Critica e storia del progetto
Federica Del Col
INDICE / 3
Indice
1. Design anonimo
4. Design e smart city
Design anonimo
pag.6
Ciabatte friulane
La terza rivoluzione industriale
pag.40
pag.8
Le furlane
pag.10
Biofuel the energy of future
pag.44
La coda lunga
pag.12
Jut
pag.46
2. Design e cambio di significato
5. Design e sostenibilitรก
Differente
pag.16
In the bubble
pag.48
Olivero Toscani
pag.21
Urshuz
pag.54
Divano Sity
pag.25
Il punto critico
pag.27
3. Design democratico
La lambretta
pag.32
Design
pag.34
6. Design del futuro
Breve storia del futuro
pag.56
Makers
pag.61
Xyz
pag.62
INTRODUZIONE / 5
Introduzione
Questo volume è di riassunto al corso di Critica e storia del progetto, delle letture, delle conferenze viste, di esempi e di progetti personali. Il libro è stato suddiviso in sei capitoli, in modo da unire vari argomenti in grado di rappresentare il percorso fatto in questo periodo. Nel primo capitolo, “Design anonimo”, ho spiegato in modo breve che cos’è il design anonimo, riportando come esempio le ciabatte furlane denominate “scarpez”. Le Furlane sono state oggetto del progetto del sito per il corso di Web e multimedia design. Introducendo con questo progetto personale sul tema della nicchia ho inserito la lettura del libro “La coda lunga”. Nel secondo capitolo, “Design e cambio di significato”, ho inserito la lettura del libro “Differente” perché spiega come mai pochi brand d’oggi riescono a trovare l’innovazione giusta, il cambio di significato opportuno per essere diversi. Ho poi inserito due esempi di design che hanno cambiato il significato: il primo riguarda la comunicazione, di Oliviero Toscani, che con il suo modo di creare attraverso la fotografia ha da sempre cercato di dare un senso diverso; il secondo, invece, è la spiegazione del divano Sity di Citterio, che ha cambiato in poche soluzioni progettuali l’idea del divano. Alla fine di questo capitolo ho aggiunto una terza lettura, quella del libro “Il punto critico”, che sostiene come, il cambio di significato di un prodotto, dato dalla progettazione di un designer, è un evento che porta ad un cambiamento quasi epidemico. Nel terzo capitolo, “Design democratico”, oltre a inserire la recensione del libro “Design”, ho inserito la lezione sulla Lambretta di Innocenti, lo scooter poco costoso, adatto a tutti e alla portata di molti. Nel quarto, quintoi e sesto capitolo, “Design e sostenibilità”, “Design e smart city” e “Il design del futuro”, ho voluto riassumere quali fossero gli orientamenti attuali o di tendenza sulla progettazione.
DESIGN ANONIMO / 6
1. Design anonimo
Design anonimo
lezione
Caffettiera napoletana
La maggior parte degli oggetti, che usiamo quotidianamente, è anonimo dal punto di vista del progetto. Cosa significa? Non ci è dato conoscere il nome del designer e nella maggioranza dei casi nemmeno della casa produttrice. Questo non significa che siano senza autore, ma piuttosto che non ci è dato conoscere chi sia esso, perché ne sono andati persi firma o documentazione. Il più delle volte si tratta di prodotti di largo consumo, progettati per la diffusione di massa, che proprio per il fattore di essere conosciuti da tutti, diventano archetipi tipologici di cui fruiamo nella distrazione. Se li andiamo ad analizzare in profondità, capiremo che non si tratta di oggetti banali, trascurati: ognuno di essi contiene un’idea, la soluzione semplice o complessa di un problema, sfoggiando caratteri di piacevolezza fisica e formale. Certo, parliamo di oggetti comuni, ma dati per scontati a tal punto che difficilmente ci interessano, ma comunque risultano necessari, indispensabili e funzionanti. Per dirla alla Gillo Dorfles, essi contengono la “memoria oggettuale”, che ci aiuta a comprendere la complessa storia del design. Stiamo parlando di oggetti reperibili in tutte le case italiane: chi non ha una moka? La mitica moka Bialetti non è il risultato di una designer conosciuto. Si tratta più che altro del risultato di un progettista a noi, purtroppo, sconosciuto che ha perfezionato le più antiche macchine per il caffè napoletane. La moka è parte integrante della nostra cultura ed è per quello che viene riconosciuta come design anonimo: nei suoi tratti conosciuti alla massa, nasconde la sua storia più intima, il disegno sapiente e iper tecnologico
DESIGN ANONIMO / di un progettista ignoto. Achille Castiglioni amava collezionare questi oggetti anonimi, non solo per il piacere di ammirarli, quanto più per il bisogno di studiarne le forme, l’utilità, l’ergonomia. Forbici, cesoie, lanterne, metri a scatto diventano il fulcro delle sue lezioni, dove sottopone i suoi studenti alla ricerca del buon design. Smontandoli fisicamente e mentalmente è possibile comprenderne pregi e difetti, ma soprattutto, capirne le qualità di progettazione. Per questi fini il design
Moka Bialetti Oggetti anonimi Castiglioni Achille Castiglioni nel corso della loro attività hanno raccolto un vasto numero di oggetti comuni, molti dei quali anonimi, come il martello, le forbici, la candela, la lampadina.
anonimo si presta perfettamente: la moka, la penna Biro, lo scolapasta, la sedia Marocca, le scarpe Superga… L’elenco può continuare all’infinito. Ognuno di questi oggetti nasconde al suo interno una finezza di idee, di linee e progettazione che a noi ancora oggi sfugge quasi del tutto. Diamo per scontato che ci siano e ci meravigliamo dei nuovi prodotti supergriffati da designer di grido. Ma gira e rigira, usiamo sempre la convenzionale penna Biro e la moka per fare il caffè. E sapete perché? Perché il design anonimo è in qualche modo “padre” del design contemporaneo.
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DESIGN ANONIMO / 8
Ciabatte friulane
Esempio
Le Furlane possono essere catalogate tra quei brevetti nati in Italia, le cui antiche origini combaciano con le tradizioni e usanze del nostro paese,in questo caso della zona Carnica. La loro storia può essere datata all’ attività dei caramârs, venditori ambulanti che nel XIII secolo, spostandosi tra Friuli, Austria, e Germania meridionale, portavano con sé il velluto già tagliato per le tomaie, il cardellino di lana per gli orli, filo, fustagno e spago di canapa. Diffuse in varie zone del Friuli nell’ Ottocento, venivano indossate da chi non poteva permettersi una calzatura, proprio per la loro economia, nonché facilità e versatilità di produzione. Gli “scarpèz” venivano confezionati in abito domestico da sarti appositamente chiamati o dalle donne per tutta la famiglia, preparando l’occorrente servendosi dei materiali disponibili, dai ritagli alle stoffe da acquistare. La suola era ottenuta pressando pezze di stoffa imbastite insieme, veniva poi tagliata seguendo una forma di carta e usando uno scalpellino piccolo e tagliente, infine trapuntata fittamente.Le differenti soluzioni per suola e tomaia utilizzate nel tempo, esaltano la versatilità e adattabilità per ogni esigenza, facendo di esse un prodotto sempre attuale. Se in tempi di ristrettezze e povertà, mancando la stoffa, per le suole si utilizzavano anche le foglie di pannocchie, per rinforzarle venivano applicati pezzi d cuoio ricavati da vecchie scarpe, mentre in tempi di guerra si iniziò a saldare alcuni pezzi di copertoni di bicicletta o di moto, soluzione questa che oggi è ritenuta qualificante per il prodotto nella versione tipica. Per la tomaia, elementi distintivi potevano essere la stoffa utilizzata per l’ orlo, la punta rialzata o arrotondata, il ricamo a fiorellinie la presenza di elastici o di laccio con bottone.
Le mie “Scarpez” Fatte a mano da un’artigiano di Erto in provincia di Pordenone (Fvg). A destra.
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Le furlane
Progetto realizzato con: Altea Bacchetti Dario Morganti
Esame di laboratorio di web e multimedia design prof.essa C.Chiappini.Realizzare un sito web per un prodotto di nicchia. Il progetto di un sito web per promuovere e vendere sulla rete dei prodotti di nicchia della cultura italiana o sammarinese che privilegino la tradizione dal punto di vista realizzativo e artigianale. In questo caso abbiamo promosso le furlane, calzature tipiche del Friuli Venezia Giulia e della zona carnica. Promosse in questo sito trammite la sua storia, la realizzazione, i paragoni, le collezioni, i lookbook, le personalizzazioni e il concorso.
Index, Galleria collezioni, Look donna Nella Home del sito “Le Furlane” l’utente può accedere alle 4 sezioni del sito. Pagina successiva galleria collezioni e look donna.
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La coda lunga
di Chris Anderson (2006)
Il best-seller di Chris Anderson è dedicato ad un mercato che prima si concentrava sulla ricerca dei grandi successi e dei prodotti che potessero produrre ricchezza, definiti “hit”, la cui cultura dagli anni Novanta è andata lentamente diminuendo, indirizzandosi poi verso un mercato concentrato sulla frammentazione e la moltitudine delle “nicchie”. Non significa però che le hit siano destinate a scomparire completamente ma, semplicemente, che a queste si è affiancato un modello di mercato sempre più specializzato, basato su esigenze specifiche. Il grafico di questo andamento, che l’autore ha analizzato, è quello di una curva che inizia con un testa, costituita dalle hit, che si abbassa poi drasticamente senza mai raggiungere lo zero, determinando il fenomeno denominato “coda lunga”. Questa coda è costituita dalle “non hit” che, singolarmente, non sono certo redditizie come le hit, ma che prese nel loro insieme formano una quantità tale da superare queste ultime, uniformandole dal punto di vista della produttività. Anche se la coda lunga oggi si manifesta per lo più come un fenomeno di internet, in realtà è nata come culmine di una serie di innovazioni commerciali che hanno seguito l’evoluzione della forma del catalogo. Eliminando la funzione fisica dello scaffale, si ha la possibilità di offrire al consumatore un maggior numero di prodotti disponibili, un prezzo sempre più conveniente ed una portata più estesa. Anderson teorizza che la coda lunga nasce dall’intreccio di tre forze: 1. La democratizzazione degli strumenti produttivi; ne è un esempio perfetto il computer e i software, che ci hanno permesso di diventare da consumatori passavi a produttori. 2. La democratizzazione della distribuzione, resa possibile dagli aggregatori di beni fisici (eBay, Amazon), di beni digitali (iTunes, iFilm), di pubblicità e servizi (Google), di informazione (Wikipedia) e di comunità e contenuto creato dall’utente (MySpace, Flickr). 3. Il collegamento tra offerta e domanda, grazie ai blog, alle raccomandazioni,ai feedback, alle recensioni, che introducono i consumatori alle nicchie, spingendoli giù per la coda.La coda, spiega Anderson, è così lunga che non può non contenere sia la qualità sia il ciarpame. Il pubblico che si avventura nella coda è però guidato nella sua scelta (vedi terza forza) attraverso: 1. Il passaparola che sfrutta l’opinione dei consumatori, i nuovi tastemakers, per fare incontrare offerta e domanda, aiuta a trovare ciò che si vuole nella nuova super-abbondanza di varietà. Grazie al passaparola online e alle recensioni dei consumatori, per moltissimi
DESIGN ANONIMO / 13 prodotti le vendite aumentano a tal punto che alcunidi questi prodotti diventano best-seller. Amazon, una delle più grandi compagnie che vende merci su internet, ad esempio, oltre ad offrire le recensioni dei lettori, suggerisce alcuni prodotti abbinati ad altri. Ne consegue che ogni vendita tende ad instaurare anche un feedback positivo. E’ grazie alle librerie online come Amazon, con uno spazio espositivo infinito, che libri spesso sconosciuti riescono ad avere un trend di vendite in ascesa. Come Amazon molte altre aziende hanno compreso questo nuovo modello matematico: un numero molto elevato di prodotti sulla coda, moltiplicato per un numero abbastanza piccolo di vendite di ognuno di questi prodotti, continua a dare un numero molto grande che può aumentare in continuazione. 2. I filtri, invece, aiutano a trovare la qualità nella coda. I filtri sono tecnologie e servizi che passano a setaccio tutte le scelte disponibili per presentare le più adatte ai gusti del pubblico. Senza filtri la coda lunga è solo rumore, troppo rumore comporta meno vendite. I filtri ci permettono di ignorare il rumore, di non allontanarci dalla coda e di trovare quello che stiamo cercando. Nell’economia della coda lunga, secondo Anderson, scompare la regola dell’80/20% scoperta nel 1897 da Pareto. La regola dell’80/20%, che per la prima volta era stata applicata all’andamento del reddito inglese, può essere usata su tutto, anche sui prodotti: il 20% dei prodotti genera l’80% delle vendite e di solito il 100% dei profitti. Nel web, dove spopola il mercato delle nicchie, non si ha lo stesso risultato, non si arriva al 100% dei profitti ma al 98%. Per questo fu coniata, in contrapposizione alla regola dell’80/20%, la regola del 98%, dalla quale ne traggono vantaggio i mercati di “nicchia”, se così possono essere ancora definiti visto che i loro numeri vanno a costituire il grosso del guadagno. In conclusione Anderson definisce le otto regole per creare quello che lui chiama un “paradiso del consumatore”: 1. Più inventario in entrata…o in uscita. L’ inventario online è più efficace e centralizzato, migliore di quello fisico perché riesce a concentrare una quantità infinita di prodotti; 2. Mettere il consumatore al lavoro. Nel “crowdsourcing” la ditta affida parte del processo produttivo ai propri clienti che, non solo lo fanno gratuitamente, ma lo fanno meglio di chiunque altro perché sono i diretti interessati; 3. Un solo metodo di distribuzione non soddisfa tutti; 4. Un solo prodotto non soddisfa tutti; 5. Un prezzo non soddisfa tutti: più il prezzo è basso
DESIGN ANONIMO / 14 più sono alte le vendite; 6. Condividere le informazioni: è meglio una quantità di informazione elevata fornita all’utente a patto che sia utile per la scelta del prodotto; 7. Pensare “and” e non “or”: l’economia della scarsità si fonda sullo scegliere fra una cosa o l’altra mentre nei mercati che si vogliono definire a coda lunga la scelta deve essere illimitata; 8. Lasciare che il mercato lavori al posto vostro. Nei mercati della scarsità, visti i costi altissimi e gli spazi ridotti, è obbligatorio pre-filtrare cosa andrà o meno sugli scaffali, nella coda lunga tutto può essere messo in vendita perché non costa nulla e perché non occupa spazio, quindi quella della coda lunga è un’economia del post-filtraggio. Commento: Tutti al giorno d’oggi possediamo una connessione internet, sia nel nostro pc personale che nel nostro cellulare. Tramite il web ormai facciamo di tutto: vendiamo e compriamo qualsiasi cosa, ci informiamo, scambiamo email o chattiamo grazie ai social network, ascoltiamo musica, guardiamo film e le nostre serie tv preferite in streaming, cerchiamo lavoro, ecc. Il web presenta uno spazio illimitato in cui quotidianamente nuovi mondi possono essere scoperti, generando continuamente approcci alla vita innovativi e solitamente semplificati. Ciò che un tempo era possibile svolgere solo recandosi in un luogo fisico, oggi lo si può fare a distanza senza bisogno di sforzi e senza perdite di tempo, con solo un click del mouse. Internet si è rivelata la strada vincente verso un nuovo modello economico, più redditizio che, per quanto riguarda i prodotti, permette di abbattere i costi di distribuzione e di magazzino offrendo cataloghi virtuali, aggiornabili in ogni istante, che prevedono una varietà di prodotti impensabile per un qualsiasi rivenditore fisico. Il modo di acquistare è completamente cambiato, i tempi su Internet sono molto brevi rispetto a una qualsiasi attività commerciale tradizionale.Il web non è solo uno spazio in cui regna il mercato ma è anche un luogo dove gli esseri umani sentono la necessità di appartenere ad un gruppo, non necessariamente numeroso, che possa comprendere le loro problematiche e che possa dare consigli od offrire semplicemente ascolto. Anche per noi, designer creativi, il mondo di internet offre svariate opportunità: ci sono siti che cipermettono di mostrare in nostri progetti migliori, altri che ci consentono di trovare occasioni lavorative freelance o che ci danno la possibilità di realizzare prototipi 3d.
DESIGN ANONIMO / 15 Sarebbe bello, secondo me, costruire piattaforme lavorative nelle quali un numero elevato di progettisti, tutti diversi tra loro per età, formazione, provenienza, tendenze ecc.. possano lavorare insieme per la creazione di progetti collettivi sempre più innovativi. Il modello presentato da Anderson nel suo libro è ciò che succederà con la continua espansione di internet, non possiamo però dimenticare che avremo come contropartita la crisi di certi settori come quello della musica (cd, radio, ecc.), del cinema e del
Pordenonelegge In alto a sinistra, locandina Pordenonelegge festa del libro con gli autori settembre 2012. Sopra, piazza XI settembre, stand libri, nuove edizioni.
videonoleggio (lo streaming in particolare sta mandando in crisi attività come Blockbuster) e probabilmente anche il mercato del libro (con lo sviluppo e la diffusione degli e-book e dei Kiddle). Sicuramente avremo dei vantaggi come la possibilità, grazie a produzioni amatoriali, di riuscire a “emergere” nel mercato, cosa che, nei mercati delle hit, non sarebbe possibile senza un ingente investimento di denaro in attrezzature e sponsorizzazioni, d’altro canto però c’è il pericolo di accantonare la produzione professionale e la qualità di certi prodotti. Il pericolo d’internet, a parer mio, sta nel fatto che andando avanti con il tempo nessuno sfoglierà più un libro, nessuno più ascolterà un cd, nessuno andrà più al cinema e così via. Quando questi supporti spariranno completamente, probabilmente non ci saranno nemmeno più le manifestazioni culturali ad essi legate: non ci saranno più festival del cinema, fiere del libro, fiere del cd ecc. Già mi immagino come sarà “Pordenonelegge”, la festa del libro con gli autori che si tiene nella mia provincia, quando di libri cartacei non ne vedremo più l’ombra. E allora che spariranno tutti gli stand pieni zeppi di libri nuovi, usati, da collezione e fuori catalogo? Ci saranno ancora eventi di questo tipo? Avranno ancora un senso o lo perderanno completamente? Diventeranno magari eventi puramente online?
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2. Design e cambio di significato
Differente
di Youngme Moon (2010)
Oggigiorno i professionisti aziendali hanno dimenticato qual è il loro scopo, ovvero quello di creare prodotti sensati e convincenti per le persone e si stanno limitando ad offrire soltanto una infinita varietà di alternative. Quello che un’azienda dovrebbe fare è prendersi l’impegno di dare al consumatore quello di cui ha bisogno, cioè quel qualcosa di assolutamente diverso. È ora che i manager non si avvalgano più di mappe di posizionamento, di ricerche di mercato, di trend demografici e così via, con il fine di ricercare le caratteristiche che il proprio prodotto debba avere per essere il più appetibile possibile, facendole diventare le fondamenta attorno alle quali si sviluppano le strategie delle varie aziende. La prima conseguenza di questa strategia anomala è l’omogeneizzazione poiché, spinti a competere con i prodotti degli altri brand, non ne avviano di nuovi ma “rafforzano” quelli già presenti sul mercato con una serie di migliorie che in realtà aggiungono ben poco valore.Tutte le statistiche sulle quali si basano i professionisti hanno fatto sì che il conformismo diventasse un rischio inevitabile. Oggi per un’azienda differenziarsi, proponendo un prodotto o un qualche servizio diverso dalla normale linea direttrice della propria categoria, è un percorso rischioso ed impegnativo. Per questo i vari brand preferiscono non coltivare le proprie caratteristiche che li differenziano dagli altri, ma cercano di migliorare i punti sensibili per essere in linea con i concorrenti, questo è quello che Moon chiama istinto del gregge. Un gregge composto da aziende che si muovono senza un’organizzazione, verso un’unica direzione e che sono disposte a modificarsi e ad adeguarsi ogni qual volta lo fanno le altre. Questa tendenza è radicata nel mondo del
DESIGN E CAMBIO DI SIGNIFICATO / 17 business, se la concorrenza di muove in una direzione, seguirla per le altre aziende è diventata un’operazione di routine, spontanea e automatica. Un altro rischio è quello che l’autrice chiama il paradosso del progresso, riferendosi al fatto che più le cose cambiano, più rimangono le stesse. Il progresso avviene in modo graduale e lento, ogni passo in avanti è di aiuto per il successivo, ma alcune volte i miglioramenti graduali possono dare maggiori frutti rispetto allo sviluppo troppo repentino. Tutti poi siamo viaggiatori del tempo, ci allontaniamo da una categoria merceologica per poi ritornarci perché ci ha saputo ricoinvolgere. Le aziende hanno intenzioni molto semplici: vogliono perfezionare i prodotti tramite un’espansione dello stesso, che può avvenire con un’espansione per aggiunta, secondo la quale vengono aggiunte al prodotto originale nuove funzionalità, o con un’espansione per moltiplicazione, che invece aggiunge nuove varianti speciali del prodotto stesso. In entrambi i casi l’obiettivo è lo stesso: migliorare il prodotto tramite un processo cumulativo o riproduttivo. Il risultato è che queste aziende così facendo fanno crescente le varietà di alternative che però contengono ben pochi prodotti sensati. Oggi vi sono settori in cui il cambiamento avviene rapidamente e indiscriminatamente, in questo caso la somma complessiva di tutte le parti che compongono lo sviluppo non produce più buoni frutti. Le categorie cominciano ad apparire un po’ confuse e a perdere la propria disciplina, Moon definisce queste categorie ipermature poiché, dice, riescono a migliorarsi fino ad un certo punto poi tendono a peggiorare. Un’altra conseguenza di questo sistema è la perdita del concetto di fedeltà verso una marca, non esiste più la brand loyalty, il consumatore va dove va la moda o dove c’è il risparmio. Moon fa una breve descrizione dei cinque possibili tipi di atteggiamento che hanno le persone rispetto i brand: ci sono gli intenditori, gli opportunisti informati, i pragmatici, gli indifferenti, i riluttanti e i devoti ad uno specifico brand e dice che i brand che non seguono questa tendenza di omogeneità, sono denominati idea brand. Essi, a differenza di tutti gli altri, non sono impegnati a soddisfare le nostre aspettative, cercano di renderle irrilevanti per proporci un prodotto realmente differente. Non scaturiscono da una moltitudine di dati ma da un’idea di ripensamento del prodotto e della categoria stessa, nascono da aziende che hanno avuto il coraggio di muoversi in una direzione opposta a quella
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AIBO Sony Robot dalle sembianze di un cane, diventò l'animale domestico per innumerevoli famiglie.Cambio di significato robotanimale.
dominante la loro categoria. Gli idea brand sono marche che si basano sulle idee e possono essere: 1. Brand capovolti, che ignorano il trend di espansione all’interno di una categoria in cui i consumatori sono arrivati ad aspettarsi un’evoluzione costante, questo tipo di brand non offre i benefici che invece le altre marche tendono ad offrire. I brand capovolti ci sorprendono con qualcosa che non ci si aspetta e che nessun’altro ha pensato di proporre e si inseriscono nel mercato con elementi improbabili, mentre gli altri brand della stessa categoria continuano a muoversi in gregge. Ne sono un esempio Google, Ikea e In-N-Out Burger. 2. Brand defezionisti, che ignorano i confini della categoria mettendo in discussione le definizioni dei prodotti. Introducono sul mercato prodotti con la consapevolezza che, nell’ambito del consumo, le nostre classificazioni sono superficiali. Ci propongono un quadro di riferimento alternativo, incoraggiandoci ad abbandonare l’approccio con cui siamo abituati ad avvicinarci ad un prodotto, sperimentando modalità inedite. Sono un esempio Sony, con il cane robot Aibo, Pampers e Swatch. 3. Brand ostili, che danno l’impressione di essere difficili da accaparrarsi. Non fanno promozione di se stessi ma fanno antipromozione, essi ci dicono esattamente cosa possiamo aspettarci. ( Mini, Red Bull, Benetton) Vengono inoltre presentati altri tre brand che sfuggono alla categorizzazione precedente, cioè Apple, Harley e Dove che sanno deviare, sanno essere diversi a tal punto da toccare profondamente il consumatore. Sono marchi che creano nella nostra vita, caratterizzata da una certa stabilità, movimento, cambiamento, differenziazione. Questi marchi sono privi di coerenza interna, eppure è proprio questa caratteristica a dar loro un impatto così forte: non hanno bisogno della coerenza per mostrare la loro logicità. Moon congeda noi lettori elencando le caratteristiche che i brand dovranno avere nel futuro: dovranno offrire qualcosa che sia difficile da procurarsi, dovranno evidenziare un impegno nei confronti di una grande idea e dovranno essere intensamente umani.
Commento: Il mercato moderno che Moon mostra è assolutamente veritiero. Nel suo libro ci spiega come un consumatore sceglie una confezione di cereali, ad esempio, dividendo questa categoria di prodotto in tante sottocategorie ottenute da una selezione e ci racconta che ci sono persone esperte di alcune categorie, per cui è facile per loro trovare in pochi minuti il prodotto giusto, mentre
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c’è chi invece, non essendo un esperto, ci impiega molto più tempo. Nei supermercati ci sono scaffali affollati, lunghissimi e sempre più alti, stracolmi di merce che è tutta uguale, ma questo conformismo non lo ritroviamo solo nei prodotti ma anche in tutto ciò che li circonda: nelle promozioni, negli spot televisivi, nelle pubblicità di ogni genere sempre uguali, in tutto ciò che ruota attorno alla convenienza, alle agevolazioni del reso gratuito nel caso che il prodotto non vada bene, alla possibilità di pagare meno e dopo.
RioMare Slogan spot pubblicitario del 1994.
Personalmente il dover comprare qualcosa oggi è diventato per me snervante e mi riferisco a qualsiasi tipo di prodotto. Quando mi trovo a dover andare in un negozio perché ho davvero bisogno di una determinata cosa lo faccio a malincuore, perché so che anche se mi ci reco con la promessa di entrare, prendere ciò che mi serve e pagare velocemente, perderò un sacco di tempo fra le miriadi di varianti dello stesso insignificante prodotto che mi lasciano perplessa sulla scelta. Qualche mese fa, ad esempio, sono andata a fare la spesa con un’amica, (dovevamo prendere tutto l’occorrente per una cena) in un supermercato noto per essere particolarmente conveniente. Ad un certo punto della spesa dovevamo prendere il tonno e siamo andate in panico perché ci siamo ritrovate davanti ad uno scafale più alto di noi e almeno venti volte più largo, c’erano almeno dieci marche di tonno con dimensioni e peso delle “scatolette” diversissimi e con una moltitudine di prezzi. Di fronte a questa infinita varietà di offerta ci siamo trovate spaesate, i nostri occhi scorrevano da uno scaffale all’altro cercando di trovare un criterio che ci aiutasse a scegliere. Attualmente, secondo me, si sta verificando una specie di suicidio del mercato vero e proprio, o meglio del rapporto fra consumatore e prodotto e credo che in realtà le aziende non si concentrano più sul prodotto perché sono impegnate a copiarsi e a danneggiarsi l’un l’altra. Sempre più spesso quando sono con le mie amiche mi capita di sentire frasi come “prendi quella, costa di meno… tanto sono uguali” oppure frasi che delineano sempre un disagio rispetto a questa enorme varietà di prodotti. Il consumatore è evidentemente stufo e annoiato di tutta l’abbondanza presente per ogni categoria merceologica, omologata e stereotipata. Di tutte quelle marche di tonno ne possiamo fare volentieri a meno, tanto si tratta sempre di tonno che sia Riomare, Nostromo o Mareblu poco ci importa. Abbiamo bisogno di meno brand ma che siano più accattivanti e che ci ispirino fiducia. Sempre facendo riferimento al tonno, quand’ero piccola ero così affascinata dalla pubblicità della Riomare che diceva “così tenero che si taglia con un grissino”, che
DESIGN E CAMBIO DI SIGNIFICATO / 20 quando andavo per le prime volte a fare la spesa vicino casa, compravo solo quella marca. Ho l’impressione che i messaggi pubblicitari siano diventati con il tempo sempre meno incisivi, forse sono troppi e tutti uguali, forse non trasmettono emozioni, di certo è che la loro abbondanza causa disattenzione. Gli spot televisivi non comunicano più messaggi di grande impatto, non ci sono più le formule contagiose di una volta, siamo semplicemente abbandonati davanti ad una infinita moltitudine di alternative. Il libro mi ha fatto riflettere su cosa significa essere sostenitori di idee originali, come succede per gli idea brand, e su quello che vogliamo veramente diventare. Personalmente penso e spero di potermi realizzare in un futuro non troppo lontano come “product designer”, tuttavia quello che mi spaventa è di dover scendere a compromessi. Effettivamente poter sostenere un progetto, di cui si è “genitori” e in cui si crede, sarebbe il sogno di ogni progettista ma, fare i conti con la realtà è ben diverso. Qualche giorno fa, diretta a Milano per il salone del mobile, ho avuto l’occasione, spinta forse dalla curiosità, di origliare una conversazione tra colleghe di un’agenzia grafica: erano molto arrabbiate sul fatto che per la realizzazione di riviste, cataloghi, brand identity, ecc, il loro capo ogni volta che gli proponevano una loro idea le spingeva su tutt’altra strada. Secondo lui era meglio che loro producessero progetti osservando ciò che già esisteva, scopiazzando qua e là piuttosto che spingersi in qualcosa di nuovo. E’ davvero triste dover mettere un freno alla propria creatività!
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Oliviero Toscani
Conferenza “Un magnifico fallimento” (3 maggio 2013)
Moda Moda in strada con l'utilizzo del tipico fondo bianco che a Toscani piace usare.
Giovedì 3 maggio 2013, al teatro Titano di San Marino, il grande e unico vero maestro Oliviero Toscani, colui che ha cambiato la comunicazione visiva con la sua fotografia, ha ripercorso, per noi, le tappe della sua carriera, tramite una selezione di lavori. Ha iniziato raccontando di come, il giovane Toscani, non abbia mai scelto di intraprendere il mestiere del fotografo. Suo padre era fotografo, sua sorella lo era, e come in tutte le famiglie di una volta anch’egli si ritrovò nel ruolo di fotografo, e non certo per vocazione, ma non è stata una sfortuna. Si diplomò in fotografia e grafica all’università di belle arti di Zurigo tra il ’60 e il ’65, dove imparò le nozioni base che gli servirono poi nella sua professione. Toscani ha iniziato a mostrarci alcuni dei suoi progetti fotografici, raccontando che lui non tiene nulla di originale nel suo archivio se non le foto che sono già state pubblicate, affermando che “l’arte non lo è se non è pubblicata”. Toscani, che per la maggior parte della sua carriera ha collaborato per numerose riviste e giornali, ha raccontato come, nel 1966, per una rivista di moda, allestì un set fotografico all’esterno, dove le modelle posavano per strada d’avanti ad un semplice telo bianco. Per lui la moda deve essere libera, per questo motivo evita i set fotografici preferendo luoghi come spiagge, strade, città, parchi ecc. I suoi progetti, spiega, sono dettati dalla più totale immaginazione, non sono programmati ne sono oggetto di una preparazione. Programmazione e preparazione uccidono l’energia, l’immaginazione è come suonare il Jazz. Lo sfondo bianco, che spesso utilizza, è per lui fonte di immaginazione. Quando lavora arriva appositamente prima di tutti agli studi fotografici, quando ancora non ci sono neanche le guardie della sicurezza, accende le luci, si siede, guarda il bianco e immagina. L’immaginazione, dice, è l’attività principale di ogni essere umano e di ogni artista. Immaginare, sognare, liberare la mente, non è uno spreco di tempo, lo è piuttosto stare davanti al pc o al cellulare: la tecnologia non permette di fantasticare, è una gabbia che ti comprime e non ti permette di volare lontano. Nell’immaginazione ogni dettaglio è rilevante, è proprio questa meticolosità dei particolari che ci crea al tempo stesso insicurezza. L’insicurezza, sostiene, ci fa trovare la vera ispirazione, non l’idea: “Il vero artista non ha idee, fa come fa, fa quello che sa fare”. Sono pochi coloro che hanno il coraggio di realizzare ciò che immaginano. Nella fotografia si scelgono i personaggi, i colori, il ritmo, lo spirito, ma soprattutto si immagina,
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No-Anorexia No-Lita Campagna di sensibilizzazione anti anoressia Jeans Jesus Pubblicitá
si fantastica per fare cose al limite della morale, senza mai soffermarsi alla bellezza e all’estetica perché non sono elementi di qualità. In seguito descrive un progetto in cui posano composizioni di foglie e fiori: queste sono le sue modelle ideali, non quelle in carne ed ossa, inguardabili nella loro anoressia che le abbruttisce. Esprime il suo disgusto verso queste donne troppo magre attraverso la campagna di sensibilizzazione “No- Anorexia No-Lita”. La foto che appare nei manifesti affissi in tutte le città, era il 2007, suscita ancora oggi grandi polemiche. Fin dall’inizio era chiaro che la foto, raffigurante una modella anoressica, si sarebbe scontrata con un tema tabù per il mondo della moda. Il poster, così provocatorio e cruento, poteva non essere compreso, invece fu un successo, apprezzamenti arrivarono dall’allora ministro della salute e da qualche stilista. Toscani ha lavorato per grandi case di moda come Espirit, Valentino, Chanel, e così via, ma anche per marchi emergenti come, nel 1972, la Jesus Jeans, primo marchio italiano di jeans per il quale ha ideato la famosissima pubblicità della ragazza che indossa un paio di jeans provocanti con la scritta, “chi mi ama mi segua”. La foto, racconta, è stata scattata in casa, a km zero, alla sua ragazza di allora che indossava un paio di short particolarmente succinti. Questo manifesto fu divulgato dall’agenzia Italia che ne affisse in quantità sui muri di tutte le città Italiane. Fu subito scandalo, come era prevedibile, tanto che numerosi intellettuali illuminati non apprezzarono e anzi attaccarono e condannarono il manifesto, al contrario di Pier Paolo Pasolini che elogiò il progetto con un articolo negli scritti corsari. Tutte queste polemiche però, non hanno fatto altro che alimentare la notorietà dei jeans Jesus, facendoli diventare un simbolo di trasgressione. Questa è la dimostrazione che la pubblicità funziona anche in negativo, quando cioè scatena polemiche e accende gli animi. Toscani ha definito gli artisti come persone sempre al servizio del potere (nella storia spesso gli artisti erano al servizio del potere religioso) mentre il potere ha bisogno dell’arte per comunicare. La comunicazione deve essere vista, dice Toscani, come l’arte moderna. L’arte, come espressione più alta della comunicazione, viene però poco utilizzata dall’industria. Afferma, inoltre, che da sempre è interessato al rapporto tra arte e potere. Ai giorni nostri l’arte deve essere al servizio della società, deve essere pubblica, non deve finire nelle mani del privato, posseduta solo dai collezionisti, perché quell’arte non va a far parte
DESIGN E CAMBIO DI SIGNIFICATO / 23 della storia. L’arte deve intrecciarsi con il potere trascendendolo. Toscani si considera un artista, ma non gli interessa creare mostre per esporre le sue opere e far ammirare la sua abilità come fotografo: tutti sanno fotografare oggi. Le sue fotografie hanno come unico fine l’umanità, egli non guarda all’estetica, solo i mediocri lo fanno. Le sue opere attingono la loro bellezza dal dettaglio più piccolo e apparentemente più insignificante. È un’artista, non è un creativo, odia sentirselo dire. La creatività, a suo parere, è una cosa nata nel caso, nel dubbio e chi la fa è anche l’ultimo a capirla. La creatività è sperimentare qualcosa di mai fatto, esige coraggio, non deve essere sotto controllo, è una realtà scomoda da gestire. La creatività può essere innovatrice, generosa, disturbante, fedele, ragionata, può mettere in dubbio gli stereotipi mettendo in difficoltà. Mette in guardia affermando che la ricerca costante al consenso è la rovina per un artista. Chi si sofferma al consenso, dice, “è mediocre, bisogna invece saper accettare gli insulti e le critiche”. Il più grande problema, per un’artista d’oggi, è che il marketing e le ricerche di mercato, che definiscono il target, sono pronte a cercare la mediocrità, le innovazioni, le idee. Perciò se un’artista arriva con un grande sogno, una visione, rischia di sentirsi dire che non funzionerà e che non venderà. È così che ci si confronterà nel futuro, le ricerche di mercato avranno il sopravvento sull’arte e tutto ciò che essa rappresenta. Il futuro fa paura ed è meglio non pensarci. Non si può cambiare il futuro ma si può non perdere il tempo per l’immaginazione. Ognuno di noi, sostiene, è unico e irripetibile, nessuno è come noi e nessuno lo sarà mai ma bisogna avere il coraggio di esserlo. Ogni essere umano è un imprenditore e non deve cercare e fare cose sicure, deve saper correre il rischio. Il rischio, che spesso è visto come un termine negativo, va usato nella maniera provocatoria poiché può portare ad un miglioramento. Il rischio è sfida, sovversione, coraggio. Toscani poi torna a descrivere le sue opere e se stesso raccontandoci che lui predilige fotografare l’uomo nella sua imperfezione, non ama invece i paesaggi perché essi rappresentano la perfezione. Non si definisce un fotografo specializzato, ma piuttosto una persona a cui piace spostarsi da un problema all’altro. Ogni lavoro è per lui un’azione per capire meglio il mondo che gli sta intorno: lavora per riviste, affronta reportage drammatici nel terzo mondo, fa il direttore artistico, crea cataloghi per aziende come Artemide.
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Colors Copertina rivista da lui istituita. Campagna Benetton Opposizione tra un fatto di realtá, la diversitá di razza, con il machio di vestiario Benetton.
Ci racconta come la sua proposta per la campagna “We are the old continent”, tramite un tweet, apparse come una proposta inaccettabile poiché erano stati scelti dei bambini nudi, di paesi diversi, per rappresentare l’Europa unita. È stata vista come una forma di pedofilia. Dal 1982 Toscani inizia a curare le campagne pubblicitarie per Benetton, dove al posto delle foto di vestiti indossati da modelli vi sono immagini che trattano i più disparati temi: sociali, economici, ecc. Sono foto che simboleggiano qualcosa di reale, pensare a come comunicare qualcosa non è semplice, bisogna saper sintetizzare. La sintesi migliore nella fotografia per lui è lo sfondo bianco e per ottenere la sintesi “bisogna anche togliere, togliere e togliere”. Toscani nel 1993 ha fondato “Fabrica”, centro internazionale per le arti e la ricerca della comunicazione moderna, dove assunse sempre giovani al di sotto dei 25 anni alla prima esperienza lavorativa. In quello stesso periodo fondò anche una sua rivista, Colors, poiché aveva sempre desiderato un giornale dove non ci fossero personaggi famosi o news, ma che parlasse del mondo con un tema diverso per ogni numero. Chi lavorava per Colors erano sempre giovani al primo impiego. Nel periodo in cui aveva già deciso di lasciare la Benetton, Toscani realizzò il progetto più importante intitolato “ I am not to die”, un catalogo che racchiudeva scatti di condannati alla pena di morte. L’ultimo lavoro, sostanzioso, che sta svolgendo tutt’ora, si intitola “La razza umana”. I mussulmani ad esempio, racconta, non vogliono essere fotografati perché pensano che gli si rubi l’anima. Invece quello che Toscani sta riscontrando, grazie a questo progetto, è che se si fanno 20 scatti ad una persona, senza che si muova, si scopre che in ogni scatto cambia sempre qualcosa. Secondo lui ciò che cambia è lo sguardo, ed è questa la cosa che maggiormente lo “scompiglia”. “Fare fotografia crea libertà”, dice come ultimo messaggio. Per essere libero Toscani si incatena ai progetti, l’essere occupato dentro un progetto gli fa scordare della sua inesperienza, incompetenza e gli dona una libertà incredibile. Lavorare rende liberi, “andare in vacanza non ti rende libero”. In un progetto ciò che è facile non è semplice ma è complicato ciò che è semplice. Bisogna saper fare qualcosa con un valore aggiunto, avere responsabilità; il mestiere del fotografo è molto delicato e non bisogna conformarsi agli altri. Oliviero Toscani conclude il suo intervento mostrando un video molto toccante composto da spezzoni di riprese di guerra, assassini, arresti, ecc. che si inserivano tra foto di opere d’arte.
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Divano Sity
Lezione Antonio Citterio
Il divano Sity, progettato da Antonio Citterio, rappresenta l'evoluzione della progettazione del divano. Questo divano rappresenta la chiusura con il rapporto con il design moderno. Semplice nelle sue forme è caratterizzato da una struttura portante composta da pilotis, molto usati anche in altri prodotti progettati dal designer, in cui vi sono appoggiati dei cuscini. La particolarità di questo divano è che presenta una penisola. Citterio progetta il divano Sity dopo un viaggio in America, trae ispirazione dai loft, grandi ambienti abitativi dove i divani erano ricoperti da un lenzuolo bianco. Grazie a questa ispirazione progetta il Sity con l'idea di un divano diverso da tutti gli altri: non ragiono sulle forme ma sulle forme, non penso a un divano da parete, che non fosse di rappresentanza sociale. Progetto un divano che cambio l'idea di pensare il divano. Il divano sity ha la funzionalità di rilassaento, grazie alla sua penisolapermette di appoggiare i piedi e di stare sdraiati come se si stasse seduti ad una chaise lounge. La penisola rende il divano più fruibile, per questo questa idea di divano ha venduto molto nel mercato. Citterio ideo il divano Sity con un estrema sensibilità allo spazio e una grande capacità di sensibilizzare la società. Un'altro modo per vedere la sensibilità sociale che deve diventare quella generale dei progettisti. Con il divano Sity, prodotto da B&B cambia l'intenzione nella produzione degli imbottiti. L'importanza, che ha influito al cambiamento del significato del progetto divano, è stata resa tale anche dalla comunicazione pubblicitaria. La pubblicità del divano Sity mostra un divano che deve essere vissuto, non solo per rilassarsi, ma anche per guardare la tv, leggere un libro, ecc. Sity nella pubblicità, con lo slogan “Nesun Sity è uguale a un altro Sity”, è mostrato con i cuscini stroppicciati, con degli oggetti di uso comune delle persone appoggiati sopra, ciò per far comunicare che è un divano da vivere.
Sity Antonio Citterio, B&B Italia, 1986 Pagina pubblicitaria Pubblicità per il divano Sity di B&B Italia, 1986. Pagina successiva.
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Il punto critico
di Malcolm Gladwell (2000)
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Gladwell spiega come le epidemie raggiungono il punto critico. Le epidemie descritte in questo libro sono epidemie di ogni genere: da quelle che diffondono malattie infettive, a quelle sociologiche, a quelle economiche, a quelle criminologiche, ecc. Le epidemie hanno la caratteristica di essere contagiose e di subire piccoli cambiamenti che in esse possono avere grandi effetti, questi cambiamenti avvengono in un preciso momento. Quel preciso momento, quell’attimo di un’epidemia in cui tutto può cambiare è chiamato punto critico. In quel momento i cambiamenti derivano da eventi di poco conto e possono verificarsi con grande rapidità e distruggere l’equilibrio di un’ epidemia. Le epidemie possono raggiungere il punto critico in diverse modalità che Gladwell indica in tre regole: la legge dei pochi, il fattore presa e il potere del contesto. 1. La legge di pochi: Le epidemie sono trasmesse a causa di un ristretto gruppo di persone fuori dall’ordinario, che grazie alla loro personalità sono influenti all’interno del gruppo. Sono persone che dispongono di un insieme di qualità sociali estremamente particolari e rare da far si che un qualunque genere di epidemia, tramite il passaparola, abbia successo.Questi particolari individui capaci di controllare le epidemie del passaparola sono: i connettori, gli esperti di mercato e i venditori. I Connettori: Queste persone che ci mettono in rapporto con il mondo, ci presentano alle nostre cerchie sociali, sono persone sulle quali facciamo affidamento molto più di quanto ci rendiamo conto, sono individui dotati di una speciale abilità nel mettere in comunicazione il mondo. I connettori sono quelle persone che conoscono molta gente grazie alla grandissima capacita di saper stringere un numero eccezionale di amicizie. Roger Horchow, affermato imprenditore di Dallas e fondatore di una nota società di vendita per corrispondenza, è un esempio di connettore. Egli possiede semplicemente un particolare dono istintivo e innato che gli consente di stabilire infinite connessioni sociali ma non lo fa in modo aggressivo, non è uno di quei tipi ipersociali e invadenti, è palese ed opportunistico, è più che altro un osservatore con il modo di fare secco e perspicace delle persone che si divertono a restare un po’ all’esterno. Ama la gente in maniera intensa e genuina. Ritiene che gli schemi secondo i quali avvengono le conoscenze e le modalità con cui gli individui interagiscono siano infinitamente affascinanti. I connettori sono importanti sia per il numero sia per
DESIGN E CAMBIO DI SIGNIFICATO / 28 il genere di persone che conoscono. Hanno l’abilità di muoversi in universi differenti, questa abilità è dovuta a varie componenti della loro personalità: l’ essere curiosi, avere fiducia in se stessi, avere grande affabilità ed energia. Riescono a tenere un piede in numerosi mondi differenti e riescono ad unirli. Il connettore è un amante della compagnia e decisamente socievole. Le epidemie da passaparola sono operate dai connettori. Il passaparola inizia quando, a un certo punto della catena, qualcuno passa l’informazione a un connettore come Roger Horchow. I connettori insieme agli esperti di mercato sono fondamentali nel fenomeno di un’epidemia sociale. Esperti di mercato: Essi, al contrario dei connettori che ci mettono in relazione con gli altri, ci collegano alle nuove informazioni, sono dei veri e propri specialisti dell’informazione. Il termine inglese maven (esperto, perito) viene utilizzato per chi accumula conoscenza. Sono quelle persone che garantiscono l’onestà di mercato. Ad esempio se un negozio cercasse di ricorrere troppo spesso alla trovata pubblicitaria delle promozioni fasulle, queste persone se ne accorgerebbero e andrebbero a lamentarsi e avvertirebbero amici e conoscenti di evitare quel supermercato. Gli esperti di mercato: Amano “collezionare informazioni” di ogni genere e condividerle con gli altri. Sono quelle persone che desiderano risolvere i problemi degli altri perché così risolvono anche i propri problemi, come ad esempio le proprie necessità emotive. Il fattore che li distingue è il modo in cui sanno diffondere quello che sanno, essi vogliono essere d’aiuto perché adorano farlo e ciò ha un effetto straordinario sulla loro capacità di attirare l’attenzione. L’esperto di mercato non è un persuasore, non vuole costringervi a tutti i costi a fare qualcosa. Gli esperti di mercato forniscono il messaggio, mentre i connettori lo diffondono, infine vi sono i venditori, quella categoria di persone selezionate capaci di persuaderci quando siamo indifferenti riguardo a ciò che ci viene detto. Il Venditore: Possiede una personalità magnetica, persuasiva, innata. La capacità di persuasione è quella capacità con la quale attraverso la logica e l’appropriatezza degli argomenti utilizzati, il venditore, riesce a convincerti in tutto e per tutto. Sono bravi persuasori che cercano di ottenere un legame con il proprio cliente cercando di riflettere le posture o di assumere lo stile dei propri clienti, ciò li mette
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a loro agio. I venditori, cercano una sincronia emotiva con il pubblico. In questo modo la persuasione riesce ad agire sia internamente che esternamente. 2. Fattore presa: Le epidemie raggiungono il punto critico con lo sforzo di alcuni portatori selezionati. I portatori comunicano tramite messaggi con un forte impatto, tanto che chi li riceve non riesce a toglierseli dalla testa. Il messaggio di questo tipo viene definito messaggio contagioso. Esistono cambiamenti relativamente semplici, nel presentare e nel strutturare un’informazione, che possono fare una grande differenza ai fini dell’impatto che essa riesce ad avere. Il messaggio deve avere la capacità di fare presa, deve colpire nel segno, deve attaccare per poi diffondersi. Nelle pubblicità, per esempio, c’è una regola secondo la quale un annuncio deve essere visto almeno sei volte prima di essere ricordato da qualcuno, la difficoltà maggiore quindi sta nel riuscire a fermare i consumatori in maniera che leggano il messaggio. Proprio per questo è importante, non solo che il messaggio sia d’effetto, ma anche che il contesto in cui è inserito sia efficacie.Ci sono metodi molto semplici per presentare un’informazione che, nelle circostanze appropriate, possono renderla irresistibile. Quando guardiamo la tv, ad esempio, ci incantiamo quando il mezzo di informazione con i suoi trucchi e magie ci stimola e distogliamo lo sguardo, oppure cambiamo canale, quando siamo annoiati. Le epidemie crescono in funzione del numero di persone raggiunte da un dato messaggio. L’eccesso di informazioni però rende più difficile riuscire a fare in modo che un messaggio faccia presa. 3. Il potere del contesto: Le epidemie sono influenzate dal contesto, ovvero dalle circostanze, dalle condizioni e dalle caratteristiche dell’ambiente in cui si propagano. Questa regola fa riferimento al fatto che gli esseri umani sono molto più sensibili all’ambiente in cui vivono di quanto possa sembrare. Secondo Gadwell il punto critico, ad esempio nell’ambito criminale, risiede nei crimini minori e ci porta l’esempio dei graffiti della metropolitana di New York che indica come una delle cause dell’impennata della criminalità negli anni ottanta. Da questo quadro emerge la figura di un criminale non più come soggetto folle ma al contrario particolarmente sensibile a ciò che gli sta attorno, al contesto fisico e a quello sociale di cui fa parte. Gladwell ci spiega come anche i gruppi sociali pregiudichino la diffusione di una epidemia, facendo riferimento alla Regola dei 150 secondo cui il cervello
DESIGN E CAMBIO DI SIGNIFICATO / 30 umano può gestire efficacemente relazioni con non più di 150 persone, superata questa soglia i rapporti sono compromessi e il gruppo sicuramente non si troverà più d’accordo.Riassumendo, il contesto, cioè l’epoca, il luogo e la compagnie, può influenzare talmente tanto una persona da sconvolgerne la natura.
Commento: Il libro parla di come le epidemie riescono a raggiungere il punto critico. Gladwell ci spiega le tre principali modalità di raggiungimento grazie a esemplificazioni più o meno interessanti ma capaci di far capire in modo esaustivo ciò che succede: la legge dei pochi, il fattore presa e il potere di contesto. Tra le tre modalità quella che più mi ha colpita è quella del potere di contesto. Sono rimasta impressionata dagli esempi riportati; quello sulla teoria epidemica della criminalità a New York degli anni ’80 e l’esperimento carcerario di Stanford. Il primo esempio parla dell’avvenimento del caso Goetz, che diede vita ad un momento particolarmente cupo nella storia di New York quando il problema della criminalità raggiunse proporzioni epidemiche. Nel 1990 il tasso di criminalità ebbe un declino rapido e precipitoso. Come mai decine di migliaia di persone cessarono immediatamente di commettere atti criminali? Ci furono dei piccoli cambiamenti che permisero il raggiungimento del punto critico, questi cambiamenti non si identificarono con una persona particolare, come un connettore o un esperto di mercato, ma con un oggetto fisico come i graffiti nelle metropolitane. L’impulso ad assumere un determinato comportamento non parte quindi da un particolare tipo di persona, ma da una caratteristica dell’ambiente circostante. Dato che un piccolo intervento di pulizia dei graffiti nelle metropolitane aveva portato ad una diminuzione della criminalità nella città, si procedette controllando anche coloro che non pagavano i biglietti, pensando che fosse un segnale di disordine che invitava a commettere crimini molto più gravi. Nelle stazioni più importanti furono disposte quindi delle stazioni mobili di polizia nelle quali i viaggiatori abusivi scoperti venivano controllati. Si evidenziò in questo modo la particolarità che per un viaggiatore abusivo su sette era stato emesso un mandato di cattura per un precedente reato. Intervenendo sul miglioramento del contesto ambientale della città di New York, ci fu una notevole diminuzione dei reati minori che ebbe come effetto l’eliminazione di una buona parte dei reati molto più gravi. Piccoli
DESIGN E CAMBIO DI SIGNIFICATO / 31 interventi per un grande successo. Il secondo esempio, invece, parla di un esperimento fatto da Philip Zimbardo: fu creata una finta prigione con delle persone volontarie e mentalmente sane che fingevano di essere prigionieri, guardie, ecc. Questo esperimento era stato creato apposta per scoprire perché le prigioni siano così tanto orribili. Si scoprì che non erano le persone pericolose all’interno della prigione a renderla orribile ma era la prigione, il contesto, a rendere le persone così.
Eperimento prigione di Standford Fotografia
I volontari dell’esperimento si trasformarono, le guardie ad esempio si erano dichiarate persone pacifiche e dopo pochi giorni assunsero immediatamente il ruolo di rigidi sostenitori della disciplina. Il fatto che una caratteristica, un elemento, all’apparenza insignificante, dell’ambiente che ci circonda possa influire così pesantemente sulla trasformazione del proprio vivere e del nostro agire, mi spaventa; non credevo che il contesto fosse così rilevante.Io, infatti, ho sempre ignorato questa condizione nel definire il carattere di particolari soggetti da me conosciuti, sottovalutando l’influenza degli aspetti comportamentali ricorrenti nella nostra cultura e nel nostro ambito sociale. Sono però consapevole del fatto che un individuo rappresenta inconsciamente quello che è stato il suo percorso di vita; le sue esperienze, il contesto familiare e sociale in cui ha vissuto sarà un’eredità in grado di condizionare scelte e modi di agire nell’età adulta.
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3. Design Democratico
La Labretta
Lambretta 125 LD
La Lambretta progettata da Innocenti, dopo la Vespa di D'Ascanio, può essere considerata come dice Bassi articolo per Casabella “l'altro scooter italiano dell'immediato dopoguerra”. A confronto, con la Vespa che rappresenta il design di lusso e di esclusività, la Lambretta invece è da considerarsi come design democratico. La Vespa è un mezzo custom, per pochi, a differenza della Lambretta venduta ad un low price era per gli artigiani e per gli operai. Lambretta come simbolo di emancipazione. Innocenti come D'ascanio era un progettista di elicotteri, ma anche di armamenti,ecc. Dopo la guerra, nel 1944 Innocenti condusse il primo esperimento: si trattava di uno scooter in parte carenato di linea filante e areodinamica, la forma avvolgeva il motore anteriore, gli organi di trasmissione e il telaio. Presentava una sospensione telescopica e l'unico confort previsto era dato dal molleggio telescopico dell'ampia sella. Progetta due soluzioni, rimaste allo stato di prototipo e studia l'impostazione generale del primo modello in serie, la Lambretta A. Alla fine di quest'anno è affiancato dall'ingegnere Pierluigi Torre. Lo sperimento fu messo a punto nell'estate del 1945, la struttura scatolare del telaio, così come il sistema di trasmissione e ingranaggi saranno in sostanza adottati nel primo modello in serie. In oltre Innocenti volette mantenere sempre la concessione di un motore poco costoso Dopo svariati esperimenti, nel 1948, dopo la versione A esce la versione B della Lambretta: il cambio a manubrio, la sospensione posteriore, a quella anteriore idraulica, le ruote più grandi, infine cavi di comando esterni, per una più facile manutenzione. Il modello 125cc, del 1950, è di sicuro quello che assomiglia più alla Vespa. I modelli sucessivi dalla C alla LC furono poi progettati
1952, foto e brevetto. A destra.
da Torre.
Lezione
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Design
di Alberto Bassi (2013)
Oggigiorno i professionisti aziendali hanno dimenticato Il termine design, in una visione totalizzante del design di oggi, dove tutto è sempre design, si può intendere in molti modi: non c’è infatti un solo design, ma tanti modi di fare design. C’è il design che si concentra solo sull’aspetto estetico, basato sul bello/brutto o sulla giustezza e correttezza di un processo condiviso di progettazione, che non si basa sulla forma. C’è il design che tende ad essere il primo con lo scopo di prefigurare, anticipare, innovare. C’è il design che si basa sullo specifico del fare produttivo. C’è il design dove la forma segue la funzione. C’è il design che guarda a questioni come la standardizzazione o la produzione in serie. C’è il design che richiede la seriabilità, la produzione meccanica e un quoziente estetico dell’oggetto. C’è il design che guarda all’utile e al bello e c’è quello che, invece, si basa su un rapporto fra economia ed estetica. Bassi argomenta alcune tipologie di design: Il design democratico, reso possibile dal rapporto tra progettazione e produzione industriale, dalla possibilità di accedere a prodotti giusti, ad un buon prezzo e con un buon effetto sociale ed etico. Il design plurale, visto che qualunque cosa può essere passata per design, affinché il vero design sia riconoscibile nel suo valore deve essere affiancato da strumenti e da una conoscenza culturale, specialistica e professionale. Il design plurale è dinamico, deve stare al passo con i cambiamenti, per cui necessita di una continua evoluzione e deve diventare una forma di “dialogo necessario” proprio sui confini: da una parte con le discipline umanistiche e tecnologiche e dall’altra con le forme di espressione progettuale, artistica, creativa”. Il design multiverso, basato sulla cultura e sulle motivazioni proprie del progettista, è allo stesso tempo molteplice poiché riformula continuamente le regole del sistema. Ormai il designer si occupa sempre meno di oggetti e sempre più di sistemi e servizi, in dimensione digitale e virtuale, tramite il web che permette alle persone di interagire facilmente e velocemente. L’unica progettazione, su cui si dovrebbe basare un designer, scrive Bassi, è quella che tiene in considerazione l’utilità, la funzionalità e tutte quelle caratteristiche che formano la qualità del prodotto. Spesso però la progettazione si basa su logiche di consumo fast e “dell’usa e getta”, che mettono a rischio l’ambiente globale e non tengono conto della qualità. Il progettista si può muovere verso l’innovazione
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tecnologica o di significato, permettendo di passare da un modo di pensare ad un altro completamente diverso. Il designer, nel corso della progettazione, deve per prima cosa capire i contesti nei quali dovrà operare, per potersi calare nel giusto ecosistema. La progettazione deve saper attingere da molti saperi, fondere approcci e metodologie diverse. Il punto di partenza può quindi essere vario, il designer potrebbe partire ad esempio dall’esigenze dei consumatori, può guardare alla concorrenza osservando i Post-it
vari competitors o può lavorare su una mancanza, su un prodotto che ancora non c’è (ne è un esempio il Post-it) nell’intenzione di risolvere una necessità o un problema. La progettazione si deve basare non solo sulla ricerca e sul pensiero ma anche sull’intuizione. Il designer deve possedere delle competenze generali e specifiche, ogni progettista dovrebbe avere un’ “ampia cassetta degli attrezzi” e deve saper colmare le proprie incompetenze collaborando con esperti di altri settori. La progettazione è un lavoro collettivo, non individuale. Ci sono diversi modi di progettare, non c’è un vero ordine delle fasi di un progetto, ogni designer lavora in maniera diversa: c’è chi fa uso di un pensiero logico e c’è chi invece fa uso di un pensiero obliquo, riformulando i problemi e osservandoli in maniera diversa. I designer, dice Bassi, hanno tre ruoli fondamentali nell’ambito della loro attività: fanno da connettori, da narratori e da giardinieri. Il ruolo del designer giardiniere è quello di gestire l’ecosistema per renderlo sempre più vivo e mutevole. La «Design histories», scrive Bassi: “..si colloca all’interno del più vasto ambito della cultura materiale, cioè delle manifestazioni dell’agire umano, in cui un aspetto tecnico ed empirico è unito a uno artisticocreativo-progettuale.”. La storia del disegno industriale è chiara solo ed esclusivamente se messa in relazione all’evoluzione dell’economia, della società, della tecnologia, dell’impresa, della cultura, dell’arte, ecc. La storia del design può essere raccontata da diversi punti di vista, proprio per questo l’autore parla di histories, al plurale. Secondo l’autore, fin dall’inizio l’uomo è stato un autore-creatore dei prodotti utili a se stesso. Con la prima rivoluzione industriale e con la necessità di organizzare i ruoli all’interno di una fabbrica, nasce la figura del progettista. Emerge una nuova idea e un nuovo ruolo per il progetto: non esiste più un legame tra la qualità e il tempo di lavoro necessario alla produzione, com’era per l’artigianato, l’unico obiettivo ora è il buon prezzo. Un primo evento importante, che segnò la storia del design, è la Great Exibition di
DESIGN DEMOCRATICO / 36 Londra del 1851, era la prima occasione per presentare i propri artefatti, mostrando le capacità progettuali del designer e quelle produttive delle industrie. In contrapposizione al pensiero industriale, William Morris ripropose le modalità manuali dell’artigianato per salvaguardarne il ruolo. E’ a questo punto che nasce la visione di un design come sistema complessivo e come processo. Nascono inoltre professioni come il designer-ingegnere, l’architetto-imprenditore, ecc. Ne è un esempio Peter
Great Exibition Illustrazione della Great Exibition, 1951. Manifesto Aeg Manifesto per la lampada a filamento, Peter Behrens, 1907.
Behrens che dal 1907, alla Aeg gli furono affidate tutte le attività progettuali. Nello stesso anno viene fondato il Werkbund, associazione d’artisti che si propone di divulgare una nuova cultura del lavoro industriale. Nel 1919 apre il Bauhaus con l’idea di consolidare tramite l’istruzione il dialogo fra cultura del progetto, imprese, istituzioni. Dopo la chiusura della Bauhaus, il design prende il sopravvento negli Stati Uniti dove nasce lo streamline con il suo stile basato sulle linee aerodinamiche. La progettazione studia e analizza le forme delle carrozzerie dei nuovi mezzi di trasporto. I designer americani fondano studi di grandi dimensioni con il motto: più progettisti, più conoscenze, più prodotti.Dopo la seconda guerra mondiale si diffonde il tema del rapporto tra forma e funzione del Good design sia negli Stati Uniti che in Europa. Ne consegue poi una fase, negli anni sessanta, chiamata post-modernismo dove vengono messe in discussione tutte le regole del good design. Il design in Italia decolla in un momento più tardo rispetto agli altri paesi. Si configurano le “aree distrettuali”, zone in cui si concentra una specifica specializzazione produttiva. È così che in Italia, mentre da un lato si consolidarono le grandi industrie, dall’altro ci fu una massiva diffusione di un tessuto di medie e piccole imprese raggruppate fra loro, i distretti. In queste imprese italiane diviene importante il ruolo degli uffici tecnici e dei lavoratori. L’azienda è il designer. Nel tempo, il progettista imprenditore inizia ad essere affiancato da designer di formazione artistica o da architetti. Si comincia a fare la prima cartellonistica pubblicitaria, vengono fondate riviste di design come “Domus” e “Casabella” e nasce la prima Biennale delle arti decorative a Monza, che trasferita a Milano diventa la Triennale delle arti decorative e industriali moderne e dell’architettura, dove si esibiscono le prime collaborazioni tra industrie. Nascono così nuovi progettisti che negli anni 30 hanno ideato quei prodotti che si possono chiamare anonimi,
DESIGN DEMOCRATICO / 37 che non sono riconducibili ad un autore ma che si affermano nel tempo per la loro qualità progettuale. La produzione italiana, annuncia Bassi, è caratterizzata da due filoni di progettazione dell’auto: quello sportivo e quello popolare. Dopo il secondo dopoguerra le imprese passano dall’essere familiari ad aziende industriali. Sorgono nuove aziende, sia nel settore del mobile sia in quello della illuminazione, e aziende legate ai nuovi materiali, come Kartell. Rimane comunque un rapporto tra i progettisti e
Manifesto Mario Sironi, manifesto per la V Triennale di Milano, 1933. Stile Industria Copertina primo numero rivista.
l’artigiano, ne è un esempio Albini e l’azienda Poggi, per la progettazione della poltroncina Luisa. Il 1954 ha segnato la storia del design italiano con avvenimenti come la mostra dell’industrial design, il primo numero di “Stile industria”, il primo compasso d’oro e la nascita dell’associazione Adi. Bassi racconta la storia dell’Olivetti, un esempio eclatante di dialogo tra impresa industriale e cultura, per la sua “cultura del progetto”. Negli anni 60 viene messa in discussione la cultura del progetto, con la voglia di rinnovarla. In questi anni convivono prodotti frutto di diversi modi di intendere il design, sia attraverso forme diverse sia grazie a nuovi processi produttivi legati ai nuovi materiali. Nascono così correnti come il pop e il radical design. Sempre negli anni 60 i progettisti sperimentarono nel settore automobilistico, dando origine a prototipi avvenieristici. Gli anni 80 sono gli anni segnati dal minimalismo e dalla nascita di alcune imprese, come Alessi e Capellini, che chiamano nei loro uffici di progettazione designer internazionali. Le trasformazioni tecnologiche, ma anche sociali, economiche, ecc portarono in quegli anni alla scomparsa della grande industria e alla crisi del sistema distrettuale italiano. Ciò portò alla frequente delocalizzazione del progetto, della produzione e della ricerca, in relazione alla logica del basso prezzo e per rispondere ad un idea che appaghi i desideri e le emozioni. Infine l’autore, nell’illustrare il design del terzo millennio, lo definisce “un design della memoria” perché esisterà solo negli archivi e nelle mostre aziendali che ne racconteranno la storia. Ormai si stanno affermando sempre più i “global brand” come Ikea, Zara e H&M, insieme all’elettronica di consumo low price. In futuro si dovrà guardare con più attenzione a nicchie alternative di mercato, prodotto e progetto, dall’artigianato al custom made. Vi saranno inoltre sempre nuovi esempi di digital innovation, che prenderanno spunto dalla Apple, con prodotti touch usability e user friendly. Ci sarà un impatto sociale
DESIGN DEMOCRATICO / 38 sostenuto da parte del settore dell’information design; si comincerà finalmente a progettare con un occhio verso l’ecosistema, in modo quindi più sostenibile e guardando a tutto il ciclo di produzione e di vita dei prodotti; si progetterà per l’usabilità, in una realtà in cui aziende e prodotti non si differenziano più. Bisognerà progettare per essere differenti, per essere i first mover; bisognerà distruggere l’idea dei prodotti fast, usa e getta, per proporre prodotti con una durabilità maggiore. Si dovrà progettare una città intelligente dove sia più facile vivere e muoversi; l’automobile e la casa diventeranno un elettrodomestico e agiranno secondo in nostri comandi e bisogni; vi saranno “super-oggetti” e “non-oggetti”; si progetteranno eventi e servizi. Alla base del progetto vi sarà la collaborazione open source; si parlerà di produzione just in time a km zero; ripenseremo al fare con meno e penseremo soprattutto a progettare per tutti (design for all), ma soprattutto per l’uomo (human design).
Commento: Sono d’accordo con il prof. Bassi quando, all’inizio del suo libro, afferma che ci sono svariati modi di intendere il termine design. Io penso che al giorno d’oggi il termine design sia usato fin troppo, e in maniera sbagliata. Molto spesso si sente utilizzare la parola design per dare un’opinione su un prodotto esteticamente gradevole: un oggetto che ci piace diventa così “un oggetto di design”. Penso inoltre che anche i progettisti stiano dimenticando qual è il vero significato del termine o per lo meno stiano dimenticando che cosa significhi veramente fare del design. In questi tre anni di percorso universitario, grazie anche al professor Bassi e a tutti i libri letti in questo periodo, ho capito, approfondito, elaborato, interiorizzato, insomma, ho fatto mia la vera filosofia del design di oggi e del domani. Mi trovo spesso a sostenere discussioni, in ambienti estranei a quello universitario, per far capire che il design non è pura estetica, come spesso tutti vanno a intendere, ma che è anche altro. In un mondo pieno di cose, spesso inutili, dove ci sono prodotti che soddisfano ogni nostro bisogno, dove ci sono problemi di impatti ambientali causati dall’inquinamento, è importante che prima di tutti siano i progettisti a capire che cosa sia giusto fare nel mondo del design, e capire che in un momento di crisi, come quella che stiamo vivendo, non abbiamo bisogno di sommergerci di spazzatura, prodotti capaci di soddisfare i nostri
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bisogni momentanei o che siano capaci di emozionarci. Se i progettisti nel loro “piccolo” diventassero capaci di cambiare l’idea del design, diventerebbero capaci di fare la differenza, di creare qualcosa di nuovo, mai pensato prima. Una volta cambiata la mentalità dei progettisti, potremmo dire di aver fatto, secondo me, il primo passo per cambiare l’opinione della gente. Spero che nel tempo si inizi a pensare ai designer come a coloro che progettano per risolvere problematiche: l’opinione che il designer faccia solo cose belle da
Effetto Farfalla Milano www.effettofarfalla.net Progetto per riportare le farfalle in città.
vedere deve finire al più presto! Il design deve essere utile, non bello, del bello oggi come oggi non ce ne facciamo niente. Il progettista deve progettare per l’uomo, per coloro che gli stanno vicino, per questo infatti stanno nascendo progetti, che anche Bassi cita, chiamati smart city, città intelligenti, o il Master Plan che l’autore del libro “La terza rivoluzione industriale” sta mettendo in atto in diverse realtà del mondo. Progettare per la propria città, per il proprio paese è una buona strada per mostrare che il design non produce solo cose belle o brutte. Un esempio di progettazione per una città sostenibile è quello raccontato nell’articolo della Repubblica che il prof. Bassi ci ha incoraggiati a leggere. L’articolo parla di un progetto che cerca di favorire la reintroduzione delle farfalle in una città come Milano dove, da alcuni anni, le farfalle cercano di colonizzare le aree verdi della città, ma hanno vita difficile perché i fiori e le piante, di cui si nutrono, scarseggiano. Disseminando i balconi, i terrazzi, i giardini e le aiuole di fiori e piccole piante adatte alle farfalle, si possono creare dei corridoi che colleghino i parchi, le aree verdi pubbliche e private della città: le farfalle percorreranno ogni anno, da aprile a novembre, questi corridoi popolando tutte le aree verdi della città. Il progetto si intitola “effetto farfalla” e il suo pay off è “Popoliamo Milano di farfalle, per renderla più bella, più amica dell’ambiente” e qualunque cittadino può partecipare procurandosi i semi di fiori e piante da coltivare nei terrazzi e nei balconi. Tutti i cittadini che hanno dato il proprio contributo per il progetto, possono monitorare online l'avanzamento delle farfalle in città. L’iniziativa inoltre vuole estendersi creando, con l’aiuto dei cittadini, aiuole per farfalle anche nelle scuole, asili, ospedali, giardini condivisi e orti urbani. Il progetto è partito il 15 marzo 2013 e terminerà nel 2015, quando offrirà la propria esperienza per portare le farfalle in altre città italiane e straniere. Questo è un esempio di come deve essere inteso il design.
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Design e 4. Design Smart City city e smart
La terza rivoluzione industriale
di Jeremy Rifkin (2011)
Rifkin in questo libro illustra come il mondo diventerà un’economia ad emissioni zero; questo comporterà una transizione dalla Seconda rivoluzione industriale e dai combustibili fossili a una Terza rivoluzione alimentata da fonti di energia rinnovabile. La Terza rivoluzione industriale (TRI), come le altre infrastrutture energetiche e di comunicazione nella storia, deve fondarsi su dei pilastri in relazione tra loro. I cinque pilastri della TRI sono: 1. Il passaggio alle fonti di energia rinnovabile (o energia verde: fotovoltaica, eolica, idroelettrica, geotermica e quella generata dalle biomasse e dalla conversione dei rifiuti urbani), reperibile ovunque; 2. La Conversione degli edifici (case, uffici, aziende, centri commerciali, impianti industriali) in centrali energetiche in grado di sfruttare il sole, il vento, il calore del sottosuolo; 3. L’utilizzo dell’idrogeno e di altre tecnologie di immagazzinamento dell’energia, prodotta in modo intermittente, consentono l’utilizzo delle energie rinnovabili quando effettivamente servono; 4. Adottare le tecnologie Internet per trasformare la rete elettrica di ogni continente in una inter-rete per la condivisione dell’energia elettrica che funzioni proprio come internet (rete intelligente distribuita e centralizzata, rete infoenergetica, microreti e rete principale, super-rete centralizzata, open-source); 5. La trasformazione della flotta dei veicoli da trasporto, passeggeri e merci, pubblici e privati, in veicoli plug-in e con cella a combustibile che possano acquistare o cedere energia attraverso la rete elettrica continentale interattiva. Insieme questi pilastri costituiscono una piattaforma
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Programma triennale Ibrido Plug-in Progetto, basato sull’utilizzo di veicoli ibridi plug-in Toyota nella città di Strasburgo; obiettivo dell’iniziativa: promuovere la tecnologia ibrida plug-in e incoraggiare lo sviluppo di infrastrutture pubbliche dedicate. Progetto iniziato il 27 Aprile 2010.
tecnologica indivisibile, un’infrastruttura di un nuovo sistema economico. Rifkin racconta come lui e la sua squadra lavorano con l’obiettivo di creare una infrastruttura a cinque pilastri con sistemi efficienti per una nuova economia. Il gruppo sta elaborando dei piani di sviluppo economico, detti Master Plans, che si basano su un nuovo e rivoluzionario concetto abitativo: un nuovo regime energetico che converge con i mezzi di comunicazione, l’integrazione degli spazi abitativi urbani e suburbani in un contesto biosferico. Un Master Plan comporta anche una previsione dei flussi affidabili dei rendimenti dell’investimento, bisogna sempre tenere in mente gli aspetti finanziari. Inoltre, il progetto che genera il Master Plan deve essere un esercizio collettivo, deve quindi richiedere la partecipazione di tutti e tre i settori della società: il pubblico, il privato e le organizzazioni della cittadinanza attiva. Quattro sono per ora i Master Plans già avviati: Roma, San Antonio (Usa), Principato di Monaco, Utrecht (Olanda). Nella TRI l’economia si andrà a modificare, secondo Rifkin si andrà verso un’economia collaborativa, organizzata cioè intorno a energie rinnovabili distribuite e per la maggior parte gratuite. La distribuzione necessita però di un comando e controllo collaborativo e non di una struttura gerarchica, come nel caso delle rivoluzioni precedenti. L’economia collaborativa porterà a una condivisione della ricchezza generata; ad una relazione collaborativa fra venditore e compratore; ad un interesse collettivo; ad informazioni basate sulla trasparenza e sulla fiducia collettiva e a domini collettivi tramite reti open source che metteranno in discussione le attività economiche basate sulla proprietà esclusiva. Questa nuova economia favorirà un nuovo modello di imprese laterali, sia in ambito sociale che nel mercato, nella convinzione che l’interesse reciproco, perseguito congiuntamente, sia la via migliore per uno sviluppo economico sostenibile. Con la Terza rivoluzione ci sarà una democratizzazione dell’imprenditorialità con una condivisione delle risorse energetiche. Oltre al modo di gestire le imprese, la TRI cambierà il modo di pensare la politica, con essa si passerà da un potere gerarchico ad un potere laterale con il quale si metteranno in discussione le attuali leggi e regolamenti incentivando la conversione alle energie verdi tramite i cinque pilastri. La nuova economia e la nuova politica porteranno a creare milioni di posti di lavoro,
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Logo Unione Europea
rispondendo allo stesso tempo alle sfide del cambiamento climatico e della sicurezza energetica. La globalizzazione, con la TRI, scomparirà, i continenti pian piano ritorneranno a formare un unico continente: una seconda Pangea, creata però dall’uomo, segnerà il passaggio alla continentalizzazione. La nuova infrastruttura sta cominciando a diffondersi in vari paesi insieme alla creazione di mercati e di unioni politiche continentali. Sono già molteplici le unioni politiche fra stati, Rifkin ne riporta alcuni esempi: L’Unione Europea, il G20 e il G8, l’Unione africana, la Partnership energetica Africa-Europa, l’Unione delle nazioni sud americane, ecc. Nascerà una politica della biosfera, cha sarà basata su un valore senza limiti, nuovi modelli organizzativi, distribuiti e collaborativi, su mercati continentali e su governi transizionali. Verrà creato un capitalismo distributivo nel quale il basso costo per accedere alla rete permetterà a tutti di diventare imprenditori e collaboratori nei domini di internet. Rifkin annuncia che con la TRI vi sarà una riscoperta dello spazio tempo che ci farà sopravvivere e prosperare come specie. Lo spazio non è più un contenitore ma una comunità attiva di relazioni, l’organizzazione del tempo deve essere rivista: l’efficienza deve cedere il posto alla sostenibilità che andrebbe a riconnettere la nostra specie con i ritmi e le ciclicità del pianeta. Riassumendo i concetti fondamentali del libro, possiamo dire che l’autore è fermamente convinto che la Terza rivoluzione ci stia portando verso il passaggio dall’era industriale all’era collaborativa e che questa sia una situazione di mezzo tra due periodi della storia economica: uno caratterizzato dal comportamento industrioso e uno dal comportamento collaborativo. Secondo Rifkin la TRI si evolverà fino a raggiungere il picco nel 2050, raggiungendo lo stadio di maturità in cui tutti i continenti, già dal 2040, dovrebbero avere già attiva un’infrastruttura TRI, che porterà la forza lavoro industriale a stabilizzarsi e ad un punto di svolta storica dell’economia globale fino a quando l’era collaborativa comincerà a superare anche la Terza rivoluzione. Commento: Ho trovato questa lettura molto interessante poiché, in confronto al libro precedentemente letto “Breve storia del futuro” di Attali, Rifkin riporta una descrizione dell’avvenire del mondo molto più realistica, rassicurante e più vicina a ciò che concretamente sta già succedendo. Sia Rifkin che Attali, nel loro libro, prendono spunto dal passato per poter comprendere quale
DESIGN E SMART CITY / 43 sarà il futuro. Rifkin, nello specifico, guarda al passato ripercorrendo alcuni tratti fondamentali della Prima e Seconda rivoluzione industriale per saperci spiegare come il mondo si stia avviando ad una TRI. Nel spiegarci in cosa consiste TRI ci riporta esempi molto attuali e concreti, non si limita a fare previsioni basandosi sulla risaputa certezza che il petrolio finirà a breve e che il mercato è manovrato dalle multinazionali. Soprattutto Rifkin non è mai vago, ha inserito nel libro una quantità straordinaria di dati e di casi senza mai diventare noioso, la lettura del suo testo è risultata per me piacevole e coinvolgente. Attali invece, con la sua visione futuristica, ha creato in me un certo turbamento, un’ansia che diventa quasi paura del futuro.Rifkin descrive le dinamiche che caratterizzeranno la TRI, ciò di cui parla sta già succedendo, è sotto i nostri occhi ma non ce ne accorgiamo, i segnali ci sono, basta saperli cogliere e vedere. Rifkin, con i suoi esempi, ci illustra come l’economia della TRI permetta a milioni di persone di generare l’energia che consumano, una nuova rivoluzione digitale nella manifattura apre la possibilità di fare altrettanto anche per i beni durevoli. In questa era, secondo l’autore, tutti saranno in grado di diventare produttori di ciò che consumano, oltre che generatori della propria energia: avremo un mondo della manifattura distribuita. Basti pensare al nuovo processo delle stampanti 3D che, come dice l’autore, minaccia di cambiare radicalmente il mondo in cui pensiamo la produzione industriale. E’ facilmente immaginabile che fra non molto tutti possiederemo una stampante 3D con la quale potremo stampare, grazie ad un pc, oggetti tridimensionali, producendone anche più copie proprio come si fa con la fotocopiatrice. La stampante 3D, dice Rifkin, determinerà una progressiva diminuzione dei costi di logistica, creando la possibilità di numerosi risparmi energetici. L’energia verrà risparmiata in ogni fase del processo di manifattura digitale, dalla riduzione dei materiali utilizzati alla minor energia utilizzata nella produzione, all’eliminazione dell’energia di trasporto. Per un progetto universitario di management, io e il mio gruppo, stiamo proprio pensando all’utilizzo di queste stampanti 3D, che stanno diventando sempre più sofisticate e poco costose, per la creazione di una piattaforma online. Abbiamo pensato a questa piattaforma open source per dare l’occasione ai designer di emergere potendo aprire un negozio online, in stile Etsy, dove poter vendere e mostrarsi; un negozio che è anche portfolio. In questa ipotetica piattaforma anche le aziende potranno
DESIGN E SMART CITY / 44 aprire un proprio negozio, ma soprattutto potrà essere utilizzata come motore di ricerca da ”professionisti e non” nel campo della progettazione. La nostra piattaforma potrà anche essere uno spazio dove le aziende di stampanti 3D possono pubblicizzarsi e vendere grazie al nostro contributo. Le stampanti potranno essere affittate proprio come oggi si fa con smartphone e iphone. L’utente potrà stampare gli oggetti che vuole personalizzandoli e scegliendo la stampante più adatta. La piattaforma, che chiameremo Xyzeta, non sarà solo un sito web ma sarà anche un App con la quale inviare file alla stampa a distanza tramite il proprio telefono cellulare. Xyzeta è ancora solo un’idea, ma è anche un possibile esempio di come noi progettisti possiamo contribuire ad una produzione sempre più collaborativa e legata alla rete in sintonia con quanto sostenuto da Rifkin.
Biofuel the energy of future
Concorso Posterheroes
Biofuel for energy future Poster realizzato per il concorso. Font: Univers LT std Colori: Verde petrolio per stelo e le gocce, rappresenta il colore del carburante/ petrolio/biocarburante; Giallo primario per i fiori della colza, colore reale del fiore; Grigio chiaro per il fondale. Disposizione: Sia immagine che titolo del poster sono posti in maniera verticale e l’uno sotto l’altro, mantenendo lo stesso verso verticale del foglio. A Destra.
La tematica del brief del concorso era incentrato sulla Smart City, città intelligente, aveva 4 tematiche da dover seguire per la idealizzazione di un poster vertivale. La tematica scelta in questo caso è quella riguardante la produzione e l'economia, e diceva così:“In una Smart City è un processo generativo aperto basato su fonti energetiche rinnovabili ed in cui gli elementi di scarto vengono utilizzati come input in nuove dinamiche produttive. La tecnologia ha un ruolo fondamentale nella tracciabilità delle merci, nella logistica, nella disintermediazione e nella vendita al consumatore finale.”. In una Smart City è un processo generativo aperto basato su fonti energetiche rinnovabili ed in cui gli elementi di scarto vengono utilizzati come input in nuove dinamiche produttive. La tecnologia ha un ruolo fondamentale nella tracciabilità delle merci, nella logistica, nella disintermediazione e nella vendita al consumatore finale. Il biocarburante è un materiale rinnovabile, pulita a legna usato per: sostituzione del diesel, per la creazione di posti di lavoro verdi e per migliorare il nostro ambiente. Esso è composto da un mix sempre più diversificata di risorse tra oli agricoli, come l’olio di semi di colza. In questo manifesto, dal titolo “Biofuel for energy future”, è rappresentata una pianta con fiore giallo brillante, la colza, da cui discendono due gocce che identificano l’olio prodotto dai suoi semi e la loro trasformazione in biocarburante.Il biocarburante permette la riduzione dei costi di trasporto. Più basso è il costo del trasporto delle merci.
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Jut
Workshop: “Aspirare al futuro” in collaborazione con l’azienda Elica di Fabriano (AN). Progetto realizzato con: Daniele Campanozzi Anna Cantamessa Davide Turci Edoardo Zuccheri
Sistema di funzionamento L'aria viziata entra ed esce l'aria purificata dalle piante.
Rappresenta una riflessione sulla tipologia dell’alloggio minimo in cui si presta particolare attenzione al tema del trattamento aria. Jut è un dispositivo che integra nella facciata dell’edificio un sistema di filtrodepurazione. Jut è pensato per essere adattato a vari tipi di abitazioni ed è strutturato in moduli componibili adattabili a quote differenti. Questo sistema permette di depurare, climatizzare e deumidificare l’aria interna all’abitazione grazie ad un condotto che regola la circolazione dell’aria, fissato tramite un sistema plug and play. Dall’interno della struttura abitativa alla serra si sviluppa un particolare circuito di distribuzione, a mandata e ripresa, che sfrutta la potenzialità della felce, usata come filtro. In parallelo è presente una funzione di ricambio aria pulita dall’esterno che permette una migliore qualità dell’abitare per strutture di questo tipo.
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5. Design e Sostenibilitá
In the bubble
di John Thackara (2005)
Il termine “In the bubble” indica che tutto è sotto controllo. Una buona parte di noi si sente molto lontano dall’essere sotto controllo. Thackara con questo libro vuole farci capire che il “fuori controllo” è solo un’ideologia, non un fatto. Noi, con le nostre decisioni progettuali, siamo la causa di tutte le situazioni che ci affliggono e con le quali siamo costretti a confrontarci tutti i giorni. L’essere sotto controllo non è fuori dalla nostra portata, infatti l’autore dice che: “..se siamo in grado di progettare modi per renderci la vita impossibile, possiamo progettarne altri per risolvere i nostri problemi.” John Thackara fa del suo libro una specie di guida per la progettazione offrendo sue analisi, considerazioni e consigli su come affrontare le sfide progettuali, incoraggiando a compiere piccoli passi volti al miglioramento. La sua intenzione è quella di far capire che il nostro mondo non ha bisogno di progettisti che creano nuovi oggetti, o congegni tecnologici super complessi, che non fanno altro che creare problemi. Ciò di cui abbiamo più bisogno è di una progettazione che sappia sfruttare al meglio ciò che già esiste di sostenibile, combinandolo al meglio e riadattandolo alla situazione, è solo in questo modo che si crea qualcosa di totalmente diverso. Ma se vogliamo davvero portare un cambiamento dobbiamo partire col sensibilizzare e responsabilizzare la società, siamo noi stessi per primi a dover cambiare atteggiamento. Una volta che abbiamo cambiato l’uomo, possiamo procedere lavorando su una serie di concetti chiave, che Thackara approfondisce nei singoli capitoli. I concetti affrontati sono: 1.Sostenibilità.Tutti gli artefatti che ci circondano derivano da processi produttivi che impattano
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BlaBlaCar.it Sito internet che offre la possibilità a conducenti di offrire passaggi e di trovarne uno per chi ne ha bisogno. Mette in contatto conducenti e passeggeri.
Lavatrice BioLogic Azienda: Whirpool Designer: GCD Whirpool Europe (Ruben Castano, Patrizio Ciofoli, Giuseppe Netti), 2001, Prototipo.
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l’ambiente, tramite un largo consumo di energia e di materiali, senza dare il tempo ai sistemi ecologici di rinnovarsi e rigenerarsi. Per sostenibilità Thackara intende “un mondo basato su meno cose e più persone”, per lui quindi significa “creare strutture per riportare la gente ad assumere il controllo della propria vita” senza “rimpiazzarla con la tecnologia”. Per fare ciò bisogna: cominciare con l’aumentare l’efficienza delle risorse; imparare l’importanza della condivisione; sfruttare una progettazione ragionata; utilizzare una tecnologia che aiuti a semplificare la vita senza appesantirla con gli eccessi; pensare in piccolo e non in grande poiché solo con piccoli passi si possono raggiungere grandi risultati. 2. Leggerezza. È proprio la promessa che faceva Internet ai suoi esordi ma che ha portato, al contrario, solo ad aumenti di flussi di materiale ed energia. Per alleviare questo peso dall’economia, è opportuno eliminare lo spreco di risorse (durante il corso della produzione, trasporto, uso e smaltimento) e puntare sui servizi in modo da non rendere più necessario il possesso privilegiando l’utilizzo. Un primo passo è dunque quello di progettare per l’utilizzo e non per il possesso creando un sistema “prodotto-servizio”, come il carsharing. La leggerezza, come misura culturale e tecnica dei cambiamenti, caratterizza lo spostamento verso la sostenibilità. 3. Velocità. Le nostre innovazioni, Internet e le produzioni hanno raggiunto ormai dei ritmi di crescita vertiginosi, aumentando la pressione sulle nostre spalle e portandoci a creare oggetti dalle funzioni superflue, concentrati sulla tecnologia. La sfida non sta però in un rallentamento generale, anche se la lentezza è fondamentale per la qualità, ma sta nel creare situazioni che si adeguino ai ritmi dettati da noi e non più dall’orologio. La velocità sarà un requisito relegato alle sole informazioni, e dovrà essere sostituita dalla vicinanza e dalla qualità dei risultati, ma anche dall’organizzazione del concetto stesso di tempo, per avvicinarci di più ai ritmi della biosfera. 4. Mobilità. Con il concetto di velocità si introduce un altro problema, quello maggiormente conosciuto: la mobilità. L’errore sta nella continua ricerca di integrazione tra vari sistemi di trasporto, o nel tentativo di creare versioni “più sostenibili”, invece di cercare soluzioni per ridurre gli spostamenti di materia, sostituendo il concetto di “più veloce” con quello di “più vicino”. 5. Località. Analizzare il contesto, la località, progettare la redistribuzione dei vari sistemi e delle architetture di imprese, è di fondamentale importanza
DESIGN E SOSTENIBILITÁ / 50 per capire come avvicinare le distanze tra le persone e i servizi. Il pensare in termini locali e in piccolo responsabilizza verso un quadro più ampio. Progettare quindi per la rivalutazione della località, per far emergere la “memoria visiva” di un luogo o per favorire la comunicazione attraverso la localizzazione, ecc. 6. Presenza. È un altro tema su cui si può lavorare per diminuire gli spostamenti. Bisogna puntare sulle tecnologie di telepresenza, tenendo conto però, al contrario
Cyberware Ha sviluppato un sistema di scansione tridimensionale del corpo umano che drea personaggi reali; avatar, in grado di agire all'interno di spazi virtuali.
Dott 07 Progetto che si è posto di aiutare scuole, comunità, imprese a crescere i propri ortaggi all'interno di spazi urbani coltivabili.
di come si fa attualmente, di tutta la serie di sensazioni che sono da riportare, oltreal carico di significati e all’estetica dell’ambiente virtuale. Indirizzare dunque le ricerche sulla situazione, invece che sulla tecnologia. 7. Situazione. La situazione è tralasciata anche dai progettisti, che si sono finora concentrati troppo sulla distribuzione degli spazi. È bene invece rivolgersi ai fattori dell’interazione, far comunicare gli ambienti con le persone, rendere le condizioni di lavoro una possibilità di apprendimento di informazioni tacite. Bisogna ricordare, senza dare per scontato, di includere sempre l’uomo in tutto ciò che progettiamo, siamo noi la misura delle cose. 8. Alimentazione. Nel campo dell’alimentazione, dalla produzione al confezionamento, dal trasporto alla conservazione, si ha un enorme spreco di materiale e consumo di energia. Più che i governi, sono le multinazionali stesse che stanno cercando soluzioni sostenibili, tramite la rilocalizzazione dei sistemi di vendita, delle infrastrutture e dei servizi. Un’alternativa valida, che sta prendendo piede oggi, sono i sistemi di agricoltura urbana che utilizzano terreni incolti e si avvalgono di coltivatori volenterosi. E’ questo un sistema che si affida tutto alla collettività, unendo persone, risorse e opportunità. È un campo ancora vergine, molto promettente per la progettazione. 9. Assistenza. È importante rivedere anche l’approccio al modo in cui ci occupiamo l’uno dell’altro. Invece di concentrarsi ancora una volta sulla tecnologia, che aumenta prezzi e sprechi, è bene migliorare le strategie sociali e informare le persone su come comportarsi. L’assistenza sanitaria, ad esempio, è opportuno affidarla all’uomo, che sa svolgere questo compito di gran lunga meglio delle macchine. È spesso un semplice lavoro di baratto, uno scambio di tempo, che è meglio incentivare, con infrastrutture adeguate, favorendo l’interazione e la collaborazione tra le persone. 10. Istruzione. Neanche l’Istruzione si salva dall’errore umano, dalla struttura alle informazioni preconfezionate. Abbiamo bisogno di “descolarizzare” la società, usando
DESIGN E SOSTENIBILITÁ / 51 le tecnologie e gli spazi come modi per mettere gli studenti in contatto tra loro e in contesti nuovi, non per distrarli. Pensare al sistema scolastico come ad un sistema aperto, che renda flessibile il tempo a disposizione, rilasciando la pressione e aprendo la mente a spazi nuovi. Puntare al massimo su un apprendimento attivo, che coinvolga direttamente lo studente, e che sia provvisto di un’assistenza regolare nel tempo e di qualità. 11. Conoscenza. Abbiamo anche la necessità di cambiare
Ithaca Hours Sistema monetario per la comunità di Ithaca. L'Orca Ithaca è la valuta monetaria utilizzata a Ithaca, New York.
il modo in cui vediamo le cose. Ampliare la conoscenza, percepire l’embergy, l’energia, i processi e i sistemi. Rendere visibili i fenomeni invisibili, in modo da portarci ad una maggiore consapevolezza, soprattutto su come comportarci ed agire. Ma il modo giusto non è quello attuale, fatto di un bombardamento di messaggi visivi, è quello di affidarsi ad un maggiore coinvolgimento di tutti i sensi, esplorando alternative alla vista. 12. Intelligenza. È una prerogativa dell’uomo, nessuna macchina può superarci. Ciò non toglie però che anche le tecnologie intelligenti esistano, il problema sta nel loro errato utilizzo, che porta spesso a conseguenze disastrose. Dobbiamo solo imparare a sfruttarle in modo più saggio. 13. Sviluppo. Parlando di sviluppo si ha sempre avuto un’interpretazione errata. Non significa che il Nord, più evoluto, deve aiutare il Sud, più arretrato. Entrambi hanno qualcosa da donare l’uno all’altro, agendo in una economia che sia di reciproca cooperazione. Ma non solo, è utile imparare a promuovere i sistemi non monetari, che puntano sullo scambio di valori e di conoscenze, senza più la pretesa di prendere e basta. 14. Flusso. I Flussi sono l’espressione dei processi che dominano la nostra vita economica, sociale e simbolica. Questo significa che la progettazione deve tenere assolutamente in considerazione il contesto, i rapporti e le conseguenze. Da uno sviluppo insensato ad una progettazione sensata, che guardi non più alla forma delle cose, ma agli effetti che questi hanno una volta realizzati. L’autore termina con sei modi di procedere, che possono aiutare e guidare il progettista nell’affrontare le sfide del progetto, che riassumono i concetti espressi nel libro: passare da una progettazione basata sulla forma e struttura ad una basata sulla funzione; comprendere il contesto; avere una visione sociale alternativa; fare un’analisi degli spazi intermedi; fare una progettazione collaborativa, open source, e una progettazione come servizio pubblico, basata su un sistema-prodotto.
DESIGN E SOSTENIBILITÁ / 52 Commento: Ho trovato questo libro molto interessante e utile per la progettazione. Ognuno dei concetti chiave e degli esempi, che l’autore descrive nel libro sono, secondo me, di spunto per una progettazione futura. Fino all’ultima parola del testo ho avuto l’impressione che l’obiettivo di Thackara fosse quello di condurci verso una strada, aprendoci tante finestre verso un modo di vivere e una progettazione sempre più sostenibile, incentrata sulla persona e non sulle cose. Leggere questo libro ti apre la mente e cambia il tuo modo di pensare, ti responsabilizza ad essere partecipe del cambiamento poiché, come dice Thackara, “Qualsiasi cosa tu decida di fare, non farla da solo. Siamo tutti progettisti, adesso.”. Dice inoltre che “Le persone sono la risorsa più preziosa in assoluto. [...] creare vicinanza, incoraggiare cioè la gente a riunirsi in uno spazio reale, sarà l’applicazione chiave delle città del futuro.”. In tutto il volume, infatti, viene più volte ribadita la necessità di stabilire una maggiore collaborazione, condivisione e connettività fra le persone in modo che, dalla progettazione collettiva si passi alla condivisione d’uso di prodotti. Un prodotto è sostenibile e ben progettato se la sua creazione è il risultato dell’interazione di più persone, con competenze, conoscenze ed esperienze diverse. Dobbiamo dimenticare il mito dell’atto unitario creativo in cui, ad un’idea o un’invenzione, deve corrispondere un unico soggetto. Ai progettisti d’oggi deve essere vietato pensare a se stessi e alla propria notorietà, è indispensabile ormai saper lavorare all’interno delle comunità, raccogliendo i segnali e gli stimoli degli individui, e saper collaborare con professionisti di altri settori. Attraverso il libro si viene a conoscenza dell'esistenza di problemi che non sono virtuali, ma che sono diffusi e si possono toccare con mano, e che perciò urgono di risposte veloci e concrete. La sostenibilità non è più un concetto del domani, ormai riguarda il presente e quindi anche il futuro. E’ diventata un fatto culturale e una necessità per la sopravvivenza dell’uomo e del suo universo, deve essere la protagonista nelle scelte che ognuno di noi compie ogni giorno. Ognuno di noi ha la possibilità di scegliere un mondo diverso, tramite le piccole cose. Non possiamo più fare finta che i problemi di tutti non siano i nostri. Ognuno di noi oggi deve rinunciare a qualcosa in nome del benessere della comunità. Sono necessari nuovi valori per una nuova economia, per un nuovo stile di vita, che nascano dai bisogni reali
DESIGN E SOSTENIBILITÁ / 53 delle persone. La risposta a questi nuovi bisogni la possono dare le comunità e le realtà locali, quelle che l'economia ha sacrificato e ha costretto alla fame in nome di una globalizzazione, in nome di un'economia del consumo sfrenato. La risposta viene dalle persone, dalla loro voglia di cambiare, dai rapporti di cooperazione e di collaborazione che riescono ad instaurare. In questo contesto si deve inserire obbligatoriamente il design che invece appare ancora poco attento ai nuovi segnali e si
Life Cycle Nike Schema delle fasi del ciclo di vita delle scarpe da ginnastica Nike. Disegnato in ocasione della esercitazione Lcd per il laboratorio di prodotto.
pone gli obiettivi di sempre: la vendita e il denaro, per mezzo di una complessità e sfarzosità eccessiva, in un mondo che ha estremo bisogno di semplicità. C’è bisogno di cambiamento: si deve imparare a progettare in maniera sostenibile con un’attenzione particolare ai temi sociali, abbiamo bisogno di un design che produca un effetto sociale positivo, un design che risolva i veri problemi del vivere. In quest’ultimo anno, che va a concludere il triennio di laurea, stiamo imparando come progettare prodotti più sostenibili. Grazie ad uno studio approfondito sul Life Cyrcle Design e sul Life Cycle Assistment abbiamo capito che, nella progettazione dobbiamo mettere in conto tutti i consumi di risorse materiali ed energetiche, e che dobbiamo considerare l’impatto ambientale, attraverso emissioni di CO² e sostane inquinanti, che danno i prodotti o i servizi nell’arco di tutta la loro vita. Attraverso la lettura e lo studio di libri, come In the bubble, stiamo allargando i nostri orizzonti e stiamo capendo quanto sia importante l’attenzione nei confronti delle questioni sociali, che ci porteranno, speriamo, a progettazioni future più consapevoli. Nel laboratorio di prodotto, con il docente Marcello Zilliani, stiamo affrontando il tema “Design al tempo di crisi”. Tramite i nostri concept stiamo indagando su come risolvere un problema di crisi tramite un prodotto, o una famiglia di prodotti, adottando strategie di Life Cyrcle Design.
DESIGN E SOSTENIBILITÁ / 54
Urshuz
Esempio di Design for Disassembly
Ogni stagione, aziende di scarpe impiegano squadre di persone a rispondere a una domanda: Cosa pensiamo che vuole il consumatore? I disegni sono scelti, i colori scelti, tomaie e suole sono fissati in modo permanente, e di prodotti sono messi sugli scaffali. Dopo quindici anni come designer di scarpe, Grant Delgatty pensato che fosse il momento di cambiare. Si sentiva il prodotto finale deve essere inferiore scarpe della società e più scarpe "Ur". Dedicato a questa idea, Grant in definitiva creato il suo più grande progetto: la scarpa intercambiabile. Con questo, Urshuz è nato, insieme con il suo approccio unico e rivoluzionario alle calzature. Dopo anni di intensa attività di ricerca e sperimentazione, Grant perfezionato il suo sistema brevettato di looping mannaia, per cui i consumatori possono staccare e riattaccare tomaie dal loro unico. Con questo adattamento, possono interscambiare gli stili e colori per soddisfare i propri gusti o esigenze personali, il passaggio da una scarpa neutra tonica per il lavoro da loro preferito combo colore scarpe da ginnastica. Urshuz può anche essere convertito in una diapositiva o flip flop. La filosofia alla base del sistema di Grant è stato ispirato da uno dei suoi preferiti giocattoli dell'infanzia: Lego. Proprio come i bambini possono costruire tutto ciò che immaginano le diverse forme e colori dei vari elementi costitutivi, Grant ha pensato che sarebbe stato bello se la gente potesse divertirsi a giocare con le opzioni e di essere creativi con le proprie scarpe, proprio come ha potuto per il passato quindici anni nel suo lavoro di progettazione. Voleva che il consumatore di avere quella stessa sensazione giovanile di ispirazione e di possibilità illimitate.
Urshuz Progettate da Grant Delgatty a partire dal 2001, brevettate nel 2010. Le Urshuz sono delle scarpe da ginnastica facili da montare, disassemblare e ricilcare. A destra.
A Urshuz, crediamo che tutti gli individui sono unici e hanno un proprio stile individuale. La gente non dovrebbe solo essere in grado di apparire al meglio, sentire il loro meglio, e hanno la versatilità per completare la loro vita attiva, ma anche esprimersi attraverso la loro calzature. Noi non dettare ciò che i nostri consumatori devono indossare. In realtà, noi incoraggiamo le persone ad essere liberi di esprimersi e di essere creativi. Con il prodotto adattabile Urshuz ', il potere di esprimere la propria originalità di ogni persona è possibile. Questa era la visione di Grant, e questo è ciò che la sua azienda rappresenta.
DESIGN E SOSTENIBILITÁ /
55
IL DESIGN DEL FUTURO / 56
6. Il design del futuro
Breve storia del futuro
Attali in questo libro spiega come, secondo lui, potrà essere il futuro del mondo nel 2050. Nella prima parte ci racconta, attraverso un excursus, la storia dell’umanità
di Jacques Attali
fin dai suoi arbori, da quando cioè la vita è cominciata
(2007)
più di 4 miliardi di anni fa. L’autore ci vuol far comprendere che se vogliamo sapere cosa il futuro ci riserverà dobbiamo prima conoscere gli aspetti fondamentali del passato. Dai tempi più remoti, tutti i raggruppamenti umani si sono sempre organizzati intorno ad una ricchezza, una lingua, un territorio, una filosofia, un capo. Sono sempre coesistiti tre ordini: l’“Ordine rituale”, l’“Ordine imperiale” e l’“Ordine mercantile”. La libertà degli ultimi due ordini è il motore di tutta la storia, in particolare il potere mercantile parla la lingua unica della moneta e si organizza attorno ad una città centro del capitalismo. Fino ad oggi, l’Ordine mercantile ha conosciuto nove forme diverse di queste città che sono chiamate cittàcuore. A partire dal 1200 sono state città-cuore: Bruges, Venezia, Anversa, Genova, Amsterdam, Londra, Boston, New York e Los Angeles. Tutti i “cuori”, per essere tali, devono: possedere un vasto retroterra per potervi produrre i beni agricoli e un grande porto per poterne esportare i prodotti; reagire contro una penuria; utilizzare strategie decisioniste per conquistare un’ascendente sugli altri; avere una classe creativa in grado di mettere insieme tutti i pezzi per trasformare un nuovo servizio in un prodotto industriale; assumere il controllo delle risorse energetiche e dei mezzi di
IL DESIGN DEL FUTURO / 57 comunicazione. Forma dopo forma: la produzione dei beni agricoli, e poi di quelli artigianali, diventa industriale; scompare la schiavitù e si sviluppa il lavoro salariato; la produzione di energia e di informazione si automatizza; la libertà individuale, del mercato e della democrazia si estende; i contadini, gli artigiani, i lavoratori indipendenti si trasformano in salariati precari; le ricchezze si concentrano in un numero ristretto di mani; fanno la loro comparsa maggiori libertà per i consumatori e i cittadini e vi saranno maggiori alienazioni per i lavoratori. Los Angeles sarà, secondo Attali, l’ultima forma di città-cuore e durerà almeno fino al 2025.. Le fabbriche migreranno laddove il costo globale del lavoro sarà più basso e il sapere diverrà fondamentale per rimanere sempre allettante. La dematerializzazione delle informazioni renderà più facile passare dalla proprietà dei dati al loro utilizzo e si svilupperà una situazione di “ubiquità nomade”. La crescita mercantile favorirà l’allungamento della vita e dunque l’invecchiamento della popolazione. Nessun potere politico riuscirà a rallentare i movimenti migratori dei popoli, ciò porterà a una forte crescita urbana. Ci saranno delle penurie temporanee di alcune risorse e quindi, si comincerà a riciclare massicciamente gli scarti industriali; le foreste diventeranno sempre più rare e così anche gli esseri viventi. La produzione di oggetti commerciali richiederà sempre meno tempo mentre aumenterà la durata dei trasporti. Forse intorno al 2030, l’ultima forma cesserà di raccogliere la parte più consistente della classe creativa e di essere al centro del finanziamento delle principali innovazioni industriali. Il mercato sarà diventato così potente e il corso dello scambio di dati così inconsistente, che i membri della classe creativa non avranno più bisogno di vivere nello stesso luogo per dirigere il mondo.Dopo Los Angeles non vi sarà nessun altro cuore, ci saranno tre ondate del futuro nelle quali non ci sarà bisogno di una città-cuore per far funzionare l’Ordine mercantile. Prima ondata del futuro: L’Ordine mercantile diventerà policentrico e l’ordine del mondo si unificherà intorno ad un mercato divenuto planetario, senza stato. Si creerà l’“Iperimpero”, con la destrutturazione dei
IL DESIGN DEL FUTURO / 58 servizi pubblici, della democrazia, degli stati e delle nazioni. In questo nuovo mondo la parola chiave sarà la sorveglianza; nascerà l’“ipersorverglianza”, l’“autosorveglianza” e poi l’autoriparazione. Saremo così in grado di controllare tutto anche noi stessi; le tecnologie che permetteranno la sorveglianza ridurranno progressivamente il ruolo dello stato. L’iperimpero avrà come padroni gli “ipernomadi” che attraverso una competizione molto selettiva costituiranno una nuova classe creativa, un’“iperclasse”, che dirigerà l’impero. Le vittime saranno gli “infranomadi”, i nuovi poveri. Nel 2025 l’iperimpero fallirà e crollerà, perso nella propria rete. Seconda ondata del futuro: Con il fallimento dell’iperimpero cominceranno a scoppiare quattro tipi di conflitti: guerre di penuria, di frontiera, di influenza, guerra tra pirati e sedentari. Questi conflitti provocheranno un conflitto globale, un incendio planetario, un “iperconflitto”. Con lo sviluppo dell’iperimpero le mafie, le gang e i movimenti terroristici si chiameranno “pirati”. I pirati nasceranno da quelle nazioni che si sfasceranno sotto la pressione dei mercati e del gioco democratico. Sorgeranno i stati pirata con eserciti pirata. Per sconfiggerli bisognerà opporvi dei “corsari” che assicureranno le funzioni principali di sicurezza. Le armi dell’iperconflitto saranno basate sul concetto di autosorveglianza e molte nazioni uniranno i loro eserciti in una unica forza militare; un’alleanza contro i pirati e i nemici dell’ordine mercantile. Gli eserciti dell’alleanza spazzeranno via tutto ciò che vi era di negativo, così tutte le regioni si placheranno e diventeranno forze di pace, di ragione e di tolleranza. Terza ondata del futuro: Alla fine del grande conflitto, si comprenderà che né l’iperimpero né l’iperconflitto possono creare un modo votato a durare. Nascerà di conseguenza l’“iperdemocrazia”, che sarà resa possibile dai “transumani”. Essi guideranno le imprese relazionali, faranno nascere istituzioni planetarie, orienteranno le imprese industriali in una nuova direzione, svilupperanno, per il benessere di ciascun individuo, “beni essenziali”, e per il benessere di tutti, il “bene comune”. Il principale bene essenziale sarà il “buon tempo”; trascorrere del buon tempo significherà vivere liberi e
IL DESIGN DEL FUTURO / 59 a lungo. Il bene comune, invece, creerà l’“intelligenza universale” ovvero una somma delle intelligenze degli uomini. Sarà un’intelligenza riconoscibile, gratuita e potrà tradursi in diverse opere. Essa farà emergere un’intelligenza della specie, l’“iperintelligenza”, che agirà in funzione dei propri interessi.
Commento: Nel libro Attali, parlando di prodotti, descrive come, con la fine della nona forma, la velocità delle innovazioni accelererà ancora: il ciclo che va della creazione alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti si ridurrà notevolmente. Prima del 2030 tutti si troveranno in una situazione di ubiquità nomade, nella quale tutti saranno connessi in qualsiasi luogo a reti di informazione attraverso infrastrutture mobili ad alta velocità. Per rendere possibile a queste reti una connessione più comoda, gli oggetti nomadi come il cellulare e il pc portatile, diventeranno sempre più leggeri e più semplici. Questi due oggetti si fonderanno insieme e la loro dimensione sarà ridotta ad un orologio da polso. Tutto verrà reso disponibile e possibile via internet. Vi saranno dei robot che verranno impiegati nella vita quotidiana, saranno per noi dei “sorveglianti”. L’ubiquità nomade invaderà tutti i servizi precedentemente industrializzati; prodotti, macchine e persone saranno dotati di un sensore, come se fossero muniti di un’etichetta identificativa. Saremo tutti connessi nello spazio e nel tempo, intorno al 2030, l’ubiquità nomade si convergerà in un’“ipersorveglianza” e tutti i processi tecnologici raggiungeranno il limite massimo: la legge di Moore avrà raggiunto il suo limite fisico; le innovazioni in tutti gli ambiti sembrano rallentare. Nel 2025 saranno acquisite le biotecnologie e nanotecnologie, queste tecnologie modificheranno in modo radicale il modo in cui gli oggetti vengono attualmente prodotti. L’unica penuria che rimane insormontabile è quella del tempo. La produzione richiederà sempre meno tempo e al contrario il tempo del trasporto aumenterà, con la crescita delle dimensioni della città. Diventerò un tempo-schiavo, in cui potremmo continuare a
IL DESIGN DEL FUTURO / 60 consumare e lavorare. Nel 2040, con la riduzione del ruolo degli stati, la distruzione a poco a poco dell’ordine policentrico e la diminuzione dei costi produttivi: i nuovi prodotti saranno oggetti di “sorveglianza”, che chiameremo “sorveglianti”, in grado di sostituire numerose funzioni tra le quali anche quelle dello stato. L’oggetto nomade sarà costantemente localizzabile. Nel 2050 gli oggetti industriali prodotti in serie permetteranno a tutti di “autosorvegliare” poi saranno introdotti anche gli “autosorveglianti” e gli autoriparatori. Vi saranno poi imprese specializzate che produrranno “oggetti nomadi relazionali”: robot da compagnia, amicizie virtuali, giochi in tre dimensioni in grado di simulare l’altruismo, commercio falsamente equo. Inventeranno anche protesi relazionali, e poi cloni, “fratelli artificiali” che avranno come scopo di aiutare il clonato a sopravvivere. L’essere umano diventerà un artefatto, un oggetto commerciale. Se questa sarà la sorte del futuro non ci sarà il tempo per progettare, il tempo sarà utilizzato per cose che riterremo molto più importanti per la nostra felicità, per la nostra vita. Tutti saremo una sorta di progettisti dei nostri cloni, robot fatti su misura che provvederanno a sorvegliarci, che man mano prenderanno il posto dell’umanità. Cosa possiamo fare noi designer per evitare tutto ciò? E per non far scomparire la nostra professione? Io penso che la cosa migliore sia guardare dove va il mondo, anticiparlo con la nostra abilità e renderlo migliore con nuovi prodotti tecnologici, democratici, leggeri, semplici e nel rispetto delle risorse che cominciano sempre più a scarseggiare.
IL DESIGN DEL FUTURO / 61
Makers
Con l'avvento di internet il rapporto del design con tutto il resto sta cambiando la sua natura. Si parla di opensource, basti pensare a Wikipedia,
Conferenza “Makers e designer”
ció che avviene nella rete dove intere comunity
(27 maggio 2013)
Ció va contro al patrimonio del brevetto, poiché online
producono, autoproducono qualsiasi genere di cose. il materiale é proprietá di chiunque, chiunque puó prendere e farlo suo. Anni e anni fa era stata proclamata una legge che imponeva a chi volesse brevettare un prototipo in scala da rendere pubblico, per il sapere per fare innovazione e da qui nasce il concetto di opensurce della comunitá. Il laboratorio artigianale di William Morris é l'antenato degli odierni FabLab, ovvero quelle piccole officine che offrono servizi personalizzati di fabbricazione digitale.Un fab lab è generalmente dotato di una serie di strumenti computerizzati in grado di realizzare in maniera flessibile e semi-automatica una ampia gamma di oggetti. Questo include prodotti tecnologici generalmente considerati di appannaggio esclusivo della produzione di massa. Mentre i fab lab non possono competere con la produzione di massa e le relative economie di scala nella produzione di beni di consumo, hanno dimostrato grandi potenzialità nel fornire ai loro utenti gli strumenti per realizzare in proprio dispositivi tecnologici. Tali dispositivi possono infatti essere adattati alle esigenze locali o personali in modi tuttora non possibili per le produzioni su larga scala. La progettazione, grazie alla introduzione di persone, denominate makers, sta perdendo sempre piú il contatto con la produzione. Si sta formano quello che si potrebbe denominare artigianato digitale. Cambia il modello terminologico di riferimento, bisognerá rivalutare il rapporto con il futuro nuovo modo di progettare che probabilmente non sará quello che fino ad ora ci é stato insegnato. I makers sono quelle persone che hanno voglia di imparare, realizzare e diffondere tramite la rete, piattaforme, strumenti di intermadiazione, ció che sanno fare per il semplice piacere di fare. Ci sono tecnologie come Arduino che non sono un oggetto di design é un pó come il martello. É una scheda elettronica, blu, che funziona come un software, é un
Arduino Arduino è un framework open source
progetto di interaction design. Una tecnologia creativa che puó essere utilizzata da chiunque.
IL DESIGN DEL FUTURO / 62
Xyz
Progetto di Management Realizzato con: Francesco Candiotti Emanuele Giglio Riccardo Panaroni Gloria Viganò
Logo, sito e app Il logo riprende il movimento su assi della stampante 3d. Sito e App Xyz per coprare, seguire e stampare. Pagina sucessiva.
Questo progetto si propone di abbattere le barriere tra aziende, designer e consumatori e per fare questo si prospetta di creare un network, dove gruppi eterogenei di individui possano scambiarsi informazioni, idee, innovazioni e persino prodotti senza costi aggiunti. La dematerializzazione dei prodotti in bit consente, tramite un semplice servizio di file sharing, di condividere un modello 3d dell'oggetto. I costi effettivi sono relativi all'energia consumata per la sua produzione di un unico pezzo prodotto, ma con la certezza di essere utilizzato, ed alla materia prima impiegata. Questo sistema garantisce un servizio tempestivo “dove, come e quando vuoi” e permette di ridurre i costi relativi a produzione, trasporto e distribuzione anche in termini di impatto ambientale. XYZ nasce con l'intento di creare una nuova forma di mercato, basata sui sistemi open-source, che connette direttamente aziende, progettisti e consumatori per far fronte ad una società consumistica che grava sul nostro ecosistema a causa di una produzione smisurata, insensata e poco sostenibile. Caratteri distintivi: costi ridotti per prodotti a parità di prestazioni, produzione personalizzata e ad hoc, stampa in tempo reale o tramite servizio di consegna a domicilio, servizi di rating da parte dei consumatori che aiutino i propri pari nella scelta del prodotto, vetrine per brand affermati e creativi emergenti, centri specializzati e distribuiti sul territorio. I Valori: metodo di guadagno e vetrina per progettisti emergenti malgrado il periodo di crisi, interconnessione tra aziende, progettisti e consumatori, sensibilizzazione verso un'economia eco-tecnica basata sul risparmio di risorse e improntata ad una produzione dei soli prodotti di cui si necessita, costi e impatti dovuti a produzione e trasporto sono ridotti ai minimi termini.
IL DESIGN DEL FUTURO / 63
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