Federica Boni
Francesca Girardi
ABITERETE I BORGHI Montefusco villaggio universitario
UniversitĂ degli Studi di Napoli Federico II | DiARCH Dipartimento di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura-Progettazione Architettonica MAPA Tesi di Laurea Magistrale in Architettura degli Interni e Allestimento | a.a. 2012-2013 relatore prof. arch. Paolo Giardiello | correlatore arch. Viviana Saitto Federica Boni N17/106 | Francesca Girardi N17/138
Non si ceda alla retorica o all’enfasi, ma restare è la forma estrema del viaggiare. Restare è un’arte, un’invenzione; un esercizio che mette in crisi le retoriche delle identità locali. Restare è una diversa pratica dei luoghi e una diversa esperienza del tempo, una riconsiderazione dei ritmi e delle stagioni della vita. Come ha affermato Mario La Cava: «Non è necessario lasciare la propria terra per affermare il valore della propria creatività. In fondo chi decide di viaggiare, il mondo può solo guardarlo, mentre chi mette radici può capire di più il significato della realtà che lo circonda, può interpretarlo. Sono le idee che devono viaggiare, più delle gambe degli uomini». Vito Teti. Pietre di pane
indice abstract introduzione _ Città - campagna: storia di una dicotomia parte I _ ANALISI 1 INQUADRAMENTO TERRITORIALE
indice abstract 2
parte I _ ANALISI 9
2 CARATTERISTICHE AMBIENTALI DEL CONTESTO 2.1 biosfera 2.2 idrosfera 2.3 geosfera 2.3.1 uso del suolo 2.3.2 aree urbanizzate 2.3.3 aree d’interesse storico e architettonico 2.4 trasporti 2.4.1 rete stradale 2.4.2 trasporto pubblico su gomma 2.4.3 trasporto pubblico su ferro
37 38 39 40 41 42 44 46 48 50 52
3 CARATTERISTICHE SOCIALI DEL CONTESTO 3.1 distribuzione della popolazione 3.2 indice di vecchiaia 3.3 stranieri residenti 3.4 condizione sociale_forze lavoro 3.5 servizi 3.5.1 cultura e tempo libero 3.5.2 siti d’interesse culturale
54 55 56 58 60 62 62 63
4 CARATTERISTICHE ECONOMICHE DEL CONTESTO 4.1 imprese per sezione di attività nella provincia di Avellino 4.2 superficie e produzione agricola 4.3 attività economiche e produttive nel settore enogastronomico 4.4 turismo 4.4.1 attività ricettive 4.5 benessere 4.5.1 consumi delle famiglie
64 64 65 66 68 70 72 72
5 Montefusco 5.1 storia 5.2 caratteristiche ambientali 5.2.1 siti d’interesse storico e architettonico 5.2.2 accessibilità 5.3 caratteristiche sociali 5.4 caratteristiche economiche 5.5 rilievo fotografico 5.6 rilievo architettonico
73 76 82 84 86 88 90 92 94
indice parte II _ STRATEGIA
indice parte II _ STRATEGIA
6 L’ITALIA DEI BORGHI DISMESSI 6.1 enti, programmi e associazioni 6.2 i borghi ri-attivati 6.2.1 azione matese 6.2.2 sexantio albergo diffuso 6.2.3 il borgo produttivo 6.2.4 il paese dell’accoglienza 6.2.5 il paese degli artisti 6.2.6 l’ecovillaggio 6.2.7 il borgo della conoscenza 6.2.8 la città universitaria
99 100 104 106 107 108 109 110 111 112 113
7 LINEE GUIDA PER LO SVILUPPO DEI BORGHI DEL GAL PARTENIO 7.1 riattivare Montefusco 7.1.1 criticità e potenzialità 7.1.2 strategia di riattivazione 7.2.3 stakeholder 7.2.4 project financing 7.2 masterplan
114 116 117 118 120 122 124
parte II _ PROGETTI
parte II _ PROGETTI
8 IPOTESI METODOLOGIA PER IL RECUPERO ARCHITETTONICO DEI CENTRI MINORI 8.1CIVICO _ il progetto 8.1.1 primo livello 8.1.2 secondo livello 8.1.3 livello seminterrato 8.1.4 sezione longitudinale 8.2 MNEMON _ il progetto 8.2.1 piano rialzato 8.2.2 primo piano seminterrato 8.2.3 secondo piano seminterrato 8.2.4 sezione longitudinale
128 137 138 140 142 144 157 160 164 168 172
bibliografia
177
Abstract
Oggetto della Tesi, parte del più ampio programma per la formulazione di Linee Guida per lo sviluppo e la promozione dei borghi del GAL Partenio, è l’intervento di valorizzazione del Borgo di Montefusco (AV), colpito da un fenomeno di spopolamento che, dal Secondo Dopoguerra, ha interessato gran parte dei piccoli centri appenninici italiani. Il lavoro di ricerca presentato si compone di tre step di avvicinamento al tema. La prima parte ha previsto un'indagine sul territorio a larga scala, sviluppata attraverso la raccolta, la sistematizzazione e la graficizzazione di dati relativi alle caratteristiche ambientali, sociali ed economiche dei ventisette comuni aderenti al GAL Partenio. Parallelamente all'individuazione delle linee guida per la valorizzazione della rete dei borghi individuati, si sono analizzati casi studio significativi in cui il tema del recupero e della rivitalizzazione culturale dei luoghi hanno prodotto interessanti risultati a livello nazionale. Best Practies utili a testimoniare l'importanza della conoscenza delle potenzialità locali e della partecipazione dei cittadini in programmi di riqualificazione come quello in oggetto nonchè gli effetti strategici che questi sono in grado di produrre. Le strategie individuate prevedono azioni di recupero turistico/immobiliari, produttive, sociali e culturali che, a partire dai comuni di Pietrastornina, Summonte, Tufo, Prata Principato Ultra, Candina e Montefusco, riconosciuti come borghi per il loro storico assetto urbano e le loro preesistenze, riescano, intervenendo indirettamente sulle aree limitrofe, a risollevare le sorti dell'interno territorio. In questa che potremmo definire una fase di meta-progetto, si è individuata la strategia per Montefusco, legata alla realizzazione di un progetto di social housing universitario attraverso la riconversione degli immobili del centro storico oggi disabitati, a partire dalla vicinanza con il Polo Universitario del Sannio. Il lavoro di ricerca sviluppato, quindi, si conclude con l'introduzione di due proposte progettuali di riuso della preesistenza, legate al tema della cittadina universitaria: il progetto del co-housing universitario, applicato nello specifico a un edificio tipo scelto come caso studio, e il progetto di un Polo Culturale nell’ex Carcere Borbonico, bene monumentale di maggiore valore per il comune.
INTRODUZIONE Città - campagna: storia di una dicotomia Paolo Giardiello in Abitare il Territorio. paesaggio e memoria: rivitalizzare i borghi, Corti & Neri Comunication, Avellino 2014, pp.??
centro e periferia urbana, tra classi sociali, al sovraffollamento, ai disservizi e alla crisi industriale per osservare, verso la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 una critica costruttiva verso l’idea di città e, nel contempo, per cominciare a percepire un rinnovato interesse, magari anche nostalgico ma comunque sostanziato dai valori della tradizione, verso tutto ciò che nell’accogliere non accentra, nel comprendere non annulla le differenze, nel dotare di ciò che è nuovo non cancella ciò che è consueto. Insomma a quel particolare momento in cui, tra sentimento ecologico e ritorno alle radici, cresce l’attenzione verso quei luoghi che caratterizzano in ampia percentuale l’intero territorio italiano, i cosiddetti centri minori, i piccoli centri abbandonati, insomma la provincia italiana fatta di borghi, villaggi e paesi, ricchi di tesori diffusi nel territorio, icona di uno stile di vita meno effervescente ma più a dimensione umana. Luoghi diversi dalla città, attrattivi in un primo momento, in quegli anni, forse soprattutto per il tempo libero, per il riposo o lo svago, per le tradizioni culinarie e per i buoni prodotti naturali, comunque presenti nella memoria di ognuno in quanto parte della storia recente di tutti coloro che li avevano abbandonati per inseguire il progresso nelle grandi città. Letteratura, cinema, arte e musica guardano con interesse a quel mondo messo in disparte, a quei valori accantonati ma non cancellati, come l’architettura che si rende conto di avere rimosso conoscenze tecniche e tipologiche, insediative e compositive, principi dell’abitare e del partecipare alla vita collettiva. L’interesse verso il recupero e la valorizzazione dei cosiddetti “centri minori” della cultura architettonica è testimoniato, alla fine degli anni ‘90, anche dalle ricerche effettuate dalla Facoltà di Architettura di Napoli che, attraverso il punto di vista delle differenti aree disciplinari, attraverso pubblicazioni, tesi di laurea, seminari
Gli anni del cosiddetto “boom economico”, del dopoguerra, in Italia sono quelli in cui assistiamo in maniera massiccia al fenomeno sociale, politico e economico dei flussi migratori dalla campagna verso la città che, nell’arco di pochi decenni, provoca l’abbandono di intere aree rurali e quindi lo svuotamento di paesi e di piccole città di provincia che perdono ogni capacità e ragione di sviluppo. Ne consegue una accelerazione del processo di accrescimento delle grandi città che devono fare i conti con i relativi problemi di incremento disorganico del tessuto urbano, di occupazione del territorio e di integrazione di realtà sociali eterogenee. Tale fenomeno di abbandono dei piccoli centri, inoltre, legato inizialmente a ragioni di lavoro e di servizi, diviene, col passare degli anni, una tendenza di tipo culturale in quanto la società in divenire, abbagliata dal mito del progresso gestito, invero, dalle logiche del mercato, identifica sempre più la metropoli come il luogo delle opportunità e di sviluppo e il paese come sinonimo di arretratezza e sottosviluppo. Si tratta quindi più che di un semplice abbandono fisico anche di un distacco mentale, affettivo, a favore di ideali di modernità e di progettazione del futuro ritenuti, ingenuamente, realizzabili solo in ampi contesti collettivi, di tipo metropolitano. Bisogna arrivare alla crisi dell’idea di megalopoli, alle disfunzioni incontrollate di crescite eccessive mal programmate, alle tensioni tra 2
e workshop, hanno cercato di affrontare, sia dal punto di vista metodologico, che nell’impostazione teorica e culturale, il tema del riuso di architetture, paesi, località e territori abbandonati o in parte dismessi. Esperienze, originali, innovative ma anche acerbe e anticipatrici, che non vanno dimenticate alla luce del fatto che, la questione dei piccoli centri, è attualmente sempre più al centro del dibattito culturale, inteso nel senso più ampio del termine, e cioè come dibattito disciplinare e interdisciplinare, come attenzione scientifica e di ricerca ma anche economica, politica e sociale, pressata dal mercato e dalle esigenze dei singoli. Il recupero dei borghi o dei villaggi abbandonati non è oggi solo un problema disciplinare o scientifico, ma è un vero e proprio caso imprenditoriale, un obiettivo politico, una necessità sociale una esigenza culturale di cui si deve conoscere l’evoluzione per poterne immaginare le prospettive, riconoscere con obiettività fallimenti e successi di cui la critica, il mercato, e la ricerca non possono non tenere in conto. Quest’ultimo decennio è stato testimone infatti di teorie e di prassi, di esperienze e di realizzazioni da cui possiamo estrapolare alcuni momenti che hanno indirizzato e caratterizzato sia la ricerca che il progetto di recupero. Una fase, alla quale, in parte, ha contribuito anche la ricerca prodotta dalle università, è stata proprio quella del riconoscimento dei valori di tali luoghi perduti. I fenomeni che causano l’abbandono infatti, siano essi di tipo sociale, economico o culturale, prescindono dal giudizio di valore su ciò che viene lasciato e fermano la loro attenzione solo sulle ragioni scatenanti il processo, derivanti delle opportunità o delle motivazioni pragmatiche che lo giustificano. Tale fase di recupero dei valori è quindi uno stadio necessario, di carattere introspettivo,
di analisi, percezione e attivazione della memoria collettiva e individuale e di presa di coscienza della storia (quella con la “s” minuscola) vista attraverso il fluire ininterrotto delle tradizioni. Altro momento fondamentale è quello che consente di riflettere e intervenire sulla attribuzione di nuovi contenuti, e cioè sull’identificazione e definizione di principi, valori e sensi atti a colmare il vuoto causato dal progressivo abbandono. Vuoto fisico e fruitivo ma anche mentale e culturale; quindi la scelta di destinazioni d’uso e indicazioni funzionali capaci di adattarsi alle forme private del proprio contenuto e di restituirgli nuovi e attuali significati. Questa fase è certamente la più complessa in quanto prevede una valutazione non settoriale ma pluridisciplinare, non oggettiva ma contingente e contestualizzata: non esistono infatti soluzioni univoche capaci di soddisfare le problematiche connesse alla rivitalizzazione di tali luoghi se non derivanti dalla sintesi di analisi scaturenti da più punti di vista tra loro relazionati. Infine vi è la fase operativa, o propedeutica alla progettazione, per la quale è necessario definire le strategie metodologiche atte a raggiungere gli obiettivi prefissati. Tale circostanza, sempre in evoluzione, negli ultimi anni ha prodotto, in campo architettonico, alcune tra le riflessioni più interessanti: la distinzione concettuale tra recupero e restauro, l’indicazione di linee culturali condivise dalla critica quanto dalla collettività, il contributo di tecnologie innovative, la sensibilità verso la sostenibilità, l’ecologia e la adeguatezza delle soluzioni tecniche da adottare. Le esperienze realizzate in questi ultimi dieci anni rappresentano la materializzazione del crescente interesse verso il recupero dei caratteri distintivi dei luoghi attraverso la riappropriazione di tracce e testimonianze 3
costruite, di spazi da riportare all’uso, nonché mostrano variegati ed interessanti approcci operativi, a volte anche divergenti, ma pur sempre criticamente validi e sostenibili. Evidenziano cioè che il riconoscimento dei valori di tali luoghi ha annullato una distanza culturale ed un pregiudizio nell’attribuzione di sensi e valori tra la città e i piccoli centri, ha cioè contribuito ad esprimere opinioni non settoriali o strumentali sugli obiettivi e sulle opportunità espresse dai diversi modi di vita e dai luoghi in cui poterli svolgere. Non si è cioè cercato una corrispondenza univoca e diretta tra stili di vita e luoghi ma, alla luce di una cultura fluida e priva di confini predeterminati, di tecniche e tecnologie sempre in evoluzione, si è posta in termini critici e problematici la relazione tra abitare e forma dell’abitare, tra contesto culturale e relazionale e luogo fisico, tra prossimità e comunicabilità. Analogamente l’approccio metodologico al recupero delle strutture e degli spazi ha visto varie declinazioni, a volte anche dialetticamente opposte, che hanno tuttavia mostrato le potenzialità del riuso e della rifunzionalizzazione in chiave contemporanea di tali spazi. Le linee metodologiche sono assimilabili a tre filoni prevalenti: quello più affine alla teoria del restauro, e cioè di un recupero sia stilistico e di linguaggio che delle tecnologie e delle tecniche del tempo rinvenute secondo studi scientificamente oggettivi; quello, per così dire, di un restauro interpretativo, o se vogliamo creativo al limite della sovrapposizione di linguaggi presunti o desumibili per analogia da altri casi, rispettoso di tecniche analoghe o in ogni caso assimilabili a quelle del rudere, spinto sull’evocazione di un passato riconoscibile nel profilo e nei segni; infine quello di un recupero contemporaneo, dove passato e presente trovano una sintesi formale, linguistica e tecnologica, dove risignificare significa
valorizzare il passato e adeguarlo al presente, in cui è possibile leggere la stratificazione della storia, dei materiali, delle tecniche, degli stili. Ognuno di questi approcci metodologici evidentemente deve fare i conti con una trasformazione dei sensi, variazione delle richieste funzionali, adattabilità e tecnologie, impianti e dotazioni oggi indispensabili. Una chiara trasformazione che ci fa dire che il termine recupero, a tutti gli effetti, deve essere inteso come recupero dei significati e dei valori più che della consistenza materica dei manufatti architettonici. Quello che invece è apparso contraddittorio e a volte discutibile in questi ultimi anni, dei casi realizzati, e che a distanza di pochi anni palesa alcuni limiti, è il percorso che ha portato alla scelta di funzioni idonee e quindi l’attribuzione di significati innovativi capaci di rivitalizzare non in maniera temporanea, e soprattutto con coerenza, i manufatti storici e tradizionali, l’ambiente costruito e il territorio, su cui si è intervenuti. Scelte non sempre perfettamente ponderate, ovvero a volte accolte senza una necessaria valutazione critica, che portano a dover ancora riflettere su tale aspetto dell’azione di recupero. Partendo infatti dalle ragioni dell’abbandono di tali centri minori, dal loro non essere cioè più adeguati allo svolgimento della vita contemporanea, si è dato per scontato, troppo in fretta, che essi non dovessero più rappresentare un luogo da abitare, dove risiedere, e che quindi il loro recupero dovesse passare per l’individuazione di una funzione prevalente differente dall’originale, del tutto distinta dalle ragioni che li hanno conformati e sostanziati per secoli, funzione richiesta dalla società e adattabile alla morfologia e composizione di tali nuclei. Ciò ha comportato che gli investitori, come anche le ricerche, si sono spinte ad identificare i bisogni espressi 4
dalla contemporaneità compatibili con il carattere evocato dalla forma dei luoghi, non con il loro valore storico o tradizionale, quanto con l’espressione romantica scaturita proprio dall’abbandono, dalla privazione delle funzioni reali - originarie. La mutazione di borghi, villaggi e paesi in alberghi diffusi, in resort o in ogni caso in luoghi esclusivamente di vacanza, di svago e quindi di permanenza temporanea, così come il tentativo di trasformarli in centri commerciali o in raffinate location per la promozione di prodotti o manifatture particolari, non ha dato ovunque l’esito sperato. L’eccessiva proliferazione e, talvolta, le errate valutazioni hanno creato il preoccupante fenomeno ora di mancato utilizzo del bene anche dopo il suo recupero materiale, ora di sovrapposizione di funzioni non sempre coerenti con lo spazio della preesistenza. Il problema della giusta destinazione d’uso non va infatti visto né misurato solo alla scala del manufatto edilizio o del tessuto urbano. La ricaduta di tale scelta va, per esempio, valutato verso la fruibilità del bene che non può essere interdetta a chi non è un utente diretto di tale funzione, le relazioni che si innescano con il contesto sociale del territorio circostante in quanto non può essere un luogo distinto o avulso dalle dinamiche complessive, la ricaduta in termini di sviluppo, economia, servizi e promozione, ed infine l’integrazione e la diffusione anche in termini di cultura e formazione intesa come riscatto e avanzamento dell’intera popolazione. Ciò che infatti è criticabile di molti casi realizzati è il passaggio da un sistema aperto ed integrato appartenente al borgo, inteso come luogo di vita, a quello esclusivo e privato, elitario o settoriale delle funzioni commerciali, turistiche o museali, così come la trasformazione da un organismo vivo e presente con continuità nel tempo in un meccanismo “a tempo”, che si
che si svuota e chiude in un determinato orario o periodo dell’anno, perdendo ogni rapporto con la vita della società. Il vero recupero infatti non è solo quello fisico quanto piuttosto quello del soddisfacimento di bisogni e necessità utili allo svolgimento della vita nel quotidiano dell’intera collettività. Comunque tale approccio, sociologico più che disciplinare, aldilà delle corrette modalità operative e della positiva ricaduta culturale dovuta al disvelamento di luoghi in parte dimenticati, è quello che oggi ci porta a fare delle valutazioni per capire come procedere nel progressivo recupero del patrimonio edilizio ed insediativo minore della nostra nazione. La vera critica che possiamo infatti sollevare a parte degli interventi effettuati in questi ultimi anni è quella di aver visto nella loro esclusività tali luoghi. Averli valutati per il portato estetico e evocativo, per il fascino costruttivo e dei materiali, per le risorse naturali e il paesaggio. Avere cioè preso in carico il peso dell’assenza che questi luoghi, nell’essere abbandonati, avevano creato nel territorio, ma, nel contempo, avere approfittato di questa separazione, rendendoli esclusivi, escludendoli o distinguendoli, in definitiva, dai luoghi a cui appartenevano. La maggior parte degli interventi di recupero di interi borghi o piccoli centri sono andati nella direzione di creare un mondo unico, “fuori dal tempo”, portatore di valori non trovabili nel contesto o comunque nelle città o nelle metropoli. Gli orientamenti culturali contemporanei ci permettono di affermare che forse questo è il vero errore di tali interventi, avere insistito sulla separazione che a suo tempo ha creato l’abbandono e mantenerla come principio, inteso come valore positivo, anche delle nuove destinazioni d’uso. Questo contraddice la storia stessa di tali luoghi, che se da un lato hanno rappresentato la somma 5
di identità distinte e di “campanili” differenti, talvolta di contrasti insanabili, dall’altro hanno tuttavia sempre restituito, a livello culturale, artistico, linguistico, di abitudini e tradizioni, l’idea di una identità territoriale, di un carattere collettivo che è quello che ci permette di riconoscere i luoghi attraverso sapori e suoni, canti e balli, prodotti naturali e artigianali. La visione territoriale, della rete cioè creata da tanti piccoli centri, dall’omogeneità dell’architettura minore e delle modalità abitative, significa guardare tali insiemi di manufatti come scena della vita dell’uomo, come spazi e ambiti in cui riconoscere il segno di chi li ha costruiti e abitati e di individuare le ragioni che oggi possono permettere di tornare ad essere utili e necessari alla vita di ogni giorno. Le ricerche oggi devono quindi accogliere esperienze e riflessioni più ampie, andare oltre i confini disciplinari, prevedere una compresenza di valutazioni scientifiche distinte e, slegandosi dalle ragioni del “come” e del “dove”, affrontare quelle del “perché” e “per chi”. Il recupero di borghi o villaggi, di conventi o palazzi deve oggi andare oltre la risoluzione, pur corretta, di problematiche specifiche proprie dell’architettura, del restauro, dell’arte - deve liberarsi da scelte a volte miopi in nome di una autonomia economica e sostenibilità temporale dell’intervento e deve rivolgersi al recupero non delle cose ma di ciò che tali cose possono rappresentare per l’uomo, l’ambiente e il territorio in termini di sviluppo e progettazione del futuro. In particolare, nell’ottica attuale di considerare tra le opportunità da valutare ai fini del riuso di tali luoghi, anche quella di una destinazione residenziale aggiornata e adeguata alle esigenze locali, è sempre più indispensabile calare ogni scelta in una problematica più ampia che tenga conto delle condizioni del territorio (economiche,produttive,attrattive,quantitative),
delle sue caratteristiche (orografiche, morfologiche, dimensionali), delle risorse e della prossimità con altre aree che necessitano di interventi finalizzati allo sviluppo. E’ il territorio pertanto, e le richieste che da esso provengono, che può aiutare a comprendere le opportunità di sviluppo delle singole parti che lo compongono, non una visione esterna che, per sua natura, tende a parzializzare ogni luogo, manufatto o elemento, riferendolo alle proprie esigenze, evidentemente esterne al territorio stesso. Il futuro dei piccoli centri che punteggiano l’Italia, dei borghi e dei villaggi, va visto in un’ottica che deve necessariamente partire dall’interno, dalle ragioni dell’abbandono riviste in chiave delle aspettative di sviluppo di chi è rimasto e di chi ancora ha ben presente le potenzialità di quanto lo circonda; e poi confrontarla con una lettura più ampia capace di mettere in rete grandi e piccoli centri, infrastrutture e geografia del territorio, risorse materiali e immateriali. In tal modo si può concretamente invertire il punto di vista del problema e quindi il processo, non più dal “centro verso la periferia”, dalla città alla campagna, dal grande verso il piccolo, ma partendo dalle minime realtà diffuse, dall’ascolto delle aspettative e delle esigenze di chi con difficoltà accede a standard di servizi consolidati, iniziare a tessere una rete di relazioni e di scambi, fisica e quindi infrastrutturale, relazionale intesa come comunicazione e confronto, culturale e cioè di intersezione di studi, ricerche e conoscenze, tale da connettere in un unico sistema di vita tutto ciò che identifica e caratterizza il territorio, l’ambiente naturale e costruito, i legami sociali, fondendo identità e storie.
6
PARTE 1
ANALISI
1 INQUADRAMENTO TERRITORIALE
I
l GAL (Gruppo di Azione Locale) Partenio Consorzio è uno strumento di programmazione costituito nel 2008, soggetto attuatore del Piano di Sviluppo Locale “Terre e Sentieri del Partenio” ai sensi dell’asse IV “Approccio Leader” del Programma di Sviluppo Rurale - PSR Campania 2007/2013. LEADER (Liaison Entre Actions de Développement de l’Economie Rurale) promuove una forma di sviluppo integrato e sostenibile delle aree rurali, operando sulle risorse locali e conferendo priorità alle necessità specifiche del territorio attraverso una metodologia “bottom-up” e l’applicazione di una strategia di sviluppo di carattere multisettoriale. Il territorio di competenza del GAL Partenio comprendente 26 comuni della provincia di Avellino e il comune di Pannarano (BE), si caratterizza per la presenza di risorse diversificate: “Beni Rurali” (aree naturali soggette a tutela), Beni storici e paesaggistici, produzioni tipiche enogastronomiche, molte delle quali a marchio (DOCG, DOC/DOP/IGT). Partendo da tali risorse e da fattori di contesto come la posizione geografica, la conformazione geomorfologica del territorio, gli elementi culturali e sociali, il GAL si propone di mettere in risalto l’identità specifica del territorio rispetto al contesto regionale e di rafforzare il tessuto economico puntando maggiormente sul patrimonio naturale e architettonico e sulle attività produttive locali. Il PSL è lo strumento mediante il quale il GAL attua le strategie di sviluppo integrato. Include sia azioni tipiche della metodologia “LEADER” che misure specifiche del PSR. Il progetto si basa su due obiettivi strategici: - Potenziamento della competitività e dell’attrattività del settore agroalimentare e dell’artigianato artistico e tradizionale - Valorizzazione, in chiave turistica, delle risorse naturali e paesaggistiche ed integrazione con le altre risorse territoriali Gli assi di intervento principali sono integrati da azioni sinergiche finalizzate al miglioramento della qualità della vita e il Potenziamento della governance del territorio. 9
27 comuni 68.000 abitanti 288 Kmq SISTEMA TERRITORIALE PARTENIO
Altavilla Irpina
Superficie: 14,08 km2 Altitudine: 334 m.s.l.m. Abitanti: 4.280 Densità: 303,9 ab./km2
Il comune si colloca in una posizione geografica favorevole, baricentrica rispetto ai capoluoghi di provincia di Avellino e Benevento, a cui è collegato attraverso la rete ferroviaria ed un servizio autobus. Il nucleo più antico si estende su tre colli (Torone, Ripa e Foresta) dominanti la Valle del Vellola e del torrente San Giulio (conosciuta come media valle del Sabato) ed è ben protetto alle spalle dalla cresta montuosa di Toro, San Mango e Sassano. L’industria, localizzata nella zona Ponte dei Santi, e il commercio rappresentano le attività principali per l’economia di Altavilla, anche se non è da sottovalutare il prezioso apporto dato dall’artigianato di tipo tradizionale, esercitato nelle botteghe sparse sul territorio.
Candida
Superficie: 5,35 km2 Altitudine: 579 m.s.l.m. Abitanti: 1.152 Densità: 215,3 ab./km2
Comune abitato già in epoca romana, come testimoniano tracce di ville rustiche, Candida prende il nome dal latino "locus candidus" luogo in posizione dominante, essendo ubicata nella media valle del Calore a oltre 600 metri di altitudine. Candida è stata feudo di diverse famiglie tra cui i de Cardona, i Caracciolo e soprattutto i Filangieri, con i quali divenne un importante centro economico, celebre in particolare per la lavorazione del ferro e la produzione artigianale dei chiodi. Il territorio è sede di coltivazione di castagne, nocciole e uva da vino, impiegata nella produzione del Fiano DOCG.
Capriglia Irpina
Superficie: 7,49 km2 Altitudine: 575 m.s.l.m. Abitanti: 2.417 DensitĂ : 322,7 ab./km2
Ubicata su un colle ai piedi del Partenio, Capriglia domina la sottostante media Valle del Sabato, inserendosi in un'area di notevole interesse ambientale e paesaggistico. Il comune, di antiche tradizioni agricole (nocciole, castagne, prodotti ortofrutticoli e viti da cui si ricava il Fiano DOCG), sta conoscendo una crescente urbanizzazione delle aree di campagna, a causa del trasferimento di numerose famiglie dalla vicina cittĂ di Avellino. In controtendenza rispetto a diversi comuni del GAL il territorio presenta dunque una tendenza demografica positiva.
Cervinara
Superficie: 29,34 km2 Altitudine: 284 m.s.l.m. Abitanti: 9.969 DensitĂ : 339,7 ab./km2
In posizione pianeggiante, col territorio comunale delimitato a settentrione dalle propagini della Valle Caudina e a meridione dal massiccio del Partenio, Cervinara è uno dei centri piÚ popolosi dell'Irpinia: composta da 11 frazioni, segna il confine tra la provincia irpina e quella beneventana. Dotata di una stazione ferroviaria sulla rete Benevento Napoli e collegata a veloci arterie stradali è punto di confluenza degli interessi commerciali ed industriali della Valle Caudina. Il comune vanta importanti presenze archeologiche con tracce di insediamenti di epoca preromana e romana. Grande rilievo ha avuto nella storia del paese il Castello Medievale, appartenuto a diverse importanti famiglie feudatarie.
Chianche
Superficie: 6,61 km2 Altitudine: 356 m.s.l.m. Abitanti: 551 Densità: 83,3 ab./km2
Il territorio di Chianche interessa quelli che un tempo costituivano tre distinti comuni irpini: Chianche, Chianchetelle e San Pietro in Delicato. I tre nuclei urbani, circondati dai Monti del Partenio e del Taburno, si trovano in posizione collinare, nella verde media Valle del Sabato, coperta da boschi di querce e castagni e campi dominati dalla coltivazione di olivi e viti. L’aggregato rubano, che trae le sue radici nel Medioevo fu feudo dei Caracciolo, dei Carafa, dei Filomarino, degli Zunica e dei Sanseverino. Chianche è tra i comuni del GAL che hanno registrato un maggiore decremento demografico nell’ultimo decennio.
Grottolella
Superficie: 7,13 km2 Altitudine: 565 m.s.l.m. Abitanti: 1.955 Densità: 274,2 ab./km2
L’area comunale è situata in media-alta collina lungo una dorsale in direzione nord-Sud nella valle San Giulio, solcata dal torrente omonimo e circondata da folti boschi, in un contesto di notevole interesse naturalistico e paesaggistico. Grottolella è un antico borgo di origine medievale che basa la sua economia prevalentemente sull’agricoltura, grazie alla fiorente coltivazione di mele pregiate, grano, nocciole, e viti da cui si ricava ottimo vino tipico (Aglianico e Fiano). La rigogliosa vegetazione è accompagnata dalla presenza, anche in prossimità dell'abitato, di numerose sorgenti minerali, come le acque sulfuree di Pozzo del Sale.
Monocalzati
Superficie: 8,75 km2 Altitudine: 450 m.s.l.m. Abitanti: 3.234 DensitĂ : 369,6 ab./km2
Situato sulla destra del fiume Sabato, circondato da folta vegetazione, Manocalzati è un borgo di antiche tradizioni agricole che ha saputo negli ultimi anni mutare la sua vocazione originaria, divenendo un attivo centro economico-culturale e dotandosi di strutture ricettive e per il tempo libero (tra cui centri sportivi polivalenti). La favorevole ubicazione paesaggistica e la salubrità dei luoghi hanno indotto numerosi Avellinesi ed emigrati di ritorno a eleggere questo comune irpino a loro residenza con una conseguente urbanizzazione delle aree rurali. Il territorio comunale è attraversato dall'autostrada A16 Napoli-Bari, che consente di raggiungere rapidamente il comune uscendo al casello di Avellino Est.
Montefalcione
Superficie: 15,29 km2 Altitudine: 523 m.s.l.m. Abitanti: 3.442 DensitĂ : 225,1 ab./km2
Montefalcione è un paese collinare ubicato lungo la dorsale che suddivide i bacini del Sabato e del Calore, circondato da fertili campagne dove si coltivano alberi da frutta, cereali, ulivi e viti e da copiosa vegetazione semiselvatica costituita da querce, ginestre, ginepri e boschi di castagni. Sono presenti sul territorio botteghe artigiane dedite alla produzione di lavorazioni in legno, in ferro e marmo. La stazione ferroviaria lungo la linea Avellino - Rocchetta S. Antonio, che ebbe in passato un discreto traffico viaggiatori e merci, danneggiata del terremoto del 1980 e sostituita da un prefabbricato, è rimasta dal 1987 "impresenziata" con la fermata di un solo treno giornaliero mattutino.
Montefredane
Superficie: 9,45 km2 Altitudine: 593 m.s.l.m. Abitanti: 2.308 Densità: 244,2 ab./km2
Il comune si colloca in cima a una collina nella media valle del Sabato, in un’area ricca di sorgenti minerali e di boschi. Benché il territorio fosse già abitato in epoca preistorica e attraversato dall'acquedotto Hirpino-Romano, il vero e proprio borgo fu edificato in epoca medioevale. Diversi furono i Signori che esercitarono i diritti feudali: i del Tufo, i Capece, i Baldini, gli Orsini di Nola, i Brancaccio, i Ferilli, i Gesualdo, i Ludovisi, ed, infine i Caracciolo di Avellino. L’economia locale vive di tradizioni agricole (castagne, nocciole, legumi, granaglie, fichi, prodotti ortofrutticoli e viti) e, soprattutto, pastorali, grazie all'allevamento di animali da latte, che ha reso il comune noto per la produzione di latticini e formaggi genuini.
Montemiletto
Superficie: 21,64 km2 Altitudine: 600 m.s.l.m. Abitanti: 5.361 Densità: 247,7 ab./km2
Lungo lo spartiacque tra le Valli del Sabato e del Calore, inserito in un paesaggio ricco di vigneti da cui si ricavano vini eccellenti, Montemiletto è un borgo che ha subito una notevole espansione in tempi recenti, tanto da veder nascere una nuova area urbana ai piedi del centro storico. Le tradizionali attività agricole, sono state per un certo tempo affiancate da attività industriali nel settore dei mobili, poi andato in crisi. Il comune è raggiungibile percorrendo la SS 90 che porta a Grottaminarda, utilizzando l'autostrada A16 Napoli-Bari o servendosi della stazione ferroviaria sulla linea panoramica Avellino - Rocchetta S. Antonio.
Ospedaletto d’Alpinolo
Superficie: 5,68 km2 Altitudine: 725 m.s.l.m. Abitanti: 1.970 Densità: 346,8 ab./km2
Tranquillo borgo di origine medioevale, gode di una felice ubicazione paesaggistica alle radici nord-orientali di Montevergine sulla strada statale per il Santuario, che lo ha reso un importante e attivo centro del turismo religioso, ambientale ed enogastronomico. Particolarmente fiorente, con benefici effetti sull'occupazione locale, è l’industria dolciaria artigianale, che vanta tra le produzioni tipiche il torrone, a cui viene dedicata un'apposita Fiera, le celebri "Castagne del Prete", biscotti ed uova pasquali.
Pannarano
Superficie: 11,80 km2 Altitudine: 360 m.s.l.m. Abitanti: 2.082 Densità: 176,4 ab./km2
Unico tra i comuni del GAL ad appartenere alla provincia di Benevento, Pannarano si colloca tra il Massiccio del Partenio e il Taburno, a 360 m di altezza nell’alta valle del Serretelle. Nel 1300 Il feudo era posseduto dalla famiglia “della Leonessa” che avrebbe fatto erigere il castello di Pannarano come difesa; in seguito passò alla Corona di Spagna e infine, con l'Unità d'Italia, fu trasferito dal Principato Ultra alla nascente Provincia di Benevento. L’economia locale è legata all’agricoltura e alle risorse territoriali. Tra le località boschive del territorio di particolare interesse naturalistico è l’oasi WWF “Montagna di Sopra” situata nel cuore del Parco Regionale del Partenio.
Petruro Irpino
Superficie: 3,14 km2 Altitudine: 500 m.s.l.m. Abitanti: 341 Densità: 108,6 ab./km2
Situato nella media Valle del Sabato in posizione panoramica, Petruro Irpino è un piccolo centro agricolo, soggetto a una costante decrescita demografica dovuta all’emigrazione degli abitanti. Le campagne, poco urbanizzate, forniscono prodotti ortofrutticoli, legumi, olive e uva (il locale Greco di Tufo è tra i migliori dell'Irpinia). Tra le produzioni locali artigianali si rilevano la lavorazione del vimine e quella della lana e del merletto. Luoghi di interesse sul territorio dal punto di vista naturalistico - ambientale sono i ruderi di antiche masserie, la Grotta di Recupo e il laghetto in località Ischia, nei pressi della Contrada Lago.
Pietrastornina
Superficie: 15,73 km2 Altitudine: 513 m.s.l.m. Abitanti: 1.568 Densità: 99,6 ab./km2
Posta a 513 metri d'altezza con una vasta panoramica sulla Valle Caudina, Pietrastornina, che conta trentasei frazioni, giace ai piedi di una guglia rocciosa di oltre 150 metri da cui il paese ha tratto il nome e sulla cui sommità fu edificato un Castello longobardo. L’abitato del paese si è costituito in un lungo arco temporale, espandendosi progressivamente dall’originario nucleo, nato ai piedi della rupe fortificata tra il X e l’XI secolo, attraverso nuovi insediamenti sorti lungo i percorsi montani. Il nucleo medioevale, centro storico del comune, è oggi disabitato. Della superficie territoriale, metà è occupata da boschi, mentre il 37% circa è destinato all’agricoltura che costituisce il settore trainante dell’economia locale.
Prata di Principato Ultra
Superficie: 10,99 km2 Altitudine: 310 m.s.l.m. Abitanti: 2.978 DensitĂ : 270,9 ab./km2
Prata si colloca su una collina, alle cui falde orientali scorre il fiume Sabato, circondata da aree rurali e fertili campagne. La frequentazione del territorio Pratese è molto remota, come dimostrano i ritrovamenti archeologici preromani e i ruderi di ville e sarcofaghi di epoca romana effettuati nelle campagne che circondano il complesso cimiteriale e religioso della Basilica dell'Annunziata, antico tempio pagano con catacombe cristiane. Il paesaggio che circonda il comune offre spunti per passeggiate panoramiche: di particolare interesse è il sentiero che parte dalla destra della Basilica dell'Annunziata ed attraversa i boschi fino al Comune di Tufo, lambendo i binari della strada ferrata della linea Benevento - Avellino.
Pratola Serra
Superficie: 8,84 km2 Altitudine: 280 m.s.l.m. Abitanti: 3.708 Densità: 419,5 ab./km2
Pratola Serra è un borgo agricolo situato nella Valle del fiume Sabato, che in tempi recenti ha avuto un notevole sviluppo nel settore industriale, grazie agli stabilimenti FIAT (FMA) insediatisi nell'area industriale di Avellino, ai cui margini si estende il territorio del comune. I dolmen preistorici visibili in Contrada S. Michele ed alcuni ritrovamenti archeologici in località Pioppi testimoniano una remota occupazione del territorio, anche se il borgo vero e proprio ha origini medioevali. Interessante è anche la vecchia centrale elettrica, che garantiva l'autarchia energetica al paese irpino, poi trasformata in cartiera ed oggi abbandonata.
Roccabascerana
Superficie: 12,46 km2 Altitudine: 430 m.s.l.m. Abitanti: 2.366 Densità: 189,9 ab./km2
Paese collinare situato al confine tra le province di Avellino e Benevento, vive principalmente di agricoltura, allevamento e attività artigianali, tra cui spiccano quelle legate alla lavorazione della ceramica. Numerose sono le Sagre che consentono di apprezzare la gastronomia contadina ed i prodotti tipici locali. Il comune, il cui territorio rientra nella Comunità Montana del Partenio, è avvolto dalla vegetazione, con folti boschi di quercia e pioppi e attraversato da numerosi corsi d’acqua. Sulla guglia rocciosa che sovrasta il paese, in epoca normanna fu eretto un Castello di cui oggi resta solo una torre, detta "Torre normanna".
Rotondi
Superficie: 7,81 km2 Altitudine: 272 m.s.l.m. Abitanti: 3.580 Densità: 458,4 ab./km2
Il comune si colloca nella Valle Caudina alle falde settentrionali del Massiccio del Partenio, che lo protegge con le vette del Pizzofalcone e del Ciglio. Paese a economia prevalentemente agricola, ha registrato di recente una marcata crescita urbanistica ed economica nella frazione Campizze. Altre località nel territorio di Rotondi sono Curelli e Santo Stefano. Il verdeggiante territorio comunale, appartenente al Parco Regionale del Partenio, è diviso in tre grandi aree verdi dai corsi d’acqua Isclero e Carmignano. Il paesaggio circostante offre ottime occasioni per effettuare delle escursioni (Monte Tabruno; Monte Pizzo Falcone; boschi di castagni e faggi)
San Martino Valle Caudina
Superficie: 22,92 km2 Altitudine: 315 m.s.l.m. Abitanti: 4.745 Densità: 207,0 ab./km2
Grazie alla sua peculiare posizione, ai piedi del Monte Pizzone e del Monte Teano, al limite orientale della Valle Caudina, San Martino VC è un paese interamente immerso nel verde. I terreni, che forniscono abbondanti raccolti, sono ricchi di uliveti, vigneti, frutteti e campi di grano. La porzione non coltivata del territorio è coperta da pascoli, su cui si alleva bestiame, e da boschi di faggi, castagni e pioppi da cui si ricava legna di ottima qualità. Nel territorio comunale sono compresi anche piccoli corsi d'acqua, tributari del Serretelle e sorgenti di acqua oligominerale.
San Potito Ultra
Superficie: 4,54 km2 Altitudine: 517 m.s.l.m. Abitanti: 1.598 DensitĂ : 352,0 ab./km2
San Potito Ultra è un tranquillo borgo ubicato in un'area di notevole interesse naturalistico, nella valle del torrente Salzola. Il territorio comunale, in parte collinare e in parte pianeggiante, presenta campagne fortemente urbanizzate e diffusi pascoli che consentono l'allevamento del bestiame e la produzione di prodotti derivati dal latte. Al pari di altri Comuni Irpini, San Potito Ultra ha patito il dramma dell'emigrazione massiccia dei suoi abitanti all'inizio del XX secolo e negli anni tra la Seconda Guerra Mondiale e la ripresa economica. Tuttavia, nell'ultimo decennio ha registrato un incremento della popolazione residente, dovuto forse al trasferimento di numerosi Avellinesi, favorito dalla vicinanza del capoluogo di provincia.
Sant’Angelo a Scala
Superficie: 10,75 km2 Altitudine: 582 m.s.l.m. Abitanti: 755 Densità: 70,3 ab./km2
Sant'Angelo a Scala si colloca alle falde nord-orientali del massiccio del Partenio, immerso nel verde del Parco Regionale alle pendici del Monte Vallatrone, in ottima posizione panoramica. Il comune deve le sue origini all'antica città tardo-romana di Ascula, scoperta di recente in località Malfedana, e alla chiesetta longobarda di San Michele situata nella grotta oggi occupata da una piccola abbazia dedicata a San Silvestro Papa. L’economia del paese è prettamente agricola, con la produzione locale incentrata su olive, vino - Fiano ed Aglianico - castagne, nocciole e cereali.
Santa Paolina
Superficie: 8,43 km2 Altitudine: 550 m.s.l.m. Abitanti: 1.366 Densità: 162,0 ab./km2
Il comune ha origini recenti, giacché nel 1814 una frana causata da un'alluvione costrinse a spostare il vecchio borgo (San Felice) in una posizione a monte rispetto all’insediamento originario, nelle vicinanze di un piccolo edificio religioso dedicato a Santa Paolina, da cui scaturì il nuovo nome del paese. Nel territorio comunale ricadono tre antiche contrade: La Piazza, La Pietrarola e Li Capigiorgi. Il paesaggio è costituito da aree agricole dominate da frutteti, campi di ortaggi, uliveti e vigneti, che consentono la produzione di vini eccellenti tra cui il "Greco di Tufo" a marchio DOCG. Fortemente radicata è la tradizione della lavorazione artigianale del tombolo, su cui in passato si fondava l’economia locale.
Summonte
Superficie: 12,37 km2 Altitudine: 738 m.s.l.m. Abitanti: 1.613 Densità: 130,4 ab./km2
Situato ai piedi del Monte Vallatrone e alle pendici del Partenio, come suggerisce il nome, Summonte fonda la sua economia sull’ agricoltura, l’ allevamento del bestiame e soprattutto sul commercio del legname ricavato dagli ampi boschi. La frequentazione del territorio comunale è antica, dati i ritrovamenti archeologici di tombe hirpine nella frazione Cappella, anche se il borgo vero e proprio sarebbe di origine Longobarda, come Casale della Contea Avellinese. L'aria incontaminata, il verde dei boschi e della pineta comunale, le sorgenti che attraversano il territorio (Fontana Campo, Fontana Terra, Fontanelle) hanno favorito lo sviluppo di attività ricettive legate al turismo.
Torre Le Nocelle
Superficie: 10,04 km2 Altitudine: 420 m.s.l.m. Abitanti: 1.360 Densità: 135,5 ab./km2
In cima ad un colle dominante la media Valle del Calore, Torre Le Nocelle è un tranquillo borgo di tradizioni agricole, i cui campi, dominati da estesi vigneti, forniscono anche cereali, frutta, legumi ed olive, da cui si ottiene dell'ottimo olio. L'ambiente rurale ospita la maggior parte dei residenti, la cui restante parte vive nel centro storico arroccato attorno al Santuario di S. Ciriaco, animato dai pellegrinaggi di numerosi fedeli. Benché il rinvenimento sul territorio di alcuni reperti archeologici faccia supporre che il paese fosse già occupato in epoca preromana, le origini dell'insediamento urbano sono Medioevali, quando l'abitato era denominato "Turricella" e feudo dei de Tocco, Signori di Montemiletto
Torrioni
Superficie: 4,22 km2 Altitudine: 645 m.s.l.m. Abitanti: 578 DensitĂ : 136,9 ab./km2
Il comune si posiziona sul versante destro della valle del fiume Sabato, nel punto piÚ elevato del Monte Cancello, a picco sul vallone sottostante. Torrioni è circondato dalle campagne coltivate, dominate dai vigneti da cui si ottiene il "Greco di Tufo" DOCG, principale risorsa economica del paese, e immerso nel verde dei boschi, da cui si ricava legname in abbondanza. Tipiche sono le sue costruzioni, perfettamente innestate nel paesaggio circostante, realizzate usando sassi e ciottoli locali. Oltre al Greco di Tufo, Torrioni offre diverse produzioni tipiche: castagne, funghi porcini, asparagi, pizza al cigolo (una sfoglia di mais ripiena di verdure) e caciocavallo silano DOP
Tufo
Superficie: 5,96 km2 Altitudine: 250 m.s.l.m. Abitanti: 924 Densità: 155,0 ab./km2
Situato su una collina alla riva destra del fiume Sabato il territorio di Tufo comprende tre frazioni: Santa Lucia, Santo Stefano e San Paolo. A partire dal 1866, a seguito della scoperta di rilevanti giacimenti di zolfo, per opera della famiglia Di Marzo, Tufo divenne uno dei più importanti centri estrattivi del Mezzogiorno. Quasi dopo un secolo dalla scoperta, l'apertura dei mercati esteri ed il mancato adeguamento tecnologico degli impianti furono all'origine della crisi degli anni '60, che portò in breve tempo alla chiusura delle cave e dell'impianto di trasformazione e commercializzazione. Le sorti economiche del comune sono state risollevate dalla fiorente produzione del “Greco di Tufo” DOCG, che conta ben cinque aziende vinicole nel territorio comunale (Di Marzo, Torricino, Benito Ferrara, Cantine dell’Angelo, Le Otto Terre).
Montefusco
Superficie: 8 km2 Altitudine: 705 m.s.l.m. Abitanti: 1.432 Densità: 179 ab./km2
Piccolo comune della provincia di Avellino, compreso nel territorio di interesse del GAL Partenio, Montefusco si colloca in cima ad un colle di circa 700 m di altezza, situato tra il Sannio e l'Irpinia, da cui domina la valle del Sabato e parte del Sannio. Il borgo lega la sua storia al Castello Normanno che, sorto su un’originaria fortezza Longobarda e ampliato sotto il regno degli Svevi e degli Angioini, divenne Tribunale del Principato Ultra con gli Aragonesi e successivamente Carcere Borbonico, tristemente noto per la durezza del trattamento riservato ai prigionieri. Dal 1928 il Carcere di Montefusco è stato dichiarato Monumento Nazionale. Oggi i sotterranei del castello ospitano il Museo “Lo Spielberg del Risorgimento Meridionale” mentre la corsia superiore ospita la sezione etno-antropologica del Museo e acconta nella “Bottega del Tombolo” l’arte dei merletti, la cui antica tradizione si rinnova tuttora nella produzione artigianale locale. Numerosi sono i monumenti e le chiese che, come il castello-ex carcere borbonico, testimoniano il fasto e il ruolo di preminenza politica di cui ha goduto Montefusco in passato. Dal punto di vista naturalistico di particolare rilevanza è il Bosco di Montefusco, riconosciuto come Sito d'Importanza Comunitaria (SIC). Circondato da vaste aree verdi coltivate, da cui si ottengono in gran copia cereali e prodotti ortofrutticoli di qualità, il comune eccelle in particolare nella produzione di vino Greco di Tufo D.O.C.G, caciocavallo silano DOP e olio extra-vergine d’oliva Irpinia-Colline dell’Ufita DOP.
2
CARATTERISTICHE AMBIENTALI DEL CONTESTO
In base alle indagini sviluppate dal GAL su elementi portanti come i sistemi morfologici strutturanti, le aree di pregio naturalistico ambientale e l’uso agricolo del suolo, sono stati individuati tre macrosistemi paesistici. 1. Paesaggi di pregio Naturalistico: aree caratterizzate da grande varietà di paesaggi e interessate da zone Sic e dal Parco Regionale del Partenio.
G
li elementi distintivi del sistema territoriale A8 “Partenio” denotano una molteplicità di emergenze ambientali. L’ andamento morfologico, la presenza di un bacino idrogeologico e quella di aree ad alta densità boschiva, rendono la zona caratterizzata da un paesaggio dinamico che alterna aree montuose a piane e collinari. Il territorio è caratterizzato dalla presenza di aree paesaggistiche di notevole interesse comprese nella rete Natura 2000 del PTR, (Parco Regionale del Partenio, Dorsale dei Monti del Partenio, Bosco di Montefusco Irpino) e da altre zone che, pur non ricadendo in specifiche forme di tutela, costituiscono serbatoi di naturalità diffusa essenziali per la valorizzazione del paesaggio (Altipiani di Campo Maggiore e Summonte).
2. Paesaggi rurali con colture tipiche: aree agricole della Valle fluviale del Sabato, interessate da colture pregiate e da produzioni eccellenti quali i vini Fiano e Greco già DOCG, e della Valle del Calore, interessate da appezzamenti destinati a ortaggi, frutteti e viti. 3. Paesaggi da valorizzare: aree per le quali è necessario mettere in campo strategie di intervento che contrastino i fenomeni di abbandono attraverso azioni mirate alla cura delle risorse esistenti e alla trasformazione, assicurando un uso compatibile con le specifiche del territorio. 37
2.1 biosfera Bosco di Montefusco Irpino _ area SIC Il bosco si estende su una superficie di 713 ettari con una variazione altitudinale che va dai 400 m. ai 757 m. s.l.m. Sito d'interesse Comunitario censito all'interno di Bioitaly, progetto del Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell'Ambiente, risulta particolarmente importante per la ricchezza di flora e fauna. La regione biogeografica di appartenenza è la regione Mediterranea e interessa i comuni di Montefusco Irpino, Torrioni e Santa Paolina della Provincia di Avellino e San Nicola Manfredi e San Martino Sannita della Provincia di Benevento. Il Sito è caratterizzato dalla presenza di colline appenniniche inframmezzate da piccoli corsi d'acqua su un substrato argilloso e arenaceo. Su queste superfici si sviluppano estesi boschi cedui di castagno, frammisti a Quercus ruber.
Parco regionale del Partenio _ riserva naturale ed area SIC Il Parco, istituito nel 2002, costituisce un’area paesaggistica di grande importanza, riconosciuta come riserva naturale ai sensi della legge n.33/93. Il suo territorio rientra nel Sito di interesse Comunitario “Dorsale dei Monti del Partenio” e ospita l’oasi WWF “Montagna di Sopra” in corrispondenza di Pannarano. Il Parco occupa una superficie di 14.870,24 ettari e comprende 22 Comuni, variamente distribuiti sull'ambito territoriale, sia nella parte appenninica del Partenio, che nelle valli adiacenti, Valle Caudina e Valle del Sabato e vallo di Lauro Baianese. I centri urbani, in prevalenza appartenenti alle province di Avellino e di Benevento, sono dislocati soprattutto nella fascia pedemontana e le strade che li collegano formano un circuito che circonda l'intero complesso montuoso del Partenio. Il territorio è caratterizzato in massima parte da copertura boschiva; ampio spazio trovano le coltivazioni arboree ed erbacee e aree a pascolo. Elevata è la biodiversità faunistica. L'area è sottoposta quasi integralmente a vincolo idrogeologico e in ampie zone a vincolo paesistico. 38
2.2 idrosfera
fiume Calore
lunghezza: 108 km autorità di bacino: Liri-Garigliano e Volturno comuni bagnati: Montemiletto, Montefalcione
L’
area del Parco Partenio si trova nella unità idrogeologica dei Monti D’Avella-Montevergine- Pizzo di Alvano, compresa tra la Valle Caudina e di Maddaloni a Nord, la Piana di Nola e Salerno ad Ovest, la Valle del Torrente Solofrana a Sud. Ad Est l’area, per un versante, è compresa tra la Valle del Fiume Sabato e, per l’altro, si affaccia sull’Alta Irpinia. Il Bacino imbrifero maggiore è quello del Fiume Calore, che percorre l’area a Nord del Partenio. Il territorio è comunque, percorso da una rete di piccoli torrenti a sviluppo limitato. La maggior parte dei piccoli corsi d’acqua, originati da sorgenti montane, presenta percorsi sotterranei, data la natura calcarea del terreno.
fiume Sabato
lunghezza: 50 km autorità di bacino: Liri-Garigliano e Volturno comuni bagnati: Chianche, Altavilla Irpina, Tufo, Prata di P. Ultra, Pratola Serra, Montefredane
39
2.3 geosfera
L
e analisi conoscitive condotte dal GAL sul territorio del Sistema Partenio, rispetto all’uso del suolo, mostrano la forte predominanza dell’uso agricolo del suolo e del paesaggio naturale: il 48% circa del suolo è destinato ad aree agricole, il 41% è occupato da boschi e arbusteti, il 5 % da praterie e solo il 6% restante da aree urbane. Non sorprende, dunque, che Il PTR riconosca i territori del Partenio nel Sistema Territoriale di Sviluppo a componente dominante naturalistica. I Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS) sono individuati dal PTR Campania sulla base della geografia dei processi di auto-riconoscimento delle identità locali e di auto-organizzazione nello sviluppo, confrontando il “mosaico” di patti territoriali, contratti d’area, distretti industriali, parchi naturali e comunità montane. Riguardo lo specifico uso agricolo del suolo il GAL ha individuato alcune tipologie di aree dominanti: - aree prevalentemente boschive - aree destinate a coltivazioni permanenti - aree destinate a seminativi - aree destinate ad un uso eterogeneo del suolo Oltre ai già citati punti di interesse naturalistico (Parco regionale del Partenio, Bosco di Montefusco, ecc…), si registra sul territorio la presenza significativa di edifici religiosi, castelli e fortezze, palazzi nobiliari e borghi medioevali di notevole interesse storico e architettonico che, tuttavia, spesso si presentano come elementi isolati o in stato di abbandono, che andrebbero recuperati e valorizzati.
48%
40
2.3.1 uso del suolo
aree agricole praterie boschi e arbusteti aree urbane
41% 6%
5% 41
2.3.2 aree urbanizzate
numero abitazioni
Tufo Torrioni
547 274
Torre le Nocelle
799
Summonte
732
Santa Paolina
705
Sant’Angelo
463
San Potito
659
San Martino
2.630
Rotondi
1.235
Roccabascerana
1.392
Pratola Serra
1.435
Prata di P.U.
1.297
Pietrastornina Petruro Irpino
1.594 232
Pannarano
971
Ospedaletto d’A.
664
Montemiletto
2.505
Montefusco
754
Montefredane
917
Montefalcione
1.642
Manocalzati
1.245
Grottolella Chianche
884 318
Cervinara
4.050
Capriglia Irpina Candida
948 574
Altavilla Irpina
2.553 42
0-1% 1-3% 3 - 10 %
43
2.3.3 aree d’interesse storico e architettonico
palazzo comitale palazzo Caruso
Altavilla Irpina
x
3
resti di mura normanne
miniere di zolfo
Candida
x
1
ruderi castello
casino di caccia palazzo baronale
Capriglia Irpina
x
3
castello Carafa
Cervinara
x
6
monumento ai caduti
il mastio
Chianche
x
5
centro storico
torre normanna
Grottolella
x
2
castello Caracciolo
palazzo Pellegrino palazzo Maglio
Manocalzati
x
2
castello di San Barbato
Montefalcione
x
4
fontana, porta della Ripa resti del mulino vecchio
castello e torre normanna
palazzo Capone
Montefredane
x
3
palazzo marchesale
Municipio, ex Abbazia
castello caracciolo
palazzo baronale
torre civica oratorio San Giacomo centro storico ponte romano monumento al pellegrino fontana del Tritone
castello - ex carcere borbonico
palazzi nobiliari
palazzo Troisi - palazzo marchesale castello medioevale
Montefusco
x
4
Montemiletto
x
3
Ospedaletto d’A.
x
1
Pannarano
x
1
Petruro Irpino
x
2
Pietrastornina
x
3
fontana lavatoio rudere di mulino centro storico
Prata di P.U.
x
2
arcibasilica e catacombe
torre normanna
Pratola Serra
x
1
area archeologica
palazzo Iannaco - palazzo Rotondi
Roccabascerana
x
3
castello medioevale
palazzo baronale
Rotondi
x
2
fontana
torre civica
San Martino
x
3
castello Pignatelli
palazzo baronale - palazzo ducale - casa Giulia
San Potito
x
2
mulini - opifici
Sant’Angelo
x
2
eremo dell’incoronata
Santa Paolina
x
3
Summonte
x
2
complesso castellare torre angioina
palazzo Marcesa - palazzo De Cristofaro
Torre le Nocelle
x
1
monumento ai caduti
palazzo Penna
Torrioni
x
2
turris ayonis
1
miniere di zolfo mulino giardino
Tufo
x
castello della leonessa
palazzo Maietta
villa Pietrabianca - villa Elvira - palazzo Natellis palazzo Cimirro - palazzo Via Antica palazzo Carafa castello palazzo Zaccaria
castello normanno 44
palazzo baronale
palazzo di Marzo
beni architettonici e monumentali siti archeologici castelli e torri chiese, santuari, monasteri palazzi e case storiche
45
2.4 trasporti
T
27.958 residenti pendolari 5 stazioni ferroviarie 3 autolinee
utti i centri dei Comuni del GAL Partenio Consorzio sono collegati alle principali direttrici di traffico della rete stradale. L’elevato pendolarismo lavorativo e scolastico della zona – circa 27.958 persone al giorno – nonostante i collegamenti siano ben distribuiti, provoca spesso prolungati tempi di percorrenza verso alcune delle principali direttrici di traffico che spesso penalizza l’accesso alle zone industriali. Sebbene, come si potrà notare dall’approfondimento relativo al trasporto su gomma, numerose siano le linee in grado di collegare i Comuni afferenti al GAL Partenio, garantendo gli spostamenti dei pendolari, solo due tratte ferroviarie interessano la zona. La Metro Campania Nord-Est copre, in parte, l’aria occidentale e la tratta Avellino - Benevento delle Ferrovie dello Stato attraversa il lato orientale. Quest’ultima, nonostante il sito delle Ferrovie dello Stato segnali ancora la presenza di alcune corse giornaliere, è attualmente dimessa.
SISTEMA TERRITORIALE PARTENIO
46
47
2.4.1 rete stradale
La rete stradale che caratterizza i Comuni del GAL Partenio Consorzio garantisce il collegamento di tutti i centri alle principali direttrici di traffico. Sebbene, infatti, le arterie a scorrimento veloce non coprano tutto il territorio, attraverso strade statali e provinciali da ogni paese è possibile raggiungere facilmente i capoluoghi limitrofi. La A16 - Napoli-Bari - interessa la parte orientale dell’area di studio, maggiormente servita rispetto al restante territorio, spesso caratterizzato da una viabilità secondaria poco accessibile data la presenza della fascia montana e le caratteristiche altimetriche e geologiche del luogo. 48
Autostrada Strade statali Strade provinciali
Chianche Rotondi Cervinara
San Martino Valle Caudina
Petruro Irpino Roccabascerana Pannarano
Santa Paolina
Torre Le Nocelle Montemiletto
Tufo
Altavilla Irpinia
Pietrastornina
Sant’Angelo A Scala
Montefusco
Torrioni
Prata di P. Pratola Serra U. Grottolella Capriglia
Montefredane
Montefalcione
Summonte Ospedaletto D’Alpinolo
Monocalzati Candida San Potito Avellino
2.4.2 trasporto pubblico su gomma
Il trasporto su gomma nell’area del GAL Partenio risulta efficiente e in grado di coprire, grazie alle tre società di trasporti presenti sul territorio, gli spostamenti per i pendolari dei 27 Comuni afferenti. La AIR, Autoservizi Irpini, è una società di trasporti che assicura il collegamento del capoluogo irpino con 96 comuni della provincia di Avellino, con Napoli, Benevento, Caserta, Salerno – Università di Fisciano (linee interprovinciali), con Roma e Foggia (linee interregionali) oltre che di Mercogliano con Montevergine mediante una funicolare. Ha impianti in Avellino (Pianodardine), Torelli di Mercogliano, Ariano Irpino e Grottaminarda. Si propone di offrire un servizio che corrisponda alla domanda di trasporto ed alle diverse esigenze di mobilità assicurando il necessario collegamento tra zone rurali e i poli commerciali, industriali e direzionali della regione Campania. Tutti i comuni del GAL Partenio, ad eccezione di Altavilla Irpina, Capriglia Irpina e Pannarano, sono serviti dalla suddetta linea con corse giornaliere. La società Bartolini Turismo gestisce i collegamenti della zona da Altavlla Irpina a Capriglia Irpina, includendo alcuni dei Comuni esclusi dal circuito precedente. Il suo assetto iniziale prevedeva la gestione della tratta Altavilla Irpina - Avellino, alla quale si sono aggiunte, nel corso degli anni, numerose altre autolinee. La società Sellitto Trasporti svolge un servizio che collega Altavilla Irpina con Caserta e Roma-Tiburtina e con Caserta-Milano, includendo numerose fermate nei comuni afferenti al GAL Partenio. Dal 2009 l’azienda ha ampliato la sua attività mettendo in essere una linea nazionale, la Benevento-Roma Tiburtina, e la linea internazionale per la Svizzera. 50
Benevento
San Martino Valle Caudina
Rotondi
Chianche
Torrioni
Montefusco
Petruro Irpino
Roccabascerana
Cervinara
Torre Le Nocelle
Santa Paolina
Tufo Pannarano
Montemiletto
Altavilla Irpinia
Pietrastornina
Prata
Sant’Angelo A Scala
Pratola Serra
Grottolella Capriglia
Montefredane
Montefalcione
Summonte Monocalzati
Candida
Ospedaletto D’A. San Potito Avellino
AIR autoservizi Irpini Sellitto autolinee Bartolini autolinee 51
2.4.3 trasporto pubblico su ferro
Il sistema di trasporto su ferro presente nel territorio oggetto di studio è caratterizzato dalla presenza di due linee ferrioviarie: la Linea MetroCampania Nord-Est, Napoli – Cancello – Benevento e la Tratta Avellino – Benevento delle Ferrovie dello Stato. Conosciuta prima del 2005 come “Ferrovia Alifana e Benevento-Napoli”, la Linea MetroCampania Nord-Est, appartenente alla rete infrastrutturale dell’EAV Ente Autonomo Volturno, attraversa l’area occidentale del GAL Partenio includendo le stazioni di alcuni Comuni della Valle Caudina quali Rotondi, Cervinara e San Martino Valle Caudina. Le tabelle orarie riportate sul sito dell’EAV segnalano l’esistenza di undici corse giornaliere, con una cadenza variabile che oscilla tra i 5 e i 30 minuti. La tratta ferroviaria fra Cancello, Avellino e Benevento è stata costruita in oltre cinquant’anni fra il 1840 ed il 1891. La realizzazione della tratta è fortemente legata all’industrializzazione delle aree attraversate e al collegamento delle stesse con il porto di Napoli da cui era possibile spedire le merci prodotte. Con il terremoto che nel 1980 ha colpito l’Irpinia anche la linea ferroviaria ha subito numerosi danni nel tratto che interessa i Comuni del GAL. Tra i tanti, gli edifici delle stazioni Montefredane, Prata-Pratola, Tufo, Altavilla, ChiancheCeppaloni hanno subito forti crolli, fino all’abbattimento delle strutture esistenti e alla loro sostituzione con piccoli corpi prefabbricati. La tratta ha ripreso a funzionare per lungo tempo fino al 2012, data di chiusura del servizio. 52
.6 22
km
Chianche
San Martino Valle Caudina
Altavilla Irpinia
Pannarano
Tufo Montemiletto
6.4 km
5.2 km
Cancello
Torre Le Nocelle
Petruro Irpino Santa Paolina
Pietrastornina
Prata
Pratola Serra
Grottolella
Sant’Angelo A Scala Capriglia
Montefredane
Montefalcione
km
Cervinara
Roccabascerana
Montefusco
Torrioni
Summonte
11. 6
4.8 km
8.1 km
Rotondi 3.7 km
13.6 km
Benevento
Monocalzati
Candida
Ospedaletto D’A. San Potito Avellino
Salerno
linea FS Avellino-Benevento linea metro campania Nord - Est _ Cancello-Benevento 53
3
CARATTERISTICHE SOCIALI DEL CONTESTO
S
econdo i dati definitivi ricavati dal 15° Censimento generale Istat della popolazione e delle abitazioni (9 ottobre 2011), la provincia di Avellino risulta avere una popolazione di 429.157 individui, 209.491 di sesso maschile (49%) e 219.666 di sesso femminile (51%). La densità abitativa in riferimento alla superficie territoriale di 2.086 kmq è di 153 abitanti per kmq, con maggiore concentrazione di residenti (81,9%) nei comuni medio - piccoli. Ottenuto come la differenza tra tasso di natalità e tasso di mortalità, il tasso di crescita naturale presenta un segno negativo, pari al -2,2‰. Il tasso del saldo migratorio risulta positivo, con un valore dello 0,3 ‰. Il tasso di crescita totale, che combina gli indici precedenti, resta dunque negativo con un valore di -1,9 ‰. L’età media della popolazione, in accordo con il dato nazionale, è 43 anni. Nei comuni del GAL Partenio, la popolazione totale residente, costituita dalle persone aventi dimora abituale nella stessa municipalità, ammonta a 67.594 unità. In riferimento alla superficie territoriale sulla quale insiste la popolazione (289,05 kmq) la densità abitativa è pari a 233 abitanti per kmq. In tutti i Comuni, la percentuale di residenti giovani – dai 20-29 anni – è estremamente bassa, mentre la fascia d’età maggiormente presente è quella compresa tra i 30 e i 59 anni. In particolare, nell’area dei Comuni a nord-est è molto bassa anche la percentuale di bambini e neonati. Il tasso di crescita totale, infatti, è pari al -1,9 %. Indicatore di rilevanza economica e sociale, l’indice di dipendenza, ottenuto dal rapporto tra le fasce di età che non sono autonome per ragioni demografiche (anziani e giovanissimi) e la popolazione che si presume attiva da cui questi dipendono, presenta il valore medio percentuale di 50,4 %. 54
3.1 distribuzione della popolazione
< 1.000 1.001 - 2.000 2.001 - 5.000 5.001 - 20.000
55
3.2 indice di vecchiaia
Dai dati sulla struttura demografica della popolazione, emerge un’area demograficamente anziana. Il rapporto percentuale tra la popolazione con 65 anni e più e quella con meno di 15 anni, l’indice di vecchiaia, indicatore sintetico del grado di invecchiamento della popolazione, è pari a 158%.
< 100 100 - 150 150 - 200 > 200
3.147
3.466
3.961
4.181
4.452
4.569
4.953
5.3
2.988
<5
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40-
56
73
-44
43 anni
età media POPOLAZIONE RESIDENTE PER CLASSE D’ETA’
5.418
45-49
4.572
50-54
4.018
55-59
3.958
60-64 57
2.953
3.086
2.743
2.187 1.862
65-69
70-74
75-79
80-84
>85
3.3 stranieri residenti
numero stranieri residenti
Tufo Torrioni
26 6
Torre le Nocelle
17
Summonte Santa Paolina Santâ&#x20AC;&#x2122;Angelo
57 15 11
San Potito
32
San Martino
72
Rotondi
156
Roccabascerana
67
Pratola Serra
71
Prata di P.U.
72
Pietrastornina
11
Petruro Irpino
11
Pannarano
31
Ospedaletto dâ&#x20AC;&#x2122;A.
61
Montemiletto
105
Montefusco
29
Montefredane
58
Montefalcione
34
Manocalzati
72
Grottolella Chianche
57 16
Cervinara
217
Capriglia Irpina Candida Altavilla Irpina
26 15 71 58
La popolazione straniera è costituita da 9.374 abitanti, il 2 % dei residenti della provincia di Avellino, ed è costituita da 3.448 maschi e 5.926 femmine.
< 20 20 - 60 > 60
59
3.4 condizione sociale_forze lavoro
occupati / residenti
Tufo
289
Torrioni
170
Torre le Nocelle Summonte Santa Paolina Santâ&#x20AC;&#x2122;Angelo San Potito
369 481 432 213 482
San Martino
1.122
Rotondi
1.017
Roccabascerana
642
Pratola Serra
989
Prata di P.U. Pietrastornina Petruro Irpino Pannarano Ospedaletto dâ&#x20AC;&#x2122;A.
885 414 92 475 562
Montemiletto Montefusco
1.555 441
Montefredane
749
Montefalcione
976
Manocalzati
939
Grottolella Chianche
570 171
Cervinara
2.763
Capriglia Irpina Candida Altavilla Irpina
691 304 1.049 60
< 200 101 - 500 501 - 1.000 > 1.000
61
3.5 servizi
Il livello di istruzione dalla scuola materna alla scuola secondaria di II livello è quindi garantito grazie ai collegamenti stradali interni e al sistema di trasporto su gomma, fattore fondamentale nella previsione di una strategia di ripopolamento che preveda il trasferimento di giovani coppie con figli nei Comuni analizzati. Più difficile è il discorso relativo ai poli Universitari. L’Università del Sannio risulta essere la più vicina ai Comuni del Partenio e la più facile da raggiungere data la presenza di strade a scorrimento veloce che garantiscono un rapido collegamento. Il Polo Universitario di Fisciano, sebbene più distante, completa l’offerta didattica.
Il territorio del GAL Partenio è caratterizzato da un cospicuo numero di centri per l’istruzione. È emerso tuttavia che, nonostante si rilevi la presenza sul territorio di scuole materne, primarie e secondarie di primo e secondo livello, a causa del pendolarismo che sempre più frequentemente spinge le famiglie ad iscrivere i propri figli in istituiti dei capoluoghi di provincia limitrofi, in particolare ad Avellino, e a causa del forte calo dell’indice di natività, molte strutture hanno cessato la loro attività. Il sistema scolastico oggi, quindi, lavora sinergicamente per comuni adiacenti: più sedi dello stesso istituto risultano dislocate in aree differenti o addirittura un istituto funge da catalizzatore per più paesi.
3.5.1 cultura e tempo libero
20% 18%
18,1
14%
14,7
19,7 17,1
17
17
16%
19,2
18,3
15,1
14,6
17,1 14,4
17,4 14,8
13,3
13,2
12% 10% 2005
2006
2007
2008
visitatori musei e mostre
2009
2010
2011
2012
visitatori siti archeologici e monumenti 62
3.5.2 siti dâ&#x20AC;&#x2122;interesse culturale
Benevento
museo civico della gente senza storia
museo lo Spielberg del Risorgimento meridionale
Caserta
Salerno
museo del lavoro
teatro cinema biblioteca museo scuola polo universitario 63
4
CARATTERISTICHE ECONOMICHE DEL CONTESTO
L
a struttura socio-economica del comprensorio è sorretta essenzialmente dall’agricoltura e da una modesta industria agro-alimentare. L’agricoltura costituisce il settore produttivo dominante e vede una buona concentrazione di aziende per lo più vitivinicole e frutticole. In particolare, alle pendici del Partenio sono diffuse la frutticoltura e le coltivazioni permanenti, tra cui spicca quella di nocciole e castagne che costituisce una delle produzioni più cospicue sul territorio nazionale. In zona collinare, specie nelle aree agricole delle valli fluviali del Sabato e del Calore, prevalgono oliveti, vigneti, frutteti e coltivazioni di mele e cigliegie. Il settore enogastronomico è particolarmente fiorente grazie ad alcune produzioni pregiate riconosciute con marchi di qualità a livello nazionale e l’industria dolciaria artigianale presente nel comune di Ospedaletto d’Alpinolo. La zona del Partenio ha conosciuto un processo di industrializzazione a partire dagli anni Sessanta del Novecento, quando furono creati nuclei industriali nella Valle Caudina e successivamente nelle piane di Pratola Serra, Prata e Montefredane. Ai mestieri tradizionali relativi alle attività agricole e di allevamento del bestiame, si affianca la produzione artigianale, fondamentale per l’economia locale e per lo sviluppo delle tradizioni.
4.1 imprese per sezione di attività nella provincia di Avellino agricoltura, silvicoltura e pesca estrazioni di minerali attività manifatturiere
31 3.604
fornitura di energia elettrica, gas,...
64
fornitura di acqua
55
costruzioni
4.685
commercio
9.871
trasporto e magazzinaggio attività dei servizi di alloggio e ristorazione
718 2.154
servizi di informazione e comunicazione
483
attività finanziarie e assicurative
615
attività immobiliari
513
attività professionali, scientifiche e tecniche
760
noleggio, agenzie di viaggio,...
722
istruzione
144
sanità e assistenza sociale
261
attività artistiche, sportive, di intrattenimento
337
altre attività di servizi imprese non classificate 64
11.417
1.441 59
4.2 superficie e produzione agricola
cereali
legumi
50.139 ha
6.245 ha
piante da tubero
2.100 ha
ortaggi
2.368 ha
coltivazioni industriali
120 ha
frutta
agrumi
vite
11.098 ha
37 ha
6.617 ha
olivo
8.570 ha
erbai
11.320 ha
prati
16.100 ha
pascoli
ortaggi in serra
14.000 ha
21,85 ha 65
4.3 attivitĂ economiche e produttive nel settore enogastronomico
Altavilla Irpina
2x
3x
7x
1x
Candida
3x
1x
1x
2x
Capriglia Irpina
7x
10 x
Cervinara
2x
8x
Chianche
1x
51 x
Grottolella
3x
7x
Manocalzati
3x
2x
2x
4x
Montefalcione
4x
3x
1x
2x
2x
Montefredane
3x
5x
1x
4x
2x
Montefusco
3x
2x
1x
5x
Montemiletto
1x
1x
1x
Ospedaletto dâ&#x20AC;&#x2122;A.
4x
1x
12 x
Pannarano
2x
6x
Petruro Irpino
15 x
1x
Pietrastornina
1x
1x
5x
Prata di P.U.
4x
4x
1x
Pratola Serra
3x
3x
1x
1x
Roccabascerana
2x
4x
San Martino
1x
2x
2x
1x
San Potito
6x
2x
2x
Santâ&#x20AC;&#x2122;Angelo
2x
1x
1x
Santa Paolina
5x
3x
Summonte
2x
1x
2x
Torre le Nocelle
2x
1x
2x
Torrioni
5x
1x
Tufo
5x
2x
1x
8x
1x
Rotondi
3x
66
1x
3x
5x
cantine frantoi produzione uva produzione miele produzione nocciole aziende zootecniche aziende dolciarie artigianato fattorie didattiche
67
4.4 turismo
ll turismo rurale è in una fase di profonda evoluzione: i cambiamenti antropologico-culturali della società moderna e i processi di globalizzazione in atto hanno determinato una modifica nelle abitudini di consumo degli individui e hanno generato un nuovo modo di concepire la vacanza, non solo svago e relax, ma esperienza di vita e di arricchimento personale sotto il profilo sociale, culturale e ambientale. Di qui una evoluzione della domanda sempre più selettiva, alla ricerca di un rapporto diretto con i luoghi visitati, con il territorio e la sua memoria storica, la sua cultura e il suo ambiente. In questa logica risulta evidente l’assenza di un adeguato sistema ricettivo per alcune aree della zona. La zona centrale del Partenio, che comprende lungo l’asse verticale i Comuni da Chianche a Montefredane e lungo l’asse orizzontale quelli da Altavilla a Pratola Serra, è completamente sfornita di strutture d’accoglienza. Risulta chiaro che, in particolare per alcuni Comuni, ci sia maggiore spazio per un turismo “mordi e fuggi”, della durata di massimo una giornata, che la possibilità di coinvolgere l’ospite e trattenerlo in zona per più periodi. Disseminate nel territorio, infatti, le strutture ricettive non riescono a coprire tutte le aree analizzate. La presenza di cantine vinicole aperte al pubblico, di bellezze naturali e di architettura rurale richiederebbe un incremento delle suddette strutture al fine di generare un circuito in grado di movimentare flussi turistici meno settoriali e più consistenti.
L’
offerta ricettiva alberghiera del territorio nella zona del Partenio non risulta essere particolarmente rilevante rispetto al territorio limitrofo. Dei 27 Comuni afferenti al GAL Partenio solo 8 risultano essere dotati di strutture ricettive pronte ad accogliere flussi di turisti, mentre gli altri, con percentuali differenti, prevedono la possibilità di pernottamento in strutture extralberghiere. Ospedaletto d’Alpinolo risulta essere il Comune con il maggior numero di alberghi, seguito da Rotondi che detiene il primato per numero di strutture presenti sul territorio data la forte vicinanza a Montevergine e al noto Santuario. Con Summonte, Ospedaletto d’Alpinolo funge da in-coming per il milione di visitatori che ogni anno raggiungono le pendici del Partenio per visitare una delle mete religiose italiane di maggior rilievo. La ricettività extralberghiera è in espansione. Strutture agrituristiche, bed and breakfast e country houses si presentano come un punto di forza all’interno del territorio, poiché pronti alla diffusione della cultura e dei prodotti tipici locali e alla promozione del territorio rurale. 68
69
4.4.1 attività ricettive
Altavilla Irpina
1x
Candida
3x
Capriglia Irpina
2x
1x
Cervinara
1x
5x
Chianche
1x
Grottolella
3x
Manocalzati
1x
2x
Montefalcione
1x
3x
Montefredane
2x
Montefusco
1x
2x
Montemiletto
1x
2x
1x
Ospedaletto d’A.
6x
1x
8x
Pannarano
1x
2x
Pietrastornina
1x
4x
1x
Prata di P.U.
2x
Pratola Serra
2x
Roccabascerana
1x
1x
5x
Rotondi
5x
1x
San Martino
3x
4x
San Potito
1x
3x
Sant’Angelo
1x
Santa Paolina
1x
Summonte
4x
1x
5x
Torre le Nocelle
2x
1x
3x
2x
2x
4x
4x
Petruro Irpino 2x
Torrioni Tufo
2x 70
alberghi agriturismi e country house b&b e affittacamere ristoranti
71
4.5 benessere
20.000 €
18.469 €
18.000 € 16.000 €
15.779 €
18.703 €
18.807 €
18.985 €
16.184 €
reddito IRPEF
14.000 € 12.000 € 10.000 € 2005
2006
2007
2008
2009
2010
4.5.1 consumi medi famiglie
alimenti e bevande
557,67
abbigliamento e calzature
110,78
abitazione
448,75
energia e combustibili
93,14
sanità
54,97
trasporti comunicazione
40,00
istruzione
12,24
tempo libero e cultura
63,67
altri beni e servizi
72
223,32
172,26
5
MONTEFUSCO
5.1 Storia
L
a storia, in Irpinia, ha origine con l’avvento nella regione della tribù sannitica, da cui prende nome, che si realizzò nel IV secolo a.C. Benché non si possa escludere la presenza di un centro abitato sul sito dell’odierna Montefusco, in epoca sanitica e romana, non vi sono sufficienti resti archeologici o testimonianze antiche a conferma delle ipotesi che identificano Montefusco col sito della sannitica Fulsulae, centro menzionato da Tito Livio in “Ab Urbe Condita” per esser stato distrutto dai Romani durante la seconda guerra punica. Si può pensare che la vera storia di Montefusco abbia avuto inizio con il tracollo delle altre civiltà della regione irpina, quando i Longobardi, nel pieno della loro barbarie, rifuggivano dalle civiltà preseesistenti e preferivano luoghi isolati ma in posizione dominante rispetto ai centri abitati sottomessi. Il toponimo Mons Fusculi, “Monte di Foscolo” potrebbe derivare da un personaggio tardoromano o longobardo che avrebbe scelto il sito di Montefusco come centro dei propri possessi fondiari. E’ probabile che dall’849 al 1114 Montefusco abbia svolto un ruolo di rilievo nella guerra che oppose i Longobardi di Salerno a quelli di Benevento. In quest’epoca i principi longobardi di Benevento portarono avanti la fortificazione dei centri ubicati lungo le valli del Calore e del Sabato e il potenziamento delle difese in tutti i centri collocati sulla montagna di Montufusco, che già da sola costituiva una barriera contro i nemici salernitani.
di varie baronie dipendenti dal conte di Ariano, compresa quella di Montefusco. Nelle fonti che citano Montefusco a partire dall’inizio del secolo XII, non si fa mai riferimento ad una civitas, bensì ad un “castellum” o “ ingens castrum”. Sotto il profilo urbanistico è probabile che il castello longobardo, di dimensioni esigue, fosse collocato nei pressi della chiesa di Santa maria della Piazza, la più antica del comune. La Montefusco longobarda sarebbe dunque stata racchiusa tra il Seggio e l’inizio di via De Luca, mentre di lì a Piazza San Nicola de Franchis sarebbe nata più tardi la Montefusco Normanna, caratterizzata dalla presenza di un grande castello, da un reticolato di case nella parte iniziale di via De Luca e da una consistente guarnigione di cavalieri. Nel 1130, Con la cessione di Montefusco e Paduli al duca Ruggiero, futuro re di Sicilia, Montefusco uscì definitivamente dall’orbita arianese e beneventana e divenne, grazie alla sua posizione nevralgica sotto il profilo strategico-militare, castello regio con guarnigione permanente. Il re, resosi conto della valenza strategica del posto dal quale si poteva controllare tutta la valle beneventana, convocò tutti i piccoli feudatari della montagna di Montefusco e li spinse a costruirsi le case intorno al castello ed abitarvi permanentemente, in modo da essere facilmente radunabili per le emergenze. Nel 1142 Ruggiero II dichiarò Montefusco “civitas regia”, titolo che conferiva uno “status” speciale alla città, per cui questa apparteneva direttamente al re che l’amministrava per mezzo dei suoi rappresentanti. La controparte era il controllo più stretto da parte del re e dei suoi rappresentanti su qualsiasi forma di autonomia cittadina, che rendeva impensabile la nascita di qualsiasi forma di istituzione comunale. Tuttavia, Montefusco restò sempre fedelissima nel corso dei secoli al sovrano regnante, poiché
Nell’XI secolo avvenne il passaggio di Benevento sotto il dominio dei pontefici, mentre diverse contee irpine da longobarde divennero normanne. A Montefusco i Normanni non avevano fatto strage dei Longobardi ma, con progressiva e abile manovra di avvicinamento, erano divenuti padroni della contea di Ariano e 76
esclusione della città di Benevento, da oltre due secoli sotto il dominio papale. Diversi documenti dell’epoca testimoniano come la fortezza di Montefusco e le sorti dei cittadini stessero a cuore a Federico II. A cavallo tra il 1239 e il 1240 il re ordinò grandi lavori di restauro e ampliamento del Castello e fece scavare, nella roccia sottostante la piazza, una cisterna per la raccolta dell’acqua che fino alla costruzione dell’acquedotto rappresentò la principale fonte di approvigionamento idrico. Alla morte del sovrano, nel 1250, Montefusco passò per un breve periodo sotto l’influenza del papa Innocenzo IV, per tornare già nel 1256 sotto gli Svevi. Con la caduta di Manfredi in seguito alla battaglia di Benevento, nel 1266, gli Angioini presero il controllo del Regno di Sicilia.
buona percentuale della popolazione era costituita dai soldati della guarnigione, da burocrati e uomini di legge. di varie baronie dipendenti dal conte di Ariano, compresa quella di Montefusco. Dopo la morte di Ruggiero II, nel 1154, per oltre mezzo secolo si susseguirono una serie di episodi che portarono Montefusco sotto un maggior controllo dello Stato Pontificio. Le sorti della cittadina cambiarono con la salita al trono di Federico II, che nel 1220 ricevette le insigne imperiali e riprese il controllo del territorio respingendo l’esercito pontificio oltre i confini del regno di Sicilia. Un importante cambiamento amministrativo, introdotto in epoca sveva, fu la divisione del regno di Sicilia in province rette da giustizieri, dette anche giustizierati, che ottennero una struttura stabile e ordinata, benché il regime feudale ne limitasse notevolmente l’autonomia. Una delle province federiciane era il “Principatus et Terra beneventana”, che abbracciava le odierne province di Salerno, Avellino e Benevento, con
Durante la “Guerra del Vespro” Carlo I d’Angiò, per evitare che la guerra coinvolgesse anche la “Terra Beneventana”, decise di dividere in due l’antica provincia del Principato così da poter circoscrivere le azioni belliche all’area salernitana. Nel 1284 fu così decretata la nascita
77
del Principato Ultra, corrispondente alla regione irpina, e del Principato Citra, corrispondente a quella salernitana. Al Principato Ultra, istituito in un contesto bellico senza una forza di coesione derivata dalla storia recente locale, mancava un centro urbano di grandi dimensioni che facesse da coagulo e da polo di attrazione: Avellino non aveva ancora una consistenza urbana di rilievo, e, così come Ariano sul lato opposto, si trovava in posizione decentrata rispetto al territorio della nuova provincia. In età svevo-angioina, il giustiziere, rappresentante del sovrano nella provincia, era in continuo movimento per il territorio provinciale con il suo tribunale e la sua truppa, per cui risulta difficile, in mancanza di una documentazione coeva, stabilire se fosse stato scelto un capoluogo di provincia fisso. Tuttavia, diversi storici locali concordano nell’ipotesi che fosse Montefusco la capitale prescelta, fin dal 1284, per alcune fodamentali ragioni: la centralità rispetto al territorio del Principato Ultra, la posizione strategica della montagna di Montefusco sulla via dei traffici fra Adriatico e Tirreno, la vicinanza a Benevento.
Montefuscolani, che già all’epoca esportavano noci, nocciole, castagne, mele, pere e vino, prodotti della terra che ancora oggi vantano una forte produzione a Montefusco e nelle vicine località. L’artigianato era fiorente e qualificato, in particolare nei campi della lavorazione del ferro, dell’oro e della terracotta. Le tre fiere, di S. Bernardino, S. Donato e S. Egidio, importanti per le derrate agricole, la compravendita di animali domestici e lo smercio dei prodotti dell’artigianato, costituivano un’importante occasione di crescita economica per la cittadinanza. Altri fattori che contribuivano al benessere economico e sociale della Montefusco di fine XV secolo erano il contenuto prelievo fiscale e la libertà dal giogo feudale di cui la città, soggetta al demanio regio, godeva da circa due secoli. E’ quasi certo che la Regia Udienza, nata come istituzione itinerante, si fissò stabilmente a Montefusco in età aragonese, ma con incertezze e oscillazioni che si protrassero fino alla seconda metà del XVI secolo. A determinare la scelta della sede furono ragioni di tipo politico: era consuetudine che le Udienze non risiedessero in terre soggette a giurisdizione feudale, così l’ infeudazione di Avellino ai Caracciolo, nel 1581, risolse la contesa del titolo di capoluogo di provincia a favore di Montefusco. Il Tribunale legato alla Regia udienza fu sistemato nei locali superiori dell’antico Castello, dove si trovava anche l’appartamento privato del Preside, mentre nei sotterranei fu collocato il carcere giudiziario.
La marginalità della cittadina in epoca angioina subì un cambiamento di rotta nel XV secolo. Nel 1437, nello scontro tra angioini e aragonesi, pretendenti alla successione al trono di Giovanna II, Montefusco si schierò al fianco di Alfonso V d’Aragona. Questi, nel 1440, prima di esser riconosciuto ufficialmente come re, volle ricompensare la fedeltà dimostratagli, concedendo a Montefusco e i suoi casali una notevole riduzione delle tasse ordinarie e straordinarie. Risalgono agli anni 1460-1461 alcuni provvedimenti regi a vantaggio di Montefuscolo, tra cui la fondamentale “franchigia dei passi”, cioè l’esenzione, per i cittadini di Montefusco, da qualsiasi pedaggio per le merci e per gli animali sia nei riguardi degli esattori regi, sia di quelli baronali. Sotto la dinastia aragonese, Montefusco attraversò il periodo più fiorente della propria storia, sia grazie al favore dei sovrani aragonesi, a cui i Montefuscolani si erano dimostrati sempre fedeli, che a fattori di natura economica e sociale. I commerci prosperavano grazie all’intraprendenza dei commercianti
Tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, il regno di Napoli divenne viceregno, unito alla corona spagnola: Montefusco e i suoi casali persero la protezione degli Aragonesi. Nel 1497 Federico I d’Aragona concesse la città in feudo a Giovanni Borgia d’Aragona, duca di Gandia e principe di Teano, determinando per Montefusco l’inizio del regime feudale. Il cambiamento delle esigenze strategiche apportate dalla nascita dell’artiglieria e il mutamento delle tecniche d’assedio, inoltre, comportava una notevole perdita d’importanza per le città che,come Montefusco, avevano prosperato grazie all’imprendibilità della propria posizione. 78
della Repubblica Partenopea e col ritorno dei Borbone a Napoli. La successiva ascesa di Napoleone Bonaparte al trono di Francia, la sua vittoria ad Austerliz e i suoi interessi in Italia arrecarono sconvolgimenti anche nel Regno di Napoli, per cui Ferdinando IV, nel 1806, si rifugiò a Palermo e Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, divenne re di Napoli.
A metà del XVII secolo il Principato d’Ultra, come il Regno di Napoli, fu coinvolto nel moti Masanielliani, che furono in breve tempo contenuti dagli Spagnoli e i Baroni, e poco dopo colpito da un gravissimo contagio di peste che provocò migliaia di vittime. Nel 1688, inoltre, un forte terremoto con epicentro a Benevento, portò morte e distruzione nella provincia. A partire dal 1684 Montefusco divenne soggetta alla signoria del Pio Monte della Misericordia di Napoli, un’istituzione benefica. A causa dell’antica disposizione vicereale, riconfermata dai sovrani borbonici, secondo cui una capitale di provincia non poteva esser soggetta al giogo feudale, Montefusco si ritrovò nuovamente a lottare per conservare la sua posizione di capoluogo, stavolta contro Ariano, città regia libera dal dominio feudale. Il successo, determinato nuovamente dalla centralità di Montefusco nel territorio provinciale e dalla storica fedeltà della cittadina alla casa regnante, si concretizzò nel 1795 con un Dispaccio del Ministero degli Affari Ecclesiastici, che disponeva che il feudo e la Baronia di Montefusco passassero al patrimonio regio. Il Settecento si concluse con la breve stagione
L’8 agosto del 1806 Giuseppe Bonaparte divise il regno di Napoli in 13 province con capoluoghi: Aquila, Avellino, Bari, Chieti, Cosenza, Catanzaro, Foggia, Lecce, Napoli, Potenza, Salerno, S.Maria Capua Vetere e Teramo. Montefusco era dunque stata privata del ruolo di capitale a favore di Avellino. Le cause vanno ricercate da un lato nelle difficoltà climatiche e nell’inaccessibilità, dall’altro nell’insistenza dell’intendente Giacomo Mazas che, insofferente alle disfunzioni riscontrate presso il tribunale di Montefusco, si battè per il trasferimento dell’Intendenza da Montefusco ad Avellino. Alla nuova provincia restò il nome di Principato Ultra ma fu divisa in tre distretti affidati a tre sottintendenti che risiedevano ad Avellino, Ariano e Montefusco. 79
La particolare durezza del carcere gli valse l’appellativo di “Spielberg dell’Irpinia”, perché rappresentò per i patrioti del Regno di Napoli quello che fu la prigione austriaca, immortalata da Silvio Pellico, per i patrioti del Lombardo Veneto. Dopo la proclamazione del Regno d'Italia, il carcere venne utilizzato come succursale di quello di Avellino finché il 1 aprile 1877 esso fu soppresso e nell'edificio (ma solo nella corsia superiore) fu sistemato il carcere mandamentale in dipendenza della locale Pretura. Nel 1923, con il trasferimento della Pretura a S. Giorgio del Sannio, che si appropriò della sede circondariale di Montefusco, il carcere fu chiuso definitivamente e la cittadina passò sotto la giurisdizione del tribunale di Benevento.
Le modifiche burocratico-amministrative, realizzate durante il cosiddetto “decenno francese”, poi confermate nel 1816 dalla restaurazione borbonica, avvantagiarono Avellino, città in crescita, dando il colpo di grazia ad una già decadente Montefusco. La soppressione della Regia Udienza ebbe gravi ripercussioni anche sul piano strettamente socio-economico. Funzionari regi, gendarmi e quanti vivevano di professione forense lasciarono la città, comportando la rilevante perdita di entrate a danno dei commercianti, degli artigiani e di viveva sui guadagni provenienti dalle spese di coloro che godevano di uno stipendio fisso. La notorietà della città restò legata, nell’ultimo decennio del regno borbonico, all’unica istituzione che continuava a funzionare “bene” e che la rese tristemente famosa: il carcere ubicato nei sotterranei del castello. Nel 1851, con un Decreto Reale, Ferdinando II istituì a Motefusco un bagno penale di prima classe destinato esclusivamente ai “rei di Stato”, inaugurato da un gruppo di cinquanta prigionieri politici, protagonisti dei moti del 1848.
80
XI-XII Normanni
XV-XVI Aragonesi XIII Svevi
VII-XI Longobardi
1806 - 1815 decennio francese
XIII-XV Angioini
1142
1815 Restaurazione borbonica
XVI-XVII Vicereame
1851
1581
Montefusco civitas regia
1861 Regno dâ&#x20AC;&#x2122;italia
XVIII Borboni
1923
Decreto reale: istituzione di un bagno penale di prima classe destinato ai rei di statto
Montefusco capitale del P.U. e sede fissa della Regia Udienza
1806
1284
trasferimento della capitale da Montefusco ad Avellino
nascita del Principato Ultra
81
chiusura del carcere
1877
carcere mandamentale
1928
ex carcere borbonico monumento nazionale
5.2 Caratteristiche ambientali
I
l paese è posto in posizione baricentrica tra la provincia di Avellino e quella di Benevento. Sorge su di un complesso montuoso di non eccessiva altezza, detto "Montagna di Montefusco", perché le vette più alte si trovano tutte nel territorio comunale del comune: Monte Gloria, Monte San Felice e, appunto, Montefusco stesso. Al gruppo montuoso - che si innalza tra la Valle del Calore e quella del Sabato e si distacca nettamente dalle ultime propaggini del Partenio per mezzo della rocciosa gola dello Stretto di Barba (per un lato in comune di Chianche e per l'altro invece di Ceppaloni) - appartengono i territori comunali di: Montefusco, San Nazzaro, San Giorgio del Sannio, Calvi, San Martino Sannita, San Nicola Manfredi, Sant'Angelo a Cupolo, Santa Paolina, Torrioni, Petruro Irpino, Tufo e Chianche. Alla Montagna appartengono anche il paesino di Sant'Angelo a Cancello, oggi in comune di Pietradefusi ma geograficamente unito a Montefusco, e tutto il Monte delle Guardie in comune di Benevento, estrema propaggine su cui ormai è sorto un quartiere del capoluogo sannita (Pacevecchia). Ad unire tutti questi centri non solo la contiguità morfologica ma anche le natura del territorio, caratterizzato da boschi fitti di castagni (più in alto) e querce, detti 'E Surti, cioè le selve nel dialetto locale. Oggi la continuità dei boschi è spesso interrotta pur restando vastissimi spazi verdi soprattutto nell'area da Montefusco a Monterocchetta. 82
costruito
aree verdi
percorsi
83
5.2.1 Siti dâ&#x20AC;&#x2122;interesse storico e architettonico
9
10
4
18
7
17 5
8 2
1
12 15
13
11
14 16 3 6
beni architettonici e monumentali castello longobardo ex carcere Borbonico oratorio di San Giacomo porta di San Bartolomeo
1 2 3 4
chiese, santuari, monasteri chiesa di San Giovanni del Vaglio 5 chiesa di San Francesco 6 chiesa di San Bartolomeo 7 chiesa di Santa Caterina da Siena 8 chiesa del Carmine 9 chiesa di San Sebastiano 10
palazzi e case storiche palazzo corte baronale 11 palazzo Giordano 12 palazzo ex dogana 13 palazzo aggiuntorio 14 palazzo Ruggiero 15 palazzo Regina 16 palazzo Cutillo 17 ospizio dei Pellegrini 18
85
5.2.2 AccessibilitĂ
Benevento
16 km
Caserta 61 km
21 k m
Montefusco
74 k
m
53 km
Avellino
Napoli
Salerno
86
principali punti dâ&#x20AC;&#x2122;accesso largo Seggio 1 largo S. Giovanni 2 porta di S. Bartolomeo 3
3
2
1
1
5.3 Caratteristiche sociali evoluzione demografica
1951
2.284
2011
1.393
2.500
2.000
1.500
1.000
500
1861
1871
1881
1901
1911
1921
1931
1951
1961
1971
1981
1991
2001 2011
43,8 anni
età media POPOLAZIONE RESIDENTE PER CLASSE D’ETA’ 0 - 24 25 - 44 45 - 64 65+
88
stranieri / residenti
36
1.432
forze lavoro
popolazione occupata popolazione non occupata
20.000 € 18.000 €
19.468 € 16.919 €
19.633 €
20.150 €
20.631 €
17.467 €
reddito IRPEF
16.000 € 14.000 € 12.000 € 2005
2006
2007
2008
89
2009
2010
5.4 Caratteristiche economiche
produzione uva risorse ambientali produzione miele
costruito
risorse non ambientali
artigianato
cantine
90
754
patrimonio edilizio NUMERO ABITAZIONI
€ mercato immobiliare tipologie
V.M.U.
V.L.U.
abitazioni
650 - 770
2,5 - 3
box
385 - 530
1,5 - 2,2
ville e villini
680 - 810
2,7 - 3,2
magazzini
490 - 570
1,8 - 2,3
negozi
760 - 880
2,8 - 3,5
uffici
670 - 790
2,5 - 3,1
laboratori
550 - 640
2,1 - 2,6
DESTINAZIONE RESIDENZIALE
DESTINAZIONE COMMERCIALE
DESTINAZIONE TERZIARIA
DESTINAZIONE PRODUTTIVA
91
5.5 Rilievo fotografico
8
7 6 5
4
3
2 1
1
2
3
4
5
6
7
8
5.6 Rilievo architettonico
PARTE 2
STRATEGIA
6 L’ITALIA DEI BORGHI DISMESSI
Piccoli borghi medioevali arroccati in cima a rupi e colline, circondati da imponenti mura difensive, con botteghe, chiese e palazzi incastrati in una rete di strette viuzze, rappresentano una componente distintiva di inestimabile valore del panorama paesaggistico, architettonico e culturale italiano . Secondo l’ultimo censimento generale della popolazione ISTAT (ottobre 2011), sono 5.698, circa il 70% dei comuni italiani, i piccoli centri aventi una popolazione inferiore a 5.000 abitanti. I cosiddetti “paesi fantasma” sono soggetti a un progressivo declino dovuto all’ abbandono da parte della popolazione residente, attratta dalle possibilità offerte dalle grandi realtà urbane. Il fenomeno, diffuso a partire dal Secondo Dopoguerra sull‘intera penisola italiana, interessa oggi in particolar modo il Centro-Sud e le zone Appenniniche. Questi centri storici minori, quando non abbandonati completamente, sono rimasti abitati da una popolazione per lo più anziana e inattiva, o in alcuni casi hanno visto la migrazione degli abitanti verso un nuovo centro fondato nelle vicinanze. Gli interventi di recupero e valorizzazione eseguiti su alcuni borghi, purtroppo finora casi sporadici, possono essere distinti in azioni “site-specific” sul singolo borgo e azioni diffuse mirate alla creazione di reti di relazioni, messe in atto da parte di enti come l’Associazione Borghi più belli d’Italia, UNPLI con il progetto Aperto per ferie e il Gruppo Touring Club italiano con l’iniziativa Bandiere Arancioni. Ciò che accomuna questi interventi è l’ individuazione di un tema dominante per le azioni di riattivazione del borgo, coerente con la vocazione del contesto: incremento del turismo locale (turistico), produzione di prodotti tipici (produttivo), sostegno della comunità attraverso reti solidali (sociale), promozione di attività culturali e artistiche (culturale) o la valorizzazione del borgo specifico (spermentale).
59.5 milioni di abitanti 8.092 comuni 10.3 milioni di abitanti residenti in 5.698 piccoli comuni (≤5000 ab. ) “PAESI FANTASMA”
99
6.1 Enti, programmi e associazioni APERTO PER FERIE - UNPLI UNPLI sta per Unione Nazionale Pro Loco d'Italia, una delle maggiori realtà associative del Paese in tema di promozione e tutela dei luoghi, degli eventi, delle tradizioni. L'idea alla base del progetto “Aperto per ferie”, avviato nel 2004 e oggi concluso, è la rivitalizzazione del tessuto economico e sociale dei piccoli borghi che si trovano a fronteggiare gravi situazioni di “disagio insediativo”. Il progetto si propone di favorire la fruibilità da parte di un pubblico più vasto del patrimonio spesso unico (ed altrettanto spesso dimenticato) detenuto da molte delle località a rischio spopolamento in termini paesaggistici, architettonici, storici, enogastronomici, umani.
Obiettivi Valorizzazione delle risorse locali Promozione del turismo Rafforzamento dell’identità locale Strumenti e iniziative Guida turistica “Il turismo dei sogni” Collaborazione con altri enti : - ANCI - Borghi più belli d’Italia)
AZIONE MATESE Azione Matese è un programma che si articola in tre interventi principali: Urban Node, Villaggio dell’Arte e il Centro di Didattica Ambientale. I comuni di Capriati a Volturno, Fontegreca, Gallo Matese, Lentino e Prata Sannita, attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa si sono impegnati all’attuazione del programma e alla costituzione di una rete di intercambio e collaborazione reciproca. Il progetto è seguito da “Paesesaggio workgroup”, collettivo di professionisti operanti nel campo dell’architettura sostenibile, dell’urbanistica integrata, del paesaggio e della comunicazione. L’interesse è diretto allo sviluppo di una cultura urbana alternativa che prenda avvio dalla specificità delle situazioni locali.
Obiettivi Realizzazione di azioni integrate al territorio Portare l’arte in un contesto rurale Promozione di un turismo ecosostenibile Strumenti e iniziative Villaggio dell’Arte: laboratori partecipati - artisti italiani e internazionali collaborano con gli abitanti del luogo nella realizzazione di opere e installazioni esposte a “cielo aperto”
BANDIERE ARANCIONI - TOURING CLUB La Bandiera arancione è il marchio di qualità turistico ambientale del Touring Club Italiano rivolto alle piccole località dell'entroterra che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità. L’ottenimento del marchio avviene in base a diversi criteri tra i quali: la valorizzazione del patrimonio culturale, la tutela dell'ambiente, la cultura dell'ospitalità, l'accesso e la fruibilità delle risorse, la qualità della ricettività, della ristorazione e dei prodotti tipici. Il marchio è temporaneo e subordinato al mantenimento dei requisiti nel tempo: la verifica avviene ogni tre anni con una tempistica fissata da TCI a livello nazionale, valida per tutti i Comuni. 100
Obiettivi Valorizzazione delle risorse locali Sviluppo della cultura e dell’accoglienza Impulso all’imprenditorialità locale Strumenti e iniziative Network e Associazione Bandiere arancioni Borghi accoglienti: Guida gratuita e App Giornata Bandiere arancioni
Montefusco
Prata Sannita
Mondavio
101
BORGHI AUTENTICI D’ITALIA L’Associazione opera a favore dei propri soci, piccoli comuni, enti ed organismi collettivi territoriali italiani, per promuovere la crescita e la valorizzazione delle risorse e delle comunità locali, allo scopo di migliorarne la qualità di vita e favorire processi di sviluppo locale capaci di supportare l’attrattività dei borghi. Con il Fondo Genius Loci l’Associazione sostiene interventi e progetti sperimentali, per salvaguardare e valorizzare le risorse ambientali e il patrimonio storico e architettonico locale promuovere l’identità culturale e la coesione sociale, preservare e attualizzare le tradizioni produttive locali.
Obiettivi “fare qualità nel tempo” creare una Comunità Ospitale contribuire allo sviluppo socio-economico del territorio Strumenti e iniziative Attivazione di molteplici progetti e concorsi Portale turistico www.comuniospitali.it Festa nazionale dei Borghi Autentici
BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA Il Club de I Borghi più Belli d’Italia nasce nel marzo del 2001, su impulso della Consulta del Turismo dell´ Associazione dei Comuni Italiani (ANCI)., con l’esigenza di valorizzare il grande patrimonio storico, artistico e culturale presente nei piccoli centri italiani emarginati, per la grande parte, dai flussi dei visitatori e dei turisti. Per essere ammessi occorre corrispondere ad una serie di requisiti di carattere strutturale, come l´armonia architettonica del tessuto urbano e la qualità del patrimonio edilizio pubblico e privato, e di carattere generale che attengono alla vivibilità del borgo in termini di attività e di servizi al cittadino.
Obiettivi proteggere, promuovere e sviluppare i comuni riconosciuti come Borghi più belli d’Italia riunire e collegare i suddetti in un circuito turistico di qualità diffondere la conoscenza delle bellezze della provincia italiana Strumenti e iniziative Statuto e Carta di qualità Guida turistica “I Borghi più belli d’Italia”
RETE ITALIANA ECOVILLAGGI La Rete italiana villaggi ecologici, associazione nata nel dicembre 1996, è costituita da comunità, ecovillaggi, progetti di comunità e singole persone interessate a fare conoscere e sostenere le esperienze comunitarie ritenute fertili laboratori di sperimentazione sociale ed economica, dove è possibile da subito vivere l’utopia, per quanto in scala ridotta, di una società basata sulla solidarietà, la cooperazione e l’ecologia. Alla RIVE appartengono esperienze differenti tra loro ma tutte comunque ispirate a un modello di vita sostenibile dal punto di vista ecologico, spirituale, socioculturale ed economico. 102
Obiettivi sostenere esperienze di vita comunitaria ecosostenibili e i progetti che se ne occupano promuovere forme di lavoro partecipato, creativo e non alienato tutelare la biodiversità e i beni comuni primari Strumenti e iniziative Adesione al GEN - Global Ecovillage Network
Aliano
Castelmezzano e Pietrapertosa
Borgo di Pescomaggiore
103
6.2 I borghi ri-attivati 26. Mandonico 1. Airole
27. Mondavio
2. Aliano
28. Olivadi
3. Bajardo
29. Paraloup
4. Borgo della conoscenza
30. Pescomaggiore
5. Bussana Vecchia
31. Pischiello
6. Calabritto
32. Pisticci
7. Calcata
33. Postignano
8. Calitri
34. Praglasso
9. Castelbasso
35. Prata Sannita
10. CasteldiLago
36. Provvidenti, b. della musica
11. Castelfalfi
37. Riace
12. Castelmezzano - Pietrapertosa
38. San Vitale
13. Castelnuovo dei Sabbioni
39. Sauris
14. Castelvetere sul Calore
40. Senarega
15. Caulonia
41. Sieti
16. Cianciana
42. Soandri
17. Codeglia
43. Solomeo
18. Colletta di Castelbianco
44. St. Stefano di Sessanio
19. Comeglians
45. Stignano
20. Consonno
46. Taurasi
21. Corricelli
47. Terravecchia
22. Grotte della Civita, MT
48. Tonda
23. Labro
49. Torri Superiore
24. Laino Castello
50. Uri
25. Lanciano
51. Vagli 104
settore turistico produttivo sociale 39
19
culturale 42
sperimentale
26 20
attori privato
38
pubblico
34 29 1 5 49
3
18
bottom up
40
programmi 17
51
bandiere arancioni
21
27
11 48 13 4
31 43 33 10 7
23
borghi piĂš belli dâ&#x20AC;&#x2122;Italia
25
borghi autentici dâ&#x20AC;&#x2122;Italia rete italiana ecovillaggi 9 30
44
35 50
36
46 14 8 41 6
22
12
2 32 24
47 28
15
16
105
37 45
6.2.1 Azione Matese INTERVENTO
TURISTICO
Il concept di progetto, ideato nel 2005 dal collettivo austriaco FELD72 in occasione dell’iniziativa di Azione Matese “Villaggio dell’Arte”, nasce dalla volontà di collegare Prata superiore e il borgo medioevale di Prata inferiore, e ri-attivare questi luoghi con una nuova funzione. “Prata Sannita viene visto come un grande albergo che ha ancora delle stanze d´affitare: gli spazi abbandonati che si transformano quindi in stanze che non solo hanno una storia, ma anche un potenziale uso: il soggiorno. Cosí attraverso l´idea del hotel tutti gli spazi abbandonati vengono interconnessi tra di loro, e Prata Sannita verrá percepita come un unico campo d´azione fatto d´ambienti e percorsi.” Il Million Donkey Hotel è stato realizzato con un budget di soli 10.000 euro, grazie al contributo di 40 volontari che hanno lavorato in situ per circa 4.300 ore, riportando in vita architetture abbandonate del borgo medievale per farne le prime tre “camere d’albergo”, utilizzabili dai Pratesi come estensione dello spazio pubblico “fuori stagione”. L’albergo viene gestito dall’associazione dei volontari che hanno costruito il progetto. Il caso del Million Donkey Hotel dimostra che un intervento situazionista può rivitalizzare un intero paese.
ATTORI
RISULTATI
Azione Matese
Million Donkey Hotel
FELD72 (architetti)
Rivitalizzazione del borgo
Abitanti
Incremento dell’affluenza turistica
PRATA SANNITA Regione: Campania Superficie: 21,21 km2 Altitudine: 333 m.s.l.m. Abitanti: 1.571 Densità: 74 ab./km2
Partecipazione attiva degli abitanti
6.2.2 Sextantio Albergo Diffuso INTERVENTO
TURISTICO
L’intervento nasce su iniziativa del giovane imprenditore svedese Daniele Kihlgren, che ha acquistato la maggior parte degli edifici abbandonati di St. Stefano di Sessanio per realizzare il primo albergo diffuso. Si tratta di un albergo orizzontale situato in un centro storico, composto da una struttura centrale, la reception, che funge da centro accoglienza e punto d’incontro, e da una serie di unità abitative, le camere, dislocate in edifici diversi nel centro, non lontani tra loro. La filosofia dell’intervento, appoggiata dall’amministrazione comunale e dall’Ente Parco di Treja, punta all’annullamento della costruzione di nuove cubature, favorendo il recupero dell’esistente tramite tecniche costruttive sostenibili e con materiale locale, arrivando nel caso degli interni a collocare arredi d’epoca, secondo un rifacimento in stile. Grazie al successo dell’operazione Kihlgren, che nel 1999 ha fondato la società Sextantio Srl per supportare e promuovere questi progetti, ha ottenuto dal Comune di Matera 20 concessioni trentennali per altrettanti sassi e ha inaugurato sul costone della Civita il secondo albergo diffuso. Grazie a questo tipo di attività è possibile rilanciare la vita e l’economia dei piccoli borghi della penisola, ricchi di storia e cultura.
ATTORI
RISULTATI
Daniele E. Kihlgren
Recupero e valorizzazione del patrimonio architettonico
Sextantio srl
Sviluppo del turismo
Proprietari case
Rinascita dell’artigianato e crescita della produzione agricola
Comune
Incremento del valore immobiliare
ST STEFANO DI SESSANIO Regione: Abruzzo Superficie: 33,14 km2 Altitudine: 1.251 m.s.l.m. Abitanti: 111 Densità: 3,53 ab./km2
6.2.3 Il Borgo produttivo INTERVENTO
SOLOMEO Regione: Umbria Superficie: Altitudine: 273m.s.l.m. Abitanti: 649 Densità: -
Solomeo è un borgo medioevale in provincia di Perugia restaurato dall’imprenditore del cachemere Brunello Cucinelli, che nel 1985 ne ha fatto la sede della sua attività tessile. L’azienda non è solo luogo di lavoro ma diviene centro di una comunità con annessi servizi e abitazioni. L’impresa umanistica di Cucinelli supera la mera dimensione imprenditoriale ed economica ponendo i valori umani al primo posto. La filosofia dell’iniziativa si può leggere nelle parole dell’imprenditore stesso: “ Dare all’impresa un senso che vada oltre il profitto, e reinvestire per migliorare la vita di chi lavora, per recuperare e valorizzare le bellezze del mondo.” Così, parte dei profitti è reinvestita nell’azienda e parte destinata al recupero del borgo. Nella rocca medioevale caratterizzata da travi in legno, camini di pietra e pitture murali hanno trovato posto gli uffici e i laboratori, mentre nella vecchia casa del fattore è stata ricavata la mensa aziendale. Nel settembre 2008 è stato inaugurato il “Foro delle Arti”, un sistema culturale comprendente il teatro, l’anfiteatro e il “giardino dei filosofi”.
PRODUTTIVO
Coniugare antico e moderno, obiettivi aziendali e necessità umane è il segreto di un’impresa cui si guarda da più parti per la sua portata innovativa.
ATTORI
RISULTATI
Brunello Cucinelli
Recupero del borgo
Fondazione B. Cucinelli
Creazione di posti di lavoro Successo e crescita dell’azienda, dal 2012 in Piazza Affari
6.2.4 Il paese dell’accoglienza INTERVENTO
SOCIALE
Nel 1999 è stata fondata a Riace l'Associazione Città Futura "Giuseppe Puglisi" da un gruppo di giovani del luogo, per la promozione, la ricerca e lo studio etnografico della storia e della cultura locale. La principale attività realizzata e sviluppata dall’associazione è un ecovillaggio denominato "Riace Village", che è la riproposizione di un villaggio rurale per l'ospitalità diffusa, l'accoglienza profughi, il recupero e le valorizzazione degli antichi mestieri artigianali. Nel 2001 il comune ha aderito al Piano nazionale di accoglienza e si è fatto carico di richiedenti asilo che arrivano dai centri di Lampedusa o di Crotone. Con questa legge è stato possibile ristrutturare i borghi, dando incentivi all’edilizia popolare e utilizzando i fondi europei. La rinascita del borgo è quindi stata possibile attraverso l’attuazione di progetti piccoli e concreti, che hanno consentito di ristrutturare le case disabitate da decenni e metterle a disposizione del progetto accoglienza e del turismo “Turismo solidale”. Riace cosi è diventato “il paese dell’accoglienza”, come scritto nel cartello di ingresso al paese. Nel 2008 i sindaci dei paesi vicini, Stignano e Caulonia hanno chiesto di poter accogliere alcuni dei richiedenti asilo di Lampedusa per attivare attività simili.
ATTORI
RISULTATI
Comune di Riace
Riace village, ecovillaggio per l’ospitalità diffusa
Associazione Città Futura
Recupero del borgo e degli antichi mestieri artigianali
RIACE Regione: Calabria Superficie: 16,24 km2 Altitudine: 300 m.s.l.m. Abitanti: 1.793 Densità: 113,75 ab./km2
Progetto pilota, preso a modello dai comuni limitrofi L’iniziativa si basa su fondi pubblici, statali ed europei, in mancanza dei quali rischia di entrare in crisi
6.2.5 Il paese degli artisti INTERVENTO
CULTURALE
Considerata uno dei borghi fortificati medioevali meglio conservati in Italia, Calcata sorge su una rupe tufacea affacciata sulla Valle di Treja in un’area di lussureggiante vegetazione e ricca di fauna. Quasi completamente abbandonata all’inizio degli anni Sessanta dagli abitanti originari, trasferitisi nel paese nuovo, è rifiorita negli ultimi decenni grazie agli artisti italiani e internazionali e ai “cittadini scontenti” che, alla ricerca di una residenza tranquilla o di un luogo adatto a trascorrere i week-end lontani dal caos cittadino, hanno acquistato le vecchie case trasformandole in sofisticate abitazioni e dando avvio al processo di valorizzazione del paese. Questa azione insediativa spontanea ha avuto come filo conduttore la vocazione culturale del borgo con il desiderio di farne un centro artistico. Qui sono presenti sei associazioni culturali che si occupano della promozione artistica, culturale e ambientale. Diffuse ed esclusive attività culturali hanno luogo intorno ad antiche botteghe, al magazzino “documenta” e al “granarone”, i cui spazi accolgono eventi, mostre, concerti e conferenze. Calcata, dove ha sede anche un centro di arte telematica, è all’avanguardia nell’utilizzo della rete a fini turistici ed è meta di un turismo di giornata e di permanenza in continua crescita.
ATTORI
RISULTATI
Comune di Castellalto
Notevole incremento del numero degli abitanti
Artisti
Nascita di un intenso flusso turistico giornaliero
Abitanti
Azzeramento del tasso di disoccupazione locale
CALCATA Regione: Lazio Superficie: 7,67 km2 Altitudine: 220 m.s.l.m. Abitanti: 905 Densità: 120,47 ab./km2
Bandiera Arancione del Touring Club Italiano
6.2.6 L’ecovillaggio INTERVENTO
SPERIMENTALE
Nel corso del XX secolo, il villaggio medievale di Torri Superiore, gradualmente abbandonato al degrado, si è lentamente trasformato in una villaggio fantasma. All’inizio degli anni ’90 l’Associazione Culturale Torri Superiore, fondata nel 1989 con lo scopo sociale di restaurare e ripopolare il borgo, ha avviato l’acquisto delle case da una miriade di proprietari, allo scopo di restaurarlo come Ecovillaggio e di creare in loco residenze e risorse per una nuova comunità residente. Nel corso degli anni successivi, un dettagliato studio della struttura degli edifici ha condotto all’elaborazione di un complesso progetto di restauro, basato su principi ecologici, che bilancia le parti ad uso pubblico e quelle ad uso privato. L’ ecovillaggio comprende tutti i membri residenti e non residenti, e gli ospiti della struttura ricettiva sono invitati a seguirne i principi. La partecipazione alla Rete Globale degli Ecovillaggi GEN e al movimento della Permacultura ha stimolato il gruppo a focalizzare e realizzare i propri obiettivi in modo sempre più sostenibile. Le attività a Torri Superiore sono gestite da tre organismi interrelati e in parte sovrapposti: L’Associazione Culturale Torri Superiore; La Società Cooperativa Ture Nirvane; La comunità residente.
ATTORI
RISULTATI
Associazione culturale Torri Superiore
Crescita del numero di residenti (da 1 a 20 permanenti)
TORRI SUPERIORE Regione: Liguria Superficie: 2 ettari + borgo Altitudine: 80 m.s.l.m. Abitanti: 20 Densità: -
Comunità
Avvio del centro ricettivo culturale, aperto 10 mesi l’anno Replicabilità dell’intervento: riferimento pratico per l’utilizzo di tecniche di bioedilizia, per l’orientamento alla riduzione dei consumi, per la produzione finalizzata all’autoconsumo e per la condivisione degli spazi.
6.2.7 Il Borgo della conoscenza INTERVENTO
SPERIMENTALE/SOCIALE
Il Borgo della Conoscenza, situato nel podere di Camporlecchio, nei pressi del comune di Rapolano Terme (Siena) ha ripreso vita grazie al lavoro di recupero conservativo del Prof. Paolo Portoghesi. L’intento del lavoro di ristrutturazione sul gruppo di cascine settecentesche, nucleo superstite di un vecchio convento, è stato quello di creare un "borgo" con la piazza, luogo che accoglie e riunisce; la strada; la corte, spazio privato, intimo, che si raccoglie intorno allo specchio d’acqua; l’anfiteatro all’aperto: un luogo di intrattenimento, ma anche un luogo dove il teatro diviene metafora di un modo di imparare. Oggi il borgo ospita un centro di eccellenza per la formazione e la cultura d’impresa, realizzato e gestito per consentire la crescita continua delle competenze dei manager, favorendo l’orientamento all’innovazione e promuovendo l’eco efficienza per garantire l’impiego durevole delle risorse. La struttura comprende: una sala conferenza da 150 posti, 3 aule da 30 posti e 5 da 12, 3 meeting room, spazi per il relax, un anfiteatro all’aperto, sale degustazioni e ristorante, cucina attrezzata per cooking lessons, percorsi semi-strutturati nella natura per team building e 2 piazze esterne. E’ previsto inoltre l’avvio di un “Eco-Resort.
ATTORI
RISULTATI
Prof.Arch.Paolo Portoghesi
Recupero del Podere di Camporlecchio
Camporlecchio Educational Srl
Attivazione di attività per l’autosufficienza economica
Azienda agricola Camporlecchio
Massimizzazione ecoefficienza: unica società italiana che eroga e certifica un modello di formazione a Impatto Zero®
PODERE DI CAMPORLECCHIO Regione: Toscana Superficie: Altitudine: 1.251 m.s.l.m. Abitanti: Densità: -
6.2.8 La città universitaria INTERVENTO
SPERIMENTALE
Mercato San Severino, comune situato nella provincia di Salerno, si distingue dai casi precedenti poiché non ha mai subito il fenomeno dello spopolamento o della dismissione, ma piuttosto, grazie alla vicinanza all’Università degli studi di Salerno, con sede a Fisciano, è stato oggetto di una ri-attivazione bottom up, per la forte presenza dei giovani studenti sul territorio. Nel dicembre 2008 il comune è stato riconosciuto con il titolo di Città Universitaria, per decreto del rettore dell'Università degli Studi di Salerno, ricevendo così l’opportunità di beneficiare di corsie preferenziali per il finanziamento di infrastrutture e per la creazione di centri di ricerca collegati con l’università degli studi di Salerno. Il Campus Universitario San Severino, situato a solo 2 km dall’Università, offre sistemazioni per gli studenti in camere monolocali, bilocali e trilocali e una serie di comfort e servizi annessi. Mercato San Severino è stato segnalato nel 2007 dal quotidiano le Monde come modello nella gestione dei rifiuti, grazie al sistema della raccolta differenziata porta a porta che nel 2010 ha raggiunto il 60%, classificando il comune tra le prime città del centro-sud della lista di Legambiente dei comuni ricicloni con una popolazione sopra i 10.000 abitanti.
ATTORI
RISULTATI
Comune di M.S.S.
Rivitalizzazione del borgo
Università degli studi di Salerno
Riconoscimento con il titolo di città universitaria
MERCATO SAN SEVERINO Regione: Campania Superficie: 30,17 km2 Altitudine: 260 m.s.l.m. Abitanti: 22.176 Densità: 735 ab./km2
7 LINEE GUIDA PER LO SVILUPPO DEI BORGHI DEL GAL PARTENIO
I
borghi e i centri storici costituiscono una importante opportunita di valorizzazione dell’identita dei luoghi e di sviluppo turistico che si realizza attraverso interventi in grado di sviluppare effetti diffusi, con importanti ricadute sociali per il territorio e per le comunita residenti. La finalità principale è quella di intervenire per indurre il loro ripopolamento, sia in termini di nuovi flussi turistici, sia in termini di aumento della densità abitativa e, laddove possibile, innescare processi di rifunzionalizzazione. Le attuali esperienze di valorizzazione dei borghi possono portare a una classificazione degli interventi a finalità: - turistico/immobiliari; - “produttive”; - artistiche, culturali e formative; - sociali.
parco archeo-minerario
housing universitario
eco-villaggio
visite ex miniere di zolfo
alloggi e servizi per studenti e ricercatori univerrsitari
nuclei abitativi con ridotto impatto ambientale
attività ricreative
uso di energie rinnovabili
showroom del vino
attività commerciali
autosufficienza alimentare
servizio navetta parco
servizio navetta università
orti urbani
eco museo ex fabbrica di marzo
fattorie didattiche
TUFO
MONTEFUSCO 114
PRATA DI P.U.
Benevento
Napoli
Avellino
albergo diffuso
borgo del gusto
servizi di accoglienza turistica
corsi di cucina
potenziamento offerta culturale attività commerciali
degustazione prodotti locali ristoranti diffusi vendita prodotti locali
attività di ristorazione
alloggi temporanei per docenti e personale ospite
CANDIDA
PIETRASTORNINA 115
turismo religioso e ambientale ricettività alberghiera ed extra-alberghiera potenziamento dell’offerta di itinerari turistici religiosi e ambientali
SUMMONTE
7.1 riattivare Montefusco
I
l borgo di Montefusco è uno dei borghi dell’area completamente recuperato, ma attualmente oggetto di un forte spopolamento. La vicinanza con il Polo Universitario di Benevento rappresenta un fattore molto positivo per questo borgo che potrebbe trovare una strategia di ripopolamento nella realizzazione di un progetto di social housing universitario. Tra le metodolgie utilizzate per attuare questo tipo di intervento una delle più riuscite è quella della residenza temporanea, destinata a persone che per ragioni di carattere sociale, economico, familiare, professionale, vivono una fase di transizione, come gli studenti universitari fuori sede. Esiste una domanda crescente che non è in grado di sostenere per intero il canone di locazione di un alloggio. E’ dunque necessario promuovere interventi innovativi di abitare sociale, intesi come acquisizione e messa a disposizione di strutture abitative, come servizi sociali all’abitare e, infine, come capacità di progettare interventi complessi di riuso urbano. Le caratteristiche di questi interventi sono: - il mix di tipologie abitative - la modalità di accesso, permanenza e uscita - la presenza di funzioni accessorie di “collegamento” con il contesto territoriale locale - i servizi di accompagnamento.
Il sistema e l’approccio cooperativo portano ad una gestione non solo finalizzata alla promozione di iniziative abitative a canoni moderati, ma anche ad una connotazione sociale che rende centrale l’elemento dell’incontro, della condivisione e della solidarietà. Inoltre le residenze universitarie possono essere considerate a ragione dei veri e propri (pro)motori dello sviluppo territoriale. Grazie all’attività che svolgono nel tessuto sociale ed economico della città esse costituiscono un fattore di sviluppo territoriale endogeno, cioè un fattore in grado di generare e alimentare l’economia locale creando dei circuiti virtuosi. Le residenze per gli studenti sono state spesso localizzate in spazi urbani attraverso operazioni di valorizzazione, recupero o riuso di aree precedentemente destinate ad altre funzioni. Nelle operazioni di sostituzione funzionale o di nuova realizzazione nel tessuto urbano, queste hanno generato un indotto più o meno consistente per il quartiere o la citta in cui sono state inserite. Il borgo di Montefusco ha al suo interno una cospicua quantità di edifici sia pubblici che privati recuperati che non hanno però destinazione d’uso. Pertanto si potrebbe ipotizzare una sinergia pubblico-privato per poter gestire degli spazi in modo da realizzare delle residenze temporanee per studenti. Gli studenti, oltre a generare un indotto economico per i piccoli commercianti del comune interessato, possono contribuire allo sviluppo e alla crescita di attivita e servizi che nascono sulle loro specifiche esigenze: mobilità (domanda di trasporto pubblico), attivita culturali (teatri, musei, biblioteche, mostre, eventi), svago (verde pubblico, cinema, locali serali). Inoltre la presenza di centri di ricerca e di laureati qualificati nel territorio incentiva l’insediamento delle imprese, dando origine a loro volta a processi di scambio universita-impresa vantaggiosa per il territorio. 116
7.1.1 criticità e potenzialità
CRITICITA’
• Difficile accessibilità • Rete trasporti carente • Decrescita demografica • Progressivo abbandono del centro storico • Irrilevante presenza di attività economiche e ricettive • Patrimonio edilizio storico sotto-utilizzato • Carenza di attività culturali e sociali
POTENZIALITA’
•
Posizione baricentrica rispetto alle regioni del Sannio e dell’Irpinia
•
Disponibilità di patrimonio immobiliare
•
Bosco di Montefusco _ area sic
•
Castello longobardo/ex carcere borbonico _ monumento nazionale
•
Palazzi nobiliari di valore storico e architettonico
•
Breve distanza dall’Università del Sannio
117
7.1.2 strategia di riattivazione
RIATTIVA
rete dei trasporti
vita nel
servizio navetta università
car sharing
attività economiche
attività produttive
attività commerciali
attività ricettive
agricoltura
negozi
ristorazione
artigianato
mercatini
alloggi
cantine
temporary store 118
AZIONI
el borgo
polo universitario
attivitĂ sociali e culturali
co-housing
centro ricerca e formazione
museo
spazi collettivi
laboratori
eventi temporanei
spazi privati
aule studio
biblioteca
spazi conferenze
mediateca intrattenimento
119
7.1.3 stakeholder
C
on il termine Stakeholder (portatori di interesse) si individuano tutti i soggetti, individui o organizzazioni, attivamente coinvolti in un’iniziativa economica (progetto, azienda), il cui interesse è influenzato dal risultato dell’esecuzione, o dall’andamento, dell’iniziativa e la cui azione a sua volta influenza le fasi o il completamento di un progetto. Nell’ambito di un progetto, sono stakeholders i soggetti relativi al cliente, al fornitore, alle terze parti (altre organizzazioni eventualmente coinvolte tra cliente e fornitore), i membri del team di progetto, i fruitori dei risultati in uscita dal progetto, i finanziatori (come banche e azionisti), i gruppi di interesse locali relativamente all’ambiente dove il progetto si sviluppa e l’azienda opera. Tra gli stakeholders vi sono i soggetti senza i quali l’impresa non sopravvive, per cui il processo produttivo di un’azienda continua se sono soddisfatte soglie critiche, di costo, servizio e qualità, al di sotto delle quali il cliente cambia fornitore e manager e dipendenti si dimettono. Nell’ambito poi del cosiddetto filone etico, sono stakeholders tutti i soggetti che influenzano o sono influenzati dall’impresa e di cui essa deve tener conto, anche in assenza di potere diretto su processi e profitti, poiché essi subiscono conseguenze a vari livelli, per esempio un impatto ambientale negativo. L’analisi degli stakeholders identifica e classifica tutti gli attori di progetto e le loro esigenze informative rispetto alle varie aree di conoscenza del project management. 120
o
im pro rat o pr p en rie ri fon d t a i da Un tor ri i GA zion iver i commm L P i sc sitĂ m obi art ien de erc li en tifi gli ial io ch St i e e udi di d e r ic l S erc an a ni
zia co an u s a f i fin onte o pan n i i M elli Cam E ial e d Av e CE erc sor un di on _ m n m ia gi ea m spo Co nc Re rop ri co de i u o n ov Ă E d i t a zi e Pr t i n un pre ri e m a Co im anc b ti
itu ist
i
op
e
r to
STAKEHOLDER
ri
ito nti fru side i re isti ent r d tu stu
Comune di Montefusco
proprietari immobili
Regione Campania
imprenditori commerciali
Provincia di Avellino
fondazioni scientifiche e di ricerca
UniversitĂ degli Studi del Sannio
istituti bancari e aziende sponsor
GAL Partenio 121
7.1.4 project financing
GAL Partenio
Comune di Provincia Universi Provincia di di Regione Campania GAL Partenio AvellinoRegione Campania Montefusco AvellinoStudi de
STU _ Società di Trasformazione Urbana
Il Project Financing costituisce una delle modalità applicative del Partenariato Pubblico Privato per la realizzazione di opere infrastrutturali pubbliche e di pubblica utilità. Il termine Partenariato Pubblico Privato si riferisce a diverse forme di cooperazione possibili tra settore pubblico e privato, affinché si possa determinare un’integrazione delle rispettive competenze e risorse, al fine di garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione e la manutenzione di un’opera pubblica o la fornitura di un servizio.
Si tratta di società a capitale misto pubblico-privato, costituite su iniziativa di comuni o città metropolitane e aperte alla partecipazione di regioni e provincie, finalizzate a realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, attraverso un’attività di acquisizione preventiva degli immobili interessati dall’intervento, alla trasformazione e commercializzazione degli stessi. 122
rete trasporti attività economiche co-housing attività sociali e culturali centro ricerca e formazione
fondazioni fondazioni ità degli bancariimprenditori e imprenditori scientifiche e di scientifiche eistituti di proprietari immobili el Sannio ricerca aziende sponsor commerciali commerciali ricerca
proprietari immobili
BOST _ Build Operate Subsidize Transfer
BOO _ Build Own Operate
Tale modello comporta che la proprietà dell’opera sia del concessionario per tutta la durata della concessione e venga trasferita al concedente al termine del contratto, ma il concedente eroga contributi sia per la costruzione che per la gestione, senza i quali il progetto non sarebbe in grado di generare cash flow sufficienti al ripagamento del debito.
La società di progetto provvede alla realizzazione, al finanziamento e alla gestione del progetto per un periodo prestabilito di tempo. Alla fine del periodo di concessione l’opera non viene necessariamente trasferita all’ente concedente, ma si procede ad una rinegoziazione dei termini contrattuali per un’eventuale proroga che può arrivare a coprire l’intera vita dell’opera. 123
7.2 masterplan
ENOTECA PRODUZIONE + ESPOSIZIONE
BIBLI
UFFICIO POSTALE BANCA CAFE’ BISTROT
OSTELLO POLO CULTURALE
CENTRO RICREATIVO RISTORANTE
bus stop attività sociali e culturali attività commerciali e produttive attività ricettive eventi temporanei all’aperto co-housing universitario centro ricerca abitazioni private
OTECA
COMUNE LABORATORI AULE STUDIO
PUB & GRILL
LABORATORI
SCUOLA
BUS STOP MUSIC CLUB RISTORANTE
PARTE 3
PROGETTI
8 Ipotesi metodologia per il recupero architettonico dei centri minori Paolo Giardiello in Abitare il Territorio. paesaggio e memoria: rivitalizzare i borghi, Corti & Neri Comunication, Avellino 2014, pp.60-63
Quando i valori funzionali, estetici o comunicativi non corrispondono più a quanto richiesto dalla contemporaneità si riconosce, all’architettura, “un’esistenza appartenente ad un periodo precedente”, per cui essa diviene una “preesistenza”, qualcosa cioè “che ha avuto un’esistenza anteriore”. L’essere “preesistente” significa, per un manufatto architettonico, avere esaurito la possibilità di svolgere il suo compito tra la gente; la sua fisicità tra le altre cose e le persone diviene un “di più”, la sua presenza è addirittura inutile, poiché è terminato il compito che gli era stato affidato e non vive più nel quotidiano, diviene semplicemente un “ingombro”. Ne consegue che ciò che è preesistente, privo di un compito attuale, sia esso pratico sia espressivo, se non ha più la possibilità di soddisfare né un bisogno, né un contenuto simbolico, dovrebbe essere eliminato per fare “spazio” ad altro, per offrire l’opportunità di essere a nuove cose adeguate alle esigenze dei tempi in corso. Eppure, anche tra le cose più semplici escludendo ovviamente tutto ciò che ha un valore e un significato che va oltre i limiti del tempo - c’è chi permane o si ripete oltre il consueto. Di queste cose si dice che sono “persistenti”, che “insistono a durare a lungo nel tempo, anche oltre il normale”. Difficilmente manufatti semplici, nati per accompagnare per un breve tratto l’uomo nella sua vita, permangono autonomamente, di solito la loro sopravvivenza è assicurata dall’amorevole cura e dai costanti adeguamenti operati su di essi proprio dall’uomo. La permanenza, la “durata oltre il consueto” di un’architettura nata essenzialmente per dare un’immediata risposta a bisogni elementari, deriva da azioni che vanno oltre l’ovvia manutenzione e consistono invece in interventi di adeguamento, di vera e propria modificazione, alterazioni necessarie all’idonea
L’architettura è una cosa, è una presenza tangibile, misurabile, confrontabile. Non solo da “contemplare”, ma realtà da “sperimentare”, luogo fruibile, utilizzabile e rispondente ai bisogni espressi dalla società. Nell’adeguarsi alle mutevoli richieste della collettività, l’architettura si sviluppa e si evolve, subisce cioè continue modificazioni e trasformazioni, assecondando la vita della natura, dell’uomo e delle altre “cose” che lo circondano, e, per il suo processo di crescita e di sviluppo, può essere definita “vivente”, una “cosa che vive”. Vivere implica un legame con il tempo, misurare l’esistenza attraverso l’età, valutare giovinezza o anzianità rispetto alla durata media dei propri simili. L’età di un’architettura, la sua attualità o obsolescenza, non è però banalmente vincolata al numero di anni trascorsi dalla sua costruzione, quanto piuttosto al giudizio di valore e di corrispondenza alle esigenze e alle richieste prestazionali che l’uomo ripone nei suoi confronti, nella possibilità cioè di usare e fruire in modo adeguato la sua spazialità interna. Da questo punto di vista il legame con il tempo è fondamentale in quanto, al pari del giudizio estetico, il significato espresso dalla forma costruita dell’architettura appartiene all’epoca in cui viene espresso: il racconto dei significati, ed i linguaggi utilizzati per esprimerli, segnano il “carattere” della cosa-architettura che saprà confrontarsi con i valori e il giudizio formulati, negli anni, dalla società. 128
trasformazione verso le nuove necessità e richieste. Ciò che permane, quindi, della “cosa preesistente” non è più la cosa in sé – che è appunto trasformata – ma il valore riposto in essa che ha fatto nascere la volontà di aggiornare e adeguare i contenuti originari a quelli attuali. La modificazione, comunemente vista come un’operazione che, nell’alterare l’originale, ne fa perdere il contenuto primitivo, è invece lo strumento per conservare la memoria, per tramandare i dettagli di un racconto di cui si decide di riscrivere in parte la trama. E’ quello che accade ad oggetti e spazi che appartengono “alla tradizione”, che divengono portatori di valori permanenti. Ciò che è “tradizionale” non è infatti immutabile, non resta cioè uguale a sé stesso, ma si fa veicolo di principi e valori anche a costo di adeguarsi alle tecnologie e ai linguaggi del tempo. Chi è deputato a tali modificazioni, nei confronti di una preesistenza, di qualcosa cioè che risulta estranea al quotidiano, deve riuscire ad individuare gli eventuali valori di cui essa è ancora portatrice per capire dove intervenire e dove praticare l’adeguata trasformazione capace di restituirla all’uso e alla fruizione. Spesso i contenuti estetici ed espressivi dell’involucro, della scatola muraria, riflettendo logiche e forme del passato, restano come icone del tempo mentre lo spazio interno, più legato alle logiche funzionali, è soggetto alle mutazioni e necessita quindi di interventi opportuni capaci di adeguarlo alle richieste e ai bisogni attuali. Altre volte invece è proprio l’involucro architettonico, ovvero l’impianto dimensionato alla scala urbana, che entra in crisi per cui, rispetto a invasi ancora in grado di rispondere ad esigenze funzionali correnti, l’oggetto-architettura perde la capacità di dialogare ed entrare in contatto con l’uomo.
Peter Zumthor, Kolumba Museum, Colonia 2007. 129
Intervenire sullo spazio interiore di un manufatto del passato per rivitalizzarlo, secondo la modalità comunemente denominata “costruire nel costruito”, significa agire sul contenuto stesso dell’architettura. Si tratta cioè di operare su un’unità teoricamente indivisibile composta di involucro e invaso, concepita con una coincidenza di sensi e di espressione. Lavorare solo sull’interno, o prevalentemente su questo, significa dividere lo spazio dalla realtà fisica della struttura muraria e assumerlo, in definitiva, come un vuoto, non più uno spazio con un senso oltre che una morfologia, bensì come una materia amorfa da plasmare e da caratterizzare. Il vuoto racchiuso nel contenitore che una volta gli apparteneva, è in grado di accettare i nuovi dati funzionali, le nuove norme e gli stili di vita e di utilizzo, di accogliere le richieste imposte dal ritmo della vita odierna e assumere valori capaci di dialogare con il presente. Esso diviene quindi di nuovo spazio, luogo cioè dotato di forma, misura e senso, caratterizzato nei suoi tratti estetici e comunicativi, e si può considerare, in un certo verso, uno “spazio assoluto”, forma pura dell’interiorità più che dell’internità, in quanto presenza ed essenza concettualmente priva di involucro e che ha assunto la preesistenza esclusivamente come vincolo, come confine. Tale operazione però, per quanto delimitata, confinata prevalentemente all’interno, non perde la relazione con il tutto, assume il dato materico della preesistenza come parte non secondaria del proprio essere, è quindi un “nuovo” che non potrebbe esistere, o essere in quel determinato modo, prescindendo dalle suggestioni materiche, cromatiche, tattili, tettoniche e strutturali dell’involucro che intende conservare. Si tratta di una nuova architettura in tutto e per tutto, composta di un interno ri-progettato e di una struttura recuperata, nuovo manufatto sintesi dei valori
Nieto Sobejano Arquitectos, Ampliamento del del Museo di Moritzburg, Moritzburg 2008. 130
del passato e del presente, racconto dell’aspetto antico e delle esigenze contemporanee, memoria attualizzata della vita dell’uomo, progetto improponibile ex novo e in grado di esistere solo come percorso ininterrotto della storia del passato e del presente, racconto dell’aspetto antico e delle esigenze contemporanee, memoria attualizzata della vita dell’uomo, progetto improponibile ex novo e in grado di esistere solo come percorso ininterrotto della storia. Tali interventi non si limitano all’interno, agendo “da dentro” in realtà si opera una rivitalizzazione, di sensi e di significati, anche della parte esterna, lasciando trasparire nell’aspetto e nell’espressione dell’intero manufatto quello che le modifiche dello spazio hanno impresso. Esterno che, a sua volta, può essere invece direttamente il luogo fisico dell’intervento di trasformazione; non in quanto involucro, ma come forma dello spazio interno ed espressione dei contenuti da comunicare. Si tratta di un approccio metodologico al problema del recupero e della rivitalizzazione di architetture obsolete incentrato su interventi minimi capaci di aggredire l’esistente, di sovrapporsi ad esso e di suggerire nuove potenzialità – dello spazio come della forma - prima non previste dalla realtà costruita. Il costruito sul costruito è qualcosa di autonomo e identificabile nella sua natura materica e formale rispetto l’esistente e permette di aggredire il degrado o il caos con nuove entità indipendenti e autonome, capaci di innestarsi sulla realtà, e di restituire nuove possibilità d’uso e di fruizione, di comprensione e di lettura. Interventi non necessariamente confrontabili con la scala del preesistente,a volte aggiunte minime, oggetti a scala umana più che proporzionati alle dimensioni dello spazio urbano, in grado però di modificare sostanzialmente le ragioni stesse del luogo.
Finanche la percezione, la contemplazione e il valore estetico dei luoghi può essere alterato dal valore aggiunto di piccoli interventi cosiddetti “parassitari”. Il principio di qualcosa di nuovo ed estraneo palesemente aggiunto sul preesistente suggerisce una modificazione in cui le fasi stratificazione nel tempo siano tutte leggibili e in cui l’integrità morfologica dell’originale risulti ancora comprensibile e fruibile. Tali nuovi organismi aggiunti o aggregati hanno il compito di modificare a tal punto il metabolismo dell’organismo preesistente così da risolvere tutte le discrasie e le carenze che avevano causato l’obsolescenza del manufatto originario. Questa modalità del fare non ha dimensione o scala, è applicabile al singolo edificio, come allo spazio urbano, come a porzioni di territorio. E’ un’indicazione, del tutto sperimentale, che parte dal principio che l’esistente, per quanto non soddisfi le nostre esigenze, non è sempre così facilmente modificabile e che quindi la soluzione di situazioni complesse può nascere dal controllo e dalla gestione del “disordine” piuttosto che dal tentativo, a volte improbabile, di eliminazione dello stesso. In filosofia tale processo è assimilabile alla “teoria del caos” che, rispetto alla concezione delle scienze tradizionali per le quali il caos era, per definizione, “assenza di ordine”, considera oggi il caos una dimensione retta da leggi non definibili e identifica il disordine con il principio di “complessità”. Ciò che è complesso è quindi problematico, dialettico e implica, in definitiva, una partecipazione attiva e quindi un “coinvolgimento creativo”. Costruire nel o sul costruito significa quindi aumentare lo spessore della stratificazione della memoria e percepire le trasformazioni dei segni attraverso tracce impresse sui materiali della storia. Questa “complicazione” ottenuta attraverso la fusione di linguaggi diversi 131
corrisponde maggiormente all’immagine che l’uomo propone di sé nel contemporaneo e gli permette di esprimere la sua cultura e la sua volontà di rappresentarsi come “compresenza” di segni piuttosto che come sintesi di forme astratte. Analoghe considerazioni possono essere fatte relativamente all’approccio metodologico del progetto di recupero degli spazi collettivi, del tessuto urbano connettivo che rappresenta una delle caratteristiche principali dei borghi, dei villaggi e dei centri minori in generale dell’Italia. A tal proposito, come per il concetto di spazio e di obsolescenza dell’architettura è opportuno concordare su alcune definizioni. L’interno architettonico, abbiamo detto, non è meramente ciò che è dentro l’involucro murario, non è cioè uno spazio chiuso, contenuto e delimitato, esso è piuttosto un luogo capace di accogliere i principi di difesa e intimità, l’affermazione dell’istinto primario di conservazione e protezione dell’uomo, è quindi un’estensione dell’essere, la dimensione materiale dei suoi desideri. L’interno più che percepibile sensorialmente è un ambito culturalmente riconoscibile, spazio significante attraverso il quale capire il mondo e mostrarsi ad esso. Uno spazio può pertanto definirsi “interno architettonico” non perché chiuso o perimetrato, quanto piuttosto se portatore dei sensi di riparo, privatizzazione e protezione, accoglienza e condivisione. Comparativo e superlativo dell’aggettivo “interno” sono infatti “interiore” e “intimo”, il che fa comprendere, anche da un punto di vista lessicale, che progettare l’interno significa definire gli aspetti psicologici, personali, emozionali e culturali dell’abitare. Coerentemente, l’interno urbano non ha bisogno di particolari definizioni capaci di assolvere l’apparente contraddizione tra ciò che
“dentro” o “fuori” l’involucro architettonico: interni nel tessuto urbano sono quegli ambiti capaci di ispirare principi di intimità, valori di appartenenza al luogo, culturalmente condivisi. L’interno urbano è uno spazio relazionale, luogo di scambio, comunicazione ed espressione, dove riconoscersi e farsi conoscere; è quindi uno spazio sociale portatore di valori individuali, ovvero uno spazio intimo espressione dell’idea di collettività. Ciò che permette di usare gli spazi dell’architettura sono i sistemi arredativi. Arredare significa infatti rendere agevole l’uso dello spazio, dotarlo spazio di attrezzature, strumenti, utensili necessari allo svolgimento delle attività umane e al soddisfacimento dei bisogni, bisogni non solo primari, ma anche psicologici, rappresentativi e di identificazione con l’ambiente costruito. Per analogia “arredo urbano” non è solo l’insieme delle strutture che permettono di svolgere, negli spazi della città, determinate funzioni, quanto piuttosto tutto ciò che è in grado di corroborare i valori ed i sensi propri degli interni urbani, che permette cioè di dare forma alle relazioni tra uomo e spazio, tra uomo ed uomo, tra spazio e spazio. Ciò che tali definizioni vogliono affermare è che gli elementi tipici dell’arredo urbano non sono pensati solo per assolvere i bisogni espressi dagli utenti quanto per materializzare i principi e i comportamenti a tali bisogni sottintesi: una panchina non è solo uno strumento dove sedersi ma uno spazio minimo dove raccogliersi singolarmente ovvero dove costruire una fugace intimità con altri fruitori del luogo. Non solo, così come l’arredamento non è una prassi progettuale distinta o autonoma rispetto al progetto di architettura, anzi ne è l’aspetto più intimo e dettagliato - la forma dell’abitare - di cui tenere in conto già nella fase primitiva di ideazione, così l’arredo urbano non può 132
essere considerato altro dall’idea di impianto della città e di uso e senso dei luoghi collettivi. La posizione, la dimensione, il materiale, così come le logiche compositive, morfologiche, linguistiche, devono discendere, per continuità o discontinuità, dalla trama del tessuto viario, dalle texture dei materiali, dall’ordine dei volumi e delle strutture di cui sono parte integrante. Secondo tale impostazione è evidente che progettare gli interventi necessari all’uso degli spazi dei nuclei antichi e dei centri storici dei borghi e dei piccoli centri urbani significa, da un lato, capirne la storia, la stratificazione, le modificazioni, dall’altro, valutarne l’uso odierno e i sensi di cui essi sono portatori nella contemporaneità. Solo così è possibile rifuggire da ogni deriva stilistica del passato, dalla sovrapposizione di parti autonome, e giungere un una valutazione di integrazione coerente di parti contemporanee frutto di una rilettura attenta dei valori della storia.
Álvaro Siza e Roberto Collovà, Piazza Alicia, Salemi 1998. 133
caso studio
100% co+housing
co+housing attivitĂ commerciali co+housing attivitĂ culturali co+housing attivitĂ ricettive
136
8.1 il progetto
La fase successiva ha visto la definizione della strategia metodologica d’intervento che ha come caratteristica principale il confronto con la preesistenza quale elemento originario. Dall’analisi del caso studio è emersa l’esigenza di significare lo spazio dal di dentro ricorrendo a sistemi che si configurano in una posizione intermedia tra architettura e arredo. Tutto il progetto infatti è incentrato sull’inserimento di sistemi arredativi autonomi indipendenti dal contenitore architettonico in cui si inseriscono. Questo tipo di approccio stabilisce una relazione molto stretta tra l’edificio esistente e i nuovi elementi. All’interno della preesistenza è stata rispettata la distribuzione originaria degli spazi con l’intero piano terra destinato alle funzioni collettive, il piccolo seminterrato ai servizi e il primo piano agli ambienti privati. Nello specifico, il primo livello ospita una cucina, la zona pranzo, un’area living comune e una palestra. Il livello superiore ospita le camere singole, o doppie dotate di servizi privati e un’area dedicata allo studio e al relax. La logica dominante l’intero progetto è stata quella di intervenire sul vuoto per far si che questo ritorni ad essere spazio. Dall’analisi del caso studio è emersa la fondatezza del criterio sperimentale capace di costruire una strategia metodologica da poter applicare all’intero borgo di Montefusco, per riacquistare una ricchezza altrimenti perduta.
I
l progetto parte dal presupposto di trovare una soluzione al problema diffuso dello spopolamento dei borghi appartenenti al territorio irpino. Nella prima fase si è intervenuti sull’attribuzione di nuovi contenuti in grado di restituire significati attuali alle forme del patrimonio edilizio, colmando il vuoto causato dal progressivo abbandono. Considerando la vicinanza con il Polo Universitario di Benevento e la domanda crescente non in grado di sostenere per intero il canone di locazione di un alloggio, la strategia di ripopolamento del borgo di Montefusco è stata individuata nella realizzazione di un progetto di social housing universitario. Durante l’analisi condotta è stata constata la presenza di 24 edifici, sia pubblici che privati, che pur essendo stati recuperati, restano privi di una destinazione d’uso. Si è pertanto ipotizzata una sinergia pubblico-privato per poter realizzare delle residenze temporanee per studenti. Tra questi manufatti è stato scelto quello campione che potesse fungere da caso studio restituendo un’applicazione pratica al metaprogetto. 137
1. ingresso 2. sala video 3. area living 4. zona pranzo 5. cucina comune 6. dispensa 7. terrazza 8. palestra 9. sauna
9
8
1
8.1.1 co-housing | primo livello
0
7
1
2
3
6
3 4
2
5
1. camera singola 2. camera doppia 3. bagno 4. area studio/relax 5. connettivo orizzontale
3
2 3 1
5
1
3
3
1 4
5
8.1.2 co-housing | secondo livello
0
1
2
3
5
2
3 3 1
1. ingresso 2. lavanderia/stireria 3. deposito
8.1.3 co-housing | livello seminterrato
0
1
2
3
3
1
2
8.1.4 co-housing | sezione longitudinale
co-housing | cucina comune
co-housing | zona pranzo
co-housing | camera singola
co-housing | area studio e relax
8.2 il progetto
I
I suggestivi ambienti sotterranei dell’ex carcere, che già nella loro conformazione architettonica e spaziale costituiscono motivo di maggior interesse museale, ospitano invece un museo virtuale. L’immaterialità dei sistemi espositivi multimediali e la trasformabilità di alcuni elementi dell’allestimento, conferiscono allo spazio museale massima flessibilità: il percorso narrativo interattivo dedicato alla memoria dello Spielberg del Risorgimento meridionale può lasciare posto ad allestimenti audiovisivi temporanei. Per l’abbattimento delle barriere architettoniche, in corrispondenza di accessi e percorsi esterni, sono stati inseriti diversi sistemi di rampe e pedane lignee che nel risolvere le problematiche legate all’accessibilità e la visitabilità dell’edificio, definiscono allo stesso tempo la sistemazione degli spazi esterni e rendono maggiormente riconoscibili i punti d’accesso al polo culturale. La logica dominante l’intervento, comunemente denominata “costruire nel costruito”, è quella di restituire un significato allo spazio interno dell’edificio, ri-progettandolo. L’inserimento di attrezzature e sistemi arredativi autonomi e riconoscibili rispetto alla preesistenza, trasforma l’invaso dell’edificio adeguandolo e rendendolo rispondente ai nuovi bisogni relativi alle funzioni previste dalla nuova destinazione d’uso, senza compromettere l’involucro, ma conservando un forte e inscindibile legame con esso.
l progetto muove dalla volontà di trasformare l’ex carcere borbonico nel fulcro delle attività socio-culturali della nuova cittadina universitaria di Montefusco, rivitalizzando i suoi spazi interni e aprendo questi ultimi agli studenti e agli abitanti del borgo. Partendo dalla consapevolezza che la conservazione di un bene architettonico è legata in modo indissolubile a un suo utilizzo adeguato in funzione della società, in continuità con l’ultimo intervento di recupero che aveva individuato la destinazione d’uso di museo civico, si è scelto di rendere l’edificio sede di un polo culturale, costituito da una mediateca e da un museo multimediale. Gli spazi del piano rialzato e del primo seminterrato, oggi rispettivamente occupati dagli uffici comunali e dall’allestimento della “Bottega del Tombolo”, sono stati destinati alle diverse attività didattiche, culturali e ricreative legate alla mediateca Nello specifico il livello superiore ospita la sala conferenze, tre sale riunioni attrezzate per videoconferenze, diversi spazi relax, uno dei quali dedicato alla lettura e gli e-books; quello inferiore l’area computer, ambienti dedicati all’ ascolto di musica, la visione di film, e i videogiochi, e una caffetteria-bistrot, con accesso diretto su strada. Entrambi i livelli presentano aree per l’informazione e l’orientamento e servizi per diversamente abili. 157
polo culturale | accesso principale
piano rialzato | schema funzionale
entrata
uffici
infos / check-in
connettivi verticali
sala conferenze
wc
lounge room
cabina ENEL
video-conferenze/ riunioni
locale caldaia
e-books
casa privata 159
8.2.1 mediateca | piano rialzato
mediateca | sala conferenze
primo piano seminterrato | schema funzionale
entrata
video
infos / check-in
games
cafe - bistrot
uffici
area computer
connettivi verticali
audio
wc 163
8.2.2 mediateca i primo piano seminterrato
mediateca | area computer
secondo piano seminterrato | schema funzionale
aree espositive
area introduttiva
area storico - didattica BLA BLA BLA
galleria dei personaggi
entrata infos / check-in
scenari evocativi
bookshop connettivi verticali
black - box 167
8.2.3 museo virtuale | secondo piano seminterrato
museo multimediale | area storico - didattica
museo multimediale | galleria dei personaggi
8.2.4 sezione longitudinale
museo multimediale | scenari evocativi
bibliografia
Abitare il Territorio. Paesaggio e memoria: rivitalizzare i borghi, Corti & Neri Comunication, Avellino 2014 M. Augé, Rovine e macerie. Il senso del tempo, Bollati Boringhier, Torino 2004 M. Bassanelli, Geografie dell’abbandono – Il caso della Valle di Zeri, Tesi di laurea, Politecnico di Milano, Facoltà di architettura e società, A.A. 2009-2010. S. Bucci , “John Belusci ci insegna a (con)vivere. Il co-housing secondo Cino Zucchi: Animal House fu l’inizio.” in Corriere della Sera, domenica 2 febbraio 2014, pp.16-17 G. Castagnetti, La Capitale del Principato Ultra: Montefusco. Dalla preistoria ai nostri giorni, (Ristampa anastatica), Lioni 1990. T.Coletta, La conservazione dei centri storici minori abbandonati. Il caso della Campania, Tesi di dottorato, Università degli studi di Napoli Federico II, A.A. 2004 - 2005 A. Guerriero, Terre e sentieri del Partenio: dalla conoscenza al progetto, Tesi di laurea, Università degli studi di Napoli Federico II, Facoltà di architettura, A.A. 2010-2011? A. Magnaghi, Il progetto locale. Verso la conoscenza di luogo, Bollati Boringhieri, Torino 2010 L.E. Malighetti, Recupero edilizio. Strategie per il riuso e tecnologie costruttive, Il sole 24 ore Pirola, Milano 2011 A. Massarente, C. Ronchetta, Ecomusei e paesaggi. Esperienze, progetti e ricerche per la cultura materiale, Lybra immagine, Milano 2004. A. Salvatore, Mons Fusculi. Meriggio e crepuscolo di una capitale, Delta 3 edizioni, Avellino 2006. E. Spagnuolo, L’inferno del regime carcerario sabaudo dopo il 1860. Una strage nel carcere di Montefusco, Edizioni Nazione Napoletana, Napoli 2004. Studio Azzurro, Musei di Narrazione. Percorsi interattivi e affreschi multimediali, Silvana Editoriale, Milano 2011 V. Teti, Il senso dei luoghi. Memoria e Storia dei Paesi Abbandonati, Donzelli Editore, Roma 177
fonti
Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania ARPAC_2008-2011 Piano regionale attività estrattive (PRAE) Regione Campania_2006 Piano Territoriale Regionale (PTR) Regione Campania_2008 Programma di Sviluppo Rurale Regione Campania_2007 - 2013 TERNA Rete Italia Dati statistici_2011 Elaborazione sui dati ISTAT 15° censimento della popolazione e delle abitazioni ottobre 2011
178
sitografia
borghi-reloaded.polimi-cooperation.org www.abarchive.info www.arpacampania-it www.bandierearancioni.it www.borghiautenticiditalia.it/bai www.brunellocucinelli.com/it/solomeo www.cmparteniovallodilauro.gov.it www.comuniverso.it www.consorziovinidâ&#x20AC;&#x2122;irpinia.it www.galpartenio.it www.irpinia.info www.irpiniateca.com www.irpiniaturismo.it www.istat.it www.milliondonkeyhotel.net www.museincampania.it www.parcopartenio.it www.pattodelmatese.it www.regione.campania.it www.sextantio.it www.ternareteitalia.it www.torri-superiore.org www.unpliproloco.it
179