Risoluti_programma di ricerca 2012

Page 1

Dottorato in Ingegneria Edile-Architettura

FEDERICA RISOLUTI PROGRAMMA DI RICERCA

2011-2012


In Copertina: disegno originale di Guy Billout


“Ecco dunque il problema di fondo della moderna assistenza medica: per avere una possibilitĂ di salvare un paziente in condizioni disperate devi prima sapere bene le cose da fare e poi accertanti che le conseguenti 178 operazioni quotidiane siano eseguite correttamente.â€? Atul Gawande



FEDERICA RISOLUTI PROGRAMMA DI RICERCA Università degli studi di Roma Sapienza Facoltà di ingegneria Dottorato in Ingegneria Edile-Architettura XXVII CICLO

2011-2012


INDICE

Definizione della ricerca di dottorato Stato dell'arte Centri di studio e poli di ricerca 005 005 World habitat research centre (WHRC); 007 Prof. David E. Alexander; 009 Global risk forum (GRF); 010 Centro studio condizioni di rischio e sicurezza e sviluppo attività di protezione civile (CESPRO)

Organizzazioni internazionali 011 011 Global facility for disaster reduction and recovery (GFDRR); 011 The international recovery platform (IRP); 013 The united nations (UN); 015 The UN human settlements programme (UNHABITAT); 016 The UN office for disaster risk reduction (UN-ISDR); 017 The world bank

Ricerca bibliografica svolta LIBRI 020 020 Città e territori a rischio [2000]; 022 Analisi e comunicazione del rischio tecnologico [1992]; 024 Il titanic [1912]; 025 Il cigno nero. Come l'improbabile governa la nostra vita. [2007]; 026 Checklist. Come fare andare meglio le cose [2011]

DOCUMENTI - PAPERS 027 027 Hyogo Framework for Action 2005-2015 (HFA); 028 Breve introduzione ai protocolli

Riflessioni 032 Natura vs vulnerabilità: un rapporto precario; 032 Ricostruzione: pianificazione multidisciplinare; 035 Rimettersi in discussione; 037 Da un'occasione perduta una riflessione obbligata; 039 Build back better: un progetto fatto di tante azioni

Allegati 040 Allegato A - Prof. Giovanni Campo, scheda di rilevamento; 043 Allegato b - WORLD BANK processo di risposta e ricostruzione post-catastrofe

Bibliografia Acronimi


Definizione della ricerca di dottorato

Dai documenti e le letture fatte quello che emerge è la volontà da parte delle istituzioni internazionali e dei centri di ricerca di promuovere progetti di ricostruzione basati sul principio del "Buiding Back Better". Sono tante le proposte e linee guida da applicare per un approccio che renda il progetto di rinascita più sostenibile e più resiliente; molte di queste proposte, come quella della Banca mondiale, si ispirano direttamente ai casi studio virtuosi (se facendo così si è fatto bene, allora si può rifare), ma in nessuno di questi casi ci si sbilancia mai ad indicare un metodo per il raggiungimento di queste linee guida. L'obiettivo del progetto di ricerca è quello di proporre un protocollo d'azione per la ricostruzione da applicare nella formulazione, ma anche per la verifica, dei progetti post-catastrofe naturale sulla base delle esperienze più virtuose nel campo della ricostruzione. Un protocollo d'azione è uno strumento che dovrà ricondurre all'ordine la complessità del processo di rinascita. Il primo passo per la ricerca sarà definire cosa si intende per progetto sostenibile di ricostruzione post-catastrofe attraverso gli studi e gli scritti proposti dagli enti internazionali ufficiali (Un-Habitat, Un-Isdr, World Bank, ...) al fine di valutare le azioni e le caratteristiche che fanno virtuoso un progetto, oltre che a definire i principi guida che devono essere perseguiti in queste situazioni. Il secondo passo per la formulazione del protocollo sarà la definizione di macro-aree di intervento che affronteranno i temi principali della ricostruzione: vulnerabilità e rischio, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale ed economica... Ad ognuna di queste verrà dato un peso all'interno della definizione del progetto, ma allo stesso tempo, gli saranno associati altri due parametri di valutazione: • Un parametro che definirà una soglia di sufficienza d'azione (al di sotto della quale gli interventi proposti non sono validi ai fini di una buona ricostruzione). • Un parametro di miglioramento (rispetto alla situazione prima della calamità). Ogni macro area avrà dei settori di intervento specifici: rapporto con il contesto, impatto delle scelte sull'ambiente, sistema dei rifiuti e degli aspetti energetici, ma anche la consultazione enti-cittadini o la creazione di forme di assistenzialismo*... Infine si dovrà valutare la scala appropriata di analisi. Per creare una società sostenibile occorre analizzare l'intervento non semplicemente alla scala del singolo edificio, ma obbligatoriamente almeno alla scala del vicinato-quartiere, perché per creare una comunità occorre l'interazione sia degli individui quanto quella dell'insieme delle strutture-edifici che vivono. Il protocollo dovrà essere uno strumento flessibile e versatile, da applicare in differenti *

Alexander, David "Pianificare e gestire la ricostruzione".

003


contesti specifici della progettazione d'emergenza, dovrà perseguire i principi guida definiti a livello internazionale e nazionale e permettere la formulazione di progetti originali validi a livello locale. Guidare la ricostruzione attraverso uno strumento di questo tipo aiuterà a: • Non produrre progetti in cui la dimenticanza di uno o più elementi inficia il tutto. Nella ricostruzione perseguire un solo obiettivo per soddisfare un bisogno a breve termine è una pratica da evitare, è necessario esaminare le decisioni prese subito dopo il disastro alla luce delle loro ripercussioni probabili dopo il passaggio di decenni*. • Superare la piena e cieca fiducia della risposta tecnologica come risoluzione delle calamità naturali. Si eviterà la promozione di grandi opere pubbliche insostenibili**. • Formulare un progetto che non gravi sull'ambiente ulteriormente e inutilmente. I danni prodotti dall'emergenza hanno già di loro un impatto ambientale molto grande (allo smaltimento delle macerie e la conseguente produzione di rifiuti di ogni genere e non differenziati, si aggiunge la fase della prima emergenza fatta di tende, di container in cui l'inquinamento è l'ultimo dei problemi cui si da attenzione). • Fare una ricostruzione che non incentivi l'abbandono del territorio, ma che lo arricchisca e che favorisca la rinascita sociale ed economica; non riportando la situazione a come era prima, ma migliorandola attraverso un vero e proprio piano di rinascita che risponda ai bisogni della comunità locale e colga l'unicità del momento per attivare un modello di innovazione e di sviluppo sostenibile e partecipata***.

* Alexander, David "A tale of three cities and three earthquake disasters" [2012] GRF Davos, convegno Ri-Costruzioni - Roma, Università La Sapienza. ** Campo, Giovanni "Città e territori a Rischio". *** Moggia, Daniele - Marchese, Francesco "Le cinque terre: un piano integrato di ricostruzione economica e sociale" convegno Ri-Costruzioni - Roma, Università La Sapienza.

004/

risoluti


Stato dell'arte

Per capire il contesto in cui si va ad inserire la ricerca proposta, ho effettuato una serie di indagini in base ai lavori compiuti da centri e dai poli di ricerca internazionale (in particolare gli studi compiuti da World Habitat Research Center in Svizzera) unito all'importante lavoro compiuto dalle più importanti organizzazione internazionali e nazionali nel campo della ricostruzione post-catastrofe. Si è cercato di mettere in luce le metodologie di ricerca applicate nel campo, oltre che ai risultati ottenuti sin'ora nelle indagini svolte.

Centri di studio e poli di ricerca World habitat research centre (WHRC) Via Trevano CH-6952 Canobbio, Svizzera Sito: www.worldhabitat.supsi.ch Email: worldhabitat@supsi.ch Responsible: Dr. Jennifer Duyne Barenstein

Il WHRC è un centro di ricerca dell'Università delle Scienze applicate della Svizzera del Sud (SUPSI). Le loro competenze sono specializzate nella ricerca interdisciplinare in campo socio-economico, ambientale, tecnico e culturale riguardanti gli aspetti costruttivi nei paesi in via di sviluppo. In particolare lo studio della "Ricostruzione Post-catastrofe" è una delle competenze chiave del centro ed è perseguito attraverso ricerche, società di consulenza, promozione delle politiche e la formazione in partnership con altre istituzioni accademiche, Organizzazioni NGO*, agenzie pubbliche e private e le organizzazioni locali a basso, medio e alto reddito. PAPER 1 - Towards owner-driven post-disaster shelter reconstruction [2008] [Jennifer Duyne Barenstein, Vijay Joshi, Swati Shrinivas Shinde, Shailesh Vyas e Yogesh Jadeja]

Abstract: Il 26 gennaio 2001 Gujarat (India) ha subito un devastante terremoto in cui 20.000 persone hanno perso la vita, 344.000 case sono state completamente distrutte e 888.000 hanno segnalato danni. Il 72% dei villaggi sono stati ricostruiti dalle persone stesse, con l'assistenza tecnica e finanziaria da parte del governo del Gujarat. Il 28% dei villaggi sono stati ricostruiti con le ONG e le aziende del settore privato. Il progetto di ricerca ha esaminato i vantaggi e i rischi di 5 approcci di ricostruzione perseguiti dalle diverse agenzie dopo il terremoto del 2001. In particolare si sono voluti analizzare i progetti owner-driver sulla base * NGO, Organizzazione non Governativa. Sono organizzazioni indipendenti dai governi e dalle loro politiche e generalmente, anche se non sempre, si tratta di organizzazioni non aventi fini di lucro (non profit) che ottengono almeno una parte significativa dei loro introiti da fonti private, per lo più donazioni. Nel mondo anglosassone vengono spesso identificate con la sigla PVO (di private voluntary organizations), preferita a NGO (sigla di non-governmental organization). In Italia sono delle particolari ONLUS che concentrano la loro attività nella cooperazione allo sviluppo e che sono riconosciute dal Ministero degli esteri ed inserite in una specifica lista.

005


di fattori, anche secondari, che ne determinano la fattibilità e l'efficacia. Infine si sono analizzati i molteplici ruoli e le responsabilità delle agenzie esterne. Questa ricerca è stata finanziata dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (FICR) e ha mirato a suscitare un dibattito sulle migliori pratiche nella ricostruzione post-disastro. Conclusioni: Tra gli approcci esaminati quello della ricostruzione owner-driven è socialmente, economicamente e tecnicamente valido ed è il tipo più apprezzato dai cittadini. In un contesto in cui le persone sono coinvolte nel ricostruire le proprie case, se viene data un'adeguata assistenza finanziaria e tecnica, queste hanno la capacità di costruire case che hanno maggiori probabilità di rispondere alle loro esigenze e preferenze di quelle previste da agenzie esterne. PAPER 2 - Il reinsediamento è una strategia sostenibile per ridurre il rischio di pericoli naturali? [2009-2010] [WHRC in partnershic con Geography Department, Universidad Nacional del Litoral]

Abstract: Il progetto è stato realizzato dal WHRC e il Dipartimento di Geografia della Universidad Nacional Litoral di Santa Fe, Argentina. Il progetto si propone di studiare e analizzare la fattibilità di reinsediamento come strategia volta a mitigare i rischi naturali e contribuisce a individuare e comprendere i fattori che intervengono nei processi di reinsediamento. Le esperienze e gli atteggiamenti delle varie parti interessate, le comunità potenzialmente da delocalizzare, l'organizzazione della società civile. Conclusioni: La ricerca ha concluso che un reinsediamento, per essere efficace, ha bisogno di un'attenta pianificazione e un approccio partecipativo. Infatti, sebbene ci siano fattori favorevoli al ricollocamento, come la riduzione della densità demografica delle zone a più alto rischio, occorre accettare il fatto che per alcune categorie di persone il reinsediamento è inaccettabile. Di conseguenza, le persone dovrebbero essere incoraggiate al trasferimento su base volontaria, con incentivi selettivi. Capire le differenze demografiche e socio-economiche nei confronti del trasferimento può contribuire alla progettazione di politiche e piani di reinsediamento più mirati. Questo in ultima analisi può contribuire ad un rapporto costo-efficacia più vantaggioso. LIBRO - HANDBOOK Safer Homes Stronger Communitites [2008-2009]* [WHRC - WORLD BANK Preparazione di un manuale sulla ricostruzione post-disastro delle abitazioni]

Sulla base della vasta esperienza del WHRC, la Banca Mondiale ha commissionato la preparazione di questo manuale, al fine di assistere il personale bancario impegnato in grandi programmi di edilizia abitativa di ricostruzione post-disastro. Gli obiettivi principali del manuale sono di consolidare le esperienze, rivelare possibili strategie e politiche, e di identificare le buone pratiche emergenti. Focalizzando l'attenzione sulla ricostruzione, piuttosto che l'assistenza umanitaria, il manuale si propone di colmare un vuoto di informazione e contribuisce ad armonizzare il pensiero tra i * Si può effettuare gratuitamente il download del volume all'indirizzo internet http://www. gfdrr.org/gfdrr/housingreconstruction

006/

risoluti


collaboratori del settore ricostruzione delle abitazioni e comunità, come agenzie bilaterali e le ONG. Il manuale illustra come ogni progetto di ricostruzione sia unico, perchè funzione del magnitudo, della regione, del clima politico e di moltissimi altri fattori. Attraverso la definizione di 10 principi guida e lo studio di progetti virtuosi, si vuole arrivare ad un approccio locale che sia il migliore possibile. I 10 principi guida: 1. Una buona ricostruzione aiuta la comunità a riattivarsi e a ricostruire le proprie case e le proprie vite. 2. La ricostruzione comincia il giorno del disastro, in questo i proprietari sono i migliori manager per la ricostruzione della propria casa. 3. La comunità deve far parte dello sviluppo dei progetti di ricostruzione. 4. La ricostruzione de essere finanzialmente realistica, ma allo stesso tempo anche ambiziosa e perseguire l'obiettivo di ridurre il rischio. 5. Occorre avere delle strategie/linee guida di ricostruzione in precedenza all'evento calamitoso. 6. La ricostruzione è un momento di progettazione del futuro e conservazione del passato. Il principio è "ciò che è stato costruito nei secoli, non può essere ricollocato in pochi mesi". 7. Minimizzare la ricollocazione. 8. La società civile ed i privati sono due importanti soggetti per la ricostruzione. 9. Prevalutazione e monitoraggio migliorano la ricostruzione. 10. Per lo sviluppo a lungo termine, il progetto deve essere sostenibile. (ALLEGATO B, processo di risposta e ricostruzione agli eventi catastrofici)

Prof. David E. Alexander Il Prof. Alexander ha vissuto in prima persona il terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia. In seguito a questo, la protezione civile è diventata il suo principale obiettivo di ricerca. Ha pubblicato più di 100 articoli, rapporti e saggi, che comprendono studi delle frane sismiche, la pianificazione delle aree urbane terremotate, la logistica nelle emergenze, e l'epidemiologia dei disastri. Attualmente Professore Ordinario a Contratto Ministeriale presso il CESPRO, Centro di Studio della Protezione Civile dell'Università di Firenze e membro del comitato scientifico del Global Risk Forum Davos (GRF) in Svizzera. Libri pubblicati: "Calamità Naturali" 1990; "Natural Disasters" 1993; "Confronting Catastrophe"2000; Principles of Emergency Planning and Management" 2002; " Post-disaster reconstruction : meeting stakeholder interests" 2007.

paper 1 - pianificare e gestire la ricostruzione

Abstract: In questo documento si mette in evidenza come l'alloggio post-disastro sia più un processo che un obiettivo, in quanto le casistiche da applicare sono molto differenti e diversificate. Si va dalla rioccupazione e riparazione degli alloggi sino alla demolizione e ricostruzione e alla nuova costruzione. Vengono analizzati i gli aspetti finanziari della ricostruzione e messe in evidenza le pratiche che devono essere assolutamente evitate, come l'assistenzialismo. Viene introdotto il concetto di Resilienza, ovvero della capacità di resistere a sollecitazioni impulsive, termine preso in prestito dalle scienze dei materiali ed oggi riutilizzato per identificare un

007


territorio, un insediamento che è capace di resistere ad aventi improvvisi come il sisma. Si descrivono inoltre le differenze tra il processo di ricostruzione e quello di conservazione, illustrando anche il concetto di "Darwinismo Architettonico". Conclusioni: La ricostruzione deve dare nuove possibilità per la riduzione dei pericoli e della vulnerabilità e conseguentemente deve migliorare la mitigazione dei rischi. Un buon piano di ricostruzione deve essere caratterizzato da: componenti funzionalmente simili (ridondanza); componenti funzionalmente eterogenei (diversità); componenti mutualmente rinforzanti; minimizzare lo spreco e i tempi d'attesa; essere flessibile alle circostanze; sfruttare nuove possibilità; incoraggiare la collaborazione e il lavoro. paper 2 - emergenza e resilienza a scuola, il caso italia [2012] [David E. Alexander, GRF Davos]

Abstract: In questo documento il prof. Alexander espone l'urgenza prioritaria di mettere in sicurezza il patrimonio scolastico attraverso degli interventi di adeguamento sismico delle strutture. Solo in Italia esistono 60.000 edifici scolastici, di cui 20.000 collocati in zone ad alto rischio sismico. La maggior parte degli istituti, inoltre, non prepara in modo adeguato gli utenti agli eventuali rischi che si possono fronteggiare facendo scaturire il caos nel momento dell'emergenza. Vengono allora proposte semplici ed economiche pratiche di preparazione ed informazione agli eventi calamitosi. Conclusioni: Attualmente l'Italia sta sottovalutando la sicurezza di bambini e ragazzi. Fronteggiare questa problematica attraverso strumenti di prevenzione ed informazione aiuterebbe ad evitare inutili stragi di innocenti, con un aumento importante della sicurezza sociale. L'accento viene quindi posto sulla necessità di cambiare cultura, in favore di una scuola più resiliente e preparata. paper 3 - A tale of three cities and three earthquake disasters [2012] [David E. Alexander, GRF Davos, convegno Ri-Costruzioni - Roma, Università La Sapienza]

Abstract: Lo scopo di questo articolo è quello di presentare i risultati di una breve analisi degli strascichi a breve e medio termine di tre terremoti che si sono verificati in diverse parti del mondo: a L'Aquila, Italia centrale, del 6 aprile 2009; a Padang, l'Indonesia, il 30 settembre 2009; e a Christchurch, Nuova Zelanda, il 4 settembre 2009 e il 22 febbraio 2011 (questi saranno considerati come due eventi, ma come un disastro). Tutti e tre erano eventi sismici media potenza. Generalmente in zone soggette a questo tipo di rischio si possono avere alti livelli di danno a causa di un alto grado di vulnerabilità sismica. L'obiettivo di questo lavoro è quello di considerare quali lezioni generali di queste tre calamità si possono capire. Conclusioni: I tre eventi sopra descritti si sono verificati in contesti radicalmente differenti (geografico, economico, sociale, culturale e amministrativo). Essi illustrano anche approcci molto diversi ai problemi spinosi di recupero dalla devastazione e dalla distruzione causata dai terremoti. L'Italia emerge come il caso che si è più allontanato dalla prassi consolidata, con la costruzione delle New Town, ma a scapito

008/

risoluti


della frammentazione sociale e la mancanza di un adeguato sistema democratico. Le istituzioni locali sono state scansate da un governo paternalistico deciso a fare emergere la sua immagine con una serie di grandi opere pubbliche. Tutti e tre gli esempi avuto problemi di questo genere. In ogni caso, emerge la necessità di esaminare le decisioni prese subito dopo il disastro alla luce delle loro ripercussioni probabili dopo il passaggio di decenni. Christchurch può rimpiangere la perdita dei suoi edifici storici, Padang può non può aver imparato a utilizzare il capitale sociale e il rispetto dei codici di costruzione, L'Aquila può non aver superato la stasi causata dalla marginalizzazione geografica e politica. Il tempo ci dirà, ma lo studio dei terremoti suggerisce che la situazione, dopo decenni non necessariamente giustifica le decisioni prese in una fase iniziale, alla luce della solo visione del soddisfacimento dei bisogni a breve termine.

Global risk forum (GRF) Promenade 35 CH-7270 Davos Platz, Svizzera Sito: www.grforum.org Email: info@grforum.org

Il GRF è un'organizzazione internazionale situata in Svizzera che studia i rischi potenziali cui le moderne comunità sono sottoposte oggigiorno. La combinazione della crescente popolazione mondiale in espansione, assieme con l'urbanizzazione e la globalizzazione hanno notevolmente aggravato il potenziale rischio per tutte le comunità e le nazioni. I cambiamenti climatici drammaticamente peggioreranno la situazione. Il GRF Davos vuole affrontare la varietà di rischi (naturali, tecnici, biologici) nelle diverse situazioni politiche nazionali ed internazionali e nei diversi settori. Il tutto in un clima di collaborazione scientifica con la Risk Academy, l'International Disaster and Risk Conferences (IDRC) e i workshops e le piattaforme tematiche. Gli obiettivi principali del GRF Davos sono: • Colmare il divario tra scienza e pratica. • Promuovere lo scambio mondiale di know-how ed esperienza. • Individuare soluzioni e promuovere le buone pratiche nella gestione integrata dei rischi e all'adattamento ai cambiamenti climatici per una migliore comprensione, la valutazione e gestione dei disastri e dei rischi che incidono sulla sicurezza dell'uomo, della salute, dell'ambiente, delle infrastrutture, dell'economia e della società in generale. • Fornire e gestire una rete di operatori ed esperti provenienti da più settori (politica, governo, organizzazioni intergovernative, economia, scienza, ONG, media e il pubblico). paper 1 - Global perspective on seismic risk reduction and resilient disaster reconstruction [grf, Kit Miyamoto, Amir Gilani - IDRC Davos 2012 International Disaster and Risk Conference]

Abstract: A livello mondiale, circa il 40% delle più grandi città e centinaia di milioni di persone vivono in aree che possono subire grandi terremoti, con conseguente elevato numero di vittime ed importanti investimenti per l'economia regionale e nazionale. Terremoti come quelli di Haiti, Christchurch e Giappone hanno

009


provocato un impatto a lungo termine sulle società. Nel 2010, il terremoto ad Haiti ha colpito 3 milioni di persone e lasciato senza casa 300.000 abitanti, innescando una ricostruzione senza precedenti, con materiali e mano d'opera locali, sui principi antisismici. L'obiettivo è produrre una comunità sismicamente resistente in questo paese in via di sviluppo. In Giappone, nonostante ci si aspettasse l'eventualità di un maremoto, il recente terromoto del 2011 ha prodotto ingenti danni devastando 500 Km di costa. Il processo di recupero e di ricostruzione è iniziato dal settore commerciale provocando un boom economico del settore. Conclusioni: Viene mostrata la necessità di: una sistematica riduzione del rischio sismico in particolare nei paesi in via di sviluppo; la comprensione dei codici di costruzione; una ricostruzione che punti a riattivare settore commerciale. Una società flessibile ed economicamente vivace può superare la tragedia.

Centro studio condizioni di rischio e sicurezza e sviluppo attività di protezione civile (CESPRO) Viale Morgagni, 48 50134 Firenze (FI) Sito: www.cespro.unifi.it Direttore del Centro: Prof.ssa Emanuela Masini

Il Centro cura le tematiche e le problematiche connesse con lo studio dei rischi antropici e naturali. Suddette finalità sono da interpretarsi anche relativamente alle funzioni ufficiali previste all'interno degli apparati operativi di Protezione civile, di Sicurezza e dell'Ambiente. Gli studiosi che partecipano all’attività di ricerca del CESPRO appartengono a settori disciplinari che fanno capo principalmente alle facoltà di Architettura, Ingegneria, Medicina e Chirurgia, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Paper 1 - strategic planning of emergency areas for transitional settlement [2007] [CESPRO, Roberto Bologna - Dep. of Architecture and Design Technologies - Università di Firenze]

Abstract: In condizioni di emergenza, la realizzazione di un insediamento che si sviluppa secondo un processo non pianificato colpisce la trasformazione - spesso permanente - dei luoghi attraverso l'imposizione di regole non codificate. La ricerca esposta propone criteri e linee guida per la progettazione di aree transitorie, al fine di rispondere efficacemente alle esigenze di prevenzione, di emergenza e ricostruzione post-disastro mediante un approccio coordinato tra ambiente, città, progettisti del soccorso, gestori e utenti. Il contributo di ricerca più importante è rappresentato dal metodo analitico indirizzato verso il problema, che si basa su una cultura del progetto, piuttosto che la semplice identificazione delle norme tecniche. I risultati di ricerca sono rappresentati da un quadro di soluzioni progettuali possibili che verificano i modelli di insediamento in funzione delle caratteristiche della zona e la dimensione della popolazione. Il prodotto della ricerca è una guida alla pianificazione degli insediamenti transitori che deve essere utilizzata dagli enti locali e del territorio.

010/

risoluti


Organizzazioni internazionali Global facility for disaster reduction and recovery (GFDRR) Il GFDRR è una partnership di 41 paesi e 8 organizzazioni internazionali fondata nel 2006 e gestita dalla Banca Mondiale allo scopo di aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre la loro vulnerabilità nei confronti delle calamità naturali e quindi alla mitigazione del rischio (Disaster Risk Reduction DRR) e all'adattamento al cambiamento climatico (Climate Change Adaptation CCA). Cosa fa? Seguendo le linee guida del suo Gruppo di consultazione (CG), al fine di sviluppare una visione a lungo termine di strategia per la gestione del rischio di disastri, il GFDRR ha preparto dei programmi completi di supporto per 20 nazioni. Le nazioni sono state selezionate in base alla loro vulnerabilità alle calamità naturali e le limitate capacità economiche nell'affrontare un disastro. Di queste nazioni, 17 sono paesi del terzo mondo. Il GFDRR si aspetta che questo approccio possa migliorare le capacità tecniche e finanziarie di questi paesi in un tempo compreso tra i tre e i cinque anni. Ogni programma è fatto su misura per ogni singola nazione, in stretta collaborazione con il Governo locale e le Nazioni Unite. Paper 1 - earthquake reconstruction [knowledge notes] [GFDRR, WORLD BANK]

Questo manuale è stato scritto data l'importanza di avere un corpo di conoscenze e di buone pratiche facilmente disponibili per le amministrazioni, al fine di aiutarle a prendere decisioni cruciali per il recupero post-terremoto e la ricostruzione. Molte delle informazioni fondamentali sono state prese dall'atto preparato per il governo di Haiti e riguardano una serie di settori chiave della ricostruzione (la valutazione della sicurezza sismica degli edifici, la gestione dei detriti, la valutazione ambientale e sociale, l'esperienza con programmi di sovvenzione finanziaria postemergenza, di ricostruzione o trasferimento e gli alloggi temporanei e/o transitori). Le note fornite sono una consulenza just-in-time in cui si introducono opzioni per il ripristino di emergenza. La pianificazione per la ricostruzione a lungo termine deve iniziare presto e coinvolgere decisioni in materia istituzionale, finanziaria, gestionale oltre a un sistema di monitoraggio e valutazione, di informazione pubblica e comunicazione. Lo sviluppo di quadro di ricostruzione dovrebbe basarsi su un'analisi approfondita e affidabile degli impatti e delle esigenze della popolazione. L'esperienza dimostra, che avere il quadro di recupero in linea con i programmi di sviluppo e obiettivi nazionali garantisce sostenibilità e l'uso efficiente delle risorse.

The international recovery platform (IRP) La IRP è stata ideata durante la conferenza mondiale per la riduzione dei disastri (WCDR) a Kobe, Giappone del gennaio 2005. è una piattaforma tematica internazionale dell'International Strategy for Disaster Reduction (ISDR) che

011


rappresenta un'implementazione chiave all'interno del programma Hyogo Framework for Action 2005-2015* (HFA). Il compito principale svolto dall'IRP è quello identificare le lacune e i vincoli studiati e messi in evidenza nelle passate esperienze di ricostruzione post-catastofe tale da essere catalizzatore per lo sviluppo di nuovi strumenti, risorse e capacità per una ricostruzione resiliente. L'obiettivo è, quindi, quello di far diventare questa organizzazione una risorsa internazionale di conoscenze riguardanti le buone pratiche per la ricostruzione. Gli obiettivi che si è posta la IRP sono: • Garantire che gli approcci di riduzione del rischio siano incorporati sistematicamente nella progettazione della preparazione alle emergenze, nella risposta e nei programmi di recupero - in conformità con l'obiettivo strategico del quadro d'azione di Hyogo. • Promuovere gli approcci secondo il "Build Back Better" e sostenere lo sviluppo di una maggiore capacità di recupero a livello regionale, nazionale e subnazionale, con un focus particolare ai paese ad alto rischio e basse capacità paesi. L'IRP lavora al raggiungimento di risultati misurabili positivi all'interno dei processi di recupero delle comunità colpite dal disastro. • Promuovere una visione condivisa con i paesi e le organizzazioni partner secondo l'approccio strategico del HFA nel campo della riduzione dei rischi e negli interventi post-catastrofe. • Promuovere la piattaforma come un archivio internazionale di conoscenze e buone pratiche per il recupero e la ricostruzione e la riduzione del rischio. paper 1 - GUIDANCE NOTE ON RECOVERY: SHELTER [IRP]

Lo scopo: Attualmente vi è una grande varietà di documenti, piani e politiche che affrontino i problemi comuni delle fasi di mitigazione, di preparazione e di soccorso nella gestione delle catastrofi naturali. Eppure, per i pianificatori di disaster recovery e i politici, non c'è una documentazione precisa di riferimento. è comunemente accettato che le misure di prevenzione sono fondamentali per ridurre i costi dei disastri. Tuttavia, nella situazione di emergenza, spesso si ricorre a pratiche errate del passato e non si tengono in considerazione le lezioni apprese per il recupero efficace e sostenibile. Senza dubbio, un patrimonio di esperienza e competenza esiste all'interno di governi e organizzazioni, tuttavia la maggior parte di questa conoscenza non è documentata, compilata, né condivisa. Riempire questo vuoto di conoscenza è un obiettivo chiave del'IRP. Attraverso l'analisi di 80 casi studio, l'IRP si augura che la raccolta di successi e dei fallimenti di esperienze passate nel disaster recovery possa servire per una pianificazione e realizzazione di iniziative di recupero future migliori. Contenuti: shelter recovery transitions; scelta del sito; progetto di implementazione del metodo; design edilizio; implicazioni legali; assistenza tecnica e esperienza; materiali da costruzione; manodopera; mantenimento, sostentamento, e carattere comunitario. * Nella sezione Documenti c'è un paragrafo dedicato al piano decennare per riduree i danni provocati dai disastri naturali Hyogo Framework for Action 2005 -2015 (HFA).

012/

risoluti


Paper 2 - guidance note on recovery: pre-disaster recovery planning [IRP]

A seguito di un disastro, il tempo è una preziosa risorsa estremamente limitata. Progettisti e gestori dell'emergenza devono affrontare l'immenso lavoro di recupero e riduzione del rischio. Per fare ciò è richiesta una approfondita e consapevole conoscenza della pianificazione dell'emergenza. Tuttavia, questo tipo di pianificazione è di solito accompagnata da una certa fretta nel raggiungere gli obiettivi. Nel tentativo di risolvere questo dilemma, numerosi governi hanno cominciato a prepararsi per il recupero in anticipo. Questo approccio alla pianificazione di recupero è più comunemente chiamato pianificazione pre-disastro (Pre-Disaster Recovery Planning - PDRP). Più in particolare, il PDRP è un processo proattivo che anticipa i futuri problemi di recupero al fine di costruire la capacità di migliorare i risultati di recupero, il tutto prima che succede un disastro. Si può fare molto prima di un disastro per alleviare le esigenze di pianificazione del ripristino dopo il disastro. Per esempio: • Possono essere raccolte le informazioni critiche. • Possono essere analizzati e preparati gli strumenti per valutare i bisogni per fornire assistenza. • Possono essere definiti i ruoli e le responsabilità. • Possono essere sviluppati processi semplificati per accelerare gli sforzi di recupero. • Possono essere istituiti partenariati per sfruttare risorse aggiuntive. Queste opportunità, e altro ancora, hanno aiutato i governi a fare un uso più efficace del tempo limitato assegnato per la pianificazione dopo il ripristino di emergenza, oltre ad aver permesso agli attori del recupero di approfittare di una finestra di opportunità per avviare modifiche di sviluppo più grandi e ridurre i rischi dei futuri disastri. Pertanto il PDRP è un passo logico a garantire alle comunità il Building Back Better a seguito di un disastro naturale. Questo documento è un compendio di esperienze e workshop con i governi nazionali in materia di pianificazione del recupero, sia ex-ante ed ex-post.

The united nations (UN) L'Organizzazione delle Nazioni Unite è nata il 26 giugno 1945 a San Francisco, è la più importante ed estesa organizzazione intergovernativa: vi aderiscono infatti 193 Stati del mondo su un totale di 202. Le UN hanno come fine il conseguimento della cooperazione internazionale in materia di sviluppo economico, progresso socioculturale, diritti umani e sicurezza internazionale. L'articolo 1 e 2 della Statuto delle Nazioni Unite riassumono gli scopi e i principi che l'organizzazione internazionale si è prefissata : • Mantenere la pace e la sicurezza internazionale. • Promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare ad una rottura della pace. • Sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli stati e l'autodeterminazione dei popoli. • Promuovere la cooperazione economica e sociale;

013


• Promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui. • Promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti. • Promuovere il rispetto per il diritto internazionale e incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione. Le UN si servono di una serie di organi complementari competenti in specifici ambiti. In particolare per la tematica riguardante le questioni di emergenza per calamità naturali e ricostruzioni post-catastrofe ha istituito i seguenti organi: • UN-HABITAT - Programma delle nazioni unite per gli insediamenti umani. • UNISDR - Programma delle nazioni unite per la riduzione del ischio di catastrofi. Paper 1 - key propositions for building back better - lessons learned from tsunami recovery [2006] [UN - Office of the un secretary-general’s special envoy for tsunami recovery]

Questo documento propone delle linea guida/obiettivi da perseguire al fine di attivare una ricostruzione che sia sostenibile ed efficace basata sui principi del Buinding Back Better. I principi guida sono: • I governi, i donatori e le agenzie umanitarie devono riconoscere che le famiglie e le comunità devono guidare la propria guarigione. • Il recupero deve promuovere la giustizia e l'equità. • I governi devono migliorare la preparazione alle future calamità. • I governi locali devono avere il potere di gestire il recupero, e i donatori devono dedicare maggiori risorse al rafforzamento delle istituzioni governative di recupero, soprattutto a livello locale. • Pianificare un buon recupero e il coordinamento efficace dipendono da una buona informazione. • Le Nazioni Unite, la Banca Mondiale e altre agenzie multilaterali devono chiarire i ruoli e le relazioni, in particolare per affrontare la fase iniziale di un processo di recupero. • Il ruolo delle ONG e della Croce Rossa è strategico per il raggiungimento del recupero di qualità. • Fin dall'inizio delle operazioni di recupero, i governi e le agenzie di aiuto devono creare le condizioni per il la rinascita dell'economia. • Occorre superare le rivalità e concorrenza sleale tra gli enti partecipanti. • Un buon recupero deve creare una comunità più sicura, riducendo i rischi e costruendo resilienza. paper 2 - shelter after disaster guidelines [2010] [UN, Shelter Center*]

Questa guida introduce agli approcci per la ricostruzione, ma anche la gestione di alloggi temporanei e di transizione. Focalizzandosi sugli aspetti che riguardano le popolazioni che sono state sfollate. Affrontando tutti gli aspetti della gestione dell'emergenza si mettono in evidenza le differenti strategie applicabili, la coordinazione tra gli enti, come anche la valutazione dei differenti aspetti al fine * Shelter Center è una ONG umanitaria svizzera che si occupa di supportare tutti i soggetti coinvolti da conflitti e disastri naturali. Il centro offre questo sostegno attraverso il suo forum, una biblioteca delle pubblicazioni dell'inter-agenzie e lo sviluppo di linee guida nei settori strategici e la formazione tecnica. Sito: www.sheltercentre.org

014/

risoluti


di ottenere la migliore ricostruzione possibile. Infine propone anche elementi di implementazione delle strategie proposte. (Nella figura qui in alto è proposto uno schema logico-funzionale della strategia organizzativa per la ricostruzione)

The UN human settlements programme (UN-HABITAT) UN-HABITAT è un organo complementare dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di aiutare i governi e le autorità locali nella ricostruzione nei paesi usciti da un conflitto o di calamità naturali. La gestione dei disastri negli insediamenti umani è un problema che deve essere

015


affrontato in tutti gli aspetti di governance urbana*. La creazione di istituzioni che permettono una maggiore partecipazione della popolazione, come evidenziato dalla campagna UN-HABITAT "Urban Governance", è strettamente legata alla riduzione della vulnerabilità alle catastrofi. Ciò è particolarmente importante negli scenari post-disastro. Attraverso turni di servizio interni ed esterni, il Disaster Management Programme (DMP) fornirà squadre di esperti governativi per aiutare a seguire e risolvere i problemi connessi alla governance in contesti di post-disastro. PAPER 1 - DISPLACED POPULATIONS AND HUMAN SETTLEMENTS [UN-HABITAT]

Abstract: La situazione odierna vede scenari di moltitudini di persone che vengono sfollate a cause dei conflitti bellici o di catastrofici disastri naturali. Queste persone, se anche povere, sono tra le vittime più fragili da dover sostenere ed aiutare nel momento del ripristino ex-post. Ristabilire condizioni di vita, pianificare e gestire gli insediamenti e i servizi di base per questi gruppi vulnerabili è una delle priorità della programmazione di crisi UN-HABITAT per la gestione degli insediamenti. UN-HABITAT ha elaborato una serie di strategie integrate che tengano conto delle esigenze specifiche dei rifugiati e degli sfollati interni: creazione di partnership strategica per la riabilitazione degli insediamenti e degli alloggi per gli sfollati o rifugiati in situazioni di emergenza, l'integrazione locale e il reinserimento fasi, la sicurezza del territorio e possesso di proprietà e lo sviluppo di attività economiche produttive. Sono stati quindi identificati topic-obiettivo prioritari: rischi, sicurezza e la riduzione dei conflitti; sicurezza dei terreni e alla proprietà immobiliare; creazione di partnership strategiche per la riabilitazione reinsediamenti e gli alloggi per le popolazioni sfollate; ripresa economica; governance locale; mitigazione della crisi e costruzione della pace. Conclusioni: In situazioni post-disastro, le soluzioni per assicurare il ripristino della vita normale delle popolazioni sfollate si intrecciano in modo tale che le attività non possono essere realizzate isolatamente. La natura multi-settoriale e interdisciplinare delle attività di reinsediamento richiede continua interazione, cooperazione e collaborazione tra le parti interessate al fine di garantire lo sviluppo sostenibile. Il DMP definisce attivamente legami formali tra le differenti agenzie umanitarie e organizzazioni per la gestione dei disastri.

The UN office for disaster risk reduction (UN-ISDR) Lo UNISDR fa parte del segretariato delle Nazioni Unite. L'ufficio è stato fondato nel dicembre 1999 ed ha l'obiettivo di implementare le strategie atte a ridurre i disastri dovuti a calamità naturali. è stato preceduto dal decennale segretariato dell'International Decade for Natural Disaster Reduction (1990-1999). * UN-HABITAT riconosce che un buon governo urbano è caratterizzato dai principi interdipendenti di sostenibilità, l'equità, l'efficienza, la trasparenza e la responsabilità, la sicurezza, l'impegno civico e la cittadinanza. http://www.unhabitat.org/content.asp?cid=2796&catid=260&type id=24&subMenuId=0

016/

risoluti


La strategia internazionale incarna i principi articolati in una serie di importanti documenti approvati nel corso del decennio, tra cui, in particolare, la strategia di Yokohama per un mondo più sicuro: Linee guida per la prevenzione delle catastrofi naturali, preparazione e mitigazione e il suo piano d'azione (Yokohama Strategy for a Safer World: Guidelines for Natural Disaster Prevention, Preparedness and Mitigation and its Plan of Action*), e il testo "Un mondo più sicuro nel 21 ° secolo: la riduzione dei disastri e dei rischi". Entrambe sono state approvate in occasione del Forum sul programma tenutosi a Ginevra 5-9 luglio 1999, che ha anche approvato il mandato di Ginevra sulla riduzione delle catastrofi. Paper 1 - a safer world in the 21st century: disaster and risk reduction [UN-ISDR]

Mentre i rischi sono inevitabili, e l'eliminazione di tutti i rischi è impossibile, ci sono molte misure tecniche, pratiche tradizionali e l'esperienza pubblica in grado di ridurre l'entità o la gravità dei disastri economici e sociali. Rischi e esigenze di emergenza sono una parte della vita con la natura, ma il comportamento umano può essere modificato. Nelle parole del Segretario Generale "Dobbiamo, prima di tutto, attuare un passaggio da una cultura di reazione a una cultura della prevenzione. Prevenire non solo è miglio che curare, ma è anche molto più economico... Soprattutto, non dobbiamo dimenticare che la prevenzione delle catastrofi è un imperativo morale, al pari della riduzione dei rischi di guerra". Obiettivi: • Attivare tutte le comunità a diventare resistente agli effetti dei rischi naturali, tecnologici e ambientali, riducendo la componente di rischio che incide sugli aspetti economici e sociali. • Passare dalla protezione contro i pericoli alla la gestione del rischio attraverso l'integrazione della prevenzione dei rischi nello sviluppo sostenibile. Come fare? • Sensibilizzare l'opinione pubblica sui rischi che i pericoli naturali, tecnologici e ambientali rappresentano per le società moderne. • Ottenere l'impegno da parte delle autorità pubbliche per ridurre i rischi per le persone, i loro mezzi di sussistenza, le infrastrutture sociali ed economiche, e delle risorse ambientali. • Coinvolgere la partecipazione del pubblico a tutti i livelli di attuazione per creare comunità resilienti ai disastri attraverso il partenariato, aumentando e ampliando le reti di riduzione del rischio a tutti i livelli. • Ridurre le perdite economiche e sociali delle catastrofi misurata, ad esempio, il prodotto interno lordo.

The world bank La banca mondiale è stata creata il 27 dicembre 1945 con il nome Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. La Banca Mondiale è stata creata principalmente per aiutare Europa e Giappone nella loro ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, ma con il movimento della decolonizzazione degli anni * Il documento è disponibile on-line all'indirizzo http://www.preventionweb.net/files/8241_ doc6841contenido1.pdf

017


sessanta, i paesi da finanziare aumentarono, occupandosi quindi dello sviluppo economico dei paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. Inizialmente, la Banca mondiale ha finanziato principalmente progetti di grandi infrastrutture (centrali elettriche, autostrade, aeroporti); con il recupero economico di Giappone ed Europa, la Banca si è concentrata esclusivamente sui paesi in via di sviluppo e dei paesi post-comunisti. Il Gruppo della Banca Mondiale è stato istituito nel giugno 2007 e comprende cinque istituzioni: • La più importante è la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (IBRD), il suo funzionamento è garantito dal versamento di un canone stabilito dagli Stati membri • Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (Ida), fondata nel 1960, i cui prestiti sono riservate per i paesi meno sviluppati • La Società finanziaria internazionale (IFC), fondata nel 1956 per finanziare i prestiti e gli investimenti effettuati dalle imprese nei paesi a rischio, • Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (ICSID), istituito nel 1966 • Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti (MIGA), istituito nel 1988 per l'ottenimento di prestiti. Gli obiettivi della Banca mondiale si sono evoluti nel corso degli anni. Si è recentemente concentrata sulla riduzione della povertà, abbandonando l'obiettivo unico della crescita economica. Ha sostenuto l'idea che l'acqua potabile, l'educazione e lo sviluppo sostenibile sono la chiave per la crescita economica, e ha cominciato a investire enormemente in tali progetti. In risposta alle critiche, la Banca Mondiale ha adottato una serie di politiche a favore della tutela ambientale e sociale, per garantire che i loro progetti non peggiorino la situazione delle persone nei paesi di accoglienza. L'IBRD ha attualmente 185 paesi membri. Ogni anno pubblica un rapporto sullo sviluppo responsabile nel mondo. PAPER 1 - Lessons from Natural Disasters and Emergency Reconstruction [WORLD BANK]

La Banca Mondiale è raramente chiamata a rispondere ad eventi rari come uno Tsunami, e lo ha fatto solo una manciata di volte. I disastri naturali, d'altra parte, sono molto più ricorrenti piuttosto che gli eventi unici e colpiscono le stesse nazioni più e più volte. Quando la devastazione causata dalle tempeste, inondazioni, terremoti e altre calamità naturali nei paesi industrializzati e in via di sviluppo si confrontano, i tassi di infortunio e di morte possono essere fino a 100 volte più elevati nei paesi in via di sviluppo e più poveri. Le misure di prevenzione delle catastrofi nei paesi industrializzati permettono di ridurre il rischio di danni provocati da catastrofi, rendendo accessibili i tassi di assicurazione. Al contrario, nelle zone altamente vulnerabili del mondo in via di sviluppo la certezza del disastro non permette lo stesso approccio. Nel lavoro svolto finora dalla Banca Mondiale sono emerse una serie di lezioni da apprendere dagli eventi passati tali da migliorare le condizioni di esposizione al rischio nei paesi fragili come quelli in via di sviluppo

018/

risoluti


Lezioni per il futuro: • Il post-emergenza deve cominciare presto e prendere in considerazioni le questioni legate alla proprietà dei terreni. • Per evitare ritardi nella ricostruzione, il processo decisionale deve essere snello e le procedure per la costruzione di opere civili dovrebbero essere messe sin dall'inizio. • Il denaro deve essere messo a disposizione per il finanziamento di progetti a piccola scala piccola scala, tuttavia è di fondamentale importanza che venga massiccimente investito anche nelle azioni post-disastro. • La supervisione e il controllo delle operazioni devono essere intense. • Il soccorso dovrebbe promuovere uno sviluppo equo. • La progettazione dovrebbe tener conto del fatto che il richiedente, a tutti i livelli (governo locale e nazionale, come pure delle comunità) avrà una diminuita capacità di funzionare in seguito a un disastro. • Nei paesi soggetti a disastri naturali, la valutazione dei crediti di emergenza dovrebbe cercare di integrare una mitigazione delle catastrofi e di effettuare un ripristino a lungo termine delle attività di sviluppo del proprio paese. • La manutenzione delle infrastrutture è una delle caratteristiche più importanti di mitigazione contro le catastrofi future. • Se determinati studi tecnici sono considerati cruciali per fornire piani aggiornati e progetti di infrastrutture, dei contratti speciali di credito-prestito dovrebbero essere inclusi per stabilire un calendario per la preparazione dei termini di riferimento, l'assunzione di consulenti, la messa in servizio e il completamento degli studi, e presentazione dei progetti di relazione.

019


Ricerca bibliografica svolta

La ricerca bibliografica effettuata è stata così articolata: • Libri, studi e pubblicazioni. • Leggi e normative. • Siti internet di enti o istituzioni. (per consultare la lista completa vedere in calce al documento)

LIBRI Città e territori a rischio [2000] Analisi e piani di prevenzione civile [Giovanni Campo]

La storia del problema sismico in Italia nasce con il terremoto del Belice; in seguito i successivi terremoti delle Marche, Abruzzo, Friuli, Irpinia e Basilicata, mettono in luce la inadeguata preparazione al problema nel nostro paese. Il CISPA* cerca di dare spiegazioni sul perché non viene fatto nulla per il problema dell'antisismico. Prevenzione Civile Vs Protezione Civile

Sempre più spesso a seguito di una grande catastrofe naturale, la risposta allo sviluppo economico è la promozione di grandi e nuove opere pubbliche. Questo tipo di approccio, oltre che uno specchietto per le allodole, non è tra le migliori strategie da applicare, perché trascura i costi sociali, l'uso del suolo incontaminato, le connessioni mafiose e non incentivano il recupero del patrimonio antico in condizione di degrado. L'attività di prevenzione civile dovrebbe, invece, essere al centro dei problemi pubblici. Le persone vivono quasi 2/3 della giornata fuori dalla propria abitazione, in spazi e luoghi pubblici come scuole, poste, piazze, etc è più la città che produce danni piuttosto che la casa. I pre-allarmi sono allora degli strumenti importanti da promuovere e sviluppare, ma sono da sempre stati evitati per garantire l'ordine pubblico e per non scatenare il panico tra la cittadinanza. Per convivere con il rischio sismico occorre ristrutturare profondamente come si è fatto in Giappone e in California. Ma gli investimenti massicci fatti in questi paesi sono decisamente improponibili nel nostro contesto. La verità è che a nessuno interessa veramente finanziare la ricerca in questo campo se non per avere la * Il CISPA (Centro Iniziative e Studi Prevenzione Antisimica e dei Rischi Ambientali) è una fondazione Onlus, fondata dal Prof. Campo nel 1989, con l'obiettivo principale di “Promuovere e sollecitare interventi legislativi ed amministrativi intesi a prevenire o limitare i danni derivanti da eventi sismici; informare e sensibilizzare l’opinione pubblica; promuovere e realizzare studi, indagini, ricerche, convegni, pubblicazioni sui problemi sismici e danni derivanti; fornire consulenza e sostegno tecnico alle iniziative di prevenzione antisismica”. Tra le sue iniziative c'è una proposta di legge per la prevenzione sismica che possa offrire, per la prima volta, prima di un eventuale sisma, gli strumenti per mettere in sicurezza gli edifici e la città nel suo complesso. www.lapta.dau.unict.it/Cispa.htm

020/

risoluti


coscienza apposto. Oltre al fatto che l'Italia è una realtà ricca culturalmente di centri storici antichi e inestimabili che difficilmente possono subire interventi come quelli proposti all'estero. "Il recupero ai fini antisismici è dunque generalmente complicato, in quanto le relazioni tra gli elementi della struttura urbana non sono sempre quantificabili, né qualificabili con certezza, dipendendo da scelte estremamente mutevoli, nonché dalle relazioni con le parti più recenti della città." Il Prof. Campo propone un intervento Ragionato di Piano che abbia scopo mitigativo in un sistema di interessi diffusi in nome dello sviluppo economico e della sostenibilità ambientale. Il semplice piano urbanistico, visto come un piano di carte colorate, deve essere superato da uno strumento che deve presentare strategie di difesa ma anche proposte di sviluppo. "L'analisi urbanistica può dare un contributo rilevante ai problemi delle prevenzione e mitigazione dei gradi di rischio sismico grazie alle capacità della disciplina di: esaminare gli usi e gli abusi di ogni infrastruttura e attrezzatura; cogliere i rapporti tra attrezzature e infrastrutture per il trasporto di persone; definire gli interventi utili a produrre rapporti producenti in funzione di obiettivi di miglioramento e sviluppo sostenibile". Nella tradizione insediativa storica il pericolo è sempre stato un elemento essenziale e prioritario (rischio di incendio, alluvione, sisma...) ma con l'avanzare della conoscenza e dell'innovazione tecnologica, l'uomo ha cominciato a credere eludibili rischi come quello vulcanico o sismico. Questo atteggiamento si ritrova nel gesto della pianificazione che trascura sistematicamente i riferimenti ai rischi fisici. Inoltre ciò che impedisce in Italia la nascita di una cultura della prevenzione sismica sono i lunghi tempi di ritorno e gli investimenti ingenti non sostenibili localmente ed economicamente. Il problema sismico quindi passa da una visione di criterio di prevenzione edilizio ad una di criterio di prevenzione urbanistico. Uno studio su Catania

Il Prof. Campo ha condotto uno studio sulla città di Catania, un'analisi per verificare i tassi di vulnerabilità sismica degli spazi urbani interessati alla mobilità principale secondo 10 valori di riferimento: natura delle strutture verticali; altezza; presenza di aggetti; regolarità planimetrica; regolarità in elevazione; regolarità in fondazione; aperture non conformi alle norme; presenza di porticati; accorpamenti; stato complessivo di degrado. (Allegato A, scheda di rilevamento, per tratti a sezione costante, di fattori di potenziale vulnerabilità sismica di attrezzature viarie, e di conseguente rischio degli utenti esposti). Conclusioni

I tempi di ritorno italiani per il sisma non permettono realisticamente un sistema di "cura efficace"; questo non toglie che l'urbanistica può favorire il miglioramento della sicurezza attraverso la sua conformazione fisica e morfologica.

021


Analisi e comunicazione del rischio tecnologico [1992] [Teresa Dina Valentini]

Il fine dello studio e della comunicazione del rischio è quello di migliorare le decisioni e diminuire le incertezze tramite lo sviluppo di: • Flusso di conoscenze, valutazioni ed opinioni. • Interfaccia tra scienza e decisione sociale. • Tecnologie vs società. La società in trasformazione

Il rapporto tra tecnologia-ambiente-società è un'elemento dinamico del nostro tempo. Ad ogni innovazione corrisponde un rischio nuovo, per questo si può parlare di rischio della società in trasformazione. Il rischio infatti si può distinguere in rischio esogeno (non derivante dall'uomo) e rischio endogeno (derivante dall'uomo). La tecnologia è un tema centrale della cultura sociale moderna. Ogni azione e pratica sociale testimoniano quanto siano sempre presenti dimensioni come vulnerabilità, probabilità, insicurezza e rischio. Accettare nuove tecnologie oggi comporta una fase di scelta che è tanto più critica quando l'individuo che decide coinvolge gli altri nelle sue scelte. Per questo accettare nuove tecnologie dovrebbe essere di dominio di molti, in quanto la conoscenza dei rischi associati influenza le sue applicazioni. Questa azione non è un rigetto della scienza, bensì una profonda modifica del rapporto tra SVILUPPO TECNOLOGICO E SOCIALE. Risk society

Ogni giorno si vive il conflitto eterno tra il passato e le innovazioni tecnologiche per il futuro. L'attenzione a queste scelte e il loro effetto a breve e lungo termine sull'uomo e sull'ambiente hanno portato ad un approccio più critico nell'introduzione di nuovi sistemi tecnologici. Questo perché il "nuovo" pone sempre allarmismi sul profilo psicologico, politico, economico ed ambientale. "Quando l'uomo moderno ha liberato se stesso dalla dipendenza della natura per mezzo della conoscenza, si è costruito attorno un ambiente, una seconda natura, le cui potenzialità gli sono ora di fronte negli stessi modi della precedente situazione." Il rischio è un'elemento primario della società contemporanea, tanto che molti studiosi hanno formulato il concetto di Società del Rischio*. In questa società la scienza e la conoscenza sono strumenti fondamentali per affrontare imprevisti naturali e incertezze dell'agire dell'uomo. Il problema principale del rischio è la sua accettabilità da parte dell'uomo e della * Risk Society, o Società del Rischio, è un concetto introdotto per la prima volta da Ulrich Beck nel suo saggio "La società del rischio. Verso una seconda modernità" nel 1986. La tesi principale di Beck è la contrapposizione dell'attuale "società del rischio" alla precedente "società di scarsità" (in cui il principale problema era la ridistribuzione della ricchezza). Il nuovo problema è dunque la distribuzione del rischio, inteso come "un modo sistematico di trattare le insicurezze e le casualità indotte e introdotte dalla modernità stessa".

022/

risoluti


società. I fattori che rendono un rischi accettabili non sono però così logici come si possa immaginare (basti pensare all'installazione delle centrale nucleari, all'uso dei cellulari o anche alla diffuso uso di sigarette). La conoscenza del rischio, per quanto approfondita sia, non è né di facile previsione né di facile prevenzione (terremoti e tsunami). Di recente il rischio ha acquisito una nuova connotazione: il rischio come fonte di reddito. Infatti se il rischio è visto come una guadagno diventa immediatamente più accettabile. Cons →

Fabbrica altamente inquinante

Chiusura per il bene dell'ambiente e dell'uomo

← Pro Apertura per il bene dell'occupazione

Come si gestisce il delicato rapporto tra società-tecnologia-ambiente? Una soluzione recente vede per la prima volta un cambiamento di scelta: la presa di decisioni non può essere più dominio esclusivo dello strapotere degli specialisti, ma una azione congiunta tra questi e la società, tale che il consenso delle decisioni possa giustificare il rischio preso e una maggiore accettazione delle eventuali conseguenze. Legittimazione tecnica

Scelta democratica

La presa di decisione non è una procedura statica, ma un fenomeno mutevole e cangiante in quanto deriva da un processo di negazione, affidamento ed interazione fra molteplicità di soggetti ed interessi diversi. In questo scenario si può identificare il mezzo tra l'innovazione tecnologica e il ritorno alla natura: lo sviluppo sostenibile. La partecipazione pubblica nella scelta

Recentemente si è visto come i cittadini hanno scelto di muoversi in modo autonomo su questioni dove il pubblico non è capace di gestire la situazione in modo adeguato. La mancanza del legame tra cittadino ed amministrazione emerge dalla diminuzione dell'affluenza alle urne. I problemi sono molteplici, da una parte c'è la caduta di prestigio di alcuni gruppi di professionisti, dall'altra la fragilità del sistema politico nel cogliere e gestire le nuove situazioni ambientali. La partecipazione pubblica, in questo scenario, ha una doppia valenza positiva: permette ai cittadini di esprimersi e alle amministrazioni di recuperare credibilità. Il mezzo preferenziale è l'inchiesta. Per avviare un'inchiesta il cittadino deve: • Conoscere ciò che può succedere (deve conoscere il rischio). • Esprimere la sua opinione liberamente. • L'opinione deve essere sottoposta a valutazione da parte di chi decide. • Deve essere informato sulle motivazioni che hanno condotto alla valutazione. Rischio ed Emergenza

Il Disastro è quell'evento imprevisto e raro che comporta danni materiali, morti e una possibile estensione di effetti nel tempo. Secondo la definizione della scuola americana è una visibilità della discontinuità nel tempo e nello spazio.

023


1) Risk production 2) Risk Perception Risk Analysis 3) Risk Evaluation 4) Risk Management + 5) Risk Communication La catastrofe non è definita soltanto dalla frequenza di accadimento, ma anche dalla capacità del sistema sociale di dominare l'evento attraverso l'esperienza tecnologica. Il concetto di emergenza consente di considerare congiuntamente eventi tra loro molto differenti di rischio, andando anche a confrontare elementi ambientali con quelli sociali. é evidente allora come un approccio risolutivo ai problemi generati dalla catastrofe non possa essere settoriale, ma multi-disciplinare, e che in queste variabili, la componente sociale debba essere un elemento di pregio. In Italia l'analisi del rischio è sviluppata principalmente nel campo delle catastrofi naturali e ambientale. Il rischio tecnologico. In edilizia, il rischio tecnologico è rappresentato dall'uso dei coefficienti di sicurezza. Con il tempo si è introdotto il concetto di sicurezza in termini di affidabilità (successo di una missione in un sistema) trasformato ben presto in IN-affidabilità del sistema. Studiando la frequenza ed il magnitudo si calcola l'esposizione al rischio, se il risultato è troppo grande rispetto a quello atteso si interviene sui due parametri. Per gli eventi naturali questi due elementi non sono gestibili.

Il titanic [1912] Joseph Conrad

Questi due brevi articoli apparsi nell'estate del 1912 trattano del naufragio del Titanic e della successiva inchiesta aperta per trovare i "colpevoli" della tragedia. In questi scritti si mettono in luce le mancanze dei progettisti nell'assicurare sicurezza ai passeggeri a causa della loro cecità alimentata da una fede sconfinata nell'innovazione tecnologia e nei nuovi materiali. Per Conrad, che ha un passato di marinaio, è evidente che la mole di una nave, dopo una certa dimensione, non è più un vantaggio, ma una scomoda debolezza. Ma questo dettaglio ai progettisti nonmarinai è evidentemente sconosciuto. A quanto pare, esiste un punto in cui lo sviluppo smette di essere vero progresso - nel commercio, nello sport, nella mirabile opera delle mani dell'Uomo, come pure nelle esigenze, ambizioni, aspirazioni di ordine morale e mentale. Esiste un punto in cui il progresso, per essere vero avanzamento, deve variare leggermente la sua linea di direzione. Riguardo l'inchiesta Conrad non è meno critico ed accusa apertamente di inettitudine tutti i progettisti che hanno partecipato alla progettazione del Titanic e tutti coloro che li difendono dichiarando che una tale sciagura era inevitabile. Le sciagure di quel genere non esistono, esistono solo gli uomini troppo sicuri delle loro conoscenze. Questi uomini non imparano che da quella sorta di esperienza che

024/

risoluti


gli capita nella vita, e continuano a nascondersi dietro la loro professione senza mai ammettere che forse sono loro ad aver sbagliato.

Il cigno nero. Come l'improbabile governa la nostra vita. [2007] Nassim Nicolas Taleb

Il problema: come possiamo conoscere il futuro conoscendo il passato? Alcuni eventi, che l'autore definisce cigni neri, non sono assolutamente prevedibili e sfuggono a qualsiasi criterio di valutazione che segua delle regole prestabilite. Essendo la "scienza delle predizioni" basata sulla proposizione di modelli certi fondati sugli eventi accaduti nel passato è molto improbabile che un modello tale possa prevedere eventi come quello dell'11 settembre. O molto più semplicemente, Taleb introduce l'esempio del tacchino. Il tacchino allevato, analizzando la sua vita a ritroso, penserà che ogni giorno verrà nutrito dal suo allevatore. Noi tutti sappiamo che un bel giorno "a caso" invece verrà ucciso per diventare lui stesso un succulente pasto. A causa della mancanza di informazioni il tacchino percepirà quell'evento come una totale sorpresa. Alcuni dei "cigni neri" possono derivare dal lento accumulo di cambiamenti incrementali, altri invece, come i terremoti, durano alcuni minuti, ma producono cambiamenti fisici che richiedono decenni per essere ripristinati. Questo fenomeno chiamato asimmetria delle scale temporali, spiega la difficoltà di ritornare indietro nel tempo. L'effetto del caso sulla società e la sopravvalutazione del rapporto CausaEffetto, sottolineano la nostra limitata capacità di osservare sequenze di fatti. Noi membri della varietà umana siamo avidi di regole, abbiamo bisogno di ridurre le dimensioni delle questioni in modo da "farcele entrare in testa". Più le informazioni sono casuali, più aumenta la sua dimensionalità. Quindi tentiamo di semplificare e pensare che il mondo sia meno casuale di quello che sembra. Data la nostra superficialità nelle intuizioni, formuliamo troppo velocemente una valutazione dei rischi, tendendo però a trascurare le prove silenziose. Per esempio nell'analisi finanziaria di una ricostruzione post-terremoto, i soldi destinati così allegramente alle ricostruzioni hanno come indotto quello di togliere soldi ad altre ricerche (come quella sul cancro) producendo un numero di vittime ipotetiche ancora più alto. Questo perchè noi riusciamo a prendere decisioni e a vedere conseguenze ovvie e visibili, ma non quelle invisibili e meno ovvie. Eppure quelle non visibili, sono di solito più significative. (Conseguenze silenziose) In genere non corriamo rischi per spavalderia, ma per ignoranza e cecità alle probabilità. Ma se siamo arrivati fin qui per caso, non significa che dobbiamo a correre gli stessi rischi, occorre cercare di prevedere diventando più prudenti, occorre eliminare i pericoli potenziali. Distinguendo i rischi in due grande categorie (lo sconosciuto-conosciuto e lo sconosciuto-sconosciuto) si arriva alla conclusione che i rischi calcolabili sono praticamente assenti nella vita reale. Il mondo è molto più complicato di quanto sembra, non saperlo non produce altro che problemi.

025


Gli strumenti di previsione tendono ad escludere eventi rari e di fatto non sono molto utili perché prevedono l'ordinario. Cosa possiamo fare? Possiamo continuare a pianificare e progettare ma tenendo a mente tali limiti e preparandosi a tutte le eventualità rilevanti. Le probabilità degli eventi molto rari non sono calcolabili; è molto più facile contrastare l'effetto che tali eventi hanno su di noi. Possiamo avere un'idea chiara delle conseguenze di un evento anche se non sappiamo quali probabilità ci sono. Quindi per prendere una decisione l'ideale sarebbe concentrarsi sulle conseguenze.

Checklist. Come fare andare meglio le cose [2011] Atul Gawande

Gawande è un medico chirurgo con una sufficiente esperienza pluriennale per arrivare ad affermare che nell'esercizio della professione non è sufficiente avere una grande conoscenza, ma saperla sfruttare al meglio nel momento in cui occorre. L'incapacità di considerate "tutte le opzioni" al momento giusto è l'inettitudine dell'esperto. La dimenticanza di una piccola azione, o il non aver raccolto le necessarie informazioni riguardo ad un progetto rischiano di inficiare il tutto. Considerando che il progetto di un medico è un paziente che lotta tra la vita e la morte, una dimenticanza, piccola che sia, può facilmente mandare al creatore il malcapitato. Ogni fallimento è un'opportunità mancata in cui la fallibilità umana emerge prepotente. Il concetto di fallibilità umana è stato introdotto negli anni settanta da due filosofi Samuel Gonzales e Alasdair MacIntyre, i quali affermano che alcune delle cose che vogliamo fare oltrepassano semplicemente le nostre capacità. Non siamo né onniscienti né onnipotenti, e per quanto potenziate dalla tecnologia, le nostre facoltà fisiche e mentali sono limitate. Esistono però degli ambiti in cui il nostro controllo degli eventi è anche alla nostra portata. Costruire un grattacielo, prevedere tempeste di neve sono azioni che possiamo eseguire, ma anche in questi ambiti possiamo fallire. I motivi del fallimento allora sono solo due: • L'ignoranza. La scienza ci ha fornito solo una comprensione parziale delle cose, ed è quindi molto probabile che alcuni degli eventi che affrontiamo non siano ancora sufficientemente conosciuti per raggiungere risultati positivi. • L'inettitudine. Ovvero avere la conoscenza per risolvere i problemi, ma non saperla attuare in modo efficace. Negli ultimi decenni la scienza ci ha fornito tante di quelle informazioni che tali da rendere la lotta all'inettitudine tanto importante quanto quella all'ignoranza. I livelli di sofisticazione nelle procedure tecniche sono talmente tanto cresciuti in ogni campo del sapere che è estremamente difficile e faticoso stargli dietro. La riprova di questo fenomeno è da ricercarsi nelle evidenti e numerose negligenze compiute dai professionisti tutti i giorni: una banale operazione che porta al decesso il paziente, una leggera pioggia che sfonda gli argini di un fiume, ... Negli ultimi anni sono aumentate enormemente il numero di catastrofi naturali, o le cause perse per sviste amministrative.

026/

risoluti


Come raggiungere allora la padronanza delle interazioni complesse e dei vasti campi di conoscenza? La strategia si basa sull'esperienza e sfrutta il sapere acquisito attraverso lo strumento più semplice che esista: una lista di controllo, una checklist. Perchè il problema di fondo della moderna assistenza medica (ed in generale delle professioni) è che per raggiungere un determinato scopo occorre prima conoscere tutte le azioni da fare e poi accertarsi che queste siano state eseguite bene.

DOCUMENTI - PAPERS Hyogo Framework for Action 2005-2015* (HFA) Hyogo Framework for Action 2005 -2015 é un piano decennale per ridurre i danni provocati dai rischi naturali adottato dai 168 Paesi che hanno partecipato alla Conferenza Mondiale sulla Riduzione dei Disastri, che si é tenuta nel gennaio 2005 a Kobe, Hyogo in Giappone. Questo piano decennale si inserisce nel contesto della International Stategy for Disaster Reduction (ISDR). Gli Obiettivi: • Ridurre, entro il 2015, la perdita di vite umane, di beni sociali, economici e ambientali in caso di disastro naturale. • Integrare la riduzione del rischio da disastro nelle politiche di sviluppo sostenibile. • Sviluppare e rafforzare le istituzioni, i meccanismi e le capacità per aumentare la resistenza ai rischi. • Incorporare sistematicamente gli approcci alla riduzione del rischio nell’implementazione della risposta immediata e nei programmi di ripresa. Riconoscendo la loro primaria responsabilità nel garantire la sicurezza dei cittadini, i Governi si sono impegnati a: • Sviluppare meccanismi di coordinamento nazionali. • Effettuare verifiche sullo stato della riduzione del rischio derivante da eventi disastrosi. • Pubblicare e aggiornare rapporti sui programmi nazionali. • Esaminare i progressi nazionali verso l’implementazione degli obiettivi e delle priorità del hyogo framework for action. • Lavorare per implementare gli strumenti legali pertinenti. • Integrare la riduzione del rischio derivante dai disastri con le strategie sui cambiamenti climatici. • In aggiunta agli sforzi all’interno dei propri confini nazionali, i governi hanno convenuto di intensificare la cooperazione nell’ambito della riduzione del rischio riconducibile ai disastri attraverso l’azione delle organizzazioni regionali e internazionali. Priorità dell’Azione: • Rendere la riduzione del rischio una priorità: assicurare che la riduzione del rischio sia una priorità nazionale e locale con basi istituzionali forti per l’implementazione. • Conoscere il rischio e agire di conseguenza: identificare e monitorare i rischi per * Fonte Dossier Protezione Civile sul tema della prevenzione. http://www.protezionecivile. gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?facetNode_1=f5_2&prevPage=dossier&contentId=DOS13696

027


• • • •

rendere più efficace il sistema di allarme preventivo. Costruire la conoscenza e la consapevolezza: sfruttare la conoscenza, l’innovazione e l’educazione per costruire una cultura di sicurezza a tutti i livelli; Riduzione del rischio. Riduzione dei fattori di rischio. Risposta immediata: rafforzare la prontezza nel far fronte ai disastri per una risposta efficace a tutti i livelli.

L’implementazione degli obiettivi e delle priorità del Hyogo Framework for Action si svolge su 2 livelli: quello delle piattaforme nazionali per la riduzione del rischio e quello della piattaforma globale.

Breve introduzione ai protocolli* Ogni abitudine, competenza, abilità è frutto di allenamento, un’attività più o meno strutturata basata sul tempo, sulla frequenza, sulla ripetizione. L’abitudine relega nel dimenticatoio il percorso di formazione in cui è stata allenata e quindi appresa. Così le compentenze o le abilità, una volta acquisite, rimuovono il processo che le ha generate. Ma le tabelle di esercizi posso essere ricostruite. La conoscenza e la consapevolezza risultano quindi fondate sull’allenamento. Ma una cosa è la loro acquisizione, un’altra cosa è il loro utilizzo. Spesso falliamo, perché non usiamo le competenze che abbiamo. è il fenomeno dell’inettitudine. A differenza dell’ignoranza, che implica un non sapere, l’inettitudine si verifica quando abbiamo delle conoscenze ma non le applichiamo. L’inettitudine compare in quasi tutte le professioni che richiedono padronanza di interazioni complesse e vasti campi di conoscenze. (Per un medico, un avvocato, un coach, un manager, un insegnante, ci sono ogni giorno informazioni sempre nuove, compiti più complessi, scoperte da apprendere e usare. Il fallimento accade non a causa della mancanza di impegno, ma per il contrario. L’estremo impegno e sforzo a perseguire l’eccellenza può comportare fallimenti che derivano dal cattivo uso o dal non uso delle conoscenze a disposizione). Una modalità per tentare di minimizzare l’inettitudine, è quella di scrivere dei protocolli di azione costituiti da passaggi metodologici e da compiti specifici che vanno seguiti nelle condizioni previste. I Protocolli di Azione possono essere elaborati per raggiungere obiettivi settimanali in contesti ad alta variazione, predisposti per contesti stabili, creati per fronteggiare contesti di emergenza (protocolli per fare un ammaraggio o una ricostruzione post-disastro). Un buon Protocollo di Azione in contesti di alta complessità e professionalità deve permettere la combinazione di disciplina metodica e creatività individuale. Possono essere semplici o articolati: • Un Protocollo di Azione Articolato può essere quello previsto per la costruzione di un grattacielo: si stabiliscono gli obiettivi e i tempi delle singole unità, ma al tempo stesso i tempi delle riunioni per coordinarle. *

di Luca Stanchieri "Introduzione ai protocolli d'azione".

028/

risoluti


• Un Protocollo di Azione Semplice è quello che si dà un insegnante per avere un’ottima relazione con i suoi studenti: per esempio, incontrare ogni studente per dieci minuti una volta al mese fuori dalla classe. Il protocollo deve essere preciso, funzionale, e facile da usare anche in condizioni di emergenza. Si limita a ricordare i passi più importanti per raggiungere l’obiettivo. In base al contesto (variabile, invariabile, di emergenza), il Protocollo di Azione può essere di due tipi: • Esecuzione e conferma (la persona non ha la necessità di leggerlo prima di eseguirlo, ma ha il compito di confermarlo dopo averlo eseguito). • Lettura ed esecuzione (le persone seguono il protocollo e spuntano le diverse voci una volta che le hanno eseguite). Ogni professione che richiede alte competenze in situazioni complesse richiede dei Protocolli di Azione. Ma questi non possono mai sostituire competenze e capacità, ma valorizzarli. I Protocolli non sono mai complicate e minuziose istruzioni per l’uso, ma strumenti semplici e coincisi che servono a potenzialità ed allenare le capacità, le abilità, le competenze, le conoscenze di esperti professionisti. In questo modo, possono essere aggiornati quando l’esperienza, le conoscenze, le scoperte lo rendono necessario. Il fine ultimo dei Protocolli di Azione non è quello di spuntare delle caselle: ma è abbracciare una cultura della disciplina e del lavoro di squadra. Metodo significa rigore e disciplina, mette nelle condizioni di affrontare l’emergenza e l’imprevisto, allena le competenze e minimizza i danni dell’inettitudine.

029


Riflessioni

Dalla presentazione fatta da Guido Bertolaso all'International Recovery Forum di Kobe del 2010 dal titolo "From Resilient Recovery to Sustainable Development"*. L'uso del Container durante le precedenti esperienze ha spesso messo in luce come questa soluzione temporanea diventasse permanente creando situazioni simili agli slums. Per questo nell'intervento previsto per il terremoto dell'Aquila si è scelto di usare una strategia completamente nuova passando direttamente ad alloggi di Alta Qualità costruiti con nuove tecnologie (Progetto C.A.S.E. Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili). ... Le aree scelte hanno visto l'intervento delle municipalità locali e considerato la vicinanza alle aree colpite. Il contributo che il processo di ripresa (recovery process) nel creare uno sviluppo sostenibile e ridurre il rischio sismico. Lezioni imparate. • Un disastro naturale provoca uno shock economico che può essere superato tramite lo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni. • Le esperienze passate sono utili per non ripetere gli stessi errori. Occorre costruire una comunità resiliente ed informata e agevolare la partecipazione degli sfollati nel processo di ricostruzione e nelle decisioni. • Quello che viene costruito nel post-emergenza deve essere differente dal passato ed essere un buon esempio di architettura eco-friendly e antisismica.

Dall'articolo di Nina Bassoli edito su LOTUS 144 Above Ruins "2010, L'Aquila un anno dopo il terremoto". Il centro storico è delimitato da transenne che segnano i confini della zona rossa [...] il contrasto inquietante tra il peso dei sostegni e la fragilità delle facciate impacchettate evoca sperimentazioni artistiche e induce alla tentazione di leggere la città come una potenziale installazione a scala urbana. [...] Mese dopo mese, comparto dopo comparto, il fermo immagine della città sospesa sarà ricomposto. Ad oggi più di 15 000 persone vivono nelle C.A.S.E. [...] Ho l'impressione di trovarmi di fronte ad un paradosso legato all'immobilità di una situazione provvisoria, né temporanea né definitiva. [...] L'interno degli alloggi è nella maggior parte dei casi immutato rispetto al momento della consegna. Gli arredi sono tutti nella stessa posizione, sulle pareti non compare neanche *

trad. "Dall'alloggio resiliente allo sviluppo sostenibile".

030/

risoluti


una cartolina e gli abitanti sembrano muoversi tra i confortevoli ambienti degli appartamenti con un certo imbarazzo, per il timore di intaccare l'aspetto degli appartamenti che, nonostante tutti gli sforzi, continuano a risultare provvisori.

Dall'articolo di Claudia Mattogno edito Online su Tafter Journal n°50 "Territori Fragili. La cura come pratica di progetto". La storia dell'Aquila ha conosciuto frequenti interruzioni ed ha assorbito nei secoli quindici terremoti. E quello che un tempo era un fertile legame di continuità tra contesto naturale e struttura artificiale si è ormai allentato, fino a negare, con gli insediamenti più recenti, i principi dell'identità storica e territoriale per acquisire, invece, banali stereotipi che hanno accumulato sul territorio enormi e scadenti quantità edilizie cui si sono aggiunte, di recente, le cosiddette New Town [...] E mentre il centro storico è così danneggiato da essere completamente svuotato da ogni forma di vita case e negozi, uffici e scuole, chiese e teatri sono vuoti simulacri dove le facciate ancora in piedi non arrivano a nascondere gli sfregi rovinosi dei crolli, la periferia è disastrata, schiacciata dall'inatteso, ma non inspiegabile, collasso di una parte degli edifici più recenti e dalla saturazione di una rete viaria disorganizzata quanto dissennata.

L'esempio preso, la città dell'Aquila, è solo uno dei tanti presente sul nostro territorio. Luoghi, città, paesi, colpiti da nubifragi, alluvioni o terremoti che si vedono incastrati in una condizione senza via di uscita, senza futuro. Il contrasto che poi emerge nel descrivere la stessa cosa è ambiguo e dovrebbe far emergere autocritiche in tutti. Da una parte lo Stato e la Protezione Civile che descrivono l'intervento fatto come il migliore che si potesse fare, e dall'altra i cittadini ma anche gli studiosi che mettono in luce i reali disagi della condizione in cui si vive. La definizione del problema che si vuole mettere in evidenza è difficile da delineare in quanto prevedere l'intreccio multi-disciplinare di differenti settori tra loro opposti e concorrenti. Il problema parla di territorio, di città, di edilizia e di qualità. Di territorio perché coinvolge gli aspetti naturali dei fenomeni come quello del terremoto, dell'alluvione o del dissesto geologico. Della città, o in generale del luogo da vivere, perché teatro della vulnerabilità dell'operato umano e riprova della sua fragilità di fronte alle prime avverse situazioni. Di edilizia perché la ricostruzione e la costruzione, sebbene non siano la stessa cosa, hanno molto in comune. E di qualità perché si parla di soddisfare i bisogni dell'uomo. L'Italia sta subendo una violenta distruzione del proprio patrimonio storico, edilizio e urbanistico bombardato dai colpi della natura, e ancora più grave, non è capace di recuperarlo in termini di ri-uso umano. Dalle New Town ai centri storici imbalsamati del ricostruito "dov'era e com'era"* non si è ancora trovata una strategia valida al problema della ricostruzione post-catastrofe. Ogni volta un tentativo nuovo, ogni * Pietro Valle "Uno sguardo retrospettivo: 1976, Gemona del Friuli, una doppia ricostruzione" Lotus n°144 Above Ruins.

031


volta l'impressione che quello che si sta facendo sia frutto di scelte improvvisate e prese lì sul momento.

Natura vs vulnerabilità: un rapporto precario La ricostruzione post-catastrofe è una tematica sempre più importante e presente del nostro pianeta. Nasce dal confronto diretto della natura con l'operato umano e la loro compatibilità reciproca. A prima analisi può sembrare che il numero di disastri dovuti a calamità di tipo naturale aumenti di anno in anno, ma la verità non è proprio questa. Fenomeni come il terremoto, eruzioni vulcaniche e uragani fanno parte delle caratteristiche intime del nostro pianeta frequenti come la pioggia o il vento; la loro presenza non intacca la vita degli esseri viventi, ma semplicemente il loro operato. Le calamità naturali non esistono, esiste solo il naturale divenire di un pianeta attivo e dinamico e la nostra incapacità di tenerne conto*. Strutture, modifiche morfologiche del territorio, insediamenti ad alta densità e non controllati hanno in comune tra loro la vulnerabilità nell'affrontare eventi improvvisi scaturiti dal naturale divenire del nostro pianeta; eventi che per loro natura non sono imprevisti, come si vuol far credere, ma ben noti all'uomo da secoli. L'uomo deve capire che, non potendo agire sui fenomeni della natura, deve obbligatoriamente, per la propria incolumità e del proprio operato, considerare l'imprevisto all'interno dei suoi progetti. Il terremoto, in particolar modo, è un fenomeno presente su tutto il nostro territorio nazionale da sempre. La nostra lunga storia, ci permette di avere una documentazione esaustiva di tutti i fenomeni sismici degli ultimi due millenni. A livello statistico emerge chiaramente che il nostro territorio è soggetto ad un terremoto di media intensità circa ogni 4 anni. Eppure ogni volta è sempre lo stesso scenario di devastazione che ci si prefigura davanti: case crollate, infrastrutture lese, strade interrotte, ... e tutti intenti a piangere le vittime, senza capire che non è stato il terremoto a fare i morti, ma la fragilità, l'imperizia e l'inadeguatezza dell'operato umano. Il risultato paradossale è che, complessivamente, oggi siamo più vulnerabili di ieri, nonostante tutto il nostro preteso progresso. Da questo punto di vista, l'Italia ha imparato poco dal terremoto a differenza di altri paesi, come per esempio il Giappone, che hanno rimesso in discussione ogni priorità pur di ridurre la loro vulnerabilità al cospetto della natura. Pratiche come la costruzione abusiva (e non) in luoghi potenzialmente esposti a rischio creano un pericolo dove non ci sarebbe. L'Italia ha imparato poco anche dalla ricostruzione, e sistematicamente ogni 4/5 anni, si ritrova a fare nuovi tentativi nell'attuare una strategia per riconquistare il territorio e far rinascere la comunità del posto.

Ricostruzione: pianificazione multidisciplinare La ricostruzione è un progetto/processo delicato e complesso in cui debbono partecipare un numero di persone infinito. Le Corbusier scriveva che è impossibile affidare alla stessa persona la ricerca di soluzioni per i bisogni della ricostruzione *

Mario Tozzi "Le catastrofi naturali non esistono" Tafter Journal n°50 Agosto 2012.

032/

risoluti


(soddisfazione dei sinistrati) e i bisogni dell'urbanistica (soddisfazione della pianificazione) e che l'insuccesso della ricostruzione è da ricercarsi nella mancanza di un'unità di intenti tra tecnici, politici e sinistrati. Questo a mettere in evidenza come le parole collaborazione e cooperazione debbano essere le prime messe in campo nel progetto della ricostruzione. Ad oggi a livello mondiale sono molte le agenzie che si occupano di questo delicato tema su differenti livelli ed aspetti, ma soprattutto su differenti target. La Banca Mondiale, la Croce Rossa e in dipartimento delle Nazioni Unite UN-HABITAT sono impegnate su diversi fronti nello studio e nell'attuazioni di programmi per la ricostruzione in luoghi del mondo colpiti da calamità naturali o da conflitti bellici. Il loro intervento diretto tramite finanziamenti e procedure ha portato alla stesura di differenti linee guida, dei veri e propri manuali, da applicare nelle differenti casistiche. Il loro limite, almeno dal nostro punto di vista, è che spesso i modelli proposti sono applicabili in paesi del terzo mondo o in via di sviluppo (paesi target privilegiati di queste agenzie internazionali) e che quindi la loro validità non può essere estesa facilmente in paesi sviluppati come il nostro. In ogni caso dalle loro analisi emergono principi universali sugli obiettivi della ricostruzione. Emerge infatti che la prima importante domanda della ricostruzione è "Cosa ricostruire?" Un villaggio africano, una fattoria peruviana, una metropoli moderna di un paese sviluppato? Definire l'ambito aiuta a capire quali sono gli obiettivi e le necessità da perseguire, come anche, conoscere i mezzi e gli strumenti a propria disposizione. La seconda domanda fondamentale è invece "Come ricostruire?". Le risposte in questo campo sono tante e varie, per esempio la Banca Mondiale nel suo compendio di strategie da applicare nelle ricostruzioni post-catastrofe naturale "Safer Homes, Stronger Communities" elenca cinque approcci alla ricostruzione delle comunità* ognuno dei quali ha come obiettivo principale quello di realizzare insediamenti e strutture più sicure e resistenti. La ricostruzione può essere letta su differenti livelli: è ripristino dei servizi, è costruzione di nuovi alloggi, ma anche un importante momento in cui si possono cambiare le carte in gioco e prendere delle nuove decisioni. Sempre Le Corbusier nel descrivere i suoi alloggi transitori dice che questi prendono nome dalla "transazione" tra una società decimata e priva di alloggi, abituata ad un certo stile di vita che gli eventi non permetto più di ricostruire in futuro, e una nuova società che dovrà imparare a far uso di benefici possibili derivati dalle nuove tecnologie e tecniche. La catastrofe è quindi un punto di svolta culturale e sociale dal quale si può emergere solo essendo pro attivi alle nuove sfide. * In base all'analisi di casi studio, sono stati riconosciuti 5 differenti approcci alla ricostruzione post-disastro che variano principalmente in base alla partecipazione dei sinistrati nel controllo del processo. Per ognuno di queste modalità vengono messi in evidenza i fattori positivi e negativi oltre che i contesti in cui preferibilmente dovrebbero essere applicati. I cinque approcci sono 1.Cash Approach 2.Owner-Driven Reconstruction 3.Community-Driven Reconstruction 4.Agency-Driven Reconstruction in situ 5.Agency-Driven Reconstruction in Relocated Site. Cap. 6 Approcci della Ricostruzione in Safer Home, Stronger Communities 2010.

033


Ricostruire, ma ricostruire meglio è il motto dei principi del Build Back Better (BBB) progetto che, in sintesi, propone strategie di ricostruzione che mirano a creare comunità post-disastro più sostenibili e meno vulnerabili, cogliendo nel tragico evento, l'enorme opportunità di rifare bene e meglio. L'applicazione di questo approccio esclude la mancanza di un progetto da parte delle autorità competenti, le quali necessitano di un processo di riferimento cui attingere le proprie strategie, in quanto il numero delle problematiche che insorgono nell'emergenza sono enormi e talmente varie da non poter concedere il lusso dell'improvvisazione. La sfida progettuale è pensare ai processi e non ai prodotti "facilitando e non fornendo*". Per questo il BBB mette in evidenza come la ricostruzione non possa essere fatta solo di mattoni e cemento, ma anche e soprattutto di un'immagine della città che verrà. In Italia il problema dell'emergenza è gestito in 3 momenti differenti: la prevenzione ante-emergenza, la gestione dell'emergenza e la ricostruzione post-emergenza. Ognuna di queste fasi ha come obiettivo la salvaguardia delle persone, dell'identità e delle culture locali. Se della seconda fase siamo abituati a sentir parlare alla televisione tramite gli innumerevoli interventi della Protezione civile Italiana su tutto il nostro territorio, della prevenzione e della ricostruzione non ci sono (quanto meno pubblicate e scritte a chiare lettere nero su bianco) strategie di riferimento standard. L'impressione è che sia uno di quegli argomenti caldi dove nessuno vuole prendere una decisione chiara, ma anche uno di quelle problematiche dove nessuno ha un'idea certa su cosa sia bene o non bene fare. E continuerà ad essere così se le decisioni delle sorti di una città, di un paese o di un'intera regione, verranno prese da persone che guidano la nazione, ma che non appartengono realmente a quella realtà. L'incertezza sulla modalità di affrontare la terza fase, quella della ricostruzione, è ribadita anche nel Decreto-Legge 15 maggio 2012, n. 59 "Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile" entrato in vigore il 17 maggio 2012, dove viene introdotta su base volontaria l'assicurazione obbligatoria contro i danni per calamità naturali ai fabbricati al fine di consentire l'avvio di un regime assicurativo. Un assicurazione che, vista la vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano, pare inciderà fortemente sulle tasche del cittadino. Lo stato che non prende decisioni forti sul futuro dei propri territori, ha trovato però il tempo di dichiarare che se ne vuole lavare le mani di fronte alle future catastrofi, infischiandone di fare quell'investimento minimo che richiede la prevenzione**. Se un terremoto fa emergere la criticità del rapporto che una comunità ha con l'ambiente in cui vive, la ricostruzione che ne segue rappresenta l'espressione, oltre che delle aspettative degli abitanti, anche del clima culturale di un momento * Intervista a Ian Davis [Architetto e Senior Professor alla Lund University in "Disaster Risk Management for Sustainable Development"] "Shelters e ricostruzione, Cultura e società" Boundaries n°2 Architetture per le Emergenze. ** La prevenzione è molto più economica della ricostruzione. In Italia mettere in sicurezza un edificio costa cinque volte di meno che recuperarlo o ricostruirlo in seguito ad un disastro naturale.

034/

risoluti


storico e geografico*. Così la ricostruzione che dovrebbe garantire alla comunità colpita di rimettersi in piedi e diventare nuovamente competitiva, è la fase in cui il destino collettivo è messo nelle mani di politici ed urbanisti, che spesso non conoscono in modo adeguato il contesto in cui stanno agendo. Il risultato della ricostruzione è sempre più spesso un'azione che punta al ripristino del passato, invece che a generare un'immagine del futuro. Ritengo che la definizione "Ritorno alla normalità" citata dalla Protezione Civile tra gli obiettivi della terza fase non debba essere considerata come l'obbligato ritorno alla situazione iniziale. La città e i cittadini hanno il compito di metabolizzare il cataclisma di cui sono stati vittima, ricordarlo, imprimerlo nella memoria per imparare e capire cosa si è sbagliato nel passato. Il problema della ripresa sociale delle zone colpite da calamità è di interesse nazionale. Una nazione come l'Italia non può permettersi di mantenere un'intera regione colpita dal calamità per anni, se non decenni [vedi Irpinia]. La ripresa deve essere fatta e voluta dalle persone locali, che conoscono il posto e le sue tradizioni più intime.

Rimettersi in discussione Esempi di rivoluzione nel modo di pensare ed agire nell'emergenza. I programmi giapponesi post-emergenza per il terremoto di kobe [1995] e sendai [2011]

Tra tutti i paesi, e tra tutti i paesi sviluppati, i Giappone è quello che più di tutti convive con le catastrofi naturali in stretto rapporto. Questo paese che si estende per tutti i suoi 3 000 Km sulla catena vulcanica più attiva del mondo, la cintura di fuoco del Pacifico, è protagonista di terremoti di tale intensità che quelli registrati sulla nostra penisola sembrano quasi della simulazioni da luna park. In particolare negli ultimi 18 anni ha subito due dei più devastanti terremoti di sempre, teatri di distruzione ma anche di cambiamento nell'approccio della ricostruzione. Terremoto di Kobe 17 gennaio 1995** Magnitudo 7.3

Il terremoto, che viene ricordato con il nome della città simbolo Kobe, ha coinvolto tutta la prefettura di Hyōgo ed ha letteralmente messo in ginocchio una nazione che credeva di essere diventata immune alla natura tramite la tecnologia e la conoscenza. Più di 6 000 vittime, 87 miliardi di dollari e 249 000 edifici distrutti o seriamente danneggiati. La risposta a questo evento porta il nome evocativo di "Hyōgo Phoenix Plan" cominciato solo 4 giorni dopo il disastro e viene adottato 6 mesi dopo nel luglio 1995. L'obiettivo è terminare la ricostruzione in 10 anni, entro il 2005, ricostruzione delle case, ma anche e soprattutto della comunità e dell'economia. Il progetto prima dei piani delle decisioni, prima ancora dei conti economici, * Nina Bassoli "2010, L'Aquila un anno dopo il terremoto" Lotus n°144 Above Ruins. ** Etsuko Tsunozaki "Disaster Reconstruction in Japan: Lesson learned from the Kobe Earthquake" presentato al Regional Conference on Hazard Risk Management 2008 New Delhi

035


sviluppa un principio guida fondamentale "Ricostruzione Creativa: meglio del prima-terremoto*" il cui obiettivo principale è l'armonia coesistenza tra le persone, la natura e la società. Da questo principio si sono sviluppati 5 Pilastri: • Creazione di un benessere sociale "cucito" per il XXI secolo. • Creazione di una società culturalmente ricca aperta al mondo. • Creazione di una società in cui le industrie esistenti crescano e quelle nuove si sviluppino. • Creazione di metropoli resistenti ai disastri, dove le persone possano vivere in sicurezza. • Sviluppo urbano con aree metropolitane multi-centralizzato interconnesso. Il secondo passo del progetto è stato quello di evidenziare i punti deboli che hanno reso fragile il territorio nei confronti della natura e trovare delle contromisure da applicare per superare i problemi specifici. LESSON

CONTROMISURA

1. Ritardi dei primi soccorsi dovuti al danneggiamento delle strutture di riferimento, alla distruzione della rete dei trasporti e all'interruzione delle comunicazioni.

Istituzione di un centro di raccolta delle informazioni; Ampliamento e sviluppo di un Ufficio per la gestione delle crisi e istituzione di un Ministero per la gestione dei disastri; Sviluppo di un sistema per l'informazione dei disastri (per dare il primo allarme e per gestire l'emergenza).

2. Assenza di Coordinazione tra le maggiori Istituzione di un Sistema di Coordinamento Organizzazioni. Data la vastità dell'emergenza nazionale per la risposta all'emergenza. [Molto gli enti locali si trovarono in una condizione di simile alla nostra Protezione Civile] paralisi. 3. Inadeguata risposta al sisma delle strutture. L'80% delle persone morte sono state travolte dalle macerie degli edifici. La maggior parte degli edifici non erano in linea con le norme antisismiche vigenti. La densità del costruito e la presenza di molti edifici di legno hanno favorito lo scoppio di incendi.

Nello stesso anno fu emanata una nuova norma di ADEGUAMENTO SISMICO per tutte le strutture. Per facilitare e promuovere la messa a norma, lo stato ha agito tramite sussidi economici che coprivano un parte dei costi. Questo intervento ha coinvolto 14 milioni (su un totale di 44) di edifici non a norma nel paese.

4. Importanza della Comunità e dei Volontari. I primi soccorsi vennero proprio dalle comunità locali ed in seguito arrivarono 1,4 mil di volontari da tutto il paese.

Venne indetto il "giorno del volontario" e furono favorite e promesse attività di formazione e preparazione alle emergenze. La partecipazione a gruppi volontari in Giappone coinvolge più dell'80% della popolazione oggi (nel 1995 era al 28%).

5. Necessità di supporto per la ricostruzione delle Comunità. Un grande problema in postemergenza fu il supporto morale per la perdita dei propri cari, la gestione delle persone che necessitavano di assistenza e delle morti per solitudine.

Costruzione di un rete di supporto per la ripresa sia economica (tramite un fondo statale) e tramite attività del volontariato di assistenza e supporto.

6. L'importanza di un piano urbano efficace.

Capire la natura per poter convivere con essa. Decentralizzazione delle funzioni urbane. Edifici resistenti al fuoco e ai terremoti. Creazioni di "life lines".

7. Trasmettere le lezioni apprese. Per saper rispondere efficacemente alle emergenze future occorre EDUCARE ALL'EMERGENZA la popolazione e occorre FARE RICERCA PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO.

Lo stato giapponese ha istituito tutta una serie di uffici e centri di ricerca per la trasmissione del sapere e della ricerca in campo di emergenze e riduzione del rischio.

Tabella 1 Sono da mettere in evidenza le contromisure 3 e 7. La terza è sicuramente la *

trad. Creative Reconstruction: better than pre-quake.

036/

risoluti


contromisura più audace e coraggiosa che esprime la presa di posizione forte del governo giapponese nel dimostrare come l'incolumità dei propri cittadini è al primo posto, incolumità che si difende con la prevenzione e l'adeguamento strutturale, non tramite un sistema assicurativo che ripaga i morti. Inoltre mette in luce come sia inefficace applicare la norma solo ai nuovi edifici, perché lo standard di sicurezza deve essere garantito a tutti e non solo ad alcuni. Sapendo inoltre che l'adeguamento sismico comporta una spesa non indifferente al cittadino, lo stato ha investito personalmente coprendo anche fino ai 2/3 della spesa in funzione della ricchezza delle famiglie. La settima contromisura sottolinea come ci sia necessità di formare una popolazione che sia pronta ad affrontare le emergenze, tramite il volontariato o attività simili, oltre ad un forte investimento nel ricerca per la risoluzione delle emergenze, anche per trovare nuovi piani per la ricostruzione e la prevenzione. Terremoto di Sendai 11 marzo 2011* Magnitudo 9

Dopo 16 anni da Kobe il Giappone si ritrova quasi al punto di partenza. Un altro terremoto, ancora più forte di quello di prima, un terremoto che non fa crollare case o edifici, ma un terremoto che porta con se un fattore non previsto: lo tsunami. Le case, perfette per assorbire le scosse sismiche, snelle e leggere, vengono spazzate via da un muro fatto d'acqua alto 10 m che corre a 750 Km/h, spengendo la vita di 20 000 persone. Anche in questo tragico evento, la ricostruzione è partita da subito con modalità e principi molto simili all'approccio utilizzato per il terremoto di Kobe. In questa maniera si è messo in evidenza come una strategia di approccio al progetto per obiettivi e principi non solo può essere valida, ma anche adattabile a situazioni e contesti differenti. A mio parere questo tipo di metodo sviluppato per cause di necessità dal popolo giapponese può rivelarsi, più di altri metodi, valido universalmente.

Da un'occasione perduta una riflessione obbligata La necessità di interrogarsi sulle modalità della ricostruzione è da ricercare negli eventi accaduti attorno alla gestione post-emergenza della città dell'Aquila. Un evento, in particolare, deve farci porre nuovi quesiti su come gestire ed effettuare la ricostruzione. Il terremoto che ha colpito il capoluogo abruzzese è stato al centro dell'attenzione mediatica mondiale da subito. Molti sono stati gli aiuti arrivati spontanei dall'estero, attraverso iniziative dei governi e dei privati. Aver spostato la sede del G8 del 2009 nella città ferita dal terremoto non ha fatto altro che amplificare l'attenzione mondiale su questa triste catastrofe naturale. Il governo giapponese, molto sensibile alla problematica dell'emergenza sismica, *

"Sendai City Earthquake Disaster Reconstruction Plan" Digest Version.

037


assieme all'architetto Shigeru Ban, hanno donato alla città dell'Aquila un progetto per la costruzione del nuovo Auditorium permanente "Alfredo Casella" unito ad un cospicuo contributo di 500mila euro (50% del costo totale dell'opera). Il progetto prevede la costruzione del nuovo conservatorio di musica e dell'auditorum di 600 posti recuperando una rimessa dell'ex metropolitana in superficie a Pettito. Una struttura pubblica costruita ma mai sfruttata e/o riqualificata dal comune ed indenne al sisma. I costi totali per l'opera sono contenuti proprio per lo sfruttamento delle pre-esistenti strutture. Questo gesto di grande generosità è stato il centro di una serie di vicende decisamente spiacevoli che hanno visto la Protezione Civile (d'ora in poi PC), il governo Italiano e quello Giapponese travolti in un incidente diplomatico irreale. La PC 31 luglio 2009, infatti, espropria un'area in cui è prevista la realizzazione del solo conservatorio, dichiarando che per l'Auditorium non erano disponibili fondi. La PC giustifica le sue scelte per due motivi. In primo luogo le procedure per attuare le opere sul territorio, attraverso gare di appalto, non consentono ad un'opera già progettata di essere realizzata. Infatti questa necessiterebbe una procedura ad assegnazione diretta (pratica che si vuole evitare). In secondo luogo le stime dei costi dell'opera non ammonterebbero ad 1 milione di euro, ma a 4 milioni di euro*. La sospensione dell'opera ha generato una tensione tra Roma e Tokyo di non poca importanza, portando l'ambasciatore giapponese a Roma a richiedere un colloquio personale con il capo della PC (nel 2009 Guido Bertolaso) per risolvere l'incidente. Nel frattempo a settembre si scopre che la PC ha a disposizione quasi 6 milioni di euro per la costruzione del nuovo conservatorio. Con una gara di appalto lampo (progetto + esecuzione) viene realizzata una struttura temporanea in elementi metallici prefabbricati per un importo totale di 4.6 milioni di euro**. La situazione si è evoluta solo nella primavera del 2010. Si è deciso di dividere il progetto in due parti, una dedicata al conservatorio ed una dedicata all'Auditorium. L'arch. Shigeru Ban, con l'associazione VAN (Voluntary Architects Network), ha così presentato un nuovo progetto, questa volta temporaneo e dalle dimensioni più ridotte (la sala è di 250 posti), andando incontro alle esigenze della PC. Così finalmente viene bandita la gara d’appalto da 552mila euro per l’affidamento dei lavori tentando di risolvere anche l'incidente diplomatico in corso***. L'Auditorio ha potuto finalmente vedere la sua travagliata nascita il 7 maggio 2011, un'anno dopo la gara per l'affidamento dei lavori. Le vicende di questo teatrino all'italiana, sul rifiuto e poi realizzazione di una tale opera ci deve far porre delle domande su quali sono i reali obiettivi che la ricostruzione italiana si pone. Una scelta che priva i cittadini di avere un bene che non solo ricostruisca una struttura andata distrutta, ma che produca un miglioramento dei servizi e un'innesco della ripresa sociale ed economica, deve rimettere il discussione tutto l'operato fatto sin'ora. A questo si deve aggiungere anche un altra riflessione: tra i paesi del G8, il * D'angelo Gianluigi, "Shigeru Ban per L'Aquila: un'inspiegabile occasione persa" ** La Rocca Orazio, "L'Aquila, stop al piano dell'archistar e il nuovo conservatorio costa il triplo" *** Dragone Roberta, "L’Aquila: l’auditorium di Shigeru Ban si costruirà. Dopo il primo no al progetto, arriva la gara d'appalto"

038/

risoluti


Giappone è stato uno dei pochi a mantenere la parola data riguardo i fondi promessi in donazione per la ricostruzione dei monumenti; molte altre promesse di finanziamento si sono infatti rivelate fasulle*. Se quest'ultimi sono stati aspramente criticati per non aver mantenuto la parola data, come giustificare il rifiuto agli aiuti che invece sono davvero arrivati? La cooperazione internazionale nel campo dell'emergenza è di fondamentale importanza per il ritorno alla normalità ma, considerate le vicende per l'Auditorium dell'Aquila, è evidentemente di difficile applicazione. Gli strumenti della PC devono facilitare gli aiuti esterni nelle condizioni di emergenza e non impedirle.

Build back better: un progetto fatto di tante azioni Quando si parla di Build Back Better [BBB] si trovano differenti, e probabilmente validi, elenchi di obiettivi da perseguire e raggiungere. Come per esempio quello pubblicato sulla rivista Natural Hazards Informer del 2002 da Jacquelyn L. Monday. La Monday identifica 6 principi da seguire quali 1. Mantenere e, se possibile, ampliare la qualità della vita delle persone 2. Sviluppare la vivacità economica 3. Promuovere integrazione sociale ed equità 4. Mantenere e, se possibile, sviluppare la qualità dell'ambiente 5. Incorporare nelle decisioni e nelle azioni la mitigazione del rischio 6. Usare un processo decisionale partecipato. Facendo una metafora si potrebbe dire che il BBB sia una dichiarazione del tipo "Io Voglio la pace nel mondo e la voglio ottenere attraverso l'amore fraterno" il problema maggiore è proprio instaurare l'amore fraterno! Così i principi del BBB riscontrano difficoltà nella loro applicazione per la loro natura di principio e non di indirizzo (per arrivare da Aprilia a Roma devi prendere la strada Pontina), questo perché non esiste una sola strada valida, ma esistono tante strade sbagliate, tante valide ma dispendiose, tante valide ma non complete, ... come si valutano queste strade, quale strumento ci può dare una mano a capire, a fare un confronto tra due diverse proposte? E soprattutto quale strumento può subito identificare la strada sbagliata?

*

Caporale Giuseppe " L'Aquila "tradita" dai Paesi del G8, beni artistici lasciati senza restauri"

039


Allegati

Allegato A - Prof. Giovanni Campo, scheda di rilevamento Per tratti a sezione costante, di fattori di potenziale vulnerabilitĂ sismica di attrezzature viarie, e di conseguente rischio degli utenti esposti.

040/

risoluti


041


042/

risoluti


Allegato b - WORLD BANK - processo di risposta e ricostruzione post-catastrofe

043


Bibliografia

Libri

• Beck, Ulrich "Conditio humana - Il rischio nell'età globale" [2007] • Campo, Giovanni "Città e territori a rischio. Analisi e piani di prevenzione civile" [2000] • Conrad, Joseph "Il Titanic" [1912] • Diamond, Jared "Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni" [1997] • Diamond, Jared "Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere" [2005] • Fabietti, Walter " Vulnerabilità e trasformazione dello spazio urbano" [2006] • Gawande, Atul "Checklist" [2011] • Illich, Ivan "La Convivialità" [1973] • Illich, Ivan "Elogio della bicicletta" [1973] • Jha, Abhas K. "Safer Homes, Stronger Communities. A handbook for reconstruction after Natural disasters" [2010] • Latouche, Serge "Breve trattato sulla decrescita serena" [2007] • Mauro, Armando "Calamità naturali, mutazioni ambientali, sviluppo sostenibile" [1992] • Orlando, Giuseppe "Disastri e territorio: un modello per l'analisi della resilienza dei sistemi urbani" [2010] • Taleb, Nassim Nicholas "Il cigno nero - Come l'improbabile governa la nostra vita" [2007] • Treu, Maria Cristina "Città, salute e sicurezza" [2009] • Valentini, Teresa Dina "Analisi e comunicazione del Rischio Tecnologico" [1992] Riviste

• Boundaries [www.boundaries.it] n°2 "Architetture per le Emergenze" [Ottobre-Dicembre 2011] n°3 "Architetture di Pace" [Gennaio-Marzo 2012] • Lotus n°143 "Leaning from favelas" [2010] n°144 "Above Ruins" [2010] n°145 "Activism in Architecture" [2011] • Tafter Journal [www.tafterjournal.it] n°50 [Agosto 2012]

044/

risoluti


Documenti - paper

• "Hyogo Framework for Action 2005-2015" (HFA) • "Sendai City Earthquake Disaster Reconstruction Plan" Digest Version • Alexander, David E. "A tale of three cities & three earthquake disasters" [2012] • Alexander, David E. "Emergenza e resilienza a scuola, il caso Italia" [2012] • Alexander, David E. "Pianificare e Gestire la ricostruzione" • Bologna, Roberto "Strategic planning of emergency areas for transitional settlement [2007] • Caporale, Giuseppe "L'Aquila "tradita" dai Paesi del G8, beni artistici lasciati senza restauri" • D'angelo, Gianluigi "Shigeru Ban per L'Aquila: un'inspiegabile occasione persa" • Dragone, Roberta "L’Aquila: l’auditorium di Shigeru Ban si costruirà. Dopo il primo no al progetto, arriva la gara d'appalto" • Duyne Barenstein, Jennifer - Joshi - Shrinivas Shinde - Vyas - Jadeja "Towards owner-driven post-disaster shelter reconstruction" [2008] • GFDRR - WORLD BANK "Earthquake reconstruction (knowledge notes)" • GRF - Miyamoto, Kit - Gilani, Amir "Global perspective on seismic risk reduction and resilient disaster reconstruction" [2012] • IRP "Guidance note on recovery: pre-disaster recovery planning" • IRP "Guidance note on recovery: shelter" • La Rocca, Orazio "L'Aquila, stop al piano dell'archistar e il nuovo conservatorio costa il triplo" • Monday, Jacquelyn L. " Building Back Better - Creating a Sustenable Community After Disaster" Natural Hazards Informer n°3 [gennaio 2002] • Stanchieri, Luca "Introduzione ai protocolli d'azione". • Tsunozaki, Etsuko "Disaster Reconstruction in Japan: Lesson learned from the Kobe Earthquake" presentato al Regional Conference on Hazard Risk Management 2008 New Delhi • UN "Key propositions for building back better - Lessons learned from tsunami recovery" [2006] • UN - Shelter Center "Shelter after disaster guidelines" [2010] • UN-ISDR "A safer world in the 21st century: disaster and risk reduction" • UN-HABITAT "Displaced populations and human settlements" • WHRC "Il reinsediamento è una strategia sostenibile per ridurre il rischio di pericoli naturali?" [2009-2010] • WORLD BANK "Lessons from natural disasters and emergency reconstruction" Siti internet

• Croce Rossa Internazionale ww.ifrc.org • Global facility for disaster reduction and recovery (GFDRR) www.gfdrr.org • Protezione Civile Italiana www.protezionecivile.gov.it • The World Bank www.worldbank.org • World habitat research centre www.worldhabitat.supsi.ch

045


• UN-HABITAT www.unhabitat.org Leggi

• Decreto Legge 15 maggio 2012, n°59 "Disposizioni Urgenti per il riordino della protezione civile" Film-documentario

• Garbage Warrior di Oliver Hodge [2007] • La Terre vue du ciel di Renaud Delourme [2004] • Vu du ciel serie III episodio "Les héros de la nature: Le Canada" [2011]

Acronimi

EC European Commission EIA Environmental Impact Assessment EU European Union GFDRR Global Facility for Disaster Reduction and Recovery IFRC International Federation of Red Cross NGO Non-governmental Organization UN United Nations UNDAC United Nations Disaster Assessment and Coordination UNDP United Nations Development Program UNEP United Nations Environment Program UN-HABITAT United Nations Agency for Human Settlements UNHCR United Nations High Commissioner for Refugees UNOCHA United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs WB World Bank WFP World Food Program WHO World Health Organization

046/

risoluti


047


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.