minore); attraverso una logica di contrattazione a “categorie”, tramite l’Agis, considerata la Confindustria dello spettacolo. Tale consolidamento e la ripetitività pressoché scontata degli interventi ha fatto mancare, con l’andar degli anni, la capacità di confronto sul piano culturale e artistico, privilegiando l’aspetto gestionale commisurato al rapporto sindacale, politico, istituzionale e solo raramente come diretta conseguenza di un percorso artistico o socio-­‐culturale. Oggi, in una mutata situazione dell’autorità centrale occorre riflettere e cogliere l’occasione per affrontare l’argomento in termini di costi/benefici, mettendo a fuoco, innanzitutto il lato artistico e il riscontro sociale. IL TEATRO MUSICALE: LA LIRICA La legge 800 si è in via prioritaria preoccupata di tutelare sotto il profilo culturale quello che a ragione può essere ritenuto storicamente il monoprodotto musicale italiano: la lirica, campo nel quale l’Italia ha da sempre avuto un predominio quasi assoluto. Pertanto si è voluto garantire ad essa una congrua fetta del finanziamento statale con una capillarità di interventi corrispondenti a quadri di riferimento istituzionali 5


predeterminati, a scalare in termini economici, ma comunque idonei a favorire la presenza del genere in molte zone del Paese. Va subito precisato che il genere lirico è in assoluto l’espressione artistica più dispendiosa sia per la molteplicità delle componenti che la rendono vitale, sia per le difficoltà oggettive che essa presenta, richiedendo elementi di precisa professionalità in tutti i suoi settori: vocale, strumentale, corale, coreutico ecc… Per il teatro lirico primario la legge ha istituito gli Enti Lirici in numero di dodici, collegandovi, con logica poco consequenziale, anche l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Ha poi riconosciuto una serie di teatri storici con la qualifica di Teatri di Tradizione (22), supportati con contributi “a recita” e, con lo stesso meccanismo, ma in misura notevolmente ridotta dal punto di vista finanziario, ha previsto la circuitazione di serate d’opera ovvero la possibilità di programmare un minimo di recite liriche da parte di ulteriori teatri municipali nelle città sprovviste della prima o della seconda tipologia teatrale. Enti Lirici Gli Enti Lirici hanno contribuito, per molti anni, a tenere alto il profilo artistico legato al teatro d’opera e va riconosciuto che molto spesso gli spettacoli italiani sono risultati decisamente competitivi, se non superiori, a quelli prodotti altrove. Purtroppo, negli ultimi anni si è assistito ad un brusco calo di produttività, (è sintomatico il confronto fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta ) e quindi anche di qualità, a causa di molti fattori, non ultimo la grande pressione sindacale e politica che su di essi si è abbattuta sovrapponendosi a seri problemi gestionali comunque insiti nella loro stessa operatività. Problemi, questi ultimi, che d’altronde assillano gli omologhi teatri in tutto il mondo. ALTRE ESPRESSIONI MUSICALI TITOLO TERZO DELLA LEGGE 800 Il Titolo Terzo della Legge 800, nel quale rientrano comunque anche i già citati Teatri di Tradizione e della Lirica minore, ha riservato un fondo per le restanti espressioni musicali. Pur se con risorse veramente limitate e polverizzate esso ha permesso, anche con l’iniziale apporto di un diffuso volontariato culturale, la presenza e la diffusione della musica sinfonica e da camera. Ha consentito di spaziare negli stili compositivi nei vari secoli e ha dato una collocazione, seppur minimale, a iniziative di formazione, di ricerca, di creatività. I comparti sono stati così suddivisi: Teatri di Tradizione e Lirica minore

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I Teatri di Tradizione, considerati di rilevanza storica come spazi teatrali, sono citati nominalmente nella legge 800. Lo Stato sostiene unicamente la loro produzione lirica, con contributi correlati al numero di recite. Si va da un massimo di 16 recite a un minimo di 2. Pertanto, l’apertura di questi teatri, belli e importanti dal punto di vista ambientale, è spesso troppo limitata. Non per tutti, inoltre, le Regioni e gli Enti locali si fanno carico del problema. L’impostazione della programmazione annuale non è omogenea. Vi sono teatri a conduzione pubblica (Parma, Treviso, Catania, oltre a Bergamo, Cremona, ecc…), teatri privati, retti e programmati dalle società di palchettisti, senza una propria direzione artistica (Como, Mantova, Novara), teatri privati a conduzione mista (Brescia). Va considerato che alcuni Teatri di tradizione riescono a svolgere, con il supporto di entrate diverse, un’attività per nulla inferiore a qualche Ente Lirico; l’impostazione generale andrebbe rivista. La Lirica minore ha lo stesso tipo di finanziamento, a recita, ma per un numero esiguo (si va da 1 recita a 4 ); si svolge in teatri non considerati “di tradizione” anche se spesso si tratta di spazi molto belli o anche di arene, all’aperto. I teatri sono normalmente comunali. Rare le direzioni artistiche. Il sostegno dello Stato è servito quindi a dare vitalità a queste sale negli anni Settanta e Ottanta, ma solo per quanto riguarda il genere lirico. È evidente che oggi si debba valutare l’opportunità di concentrare in questi luoghi una più vasta ed eclettica vita culturale. Vanno ad esempio rivisti sostanzialmente gli Statuti degli Enti Lirici, i quadri direzionali, la calendarizzazione del lavoro, il numero delle giornate aperte al pubblico, il rapporto tra produzione e fruizione, il rapporto fra produzione storica e presenze contemporanee. Per quanto riguarda i teatri di tradizione e la lirica minore, anche dal punto di vista occupazionale è prevalso un malinteso concetto di difesa del lavoro su situazioni periodiche, a volte persino saltuarie, che ha portato a meccanismi insoddisfacenti sui due fronti: quello artistico e quello occupazionale. Dal punto di vista occupazionale, nelle programmazioni non continuative, in termini realistici, la capacità di sbocco offerta dai Teatri di tradizione e dalla Lirica minore appare frazionata e insufficiente, sia per quanto riguarda l’attività corale che orchestrale. In effetti basta scorrere i programmi per accorgersi che la forza lavoro impegnata è coperta da orchestre già finanziate dallo Stato oppure da gruppi raccogliticci e transitori che non hanno ovviamente la forza di garantire ai musicisti un impiego continuativo; pertanto determinano quasi sempre doppi incarichi o collaborazioni di poca incisività nel campo del lavoro; il tutto, senza una precisa strategia che dà però luogo anche a costi elevati che rendono ancor più inadeguati i contributi a recita. È necessario stabilire regole diverse di organizzazione delle attività liriche, ora troppo dispendiose rispetto ai risultati ottenibili. Attività nei Teatri Il rapporto costi/benefici dei teatri storici e comunali italiani sarebbe avvantaggiato dall’abbandono della formula di sostegno “a recita” sostituendolo con forme di 7


finanziamento destinate a creare maggiore partecipazione e divulgazione teatrale e musicale. Sarebbe utile formulare una ipotesi di programmazione lirica, concertistica e di danza che, tramite una maggiore autonomia nel rapporto con artisti e gruppi musicali, con l’offerta di contratti a più lunga scadenza per molteplici attività, crei un sostanziale rapporto culturale continuativo con la città. Un concetto di teatro globale che altri paesi europei hanno adottato, unito a possibilità di sviluppo per l’attività extra-­‐lirica, quali la concertistica, la musica da camera, il repertorio orchestrale e corale e la danza, ma anche il teatro, la poesia, gli incontri giovanili ecc… I teatri debbono diventare in tal modo punti di riferimento costanti della vita culturale della città, non soltanto tramite il repertorio operistico ma con una continuità di interventi diversi. E si dovrebbero prevedere fondi adeguati per dare impulso alla musica e alla danza contemporanea. Gli Spazi Teatrali da suddividersi in: 1 -­‐ Teatri di tradizione a funzione di Centro di vita culturale, con propria direzione artistica; 2 -­‐ Teatri di tradizione per stagione lirica e ospitalità distributiva, a livello polidisciplinare; 3. -­‐ Teatri comunali a funzione di Centro di vita culturale, con propria direzione artistica; 4. -­‐ Teatri comunali a funzione polidisciplinare; 5 -­‐ Spazi teatrali e musicali diversi (auditorium, sale polivalenti, spazi all’aperto, “palestre” o case della musica, ecc...) Istituzioni Concertistico Orchestrali Dal punto di vista del genere sinfonico e da camera, l’Italia non ha saputo impostare una vera politica di sostegno; una discreta diffusione si è ottenuta con una serie di aggiustamenti intervenuti nel corso degli anni. Come si è sopra ricordato uno degli Enti Lirici è in realtà rappresentato dall’unica Orchestra Sinfonica Nazionale riconosciuta come tale: l’Orchestra di Santa Cecilia. La Rai aveva realizzato, all’interno della propria azienda, tre cori e quattro orchestre, di cui tre sinfoniche (Milano, Torino, Roma) e una da camera (Napoli). Come è noto delle quattro realtà si è salvata soltanto un’orchestra sinfonica a Torino con il proprio coro. La Scala da alcuni anni ha dato uno spazio autonomo di programmazione alla propria orchestra, creando la Filarmonica della Scala, parallelamente a quanto fatto da altri grandi teatri d’opera nel mondo (v. Wienerphilarmoniker). La legge 800 ha peraltro introdotto il concetto delle Istituzioni Sinfonico Orchestrali in cui, al momento attuale, trovano spazio 3 complessi sinfonici di circa 100/110 elementi e 8 orchestre da camera di circa 38 elementi principali. L’intervento delle Regioni o enti territoriali affini ha portato a riconoscere a questi organismi una funzione di servizio del territorio e questo per le orchestre di Milano, Padova, Firenze, Bolzano, Sanremo, Bari e Lecce, Palermo, Reggio Emilia, L’Aquila, Ancona. Detti complessi assicurano stagioni concertistiche continuative o periodiche e spesso sono utilizzate per la parte strumentale di stagioni liriche nella stessa regione. 8


Alcune si sono distinte per tournée concertistiche sia in Italia che all’estero (tra queste Palermo, Firenze, Padova, Milano). La crescita è stata regolamentata secondo un numero abbastanza chiuso di sodalizi, limitando l’accesso attraverso rigidi criteri, secondo logiche territoriali non sempre rispondenti alla verifica dei risultati ottenuti. Si è passati comunque, in oltre vent’anni, da un numero iniziale di 6 alle attuali 11 orchestre. Esse sono suddivisibili in: Orchestre di grande organico (Palermo, Reggio Emilia, San Remo), Orchestre da camera (Firenze, Padova, Milano Pomeriggi musicali, l’Aquila, oltre a Bari e Lecce), Gruppi cooperativistici (Ancona). In genere producono un numero di concerti per stagione che va da 72 a 96. Grazie ad esse il pubblico ha avuto accesso ad un repertorio di due secoli circa, dal Settecento al Novecento. Salvo rare eccezioni non è stata sinora fatta una adeguata politica di inserimento dei giovani direttori d’orchestra italiani e neppure di un rinnovamento dei repertori. Associazioni Concertistiche e Società di Concerti Si tratta di un rete assai capillare di offerta musicale, che ha potuto coprire in Italia, centinaia di città grandi e piccole con una proposta culturale molto differenziata. Si va dalle grandi Associazioni, (storicamente circa 7/8) rispondenti a criteri per certi versi formativi del pubblico, con una propria direzione artistica per la commissione di programmi e una linea culturale chiaramente riscontrabile, alle Società che operano per la divulgazione in Italia dei maggiori artisti internazionali, a quelle che si dedicano prevalentemente al lancio di nuovi musicisti, ad altre, infine, che costruiscono un piccolo “pacchetto” di concerti, secondo una formula che preveda l’artista conosciuto, il giovane, l’offerta culturale differenziata (un recital, un concerto da camera, un concerto jazz, un concerto “romantico”, ecc...), l’artista locale e via dicendo. Alle Associazioni vengono normalmente riconosciuti sostegni da parte degli enti locali anche se spesso si è assistito ad una sorta di conflittualità fra le stesse -­‐ tutte private -­‐ e gli assessorati alla cultura delle amministrazioni locali, fenomeno negli ultimi tempi forse in via di ridimensionamento. Le Associazioni sono molte, ma non troppe, e con caratteristiche differenti; eppure sarebbe già oggi possibile operare almeno una differenziazione e tentare di suddividerle anche da un punto di vista della terminologia in Associazioni concertistiche e in Società di Concerti. Il loro sistema di lavoro risulta abbastanza omogeneo. a) Le Associazioni si configurano come veri e propri Centri di propulsione culturale, con possibilità di ampliare la loro sfera di azione ad attività promozionali e didattiche molto interessanti per la vita sociale locale, centri di divulgazione musicale (offerta di concerti, propedeutica della musica, promozione, scopi educazionali ecc.). Tipologia 1 -­‐ frequenza e sistematicità dell’offerta culturale; 2 -­‐ gradimento per la scelta di interpreti e artisti; 3 -­‐ capacità di informazione accurata dal punto di vista culturale (libretti di sala, lezioni, conferenze); 9


4 -­‐ cura del rapporto col proprio pubblico (circolari, bollettini, abbonamenti, visite a musei, teatri, festival ecc.); 5 -­‐ cura della parte tecnica (strumenti, luci, ambientazione); 6 -­‐ promozione delle iniziative (poster, locandine, depliant, conferenze stampa, altri contatti, premi ecc); 7 -­‐ elementi di propedeutica musicale (corsi di strumento, corali, di insieme, di storia della musica, iniziative socio-­‐assistenzali); 8 -­‐ investimenti sulle sale di spettacolo; 9 -­‐ elementi di sostegno a gruppi musicali e compagnie di danza; 10 -­‐ elementi di formazione dell’operatore musicale (tirocinio per corsi regionali, borse di studio, organizzazioni di stage ecc…); 11 -­‐ struttura stabile e direzione artistica firmata. b) Le Società di Concerti assicurano una esauriente panoramica dei migliori artisti italiani e stranieri. Tale attività deve essere evidenziata e sorretta, ma occorre riequilibrare la forte possibilità di entrate dagli incassi, considerando la propensione ai grandi nomi della musica e quindi ad una forte richiesta del pubblico pagante. Tipologia 1 -­‐ frequenza e sistematicità dell’offerta culturale; 2 -­‐ alto profilo delle scelte di interpreti e artisti; 3 -­‐ investimenti sulle sale di spettacolo; 4 -­‐ capacità di coinvolgimento dei mass-­‐media e della stampa; 5 -­‐ congruità dei compensi pattuiti; 6 -­‐ organici di personale di dimensioni ridotte; 7 -­‐ incassi rilevanti. c) Esistono infine ulteriori forme di associazioni concertistiche rivolte ad un servizio culturale del territorio oppure a coprire la circuitazione di giovani artisti, oppure ancora di situazioni autogestite da gruppi di artisti per la proposta dei loro lavori o di particolari programmi prodotti e anche ospitati. Festival e Rassegne Le iniziative denominate Festival sono l’espressione più “giovane” nel panorama dello spettacolo europeo, salvo casi storici e conclamati. La legge 800, nel ‘67, non poteva prevedere il fenomeno dell’interesse del pubblico a vivere lo spettacolo in termini di “full immersion” rispetto a cadenze compatibili con le attività quotidiane. In effetti si è assistito alla richiesta di spettacolo, dal vivo e riprodotto, come momento di “vissuto” del tempo libero. Si sono moltiplicate le occasioni, gli eventi, le programmazioni, in modo per nulla omogeneo e con una grande varietà di intenti. Negli anni più recenti il settore ha vissuto una profonda crisi di identità, convivendo al suo interno logiche molto contrastanti quali la distinzione tra prodotto ad orientamento “commerciale” e un atteggiamento più rigorosamente “artistico”. La formula festival, in media, ha un andamento economico che tiene conto di una molteplicità di presenze finanziarie, in un equilibrio di apporti tra amministrazione centrale, locale e settore privato con una percentuale che si attesta su un terzo per ognuna di queste componenti. 10


La maggioranza dei Festival italiani appartengono al Titolo III della legge 800, per quanto concerne la musica, ma spesso hanno sezioni di prosa, danza, cinema, arti figurative ecc...finanziate anche dallo Stato secondo il genere di appartenenza. Si ricorda che alcuni importantissimi festival discendono invece dall’attività di Enti Lirici (Firenze, Verona, Trieste), da Leggi speciali (La Biennale di Venezia), da Teatri di Tradizione (MacerataOpera). Si propone un identikit utile a rendere riconoscibili le diverse tipologie di settore: 1) Festival di Ideazione, di interesse nazionale e internazionale. Realtà di spettacolo promosse tramite direttive artistiche ben configurate, con strutture consolidate e buone capacità promozionali, con una alta percentuale di produzioni o co-­‐ produzioni e di commissioni di programma: -­‐ Polidisciplinari; -­‐ Lirica; -­‐ Concertistica; -­‐ Danza; -­‐ Tradizioni etnomusicali comparate; -­‐ Jazz; -­‐ Trasversali e multimediali. 2) Festival Nuove Tendenze (Musica e Teatro, Danza contemporanea ecc…) cicli di spettacolo riservati alle produzioni di autori del nostro secolo. Nuove Tendenze ha essenzialmente carattere nazionale ed internazionale. 3) Festival di Ricerca applicata (Iniziative monografiche o monotematiche a complemento di momenti di studio e di ricerca). 4) Festival Laboratorio/Cantiere (dedicati alle manifestazioni emergenti dalle iniziative di formazione e di perfezionamento artistico al termine di Corsi e Stage, Concorsi ecc…). 5) Percorsi Culturali Interattivi (iniziative progettate in luoghi artistici, storici, religiosi secondo una integrazione fra luogo, concezione di spettacolo e coinvolgimento del pubblico). Concorsi Si è avuta una proliferazione di Concorsi e Premi ma va subito detto che una gran parte di essi non appaiono determinanti nell’approccio con la carriera dei giovani premiati. Esistono peraltro diversi Concorsi prestigiosi che raggiungono lo scopo, quali ad es. il Paganini, il Busoni, il Gui, ecc…, ma sono poche unità rispetto alla pletoricità delle iniziative. Da qualche anno ottengono apprezzabili risultati i Concorsi collegati alla produzione vocale (v. AsLiCo, Spoleto Belli, ecc…). Spesso si collegano all’attività di Corsi e Stage finalizzati all’esecuzione di opere. Corsi e Stage / Scuole di perfezionamento Sono marginalmente previsti dalla legge quali fenomeni collaterali nell’assenza di intervento da parte di altri Ministeri più competenti (Pubblica Istruzione, Università, 11


Ricerca). Lo Spettacolo ha consentito di svolgere una attività di perfezionamento dell’artista. In taluni casi, in connessione con le Regioni, gli Enti Locali e la Comunità Europea. Si possono dividere in 4 gruppi di operatività: -­‐ Scuole di perfezionamento a lungo termine, a caratteristica annuale (la Scuola di Musica di Fiesole, l’Accademia Stauffer, l’Accademia Pianistica di Imola ecc…); -­‐ Corsi di perfezionamento biennali, in forma di Master (As.Li.Co, Spoleto Belli, Treviso, ecc…); -­‐ Corsi di perfezionamento con grandi docenti, per un periodo non inferiore alle 3/4 settimane (ad es. Accademia Chigiana di Siena); -­‐ Stage in forma seminariale, anche molto brevi. Promozione musicale Dal 1979, tramite apposita legge, si sono aperti spazi di promozione musicale che hanno consentito di avviare una politica di comunicazione e di attività concertata fra più soggetti, anche trasversale tra i comparti previsti dalla legge. È stata avviata una maggiore attenzione all’informazione, sia a livello nazionale che nei confronti di altri paesi, rendendo possibile l’acquisizione di notizie dall’estero e la divulgazione delle attività italiane, tramite pubblicazioni e banche dati. In particolare l’apertura alla promozione ha significato la messa in moto di speciali Progetti, dedicati dapprima alle celebrazioni di grandi artisti (Mozart, Rossini, Monteverdi) o di forti iniziative internazionali (Anno Europeo della Musica) con il coinvolgimento di molte istituzioni musicali. Tali iniziative svolgono un importante ruolo sotto il profilo dell’immagine e mettono in moto sinergie di risorse anche a livello regionale e degli enti locali. Spettacolo all’estero Il solo esempio di Divisione polidisciplinare nella Direzione Generale dello Spettacolo si trova nella Promozione dello Spettacolo all’estero che dà sostegno alle presenze italiane nei vari paesi, nei settori della musica, della danza, del teatro, del cinema. Sino alla metà degli anni Ottanta il compito precipuo del settore era quello di sostenere finanziariamente la presenza di solisti, gruppi e teatri lirici, rispondendo prevalentemente alle istanze degli Istituti Italiani di Cultura, con una eccessiva casualità negli interventi. Nell’ultimo decennio si era andata via via consolidando una diversa interpretazione che aveva iniziato ad operare su direttrici diverse, più rispondenti alla presenza dei giovani artisti; con articolazioni più compatte, in forma di festival o progetti speciali, singoli o coordinati, con altri Dicasteri; con attenzione agli inviti formulati da parte di festival internazionali ed enti musicali “in loco”; con formule di cooperazione bilaterali o multilaterali tra diversi paesi. Sarebbe oggi necessaria una politica più mirata, il consolidamento di programmi coordinati con le nostre rappresentanze all’estero, una maggior scelta progettuale. 12


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CAPITOLO 3 ANALISI carenze e lacune Cosa non ha avuto adeguato sviluppo negli ultimi dieci anni? 1 -­‐ produttività alquanto limitata, nel settore teatrale-­‐musicale. Occorre risolvere il dibattito tra teatro di repertorio e teatro di stagione, trovando una soluzione originale per l’Italia. Senza copiare acriticamente esperienze di altri paesi, che sappiamo già essere impercorribili per questioni estetiche e di tradizione, ma individuando una mediazione tra esigenze occupazionali e artistiche, contrastanti non irrisolvibili; 2 -­‐ assenza quasi totale di investimento sulle giovani leve del concertismo, della danza, degli autori; 3 -­‐ assenza meno vistosa, ma comunque percettibile, per quanto riguarda l’aspetto vocale; 4 -­‐ mancanza di strumenti e strutture per dotare di una buona formazione di gruppo (orchestre, complessi da camera, compagnie di danza) gli allievi dei Conservatori e delle scuole di perfezionamento; 5 -­‐ pochissimo sostegno alle Scuole di perfezionamento acclarate; dispersione negli interventi su iniziative spesso non realmente incisive; 6. sostegni poco consistenti, e senza una parvenza di strategia, per la musica contemporanea e comunque per radicare le nuove e necessarie esperienze in musica, danza e teatro; 7 -­‐ nessuna elasticità per la polidisciplinarietà (video, mezzi tecnologici, riprese, arte gestuale, ecc…); 8. interventi esigui a salvaguardia del patrimonio musicale. Il più importante esistente al mondo; 9 -­‐ assenza di una metodologia facilmente percorribile per i collegamenti tra istituzioni culturali, ai fini di un migliore utilizzo delle risorse; 10 -­‐ poca incisività nella presenza all’estero; si avverte l’esigenza di un servizio idoneo ad inserire in modo più motivato, a livello internazionale, anche tramite collegamenti interregionali, le produzioni musicali e teatrali; 11 -­‐ assenza di un vero impulso al rapporto arti rappresentate/cittadino, anche tramite la dIsponibilità di spazi, strutture tecniche e beni strumentali.

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CAPITOLO 4 TRASFORMAZIONE considerazioni e nuova filosofia Da sempre le civiltà sono progredite e hanno influito sulla storia non soltanto per il potere economico e politico ma anche per quanto con questo potere hanno tramandato nel campo dell’arte e dell’ingegno umano. E ciò ha preso il nome di cultura. La cultura che deriva dal nostro Paese parla assai chiaro di quanto spazio si sia dato alle espressioni artistiche che sono diventate nei secoli il punto di riferimento per antonomasia. E nel mondo ancor oggi, da questo punto di vista, l’Italia pare un punto fermo della civiltà culturale occidentale e mediterranea. Poco è stato fatto nel Novecento per stare all’altezza di questa nostra storia e neppure si è avuto cura di proteggere, se non valorizzare, tesori inestimabili che in altre nazioni sarebbero diventate motivi di orgoglio, nonché di investimenti che avrebbero potuto creare un benessere duraturo. Questo non è avvenuto e l’incuria e l’isolamento vissuto in larga parte anche dal mondo musicale italiano contemporaneo ne è la riprova. Dal punto di vista artistico è forse venuto il momento di ridare luce al potenziale culturale italiano, visto come forza positiva di contatto con l’esterno, funzione che del resto ha sempre rivestito nei secoli. Non è inutile sottolineare come nei secoli passati il potere politico abbia fatto grande uso della propria ricchezza artistica come espressione di supremazia e di status symbol. Occorre riflettere oggi, alla luce della particolare congiuntura sociale determinatasi di recente, sul ruolo che l’arte e la cultura devono interpretare, non solo come bene a sé stante, ma come condizione di riscatto per rendere la vita qualitativamente più accettabile. Agli occhi delle generazioni più nuove sono stati indicati come essenziali valori effimeri, tutti tributari del mercato, (griffe, sport costosi, mezzi di trasporto, turismo, telematica, discoteche ecc....) quali punti di riferimento insostituibili ai fini di costruirsi una propria personalità. Il tenore di vita raggiunto negli anni passati è stato sovradimensionato rispetto alle possibilità economiche, la pressione per raggiungere traguardi migliori fanno presumere che, in presenza della crisi profonda del Paese, questi valori negati, che hanno di fatto assunto connotati di riconoscimento sociale oltre che di identificazione della personalità, creano frustrazioni e aggressività. L’aggressività risponde all’incapacità di realizzarsi in altri modi, per mancanza di strumenti che sollecitino la presa di coscienza della propria capacità di iniziativa. Negli ultimi quindici anni la nuova generazione ha vissuto una sorta di annullamento della personalità in obbedienza a canoni di comportamento collettivo rivolto essenzialmente all’acquisto di beni e servizi. Non vi è stato, specialmente a livello politico, un serio disegno atto a colmare il vuoto corrispondente alla mancanza di obiettivi e di individuazione di valori. La creatività è un bene insito in ogni uomo, a vari livelli di potenzialità, e la mancanza di strumenti atti a farne emergere i contorni crea insicurezze nei comportamenti e senso di impotenza 15


A livello sociale, non solo a scopi artistici, il potere politico deve aver cura di assicurare al cittadino la possibilità di accesso ai processi inventivi e creativi come possibilità di dialogo con gli altri in termini “propositivi”. Deve produrre la crescita di interessi verso la propria cultura e le proprie radici; al tempo stesso sviluppare la curiosità di conoscere il nuovo e di immedesimarsi in culture diverse dalla propria, avendo decodificato gli strumenti elementari per riconoscerne i caratteri. È persino ovvio registrare come gli standard di benessere raggiunti non potranno esser mantenuti, a tempi brevi; che l’ampliamento delle frontiere porterà come conseguenza anche più forti competitività, dove il soggetto “trainato” -­‐ come per ora appare in media la nostra gioventù -­‐ verrà naturalmente superato da chi ha avuto una formazione “attiva”, in grado di sviluppare al massimo le proprie capacità inventive. Il campo delle Arti Rappresentate diventa in questo senso una palestra di enorme valenza; la disciplina che ne regola i ritmi e la discussione che sta a monte delle scelte costituisce un training di formazione comunque applicabile a tutti gli altri aspetti dell’inserimento sociale. Sarebbe quindi estremamente utile conferire al mondo della musica e dello spettacolo compiti di coinvolgimento e di formazione propedeutici non soltanto alla divulgazione culturale ma ad una strategia di sollecitazione ad esprimersi attraverso le tecniche e le espressioni delle attività artistiche. Ed esiste una interessante ad articolata casistica di esperienze, a livello europeo, i cui risultati dovrebbero indurre ad un serio ripensamento in questo senso. Sarebbe forse bene reperire un’ampia panoramica delle tante sfaccettature già oggi rilevabili. Va pure sottolineato che la mutata situazione internazionale europea produrrà una serie di piccoli e grandi intralci che vanno dalle molteplici diversità di tradizioni e di cultura, anche negli episodi di vita quotidiana, alle differenze linguistiche per cui vi è il rischio di appiattire il confronto limitandolo ai pochi stereotipi necessari alle esigenze più quotidiane. Qualora in questo processo di integrazione, troppo veloce per essere assorbita, dovesse mancare lo spazio destinato alle autonomie culturali dei vari paesi, in un assetto che ne contempli l’uso a fini di “rappresentazione” e quindi di discussione avulsa da pericoli di prevaricazioni, sarà certo più difficile percorrere strade di tolleranza e di una solidarietà consapevole delle diversità. Questo è un ambito in cui le arti, il teatro, la musica e la danza possono molto contribuire a favorire importanti risultati, prevedendo le risorse e gli strumenti necessari. Le nuove strategie da perseguire indicano come prioritari gli obiettivi rivolti a 1. coinvolgere e rendere partecipe il cittadino al fatto culturale; 2. creare un capillare tessuto connettivo della creatività artistica, investendo con determinazione sulle espressioni di arte contemporanea; 3. sostenere le nuove leve del concertismo, della danza, della lirica e di ogni altro genere artistico con diverse forme di incentivazione, anche tramite il meccanismo degli Artisti-­‐in-­‐Residence (v. piè di pagina); 4. investire sui rapporti di espansione della musica verso le tecnologie, la multimedialità, le altre arti e discipline; 5. aiutare i processi di formazione e perfezionamento, tramite ogni aspetto dell’apprendimento e del tirocinio; 6. facilitare gli interventi tesi a mettere a disposizione il patrimonio musicale italiano giacente in biblioteche, archivi, fondi pubblici e privati; 7. premiare l’aspetto qualitativo delle proposte, sia dal punto di vista artistico ma anche realizzativo; 16


8. rendere meglio utilizzabili le risorse finanziarie, anche tramite cooperazioni e processi coproduttivi; 9. favorire una politica di rapporti internazionali tesa ad una forte penetrazione della cultura italiana tramite gli aspetti artistici; 10. approfondire e consolidare una rete di presenze altamente qualificate e motivate nelle sedi deputate degli organismi europei, governativi e non; 11. avviare nuovi processi di comunicazione artistica tramite spazi televisivi dedicati. ____________ (nb) ARTISTI-­‐IN-­‐RESIDENCE, concertazione di servizi e di gettiti finanziari e da parte di più soggetti -­‐ Stato, Regioni, Enti Locali, risorse private; a) per sostenere l’approntamento di particolari programmi disponibili per associazioni e teatri, in termini di circolazione; b) per promuovere il radicamento, in spazi idonei, di formazioni residenziali che svolgano compiti di spettacolo, ma anche di animazione e propedeutica per la città e di formazione del pubblico. La formula di Artisti-­‐in-­‐Residence si attua tramite l’individuazione in 1. un Sistema Integrato riservato a gruppi artistici, che operino prioritariamente in una determinata zona o in località limitrofe (in-­‐residence). Concessione di Borse di studio a gruppi da camera o piccoli ensemble (max. 15/18 elementi) per un lavoro residenziale da svolgersi in uno spazio teatrale o un auditorium messo a disposizione. A fronte della B.d.S. il complesso o la compagnia si impegna a fornire una serie di servizi, concerti o spettacoli e assicura iniziative di propedeutica musicale o coreutica. Sono prevedibili accordi anche diretti tra municipalità e gruppo o tramite il coinvolgimento di un ente teatrale o una associazione esistente in loco. 2. un Sistema Integrato riservato a compositori e coreografi che operino prioritariamente in una determinata zona o in località limitrofe (allo studio l’iniziativa statunitense di “Meet The Composer” da sperimentare in alcuni punti in Italia). 3. un Sistema Integrato riservato a complessi e gruppi artistici, per la preparazione di particolari programmi e sua successiva circuitazione. Contributi, anche sotto forma di convenzione, finalizzati alla preparazione, allo studio e alla realizzazione di un particolare programma, concessi direttamente a gruppi musicali e di danza a fronte di contratti da parte di almeno 4 o 5 istituzioni o località, a costi contenuti e comunque competitivi con i gruppi stranieri.

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CAPITOLO 5 LE PROFESSIONI DEL MUSICISTA OGGI La domanda crescente di musica avvenuta negli anni Settanta e coincidente con l’istituzione dell’ente Regione ha portato alla grande proliferazione dei Conservatori di musica, divisi in sedi principali e sedi staccate, ad un aumento consistente di Scuole di musica comunali nonché private e al fiorire di iniziative di specializzazione e di perfezionamento. Senza entrare nel merito si può dire che ciò ha comunque determinato oggi un alto numero di titolati a svolgere una professione di carattere strumentale e in genere musicale. Lo sbocco occupazionale è rimasto invece pressoché invariato, tolto le funzioni di insegnamento -­‐ molto aumentate ma oggi bloccate nel numero di assunzioni -­‐ e poche, non chiaramente precisate, nuove carriere nel mondo dei media e della ricerca. Il concertismo vero e proprio ha trovato qualche risposta nelle nuove attività culturali degli assessorati comunali e provinciali. Assolutamente insufficiente in ogni caso e mal equilibrato rispetto al numero e alla qualità dei diplomati. Il mondo musicale strutturato dalla Legge 800 poco o nulla ha fatto per sostenere queste attese, salvo pochi esempi di organismi specializzati nella scoperta di nuovi talenti (le Gioventù musicali, l’Agimus, Compresenze, l’Aram) o di una particolare cura allo snodo di avvio alla carriera (tra questi certamente in prima linea la Scuola di Musica di Fiesole, ma anche l’Accademia di Imola, la Stauffer di Cremona e pochi altri). Alcuni festival italiani e associazioni hanno dedicato parte dei loro programmi a ospitare nuove formazioni o solisti. Esistono, a onor del vero, anche piccole splendide iniziative a tal proposito, ma non si è ingenerata una vera e cosciente politica nazionale di investimento sulle giovani generazioni di artisti, che si può attuare unicamente in presenza di un disegno complessivo governativo che sappia gestire le sinergie occorrenti. In effetti, i soggetti cointeressati, avendo regole gestionali e organizzative diverse sono spesso elementi di una catena che sembra non trovare mai gli anelli di congiunzione. Qualora vi fosse la piena consapevolezza dell’operare in modo consequenziale tra più soggetti, si attuasse una politica di visibilità e di informazione già ci troveremmo di fronte a percorsi più fruttuosi, in parte già sperimentati, anche se occorre rapportarsi al problema con formule innovative per il nostro Paese e in ogni caso con nuove regole per tutti. In sintesi, così come stanno le cose, vi è poca possibilità di incidere su nuovi sbocchi occupazionali o comunque di utilizzo della propria professione per il musicista, se non a fronte di reali prese d’atto politiche da parte di Stato, Regioni, Enti locali, Istituti didattici, Enti di attività dello spettacolo, Enti di attività di rilevanza sociale. La frammentarietà e la casualità delle attuali prospettive, unite ad una pigrizia persistente da parte di vari soggetti, e non solo burocratici, impongono al musicista una frustrante e ingiusta mortificazione del proprio ruolo e non consentono al 18


cittadino di venir orientato sulla fruizione di musica quale mezzo creativo oltre che ricettivo. Tramite la messa in moto del Progetto MusicaDuemila da parte del Dipartimento dello Spettacolo si è avuta la grande possibilità di approfondire tutte quelle tematiche che sono fondamentalmente legate al contesto artistico del mondo musicale italiano e non. Ne esce un quadro per certi versi molto sano e pieno di energia, e per altri fatiscente e paralizzato. Delle paralisi, ora, non si desidera addossare le responsabilità a questo o quel soggetto ma è sacrosanto considerare la totale mancanza di attenzione che la musica, come bene culturale e non meramente spettacolare, ha subito nel nostro Paese. La musica, in Italia, non è stata considerata una forte espressione dell’intelletto, diversamente da ciò che ci si sarebbe aspettati. Inutile dilungarsi sui motivi di tale realtà poiché dovremmo addentrarci nelle varie filosofie e scuole di pensiero che hanno condotto l’Italia lontano dall’atteggiamento culturale di molta parte dell’Europa. Oggi si sente in maniera diffusa ma molto fortemente l’esigenza di dare nuovi punti di riferimento al mondo artistico che si riflettano sull’investimento nel futuro, e soprattutto, in un diverso rapporto dello stesso con la società. E quindi, i giovani musicisti, gli artisti del nostro Paese, lontani dalle logiche commerciali, provenienti da anni e anni di studio defatigante, ma anche gli insegnanti e coloro che dirigono gli Istituti di musica, servono alla nostra civiltà? Questo è il primo nodo da sciogliere. Essi non possono esser ulteriormente penalizzati da atteggiamenti, a volte neanche tanto larvati, di essere in parte dei pesi morti della società, espressioni desuete di un superfluo per pochi eletti. Cosa che non tiene in nessun conto né della storia del nostro Paese, né della sua civiltà e quindi del suo futuro. Occorre in questo momento un grande sforzo di coesione, la generosità di voler fermamente contribuire a fondare un pensiero comune che travalichi le consuetudini delle istituzioni e i particolarismi. Ovverossia, ciascuna componente del mondo musicale interessato a modificare la situazione italiana deve disporre di a) volontà b) strumenti c) mezzi per comporre un mosaico che corrisponda alle esigenze del nostro tempo. Molte sono le forze in campo, non solo a livello dei dicasteri competenti e degli enti territoriali ma anche delle molteplici strutture organizzative della musica. Quindi certamente il Ministero della Pubblica Istruzione, ma anche quello dell’Università, il Dipartimento dello Spettacolo, i Beni Culturali, gli Affari Esteri dovrebbero contribuire a delineare le Nuove Strategie Culturali della musica in Italia con riferimento all’inserimento dei musicisti nel contesto produttivo della nostra società. E con essi ovviamente uno sforzo di co-­‐partecipazione dei Conservatori, ma anche delle Scuole e delle Università dedicate alle specializzazioni e infine, ma non da ultimo, di tutto il Mondo Produttivo e Distributivo dello spettacolo: i teatri, le orchestre, le associazioni, i festival, le iniziative degli enti locali e degli enti di promozione musicale, i mass-­‐media, la stampa. Tale sforzo dovrà vedere al proprio fianco, quali partner di un progetto innovativo inteso a migliorare la qualità della vita tramite la creatività e la fantasia, proprio la 19


stampa e specialmente la stampa locale e i mass media in un modificato rapporto con l’informazione. Non dimentichiamo che, come ci insegnano altri aspetti musicali ben più inseriti nelle logiche pubblicitarie, è necessario oggi essere ben visibili e presenti nei canali di informazione. Altro aspetto fondamentale è quello di utilizzare il musicista per educare, in varie sedi, un nuovo pubblico che raramente ha avuto la fortuna di essere coinvolto nella conoscenza musicale. Sono tanti gli aspetti da valutare ma non è il caso di sentirsi scoraggiati se a monte vi saranno chiari segnali politici. Siamo ora di fronte a riforme che tendono a portare l’Italia verso standard e comportamenti più affini a quelli dei paesi avanzati nostri vicini. I musicisti e gli operatori didattici, insieme a quanti nel mondo musicale condividono i pensieri di cui sopra, dicano chiare le proprie ragioni e dichiarino di voler personalmente contribuire a migliorare il contesto sociale di questo fine secolo tramite la fruibilità di un bene molto prezioso quale è la musica. Uno dei principali problemi è legato ad una generale ignoranza rispetto alla pratica attiva della musica. È ormai assodato che per creare professionisti di livello ma anche solo per avere un pubblico in grado di operare scelte non dettate dalla moda o dal costume bensì dal proprio orientamento critico, è indispensabile avviare in età precoce il gusto alla musica sviluppando la naturale creatività infantile. Si chiama quindi in causa la scuola materna ed elementare, ma i Comuni sono invitati a destinare alla musica l’attenzione che destinano allo sport, ad esempio. Perché non le Palestre della musica? Luoghi di pratica attiva, di ludoteca della musica, non scuole professionali e imitazioni di Conservatori. Quanti musicisti troverebbero uno spazio creativo e didattico all’interno di simili strutture? Quale sarebbe il riscontro sulla vita cittadina? Perché non incentivare i cori di ragazzi, ma anche di adulti, la pratica vocale, l’uso di strumentali curiosi e delle nuove tecnologie. E se non ci si crede perchè non andare a verificare i risultati di paesi che hanno delegato alla musica un difficile compito di recupero sociale, quali ad es. il Venezuela, che ha dato frutti incredibili? Dove il musicista interviene con la sua professionalità? Esecutori Concertismo; Lirica; Orchestre; Cori; Ensembles Formazione Insegnamento nei Conservatori, insegnamento statale nelle scuole secondarie; insegnamento nelle scuole sostenuto da enti territoriali; insegnamento in scuole comunali o private; docenti universitari; propedeutica del suono e della musica. Ricerca, Critica musicale, musicologia Stampa; editoria; discografia; sistemi radiofonici e televisivi di Stato; Dipartimenti scientifici; Biblioteche; Archivi. Artigianato e Industria Liuteria e Organaria; Industria di Strumenti musicali; Industria discografica; Progettazioni industriali; il Cinema. 20


Organizzazione Direzioni artistiche; direzioni musicali stabili; segreterie artistiche; operatori culturali; consulenti di assessorati e consulenti politici; uffici stampa; servizi musicali di palcoscenico; agenzie cui si sono aggiunte recentemente: Televisioni e Radio private; i Centri di musica legati all’informatica, i Centri audiovisuali; la presenza in attività di prosa, di arti visive, di poesia; il marketing dello spettacolo; le nuove professioni legate agli affari gestionali o alla comunicazione, gli studi di registrazione; le industrie di strumentazioni audiodigitali professionali e persino le industrie aereonavali e automobilistiche per la simulazione di ambienti e strutture o i controlli interattivi e automatici basati su segnale audio. Per ottenere risultati destinati a riservare un più adeguato spazio alle carriere ruotanti intorno alla figura del musicista sarebbe del tutto auspicabile sancire il principio che, a parità di attestati, la figura del musicista venga privilegiata in tutte quelle attività connesse con la ricerca, la formazione la produzione e la distribuzione musicale. Si invita a rivedere drasticamente, per il futuro, i titoli e le competenze richieste per coprire posti di lavoro dirigenziali e non, all’interno di teatri, orchestre, associazioni e festival, programmi quali ad esempio Direzioni artistiche ma anche Sovrintendenze o Direttori generali, Responsabili di programmi dal vivo e dei mass-­‐media, Operatori musicali, Critici, Progettisti di ambienti esecutivi, uffici stampa ecc… pretendendo una adeguata preparazione musicale e tecnica in aggiunta alle professionalità specifiche desiderate.

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