Relazione Risoluti

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Dottorato in Ingegneria Edile-Architettura

FEDERICA RISOLUTI RELAZIONE

2011-2012


In Copertina: disegno originale di Guy Billout


“Molto più importante di quello che sappiamo o non sappiamo, è quello che non vogliamo sapere” Eric Hoffer



FEDERICA RISOLUTI RELAZIONE Università degli studi di Roma Sapienza Facoltà di ingegneria Dottorato in Ingegneria Edile-Architettura XXVII CICLO

2011-2012



INDICE

LEZIONI 003  Gestione interdisciplinare del processo progettuale 013  Città, edilizia e sostenibilità 019  Metodologie e tecnologie costruttive innovative per nuove costruzioni 049  Metodologie e tecnologie di intervento per il recupero dell’edilizia esistente 057  Linguaggi e paradigmi progettuali dell’architettura contemporanea 067  Scienza, tecnica e arte 071  Evoluzione e architettura

SCHEDE BIBLIOGRAFICHE 086  Breve trattato sulla decrescita serena 089  La convivialità 093  Elogio della bicicletta 096  Collasso 104  La dentiera di Washington 106  Cervelli e pensieri 109  Palladio 112  Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta 114  Energia e miti economici 118  Armi, acciaio e malattie 123  L'uomo flessibile 126  Junkspace 128  Bibliografia



LEZIONI



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GESTIONE INTERDISCIPLINARE DEL PROCESSO PROGETTUALE

Prof. G. Carrara - Prof. A. Fioravanti

LO STATO DELLA PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA problemi emergenti - complessità e qualità - cause e soluzioni Per capire quali sono i problemi del processo progettuale è di vitale importanza guardarsi attorno e vedere i risultati che le tecniche usate sin’ora hanno prodotto. Attraversando la città, la campagna o la periferia delle grandi metropoli, seppur luoghi agli antipodi popolati di persone e intrise di culture differenti, esistono dei fattori che le rendono prodotto di uno stesso processo: quello della loro ideazione e realizzazione. Il problema dell’architettura oggi si potrebbe riassumere brevemente dicendo che ciò che accomuna queste architetture è una mancanza di qualità. Ma cosa si intende nello specifico parlando di qualità? La qualità può essere intesa in differenti maniere in funzione del punto di vista dal quale si osserva l’oggetto. Si può allora parlare di mancanza di qualità in differenti ambiti: • nell’organizzazione spaziale delle parti; • nell’integrazione delle parti; • nella manutenzione dell’edilizia esistente e storica; • nei costi di gestione; • nel rapporto con l’utenza; • nel rispetto della normativa • nella sostenibilità dell’intervento. Altri aspetti non ci appaiono così evidenti, ma sfortunatamente sono oggi di vitale importanza, primo tra tutti la MANCANZA DI QUALITÀ AMBIENTALE. Per esempio si può citare il “Problema del mattone” usato ampiamente nell’edilizia, ma che è lungi dall’essere un prodotto di qualità per l’ambiente. Il maggior impatto che il mattone produce è da ricercarsi nella CO2 emessa per la sua produzione e poi per il trasporto, ma il problema più grande risiede al principio, alla cava. Le cave di argilla e il loro sfruttamento producono una vera e propria ferita nel territorio non concedendo la possibilità di tornare indietro e ristabilire la condizione iniziale. Ecco perché il legno (solo se prodotto in foreste correttamente gestite) è il materiale ecocompatibile per eccellenza, perché non priva alle generazioni future di godere dello stesso bene. In conclusione si può dire che la BASSA QUALITÀ diffusa nel contesto ambientale, del costruito (inteso sia come prodotto dell’edilizia che dell’architettura) e

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dell’urbanistica sono funzione di differenti ESIGENZE/OBIETTIVI che dovrebbero essere soddisfatti (ma che non sono stati affrontati in modo adeguato).

LA CONOSCENZA NEL PROCESSO EDILIZIO Le sfere e i tipi della conoscenza tecnica nella progettazione edilizia. La progettazione edilizia è sviluppata da specialisti che conoscono in maniera approfondita il loro settore. Ogni figura professionale però non conosce nel dettaglio i campi del sapere degli altri professionisti con cui lavora, andando a definire una situazione di ignoranza simmetrica (per esempio l’architetto e lo strutturista sono figure professionali specializzate nel loro campo che lavoro sullo stesso oggetto, l’edificio, ma che conoscono limitatamente il sapere dell'altro). Questo fenomeno, logicamente comprensibile, crea problemi nel momento in cui queste figure devono comunicare\collaborare tra loro. La buona o cattiva comunicazione tra i diversi soggetti influenza enormemente il risultato del processo edilizio. PROGETTISTI (Architetti, Ingegneri, Tecnici) DEFINISCE E ORGANIZZA IL PROGETTO

GLI ATTORI

COSTRUTTORI REALIZZAZIONE DEL PROGETTO

PROJECT MANAGEMENT GESTIONE, FINANZA, BUISSNESS

La comunicazione e i modi di interagire tra i diversi soggetti sono allora di fondamentale importanza per far in modo che l’obiettivo prefissato sia sempre perseguito. In edilizia, l’importanza dell’interazione è ancora più forte in quanto ogni elemento è un prototipo1. Oggi la maniera più comune di progettazione prevede un metodo che potrebbe esser chiamato a flow chart dove il progetto è passato in maniera iterativa da un progettista all’altro che ne apporta le modifiche in funzione delle proprie necessità. La soluzione può risultare un insieme disordinato di correzioni last minute e a perderci è la qualità.

ARCHITETTO

STRUTTURISTA

IMPIANTISTA

...

Andando ad analizzare quali sono le fasi tipiche del processo di collaborazione nella progettazione edilizia, emerge come la conoscenza viene trasmessa da uno specialista all'altro in quattro fasi: elaborazione → comunicazione → trasferimento dei dati → interpretazione La collaborazione in questo processo è realizzabile attraverso la costruzione della 1 ARTIGIANATO, INDUSTRIA ED EDILIZIA - Un prodotto può essere ottenuto tramite differenti procedimenti artigianali o industriali. Il prodotto edilizio non rientra in nessuno di questi due campi. Questo perché ciò che differenzia i prodotti non è da ricercarsi né nella qualità né nella precisione, ma nel controllo della qualità. L’artigiano controlla la qualità nel momento in cui sta lavorando il prodotto, è un processo simultaneo. L’industria prevede un certo standard e poi lo verifica a campione o su ogni elemento a seconda dei casi. L’edilizia ha solo pochi controlli post-realizzazione.

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conoscenza prodotto

soluzione progettuale

conoscenza contesto

conoscenza utenti

conoscenza processo

conoscenza o più semplicemente knowledge. La conoscenza abbraccia tutti i campi e i soggetti del processo dal prodotto agli utenti, dal contesto al processo. La collaborazione è lo strumento fondamentale per la progettazione edilizia e per il raggiungimento di un prodotto di qualità. La conoscenza è la base della collaborazione ed è al contempo uno strumento complesso che richiede: • Una preparazione qualificata\specializzazione degli attori\progettisti. • La volontà da parte dei progettisti di collaborare, mettersi in discussione in favore del progetto, della validità e della qualità dell’opera. • La capacità di capirsi, e quindi di scambiare la conoscenza tra di loro. Lo scambio di conoscenza si può articolare in tre aree: semantica, sincronizzazione e comunicazione. Semantica. La semantica esprime il significato del sapere che è da sviluppare. Il sapere è fatto di concetti più o meno rappresentabili (formule, schemi...) che devono essere supportati da un linguaggio formale e uno strato di conoscenza unificatore che permettano il processo di comunicazione. Il segno\grafo porta con se caratteristiche di meaning, proprieties & rules (significato, proprietà e regole), senza le regole un oggetto definito nelle sue caratteristiche fisiche rimane un ente semplice. È tramite l’introduzione di regole che l’oggetto diventa un ente complesso. Le entità. Gli oggetti che si vogliono prendere in considerazione sono delle entità. Hanno una loro forma e loro caratteristiche. È possibile lavorare su un certo numero di entità le quali possono essere organizzate\assemblate tra loro a formare macro entità. Ogni entità è caratterizzata da una definizione generale, una o più definizioni particolari ed una serie di relazioni con altre entità.

Meaning. A seconda dello specialista, le stesse entità possono essere lette in maniera differente. Per esempio la finestra ha un significato differente a seconda se letta in un contesto compositivo, strutturale... è una visione specialistica dell’entità. Il processo di ereditarietà. (propreties + rules) Nel descrivere un’entità si possono dare differenti informazioni. Per esempio si può parlare dell’oggetto camera definendolo semplicemente come ambiente delimitato. Si potrebbe aggiungere che di tutti i tipi di stanza che possono esistere ci interessano le stanze d’albergo, quelle con un letto matrimoniale, o magari quelle con tre letti. Potremmo infine descrivere gli accessori della camera per definirne il numero di stelle di appartenenza, sino ad arrivare alla descrizione dettagliata di una specifica stanza che esiste davvero in un albergo del centro. Passando quindi da una definizione generale di un oggetto a ad una più specifica e particolare, tramite il processo di ereditarietà, l’oggetto più

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particolare eredità tutte le proprietà di quello più generale. La rappresentazione grafica. Il senso più sviluppato dell’uomo è la vista. La grafica rappresenta, attraverso delle convenzioni, informazioni sul progetto. Se si conosce questo linguaggio è possibile anche leggere le rappresentazioni. SINCRONIZZAZIONE

La sincronizzazione consiste nell’allineamento dei dati. Fare in modo che le decisioni prese siano in sincrono per essere sempre aggiornati con l’ultima versione del progetto e per avere un immediato riscontro delle incongruenze. Questo tipo di strumento permette un controllo pro-attivo del processo di progettazione e non a posteriori come è comunemente fatto. Versionamento. Il versionamento è utilizzato al fine di ottimizzare e accorciare le tempistiche è importante sia poter lavorare sui dati in sincrono, quanto anche poter accedere al recupero delle versioni precedenti. COMUNICAZIONE

Le distanze fisiche, culturali, temporali e linguistiche impongono l’uso di strumenti di comunicazione come protocolli, formati e modi che possono essere più o meno compatibili. La comunicazione inoltre deve essere possibile solo in spazi dedicati.

CENNI STORICI DELL’EVOLUZIONE DELLE TECNICHE E DELLE METODOLOGIE CAD Il progetto è un processo complesso che per essere ben sviluppato ha bisogno dell’attuazione della collaborazione tra i diversi soggetti partecipanti. La collaborazione si può applicare tramite l’informatica. Questa applicazione però trascina con se nuove problematiche che necessitano di essere risolte. Il primo problema dell’informatica è la conoscenza, base della collaborazione, e la sua distinzione dall’informazione/dato. L’informatica fa uso del modello ISO/OSI [fig. 1.01] che realizza una comunicazione per livelli ed è costituito da una pila di protocolli attraverso i quali viene ridotta la complessità implementativa di un sistema di comunicazione per il networking. In particolare ISO/OSI è costituito da strati (o livelli) che racchiudono uno o più aspetti fra loro correlati della comunicazione fra due nodi di una rete. I layers sono in totale 7 e vanno dal livello fisico (quello del mezzo fisico, ossia del cavo o delle onde radio) fino al livello delle applicazioni, attraverso cui si realizza la comunicazione di alto livello. Ogni layer individua un protocollo di comunicazione del livello medesimo. Questo sistema permette di informatizzare qualsiasi cosa che sia esponibile. L'obiettivo è allora esporre/rappresentare la conoscenza. Gli oggetti che prendono parte alla collaborazione e allo scambio di informazioni sono tre: il mezzo trasmittivo, il soggetto emittente, il soggetto ricevente. Il passaggio di informazione da un computer all’altro avviene attraverso un mezzo

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1.01 [Modello di riferimento OSI]


trasmittivo. L’informazione è strutturata in differenti livelli a seconda dell’ontologia2 del programma utilizzato. Lean Design\Rich Design. La comunicazione tra i differenti soggetti necessita un filtro che permetta di far leggere le informazioni utili all’altro ma non necessariamente tutto il progetto. Per esempio uno strutturista non dovrà inviare all’architetto tutti i calcoli che ha fatto per il dimensionamento delle strutture portanti, ma semplicemente le informazioni che possono essere utili all’altro come dimensioni ed ingombri. Il modello Rich dello strutturista verrà quindi alleggerito in una versione Lean che contiene solo le informazioni utili all’altro soggetto e viceversa. PIK\PDK [Project Indipendent Knowledge\Project Dipendent Knowledge]. Da dove deriva la conoscenza? La conoscenza può essere distinta in conoscenza indipendente dal progetto e conoscenza dipendente dal progetto. Si devono allora introdurre i concetti di istanza e prototipo. Si può dire in via generale che l’istanza è un dato PDK mentre il prototipo è PIK. Nel momento in cui gli specialisti cominciano a lavorare e a immettere i loro dati all’interno del progetto, questi producono un’istanza che contiene informazioni che possono essere compatibili o meno con le istanze degli altri progettisti. Ogni entità ha un istanza per ogni soggetto che vi partecipa (ex. finestra\architetto, finestra\strutturista). Il problema allora passera al livello in cui si verificano e risolvono le criticità della progettazione. [Ω-1] Dominio Tecnologico (gerarchico)

Dominio dei materiali (non gerarchico)

R

[Ω]

Dominio Spaziale Spazio Elementare

Knowledge Menagement Process. Quali sono i vantaggi di una progettazione accurata e dettagliata? In primo luogo la qualità del progetto ne beneficia, in secondo luogo le scelte prese in fase di progettazione hanno un'enorme influenza sulla scelta della lavorazioni e quindi sul costo di cantiere. La fase progettuale è quella con più alto impatto sugli eventi successivi e sul carico economico dell'opera. 1.02 [Hannu Penttila I costi di

costruzione sono definiti nelle fasi iniziali di progettazione, così come la definizione e le fasi di costruzione. I costi reali saranno affrontati solo molto tempo dopo durante la realizzazione dell'opera. Le scelte prese in fase di progettazione hanno quindi una forte influenza sul costo finale.]

I singoli specialisti lavorano sul progetto in propri spazi privati e scambiano informazioni in uno spazio comune. In questo passaggio però devono filtrare le informazioni da dare agli altri collaboratori, solo quelle necessarie. 2 In informatica, il termine ontologia si riferisce specificamente a formulare una concettualizzazione esaustiva e rigorosa nell’ambito di un dato dominio. Si tratta generalmente di una struttura dati gerarchica che contiene tutte le entità rilevanti, le relazioni esistenti fra di esse, le regole, gli assiomi ed i vincoli specifici del dominio.

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Il filtro serve a creare la versione Lean del progetto da immettere nello SDW. Le diverse istanze del progetto possono essere in conflitto tra di loro. Questi conflitti sono di diverso genere: avvengono per contrasto di elementi o per contrasto con obiettivi\vincoli. Si possono introdurre degli allarmi pro-attivi, che avvertono i progettisti dell’incongruenza in fase di progettazione. COMMON DESIGN WORKSPACE

SDW SHARED DESIGN WORKSPACE PDW PRIVATE DESIGN WORKSPACE

Come si scambiano le informazioni in questo contesto? Esistono tre maniere di effettuare l’acquisizione dei dati: • Tipo PUSH (i dati vengono spinti dall'emittente al ricevente). • Tipo GET (i dati vengono presi dal ricevente all'emittente). • HAND SHAKE (prevede il consenso da entrambe le parti).

CONOSCENZA DEGLI UTENTI Ing. Davide Simeone All'interno delle soluzioni progettuali giocano un ruolo fondamentale gli utenti, nello specifico l'uomo. Gli attori umani sono una componente chiave per la qualità dell'oggetto da costruire, e la predizione del loro comportamento in determinati luoghi, contesti e situazioni può essere rilevante anche ai fini della sicurezza. Gli ambiti di approccio allo studio degli utenti sono vari e differenti, dallo studio della psicologia comportamentale all'ergonomia, dalle scienze sociali a quelle cognitive. Ad oggi sono gli standard che definiscono misure geometriche di sicurezza per il dimensionamento di spazi ed ambienti degli edifici. Solitamente questi valori sono sovrabbondanti e vanno quindi ad incidere anche su un aumento di cubatura (impatto surplus sull'ambiente) e denaro. Gli strumenti di cui si dispone oggi permettono di ottimizzare gli standard e di garantire la stessa efficienza attraverso un dimensionamento degli spazi ragionato. Il comportamento umano è un processo decisivo-decisionale che può essere studiato attraverso l'osservazione delle persone nel raggiungimento dell'obiettivo (per esempio il raggiungimento delle uscite di emergenza in caso di incendio). Le fonti della conoscenza del comportamento umano possono essere desunte da: • NORMATIVA si basa sugli standard ma risulta essere troppo generale. • ESPERIENZA è settoriale. • MANUALE come gli standard è troppo generale. • POE [Post Occupancy Evaluation] è effettuata troppo tardi. L'osservazione del comportamento dell'uomo in ambiti differenti è la fonte di conoscenza che ci può fornire i dati su cui basare le predizioni comportamentali.

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Lo studioso William H. Whyte ha condotto degli studi approfonditi sull'influenza dello spazio sul comportamento delle persone riassumendo le sue conclusioni nel volume The Social Life of Small Urban Spaces, lanciato una mini-rivoluzione nella progettazione e lo studio degli spazi pubblici, diventando testo standard di lettura nella pianificazione urbanistica, sociologia e nella progettazione ambientale e architettonica ed introducendo innovazioni nella misura e nel miglioramento degli spazi. L'uso degli spazi viene studiato attraverso software informatici che simulano il comportamento degli individui, ne sono un'esempio i videogames di strategia militare, come anche il più famoso the sims. L'idea della simulazione si basa sul costruire una sequenza di eventi successivi [Event Based], in cui il tempo è un parametro implicito. Ogni evento ha delle informazioni di tipo statico che rispondono alla domande Who? Where? What? Una volta esplicitata la parte dichiarativa delle EVENTO

What?

SCENARIO EVENTO #1

EVENTO #2

EVENTO #3

E#1 Who?

Where?

E#1

E#2

E#3

informazioni su chi, dove e cosa, c'è una seconda fase di Performing Event in cui si svolge l'evento, ovvero l'adattamento alla situazione in base all'obiettivo. Lo scenario allora sarà il complesso di eventi che si susseguono tra loro e le performances ad essi associate. Ad ogni ciclo di eventi e performance c'è la valutazione dello stato del modello. Esiste un secondo approccio di risoluzione del problema di design non associato agli eventi, ma agli oggetti/agenti [Agent Based]. Il sistema in questo caso vede spalmata l'intelligenza artificiale sugli agenti. Allora sarà anche possibile creare un sistema integrato [Agent Based + Event Base] in cui si possono distinguere due tipi di approccio alla risoluzione dei problemi in base alla complessità del problema stesso. Quindi questo sistema di analisi di performance effettua una simulazione digitale utilizzando dati su base statistica sul modello di progetto terminato, mettendo in luce quali potrebbero essere le problematiche si uso degli spazi dell'edificio da costruire. È una verifica/simulazione post-progettazione. Nell'attentato delle torri gemelle del 2001 più di 3000 persone si trovarono davanti ad una situazione di estrema emergenza in cui lo scenario non era stato previsto da nessuno. In quella situazione le persone non hanno agito tutte alla stessa maniera bensì hanno mantenuto una differenza nel modo di pensare anche nel momento in cui la razionalità viene a mancare (ci sono state persone che sono scappate verso l'alto, altre che hanno tentato di scappare verso il basso ed alcune che si sono gettate invano dall'ottantesimo piano). L'uomo tende a chiamare evento eccezionale qualsiasi cosa cui non aveva pensato e nel momento in cui avviene

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tende a concentrare ogni sforzo per far diventare questo evento un procedura standard. Il metodo di approccio alla risoluzione del problema attraverso lo studio di eventi e performance credo che sia convincente. Rimangono comunque dei dubbi su questo tipo di analisi: • La diversità degli individui. Se da un certo punto di vista credo che le masse di uomini possano muoversi in un'unica direzione in determinate situazioni, mi risulta difficile conciliare questa idea con la mia propria convinzione della diversità di ogni singolo individuo. Credo che ci sarà sempre una percentuale di persone indeterminabile che non si comporterà come gli è stato consigliato o imposto anche nelle situazioni di emergenza in cui è più l'istinto a comandare l'uomo piuttosto che il raziocinio. • La prevedibilità dell'agire dell'uomo. Altro fattore che mi pone quesiti riguarda la domanda etica sulla prevedibilità dell'agire umano. Nella storia dell'uomo ci si è posti tante volte la domanda "perchè in quell'occasione di emergenza quel gruppo di individui si è comportato in quel modo sbagliato e non in quello che sarebbe stato evidentemente il comportamento giusto?" A posteriori è facile, ed anche un po' da primi della classe, dare le risposte, ma la verità è che la previsione su base statistica in diversi casi ha sbagliato ed anche di molto. La mente umana sebbene fatta della stessa materia in ognuno di noi non produce nel modo più assoluto gli stessi risultati di output. • Tanti casi singoli. Infine se anche le persone seguissero davvero queste regole e se davvero tramite l'osservazione fosse possibile desumere i comportamenti umani assoluti, un altro problema sarebbe quello della località. I fattori concorrenti sull'analisi del comportamento delle persone sono evidentemente frutto dell'età dei soggetti presi in considerazione, della regione in cui vivono, dello stile di vita che conducono e del tipo di edificio in cui si trovano (cinema, ospedale, ufficio pubblico, stadio) che occorrerebbe formulare un studio aggiornato per ogni anno-decennio per ognuno dei fattori che occorre considerare. Il numero dei casi allora sarebbe infinitamente grande ed utile ad definire quasi dei casi singoli. DECENNIO [D]

ETÀ [E]

TIP. EDILIZIA [T]

AREA GEO. [A]

1970-1979

bambini

STADIO

EUROPA

1980-1989

giovani

OSPEDALE

ASIA

1990-1999

adulti

CINEMA

AMERICA

2000-2009

anziani

FABBRICA

AFRICA

20??-20??

...

...

....

I dati sono funzione delle variabili decennio, età, tipologia edilizia, area geografica, etc e di tutte le sotto-categorie che da loro derivano (per esempio in Europa il comportamento di un tedesco sarà presumibilmente diverso da quello di un italiano). Il dato statistico allora sarà funzione di tutti i fattori concorrenti DATO = f (D, E, T, A, ???) Questo significa che per avere dei risultati validi occorre avere dati su base statistica dell'osservazione di una determinata categoria per ogni singola casistica. Un analisi che prenda in considerazione dati non attinenti non è da considerarsi veritiera. Per

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esempio se si testa l'uscita di emergenza di un cinema considerando la presenza di persone giovani/adulte verificandola, non toglie la possibilità che il giorno reale dell'incidente nel cinema ci sia la riunione degli ultra-novantenni del paese. Lo scenario previsto risulterà essere inutile.

BIBLIOGRAFIA Libri • • • •

Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond [1997] Collasso di Jared Diamond [2005] Gödel, Escher, Bach di D. R. Hofstadter [1979] Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di R. Pirsig [1974]

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2.01 [William Turner, Tivoli 1819, acquerello, Londra, Tate Gallery]

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CITTÀ, EDILIZIA E SOSTENIBILITÀ

Prof. C. Cecere - Ing. F. Bigi - Ing. A. Carosi - Ing. M. Morganti

INTRO Il mondo è malato. Questo è quello che spesso si dice oggi riferendosi al pianeta che ci ospita. Nella realtà però il nostro mondo non è affatto malato, semmai si potrebbe dire che sia infettato e ci vuole poco a capire che il virus portatore dell’infezione è proprio l’uomo. Un primo bacillo può essere legato al tema delle RISORSE. Il mondo è fortemente provato dagli effetti dello sfruttamento della nostra specie delle risorse accumulate nell’arco di milioni di anni sul nostro pianeta. L’immagine della terra come sistema finito (e quindi con risorse limitate) risulta però essere una visione piuttosto recente. Kenneth Boulding nel 1973 esprimeva bene questo concetto attraverso la metafora del cosmonauta per la quale «la terra è diventata una navicella spaziale unica, sprovvista di riserve illimitate, sia per attingervi risorse che per versarvi i suoi rifiuti inquinanti1». In parallelo un secondo bacillo portatore di squilibrio è da identificarsi nella MACCHINA, e nel concetto indiretto di benessere. La città, per come la identifichiamo oggi, è profondamente mutata da quella in cui vivevano i nostri padri anche in un recente passato. La prima città moderna, per quanto artificiale rispetto alla natura selvaggia, risultava in ogni caso molto distante dallo scenario contemporaneo caratterizzato da distese infinite di strati di cemento. La natura, seppur tecnicizzata, ricopriva un ruolo ancora predominate del panorama [fig. 2.01]. L’introduzione della macchina nella vita dell’uomo ha imposto nuovi quesiti sul buon abitare e sui compromessi da pagare in termini di natura per questo miglioramento. Ivan Illich2 sempre nel 1973 fa un’analisi delle possibili definizioni di benessere traendone soluzioni differenti e contrastanti, per cui può essere inteso come: • FORTE consumo di energia pro-capite; • ELEVATA efficienza energetica; • MINOR uso di energia meccanica. È evidente che, in funzione della definizione presa, il vincitore di questa ipotetica classifica cambia. Il benessere inteso in questi termini non coinvolge però il pianeta terra, ma solo l’uomo e quindi non può essere considerato come parametro di reale utilità ai fini della sostenibilità. 1 2

Citato da Serge Latouche in “Breve trattato sulla decrescita serena” cit. pag 26. Ivan Illich in “Elogio della Bicicletta” pag 9.

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LA SOSTENIBILITÀ ALLA SCALA DEL QUARTIERE da valutazione\certificazione a modellazione\progetto La sostenibilità, nell’essere studiata e capita, facilmente può essere confusa con un unico campo del sapere che prende il nome di fisica tecnica ambientale. In questa maniera i primi studi che si sono avvicinati alla sostenibilità si sono concentrati solo ed in modo esclusivo nell’oggetto Edificio. Ben presto (o forse tardi?) si sono capiti e compresi due elementi (o negligenze) che rendono lo studio delle caratteristiche fisico-tecniche dell’edificio necessario ma non sufficiente a valutare la sostenibilità di un progetto. Quali sono i fattori che occorre studiare, in aggiunta a quelli fisicitecnici, per una giusta ed efficace valutazione? • LA SCALA DEL PROBLEMA. Si è capito come la sostenibilità non poteva essere intesa nella sola capacità di un elemento di essere efficiente, ma occorre inquadrare il problema in un ambito un po’ più grande come quello del quartiere e poi della città. Infatti un edificio per quanto ben progettato, proprio come i singoli individui, viene a scontrarsi/collaborare con i molteplici fattori che lo circondano. Così il suo reale impatto è valutabile se posto in un contesto omogeneo ed ampio che ne possa valorizzare gli effetti. • FATTORI CONCORRENTI. La capacità di un’edificio di essere eco-sostenibile va ben oltre i meri fattori che si evidenziano nelle caratteristiche di trasmittanza o ventilazione. Gli elementi concorrenti sono infiniti e spesso non rientrano in parametri cui si possa dare un valore valutabile su una scala di riferimento. Oggi oltre a sperimentazioni su come costruire sostenibile ci si interroga anche su come valutare un progetto sostenibile. Dal problema della valutazione\ certificazione nasce subito quella della modellazione\progetto. valutazione\certificazione ↔ modellazione\progetto Il lavoro dell’ingegnere consiste nel dare risposte pratiche a problemi come quello della valutazione di sistemi complessi, tramite l’individuazione di STRUMENTI\ METODI di ricerca. La modellazione sarà allora al contempo analitica e formale, sebbene i fattori concorrenti non siano sempre facilmente valutabili. La vera sfida è quindi saper valutare il peso che fattori, come quelli sociali per esempio, hanno in termini di ambiente e inquinamento riuscendoli a confrontare con elementi ben definiti come quelli derivati dall’analisi economica o fisico tecnica. Sicuramente la novità\soggetto che si vuole mettere al centro dell’attenzione della ricerca in questo campo, e che ha portato sempre di più ad un’analisi multifattoriale e multi-disciplinare del problema, è la città. La città incide più fortemente sulla sostenibilità e quindi occorre uscire dall’edificio e analizzare il tutto.

ARCHITETTURA E VENTO Come già detto l’architettura e l’edilizia si vengono a scontrare con molteplici aspetti legati a fattori antropici e non. L’architettura deve desumere da una serie di altre discipline il problema della modellazione. Il vento è uno di questi elementi che,

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2.02 [Crollo del ponte di Tacoma

Tacoma bridge 1940, USA - Il collasso del ponte fu prodotto da un vento costante che innescò un fenomeno di risonanza con ampiezze via via crescenti che non furono compensate da un adeguato smorzamento]

seppur invisibile agli occhi, condiziona fortemente ogni aspetto della nostra vita, tanto da determinarne anche il buono o il cattivo umore. Il vento è una di quelle forze naturali che, al pari di un terremoto, mina la certezza dell’uomo di essere invincibile e di poter costruire cattedrali eterne. Il vento però rappresenta anche e soprattutto una fonte quasi inesauribile di energia gratuita. I problemi sono due: • Il vento non è un elemento costante (non si può sapere quando ci sarà, dove e per quanto tempo). • Occorre imparare a catturarlo e sfruttare le sue potenzialità. L’architettura può trarre importanti vantaggi dallo sfruttamento del vento. Una buona modellazione che sfrutta questi principi può dare luogo ad edifici efficienti e sostenibili, e quindi contemporanei secondo la definizione di G. Allen «L’architettura naturale è l’architettura contemporanea. L’unica possibile» Lo studio delle relazioni costruito\vento sono da effettuarsi a differenti scale (da quella della città a quella del singolo edificio e poi dell’interno) ed è da relazionare fortemente con lo studio del sole e delle ombre. Studiare la relazione tra vento e città significa avere uno schema logico del venti globali e locali, capire il fenomeno dell’isola di calore e sfruttarlo al meglio per il comfort urbano. Un approccio a livello di quartiere invece implica una modellazione attraverso la sovrapposizione dei momenti significativi più determinanti. È per esempio di fondamentale importanza nella progettazione degli spazi pubblici. Se si riesce a studiare la qualità dell’ambiente già prima di costruirlo si possono evitare sprechi di energie e denaro pubblico. Il problema poi si può spostare anche a livello dell’edificio e dell’indoor dell’edificio. Garantire una buona ventilazione naturale significa abbattere i costi energetici della costruzione rendendola più sostenibile.

RECUPERO, RIUSO E RICICLO URBANO Oggi è evidente che la strada intrapresa dall'uomo è quella che porta diritta all'autodistruzione. L'inquinamento che viene prodotto oggi avrà effetti devastanti nel prossimo futuro, ed occorre fare degli interventi mirati ed efficaci per abbattere questo problema, pena l'instaurarsi di scenari apocalittici sul nostro pianeta. Uno degli obbiettivi prioritari per il futuro è evitare il predetto innalzamento della temperatura globale di 6°C entro il 2050. Questo aumento produrrebbe in modo diretto l'innalzamento del livello del mare di 150 m rispetto alla quota attuale, e quindi il proliferarsi di nuove Atlantidi in tutto il mondo. In secondo luogo avrebbe devastanti effetti sulla fauna e sulla flora, producendo, probabilmente, estinzioni in massa a causa del cambiamento climatico. Le soluzioni a questo problema vengono ricercate nel campo della sostenibilità. L'obiettivo è quello di ridurre l'inquinamento [fig. 2.03] in favore di edifici NO CARBON. Il problema della sostenibilità è facilmente applicabile alle nuove costruzioni;

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2.03 [Rem Koolhaas, OMA : roadmap 2050 Andamento auspicato delle emissioni di CO2 prodotte dai 27 paesi della Comunità Europea dal 2011 al 2050]

prendendosi il tempo necessario per l'analisi del contesto, si possono progettare case e/o quartieri estremamente efficienti. La vera insostenibilità risiede nelle città normali e non nelle piccole, efficienti e soprattutto isolate case con certificazione CasaKlima. In un'epoca dove il 50% della popolazione mondiale vive in metropoli, la sostenibilità deve confrontarsi obbligatoriamente con due fattori: • La percentuale del prodotto nuovo è minima rispetto al costruito. • C'è la necessità di operare sul patrimonio edilizio esistente. La sostenibilità è in primo luogo riuso di ciò che già è stato costruito. Anche a livello di quartiere, i piccoli esempi come quello dello BedZed di Londra, seppur virtuosi, non hanno la capacità da soli di risolvere il problema a livello globale. Un edificio sostenibile non salverà il mondo. Uno degli obiettivi prioritari è trasformare in sostenibili quegli edifici che non lo sono. Uno dei primi passi da fare è andare ad analizzare le fonti di produzione di CO2 [fig. 2.04]. È evidente come non tutti i settori possono essere manipolabili. Per esempio l'agricoltura è uno dei settori che non può subire diminuzioni pena la nascita di altri problemi (sottoproduzione di cibo mondiale). Così la proposta è quella di andare ad intervenire sul settore delle costruzioni, diminuendo le nuove ed intervenendo sull'esistente. Il motto è "Ridurre per mantenere il controllo". Per fare questo occorre relazionarsi con la grande dimensione della città. Il confronto deve essere reale se si vogliono risolvere davvero i problemi. La densità, in questo scenario, diventa strumento progettuale. La densità è sostenibilità se non supera alcuni valori critici. Si è infatti notato che le basse densità, a confronto con quelle alte, sono meno sostenibili. La densità deve essere raffrontata con la morfologia urbana per essere efficiente. La proposta allora sarà di trovare una serie di soluzioni, attraverso l'analisi del contesto e delle conoscenze, che permettano di avere dei miglioramenti del patrimonio esistente attraverso interventi mirati. Per esempio se si ottimizzasse l'efficienza energetica di una città attraverso interventi migliorativi in funzione

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2.04 [Rem Koolhaas, OMA : roadmap 2050 Diminizione della produzione di Anidride carbonica per settore produttivo. L'80% di riduzione di CO2 comporta complessivamente il 9095% di riduzione della potenza, nel trasporto stradale e negli edifici]

dell'esposizione e del soleggiamento, ci sarebbe un risparmio in termini di CO2 moltiplicato per ogni edificio della città stessa. Un valore piccolo che moltiplicato per migliaia di costruzioni diventa significativo.

DA DOVE NASCE LA RICERCA IN INGEGNERIA? Prof.ssa COCH [scuola tecnica superiore di architettura] La ricerca in Ingegneria ed in Architettura segue gli stessi principi delle altre ricerche, come quella fisica o chimica. La differenza è sulla chiarezza delle tesi, delle ipotesi e delle dimostrazioni. Cambiano i termini ed i confini degli elementi, ma l'obiettivo è fisso: l'aumento della conoscenza. Spesso la ricerca può nascere da semplici domande come "Perché si fa così? Cosa è migliore?" La più facile ispirazione è il mondo che ci circonda, e la ricerca deve essere alimentata innanzitutto dalla curiosità, prima ancora che dalla necessità. Il caso che ci è stato mostrato è quello della ricerca sulla persiana. L'oggetto è così comune nelle nostre case che non ci si domanda più del perché delle sue caratteristiche principali, come per esempio il suo tipico colore verde. Questo oggetto, che arriva da lontano, è un'elemento tecnico di perfetta ingegneria. L'analisi ha portato a capire perché nella storia si è arrivati a preferire il colore verde invece che altri. Infatti con il verde la luce filtrante e ridirezionata dalla persiana è ottimizzata per la visione da parte dell'occhio umano, sia con esposizione della finestra a nord sia a sud. Questo tipo di ricerca rientra in un filone di tematiche che vogliono capire e motivare il mondo delle convenzioni nell'ambito delle costruzioni. Il mondo sta riscoprendo l'acqua calda perché ne ha bisogno.

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BIBLIOGRAFIA Libri • Darton, Robert "La dentiera di Washington - Considerazioni critiche a proposito di Illuminismo e modernità" [1997] • Georgescu-Roegen, Nicolas "Energia e miti economici" [1976] • Illich, Ivan "La Convivialità" [1973] • Illich, Ivan "Elogio della bicicletta" [1973] • Latouche, Serge "Breve trattato sulla decrescita serena" [2007]

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METODOLOGIE E TECNOLOGIE COSTRUTTIVE INNOVATIVE PER NUOVE COSTRUZIONI

Prof. M. Ferrero - Prof. M. Pugnaletto - Arch. A. Russo 3.01 [Adalberto Libera, Palazzo dei Congressi 1938-1954, Roma]

L’INVOLUCRO EDILIZIO E I MATERIALI LAPIDEI La pietra, intesa come materiale di uso nel mondo delle costruzioni, può vantare una lunga e gloriosa storia sin dai tempi più antichi. Questa tradizione vede però una brusca interruzione legata a fattori storici e correnti politiche che si sono appropriati indebitamente della sua immagine riducendola ad emblema carico di messaggi culturali che andavano oltre le proprie caratteristiche di linguaggio. In particolare nel nostro paese durante il ventennio fascista, il marmo divenne il vero e proprio simbolo del nazionalismo [fig. 3.01] dilagando in ogni opera costruita al tempo. Così, una volta superata la seconda guerra mondiale, si presero delle ben definite distanze nell’uso della pietra come rivestimento degli edifici per la paura sociale dei progettisti di essere poi additati come sostenitori di una o di un’altra fazione.

3.02 [James Stirling, Staatsgalerie 1980-1983, Stoccarda]

Le conseguenze non si ebbero solo nella perdita di una possibile produzione architettonica valida che sfruttasse questo materiale pregiato. L’effetto fu molto più disastroso! Il momento in cui ci fu il ritorno della pietra fu accompagnato da una mancanza di cultura tecnica nell’uso del materiale da parte degli architettiprogettisti, che ebbe come effetto una produzione particolarmente discutibile e priva di regole. Ne è l’emblema la Staatsgalerie di Stirling a Stoccarda del 1980 [fig. 3.02] ampiamente criticata da Kennet Frempton in molti elementi e che la definisce un’architettura etorogenea e conflittuale «la cui struttura in calcestruzzo armato, curata nei minimi dettagli e rifinita con conci elegantemente lavorati, pur essendo ben lontana da ogni forma scenografica è cionondimeno a-tettonica nella sua espressione complessiva (...) pletora di elementi-giocattolo vivacemente colorati, concepiti per attrarre l’uomo della strada.1» L’uso della pietra da parte di Sterling ha quindi la colpa di essere privo di quel linguaggio che gli appartiene, linguaggio che si è perso nel disuso del materiale. Il motivo è da ricercarsi nella lunga cultura storica della lavorazione dei materiali lapidei, spesso tramandata all’interno delle famiglie dei mastri pietrai verbalmente o nel lavoro di bottega, che non ha permesso di avere un testo scritto-manuale di riferimento per l’uso e la lettura della pietra stessa. L’Italia è un polo culturale importante nel panorama internazionale nell’uso e la 1

Kennet Frempton in “Storia dell’architettura moderna - Quarta Edizione” cit. pag 365.

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lavorazione dei materiali lapidei, con prodotti di altissimo pregio come il marmo di Carrara. I centri più attivi sono sicuramente quelli di Verona e Carrara che spesso sono impegnati anche in importanti promozioni e formazioni per i progettisti che arrivano da tutto il mondo. Questo è anche un campo che ha, però, la necessità di essere indagato, esplorato e supportato dalla ricerca per due fini principali: • Valutare e definire un linguaggio della pietra grazie al quale si possono dare indicazioni sull’uso della pietra in architettura; • Ricercare tecniche di lavorazione sostenibili della pietra; Il primo tema è supportato da un’ampia produzione storica che vede protagonisti i materiali lapidei. L’obiettivo è di poter catalogare e descrive approfonditamente i concetti legati a questa tecnica con il fine ultimo di poterla sfruttare al meglio sia con vecchie tecnologie ma anche con la proposizione di nuovi sistemi che possono avere diverse declinazioni in base alla sensibilità del progettista. Il secondo è di particolare attualità visto che la pietra a partire dalla cava sino alla lavorazione ed il trasporto (spesso intercontinentale) è particolarmente sensibile alle tematiche della sostenibilità ambientale e della sua produzione.

SVILUPPO DELL’ARCHITETTURA IN PIETRA DAL ‘900 AD OGGI DA MURATURA A PARAMENTO DI FINITURA [1900-1920]

Il cambiamento nell’uso della pietra avviene in concomitanza con la diffusione delle moderne tecniche di costruzione del calcestruzzo armato e l’acciaio. Improvvisamente la pietra si trasforma da materiale di uso comune a materiale obsoleto/antico. Questo primo periodo si caratterizza per una creativa produzione di edifici che sfruttano la pietra sotto nuovi punti di vista e con tecniche di lavorazione innovative, come per esempio, l’uso del rivestimento sottile o lo studio della facciata in funzione delle caratteristiche cromatiche o della pietra. Lo stesso Loos, che vedeva l’ornamento sugli edifici come puerile ed inutile, un eccesso assolutamente evitabile2, ne reinterpreta i motivi delle venature togliendola dell’equazione del decoro in quanto facenti parte della natura propria della materia, e quindi non artificiale. 2

Adolf Loos in “Ornamento e delitto” 1908

3.03 [Josef Hoffmann, Stocletpaleis 1905-1911, Bruxelles]

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3.04

[Otto Wagner, Karlsplatz Stadtbahn Station, Vienna]

3.05 [Adolf Loos, Michaelerplatz 1909-1911, Vienna]

3.06 [Mies Van der Rohe, Padiglione di Barcellona 1929, Barcellona]

Mies Van der Rohe da riprova di una sapiente conoscenza dell’arte della lavorazione della pietra reinterpretando in chiave moderna la finitura della macchia aperta nella lavorazione della parete rivestita di onice lucidato. L’ARCHITETTURA RAZIONALISTA ITALIANA [1920-1930]

Con il passare del tempo l’uso della pietra in architettura va sempre diminuendo a favore delle nuove tecniche. I pochi esempi di utilizzo sono banali e non promuovono un atteggiamento di ricerca creativo. In Italia, durante gli anni del ventennio fascista, l’architettura vede un grande momento di produzione e si fa promotrice di valori e sentimenti nazionalisti a seguito di dirette indicazioni sulla nuova interpretazione della “romanità”. Si progettano architetture che influenzeranno fortemente i grandi progettisti del XX sec. Sono di questo periodo le opere di Michelucci, Moretti, Piacentini. Questo fenomeno non tarderà ad essere superato da nuove avanguardie, ma al contempo legherà in modo indissolubile la pietra con i valori politici che l’hanno promossa a tal punto che alcuni degli stessi progettisti arriveranno a disconoscere le opere fatte, come nel caso di Lapadula per il Palazzo della Civiltà italiana [fig 3.14].

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3.07 [Giovanni Michelucci, Stazione Santa Maria Novella 1929, Firenze]

3.08 [Giuseppe Terragni, Casa del Fascio 1932, Como]

3.09 [Enrico Del Debbio, Stadio dei Marmi - Foro Italico monolite 19051911, Roma] 3.10 [Luigi Moretti, Casa delle Armi 1933-1936, Roma]

3.11 [Adalberto Libera, Palazzo delle Poste 1932, Roma]

3.12 [Gio Ponti, FacoltĂ di Matematica 1936, Roma]

3.13 [Adalberto Libera, Palazzo dei Congressi 1905-1911, Roma]

3.14 [Ernesto Lapadula - Mario

Romani - Giovanni Guerrini, Palazzo della CivitĂ Italiana 1938-1953, Roma]

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Questo periodo fu estremamente importante per raffinare la tecnica costruttiva dell’uso delle lastre di pietra come involucro edilizio. Fu risolta infatti la questione dei marmi che creava non pochi problemi per la sicurezza e la stabilità delle lastre. Infatti, uno dei problemi maggiori dei rivestimento lapideo era il distacco degli elementi. Questo fenomeno, si scoprì, era dovuto alle differenti proprietà di deformazione della pietra e del calcestruzzo, che portava alla rottura le lastre. La risoluzione di questi problemi contribuì allo sviluppo dell’uso della parete ventilata con l’ausilio di lastre sottili, grazie all’ammaraggio delle staffe del rivestimento direttamente nella struttura portante in cls armato.

IL DOPOGUERRA, LA CULTURA DELLA PIETRA MUORE

Dopo la Seconda guerra Mondiale la pietra, ed in particolare il marmo, rappresentano un mondo di valori e culture politiche che non si vuole assolutamente più seguire. Utilizzare marmo bianco come rivestimento per un edificio comporta l’essere etichettati come sostenitore dell’ex-regime, sia dal popolo e sia dalla critica. La pietra viene abbandonata dai progettisti quindi per motivi culturali. Salvo alcuni eccezionali esempi, come la Stazione Termini di Roma, conclusa in due fasi distinte [1937-1942] e [1946-1950], l’uso dei materiali lapidei viene rilegato ad alcuni piccoli dettagli costruttivi o decorativi. Solo verso gli anni ‘60 e ‘70 la pietra ricompare nelle architetture; i progettisti la re-interpretano facendone un’uso semplice, alle volte grezzo, sempre per rendere un’immagine finale distante da quella tipica dei regimi passati. Per esempio Mies Van der Rohe utilizza il marmo travertino come rivestimento per gli interni del Seagram Building di New York [1958]. Anche Louis kahn lo usa, sempre per gli interni, nel Kimbell Art Museum in Texas [1966-1972]. E’ evidente quindi che in questo periodo ci sia da parte dei progettisti una volontà di recuperare questo prezioso materiale, e lo si fa reintroducendolo gradualmente all’interno delle architetture. Il tentativo di riuso della pietra, mette subito in evidenza quanta cultura del saper fare è andata perduta negli anni di fermo. Gli architetti non conoscono più il linguaggio di questo materiale, né le caratteristiche della lavorazione e della tecnica. Spesso il risultato è seguito da gravi complicazioni tecniche e importanti manutenzioni straordinarie, come per la Finlandia Hall disegnata da Alvar Aalto [1967-1971]. In quell’episodio fu necessario togliere completamente tutto il rivestimento lapideo e ri-pristinarlo, in quanto la maggior parte delle lastre sia erano spanciate per questioni di dilatazione termica. Stesso problema per l’Amoco Building a Chicago di Edward Durell Stone [1973]. IL RECUPERO DELLA PIETRA E DEI SUI LINGUAGGI

Come già detto sarà con la Staatsgalerie di Stirling a Stoccarda [1980] che si innescherà un meccanismo di reintroduzione della pietra in architettura. Si può dire che sia stato un progetto catalitico per il settore. A questo seguirono differenti

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opere il cui uso si può ricondurre a 4 grandi macro-aree: 1. LA PIETRA COME MONUMENTALITÀ. 3.15 [Louis Kahn, Kimbell Art Museum 1966-1972, Texas]

3.16 [Johann Otto von Spreckelsen, Grende Archè 1983-1989, Parigi]

2. L’OPERA IN PIETRA SIMBOLO DI SOLIDITÀ. 3.17 [Herzog & DeMeuron, Dominus Winery 1995-1998, California]

3.18 [Snøhetta, Biblioteca 1995-2002, Alessandria d’Egitto]

3. L’ARCHITETTURA IN PIETRA COME PREGIO. 3.19 [Mario Botta, Chiesa di Mogno 1986-1995, Mogno]

3.20 [Mario Botta, Banca del Gottardo 1982-1988, Lugano]

3.21 [Aldo Rossi, Hotel il Palazzo 1987-1990, Giappone]

4. L’ARCHITETTURA IN PIETRA COME SFIDA TECNOLOGICA. 3.22 [Renzo Piano, Chiesa di Padre Pio 1994-2004, San Giovanni Rotondo]

SEMIOTICA DELLA PIETRA Analizzando il linguaggio della pietra secondo i termini della semiotica, dove si distinguono, in funzione di un referente (colui che interpreta), un significato (il

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contenuto-concetto) e un significante (immagine-forma)3, si possono andare ad evidenziare sino a 6 significati differenti da ricondurre alla pietra. Ad ognuno di questi possono essere associate delle parole chiave. SIGNIFICATO •

MEMORIA

MONUMENTO

NATURA

TRAFORATO

PREGIO

TRASLUCIDO

MATERIA

SFIDA

PAROLE CHIAVE

PELLICOLARE STEREOATOMICO ...

LA SOSTENIBILITÀ NELLA PIETRA Il problema della sostenibilità è di grande attualità in ogni campo. Ancora di più in quello della pietra, dove l’uomo va a sfruttare direttamente risorse che hanno impiegato millenni a prodursi. Le cave di pietra, di qualsiasi tipo esse siano, hanno proprio il problema di doversi confrontare con questo elemento, senza dimenticare la ferita che esse aprono nel nostro pianeta. Ad oggi gli obiettivi che si pone la ricerca sono indirizzati su due fronti principali. Il primo interessa il tema della produzione della sostenibilità nel settore della pietra. E’ necessario da una parte ridurre la quantità di materiale lapideo, dall’altra di ampliare la tecnica del recupero. La soluzione non è certo da ricercarsi nel ratto di lastre su edifici antichi o vecchi, la città di Roma ne è la riprova che questo è un metodo di riuso-riciclo davvero inadeguato. E’ risaputo infatti che la facciata della Basilica di San Pietro fu rivestita con il marmo sottratto ad altri monumenti romani come il Colosseo ed il Partenone. Il recupero dei materiali lapidei deve avvenire in maniera efficace e fattibile nel momento in cui si decidere di demolire per ricostruire. Magari integrando nel nuovo progetto le stesse lastre recuperate nel vecchio. Per fare questo occorrerebbe quindi sviluppare tecniche di smantellamento che non siano anche di distruzione, e quindi progettare a priori un sistema di involucri che sia totalmente riconvertibile e sostituibile, senza adoperare installazioni con uso di malte o colle, ma solo ed esclusivamente sistemi a secco. Inoltre sarebbe bene studiare sistemi di riciclo completo, che completino il recupero delle lastre con il riuso di inerti e componenti chimiche. Il secondo filone affronta una tematica più ampia, quella della rieducazione dell’architettura allo sfruttamento della risorsa lapidea. Il progettista che vuole utilizzare questo antico e prezioso materiale deve conoscere quali sono gli elementi caratterizzanti del processo produttivo e di lavorazione. Per cui si vede necessario un approfondimento sulle tecniche e le modalità di lavorazione delle pietre, sulle dimensioni standard del blocchi di cava, sulle forme compatibili ottenibili... Questa ricerca produrrebbe un vantaggio sia sull’economia del progetto, ma anche e soprattutto sul bilancio ambientale. 3

Patrizia Magli in “Semiotica. Teoria, metodo, analisi” pag 17.

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L’APPROCCIO CONOSCITIVO DELL’INVOLUCRO EDILIZIO NELL’OPERA ARCHITETTONICA L’opera architettonica è un elemento tridimensionale che si avvale della percezione visiva per essere compresa. Le chiavi di lettura possono essere molto differenti a seconda del tipo di involucro. • La lettura statica di un’opera architettonica prevede un studio dell’oggetto per stazioni\inquadrature successive. È utile ed efficace nel caso in cui l’involucro abbia dei prospetti ben definiti. Ogni prospetto rappresenta una tappa conoscitiva dell’opera e concorre a definirne tutti i caratteri. • La lettura dinamica è una visione d’insieme intesa come processo conoscitivo continuo tipo cinematografico, tipica per gli edifici caratterizzati da un involucro avvolgente o libero. • La lettura mista include l’uso sia della lettura statica sia di quella dinamica. Queste sono entrambe necessarie e concorrente al fine della comprensione dell’opera e sono tipiche per edifici con caratteri misti. L’IMMAGINE RISPETTO AL CONTESTO. L’opera architettonica si deve sempre relazionare con il suo contesto, e questo influenza fortemente la percezione l’organismo edilizio. Esistono infinite modalità di relazione in funzione del tipo di contesto (naturale o urbano) e dell’opera (forma, funzione, spazio ...) e che vanno da un approccio di tipo neutrale a quello della predominanza assoluta. OUTSIDE\INSIDE. L’organismo architettonico ha due differenti configurazioni, una esterna ed una interna. Queste possono avere delle corrispondenze, come possono anche essere in contrasto tra loro. Questo dualismo ha avuto differenti tipi di uso ed interpretazione nell’arco della storia dell’architettura. ESSENZIALITÀ\VALORE AGGIUNTO. Le scelte formali sono proprie delle attività artistiche e funzione delle scelte compiute dal progettista. È un gioco a rincorrersi tra semplicità e decoro che ha da sempre caratterizzato la storia delle arti. LA MODA NELL’ARCHITETTURA. L’architettura ha da sempre seguito delle tendenze stilistiche che hanno portato alla definizione di stili predominanti sia regionali che temporali. Ognuno di questi stili ha dei propri caratteri che lo distinguono da altri e che spesso sono conseguenza delle scelte fatte in termini di essenzialità o valore aggiunto. La moda è lo specchio di un’epoca e dei suoi gusti. EFFETTO MEDIATICO [ICONOGRAFIA]. L’architettura è mediatica da sempre. Nasce per essere osservata e si carica di valori e simboli sin dal suo primo impiego, attraverso l’uso di scritte, icone, affreschi e decori. Solo in epoca recente, grazie all’evoluzione tecnologica, si è avvalsa di insegne luminose e manifesti in funzione del messaggio pubblicitario che deve portare. I SISTEMI DI PROCEDIMENTI COSTRUTTIVI. I sistemi di procedimenti costruttivi si possono ricondurre tutti a due principali sistemi: a setti e a scheletro portante. Il primo garantisce la stabilità dell’insieme con la tessitura in senso trasversale e longitudinale dei setti, il secondo tramite la composizione di telai tridimensionali.

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PARETI ESTERNE PORTANTI Le pareti esterne portanti hanno un ruolo determinante ai fini della stabilità dell’edificio. Le pareti portanti rientrano nei procedimenti costruttivi a setti. Esistono differenti tipologie a corpo unico o a corpo multiplo: 1. IGLOO

2. TRULLO

3. BLINDE DI LEGNO

4. PARETI PORTANTI IN PIETRA

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5. PARETI PORTANTI IN MATTONI O BLOCCHI

6. PARETI PORTANTI A CONCREZIONE

7. PARETI PORTANTI INTELAIATE PREFABBRICATE

I MATERIALI E LE CHIUSURE VERTICALI motodi, tecniche e declinazioni: una classificazione ragionata Oggi le soluzioni per chiusure verticali sono estremamente varie e differenziate. Si possono utilizzare differenti soluzioni in funzione del sistema di procedimento costruttivo e\o dell’immagine che si vuol ottenere dell’edificio ma anche e soprattutto per fattori locali e climatici, oggi diventati di vitale importanza nel mondo delle costruzioni edili. La campionatura è uno strumento indispensabile da conoscere; ad ogni materiale corrisponde un ventaglio di soluzioni tipiche per luogo e funzione. Il suo scopo è proprio quello di ottimizzare la scelta del sistema da utilizzare. Di seguito vengono analizzati i differenti materiali, declinati nelle loro tecniche di utilizzo con degli esempi di opere realizzate in cui sono state utilizzate.

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PIETRA NATURALE

3.23 [Eduardo Souto de Moura, Quinta de Batoca 1989-94, Bom Jesus, Braga]

3.24 [Herzog & de Meuron, Dominus Winery 1997 California]

3.25 [Peter Zumthor, Thermal Bath 199096, Vals]

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TERRA CRUDA

3.26 [Sanaa, Yemen] 3.27 [HBBH Architects, Nk’Mip Desert Cultural Centre 2006 Canada]

3.28 [al bordE Architects, Entre Muros House 2007, Ecuador]

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LATERIZIO

3.29

[Alvar Aalto, Muuratsalo Experimental House 1949, Finlandia]

3.30 [Alejandro Aravena, St Edward’s University New Residence 2008, Texas]

3.31 [studio Archea, Biblioteca comunale 2007, Nembro]

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CERAMICA

3.32 [Renzo Piano, New York times 2007, New York]

3.33 [Renzo Piano, Centro Saint Giles 2010, Londra]

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CALCESTRUZZO

3.34 [Tadao Ando, Chiesa della luce 19871989, Giappone]

3.35 [Nieto & Sobejano Palazzo dei

congressi e delle esposizioni 1999-2004, Merida]

3.36 [Toyo Ito, Atelier Tod’s 1999-2004, Giappone]

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3.37 [Peter Zumthor, Saint Benedict Chapel 2001, Svizzera]

3.38 [Aires Mateus, Residenza per studenti 1999, Coimbra]

3.39 [Hans Peter Worndl, Padiglione GucklHupf 1993, Austria]

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LEGNO


VIMINI

3.40 [Foreign Office Architects FOA, Carabanchel Housing 2007, Madrid]

3.41 [EMBT, Expo Pavillon Spain 2010, China]

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METALLO

3.42 [Berger + Parkkinen , Ambasciate nordiche 1999, Berlino]

3.43 [Steven Holl, Padiglione 2000, Olanda]

3.44 [Frank Gehry, Edificio Commerciale 1993, Germania]

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VETRO

3.45 [Norman Foster , Edificio Willis Faber & Dumas 1975, Gran Bretagna]

3.46 [Renzo Piano, Magazzini Hermes 2001, Tokyo]

3.47 [Steven Holl, Museo di Kansas City 1999-2007, USA]

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MATERIE PLASTICHE

3.48 [Shigeru Ban , Paper Art Museum 2002, Giappone]

3.49 [Herzog & De Meuron, Laban Centre for Contemporary Dance 2003, Londra]

3.50 [Architecture Republic, Plastic House 2009, Dublino]

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TECNOLOGIE SOLARI

3.51 [Jean Nouvel , Istituto del Mondo Arabo 1988, Parigi]

3.52 [Simone Giostra & Partners, GreenPix Zero Energy Media Wall 2008, Beijing]

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TELI

3.53 [Herzog & De Meuron, Allianz Arena 2005, Monaco di Baviera]

3.54 [PTW Architects, Water Cube 2008, Beijing]

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LE ARCHITETTURE MEDIATICHE L’involucro edilizio ha la capacità di poter trasmettere informazioni attraverso immagini e scritte. In questa maniera diventa un elemento di comunicazione di contenuti ed informazioni per i passanti o gli utenti dell’edificio. Il tema dell’involucro come comunicazione può essere studiato sotto differenti punti di vista: • Il contenuto. • Il modo di comunicare (scelta dei materiali, facciate interattive... ). La ricerca che viene condotta sui Media Building ha come obiettivo la definizione dei caratteri prevalenti degli edifici, visto la recente proliferazione di questi tipi di edifici negli ultimi anni. Il Media Building ha però origini antiche ed è sempre stato presente nell’architettura. DEFINIZIONE DEI TIPI. Gli edifici mediatici possono essere visti come:

1. Mediatici nella loro essenza (torri, campanili e cupole) 3.55 [Torri, San Gimignano] 3.56 [Filippo Brunelleschi, Cupola Santa Maria del Fiore circa 1420, Firenze]

2. Mediatici tramite supporto di messaggi scritti o figurati giustapposti o integrati (celebrativo, religioso, pubblicitario) 3.57 [J.J.P. Oud, Cafè de Unie 1924, Rotterdam]

3.58 [Oscar Nitzchke, Maison de la Publicitè 1934, Parigi]

3. Mediatici tramite insegne luminose (dai tubi al neon alle insegne luminose) 3.59 [Insegne luminose composte di tubi al neon]

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4. Mediatiche tramite sistemi interattivi meccanici o cromatici

3.60 [Toyo Ito, Torre dei venti 1986, Tokyo]

3.61 [Michael Jantzen, Hot Stops 2001]

3.62 [Michael Jantzen, video beach house 1997, Malibù]

5. Mediatiche tramite l'uso di materiali innovativi

3.63 [Giampaolo Imbrighi e Associati, Expo Padiglione Italia 2010, China]

3.64 [Herzog & De Meuron, Allianz Arena 2005, Monaco di Baviera]

IL CASO LAS VEGAS

La città di Las Vegas è una vera e propria fucina creativa dell'edificio pubblicitario e dei media building; il suo continuo rinnovamento per attirare sempre nuovi turisti e per vendere a tutti costi ha portato al contempo allo sviluppo estroso e ludico della pubblicità. L'edificio diventa pubblicità pura e non c'è più linea di confine tra le due cose. Sebbene rappresenti un mondo artificiale e un linguaggio privo di valori, ha da sempre attirato l'interesse di molti architetti. "Las Vegas è meglio della realtà virtuale perché nella realtà virtuale devi condizionare la tua mente per convincerti che sei in un altro luogo. Qui sei già in un altro luogo, anzi, in molti altri luoghi.” V. Simpson

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LE ARCHITETTURE DELLA MODA

Il prodotto spesso si può legare all'architettura. Molti dei grandi designer di moda investono in edifici-simbolo che possano esprimere i linguaggi ed i valori del marchio stesso. Il risultato è talmente tanto forte che spesso il logo della marca diventa una piccola icona sull'edificio, come la firma di un pittore. 3.65 [Toyo Ito, Atelier Tod's 2004, Tokyo]

3.66 [Renzo Piano, Magazzini Hermes 2001, Tokyo]

3.67

[Jun Aoki, Louis Rappongi 2003, Tokyo]

Vuitton

3.68 [Sanaa, Maison Dior 2003, Tokyo]

3.69 [Herzog & De Meuron, Prada 2003, Tokyo]

3.70 [Massimiliano Fuksas, Emporio Armani 2010, Tokyo]

3.71 [Massimiliano Fuksas, Emporio Armani 2005, New York]

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DALLE SCALE AGLI ELEMENTI MECCANIZZATI Sistemi costruttivi e rapporto con l’organismo edilizio Lo studio della scala si inserisce all'interno della ricerca che inquadra ed analizza gli elementi di fabbrica, in questo caso i sistemi di comunicazione verticale. Le scale possono essere distinte in primo luogo in due grandi categorie: • Sistemi in cui è l'uomo a muoversi • Sistemi in cui l'uomo è trasportato (sistemi meccanici) Poi possono essere classificate in base al rapporto con l'intorno. Le scale infatti mettono in relazione uno spazio esterno con uno esterno, uno spazio esterno con uno interno e uno spazio interno con uno interno. ESTERNO ↔ ESTERNO

ESTERNO ↔ INTERNO

INTERNO ↔ INTERNO

La scala è un elemento che deve confrontarsi con differenti realtà progettuali, dalla sua agibilità all'ingombro, dal problema dello sfasamento dei gradini alla prefabbricazione industriale, ma anche la congruenza con le norme della sicurezza in caso di incendio. Lo studio condotto propone una lettura alternativa dell'elemento scala in funzione delle matrici costruttive di realizzazione: RIPORTATE SU TERRA - CONTROTERRA

SETTI

GABBIA

TIRANTI

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L'analisi condotta per matrici costruttive rappresenta un possibile tipo di correlazione tra rampa ed elementi portanti, sintetizzando anche le modalità costruttive dell'insieme e delle sue parti. Questa lettura ha permesso il superamento delle classi tradizionali (rampa appoggiata, rampa a sbalzo, rampa a volta) arrivando ad una classificazione più esaustiva e completa. Ogni matrice è infatti ottenibile tramite differenti sistemi costruttivi: • A ordito • Autoportante • Gradini contigui - isolati • A volta. Accanto a questa classificazione possono essere fatte delle analisi parallele che rileggono i dettagli delle scale. Si possono analizzare gli elementi pianerottolo, gradino, parapetto e corrimano. LE SCALE SPECIALI

Forte inclinazione

Scivoli e pertiche

Gattarole

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Cappuccina

Trasportabili

GLI ELEMENTI MECCANIZZATI

Gli elementi meccanizzati possono distinguersi in ascensori e scale mobili. Il trasporto meccanizzato delle persone tramite ascensori nasce in tempi antichi, ma si vede necessario con lo sviluppo dell'attività legata alle miniere. I primi studi sono dell'inizio del XIX secolo i primitivi apparecchi di un motore a vapore che sostituisse l'energia umana. Lo sviluppo fondamentale si ebbe grazie all'inventore americano, Elisha Otis, che nel 1853 depositò il brevetto di un sistema di sicurezza paracadute, destinato ad impedire la caduta violenta della cabina in caso di guasti o rotture ai cavi.La prima applicazione pratica si ebbe nel 1857 a New York e, negli anni successivi, altri famosi ingegneri lo perfezionarono con l'adozione di circuiti idraulici e con l'invenzione dell'ascensore elettrico (circa 1880).

Dopo l'ascensore venne messa a punto anche la scala mobile, una scala i cui gradini mobili sono trascinati meccanicamente rimanendo tuttavia orizzontali. L'idea fu brevettata dal suo inventore, l'americano Jesse W. Reno, il 15 marzo 1892. La prima scala, basata su un principio simile a quello del nastro trasportatore, aveva dei gradini in legno.

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4.01 [illustrazione de Le Cosmicomiche - La distanza della Luna]

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METODOLOGIE E TECNOLOGIE DI INTERVENTO PER IL RECUPERO DELL’EDILIZIA ESISTENTE

Prof. F. Storelli - Prof. E. Currà - Prof. C. Paolini

IL PROGETTO DI RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE Le tematiche della ricerca e del progetto di ricerca possono essere messe in relazione con il procedimento di stesura di un racconto. Il problema maggiore ruota attorno alla realtà. La realtà, infatti, deve essere capita, interpreta e trasmessa. Questi elementi comportano una modificazione del significato attraverso l’uso delle parole e conferiscono un potenziale enorme allo strumento del testo. Ad essere protagonisti di questo processo sono una fase immaginativa ed una di controllo razionale. La prima ci permette di esprimere la volontà di dare un nuovo senso all’esistente (seppur con un modesto contributo), la seconda ha l’obiettivo di rendere la ricerca usufruibile anche per gli altri. Leggendo questo percorso attraverso le parole di Calvino in “Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio” si possono estrapolare i concetti di Esattezza e Visibilità. Esattezza. La ricerca dell’Esattezza può essere vista sotto due profili differenti. Il primo riguarda l’esattezza della ricerca per schemi astratti ben definito e ben calcolato; il secondo è l’esattezza di esprimersi tramite l’evocazione di immagini visuali nitide e del modo di esprimersi. «Ora voi vi chiederete cosa andavamo a fare sulla luna, e io ve lo spiego. Andavamo a raccogliere il latte, con un grosso cucchiaio ed un mastello. Il latte lunare era molto denso , come una specie di ricotta. Si formava negli interstizi tra scaglia e scaglia per la fermentazione di diversi corpi e sostanze di provenienza terrestre, volati su dalle praterie e foreste e lagune che il satellite sorvolava.1» Lo scrittore conduce una vera e propria battaglia con la lingua, perché non basta aver immaginato un concetto per renderlo fruibile ed accessibile agli altri. Occorre 1

Italo Calvino in “Le Cosmicomiche” dal racconto “La distanza della luna”.

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mediare con le parole per trovare quella giusta che ne evochi la sostanza esatta. La parola collega l’invisibile al visibile, permettendo di far vedere ciò che è necessario e celando alle volte l’enorme lavoro di affinamento che c’è dietro. Visibilità. La visibilità permette di individuare il problema attraverso l’interpretazione dell’immagine carica di significato. Ripercorre il percorso dell’immaginazione per poter diventare sostanza\romanzo. Tutto gira attorno l’immaginazione. Calvino indica la fantasia come un posto dove ci piove dentro; le immagini mentali arrivano come pioggia e lo scrittore può soffermarsi su particolare visioni che però risultano incomplete. Come un iceberg la maggior parte della fonte è immersa profondamente sott’acqua, non visibile, ed egli lo sa2. In conclusione, secondo questa visione, si può dire che la memoria storica di un edificio è ricoperta di frantumi in cui non si capisce più cosa possa emergere. La realtà attuale che nasce dalle rovine della vecchia è diversa da quella originaria. Le soluzioni possibili sono due: • Il Riuso\Riciclo dell’edificio secondo nuovi bisogni e necessità. • Ripartire da zero, ovvero non considerare la memoria del manufatto e costruire un nuovo manufatto che non ne tenga conto. Il problema del recupero nasce nel momento in cui, per motivi culturali, sociali etc etc, si riconoscono ad un determinato manufatto dei valori che necessitano di essere preservati, qualificati o modificati. Il compito più importante del recupero è la figurazione di un'immagine futura dell'oggetto. Qualunque siano i metodi e gli strumenti da utilizzare, il primo compito è quello di identificare un obiettivo che metterà in luce il destino dell'opera (modifica, recupero, adeguamento) nel prossimo futuro. Una volta definito il risultato che si vuole ottenere, con le giuste motivazioni che necessita, si potrà passare ad una fase in cui saranno la strategia progettuale e l'agire i protagonisti. Alla scala gerarchica di valori che si possono attribuire ad un oggetto edilizio è associabile una scala di interventi ottimali per il raggiungimento dello scopo prefissato. Possono essere interventi tesi alla conservazione e tutela, alla valorizzazione fino al semplice riuso. Recuperare un organismo architettonico significa in ogni caso aggiungere valore ad un oggetto che lo necessita, e per ottenere questo risultato occorre modificarlo attraverso la conoscenza. Questo significa che la base necessaria ed indispensabile per attuare un recupero è la piena ed accurata conoscenza della storia, della materia, della struttura dell'organismo edilizio preso in considerazione. Ogni piccolo elemento contribuisce al raggiungimento di scelte operative idonee ed efficaci per il recupero dell'oggetto. In valore aggiunto di cui si parla non è un'elemento che si va ad sostituire al valore originale, bensì si aggiunge a questo partendo dalla volontà di instaurare un dialogo 2

Douglas Hofstadter in “Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante”

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tra il passato ed il presente, in cui le due componenti siano di supporto l'una all'altra. Gli interventi di recupero sono naturalmente portati al confronto diretto con la materia e la fisicità degli elementi. La natura intima dell'identità dell'oggetto è parte integrante della conoscenza che definisce gli interventi.

IL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE Le vicende dell'edilizia militare a Roma. Il clima di pace europea in cui il nostro paese vive ha promosso una serie di scelte, come la caduta della leva obbligatoria e la riforma dell'arma, che hanno innescato un processo di abbandono, dismissione e riuso degli edifici militari. Questo progetto prende il nome di Valore Paese ed è cominciato nel 1996 e di fatto oggi ancora non si è concluso. La città di Roma vede coinvolti in questo processo differenti gruppi edilizi tra cui 22 caserme, 144 siti e 15 forti, per un totale di 1500 mc. La natura eterogenea dello stato degli immobili ha posto molte domande sul come agire nei confronti di questi luoghi. In alcuni siti gli edifici sono stati riconvertiti o ricostruiti in edilizia residenziale destinata ai dipendenti dell'arma. Altri immobili invece necessitano, per motivi culturali o di memoria storica, di essere tutelati e trasformati in nuove polarità della città. I forti. I forti meritano uno studio a parte vista la loro particolarità sia nella struttura che nella funzione. Il forte è stato un sistema di difesa della città costruito dopo il 1890 attorno alla città di Roma. La forma caratteristica circondata da un fossato con la polveriera interrata è fatta di elementi in muratura classica contrapposti ad elementi in cemento per la difesa da artiglieria. Militarmente parlando, erano superati come sistema di difesa già al momento della loro costruzione. L'invenzione dei cannoni a lunga gettata, infatti, li rese inutili dal punto di vista strategico. Al momento della dismissione, molti dei forti erano dei ruderi, abbandonati da tempo e con dissesti strutturali più o meno importanti. Tutti i forti sono passati sotto la gestione del comune di Roma. I quesiti che questo processo di dismissione comporta possono essere: • Quale uso? 5.02

[Foto aerea dell'attuale Forte Ostiense (sinistra) e del Forte ardeatino (destra), Roma]

• Come attuare il riuso (ristrutturazione strutturale, funzionale, impiantistica)?

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Tra le proposte avanzate (ed alcune realizzate) sono emerse la riconversione degli spazi a supporto di aree verdi, spazi sociali, foresterie e spazi culturali polivalenti. Le caserme. Discorso diverso è da farsi per le caserme. In primo luogo per la loro posizione (il più delle volte molto più integrata nel tessuto urbano) e in secondo luogo per la loro forma degli spazi. Molte delle caserme sono nate come riconversione di monasteri in seguito all'unificazione dell'Italia, quindi questi edifici hanno già subito un primo cambio di destinazione d'uso, oggi si trovano in un momento in cui si rimette ancora in discussione la loro destinazione. Inoltre sono state inserite nei piani strategici del Comune di Roma dell'ultimo PRG ed identificate su assi privilegiati per la città. Per le caserme c'è quindi una forte volontà di recupero e riuso volto al miglioramento dei servizi della città. Alcuni di questi interventi sono stati già stati effettuati. Ne sono un esempio le Caserme Sani e Pepe trasformate in un polo multifunzionale in cui coesistono un mercato, una sede distaccata dell'università, un parcheggio ed un albergo. I processi attraverso i quali si sono effettuati i restauri e le riabilitazioni, sono oggetto di uno studio che analizza la partecipazione pubblica o privata nell'intervento, come anche l'uso di nuovi strumenti come il project financing. 5.03 [Foto dell'attuale Ex caserma

Sani oggi sede Sapienza (sinistra) e l'Ex caserma Pepe oggi Mercato dell'Esquilino (destra), Roma]

L'EDILIZIA INDUSTRIALE. PATRIMONIO IN RECUPERO. Fino a non molto tempo fa, la ricerca sul recupero dell'esistente era totalmente concentrata sui beni culturali (monumenti, palazzi storici, ...). Con il tempo il valore del territorio è cambiato, così come anche gli elementi di interesse, così oggi abbiamo bisogno e necessità di tutelare e recuperare bene e immobili appartenenti ad un passato più recente. Il valore di centro si è espanso sino a coinvolgere intere aree o regioni. Il patrimonio industriale nato recentemente (rispetto a quello storico monumentale ricco nel nostro paese) è un territorio della ricerca nuovo da esplorare, e che ha un grande bisogno di essere conservato e recuperato. L'industria ha rappresentato un luogo cruciale delle vite di intere città, ha permesso loro la prosperità e lo sviluppo sino all'arrivo ai nostri giorni. La memoria comune prende vita in questi capannoni oggi abbandonati e nasce per questo la necessità di recuperare questi pezzi di storia.

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Le aree industriali di Rieti. Rieti è una città di confine tra Lazio ed Umbria. La sua appartenenza all'una o all'altra regione ha portato gli abitanti di questo luogo a recuperare una memoria culturale che è maturata con l'idea di essere Sabina. La ricerca condotta su questo territorio ha messo in evidenza come le scelte prese in passato siano diretta conseguenza della localizzazione della città e della composizione sociale e culturale della sua popolazione. L'industria di inizio secolo di questo territorio è in stretta relazione con il contesto ambientale e le scelte di localizzazione degli impianti tengono conto dei percorsi delle acque e dei sistemi di trasporto per le merci. Così la storia dello zuccherificio Maraini e della Super Tessile di Rieti raccontano anche la storia e le vicende della città, in un'espansione industriale che è avvenuta in fasi successive. Lo studio di questo complesso industriale ha portato alla luce una sapienza e una tecnica costruttiva che non ci appartiene più. Nell'edilizia storica si entra a che fare con un mondo dimenticato in cui le tecniche odierne non sono state ancora sviluppate. L'obiettivo allora si trasforma nella scoperta di come nel passato si facevano le cose. Si fanno ipotesi, si cerca nei documenti e non sempre la risposta alla nostra curiosità è stata scritta su carta. Nel caso dell'industria Super Tessile, il lavoro è stato più propriamente investigativo, vista l'esiguità delle carte di progetto. Le sorprendenti snellezze dei solai (senza caldana) e delle capriate curve portano alla luce un mondo del calcestruzzo non ancora vincolato alle normative né ai brevetti. Un mondo in cui la riuscita o meno del progetto era affidata direttamente all'ingegno del progettista e alla sapienza tecnica degli operai. Questo genere di ricerca può dare luogo a racconti di storia vera, in cui le vicende personali dei protagonisti vengono considerati parametri della funzione in oggetto. Questo non ne sminuisce assolutamente il valore, in quanto gli eventi e gli umori, le leggi e i modi di fare intervengono così pesante all'interno dello sviluppo di un progetto che se vengono dimenticati, non si capisce più il motivo delle scelte prese.

Le aree industriali a Roma. Il teatro India e La città del gusto sono due progetti di recupero che condividono lo stesso spazio di città. Sono due modi di fare recupero fortemente influenzati da fattori economici i cui risultati mettono in luce come gli obiettivi prefissati giochino un'importante pedina nello scenario della strategia progettuale. Il teatro India. L'indagine condotta sugli eventi che hanno dato vita all'attuale teatro India è esempio di quello che dovrebbe essere il metodo conoscitivo adeguato per la conoscenza di un edificio. In primo luogo si è studiato l'ambito e la localizzazione dell'opera, la storia e le vicende che hanno portato alla scelta del sito e alla sua dismissione e poi i bisogni da cui è nata la necessità del recupero. In secondo luogo si sono studiati gli aspetti tecnici economici che hanno influenzato le scelte progettuali.

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Sulla riva destra del Tevere all'altezza del ponte di ferro vi è una ex zona industriale in pieno centro che è stata attiva dalla fine dell'800 agli anni 60. Uno di questi edifici (quello appartenuto alla Fabbrica di candele steariche Mira) è stato recentemente recuperato per dare spazio ad una delle attività sperimentali del Teatro Argentina di Roma. Il restauro è stato guidato da un programma economico con un budget molto ristretto. Il risultato è convogliato in scelte che hanno mantenuto l'integrità delle strutture e degli spazi, un'austerità imposta che ha condotto ha un risultato fedele all'originale. I caratteri costruttivi si rileggono nelle pareti di mattoni lasciate a facciavista e il solo intervento visibile, ma necessario, è stata l'installazione di impianti elettrici e tecnici adeguati nonché di un sistema di uscite di sicurezza. 5.03 [Foto Teatro India, Roma]

La città del gusto. Vicino al Teatro India troviamo un progetto di recupero che ha coinvolto un edificio industriale per il grano del Consorzio Agrario Provinciale. Le forme in cemento esprimono fedelmente la funzione che dovevano svolgere. Ogni elemento rispecchia una necessita, un bisogno vitale per il compimento delle procedure di stoccaggio e trasporto del grano. La costruzione di questo edificio risale al 1935, ma fu completato solo negli anni '50. L'edificio oggi appare come un curioso e appariscente manufatto polifunzionale. La sala Bingo, un cinema multisala e un complesso di attività riservate al Gambero Rosso hanno profondamente mutato l'immagine del vecchio Consorsio Agrario Provinciale. L'immagine ostentata del tentativo di dare nuove spazialità attraverso l'uso (abuso?) delle tecnologie dell'oggi ha come alzato un muro tra il passato e il presente. Ogni riferimento all'originale struttura è stato camuffato con la volontà di dissociare l'attuale immagine da quella passata. Di nuovo i fattori economici sono stati determinanti per la prefiguarazione del futuro dell'opera. Gli interventi fatti per adattare le nuove funzioni ai vecchi spazi

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5.04 [Foto Città del gusto, Roma]


hanno profondamente mutato la struttura portante, attraverso l'uso massiccio di travi ed elementi metallici.

BIBLIOGRAFIA Libri • Ackerman, James S. "Palladio" [1966] • Calvino, Italo "Le città invisibili" [1972] • Calvino, Italo "Le cosmicomiche" [1964] • Calvino, Italo "Lezioni Americane" [1985]

Articoli • “Ragionando intorno alla tesi di dottorato: questioni di metodo e indicazioni operative” di Giavanna Bianchi

Siti Web • Campo trincerato di Roma - Il fine del progetto è quello di restituire e diffondere consapevolezza tra i cittadini Romani dell’esistenza di un sistema difensivo realizzato nell’ultimo trentennio dell’ottocento, il “Campo trincerato” composto in origine da 15 forti, 4 batterie ed una cinta fortificata, oggi inseriti nel tessuto urbano senza più alcun ruolo preciso [www.campotrinceratoroma.it]

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LINGUAGGI E PARADIGMI PROGETTUALI DELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA

Prof. M. Argenti - Prof. F. Cutroni - Arch. M. Percoco

COSTRUIRE NEL COSTRUITO La forma della città e il suo sviluppo hanno subito dei cambiamenti nei diversi periodi storici. Si possono delineare tre modelli guida sulla base della struttura della città: • CITTÀ STORICA. Nel passato la forma della città era il risultato di molteplici fattori che concorrevano alla sua realizzazione. La costruzione della città era un processo lento ma continuativo. • CITTÀ MODERNA. Lo sviluppo della città moderna è, invece, molto veloce; le metropoli crescono ad intermittenza secondo programmi che ne definiscono un layout fisso e preciso. • CITTÀ CONTEMPORANEA. Il progetto della città contemporanea è a struttura aperta. Gli edifici che si vanno ad inserire in un tessuto urbano costruisco un rapporto tra loro e la città. Questa relazione è cambiata nel tempo con i differenti modelli: Città Storica

Edifici bloccati, chiusi in se stessi

Città Moderna

L'idea dell'edificio è compiuta in se stesso

Città Contemporanea

L'architettura è mutevole

Oggi le regole che hanno guidato l'architettura per secoli sono cambiate, si sono evolute. Il bello assoluto del passato è diventato prima relativo e poi interattivo. Il motivo è da ricercasi in differenti fattori, ma sono soprattutto quelli sociali che hanno influenzato i nuovi edifici. Le certezze si sono frammentate e la flessibilità sembra un dicta che invade ogni settore. Così anche la città e l'edificio da elementi fissi, solidi e di bellezza assoluta diventano flessibili, mutevoli, interattivi. Il modello da seguire prevede l'adattabilità dell'edificio, che deve essere progettato con una naturale predisposizione al cambiamento come caratteristica principale. I luoghi di questo cambiamento sono aree di risulta che devono essere sanate, gli innesti di città... Il paesaggio diventa ibrido, tale da non essere la stessa cosa anche all'interno di una stessa giornata. Di giorno una funzione e di notte un'atra. Quel che prima era non necessario, ora lo è più. La città flessibile del presente nasce pur sempre dalle ceneri di quella del passato. Il progetto deve stabilire nuove relazioni, sia tra l'edificio e la città, sia tra le differenti

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zone del tessuto urbano. La distinzione tra periferia e centro, però, non è più quella di un tempo, dai limiti e i confini ben delineati. È per questo che il compito del progetto oggi deve dare dei nuovi significati, nuovi valori di forza per la valutazione della città stessa. In questo ambito si sono messi in evidenza sei atteggiamenti di raffronto tra progettista, città ed edificio. Tutte queste maniere di agire possono essere delle occasioni, ma non per forza soluzioni assolute. Ricalcare l'esistente. L'idea di ricalcare l'esistente, mantenere un'unità formale con quello che è stato lo stile passato, è spesso criticata dai fedeli del contemporaneo. Eppure si può essere compatibili con il passato tramite un'imitazione intelligente dello stile. Rafael Moneo nel 1982 vinse il concorso per l'ampliamento della sede centrale del Banco de España a Madrid. L'opera verrà realizzata, però, solo nel 2006. Il progetto verrà definito semplicemente coraggioso, perché a differenza di tutte le altre proposte, ricopiava fedelmente il vecchio stile dell'edificio, riproponendolo in una chiave totalmente moderna. Questa sintesi del decoro permette una continuità nella visione dell'insieme dell'ensanche, ma avvicinandosi si percepisce immediatamente la contemporaneità dell'intervento. Il decoro diventa semplice, stilizzato, sfaccettato, non è più l'opera di esperti artigiani e scalpellini, ma il prodotto di una lavorazione meccanizzata che si vuole rendere esplicita. Gli spazi all'interno sono squisitamente tipici dell'opera di Moneo, con i motivi a spina di pesce lasciati come firma dell'architetto nei dettagli delle inferriate e nella tappezzeria. Infiil/Riempire. Gli spazi vuoti della città sono fucine sperimentali sempre all'opera. Rapportarsi con un contesto stratificato in cui farà capolino un'unico intervento nuovo può compromettere la bontà dell'intero quartiere. Herzog & De Meuron hanno affrontato il tema dell'infill attraverso l'operazione estrema dell'annullamento della facciata. Il loro intento dichiarativo di modernità ha lo scopo di nascondersi in se stesso, ma anche di creare delle occasioni di mutazione rispetto alla facciata tradizionale. Nel loro progetto di Basilea installano sulla facciata dell'edificio (larga solo 6,5 m) delle persiane a soffietto in ghisa decorate con un tema che riprende il disegno dei tombini della città. Le persiane nascondono dietro di loro una piccola loggia destinata agli alloggi. Nel momento in cui tutte le persiane sono chiuse, la facciata è un muro compatto e impermeabile. La dimensione è tradita solo dalla presenza dei marcapiani che ne scandiscono l'ordine. Nell'arco del giorno, con la presenza delle persone negli alloggi, le persiane si aprono e si chiudono, seguendo un ritmo incostante che ne modifica il layout. Non si vedrà mai la stessa facciata per due volte consecutive, perché sono frutto di parametri incostanti. Durante la notte la facciata sarà animata dalle luci che espliciteranno la presenza o meno di persone. Con il tempo Herzog & De Meuron svilupperanno questo tema in modo ampio, giocando sulle persiane e il loro pattern, sui sistemi di apertura fino a far perdere l'ordine di scala del progetto sopprimendo il marcapiano.

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Riconettere. Alle volte non è sufficiente ricopiare uno stile per riempire uno spazio vuoto, perché lo spazio stesso deve ricollegare tra loro due stile già differenti. La caratteristica che quindi predomina nel nuovo intervento è quella della connessione. Il progetto dovrà essere una cerniera/un nodo, tra le discrepanze dei due passati. Steven Holl nel progetto per la ricostruzione della Higgins Hall a New York, trova una soluzione per riconnettere i due edifici storici del XIX sec. tramite un susseguirsi di piani a differenti quote ed una rampa centrale che funge da cerniera permettendo di ricucire i dislivelli. La facciata è la proiezione di questo gioco ad di fuori dell'edificio. L'incontro dei diversi piani genera un disegno fatto di sottili infissi metallici rossi e un incontro di vetri opachi che nel centro diventano trasparenti. L'intervento, sebbene di grande impatto, non vuole essere protagonista, e lascia che la sua funzione sia squisitamente quella di elemento inserito per creare una connessione tra gli edifici preesistenti. Valorizzare l'esistente. La storia di una città non sempre arriva a noi completa. Il più delle volte è frammentata. I nuovi strati di città si sono adagiati su quelli vecchi in modo discontinuo e spesso ignoriamo l'esistenza di questi ruderi sotto le nostre strade e case. La connessione tra città storica e città nuova necessita di scelte coraggiose, perché non si devono collegare le due città al livello funzionale, ma al livello impalpabile del tempo. A Cartegena in Spagna, è stato di recente ritrovato un importante sito archeologico che celava un teatro romano. La città è cresciuta in stretta relazione con l'esistente, spesso inglobandolo tanto che una parte del teatro è perduta sotto le fondazioni della cattedrale. I confini tra un'epoca ed un'altra sono però difficili da leggere, perché mancano di continuità fisica e visiva. L'intervento di Rafael Moneo punta proprio a condurre il visitatore in una promenade architecturale dove propone un collage delle città delle diverse epoche antiche. Il progetto ricrea dei frammenti che alternano ai percorsi archeologici quelli museali. Il percorso culmina con il superamento del dislivello di 20 m ed il raggiungimento del teatro. Salvaguardare l'esistente. La comunicazione tra il nuovo e l'antico serve anche a conservare e tutelare i resti del passato. Il nuovo edificio dovrà svolgere la funzione di guscio protettivo per salvaguardare ciò che è sopravvissuto alla storia. Peter Zumthor è uno di quei pochi architetti che sembrano non far uso di ormoni per riuscire a svolgere la sua professione e il suo curriculum non è colmo di innumerevoli progetti collocati ai quattro angoli del mondo, ma ha lavorato a molti progetti di restauro storici, che gli hanno permesso di conoscere più a fondo le relazioni tra i vari materiali. Questa esperienza viene riversata accuratamente in ogni suo progetto. Nel museo diocesano Kolumba a Colonia in Germania, il nuovo edificio ingloba letteralmente i resti dell'antica cattedrale creando uno spazio suggestivo e privato

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nel quale relazionarsi con il passato. Il progetto è un enorme teca di mattoni permeabile alla luce e al vento che rende l'intero spazio simile ad una sala del tesoro. L'attenzione ai materiali, dal punto di vista tattile e cromatico, sintetizza le idee del progettista e il suo stile minimalista, creando però degli ambienti dall'eleganza infinita. Incunearsi tra l'esistente. La città storica non permette, per sua conformazione, non sempre lascia spazio per degli ampliamenti, soprattutto alla dimensione di cui oggi si ha necessità. Così i nuovi progetti si devono confrontare con spazi che non hanno proporzioni e dimensioni facili da gestire. Nell'ampliamento del museo di San Telmo a San Sebastien in Spagna, i progettisti Nieto e Sobejano devono relazionarsi con uno spazio davvero angusto che divide il versante naturale della collina e il museo originale. Questi vincoli conducono ad una soluzione progettuale che costringe il progetto ad essere una lunga striscia attrezzata ancorata alla cattedrale. Il nuovo ampliamento vuole essere anonimo, mantenere un aspetto di quinta foderata da pannelli metallici che ne conferiscono un aspetto neutro. Il risultato è una lama metallica che si incunea nell'esiguo spazio libero ancora rimanente.

IL PALAZZO DELLE POSTE DELL'E42 Il filoni della metodologia di ricerca nell'ambito dell'architettura possono essere di distinti in due tipi: • Ricerca fatta su una lettura personale degli aspetti di un determinato ambito per mettere in risalto alcune tematiche e tendenze. • Ricerca oggettiva e puntuale basata sui documenti di archivio. Si può partire da un'opera su un tema molto specifico per analizzare tutto il contesto generale. Questo secondo metodo permette di riscrivere, attraverso i la lettura critica dei documenti, la storia dell'architettura e di rimettere in discussione, in modo oggettivo, alcune tematiche. L'opera che viene analizzata sotto questa lente d'ingrandimento è il Palazzo delle poste all'EUR, costruito nell'ambito del programma per il quartiere E42 e progettato dallo studio milanese B.B.P.R. Lo studio B.B.P.R. prende questo nome dai suoi architetti, Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers. Fondato nel 1932 a Milano, si inseriscono attivamente nel contesto vivace del Razionalismo italiano. La battaglia per l'architettura moderna per loro è un fatto etico. Assieme al Gruppo 7, Terragni, Pollini, Libera pongono le basi del Corpus Teorico del Razionalismo Italiano. La prima ed importante battaglia è nella dissociazione dal Movimento Europeo. I Razionalisti Italiani non vogliono rompere con la tradizione, anzi occorre evolvere assieme alla quest'ultima per far convogliare le influenze della mediterraneità all'interno del linguaggio nuovo. Un connubio tra classicità italiana e

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5.01 [Foto aerea del quartiere Eur 1953, Roma]

contesto ambientale. Una vera e propria rivoluzionaria visione nel fare architettura. Il loro modo di fare e pensare è in piena contrapposizione con il pensiero degli accademici che ristagnano nelle università italiane e con gli architetti del regime. Eppure i razionalisti italiani hanno lavorato spesso e molto in collaborazione con il regime e il progetto per l'EUR ne è la riprova. I maggiori esponenti del movimento hanno firmato molte delle opere realizzate nel ventennio, sebbene il rapporto tra il regime ed il razionalismo italiano è stata una collaborazione ingenua; in primo luogo perché non è stata una vera e propria adesione al regime, e in secondo luogo perché lo Stato a quel tempo era l'unico che poteva permettersi il lusso di costruire. Le collaborazioni tra razionalismo e regime risalgono quasi tutte agli anni '30, prima delle leggi razziali e delle decisioni che guideranno il regime all'ingresso in guerra. Come già accennato, il regime era intento in molti progetti di nuove costruzioni che lo rappresentassero. Gli architetti scopriranno solo in seguito i vincoli cui le loro proposte saranno soggette. La collaborazione tra il regime e i B.B.P.R. ha un precedente. Al concorso per il Palazzo della civiltà italiana per il quartiere E42, che verrà vinto dal progetto degli architetti Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula, Mario Romano, i B.B.P.R. arrivano secondi con un progetto dai forti richiami alla Casa del Fascio di Terragni a Como del 1932-1936. Questo secondo posto gli varrà l'incarico per l'edificio delle poste, che non verrà messo a concorso. L'incarico per il palazzo delle poste gli sarà affidato nel marzo 1938, anche se il contratto verrà firmato solo nell'agosto dello stesso anno. I progettisti si mettono all'opera da subito con l'intento di fare di questo edificio un oggetto di architettura moderna degno del nuovo quartiere romano. La loro prima bozza di progetto è decisamente sfacciata ed ardita. É un progetto funzionale dove, il palazzo viene smembrato in tre corpi di fabbrica che non presentano alcuna simmetria tra di loro. Ogni volume contiene una funzione specifica. I tre edifici sono collegati tra loro tramite elementi di passaggio diversificati (passerelle, passaggi all'aperto) e l'unico rapporto che rilega l'edificio al contesto

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è l'asse della strada perpendicolare all'edificio che rompe il primo volume in due parti. Il primo blocco è un elemento compatto, completamente ricoperto in marmo, che prende luce da shades posti sulla copertura. Il secondo blocco è caratterizzato dai forti richiami al linguaggio di Terragni, con la struttura intelaiata in cls portata all'esterno rispetto alla facciata. Il terzo blocco è una foresta di pilastri al di sopra del quale è prevista la sala dei telegrafi. Sin dalla prima bozza il progetto risulta indigesto alla autorità competenti, e, forti del contratto, vengono da subito richieste modifiche. In particolare sono i pilotis e la struttura intelaiata del secondo edifico che vengono prese di mira, con motivazioni neanche troppo insensate. I pilotis vengono definiti inutili, un piano vuoto è uno spreco ed un gesto esclusivamente artistico, mentre la struttura intelaiata, spessa solo 10 cm, è inadeguata per motivi termoigrometrici. I problemi con le amministrazioni si andranno ad inasprire nel momento in cui verranno emanate le leggi razziali. Rogers, ebreo e di origine inglese, si vedrà costretto in un'esilio forzato in Svizzera. Le questioni sullo stile dell'edificio continueranno come un tira e molla fino a quando non si arriverà alla critica decisione di non costruire il terzo edificio per motivi di budget (la proposta infatti richiedeva un budget superiore del 60% rispetto a quello previsto). Il complesso delle poste verrà definitivamente terminato nell'ottobre 1943.

SEJIMA AND NISHIZAWA ARCHITECTS ASSOCIATES Come detto la ricerca può seguire più filoni di indagine. Il secondo di questi è quello fatto su una lettura personale degli aspetti di un determinato ambito per mettere in risalto alcune tematiche e tendenze. Il gruppo Sanaa, composto da due progettisti Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa si impongono nello scenario internazionale delle archistar in pieno contrasto con le tendenze contemporeanee di architettura. Si potrebbe dire semplicemente che nel loro lavoro emerge la volontà di mettere al centro dell'architettura la sua funzione sociale, come anche un forte contenuto nel linguaggio, e non vuoti formalisti dettati da virtuosismi personali. La loro è una semplicità raffinata che, con tono modesto, rappresenta una voce fuori dal coro. Il loro modo di fare architettura, che appare così distante perché intriso di valori e messaggi della cultura giapponese, non deve però distogliere l'attenzione sul valore che questa architettura poetica ha portato al modo di fare architettura. Il metodo utilizzato dai progettisti per sintetizzare le loro idee in progetto è sempre lo stesso. Un metodo logico intuitivo che, a partire da un programma funzionale, costruisce confini di correlazione tra ambienti funzionali. A mio parere l'elemento che li contraddistingue maggiormente è la forte comunicazione con il committente. Questo valore aggiunto nella progettazione gli permette di creare architetture che mutuano la volontà di chi le abiterà con quella dell'idea di un architettura della leggerezza portata avanti dai progettisti.

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La collaborazione con il committente, che da tempo è stata messa in secondo piano, se non trascurata dai progettisti1, ha condotto le architetture ad essere piene di faziose complicazioni. In questo modo oggi si distinguono due architetture, una speciale firmata da progettisti che sembrano più interessati a dipingere dei quadri che a fare dei luoghi per vivere, ed una ordinaria, fatta delle case e delle palazzine dove la gente vive ogni giorno. Il lavoro compiuto dallo studio Sanaa è indirizzato fortemente a colmare questo divario tra speciale ed ordinario. Chi però pensa che la loro poetica sia rilegata alla cultura orientale si sbaglia. Nelle loro opere sono presenti numerosi richiami (voluti o meno) all'architettura occidentale. Qui di seguito si fanno presente le analogie su questo tema. Finestre come quadri. Una caratteristica che contraddistingue l'opera sono le grandi finestre quadraterettangolari che viaggiano sulle grandi pareti bianche. Il gusto squisito di queste finestre non risiede nella loro composizione esterna, ma esclusivamente sulla maniera in cui mettono il relazione l'intimità dell'interno con l'esterno. Nelle caotiche e cementate città giapponesi, le finestre sono dei quadri dai colori vivaci che inquadrano spicchi di cielo e ciliegi in fiore. Il loro compito non è solo quello di far entrare la luce, ma di modularla per esaltare le emozioni. 5.02 [SANAA Scuola di Design 2002, Essen]

5.03 [Adalberto Libera Scuola di Villa Malaparte 1937, Capri]

Tetto giardino. Con le ristrettezze di spazio che ci sono in Giappone, il giardino è davvero un lusso concesso a pochi. Una delle poche maniere per averne uno è quella di posizionarlo sulla sommità della propria abitazione. Le pareti alte ritagliano una porzione di cielo privata ed intima. 5.04 [SANAA Casa nel giardino di pruni 1953, Tokyo]

5.05 [Le Corbusier Unité d'Habitation 1946, Marsiglia]

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Wolfe Tom "Maledetti Architetti".

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Piloties. La sintesi estrema di una struttura permette di separare la forma degli spazi da quella strutturale. Sanaa porta all'estrema leggerezza la proposta di questa separazione rendendo impalpabili i sottili elementi che sorreggono il tutto. 5.06 [SANAA Ampliamento istituto d'arte, Valencia]

5.07 [Le Corbusier Ville Sovoye 1931, Francia]

La stecca spezzata. L'edificio alto e lungo nella sua imponente posizione rigida, può diventare avvolgente attraverso delle mutazioni come il cambiamento di direzione. La spezzata si fa limite di uno spazio dedicato e riservato. 5.08 [SANAA Appartamenti a Gifu 1998, Giappone]

5.09 [Alvar Aalto Paimio Sanitorium 1933, Finlandia]

L'edificio come unione di scatole. L'architettura è esperienza, alle volte anche ludica, somma di una serie di momenti in cui si passa da uno spazio all'altro. Il passaggio allora può diventare protagonista più della stessa stanza, dello stesso ambiente. 5.10 [Ryue Nishizawa Moriyama house 1998, Giappone]

5.11 [John Hejduk One-Half House]

La continuità con il passato è forte ed evidente, ma celata dall'estrema sintesi e semplicità di cui i progetti sono portatori. È come vedere un primate ed un uomo. Non ci è evidente ad occhio nudo il legame che li unisce. É solo attraverso un graduale passaggio attraverso l'homo erectus e poi sapiens che questo legame viene svelato.

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BIBLIOGRAFIA Libri • Chermayeff, Sam"Houses - Kazujo Sejima + Ryue Nishizawa SANAA" [2007] • Curtis , William J. R. "L'architettura moderna dal 1900 - III Ed." [1996] • Diffuse, Luca; Tesse, Mariella "Sanaa - Sejima+Nishizawa bellezza disarmante" [2007] • Frampton, Kenneth "Storia dell'architettura moderna" - IV Ed." [2007] • Koolhaas, Rem "Junkspace" [2001] • Sennett, Richard "L'uomo flessibile - le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale" [1998] • Wolfe, Tom "Maledetti Architetti" [1981]

Riviste • Boundaries n°2 "Architetture per le Emergenze" [Ottobre-Dicembre 2011] n°3 "Architetture di Pace" [Gennaio-Marzo 2012]

Siti Internet • Architecture for Humanity - AFH è un'associazione no-profit internazionale che unisce le persone che hanno a cuore lo sviluppo sostenibile. Fornisce servizi di progettazione e di costruzione di amministrazione a partner e clienti attraverso una rete globale di professionisti della progettazione, sviluppo e costruzione di competenze locali [www. architectureforhumanity.org] • Fabprefab - modernism prefab dwellings [www.fabprefab.com] • Shelter Center - è un programma che supporta il settore umanitario riguardante gli insediamenti di transizione e gli alloggi di persone colpite da conflitti e/o disastri naturali. Il programma è finanziato da DFID Conflict and Humanitarian Fund [www.sheltercentre.org] • VAN - Voluntary Architects Network - il progetto è guidato dall'architetto Shigeru Ban e sviluppa progetti per il soccorso post-catastrofi degli sfollati [www.shigerubanarchitects.com/SBA_NEWS/SBA_van.htm]

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SCIENZA, TECNICA E ARTE

Prof. P. Cavallari

ASPETTI PROBLEMATICI PER UNA VALUTAZIONE DI QUALITÀ NEL CAMPO DELL’ARCHITETTURA Viviamo in un'epoca in cui si è costruito più di quanto tutte le generazioni a noi precedenti hanno fatto. Per il prossimo futuro non ci sono previsioni che facciano pensare che questo andamento possa cambiare. In questo scenario dominato dalla sovrabbondanza, è difficile dare dei giudizi sulla qualità dell'architettura; in parte per la vastità dell'opera e in parte per le problematiche legate alla soggettività del giudizio che si esprime riguardo ad un oggetto che è arte. La natura dell'architettura è il paradigma per il quale non è possibile esprime un giudizio obiettivo su un'opera. Che cos'è allora l'architettura? Possiamo affermare che l'architettura è al contempo arte e tecnica. Il suo essere arte la sottopone a pre-giudizi soggettivi, mentre il suo essere tecnica la rende parametrizzabile in modo oggettivo. L'architettura è quindi un disciplina in cui convivono fattori estremamente differenti il cui obiettivo finale è quello di essere arte. Il fine è il bello (che vantaggi si avrebbero a fare un'edificio brutto?), il fine è dare un senso alle cose e all'edificio. L'architettura si realizza attraverso la costruzione, ed è questo il legame che la rende simbiotica alla tecnica e alla conoscenza. La scienza e la tecnica risultano essere campi di indagine indispensabili per fare architettura, ma non sono architettura. Allo stesso modo l'arte, senza la scienza e la tecnica costruttiva, sarebbe solo espressione visiva e non architettura. ARTE valutazione qualitativa SOGGETTIVA

SCIENZA E TECNICA valutazione qualitativa OGGETTIVA

L'architettura è un'espressione di differenti elementi che interagiscono tra di loro per raggiungere lo scopo di creare uno spazio fisico artificiale in un determinato momento storico. È la sintesi dell'interazione tra valori sociali ed etici, conoscenze tecniche costruttive e creatività artistica. La combinazione di questi tre fattori istituisce principi di ordine e significato per la costruzione dello spazio. La scala dell'architettura è universale: è architettura il singolo edificio come l'intera città. Oggi la città è un modo di fare architettura, e visto che più del 50% della popolazione mondiale vive in un agglomerato urbano, è evidente che il rapporto tra uomo e architettura e lo studio della qualità di questa disciplina siano di primaria importanza per raggiungere una qualità soddisfacente del modo di vivere.

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Come detto l'architettura è la sintesi di tre fattori concorrenti: • Valori sociali ed etici • Conoscenze tecniche costruttive • Creatività artistica Al cambiare di uno qualsiasi di questi parametri il prodotto sarà differente. Ad ogni innovazione tecnologica negli strumenti o nei materiali si hanno nuovi scenari. Per esempio senza lo sviluppo dei nuovi materiali come il cemento armato e l'acciaio e l'invenzione dell'ascensore, non si sarebbero mai costruiti grattacieli. Ogni innovazione è catalizzatrice per la creazione di nuovi modi di fare architettura. L'innovazione però è anche accompagnata da una nuovo modo di vedere le cose, un modo che spesso deriva direttamente da altri mondi. È esempio celebre lo sviluppo del progetto del Crystal Palace di Paxton, il background professionale di Paxton non era quello dell'architetto, ma del progettista di serre. Nel suo modo di vedere le cose, il prototipo dell'edificio era proprio una grande serra. L'idea probabilmente non sarebbe mai venuta ad un'architetto, schiavo dei pregiudizi nei confronti del vetro, ma è stata colta solo in seguito dell'ardita proposta e realizzazione per l'esposizione univesale. All'innovazione tecnologia segue un obbligato superamento del passato. Questo significa anche che alcuni oggetti architettonici, con il passare del tempo, diventano obsoleti e non riescono più a soddisfare i nuovi bisogni e necessità. L'architettura ha bisogno di presupposti sociali ed economici. Ne è un esempio l'archeologia industriale. Il rudere industriale ha cessato di avere un presupposto sociale, ma dato che le persone si riconoscono in quell'edificio e gli attribuiscono valori della memoria, ne fanno un nuovo monumento. La ricerca è il promotore dell'innovazione in architettura, si istituisce ambiti di applicazione ben definiti che condizioneranno il risultato. La ricerca è in stretta relazione con il progetto di architettura, ma se il progetto è ricerca, non è vero il contrario. Il motivo risiede nella diversità degli strumenti utilizzati dalla ricerca e dal progetto, come anche i risultati. I risultati del progetto sono concreti, mentre quelli della ricerca sono teorici. Così il legame tra la ricerca ed il progetto consiste nelle ricadute che la ricerca ha nei progetti stessi. Entrambe però condividono la problematica legata alla valutazione della qualità. In primo luogo perché la valutazione è affettata dai parametri che devono essere scelti in riferimento a principi, regole, criteri, in secondo luogo per la duplice natura dell'oggetto. Se la valutazione tecnologia lavora con valori prestazionali, più difficile appare la valutazione di qualità in quell’area dell’architettura perché legata al concetto di arte e alla forma estetica.

ARCHITETTURA E NATURA Come gli U2 cantavano Love is blindness, così anche l'architettura è blindness perchè è soggetta costantemente al pregiudizio. Rimane funzione di significato ed obiettivi, ma il giudizio sulla sua qualità non potrà mai essere obiettivo.

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6.01 [Marc-Antoine Laugier Essai sur l'architecture 1955]

Così anche il rapporto tra Architettura e natura non è che un'interpretazione del mondo naturale ottenuta attraverso lo strumento della tecnologia; la tecnologia non è un obiettivo, è l'architettura che la eleva dandogli un super valore. L'unione dell'architettura con la natura è funzione della lettura che gli si vuole dare, l'artificio della natura può essere ottenuto in due maniere: • In modo DIRETTO. • In modo INDIRETTO (senso metaforico). Il confronto tra costruito e natura trova le sue radici nell'immagine della capanna in piena simbiosi con la natura. Il confine tra architettura e natura non è tangibile perché condividono la stessa materia [fig. 6.01]. Il materiale dell'architettura è la natura (legno, terra, argilla, ... ), l'uso di questi materiali però non garantisce in modo diretto una rilettura della natura nell'oggetto architettonico. L'ossimoro dell'architettura verde. Il termine natura oggi subisce molte interpretazioni. È un elemento di confronto nella progettazione, è il contesto in cui ci si inserisce, ... La voglia e la necessità di costruire sempre più in modo compatibile con il mondo naturale ha introdotto nel linguaggio di tutti i giorni la parola ecologico, riempiendo di significati più o meno reali, la parola stessa. L'ecologia è fatta però di termini opposti a seconda dell'interpretazione: è progresso e conservazione, innovazione e tradizione, globale e locale. Ma occorre domandarci cosa sia davvero ecologico. Qualsiasi cosa che abbia la forma di un praticello è ecologico??? Il nuovo linguaggio fatto di tetti verdi e serre di vetro è davvero ecocompatibile? Quali sono i paradigmi che permettono all'artificio di essere ecologico? Ma sopratutto, da un punto di vista architettonico, come nella capanna di Laugier, dove finisce la natura e dove comincia l'architettura? È la natura che si piega all'architettura o viceversa? In questi termini di lettura l'architettura verde risulta essere un'ossimoro, perché sono due termini in pieno contrasto tra loro, ma spinto da una forte etica positiva. Occorre capire se il modello neo-naturalistico possa rappresentare una tendenza dell'architettura o una rappresentazione di processi organici. Il numero di progetti che oggi si fanno porta bandiera di precetti ecologici è enorme ed anche molto diversi tra loro. Sebbene lo scenario sia caotico, è possibile identificare 4 categorie analitiche (macro-aree) cui raggruppare le correnti di progetto:

L’estetica della sparizione L'estetica della sparizione spesso è rappresentata da progetti ipogei che non lasciano emergere alcuna facciata, il progetto quasi si nasconde sotto i manti erbosi e sembra quasi figlio di un'idea di negazione/sconfitta dell'architettura. Spesso è prediletta come tecnica, nel momento in cui il paesaggio non deve essere modificato, ma esaltato. Questi progetti però, oltre ad imitare la natura, non fanno altro che consumare suolo ed aprire nuove ferite nel terreno. Come possono definirsi allora ecologici ed eco-compatibili più di altri?

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6.02 [Tadao Ando Chichu Art Museum 2004-2007, Giappone]

6.03 [Renzo Piano Centro Paul Klee 1999-2005, Berna]

Il camouflage naturalistico o mascheramento Si vedono oggi molti progetti in cui l'edificio è ricoperto di un strato di elemento naturale che vuole promuovere un'immagine verde. Anche qui il limite risiede nel conflitto tra il messaggio che si vuole dare e la reale natura dell'opera.

Architettura come metafora della natura La societĂ da alle forme particolari significati e spesso questi messaggi possono assumere forme stilizzate che non richiamano esplicitamente la forma originale. Il simbolo diventa l'oggetto predominante.

6.04 [Renzo Piano Centro Servizi Il vulcano buono, Nola]

6.03 [Diller + Scofidio Edificio Nuvola 2002, Svizzera]

Espressionismo neonaturalistico Sono artifici che richiamano la natura, iconografie direttamente riferite ad alcuni oggetti della natura. Il fine della ricerca è trovare nuovi linguaggio formali tramite i quali dare all'architettura nuovi contenuti. 6.05 [Herzog & De Meuron China National Stadium 2008, Cina]

6.06 [Santiago Calatrava Planetarium 1998, Valencia]

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EVOLUZIONE E ARCHITETTURA

Prof. R. Lenci

SEMINARIO - CONFERENZA Adèle Naudé Santos - Blurring Architecture L'architetto Santos è preside della Facoltà di Architettura del MIT - Massachusetts Institute of Technology ed uno degli esponenti e sostenitori della blurring architecture. Tramite le sue opere, presentate in ordine cronologico, ci ha mostrato il percorso intrapreso nella sua lunga ed importante carriera di progettista, mettendo in evidenza i differenti aspetti cardine del suo linguaggio come la stretta relazione che unisce il contesto con l'opera di architettura e l'uso creativo ed innovativo dei sistemi di comunicazione verticali ed in particolare dell'elemento di fabbrica scala. BLURRING ARCHITECTURE

Toyo Ito ci dice «Blur significa appannare, sfumare o essere indefinito, impreciso. Perciò Blurring Architecture viene ad essere una architettura dai limiti diffusi. Si riferisce a un’architettura i cui limiti, oscillanti e sinuosi, sembrano quelli degli oggetti che si trovano in uno stagno dalle acque mosse»1. È proprio l'architetto giapponese che, contemporaneamente alla genesi della Mediateca di Senday, comincia ad usare la parola inglese blurring (sfumare, offuscare, sfocare…) per spiegare le sue idee architettoniche. Ossessionato dall’idea di leggerezza, crea delle costruzioni che sembrano quasi provvisorie. L'opera di Adèle Naudé Santos si inserisce in questa visione dell'architettura in cui si sceglie di lavorare in un contesto fortemente influenzato dal paesaggio e non in contrasto con esso. Il progetto non vuole far capire dove comincia l'edificio e dove finisce. I confini sono invisibili. La natura è l'edificio. 1

Giovanni Longobardi in "Toyo Ito. Antologia di testi su l'architettura evanescente" pag 94.

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PROGETTI HOUSES AND LOFTS

Rowan Lane Houses [Cape Town, South Africa]

Somerville Studio [Somerville, MA]

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HOUSING AND MIXED-USE

Scott Road Apartments [Cape Town, South Africa]

Dairi Nishi Apartments [Kitakyushu, Japan]

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Franklin LaBrea Housing [Hollywood, Los Angeles, CA]

COMMUNITY AND INSTITUTIONAL

Kachofugetsu-kan [Japan]

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Arts Park L.A. [Los Angeles, CA]

URBAN DESIGN AND RESEARCH

Yerba Buena Gardens [San Francisco, CA]

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Perris Civic Center [Perris, CA]

IL TEMA DELLE SCALE Beach Street Loft [Boston, MA]

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Naudain Street Loft [Philadelphia, PA]

L'architettura dell'architetto Naudé Santos, nonostante si faccia portabandiera di un modo di costruire in armonia con la natura, non si pone quei problemi essenziali al giorno nostro, che sono racchiusi nella grande e caotica parola sostenibilità. Alla domanda diretta vertente sulla scelta dei materiali, infatti risponde che non segue processi che tengano conto dei materiali locali o delle tradizioni, come anche di una particolare attenzione a problemi di tipo energetico. A mio parere, seppur le sue architetture non rispondano agli attuali standard sostenibili, rappresentano in ogni caso dei luoghi sostenibili a vivere. Spesso i progetti contemporanei mostrano un modo di vivere attaccato alle esigenze di oggi, e per questo necessitano in un futuro delle migliorie che permettano alle nuove generazioni di viverci. I progetti della Naudé Santos invece sono degli ambienti che creano delle isole di vivibilità all'interno del caotico metropolitano odierno. Degli ambienti che possono essere pieni delle persone di oggi come quelle di domani.

ARCHITETTURA ED EVOLUZIONE Immaginare il futuro dell'architettura è uno dei problemi dell'architetto di oggi. La risposta si può cercare nell'indagare in uno spazio non ancora definito, che è in divenire, o analizzando l'eredità del nostro passato. Allora la domanda non sarà più quale futuro per l'architettura? ma Come il passato ci ha portato fin qui? Le correnti architettoniche si sono distinte per un'oscillazione continua tra contenuto ed espressione, come se a cadenza l'eccessiva presenza di uno o dell'altro fattore fosse esagerato, e si necessitava di un ritorno all'altro estremo. Protorazionalismo.

7.01 [L. Sullivan, Magazini 7.02 [P. Behrens, Fabbrica di turbine 7.03 [W. Gropius, Officine Carson Pirie & Scott 1900, AEG 1909, Berlino] La monumentalità Fagus 1911, Alfeld an der Chicago] Il grattacielo diventa diventa forma contemporanea. Fa Leine] Riprende gli elementi l'evoluzione del palazzo. comparsa la vetrata strutturale. lessicali di Behrens, invertiti.

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Architettura Organica.

7.04 [F. L. Wright, Robie House 1910, Chicago] La 7.05 [F. L. Wright, Fallingwater 1909, Bear necessità di fare dell'architettura americana e non di matrice europea, spinge Wright a cercare nelle civiltà precolombiane nuove matrici. La casa di Wrigt non nasce dalla casa romana, ma da elementi locali, nelle sue forme sembra uno ziggurat maya.

Run] Nella casa sulla cascata c'è la piena maturazione dello stile organico ricercato dall'architetto. Fallingwater è moderno, ed è la riprova che l'uomo può arricchire la natura tramite il suo operato.

Futurismo.

7.06 [A. Sant'Elia, Stazione di Aeroplani e Treni ferroviari con 7.07 [M. Chiattone, Costruzioni funicolari ed ascensori a tre livelli stradali 1914] Nei lavori di per una metropoli moderna 1914] Sant'Elia è evidente l'influenza della Secessione Viennese ed il Sono completamente assenti i segni trionfo della macchina architettonica. della Secessione Viennese.

Neoplasticismo.

7.08 [G. T. Rietveld, Casa Schroeder 1924, Utrecht] In Europa 7.09 [J. Hejduk, Bey House la scomposizione degli elementi arriva ad altre soluzioni. Il 1973, Olanda] Manifesto della rapporto con la natura non è presente ad esplicitare che l'essere libertà aggregativa espressa nella umano è pura astrazione. combinazione di setti murari.

7.10 [M. Van Der Rohe, Padiglione Tedesco a Barcellona 1929, Spagna] Separa definitivamente i piani verticali da quelli orizzontali, attraverso una rilettura moderna dei materiali classici.

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Purismo.

7.11 [Le Corbusier, Padiglione Esprit Nouveau 1922] 7.12 [Le Corbusier, Immouble Villas Il progettista propone un modello di architettura dove 1922] La proposta del super-blocco, una l'oggetto edilizio è un prototipo. La ripetizione intensiva sovrapposizione di ville in verticale, sarà del modello permette di dare a tutti una qualità abitativa. confuso con quello dell'abitato intensivo.

7.13 [Le Corbusier, Ville Savoie 1929, Francia] Il manifesto dei 5 punti è racchiuso nelle mura di questa abitazione, espressione del linguaggio purista, di leggerezza e fragilità.

Costruttivismo.

7.14 [K. S. Melnikov, Club Russakov 1928, 7.15 [V. R. Tatlin, Monumento alla terza Russia] La forma segue la funzione.

Internazionale 1920]

Razionalismo.

7.16 [W. Gropius, Bauhaus 1926, Germania Ovest] L'oggetto architettonico viene smembrato in elementi funzionali e poi ri-assemblato in modo dinamico. L'architettura e funzione si uniscono in un unico linguaggio.

7.17 [G. Terragni, Casa del fascio 1928-1936, Como] L'edificio è il manifesto del Razionalismo Italiano. Il volume, ancora riconoscibile, viene scavato, mantenendo ancora unitari i legami tra gli elementi.

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Stile Internazionale.

7.18 [M. Van Der Rohe, Grattacielo in vetro 1920] Mies realizzerà i 7.19 [Pei Cobb Freed,

primi grattacieli in vetro solo molto tempo dopo i suoi primi schizzi, che Hancock Tower 1976, risalgono agli anni '20. Nei suoi disegni emerge quel senso di libertà, di Boston] Questo edificio è trasparenza e forza espressiva che acquisterà nel tempo. l'emblema del grattacielo.

Corrente Informale.

7.20 [R. Pietila e R. Paatelainen, Club 7.21 [H. Sharoun, Scuola secondaria a Lunen 1956studentesco a Dipoli 1968, Finlandia] La 1962, Germania] La libertà dell'informale si manifesta distribuzione funzionalista aggredisce il nella maniera di progettare di Sharoun. L'eccezionale si manufatto nei suoi spazi comuni. trasforma in risposta architettonica.

Brutalismo.

7.22 [Le Corbusier, Città dei tre poteri di Chandigarh 1951, India] I 5 punti dichiarati da Le Corbusier spariscono nella sua opera in India, a riconferma che la teoria non deve essere una dittatura. Il brutalismo in questo caso è il miglior codice per confrontarsi con il lungo periodo dove l'architettura ritagliata nel cemento esalta l'ordine gigante.

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Utopismo.

7.23 [B. Fuller, Cupola Geodesica Montreal Expo 7.24 [J. Lubics-Nycz, Concorso Tel Aviv-Jaffa

Tower 1967, Canada] Con Fuller si esplicitano 1963] Il grattacielo a cucchiaio trasforma le teorie sulla città del futuro. Le metropoli l'architettura in urbanistica e vice-versa. L'edificio potrebbero essere contenute sotto la sua cupola. dalla sua sommità si spalma a terra.

Metabolismo.

7.25

[K. Kurokawa, Padiglione 7.26 [K. Kurokawa, Capsule Tower 1972, Tokyo] L'essere Giapponese all'Expo di Osaka 1970, umano ha bisogno di privacy e socialità. La capsula è lo spazio Giappone] La casa del futuro prende minimo necessario all'individuo per trovare la sua intimità. La forma dalla navicelle spaziali. capsula è un mondo.

High Tech.

7.27 [R. Rogers, Lloyd's of London 1986, 7.28 [R. Piano e R. Rogers, Centro Pompidou Inghilterra] è l'edificio in cui emerge l'importanza 1972-1976, Parigi] L'edificio è la fabbrica urbana dell'ingegnere accanto a quella dell'architetto. della cultura. Il suo linguaggio non è finto, ma L'High Tech non vive senza i tecnici. onesto mostrando solo quello che c'è.

7.29 [S.O.M., King Abdul Aziz International Airport 1981, Arabia Saudita]

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Regionalismo Critico.

7.30 [G. Valle, Quartiere residenziale alla 7.31 [A. Anselmi, Cimitero di Parabita 1967-1982, Giudecca 1986, Venezia] La morfologia ed il Lecce] Il progetto punta alla ricostruzione della linguaggio legano il progetto al difficile contesto memoria culturale attraverso il richiamo di opere lagunare. di grandi maestri.

Decostruttivismo.

7.32 [J. Hejduk, Diamond House] La decostruzione parte 7.33 [F. O. Gehry, Loyola Law School dall'interno, non attacca il guscio, l'involucro dell'edificio.

1984, USA]

La grande carrellata di progetti mette in evidenza come ognuno dei movimenti sviluppati nell'ultimo secolo trascini con se elementi di correnti differenti. Ognuno di questi è un tizzone ardente, pronto a riprendere fuoco in ogni momento. È il motivo per cui con grande facilità ogni corrente può essere collegata ad un'altra per una caratteristica più o meno marcata ed evidente.

BIBLIOGRAFIA Libri • Curtis , William J. R. "L'architettura moderna dal 1900 - III Ed." [1996] • Frampton, Kenneth "Storia dell'architettura moderna" - IV Ed." [2007]

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NOTE. Le schede dei libri letti sono poste in “ordine di lettura”. La relazione di ogni libro è stata scritta precedentemente all’inizio di quello successivo. Questo comporta una inevitabile influenza sulle riflessioni scritte per ognuno dei testi in questione.

SCHEDE BIBLIOGRAFICHE

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SCHEDA 1

BREVE TRATTATO SULLA DECRESCITA SERENA

[SERGE LATOUCHE - 2007]

SINTESI

Questo saggio vuole essere un piccolo manuale sulla proposta della decrescita, ma a differenza di un normale manuale, dove vengono descritti ben precisamente i passi da compiere per arrivare a uno specifico risultato, qui Serge Latouche ci accompagna in un percorso attraverso il quale ci spiega anche le ragioni e l’urgenza di farlo. Così Latouche esordisce chiedendosi «Dove andiamo? Dritti contro un muro. Siamo a bordo di un bolide senza pilota, senza marcia indietro e senza freni, che sta andando a fracassarsi contro i limiti del pianeta.» Il problema dello sfruttamento delle risorse e della loro imminente esaurimento è ben conosciuto da tempo ed è supportato da ricerche e studi autorevoli fatti a partire già dagli anni ‘60 sino ad arrivare ai nostri giorni, ma la società sembra non curarsene. Il nostro pianeta è al collasso e il problema è nelle scelte prese nel nostro passato: la scelta di essere una società della crescita. Ma cambiare non è una decisione così facile da prendere, soprattutto quando bisogna capire come cambiare. Cosa si intende per decrescita e da dove nasce questa parola? La decrescita si vuole semplicemente contrapporre alla crescita in modo da «far esplodere l’ipocrisia dei drogati del produttivismo» senza dimenticare che opporsi a qualcosa di perverso non produce per forza qualcosa di virtuoso o buono. In questo nome si vuole sottolineare la necessità dell’abbandono del sistema della crescita illimitata, che punta solo al profitto e con conseguenze disastrose per l’ambiente e per l’umanità. «Sul piano teorico si dovrebbe parlare di a-crescita più che di de-crescita. In effetti si tratta proprio di abbandonare una fede, quella dell’economia, del progresso e dello sviluppo.» Prima di cominciare qualsiasi discorso sulla decrescita Latouche, chiarisce bene la differenza che c’è tra questo movimento e il girone dello sviluppo sostenibile. Oggi la sostenibilità è un fenomeno modaiolo che può essere rivendicato facilmente da chiunque, tanto che lo si ritrova anche sui pacchetti del caffè Lavazza. Il selfsustaining growth (crescita auto-sostenuta) è di per sé un ossimoro, in quanto il concetto di durevole o sostenibile include una parte di precauzione e di responsabilità delle proprie azioni, che lo sviluppo ha ripetutamente ignorato (basti pensare alle conseguenze nell’uso del nucleare o dell’amianto). Lo sviluppo è quindi elemento tossico. Analizzando storicamente la nascita della società attuale, guidata dall’homo

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oeconomicus, ci si accorge facilmente che sin dai suoi inizi ha prodotto sofferenze ed ingiustizie in molti. Questa è diretta conseguenza delle basi prese per lo sviluppo della teoria economica, che preclude e nega una natura entropica della disciplina, giustificandola con l’evidenza della irreversibilità del tempo. Solo nel 1973 Kennet Building si oppone a questa visione attraverso la metafora del cosmonauta per la quale «la terra è diventata una navicella spaziale unica, sprovvista di riserve illimitate, sia per attingervi risorse che per versarvi i suoi rifiuti inquinanti.» La sovracrescita si scontra evidentemente con i tempi rigenerativi del nostro pianeta. «L’uomo trasforma le risorse in rifiuti più rapidamente di quanto la natura sia in grado di ritrasformare i rifiuti in risorse.» Qualcuno ha visto nella riduzione della popolazione mondiale (in particolare in quella dei paesi del terzo mondo) una soluzione per ridurre la dimensione dell’impronta ecologica, come William Wogt che afferma «una guerra batteriologica su grande scala sarebbe un mezzo efficace». Follia! Cosa fare allora? «L’umanità si avvia verso l’estinzione? Secondo Belpomme ci sono cinque scenari possibili della nostra scomparsa: il suicidio violento, la comparsa di malattie gravi, l’esaurimento delle risorse naturali, la distruzione della biodiversità e le modificazioni psicochimiche estreme del nostro ambiente.1» Per Latouche questo approccio aggira il vero problema: quello della crescita. Una volta eliminata questa anomalia, il genere umano potrà affrontare ogni altro problema molto più serenamente. La decrescita è un programma politico e il suo piano è il circolo delle 8 R che rappresentano otto obiettivi interdipendenti, che se realizzati, possono innescare un processo di decrescita serena, conviviale e sostenibile: • Rivalutare. I valori sono diventati vuoti simulacri, sostituiti da megalomania individuale, egoismo e rifiuto della morale. Occorre rivendicare valori come l’altruismo, la collaborazione, il piacere, il locale. • Riconcettualizzare. La mancanza di valori da luogo ad una visione diversa del mondo. Occorre ridefinire concetti come la ricchezza/povertà, la rarità/ abbondanza distinguendo gli elementi reali da quelli di creazione artificiale. • Ristrutturare. Adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori. • Ridistribuire. La ridistribuzione delle ricchezze e delle risorse ha un effetto positivo sulla riduzione del consumo, per due fattori: ridimensionamento del potere dei consumi del Nord e diminuzione dello stimolo al consumo vistoso. • Rilocalizzare. Segue il principio del “think global, act local” per il quale occorre produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari ai bisogni delle popolazioni. • Ridurre. Ridurre non significa necessariamente tornare indietro. Significa limitare/eliminare il sovraconsumo ed abbattere gli sprechi. La riduzione non coinvolge solo le risorse, ma anche aspetti sociali come il tempo dedicato al lavoro. • Riutilizzare/Riciclare. È necessario ridurre lo spreco, combattere l’obsolescenza delle attrezzature e riciclare rifiuti non riutilizzabili. 1

Belpomme in “Avant qu’il ne soit trop tard” cit pag 194

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Vista la natura di programma politico delle 8 R è necessario superare la corruzione della politica sostenuta dall’economia della crescita e fondata sull’egoismo individuale, facendo dilagare disonestà e criminalità. «In Italia il fenomeno Berlusconi ne è un’illustrazione caricaturale.» Infine la decrescita mette al centro il bisogno di dialogo sia tra individuo ed individuo, sia tra culture differenti quanto tra uomo e natura. Occorre abolire il sogno universalista/prevaricatore ed accettare un pluriversalismo, una vera e propria democrazia delle culture. RIFLESSIONI

Finito di leggere questo saggio, il primo impulso è quello di chiedersi perché l’intera umanità non abbia ancora compiuto questo tanto ambito cambiamento della decrescita. Poi mi accorgo di quanto io sia una seguace della crescita e di quanto lo stesso Latouche lo sia. Sono certa infatti che come me usa l’elettricità, è abituato all’acqua corrente ed ha un frigorifero dentro casa, ed anche se magari non siamo speculatori in Borsa, questo ci rende comunque partecipi della società dell’homo oeconomicus. Il fatto di essere nati in una società di questo genere però non preclude affatto che dobbiamo rimanervi fermi. L’uomo si evolve (non è detto che migliori, ma cambia). Mio nonno, per esempio, è nato in un paesino di montagna sotto la luce delle candele, oggi usa lampadine a basso consumo energetico. Perché nessuno si è lamentato di questa cosa? Perché a tutti appare come la scelta più giusta da prendere. Se in questa scelta però intervengono davvero tutti i fattori concorrenti allora forse si potrebbe azzardare che non è così buona. L’uomo gode di una posizione privilegiata che lo rende protagonista di questo processo, come dice lo stesso Latouche «la specie umana si differenzia da una qualsiasi altra per la sua essenza, che alcuni chiamano anima ed altri ragione.» La proposta delle 8 R può essere efficace se applicata. Il problema maggiore però non è tanto come arrivare ad un’esistenza conviviale, sostenibile e serena, quanto far crescere un senso di presa di coscienza in ogni individuo che vive in questo pianeta. Proprio come in una famiglia ogni soggetto è partecipe delle questioni e conosce le problematiche ed i sacrifici da fare per andare avanti, anche la popolazione mondiale (ed in particolare coloro che sono più schiavi della crescita, il Nord) deve essere informato ed informarsi sulle condizioni precarie del nostro pianeta. L’arma rivoluzionaria che deve essere messa in gioco è allora la conoscenza ovvero la consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni, grazie alla quale si supererà anche il pregiudizio secondo cui una società senza crescita è una società che non gode dei beni conquistati con la scienza e la tecnica. NOTE SULL’AUTORE Serge Latouche [1940] professore emerito di scienze economiche all’Università di Paris-Sud, è specialista dei rapporti economici e culturali Nord-Sud e dell’epistemologia delle scienze sociali. È stato tra i fondatori della rivista “Mauss” e ispiratore teorico del Movimento per la Decrescita.

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SCHEDA 2

LA CONVIVIALITÀ

[IVAN ILLICH - 1973]

SINTESI

Cos’è la Società Conviviale? È una società in cui lo strumento moderno sia utilizzabile dalla persona integrata con la collettività, e non riservato ad un corpo di specialisti che lo tiene sotto controllo. Una società dove prevale la possibilità per ciascuno di usare lo strumento per realizzare le proprie intenzioni. Lo strumento moderno è il prodotto dell’età industriale, che ha ridotto l’individuo ad usufruire solo ed esclusivamente di materia precedentemente lavorata da esso. Con lo strumento moderno si è creato il monopolio della produzione industriale. Monopolio che poi è stato trasferito anche ad altri settori (come la medicina ed i trasporti) e che è stato insegnato a consumatori di cultura docili e disciplinati. In questo saggio vengono affrontati gli elementi che hanno prodotto questo stato culturale, la metamorfosi subita dalla professioni e la maniera per superarla tramite la nascita della società conviviale. L’uomo ha bisogno degli strumenti. Questi lo aiutano a condurre una vita più facile e leggera. Lo strumento conviviale ha tre esigenze: • Genera efficienza senza segradare l’autonomia personale. • Non produce né schiavi né padroni. • Estende il raggio di azione personale. Il rapporto uomo-strumento è però molto delicato, e si fonda su un’equilibrio multi-dimensionale. Quando l’equilibrio non c’è il risultato è la graduale distruzione dell’intero corpo sociale. La scoperta di nuovi strumenti porta, infatti, sempre più alla specializzazione e alla centralizzazione del potere. In questo contesto l’uomo diventa accessorio della macchina. Oggigiorno gli individui sono talmente tanto deformati dalle abitudioni industriali che l’idea di abbandonare la società della crescita non è neanche considerata possibile. Illich non solo auspica che la società industriale possa superare questa sua fase, quanto anche che buona parte dell’umanità possa evitare questo modo di produzione e scegliere un’equilibrio post-industriale. L’uomo che usa in maniera conviviale gli strumenti è chiamato austero. L’obiettivo dell’umanità è quindi raggiungere l’austerità intesa come virtù che non esclude tutti i piaceri, ma solo quelli che degradano o ostacolano le relazioni personali. La crisi che viviamo oggi risiede nel rapporto tra strumento e uomo. L’individuo gioca la parte dello schiavo ed è quindi privato dell’austerità. La strategia, proposta

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da molti, della limitazione della crescita è fallimentare, perché non capisce e scopre i limiti da porre allo sviluppo che devono riguardare sia i beni che i servizi. Per questo Illich evidenzia due soglie di mutazione dello strumento. La prima rappresenta un vantaggio per l’uomo, in quanto lo strumento risulta essere conviviale, mentre la seconda soglia rende l’uomo schiavo della macchina-sistema. • SCUOLA. Tra le prime ricerche affrontate c’è quella sulla attrezzatura educativa. L’educazione è un fattore fondamentale ed utile per l’uomo, da separare dal mero studio. Oggi la scuola non è uno strumento di educazione valido per differenti motivi in quanto non soddisfa il bisogno elementare di educare. Illich mette in evidenza come la scuola obbligatoria sia impossibile da realizzarsi, mentre l’apprendimento permanente è da considerarsi come uno strumento di condizionamento delle masse. • MEDICINA. Nella società industriale la salute è una merce e la popolazione ha imparato a sentirsi malata e a farsi curare nella ricerca della salute migliore. Di fatto la maggior parte delle pratiche mediche non necessita di un vero e proprio specialista, in quanto si tratta di procedure semplici e di facile apprendimento per la maggior parte degli individui. La medicina moderna, però, rilega nella figura degli specialisti gli unici possessori del sapere medico e quindi della vita dei loro pazienti, rendondoli tutti vittime del sistema della crescita. Più cure danno luogo a più sofferenze. Di esempi di persone, ormai morenti, che vegetano dentro gli ospedali o le case di cura ce ne sono in grandi quantità, andando ad aumentare a dismisura il costo delle pratiche mediche e rendendo sempre più forte il potere della corporazione dei medici.

Essendo la medicina una merce di scambio nella società della crescita, l’ospedale come la scuola si basa sul principio che si fa credito solo ai ricchi. I medici di prima classe prodotti dalle università, ignorano la presenza di milioni di contadini e concentrano le loro forze e le loro conoscenze sulla minoranza abbiente e industriale della popolazione. La medicina è quindi produttrice attiva di inequità, e quindi contro la convivialità.

Una medicina conviviale è uno strumento alla portata di tutti. I lavoratori della salute ne sono un esempio. Si tratta di operai e contadini che durante la stagione morta seguono dei corsi-tirocini per la diagnosi e cura della malattie più comuni da mettere in pratica a servizio dei loro compagni.

• TRASPORTI. Con l’introduzione della ferrovia e della macchina, si sono potute percorrere tratte in un brevissimo tempo e con un comfort superiore rispetto a quello mai immaginato prima. Il mezzo di trasporto meccanico è uno strumento indispensabile per l’uomo. Con l’aumentare della velocità, lo strumento si è rivoltato contro l’individuo intrappolando ogni giorno per ore milioni di persone su treni, metropolitane e automobili. I veicoli creano più distanze di quante ne eliminano e le persone spendono più tempo per la circolazione di quanto questa gliene fa risparmiare. Secondo Illich la maggior parte degli strumenti dell’uomo ha superato la seconda soglia di mutazione. La convivialità si fonderà quindi su valori essenziali come la sopravvivenza, l’equità e l’autonomia creatrice. Questi garantiranno uno sviluppo

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accettabili degli strumenti e la creazione della società conviviale. La vita e le scelte degli individui sono diventati funzione delle macchine. Lo stesso uomo è considerato alla stregua di fonte di energia. Per gli strumenti si rischia non solo di non condurre più una vita piacevole,ma anche e soprattutto di distruggere e degradare l’intero ambiente in cui viviamo. Lo sfruttamento e l’inquinamento intensivo delle risorse del nostro pianeta ne è un evidente prova. Cosa bisogna fare allora? Capire, conoscere e condividere. Ovvero dobbiamo capire quali sono le soglie al di là delle quali uno strumento non è più conviviale; conoscere gli effetti che ne conseguono e condividere la conoscenza e l’uso proprio dello strumento per una giusta equità. L’attuale sistema è instabile perché non garantisce la soddisfazione dell’individui, in ogni loro aspetto (il corpo, l’energia, il sapere, il potere e il diritto alla storia - cinque dimensioni dell’equilibrio). Questo scopo non può essere raggiunto solamente con l’equilibrio. Vanno anche affrontati tre ostacoli che porteranno all’inversione politica dei limiti. 1. Demitizzazione della scienza. Occorre superare il miraggio della salute migliore e capire che l’esperto è un cittadino come gli altri e non un componente di un élite superiore. 2. Riscoperta del linguaggio. L’industria ha trasformato il cittadino in utenteconsumatore, facendogli credere che le uniche cose che possiedo siano i beni da lui acquistati. “Voglio imparare” diventa “Voglio procurarmi un titolo di studio”. Limitando il consumo forzato si libera il campo di azione. 3. Recupero del diritto. Oggi l’uomo punta a far si che sia il calcolatore a decidere le idee, le leggi e le tecniche. Una vera e propria intelligenza artificiale. Uno strumento al servizio dello Stato Industriale. Il Diritto deve tornare ad essere uno strumento di tutela dell’uomo e non della crescita indefinita. Il superamento di questi tre ostacoli porterà in maniera naturale alla crisis del sistema industriale e all’innesco dell’inversione politica su ci si potrà fondare una società conviviale. RIFLESSIONI

Parlare di Convivialità e al tempo stesso fare una vera e propria guerra nei confronti del sistema in cui viviamo ora, può sembrare una contraddizione. Ma non lo è affatto. In questo saggio si analizzano al microscopio i fattori che a poco a poco hanno portato la società dell’età industriale ad essere malata e a vivere nella propria cronicità. Di tutte, quella che mi ha colpito di più è stata una riflessione sulla ricerca scientifica. Illich dice che oggi [n.b. 1973] la ricerca punta a ridurre il diritto, la dignità e la libertà degli individui, perseguendo due obiettivi: migliorando l’avanzamento tecnologico e presenvando il consumo e il consumatore. Questa ricerca radicale è figlia della scuola dell’obbligo. La scuola dell’obbligo è inutile in quanto non educa gli uomini ma li trasforma in consumatori. L’umanità doveva accorgersi della falla nella scuola il giorno in cui rimandò in matematica Einstein. La scuola è uno strumento per misurare la media (o la mediocrità). Il che non lascia alcuno spazio reale per i geni e per gli stupidi.

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Trattandoli alla stessa maniera, non dandogli una possibilità di riuscita. Nonostante sia comunemente accettato il fatto che non è una condizione sufficiente nella vita essere stati bravi a scuola per fare realmente un certo lavoro, gli uomini si ostinano a considerare la scuola un metro di misura attendibile per la valutazione di un’individuo. I ragazzi di oggi si lamentano del fatto che non sanno fare nulla. Hanno dentro di loro il malessere dell’incompletezza. L’uomo preistorico che si ingegnava per cacciare, fare fuoco e muoversi con le proprie gambe si sentiva molto più stimolato di questa nuova generazione messa in ginocchio dall’industrializzazione imposta. «Nell’ora del disastro, solo se si resta radicati nella storia si può avere la fiducia necessaria per sconvolgere il presente» dice Illich, ma la maniera per superare l’era industrializzata non è da ricercarsi solo nel ritorno alla vita sugli alberi, ma trovando risposte autonome dai concetti radicali che ci vincolano oggi. NOTE SULL’AUTORE Ivan Illich [1926-2002] ha compiuto studi di scienze naturali, filosofia, teologia e storia. Profeta “fuori tempo” per la nostra cultura massificata. Il suo essenziale interesse fu rivolto all’analisi critica delle forme istituzionali in cui si esprime la società contemporanea, nei più diversi settori (dalla scuola all’economia alla medicina), ispirandosi a criteri di umanizzazione e convivialità, derivati anche dalla fede cristiana, così da poter essere riconosciuto come uno dei maggiori sociologi dei nostri tempi.

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SCHEDA 3

ELOGIO DELLA BICICLETTA

[IVAN ILLICH - 1973]

SINTESI

Come si calcola il benessere di una società? Ci sono tre indirizzi possibili: 1. Il benessere come forte consumo energetico pro-capite. 2. Il benessere come elevata efficienza nella trasformazione dell’energia. 3. Il benessere come il minor uso possibile di energia meccanica. Di queste la limitazione ecologia è l’unica che da una possibilità di futuro per la nostra società, basata sul concetto che l’equità e l’energia non possono crescere parallelamente all’infinito, ma hanno un certa soglia limite. L’unica potenza non inquinante è quella metabolica, ovvero quella prodotta dal lavoro dell’uomo attraverso il suo naturale metabolismo. Ma scegliere un’economia a contenuto minimo non piace a nessuno. Non piace al povero perché gli preclude le attese fantastiche della industrializzazione, e non piace al ricco perché lo obbliga a riconoscere la sua passività. La crisi energetica va combattuta attraverso una contro-ricerca in tre fasi: riconoscere la necessità di porre dei limiti; individuare la soglia di crisi; riconoscere le inequità. Il trasporto è uno degli strumenti cui occorre porre dei limiti al più presto. I mezzi di trasporto consumano energia per essere prodotti, consumano energia per essere utilizzati, consumo spazio per muoversi e per essere lasciati in sosta. È facile capire che occorre porre dei limiti ai trasporti. Illich individua la soglia limite di equità con 25 Km/h. Al di là di questa soglia

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aumenta la penuria sia di tempo che di spazio. La velocità limite è quindi quella di una bicicletta che si muove con la potenza metabolica di un uomo. «La bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare 18 in un posto d’auto e se ne possono spostare trenta nello spazio divorato da una sola vettura.» Il traffico è un prodotto dell’industria. Si compone di due fattori: il transito e il trasporto. Il transito sfrutta la componente metabolica dell’energia, mentre il trasporto quella meccanica. Oggi la società è dipendente dal trasporto, e questo comporta la produzione di inequità. Infatti il transito pone tutti gli individui sullo stesso piano. Mentre il trasporto pone in una situazione di vantaggio chi ha una maggiore velocità. Appena la velocità supera la soglia limite si crea inequità. All’inequità va aggiunto il mito del guadagno di tempo. Con l’aumento della velocità non si guadagna tempo, ma lo si perde. Perché delle 16 ore passate svegli se ne trascorrono in media il 25% nel trasporto per andare al lavoro (e guadagnare i soldi per un nuovo mezzo di trasporto!). Il prodotto del trasporto è il passeggero abituale, che è completamente integrato nel sistema dell’industria del trasporto. Non sa più affrontare le distanze dal solo, e senza mezzi meccanici si sente perso. Le conseguenze sono anche da ritrovarsi nel concetti di tempo e denaro. Il tempo, con l’aumentare della velocità è cominciato a scarseggiare. “Il tempo è denaro. Il tempo si spende, si risparmia, s’investe, si spreca, s’impiega.” Questa corsa alla velocità depreda coloro che rimangono indietro e porta all’insoddisfazione coloro che vanno veloci. Anche i mezzi pubblici, seppur più virtuosi di quelli privati, rientrano in questo circolo vizioso. Le nazioni sono tanto avanzate quanto più hanno mezzi pubblici veloci ed estesi per tutto il paese. Il problema risiede nel fatto che esiste un vero e proprio monopolio radicale dei trasporti che soppianta il transito. Il consumo di trasporto è obbligato.

Quale potrebbe essere l’utopia? Quella di un mondo in cui i soli mezzi di trasporto siano le proprie gambe, le biciclette o i mezzi pubblici. Il trasporto auto-alimentato ha visto una svolta fondamentale con l’invenzione del cuscinetto a sfere. Questa invenzione unita a quella della ruota del Neolitico ha prodotto un efficientissimo mezzo di trasporto: la bicicletta. L’uomo senza l’aiuto di alcuno strumento consuma 0,75 calorie per il transito di un grammo del

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proprio corpo per 10 minuti. Con la bicicletta ne consuma solo 0,15. La bicicletta ha ampliato di 4 volte il raggio d’azione dell’uomo senza però renderlo schiavo né del denaro né del traffico. La bicicletta infatti sfrutta l’energia metabolica, l’unica socialmente ottimale. Illich afferma che un paese si può definire sotto-attrezzato se non può dotare ogni suo cittadino di una bicicletta, così come si può definire sovraindustrializzato se la sua velocità sociale è maggiore di quella della bicicletta. Per arrivare alla maturità tecnologica occorrono due strade: quelle della liberazione dalla carenza e dall’opulenza. In entrambe l’uomo deve fuggire dall’idea che il centro del mondo sia proprio lì dove egli sta. Il costruito attorno a te è una pubblicità, un’inganno. Un ritorno alla velocità della bicicletta distruggerebbe il nepotismo e i privilegi, perché l’uomo sarebbe padrone delle proprie possibilità. Il punto cruciale risiede nel prendere questa decisione. RIFLESSIONI

Elogio della bicicletta è un piccolo libro che non è passato inosservato. Tratto da un articolo uscito nel 1973 ha preceduto di anni l’attenzione pubblica sulla crisi energetica. La cosa che produce in me una tristezza infinita è che il nostro paese, l’Italia, viva tutt’ora in una condizione descritta in queste pagine. In molti luoghi in Europa la coscienza dei cittadini e delle pubbliche istituzioni rispetto a questo argomento è molto più attenta e attiva. Mentre nel nostro paese i politici si litigano le auto blu alimentando la schiavitù del mezzo di trasporto, in Europa si promuovono piani di trasporto pubblico efficiente ed educazione al transito autonomo in bicicletta (basti pensare all’Olanda). La mia esperienza personale all’estero (durata 2 anni) mi permette di dire che una vita senza automobili private è possibile, ma soprattutto è stupenda e decisamente molto più umana. Una parte di questa crisi è da affibbiare agli architetti, o come li chiama Illich, certi aspiranti stregoni travestiti da architetti, che propongono soluzioni di città che obbligano il cittadino ad essere schiavo del trasporto. Una figura quindi importante delle scelte sociali che può risultare determinante per la presa di decisione è proprio l’architetto-urbanista. NOTE SULL’AUTORE Ivan Illich [1926-2002] ha compiuto studi di scienze naturali, filosofia, teologia e storia. Profeta “fuori tempo” per la nostra cultura massificata. Il suo essenziale interesse fu rivolto all’analisi critica delle forme istituzionali in cui si esprime la società contemporanea, nei più diversi settori (dalla scuola all’economia alla medicina), ispirandosi a criteri di umanizzazione e convivialità, derivati anche dalla fede cristiana, così da poter essere riconosciuto come uno dei maggiori sociologi dei nostri tempi.

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SCHEDA 4

COLLASSO

[JARED DIAMOND - 2005]

SINTESI

Diamond fa un'analisi completa ed esaustiva di quelle che sono le dinamiche che portano un popolo ad infliggersi volontariamente, con o senza cognizione della cosa, una morte e quindi a segnare la loro fine. Questo perché oggi ci appare molto evidente lo stato di estrema fragilità in cui viviamo, un contesto in cui anche le società più ricche e tecnologicamente avanzate non sono al riparo da questi pericoli. I problemi di oggi però non sono così distanti da quelli che i nostri antenati hanno dovuto affrontare. Dalle loro scelte (giuste o sbagliate) si può imparare molto, e trovare una soluzione valida per le nostre emergenze ambientali ed economiche. Diamond definisce il passato come un'enorme banca dati da cui poter attingere per far prosperare le nostre civiltà. Prima di tutto è da chiarire che il crollo di una civiltà non è un fenomeno immediato (almeno rispetto alla vita di un singolo individuo) né tanto meno influenzato da un numero di parametri semplici e limitati. In parole povere è un fenomeno complesso in cui la scelta sbagliata fatta dal nostro trisavolo può condizionare la presenza o meno della sua progenie nel futuro. Le pratiche attraverso cui le società passate hanno messo a rischio la loro esistenza vengono catalogare da Diamond in 8 categorie di egual importanza: deforestazione e distruzione dell'habitat; gestione sbagliata del suolo; cattiva gestione delle risorse idriche; eccesso di caccia; eccesso di pesca; introduzione di specie nuove; crescita della popolazione umana; aumento dell'impatto sul territorio di ogni singolo individuo. Una miscela di questi dannosi fenomeni porta facilmente a gravi conseguenze per la sopravvivenza di un popolo, un vero mix letale. I crolli del passato sono molto simili tra loro. Solitamente i problemi nascono dall'aumentare della popolazione che costringe all'intensificazione dello sfruttamento delle risorse (idriche, suolo, caccia). Queste pratiche insostenibili impoveriscono in breve tempo il terreno, la vegetazione e la presenza di animali e/o pesci. Il primo sintomo evidente della crisi è la carestia, seguita spesso da guerre o malattie. Gli individui emigrano o periscono, così come il loro sapere. La conseguenza di questi fenomeni è che la popolazione diminuisce, ma al contempo, si va perdendo quella conoscenza e complessità culturale acquisita durante il culmine dello sviluppo. I problemi che oggi ci troviamo ad affrontare sono gli stessi 8 dei nostri antenati, con l'aggiunta di altri 4 fattori: cambiamenti climatici dovuti a intervento umano; accumulo di sostanze chimiche tossiche nell'ambiente; carenza di risorse energetiche

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ed esaurimento della capacità fotosintetica della Terra. Si ipotizza che in breve tempo tutti e dodici i fattori arriveranno ad uno stato di crisi tale da compromettere irrimediabilmente la presenza di vita sul nostro pianeta. Quale soluzione allora? Il controllo del tasso di crescita della popolazione mondiale, o per meglio dire della decrescita della popolazione mondiale, è per molti una delle tante soluzioni valide. Questo potrebbe essere una risposta possibile, ma è anche evidente che diminuire la popolazione non sarà una soluzione all'inquinamento per sostanze chimiche e non aumenterà le risorse energetiche del nostro pianeta. Un problema complesso necessita di una soluzione complessa almeno alla stessa maniera. Per questo Diamond si propone di ricercare questa soluzione attraverso lo studio dei crolli di fiorenti civiltà del passato che si sono dimostrate fragili rispetto a quelle che sopravvissero. La domanda allora sarà: perché qualcuno scompare ed altri no? Ad oggi non si conosce alcuna civiltà che sia scomparsa solo per motivi di tipo ambientale, poiché vi sono altri fattori che vi contribuiscono, dei veri e propri fattori concomitanti. • Il danno che i popoli causano al loro territorio. • Cambiamento climatico causato dagli esseri umani. • Presenza di nemici. • Rapporti con popoli amici. • Risposta delle società ai loro problemi. La ricerca si propone di trovare proprio questi fattori concomitanti che portano alla scomparsa di un popolo. I cieli sconfinati del Montana. Diamond ci racconta di un luogo a lui caro, il Montana. Una terra piena e ricca di risorse che oggi si vede immersa in una crisi ecologica ed economica importante. La storia del Montana è un susseguirsi di risposte al problema della sopravvivenza del popolo, in un luogo pieno di bellezze ma povero di terreni adatti all'agricoltura. La colonizzazione del Montana si può dividere in due fasi. La prima è quella dovuta ai nativi americani che vi giunsero 13000 anni fa. La seconda è dovuta all'arrivo degli europei circa 500 anni fa. Sino all'arrivo degli europei non si erano propagate colture autoctone. L'economia oggi si basa su pochi settori in crescita che sono funzione del turismo, dalle case di cura per i pensionati che si trasferiscono in Montana, alla caccia e la pesca promosse come attività ricreative da offrire ai turisti e non più come attività indispensabili alla sopravvivenza come in passato. Le attività industriali sono in declino, la produzione di legname e l'estrazione mineraria non sono più produttive da tempo. Il 70% dei giovani diplomati abbandona le valli per trasferirsi verso il grande sogno delle metropoli americane. I problemi del Montana abbracciano in maniera più o meno critica, tutti e dodici i problemi citati in precedenza. I primo problema è rappresentato dall'inquinamento prodotto dalle circa ventimila miniere abbandonate che riversano, da più di cento anni, acidi e metalli tossici nel terreno. Accanto all'inquinamento c'è il secondo grande problema del Montana, il disboscamento. L'abbattimento degli alberi a scopi

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commerciali e non controllato produce un doppio impoverimento del territorio. Da una parte si usa in maniera non sostenibile una risorsa facilmente rinnovabile come il legno. In contemporanea il disboscamento favorisce l'innescarsi di incendi e la loro propagazione grazie all'aumento dello strato combustibile. Il terzo problema quello del suolo e delle sue risorse. Lo sfruttamento intensivo delle risorse ha prodotto una forte mancanza di azoto e il conseguente impoverimento dei terreni. A questo si uniscono due fenomeni come quello dell'erosione del suolo e della salinizzazione (fenomeno che in passato tramutò la Mezzaluna fertile della Mesopotamia negli attuali Iraq e Siria). Il quarto problema è quello della qualità dell'acqua e dell'aria. L'acqua, fortemente inquinata, ha anche il problema di essere mal distribuita, il che comporta l'impossibilità di offrire a tutti l'accessibilità a questa risorsa. L'aria, invece, presenta dei livelli di inquinamento inimmaginabili. L'uso di stufe a carbone, l'alto numero di incendi e il basso ricircolo di aria nelle valli, porta il Montana ad avere livelli di inquinamento pari a quelli di una metropoli come Los Angeles. Infine ci sono i problemi dell'introduzione di specie animali e vegetali nocive e la perdita di quelle autoctone di gran valore. Introdurre in un territorio nuove specie è estremamente nocivo, non solo perché compaiono nuovi predatori che possono nuocere e sterminare intere specie, ma anche perché si possono introdurre nuove malattie potenzialmente ancora più dannose per la flora e la fauna. A questi aspetti ambientali vanno ad unirsi quelli economici. I contadini del Montana ne sono un esempio. Lo stile di vita condotto per secoli dai contadini, con l'arrivo della modernità, non è stato più sufficiente per vivere. In parte perché aspirano a stili di vita che il Montana non può offrire, in parte perché l'agricoltura non gli permette di avere denaro necessario. In entrambi i casi sono costretti ad abbandonare la terra. Inoltre non esistono piani di tutela del territorio come anche regolamenti urbanistici che possano disciplinarne l'uso. «I residenti del Montana stanno cominciando a capire che due capisaldi del loro modo di vivere sono in diretto contrasto tra loro: da un lato l'individualismo ostile all'ingerenza del governo, dall'altro l'orgoglio riposto nella loro qualità di vita.» Il passato. Il crepuscolo degli idoli di pietra. L'isola di pasqua. Oggi l'Isola di Pasqua appare come una terra desolata senza l'ombra di un albero e così appariva anche al suo primo esploratore occidentale Roggeveen che vi arrivò il giorno di Pasqua del 1722. Eppure ci sono dei segni evidenti che l'isola non ha sempre avuto questo aspetto e le alte effigi sparse in grandi quantità per tutta la costa dell'isola ne sono una testimonianza. Pasqua è un'isola vulcanica povera di pesci (ce ne sono solo 127 specie) e scarsa d'acqua. Fu colonizzata dal popolo polinesiano, si suppone, intorno al 900 d.C. secondo un progetto di espansione che sembra meticolosamente programmato. I polinesiani erano molto esperti nella navigazione e sapevano come capire ed individuare la presenza di terra in aperto mare. Pasqua però rappresenta in ogni caso un'eccezione. A differenza delle altre colonie, non mantenne contatti con le altre isole polinesiane. Lo si capisce dall'assenza di specie viventi come cani, maiali e culture tipiche polinesiane. Pasqua rimase isolata dal resto del mondo sino al

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01 [Moai dell'Isola di Pasqua]

giorno della venuta di Roggeveen avvenuta 800 anni dopo. Dagli studi effettuati si suppone che nel momento di massimo sviluppo della popolazione indigena ci fossero circa 30000 persone, il che implicava una densità abitativa di quasi 175 ab/Kmq (poco al di sotto dell'attuale densità svizzera). Come si nutrivano? Non potendo contare sulla pesca, il popolo di Pasqua sviluppò un sistema di coltivazione a orti rocciosi. I massi che ricoprono il suolo rendono il terreno più umido, riducendo l'evaporazione dovuta al sole e al vento. Quasi tutto l'entroterra è convertito in orto roccioso. Questo significa che per sfarmarsi la popolazione fu costretta allo sfruttamento intensivo del territorio ed ad un conseguente disboscamento che favorisse la coltura. Il problema principale del disboscamento però non sono gli orti rocciosi, ma la religione. Le gigantesche statue (moai) [fig.01] e le piattaforme di pietra (ahu) prodotte in grande quantità hanno esaurito nel giro di qualche secolo le risorse di tutta l'isola riducendola allo stato attuale. Al di là delle dimensioni delle statue e degli altari, il processo produttivo delle statue presupponeva il trasporto degli elementi lapidei di circa 10 tonnellate dalla cava sino al luogo prescelto tramite l'utilizzo eccessivo di risorse. Occorrevano grandi quantità di tronchi di alberi ad alto fusto utilizzati come ingegnoso sistema a slitte per il trasporto delle statue, unite a lunghe funi ed anche ad un consumo copioso di cibo per sfamare gli innumerevoli lavoratori (si suppongono circa 500 persone). L'isola di Pasqua non è sempre stata un landa desolata, ma era ricoperta di un fitta foresta subtropicale caratterizzata da una specie di palma con un fusto del diametro di 2 m (la più grande al mondo), così come era anche abitata da differenti specie di uccelli autoctoni. Gli abitanti di Pasqua hanno deciso di vivere al di sopra delle loro possibilità, intuendo che il loro comportamento era sbagliato solo troppo tardi. L'eccessivo sfruttamento dei terreni, della pratica della caccia di volatili e delfini e il disboscamento sono stati il cocktail micidiale che ha lasciato l'isola nuda, spoglia delle sue foreste. La carestia in questo caso venne affrontata introducendo la pratica del cannibalismo di cui restano tracce ancora oggi nella tradizione orale degli isolani. Pare infatti che uno degli insulti più pesanti sia «Mi è rimasta tra i denti la carne di tua madre». Le prime tracce di ribellioni contro la religione risalgono al 1600, da quel momento non vennero più eretti moai, bensì abbattuti! Il processo di crollo della società era però già irreversibile. L'isola cominciò un rapido declino. L'arrivo degli occidentali diede il colpo di grazia a questo antico popolo, introducendo malattie come il vaiolo, che sterminarono il 70% della popolazione sopravvissuta. Gli abitanti di Pasqua, nonostante fosse evidente lo sfruttamento eccessivo delle risorse, hanno commesso questo errore. «I paralleli che si possono tracciare tra l'isola di Pasqua e il mondo moderno sono così ovvi da apparirci agghiaccianti.» Il presente. La Cina, un gigante instabile. Come è bene noto la Cina è il paese più popoloso al mondo. Ha circa 1 300 000 000 abitanti, in pratica un quinto della popolazione mondiale. Il suo territorio è terzo per estensione ed è pieno di ricchezze e varietà vegetali ed animali. Quello che oggi preoccupa tutti della Cina è la sua economia che cresce ad una

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velocità superiore rispetto a tutte le altre, quattro volte più grande rispetto ai paesi del Primo Mondo. È il primo produttore di acciaio, cemento e televisori nonché il primo consumatore di legna e carbone. La vera preoccupazione però dovrebbe essere indirizzata sui problemi ambientali che derivano da questa fiorente economia. I rifiuti si accumulano a ritmo crescente aumentando, in frequenza e gravità, i disastri ambientali provocati dall'uomo, la desertificazione, la siccità... È ovvio che i problemi ambientali della Cina, viste le dimensioni di estensione territoriale e di popolazione, non possono rimanere nei confini di questa nazione, ma sono di dominio mondiale. Il futuro del nostro pianeta non può prescindere dalla loro soluzione. Le condizioni che si hanno oggi in Cina, si suppone andranno a peggiorare con l'aumento del benessere. Infatti ancora più gravi saranno le conseguenze dell'aumento della ricchezza media, che, moltiplicata per la popolazione cinese, avrà un'impatto ambientale enorme sul pianeta. Anche qui i dodici punti presentati all'inizio sono tutti presenti. Il territorio cinese, oltre ad essere complesso, è localmente fragile e flagellato da tempeste e/o siccità. Il problema demografico cinese è uno dei più importanti da controllare. Il governo ha attuato da anni una politica severa di controllo delle nascite grazie alla quale il tasso annuale di crescita è sceso all'1,3% nel 2001. Conseguentemente però negli ultimi 15 anni il numero dei nuclei familiari è aumentato del 3,5% annuo, questo dovuto al fatto che il numero di componenti per nucleo familiare è, per forza di cose, diminuito. Inoltre, da un'analisi degli ultimi cinquanta anni, si vede come, sebbene la popolazione sia solamente raddoppiata, i bisogni crescono ad una velocità maggiore di 4 volte, in quanto la popolazione urbana è aumentata di 6 volte. I soddisfacimento dei nuovi bisogni cinesi sarà fatto con tecnologie antiquate, inefficienti ed inquinanti. Già oggi il rendimento energetico cinese è la metà di quello del Primo Mondo. In termini di ambiente significa inquinamento tale da produrre catastrofi ecologiche. Gli altri problemi importanti della Cina sono molti e critici, tra cui le risorse idriche. La Cina è povera di acqua dolce e questo provoca continue interruzioni idriche nelle grandi metropoli con ripercussioni importanti sulle scelte strategiche del paese (si sta infatti costruendo la diga più grande del mondo1 [fig.02] per sopperire a questo problema). Il disboscamento continuo per la richiesta di legname provoca fenomeni franosi sul 19% del territorio nazionale, mentre l'eccesso di pascolo provoca la desertificazione su un quarto del territorio. A queste due pratiche vanno aggiunte quelle dell'urbanizzazione e dell'attività minerarie. Se si calcola anche la presenza di grandi catene montuose poco sfruttabili, si capisce che rimane poco spazio per le aree coltivabili che dovrebbero servire per sfamare la più grande popolazione al mondo. Allo stesso modo alle foreste è lasciato solo il 16% del territorio (contro il 74% del Giappone). Se si guarda allo sfruttamento delle risorse ittiche la situazione è ancora più grave. L'aumento di benessere coincide con l'aumento di richiesta di pesce. Parallelamente 1 La diga delle Tre Gole sullo Yangtze fornirà energia elettrica e favorirà il controllo delle alluvioni. La sua costruzione ha comportato lo sfollamento di 1,4 milioni di persone, la perdita di 116 località e la distruzione di uno degli ecosistemi più importanti del paese, come anche 1300 siti archeologici sono finiti direttamente sott'acqua.

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02 [Foto satellitare della Diga delle Tre Gole prima e dopo la sua costruzione]


l'introduzione incontrollata di specie non autoctone ha provocato la flagellazione della flora e della fauna in tutto il paese. La Cina sta prendendo coscienza di tutti questi problemi e sta programmando degli interventi che mirino a tutelare il territorio, la flora e la fauna. Questa inversione di marcia sarà davvero efficace? E gli effetti benefici arriveranno prima che quelli dannosi avranno preso il sopravvento? Lezioni per il futuro Perché i popoli fanno sbagli clamorosi? Diamond divide i fattori di fallimento in quattro categorie: • Il gruppo non riesce a prevedere il sopraggiungere del problema. • Il gruppo non si accorge che il problema esiste. • Il gruppo si accorge del problema ma non prova a risolverlo. • Il gruppo si accorge del problema, cerca di risolverlo ma non ci riesce. Molti popoli hanno tentato di affrontare i loro problemi trovando soluzioni per risolverli, ma le loro scelte si sono rilevate infelici e spesso hanno aggravato la situazione. Ecco perché è importante imparare dal passato. Occorre capire quali sono le scelte da non prendere ed evidenziare quelle che si sono rilevate più risolutive. L'alfabetizzazione è uno di quegli elementi che favorisce questo processo, in quanto permette la conservazione della memoria di fatti accaduti tempo addietro. Bisogna però fare attenzione alle analogie, perché spesso queste si possono rilevare apparenti e non reali. Sulle prime due categorie ci sono vari motivi per cui il problema non è percepito e spesso non è diretta mancanza da parte dell'uomo di osservazione del fenomeno, ma è il fenomeno stesso che si presenta difficile da leggere. La terza categoria necessita di particolare attenzione. Si potrebbe dire che in questo caso a gestire la situazione sono gli egoisti, fortemente motivati dalla prospettiva di raccogliere grandi profitti immediati a scapito della comunità. Il danno distribuito su tutti è minimo e di solito le vittime non rispondono e non si ribellano per i danni subiti. In questa categoria rientrano la maggior parte dei problemi di oggi dalle frodi delle multinazionali e lo sfruttamento intensivo di risorse limitate. L'imperativo è arricchirsi, mentre per il popolo si innesca la tragedia del bene comune. Le soluzioni sono da ricercarsi in un forte potere centrale, nella privatizzazione del bene comune o nella condivisione del bene comune. Riguardo l'ultima categoria si mettono in evidenza i limiti umani di poter realmente affrontare questi tipi di problemi a variabili infinite. Le capacità dell'uomo di controllare gli effetti delle sue decisioni sono limitate, e spesso le decisioni prese possono rivelarsi ancora più fatali del problema originale. È ovvio, però, che non tutti i popoli falliscono. I problemi ambientali non possono esulare da quelle che sono le necessità che scaturiscono dai bisogni dell'uomo e dall'economia del paesi. Per avere gli oggetti di tutti i giorni, per riscaldarci e cucinare è indispensabile lo sfruttamento delle risorse naturali come legno, carbone e metalli. Le multinazionali e gli ambientalisti, spesso protagonisti di queste vicende, si trovano entrambi dalla parte della ragione. Le

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multinazionali perché offrono dei servizi indispensabili alla popolazione dal cibo alle risorse energetiche, mentre gli ambientalisti perché chiedono la salvaguardia dell'ambiente e degli animali. La soluzione è a portata di mano e consiste in investimenti intelligenti che puntano al raggiungimento degli obiettivi con il minor danno possibile per l'ambiente. In questo caso prevenire è meglio che curare. Infatti è molto più costoso per un'impresa bonificare in un secondo momento la zona di intervento che seguire da subito i lavori nel rispetto dell'ambiente. Al mondo esistono molte società che hanno capito questo approccio alla produzione e seguono dei piani di sfruttamento delle risorse sostenibili. Una delle attività che necessita una prioritaria attenzione è quella del rimboschimento delle foreste sfruttate. La certificazione FSC2 nasce proprio a tutela del consumatore per garantire che il prodotto che sta acquistando derivi da foreste correttamente gestite. Il fenomeno della gestione della qualità delle risorse sembrerebbe però materia che stia più a cuore delle industrie che del consumatore. Il consumatore, come visto da studi, tende generalmente a scegliere il prodotto con il prezzo più basso, fregandosene del processo di inquinamento che ne deriva dalla sua produzione. Al giorno d'oggi sono le grandi aziende che promuovono le buone pratiche ambientali obbligando le aziende partner a scegliere prodotti e materie prime come quelli certificati dalla FSC o da organizzazioni simili. Le aziende hanno capito quello che il singolo consumatore e molti dei governi di oggi ancora non hanno afferrato. Il mondo è diventato un unico polder3, qualsiasi cosa accada in altre parti del mondo fa sentire le sue conseguenze anche dall'altra parte del pianeta. Sia sui ricchi che sui poveri. Le grandi aziende sono quelle che non aspettano lo scoppio della crisi per rivedere la loro politica, ma individuano i problemi al loro insorgere e prendono misure preventive. RIFLESSIONI

«Oh, grande e varia è l’interna virtù dell’erbe, delle piante e delle pietre, nelle lor naturali qualità, e niente è così vile sulla terra da non rendere ad essa, in contraccambio, qualche particolare beneficio; così come non v’è cosa sì docile che, distratta dal natural suo impiego, non dirazzi dalla sua vera origine e si corrompa, e degradi in abuso. La virtù stessa si converte in vizio, ed il vizio talora si nobilita col compimento d’una bella azione. ... Due sovrani di questo stesso tipo, tra lor nemici, son sempre accampati, così come nell’erbe, anche nell’uomo: la Grazia, e la brutale Volontà. La pianta in cui predomina il peggiore di questi due potenti, è divorata assai presto dal cancro della morte.4» 2 Il Forest Stewardship Council [FSC] è un'ONG internazionale senza scopo di lucro. FSC rappresenta un sistema di certificazione forestale riconosciuto a livello internazionale. La certificazione ha come scopo la corretta gestione forestale e la tracciabilità dei prodotti derivati. Il logo di FSC garantisce che il prodotto è stato realizzato con materie prime derivanti da foreste correttamente gestite secondo i principi dei due principali standard: gestione forestale e catena di custodia. 3 Un polder è un tratto di mare asciugato artificialmente attraverso dighe e sistemi di drenaggio dell'acqua. È una pratica molto diffusa in Belgio e nei Paesi Bassi. 4 William Shakespeare in Romeo e Giulietta, Frate Lorenzo Atto II Scena III.

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L'uomo da tempo si è voluto tirare fuori dall'equazione della selezione naturale, facendo finta che gli studi condotti con tanta passione da Darwin non fossero quasi mai applicati all'uomo contemporaneo. Spesso ripenso al fatto che se fossimo nate in una diversa epoca storica né io né le mie sorelle avremmo mai raggiunto la maggiore età chi per uno o per un'altro motivo. Eppure i progressi della medicina e delle tecnica hanno permesso ad un numero sempre maggiore di persone di sopravvive. Questo squilibrio nelle leggi naturali di armonia del mondo ha portato l'uomo a doversi scontrare con nuovi problemi scaturiti da fattori a lui ricondotti ma che non è capace a pieno di controllare. L'uomo è su un bolide di cui conoscere solo il pedale dell'acceleratore ma non quello del freno. Questa maniera di intendere le cose ha portato alla nascita di correnti che seguono stili di vita al limite del patetico, come i vegani o i vegetariani che rifiutano l'essenza propria della loro natura umana fingendo pietà per le povere creature allevate in batteria, scordandosi che ogni cosa che usano indossano e mangiano produce effetti anche peggiori nel mondo. Nonostante molti si interessino a questo tipo di problematiche, lo stato generale degli animi è quello fondato sull'idea che l'uomo continuerà ad abitare questo pianeta per ancora molto tempo e che prima o poi si arriverà ad una soluzione che possa far superare gli attuali problemi ambientali e climatici. è probabile che sia così, come anche è probabile che la popolazione mondiale faccia la fine degli abitanti della piccola isola di Pasqua e che lo sfruttamento intensivo di ogni tipo di risorsa conduca ad un ridimensionamento forzato del numero degli individui nonché delle risorse a lui disponibili. Il tanto temuto ritorno alla capanna. Nonostante questa possibilità, neanche troppo irreale, c'è un esercito di individui pronti ad affrontare questo tipo di rischio in nome di una piscina sospesa a 300 metri di altezza su di un grattacielo costruito nel deserto. Questo eventi che oggi producono in noi invidia e la creazione di un'immaginario futuro fatto di nuovi lussi, probabilmente sarà commentato con stupore dai nostri pronipoti i quali presumibilmente si domanderanno "perchè, sebbene sapessero che le risorse di petrolio stavano finendo, hanno continuato ad aumentare la domanda di materia prima fino ad esaurirla?" La verità è che nessuno di noi immagina realisticamente che un giorno il petrolio finirà e sebbene ogni tanto questo pensiero ci sfiori, riusciamo in ogni caso a fare sonni tranquilli. NOTE SULL’AUTORE Jared Diamond [1937] è un biologo e fisiologo statunitense. Ph.D., Università di Cambridge. È noto a livello mondiale per il saggio Armi, acciaio e malattie [1997] e vincitore del Premio Pulitzer per la saggistica. Insegna all’Università della California a Los Angeles ed è membro dell’Accademia Nazionale delle scienze americana.

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SCHEDA 5

LA DENTIERA DI WASHINGTON

[ROBERT DARNTON - 1997]

SINTESI

In questo piccolo libro Darnton ci spiega le eredità culturali dell’Illuminismo e gli effetti che questo movimento ha ancora oggi nel nostro modo di agire, pensare e soprattutto fare politica. L’illuminismo nasce nella Francia del settecento a supporto di chiunque abbia una disputa da sollevare o una causa da difendere. Ben presto, come molte cose, si espande in ogni campo del sapere diventando tutto, e quindi nulla. I philosophes erano uomini di lettere che raramente produssero idee originali. Una vera e propria élite che, più che liberare la cultura in nome della ragione, si è preoccupata di assicurarsi una buona posizione nei salotti bene. Oggi l’illuminismo sembra essere ancora molto vitale, sebbene sia facilmente attaccabile come quello settecentesco. Gli atti di accusa moderni non sono più il positivismo superficiale o l’ideologia borghese ma i seguenti: • L’Illuminismo, sulla pretesa di essere universale, è servito ad estendere l’egemonia occidentale in tutto il mondo, legittimando la distruzione di altre culture. • L’Illuminismo è stato una forma di imperialismo mascherato da razionalità. • L’illuminismo, in nome della scienza, ha infangato l’etica. • L’Illuminismo, schiavo della ragione, è inefficace nel momento in cui si trova ad affrontare l’irrazionale. • L’Illuminismo è alla base del totalitarismo. Fornì le basi per il terrore, per la Rivoluzione Francese come anche Hitler e Stalin. • L’Illuminismo è inadeguato per misurarsi con i problemi odierni, in quanto è dalle affermazioni dei philosophes che si è arrivati al disastro ambientale e a una visione maschilista. Per ognuna di queste accuse Darnton trova una discreta scusa per prenderne le distanze o dire che fu una distorsione del pensiero originario. È da mettere in evidenza, però, che molti dei problemi che ci troviamo ad affrontare oggi sono derivati dall’interpretazione (giusta o sbagliata che sia) del pensiero illuminista. Nell’ultimo capitolo l’autore racconta una visione del tutto particolare del proprio mondo che può essere riassunta in questa citazione «Il culto del dollaro non può essere del tutto male. La sua portata emotiva è limitata, ma non letale. Diversamente dal nazionalismo, si tratta di un culto che suscita l’interesse personale, piuttosto che il sacrificio di sé, spinge ad investire piuttosto che a lanciare bombe. E nonostante

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la sua materialità, è ecumenico: il dollaro di un’uomo è buono quanto quello di un altro.1» Dopo questa affermazione si può dare ragione all’autore quando dice che, per i non-americani, il culto della costituzione, dei padri fondatori e del dollaro può sembrare un folklore alieno. Mi domando, invece, se dopo due guerre del Golfo , la guerra in Afghanistan e l’attuale in Iraq, Darnton sia ancora convinto che il dollaro sia ecumenico, soprattutto visto quello che gli Stati Uniti stanno facendo al mondo pur di farlo rimanere tale per loro. RIFLESSIONI

La cosa che più mi colpisce dell’autore è il suo essere di parte, come se fosse un uomo del partito dell’illuminismo. Egli dice “questo è stato fatto di buono, e quindi è merito nostro”, ma trova sempre una scusante per tutte quelle cose che invece non sono state positive. Di recente alla presentazione dell’ultimo libro dell’ex-ministro dell’economia Tremonti, un signore, tale Ettore Gotti Tedeschi ha raccontato una barzelletta che ritornerà utile in questi termini. La barzelletta in questione vede protagonisti Keynes e Hitler, entrambi alle porte del paradiso. Alla domanda posta loro da San Pietro riguardante le loro buone azioni, Keynes risponde dicendo che ha salvato il Capitalismo, mentre Hitler dice che ha salvato l’occupazione, ha mandato i disoccupati tutti al fronte o a fabbricar cannoni. Infatti durante la depressione in Germania c’erano 14 milioni di disoccupati che durante la guerra vennero impegnati nell’esercito e nelle fabbriche di armi. La barzelletta ha gelato la platea, ma evidenzia quale sia il debito che l’economia deve alla guerra ed è il motivo per cui in nome dell’economia non ci sarà mai un giorno di totale pace. Questo primordiale concetto è il derivato di un’affermazione di Voltaire che dice “qualcuno deve pur arare i campi”, giustificando con questo molte delle inequità su cui una piccola parte della popolazione gode di privilegi a discapito di tanti. Questi signori non erano altro che moderni politici, pieni di tante belle parole e seduti su comodi divanetti. La domanda però è lecita. Come mai la barzelletta di Gotti Tedeschi ha suscitato imbarazzo e le affermazioni di Darnton no? O nessuno riesce a vedere che gli Americani si stanno macchiando delle stesse colpe di Hiltler? NOTE SULL’AUTORE Robert Darnton [1939] è uno storico statunitense e professore emerito a Princeton. È ritenuto uno dei maggiori esperti della Francia del XVIII secolo. Darnton è un pioniere nell’area sempre più sviluppata della storia del libro. Uno dei suoi libri, The Forbidden Best-Sellers of Pre-Revolutionary France (I bestseller proibiti della Francia prerivoluzionaria), vinse il premio National Book Critics Circle Award per la critica nel 1995.

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SCHEDA 6

CERVELLI E PENSIERI

[DOUGLAS R. HOFSTADTER - 1979] Capitolo XI di Gödel, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante

SINTESI

Come si può dare dell’intelligenza ai calcolatori? Una possibile e fattibile soluzione è imitare l’intelligenza umana. Il problema allora sarà riprodurre e sintetizzare il ragionamento umano, in quanto i processi seguiti dal nostro cervello sono difficili e complessi. Il pensiero è funzione della rappresentazione dello hardware del cervello. Il significato scaturisce da un isomorfismo che fa corrispondere simboli tipografici a numeri, operazioni e relazioni così come le stringhe ad enunciati. Il cervello funziona attraverso simboli attivi, e non tramite simboli tipografici passivi. I SIMBOLI sono entità statiche

Le REGOLE sono nella nostra testa

Le descrizioni di specifiche idee\informazioni possono essere espresse in forme differenti: possono essere complementari e molteplici. L’insieme di quest’ultime va a comporre il calcolo delle descrizioni, un sistema intensionale composto di descrizioni che non sono legate ad oggetti specifici e definiti. Il modo di essere intensionale del cervello permette di immaginare mondi ipotetici ed è il motivo per cui la fantasia e la realtà nella mente si possono mescolare. Le informazioni del nostro cervello sono date dai neuroni. Questi emettono due tipi di segnali, uno positivo ed uno negativo. La decisione parte nel momento in cui si raggiungono un certo numero di segnali positivi. Il singolo neurone, però, è un elemento primitivo e limitato. Per elaborare processi più importanti si può immaginare che esistono gruppi di neuroni organizzati e specializzati nei diversi concetti di livello superiore. Così alcune parti del cervello si occupano di determinati campi (area visiva, area uditiva, ...) La domanda che a questo punto viene da porsi è perché se tutti i cervelli sono fisicamente uguali, ognuno di noi pensa in maniera differente? La risposta è da ricercarsi nei concetti di memoria ed esperienza. La localizzazione dei processi celebrali è però un vero e proprio enigma. Il neurologo Karl Lashley, analizzando il cervello dei topi, scoprì che la corteccia celebrale è un’unità equipotenziale di allocazione delle capacità funzionali e motorie dei ratti, ma che la memoria non viene intaccata dall’asportazione di una parte di materia celebrale. Lashley dopo i suoi esperimenti arrivò a dire che la memoria non è allocata nel cervello, affermazione dubbia che ben presto fu smentita da Wilder Perifield, scienziato canadese, il quale dimostrò l’esatto contrario. A conclusione di questo discorso si può affermare che una spiegazione possibile del fenomeno

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di allocazione della memoria è che i ricordi siano distribuiti in differenti punti nel cervello, tale da non perdere la totalità dei ricordi in seguito a lesioni della corteccia celebrale. Un’altra spiegazione è che i ricordi sono ricostruiti tramite processi dinamici innescati a partire da siti localizzati (simile al funzionamento delle linee telefoniche). I SIMBOLI. La corteccia celebrale è come un hardware su grande scala che si dedica a compiti software: elaborazioni visive, uditive, etc. Questi processi, secondo gli studi effettuati sin’ora, avvengono a basso livello. La scienza però ci spinge a credere che le risposte a basso livello, tramite una concentrazione ad imbuto, possano tramutarsi ad alto livello, ovvero che in corrispondenza di un certo concetto esiste un modulo ben definito di neuroni che viene attivato (simbolo). Ogni simbolo può essere attivo o dormiente e si suppone che i simboli attivi abbiano la capacità di attivare all’occorrenza i simboli passivi necessari. I neuroni non possono essere simboli, perché per non sono in grado di dare informazioni da interno-interno, ma solo da interno-esterno. CLASSI ED ELEMENTI. Ogni simbolo può essere il simbolo di una classe o di un elemento. (1) una pubblicazione (2) un quotidiano (3) il “corriere della sera” (4) l’edizione del corriere del 18 dicembre (5) la mia copia dell’edizione del corriere del 18 dicembre (6) la mia copia dell’edizione del corriere del 18 dicembre com’era al momento dell’acquisto (a differenza di com’era la stessa copia pochi giorni dopo: in fiamme nel caminetto). L’elenco presenta una gerarchia di generalità. Tuttavia nel pensiero si fa uso del principio del prototipo, ovvero l’evento più particolare può servire come esempio generale. Allora i simboli del cervello sono delle classi o dei casi particolari? La risposta è entrambi, in quanto, secondo l’esempio, la pubblicazione dovrebbe essere caricata di un significato eccessivo per poterla collegare all’ultimo livello (giornale in fiamme). Esisto acconto a questi caratteri, dei caratteri di default. Nel cominciare un discorso su un argomento, in mancanza di dettagli, completiamo in maniera autonoma l’informazione. “vedere un film”

→ durata → luogo

opzioni per difetto

→ trama

o di default

→ ...

Queste informazioni di default possono essere abolite solo se vengono date le informazioni aggiuntive reali. Questo processo di associazione si costruisce nelle persone in funzione delle esperienze personali di vita sin dalla tenera età. è come se, con l’accumularsi di nuove informazioni anche i nuovi simboli possano diventare autonomi. Gli stati di crescita dei simboli ed i distacchi sono momenti distinguibili.

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Come si attivano le immagini mentali? Ed ancor di più, come si attivano le immagini intermedie tra classe ed elemento? Tra i diversi tipi di attivazione ci sono: • modalità diverse o diverse profondità di attivazione di un unico simbolo di classe • attivazione simultanea e in qualche modo coordinata di parecchi simboli di classe • attivazione di un unico simbolo di elemento • attivazione di un unico simbolo di elemento congiuntamente all’attivazione di parecchi simboli di classe • attivazione simultanea e in qualche modo coordinata di parecchi simboli di elemento e di parecchi simboli di classe. Arriva il momento in cui il cervello è saturo? Probabilmente no, in quanto se è vero che il numero di neuroni è finito (e quindi ci sarebbe una capienza limite di simboli), è vero anche che i simboli si possono sovrapporre cosicché ciascun neurone, lungi dall’essere un elemento di un solo simbolo, sia parte attiva di centinaia di simboli. È possibile che in base allo stato di eccitazione del neurone, della combinazione degli stati di eccitazione o della sequenza di attivazione ci si riferisca a simboli differenti. Allora i problemi che rimangono sono: • Come scariche neuroniche a basso livello attivano simboli ad alto livello? • Come avviene questa attivazione ad alto livello? Capito questo tipo di meccanismo è possibile riprodurre il meccanismo di funzionamento del cervello e quindi creare intelligenza artificiale in un circuito differente dal cervello. L’intelligenza è un elemento ad alto livello; è idealmente separata dall’hardware e funzione del solo software. Alla base della nostra intelligenza sta la facilità di costruire elementi a partire dalle classi e le classi a partire da elementi. Le leggi fisiche sono implicitate nella nostra immaginazione. Come se fosse un modello base da cui partire. Nei modelli di intelligenza Artificiale di distinguono due tipi di conoscenza: PROCEDURALE

DICHIARATIVA

Non è sotto forma di dati, ma solo di programmi. È una conoscenza usata implicitamente (come le leggi della fisica)

È una conoscenza di un dato registrato in maniera esplicita.

Un esempio è l’uso della grammatica della lingua nativa. Conosciamo sotto forma dichiarativa solo alcune delle numerose regole grammaticali che caratterizzano una lingua. La maggior parte di queste sono utilizzate in maniera automatica tramite la conoscenza procedurale. NOTE SULL’AUTORE Douglas R. Hofstadter [1945] ha insegnato per diversi anni al Computer Science Department della Indiana University, e attualmente all’University of Michigan. Vincitrice nel 1980 del Premio Pulitzer per la saggistica e del National Book Award, ha spinto numerosi studenti a dedicarsi all’intelligenza artificiale e allo studio della logica nell’ambito della comprensione del cervello umano, in particolare nell’ambito della separabilità delle funzioni simboliche superiori rispetto al loro sostrato fisico.

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SCHEDA 7

PALLADIO

[JAMES S. ACKERMAN - 1966]

SINTESI

Palladio ha intriso le sue opere del senso dell'ordine, di relazione con le parti e col tutto influenzando da solo l'architettura america ed inglese. Palladio nacque a Padova nel 1508, in un periodo che sarà l'epoca d'oro della repubblica Veneta. Sin da giovane lavorò come scalpellino nella sua città natale, per poi fuggire a Vicenza nel 1524, dove lavorò per quattordici anni presso una bottega di tagliapietre. A trent'anni ha l'opportunità che sarà il punto di svolta della sua vita. Ha l'occasione di progettare una villa per il conte Trissino, villa Cricoli. La villa sarà la prima fatta nello stile del Rinascimento romano realizzata a Vicenza. È proprio Trissino, grande intellettuale del tempo ed appassionato di architettura, che lo insigne del nome Palladio (nome che voleva richiamare la sapienza di Pallade Atena). Dopo alcuni anni ha l'occasione di ritornare a Padova, dove incontra Alvise Cornaro. Cornaro è insofferente di Vitruvio e dei teorici umanisti, perché sono di scarsa utilità per chi volesse costruire degli edifici comodi e salubri, degli edifici moderni in poche parole. Questi precetti avranno grande influenza nelle scelte progettuali e nel modo di fare architettura del Palladio. Dopo Cornaro, Palladio incontra una serie importante di artisti, intellettuali e architetti che, unita all'esperienza acquisita nei viaggi a Roma, lo formeranno definitivamente e lo porteranno a scrivere I Quattro libri dell'architettura [1570], un'introduzione esauriente all'eredità classica. Le opere degli anni '30 e '40 fanno denotare come Palladio cerca ispirazione per le sue opere, non solo nell'architettura antica classica, ma anche in quella moderna degli edifici del rinascimento. Infatti Palladio, incluse tra i templi antichi, il Tempietto del Bramante [1502], non come copia fedele dall'antico, ma perché opera di pari ispirazione e levatura. Negli anni '40 la sua formazione e le sue scelte stilistiche lo portano alla realizzazione di opere uniche, completamente sue, prive di un linguaggio che non gli appartiene. Sono il Palazzo Chiericati, Villa Thiene e la Rotonda. Sul finire del secolo in Italia si diffusero a macchia d'olio le accademie. In principio nate come riunioni di artisti e letterati, e ben presto trasformate in circoli con accesso non propriamente democratico, che crearono una classe agiata desiderosa di onorevoli svaghi. Vicenza però, che non aveva una corte ed era una piccola città fece eccezione a questa triste pratica. Palladio non poteva accedere all'accademia, in quanto non possedeva alcun titolo, ma la passione per le rappresentazioni teotrali di questo circolo portarono alla nascita del progetto del teatro Olimpico [1579-80].

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L'esperienza veneziana di Palladio non fu tra le più felici. Riuscì a realizzare per lo più architetture di tipo religioso, venendo costantemente scansato da artisti come il Sansovino. Sarà proprio con la morte di quest'ultimo che le cose per Andrea Palladio cambieranno, assicurandosi tutti gli incarichi pubblici e privati grazie alla sua manifesta professionalità. Nel 1971 si trasferirà definitivamente a Venezia. La sua carriera subirà una profonda battuta d'arresto nel 1972, quando gli moriranno i due figli più grandi. Da qui in poi l'unico edificio degno di nota sarà la chiesa del Redentore. Le ville. L'obiettivo di Palladio nella sue esperienza di progettista di ville è quello di costruire edifici funzionali padroneggiando allo stesso tempo l'eredità classica. Le ville possono essere classificate in due tipologie: Un primo tipo è quello a due piani principali con portici a colonne sovrapposti e sormontati da un frontone. Un altro tipo di villa è costituito da un corpo centrale a un solo piano, con fronte di tempio inserita, e a due ali continue adibite ad uso agricolo. I termini di magnificenza e grandezza usati da Palladio, lasciano trasparire anche la semplicità geometrica coerente con il concetto di gerarchia fra i vari elementi. L'architettura di Palladio ebbe grande successo nei paesi di religione protestante, dove si diffuse enormemente. Questo successo fu supportato anche da altri fattori come la diffusione dei suoi Quattro Libri (grazie alla quale molti architetti del tempo non dovettero recarsi direttamente in Italia per studiare l'architettura) e dai i suoi committenti, gentiluomini di campagna, che avevano molto in comune con gli squires inglesi e coi piantatori americani, i quali presero a modello proprio le ville palladiane per le loro abitazioni. 01 [La Rotonda Vicenza 1566-70]

02 [Villa Barbaro Maser 1555-57]

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I principi architettonici di Palladio. Palladio dichiarava di ispirarsi dalla natura per le sue opere di architettura. Naturalezza significava per lui razionalità di struttura e funzionalità di disposizione. Accanto a questi principi di imitazione della Natura, c'era un complesso studio di proporzioni, che regolava ogni elemento architettonico dell'architetto. Un tipo notevole di proporzionalità era quello armonico [6 : 4 : 3, in cui (6 - 4) : 6 = (4 - 3) : 3]. La gerarchia delle parti è anche una tematica sempre presente nelle sue architetture, egli scompartiva gli edifici, in pianta e in prospetto, in un numero dispari di corpi verticali, in modo che il corpo centrale predominasse sugli altri. In verità lo stile di Palladio più che ispirarsi all'architettura romana, prende molto da quella che è la tradizione rinascimentale. Il che ci fa domandare se l'architettura di Palladio possa definirsi classica. Nel senso stretto del termine no. L'architetto era grande conoscitore dell'architettura antica e ne prendeva i caratteri che più gli occorrevano solo quando gli era necessario alle proprie idee. Anche gli stili erano reinterpretati secondo il proprio gusto. Fu però capace di imporre una progettazione architettonica che influenzerà la storia dell'architettura per i successivo quattro secoli. Si potrebbe dire che sia stato classico nella sua ricerca di realizzare ed ideare armonie architettoniche. 03 [Teatro Olimpico Vicenza 1579-80]

NOTE SULL’AUTORE James S. Ackerman [1919] storico dell'architettura statunitense e studioso delle interazioni tra arte, teoria e scienza, è dal 1961 professore all'Università Harvard. Nel 2001 gli è stato assegnato il premio Balzan per la storia dell'architettura. Ha vissuto molti anni in Italia, dove ha condotto gli studi da cui poi sono nate le sue opere più importanti The cortile del Belvedere [1954], The Architecture of Michelangelo [1961] e Art and Archeology [1963].

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SCHEDA 8

LO ZEN E L'ARTE DELLA MANUTENZIONE DELLA MOTOCICLETTA

[ROBERT M. PIRSIG - 1974]

SINOSSI

Questo libro è a metà tra una autobiografia di un viaggio e la ricerca filosofico culturale. L'autore ed il figlio Chris attraversano in motocicletta gli Stati Uniti dal Minnesota alla California. Il racconto è ricco di descrizioni particolareggiate sul paesaggio e sulle attenzioni che occorre riservare al proprio mezzo di trasporto, la motocicletta per l'appunto. RIFLESSIONI

Questo libro rientra in una mia lista personale di titoli che non mi hanno quasi trasmesso nulla, ma che sono considerati da molti dei classici. Fa compagnia a testi quali L'insostenibile leggerezza dell'essere, Siddharta o Il giovane Holden. Alla fine di ognuno di questi mi domando perché le loro parole non sono riuscite a dirmi nulla. Tra le varie risposte che mi do ci sono: • Non ho una sensibilità tale per comprenderne il significato che trasmettono. • Faccio parte di un altro tempo e probabilmente tutti i discorsi che hanno affrontato sui i vari malesseri di cui sono afflitti sono incomprensibili per qualcuno della mia generazione. • I loro discorsi non mi dicono nulla di nuovo perché il loro messaggio è diventato talmente tanto universale da essere considerato oramai un concetto ovvio. Così mi sono sforzata di trovare qualche argomento su cui riflettere nascosto nelle 400 pagine di questo libro. Di tutte le cose trattate, quelle che hanno un certo valore sono la distinzione tra arte e tecnologia e il discorso sulla qualità. La distinzione tra arte e tecnologia riassunta in un piccolo dialogo tra un professore e Fedro1: «Questa frattura tra arte e tecnologia è del tutto innaturale, solo che dura da talmente tanto tempo che bisognerebbe essere archeologi per capire da quando. Il montaggio di un barbecue in realtà non è che una branca della scultura ormai dimenticata, staccata dalle sue radici da secoli di deviazioni intellettuali, tanto che orami sembra ridicolo anche solo cercare di associare le due cose.2» 1 Fedro è un vero e proprio alter-ego dell'autore che rappresenta quella parte della sua personalità che lo aveva già condotto in precedenza sull'orlo della follia e che era stata sepolta dalla terapia con elettroshock, ma che durante il viaggio preme prepotentemente per riemergere. 2 pag 165 e succ.

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I secondo aspetto è quello che tratta della qualità, che in seguito Pirsig avrebbe battezzato metafisica della Qualità. Il problema maggiore nasce sulla forma della qualità. Fedro si pone tre dilemmi: • "Se la qualità esiste nell'oggetto, perché gli strumenti scientifici non riescono a misurarla?" La qualità non è una proprietà fisica e quindi non è misurabile. • "Allora la qualità non è nient'altro che quel che mi piace?" Ad essere più precisi la qualità è quel che piace. Il problema è che, per esempio, i bambini non vengono educati per fare ciò che piace a loro, ma anche e soprattutto per fare ciò che piace agli altri. Così le banche esistono perché piacciano alle fonti di credito. In tal modo fare ciò che piace agli altri, significa obbedire agli altri. E quindi condurre una vita che non segue i propri concetti di qualità. • "Come si valuta la Qualità?" La qualità non è oggettiva, perché non risiede nel mondo materiale, così come non è soggettiva, perché non risiede solo nel mondo della mente. La qualità è in una terza entità indipendente dalle due, la metafisica della Qualità. Il mondo è dunque composto di tre elementi: mente, materia e qualità. Una volta capito il concetto di qualità si può passare all'enthousiasmos, cioè qualcuno che è pieno di ethos, di Dio, e quindi di Qualità. Chi è pieno di enthousiasmos non se ne sta a rimuginare, ma è arrivato alla piena consapevolezza di sé ed ha ben presente cosa sia la qualità. L'enthousiasmos è la chiave per imparare cos'è il montaggio. «... c'è una scuola di pensiero meccanico che dice che a un lavoro complesso e di cui non so nulla non dovrei accingermi affatto. Secondo questa scuola dovrei affidare il lavoro ad uno specialista. È una scuola elitaria che serve solo a se stessa e che mi piacerebbe veder spazzata via. È stato uno specialista a rompere le alette di questa moto.3» Lo stile di vita che ci è imposto dalla nostra società è una trappola per l'enthousiasmos perché ci rende ansiosi, impazienti e annoiati. Il bagaglio di buone impressioni derivate dall'esperienza può rendere ciascun individuo migliore di qualunque specialista. NOTE SULL’AUTORE Robert M. Pirsig è nato nel 1928 a Minneapolis. È uno scrittore e filosofo statunitense, celebre soprattutto per il suo primo libro, Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta [1974]. Il libro, pubblicato quasi per scommessa da una piccola casa editrice, vinse il premio Guggenheim Fellowship e divenne in poco tempo un best seller. La sua seconda opera fu Lila: un'indagine sulla morale [1991]. Entrambi i piani di narrazione sono fortemente autobiografici, e un ruolo importante nella struttura narrativa del romanzo svolge anche il riferimento ad avvenimenti estremamente dolorosi della vita di Pirsig (soprattutto l'esperienza dell'elettroshock).

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pag 294.

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SCHEDA 9

ENERGIA E MITI ECONOMICI

[NICOLAS GEORGESCU-ROEGEN - 1976]

SINTESI

In questa raccolta di saggi e scritti ci si addentra in un mondo, quello dell'economia, che a detta dello scrittore è popolato da miti, leggende e dicerie che non trovano fondamenta in dati reali. L'economia come la conosciamo noi è dunque una scienza fragile che trova i suoi capisaldi su teorie facilmente attaccabili ed insicure. Georgescu-Roegen ci ricorda come fino al 1950 le parole sviluppo economico non erano mai state quasi pronunciate nel campo in questione. La massima aspirazione degli economisti era quella di edificare la scienza economica imitando il modello della meccanica. L'economia uscì completamente fuori dal gangheri quando fu compiuta la spettacolare impresa degli scienziati Urbain Leverrier e John Couch Adams, i quali giunsero a scoprire il pianeta Nettuno, non cercandolo con il naso rivolto verso il cielo, ma in punta di matita su il foglio di carta. L'idea di poter prevedere la quotazione di una determinata azione in un giorno qualsiasi del futuro fu la scintilla che fece nascere l'economia come la conosciamo noi. La terra, lo spazio e l'universo, però si comportano seguendo delle leggi che sono più o meno determinate. Quali sono le leggi che governano il firmamento della Borsa? Il riferimento che venne preso dagli economisti fu quello del modello meccanico. Questo consiste in un principio di conservazione (trasformazione) e in una regola di massimizzazione. La scienza economica fu così ridotta ad una cinematica atemporale. I cicli economici si susseguono, ma il principio fondante è che, se degli eventi modificano la domanda e l'offerta, il mondo economico ritorna sempre alle condizioni iniziali non appena le perturbazioni svaniscono. Secondo questo principio qualsiasi tracollo della Borsa non lascia alcun segno sull'economia una volta superati i fattori che lo hanno prodotto. C'è quindi reversibilità completa, proprio come nella meccanica. Con queste premesse si può affermare che se la struttura non varia, anche il flusso sarà costante. In questo concetto risiede il primo dei tanti miti su cui si fonda l'economia. Infatti secondo questa in un mondo stazionario e a crescita di popolazione pari a zero, si potrebbe porre termine al conflitto ecologico del genere umano. Il flusso ha però bisogno di una fonte primaria che lo alimenti. Questa fonte primaria per Marx era fornita gratuitamente dalla natura. Molti altri economisti glissano sul problema non dando risposta alcuna. Come ben sappiamo la natura non ci offre le sue risorse gratuitamente, tanto di più in modo costante e infinito. Se questa premessa non bastasse, gli economisti hanno aggiunto un secondo mito

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del moto perpetuo per il quale sia possibile utilizzare più volte la stessa energia. È evidente allora che gli economisti, nel voler innalzare a scienza la loro disciplina, non riescano davvero a farlo, perché trascurano troppi fattori. La meccanica non è sufficiente a descrivere in modo compiuto i fenomeni, motivo per cui ad essa è affiancata la termodinamica. Se il principio di conservazione è riconosciuto dalla scienza, con la termodinamica si introducono i concetti di energia disponibile e non-disponibile, per i quali non tutte le forme di energia sono sfruttabili dall'uomo. In particolare il contrasto tra meccanica e termodinamica deriva dalla seconda legge, la legge dell'entropia, l'energia si trasforma continuamente da energia disponibile ad energia non-disponibile finché non scopare del tutto. La legge dell'entropia è la più economica di tutte e mette in evidenza come il processo economico, come qualunque altro, sia irreversibile. Le risorse utilizzate in input (a bassa entropia) escono come output di scarti privi di valore (alta entropia). Il mondo puramente meccanico è quindi un mondo immaginario che non può descrivere il reale andamento delle cose. Gli economisti insistono con l'affermare che le risorse vanno calcolate non in termini fisici, ma economici. Secondo questo mito il meccanismo dei prezzi può soppiantare qualsiasi scarsità. Nella realtà questo pensiero è fallimentare a priori. Il nostro pianeta è un sistema termodinamico aperto per quanto riguarda l'energia (basti pensare all'irraggiamento solare) ma non per la materia (se si trascura la materia meteorica che arriva in piccole quantità sul nostro pianeta). L'aumento dei prezzi non soppianterà la scarsità di piombo, zinco e mercurio o di altri materiali del nostro pianeta. Tanto di più gli scarti derivati dal loro sfruttamento pongono nuovi problemi non ancora considerati adeguatamente dal processo economico. L'inquinamento e gli scarti provocano un continuo deterioramento dell'ambiente ed intaccano le forme di vita del nostro pianeta. Gli scarti possano essere eliminabili o non eliminabili. L'esempio eclatante sono gli scarti derivati dalla produzione di energia nucleare. La radioattività delle scorie diminuisce da sola nel tempo, il problema è che il tempo necessario è superiore ai 25 000 anni! È evidente che questo sia un problema di primo piano a livello mondiale che può produrre danni irreparabili per la vita sul nostro pianeta. Ma questi dettagli non hanno impedito il proliferare di centrali nucleari sparse su tutto il globo. Gli scarti eliminabili non sono privi di fattori negativi. Il riciclaggio nasconde un costo energetico ed economico non indifferente. Spesso per riciclare uno scarto si contribuisce ulteriormente all'aumento dell'inquinamento. La soluzione allora è nell'accumulo di inquinamento? No. Neanche questa è una soluzione ottimale. Anzi lo stoccaggio di scarti potrebbe in breve tempo provocare la prima crisi ecologica seria. In verità gli economisti traggono continua speranza sull'affermazione che qualunque cosa succeda riusciremo sempre a escogitare qualcosa [Bckerman 1972], sottintendendo l'immortalità della nostra specie. I biologi invece, molto più ragionevolmente, prevedono che gli uomini come tutte le altre specie siano un giorno o l'altro destinati all'estinzione. Il concetto base è che la tecnologia migliora in modo esponenziale. Le innovazioni si distinguono in innovazioni di risparmio, di sostituzione e di gamma. Ad ogni

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scoperta di modi d'impiego di nuovi tipi di energia accessibile, corrispondono grandi innovazioni tecnologiche. Il nostro problema è che negli ultimi cento anni è avvenuta un'espansione in campo delle risorse che ha impedito un progresso tecnologico. Diceva Orson Wells nel film Il terzo uomo [1949] "In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." Questo a sottolineare come la presenza di grandi risorse facilmente accessibili non contribuisce alla scoperta di sistemi che ne sviluppino un'uso ottimizzato e parsimonioso. Il progresso si nutre di crisi, problemi e necessità. Se finora è stato detto che un'andamento costante sarebbe la soluzione ai problemi del mondo, è sembrato giusto a molti economisti aggiungere il concetto di crescita e sviluppo ed associare a questo un valore positivo. C'è crescita quando aumenta la produzione pro capite, il che implica un maggior consumo di risorse accessibili. La mania di crescita che è propria degli economisti moderni e che è prevista in maniera esponenziale continua, applicata in un ambiente finito con risorse finite come il nostro è impossibile. La verità è che sia la crescita esponenziale che la crescita zero sono inapplicabili nel nostro ambiente. La soluzione secondo Georgescu-Roeger è da ricercarsi nella bioeconomia. Tutte le specie utilizzano solo strumenti endosomatici (zampe, artigli...) che appartengono all'organismo per nascita. La specie umana è l'unica che ha avuto e sviluppato un'evoluzione esosomatica. Questa evoluzione ha prodotto due cambiamenti: • L'irriducibile conflittualità sociale dell'uomo nei confronti delle altre specie. • L'assuefazione agli strumenti esosomatici. Questi due fattori inducono ad affrontare il problema della sopravvivenza della nostra specie non esclusivamente sotto la sfera biologia o economica, ma bioeconomica. Le asimmetrie che nascono dallo sfruttamento delle fonti di energia a bassa entropia (energia libera del sole, energia libera della terra ed energia delle strutture materiali) ne determinano gli ampi confini. Le asimmetrie sono: • La componente di energia terrestre è uno stock, mentre quella solare è un flusso. • La bassa entropia materiale accessibile è tra tutte quella più critica, perché non conosciamo nessun procedimento per trasformare l'energia in materia. Il pezzo di carbone bruciato è perduto per sempre. • La differenza tra energia solare e lo stock terrestre è enorme. La quantità di energia solare che arriva sulla terra è infinitamente più grande di quella mai avuta e stoccata sul nostro pianeta1. • L'energia solare presenta svantaggi di fruibilità perché non si presenta in forma concentrata, ma sotto forma di flusso a bassa intensità. • L'energia solare, a differenza di tutte le altre, non produce inquinamento. • La sopravvivenza sulla terra dipende dall'energia solare. Solo l'uomo gode di 1 Il sole irradia annualmente 1013 Q, unità di energia pari a 1018 BTU [British Termal Unit pari a 0,252 KCal/h]. Di questo flusso solo 5300 Q sono intercettati dall'atmosfera terrestre e circa la metà sono riflessi nello spazio. Questa piccola quantità è fantastica, in quanto il consumo totale di energia del mondo è pari a 0,2 Q a cui si aggiunge 1,2 Q per la fotosintesi delle piante. La dotazione terrestre iniziale di combustibile si stima in soli 215 Q. Una quantità irrisoria se confrontata a quella del sole.

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una certa autonomia grazie allo sfruttamento di sistemi esosometrici. La sola maniera di garantire anche alle generazioni future la sopravvivenza è la rieducazione contro il consumo eccessivo di risorse ma anche e soprattutto a provare una certa simpatia per i nostri discendenti. Il problema posto da molti è infatti "Perché dovrei fare qualcosa per i posteri?" Parsimonia significa minori comodità esosomatiche. La sola soluzione ragionevole, che eliminerebbe ogni dipendenza delle generazioni future da quelle presenti è un'economia basata sullo sfruttamento del flusso solare. Mentre per i materiali è auspicabile un'uso ridotto al minimo delle risorse. I punti di un ideale programma bioeconomico sono: • L'eliminazione di mezzi bellici e in generale della guerra. • Aiutare le nazioni in via di sviluppo ad arrivare agli stessi standard del primo mondo, tale da uniformare un buon tenore di vita. • Riduzione graduale della popolazione mondiale ad un numero controllato tale da garantire l'alimentazione con la sola agricoltura organica. • Uso dell'energia non solare controllato e parsimonioso. • Occorre curarci dalla passione morbosa per i congegni stravaganti (come l'automobilina del golf), insomma per il superfluo. • Occorre liberci dalla moda, è una follia buttare un'oggetto funzionante, come una giacca o un elettrodomestico o un'automobile, quando possono ancora svolgere il loro compito. • I beni devono essere resi durevoli. • Dovremmo curarci per liberarci da quella che l'autore chiama circundrome del rasoio. Questa consiste nel radersi più velocemente per avere più tempo per lavorare ad un macchina per radersi velocemente, per poi avere più tempo per pensare ad una macchina per radersi ancora più in fretta e così all'infinito. Occorre capire che un prerequisito importante per una buona vita è una quantità considerevole di tempo libero speso in modo intelligente. NOTE SULL’AUTORE Nicholas Georgescu-Roegen [1906 - 1994] è stato un economista rumeno, fondatore della bioeconomia (o economia ecologica) e della decrescita. Georgescu-Roegen (in particolare nelle opere posteriori al 1970), sostiene che qualsiasi scienza che si occupi del futuro dell'uomo, come la scienza economica, deve tener conto della ineluttabilità delle leggi della fisica, ed in particolare del secondo principio della termodinamica, secondo il quale alla fine di ogni processo la qualità dell'energia (cioè la possibilità che l'energia possa essere ancora utilizzata da qualcun altro) è sempre peggiore rispetto all'inizio.

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SCHEDA 10

ARMI, ACCIAIO E MALATTIE

[JARED DIAMOND - 1997]

SINTESI

Questo libro nasce dall'esigenza di Diamond di dare una risposta ad un amico [Yali], che in un lontano passato [1972], gli pose questa domanda "Perché la ricchezza e il potere sono distribuiti in questo modo? Perché, ad esempio, gli aborigeni e gli australiani non si sono messi a un certo punto a massacrare e conquistare gli europei o i giapponesi?" Partendo dal presupposto che fino all'ultima glaciazione [11 000 a.C.] tutta l'umanità era costituita da cacciatori-raccoglitori, la domanda potrebbe essere riformulata anche sotto questa forma "Perché l'umanità ha conosciuto tassi di sviluppo così diversi nei vari continenti?" Molti, più o meno silenziosamente, giustificano il primato occidentale con le teorie razziste. Questo genere di pensieri, oltre ad essere odiosi, sono soprattutto sbagliati. Si può facilmente mettere in evidenza come l'intelligenza degli appartenenti a società di tipo primitivo può essere anche superiore rispetto a quella degli occidentali, per via dello stile di vita che essi conducono. Gli appartenenti alle società moderne hanno come principale causa di morte quella dovuta alle malattie infettive. Chi sopravvive trasmette i suoi geni immuni alle generazioni successive. Le popolazioni tribali, invece, subiscono una pressione selettiva sull'intelligenza, in quanto le condizioni di vita favoriscono l'individuo che è più bravo a sopravvive a guerre ed omicidi, colui che ha più intelligenza. Questo ragionamento non porta a dare una risposta alla domanda di Yali, ma almeno smentisce il mito della superiorità intellettuale dell'uomo bianco. Che cosa è accaduto prima del l'11 000 a.C.? I nostri parenti più prossimi hanno mosso i primi passi nell'antico continente Africano e lì sono rimasti per un periodo di circa 5-6 milioni di anni. Il primo a metter piede fuori dal continente Africano è stato l'Homo erectus. Grazie a lui l'Europa e l'Asia cominciano ad essere abitate tra il milione di anni fa e i 500 000 anni fa. Proprio in quest'ultima data fa comparsa il primo individuo davvero simile alla nostra specie attuale, l'Homo Sapiens. L'Homo Sapiens ci ha lasciato solo scheletri e rozzi attrezzi di pietra, nessuna forma d'arte e nessun attrezzo. In questo periodo l'uomo è presente solo in Africa e nell'Eurasia. Per arrivare in Australia e nelle Americhe sono richieste, infatti, capacità che il nostro antico antenato ancora non possiede e che gli consentiranno di costruire una barca e sopravvivere a temperature estreme. Tra il 100 000 e il 50 000 a.C. accade qualcosa (che l'autore chiama il grande balzo)

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01 [Carta della diffusione del genere umano sulla terra]

che provocò un enorme sviluppo delle abilità in possesso dell'uomo. È questo il periodo in cui compare la prima forma d'arte nelle pitture rupestri ritrovate nei vari insediamenti. Durante l'epoca del grande balzo, l'uomo comincia la sua espansione verso l'Australia (40 000 a.C.), che rappresenta, molto probabilmente, la causa dell'estinzione dell'intera megafauna australiana. Gli animali non erano pronti all'arrivo di questa nuova specie cacciatrice, non avevano difese adatte né strategie per sfuggire ai loro predatori e il loro unico destino fu quello di estinguersi in meno di 5 000 anni. Al contempo lo sviluppo delle capacità e soprattutto l'uso dei vestiti, aiutò l'uomo a colonizzare le zone più fredde dell'Eurasia, dalla Germania a Kiev. Le Americhe vennero colonizzate molto tempo dopo, circa verso il 12 000 a.C. I primi insediamenti ritrovati in Alaska fanno pensare che il primo approdo sia avvenuto attraverso lo stretto di Bering e che poi pian piano l'uomo si sia spinto fino al sudamerica nel giro di circa un migliaio di anni. La situazione nell'11 000 a.C. vede finalmente tutti i continenti colonizzati (ad eccezioni dell'Antartide che vedrà l'uomo solo nel XIX Sec.) ma non siamo ancora in grado di capire quale gruppo e perché si svilupperà prima e meglio degli altri. Perché Atahualpa, imperatore degli inca, non prese prigioniero Carlo V? La colonizzazione del nuovo mondo è stata il più grande movimento migratorio degli ultimi mille anni. La conquista da parte degli Europei dell'America però non risiede, come molti pensano, nella superiorità del Vecchio Mondo sui popoli indigeni, ma in altri fattori ancora più spietati. Gli spagnoli avevano armi e cavalli, e questo gli avrebbe probabilmente garantito in ogni caso la vittoria, ma la differenza enorme di numero tra i due schieramenti era decisamente a favore degli inca. Gli inca non persero tutte le battaglie come si potrebbe immaginare, anzi, infersero terribili attacchi alle armate spagnole. Il nemico peggiore però arrivava puntualmente dopo ogni contatto tra i due popoli sotto forma di vaiolo, morbillo, tifo, influenza etc etc Le malattie degli europei si rivelarono molto più fatali e veloci dei loro eserciti, sterminando probabilimente il 95% della popolazione totale. Alla morte di Atahuapa, l'organizzazione statale si sgretolò trasformando il grande popolo inca in una miriade di piccoli gruppi isolati.

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La scrittura fu poi un secondo fattore determinante. Gli spagnoli, che la utilizzavano da tempo, trasmisero le loro esperienze e il loro sapere (luoghi dove attraccare, indicazioni, cosa e chi potevano incontrare) a beneficio dei nuovi conquistadores. Gli inca che invece non avevano una forma di scrittura non avevano altro mezzo che il passaparola per le loro comunicazioni. Un mezzo decisamente insufficiente se il messaggero muore nel tragitto per malattia. Quindi i fattori che favorirono gli europei furono: il fuoco, le armi, la cavalleria, le epidemie, la scrittura e la tecnologia navale. Da dove nascono le armi, l'acciaio e le malattie? Finora abbiamo visto che i popoli che sono risultati avvantaggiati sono stati quelli che avevano le armi, l'acciaio e le malattie. Ma come li hanno ottenuti? Probabilmente il passo più breve è stato attraverso l'agricoltura. I popoli arrivarono in tempi differenti alla conquista dell'agricoltura, alcuni di loro la copiarono dai vicini, altri non ci arrivano mai. Il beneficio principale dell'agricoltura fu quello di consentire l'aumento del numero degli individui. Ben presto l'uomo cominciò ad addomesticare alcune specie animali per rendere il suo lavoro più leggero. I cavalli (dove presenti) vennero sfruttati prima per l'agricoltura, non come mezzo di trasporto, anche se questo secondo uso non è trascurabile. Gli animali domestici cambiarono profondamente anche lo stile alimentare degli uomini, fornendo latte, carne e concime. In cambio diedero agli uomini molte delle malattie epidemiche che il mondo ha visto (dal vaiolo al morbillo sino ad arrivare alla malaria). Come detto però il fattore catalitico fu la densità della popolazione e soprattutto la conseguente stratificazione sociale che face fiorire ed evolvere le tecnologie (da cui si conquistarono le armi e la navigazione) e la scrittura come mezzo di comunicazione. Allora quali sono i fattori che hanno promosso l'invenzione dell'agricoltura, e perché alcuni popoli non l'hanno mai sfruttata? Non è così ovvio capire perché l'uomo si convertì all'agricoltura. Infatti dal punto di vista del lavoro l'agricoltura richiede un numero di ore superiore rispetto a quello della caccia. Perché l'uomo scelse di lavorare di più per nutrirsi? I vantaggi dell'agricoltura sono da ricercarsi in questi quattro fattori: • L'attività di caccia dell'uomo aveva fortemente intaccato le risorse (vedi quello che successe in Australia), l'agricoltura fu la risposta più immediata alla carestia dando la possibilità di avere una dispensa utile in caso di magra. • L'aumento delle specie addomesticate. • Il progredire delle tecniche di raccolta e stoccaggio del cibo. • Con l'aumento della popolazione, ci fu un aumento della domanda di cibo, che poteva essere soddisfatto solo tramite la coltivazione intensiva, e non tramite la caccia. Non tutti i popoli scelsero l'agricoltura perché non tutti potevano coltivare, coloro che vivevano in zone inadatte, come deserti e regioni artiche, continuarono ad essere cacciatori-raccoglitori.

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L'agricoltura, come la conosciamo noi, nacque grazie alla selezione artificiale imposta dall'uomo, ovvero tramite la coltivazione delle migliori varietà selezionate. Questo processo però non è una realtà universale. Infatti, a seconda delle condizioni ambientali ma anche dei gusti, non tutte le specie naturali vennero sfruttate alla stessa maniera. L'evoluzione degli agenti patogeni. La superiorità di alcuni popoli, come si è visto, è dovuta anche e soprattutto alla sua capacità di infettare i loro nemici. Le peggiori di queste malattie sono delle conseguenze della vita dell'uomo in stretta relazione con gli animali, ma anche l'alta densità abitativa che si sviluppò negli insediamenti umani a seguito dell'introduzione dell'agricoltura. In un primo momento si potrebbe pensare che le malattie favorirono sempre e solo gli europei, a scapito dei malcapitati indiani di turno. Invece non andò proprio così. Il flusso di malattie non aveva una sola direzione (dagli europei agli indiani), per esempio gli indiani trasmisero la sifilide agli europei. Il fatto fu che la sifilide per gli europei si rilevò molto meno letale dell'influenza per gli indiani. Ci sono invece casi, come la conquista dell'Africa da parte del vecchio mondo, che diedero non pochi problemi agli invasori, la febbre gialla e la malaria rallentarono di 400 anni la conquista dell'antico continente. Il vantaggio degli europei, quindi, è da attribuirsi alla lunga storia di intimità con gli animali domestici. L'evoluzione della scrittura. La conoscenza è potere. Ma se non si è in grado di trasmetterla agli altri o alle generazioni future rimane effimera. La scrittura rendeva il messaggio più facile da passare, più dettagliato e più convincente. Eppure questo potente strumento è stato per lungo tempo proprietà di pochi. La sua comparsa è stata possibile solo in popoli socialmente stratificati dotati di istituzioni di governo complesso e centralizzato. Tutti gli altri hanno ricevuto la scrittura dai popoli che l'hanno sviluppata. L'evoluzione della tecnologia. L'evoluzione tecnologia può essere imprevedibile, può nascere per caso frutto di un osservazione acuta. Ma può anche essere frutto della necessità, a fronte di un problema le menti migliori si impegnano per trovare una soluzione tecnologica vantaggiosa. Le invenzioni però non sono così imprevedibili come può sembrare né figlie esclusive della necessità. È vero che un certo numero di oggetti viene scoperto per caso, ma è vero anche che un numero ancora maggiore viene inventato per un motivo e poi applicato in un ambito totalmente differente. La ricettività dei popoli nei confronti delle innovazioni in realtà è cumulativa. Ovvero progredisce con l'accumulo delle esperienze. Molte delle scoperte che hanno rivoluzionato la storia sono nate senza un scopo specifico. Come per esempio il vetro che si suppone sia stato creato la prima volta nei bracieri dove erano presenti una certa quantità di sabbia, calcare e polveri.

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L'agricoltura, anche in questo campo, aiutò molto l'uomo. Infatti con la nascita della vita sedentaria e l'accumulo di beni, per la prima volta le società poterono diventare economicamente differenziate e poterono mantenere una serie di individui non dediti alla produzione di cibo. In conclusione si può dire che le forti disparità tra le vicende dei continenti non sono dovute ad innate differenze nei popoli ma alle diverse condizioni ambientali (non biologiche) in cui vivevano. Alcuni di questi hanno sfruttato in malo modo i loro vantaggi e per questo la morsa degli avvenimenti accaduti nel 8 000 a.C. è ancora molto forte. NOTE SULL’AUTORE Jared Diamond [1937] è un biologo e fisiologo statunitense. Ph.D., Università di Cambridge. È noto a livello mondiale per il saggio Armi, acciaio e malattie [1997] e vincitore del Premio Pulitzer per la saggistica. Insegna all’Università della California a Los Angeles ed è membro dell’Accademia Nazionale delle scienze americana.

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SCHEDA 11

L'UOMO FLESSIBILE

[RICHARD SENNETT - 1998]

SINTESI

Il mondo di oggi sta cambiando verso una direzione che ancora ci è poco chiara. Le dinamiche sono talmente veloci che non si fa in tempo a capire un fatto che altri aspetti ne stravolgono i significati. Così la storia di Rico ed Enrico è la storia di tutti noi. Le motivazioni che spingevano i nostri padri a condurre una vita in una certa maniera, piena di sacrifici ma anche di speranza nel futuro, è impossibile per i figli, che non trovano più quella lungimiranza e quella stabilità nel domani. Il pretesto dello scrittore è proprio quello di fotografare la nostra società attraverso le vite emblematiche di questi due personaggi universali. Il padre, Enrico, custode e gran lavoratore che ha fatto ogni tipo di sacrificio pur di garantire al figlio una vita migliore della sua e dei suoi avi. E Rico, che ha studiato all’università, ha trovato tanti buoni lavori, ma che convive con una tristezza scaturita dalla vita precaria che conduce. Il paradosso è nel fatto che il padre, seppur povero e con un lavoro umile, ha vissuto in un tempo in cui la vita era lineare ed i risultati cumulativi. Enrico con il suo lavoro da colletto bianco, invece non sa nulla del suo futuro, non lo controlla, non sa quando andrà in pensione, né quanti soldi avrà tra un mese o fra tre anni. Cosa è successo nei trent’anni che dividono queste due generazioni? In un qualsiasi colloquio di oggi, l’uomo delle risorse umane chiede quasi sempre al candidato se è una persona flessibile. Nel lavoro, nella vita, nel viaggiare… flessibile, questo è quello che conta. O si è così, o si è fuori, obsoleti, passati. La flessibilità è il frutto di un cambiamento radicale del mondo del lavoro, nel modo di pensare e di produrre. L’impazienza dei capitali e il desiderio di avere profitti subito hanno sgretolato quella pazienza e lungimiranza degli sforzi delle persone come Enrico. Quelli che hanno risparmiato centesimo su centesimo per dieci anni per comprare una cosa, e che oggi sono sostituiti da quelli che chiedono subito un mutuo per averla nell’immediato. La flessibilità indica la capacità dell’albero di resistere senza spezzarsi ad una deformazione, per poi tornare alla situazione iniziale. La flessibilità nel lavoro è nata per eliminare i problemi della routine creando istituzioni, per l’appunto, più flessibili. Per molti studiosi, infatti, il comportamento flessibile porta alla libertà personale. La gente, però, seppur legata al concetto di flessibilità (tanto che il più delle volte lo giustifica nella sua forma di essere) sente la mancanza di rapporti umani stabili ed obiettivi a lungo termine. La flessibilità sul mondo del lavoro è pubblicizzata come la salvezza per un mondo

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più dinamico ed efficiente. Ma nel lavoratore, ha portato a risultati tanto disastrosi quanto quelli derivati dalla catena di montaggio. Se la routine quotidiana uccide la creatività e l’immaginazione dell’uomo, la flessibilità gli ha tolto ogni certezza del futuro. I lavoratori flessibili non si possono permettere il lusso di fare progetti più lunghi dei loro contratti di lavoro, se si parla poi di consulenze, non posso fare progetti affatto. Come nel capitalismo industriale la routine non era stata identificata nell’immediato come portatrice di male, anche la flessibilità è stata accolta come la soluzione a ritmi di vita e lavoro che fossero dettati dalle aziende. Per esempio il lavoro svolto nella propria abitazione ha concesso a molte aziende di poter varcare l’uscio della porta dei propri dipendenti in nome del controllo della produttività. Questa invasione sino all’aspetto privato delle cose, oltre a non essere ancora regolamentata dalla legge, ha visto stretti in una morsa quei lavoratori che lo avevano scelto in nome di una maggiore libertà privata. Ci sono poi una schiera di lavoratori che non vorrebbero affatto questo tipo di lavoro ma per le leggi di mercato sono obbligati ad accettarlo e seguirlo. Spesso sono vittime del sistema più che contribuitori attivi nello svolgimento di un lavoro. Il tempo flessibile non è come un calendario delle vacanze, in cui i lavoratori sanno cosa aspettarsi; e non è nemmeno paragonabile al puro totale settimanale di ore lavorative che un’azienda può fissare per i propri dipendenti. La normale gerarchia nella gestione del lavoro, quella piramidale, è stata sostituita con un più pratico sistema a rete, che non vede più i lavoratori spostarsi verso l’alto ma per orizzontale. Questo passaggio al sistema di rete ha condotto le aziende a doversi ri-modernizzare attraverso delle procedure chiamate delayering (riduzione degli strati). Sotto l’aspetto fascinoso di questi nomi si nasconde la cruda realtà del downsizing. Con le nuove strutture lavorative a rete le aziende si sono ritrovate in esubero di personale ed hanno tagliato fuori tutta quella parte di lavoratori non più al passo con i tempi della flessibilità. A farne le spese in America è stata proprio la classe media di lavoratori over 50. Una vera e propria mattanza. Chi rimane sa che non è non è in una botte di ferro, perché potrebbe subire lo stesso destino da un momento all’altro. Perché le aziende voglio tanto farsi odiare dai propri dipendenti? Perché, in nome di uno spirito familiare, non affrontano le crisi uniti, invece di far fioccare lettere di licenziamento? La legge del mercato oggi favorisce le aziende che nel momento di crisi preferiscono farsi vedere dinamiche, pronte a rivedere ogni loro priorità (come per esempio la felicità dei loro dipendenti e la salute di milioni di famiglie). Insomma basta che ci sia un cambiamento. Il cambiamento è preferito alla continuità, anche se questa può significare stabilità. Il rischio è il motore dell’economia. Peccato che un atteggiamento di questo genere negli individui sia considerato un atto di una persona malata (come il giocatore di poker che rischia di perdere tutto pur di vivere l’adrenalina dell’ignoto), mentre nella finanza di oggi è considerato un atto necessario. L’altro aspetto del lavoro flessibile è l’uso di strumenti che aggravano i sistemi di lavorazione meccanizzati. Gestire un processo attraverso l’uso di una macchina informatizzata allontana ancora di più il lavoratore dall’avere soddisfazione nelle

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cose che fa. Le interfacce friendly dei computer non concedono ai lavoratori di poter controllare e capire il processo. Né permettono a chi programma il software di migliorare il risultato. Nell’esempio riportato dall’autore della vita all'interno di un forno di Chicago, né il programmatore né l’operaio alla macchina sono dei panettieri. Entrambi non si occupano di pane, né hanno intenzione di farlo per lungo tempo. Il programmatore perché non ne sa nulla dell’expertise che occorre per fare del buon pane, l’operaio perché aspira a fare qualcosa di più concreto. Anche nell’architettura l’impatto del CAD, o progettazione assistita, ha rivoluzionato il modo di fare. Gente abituata a disegnare a mano si esaltava a poter manipolare le immagini in modo flessibile. Trascurando però il fatto che l’intelligenza nell’impiego delle macchine è di tipo operativo più che riflessivo-autocritico. Le risposte date dal computer sono frutto di ragionamenti che spesso non sono realmente comprensibili dall’uomo1. Anche il CAD rientra in quella che è definibile come comprensione superficiale del lavoro, che è una componente tipica dei nostri giorni e de nostri uffici. Il termine fluido si è confuso con quello di disinvolto. Il più delle persone dice, in modo forse non troppo ragionato, che questa perdita di fiducia sia diretta conseguenza di una mancanza di etica lavorativa. L’etica lavorativa non è più quella di una volta. Non aiuta l’individuo ad auto-disciplinarsi nell’uso del proprio tempo e a valorizzare i propri obiettivi a lungo termine. Il lavoro di gruppo è l’etica lavorativa adatta al lavoro flessibile. Ogni individuo è sostituibile in un lavoro di team. Anche se manca qualcuno, la formazione flessibile dei componenti permette di far raggiungere all’azienda il risultato anche senza quell’elemento. Il lavoro di gruppo non è una catena di un ponte, dove se cede un anello tutti crollano. Il lavoro di gruppo è una rete, dove se c’è una piccola falla, il contenuto viene trasporto lo stesso (basta un maggior sforzo da parte degli altri). Il lavoro di gruppo è frutto di quella superficialità collettiva che caratterizza il nostro tempo. In questi termini la figura del contadino è rivista come quella di un personaggio mitico che grazie alla sua stoicità affronta la vita ed i suoi problemi con coraggio indipendentemente dal reddito. L’autodisciplina in questo è fondamentale. Ciò che mette alla luce i limiti della flessibilità è il fallimento. Il fallimento è l'esperienza personale che porta molti a riconoscere di non essere autosufficienti nel lungo termine. È in quel momento che emerge la personalità dell'individuo. NOTE SULL’AUTORE Richard Sennett [1943] è un sociologo e scrittore statunitense che si è occupato soprattutto dei temi della teoria della socialità e del lavoro, dei legami sociali nei contesti urbani, degli effetti sull'individuo della convivenza nel mondo moderno urbanizzato. È professore alla London School of Economics e alla New York University.

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cit pag 72.

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SCHEDA 12

JUNKSPACE

[REM KOOLHAAS - 2001]

SINTESI

Questo piccolo volume racchiude tre scritti dell'architetto Koolhaas riguardanti lo spazio urbano contemporaneo e la sua evoluzione nel prossimo futuro. A tratti provocatori, in altri fa una profonda e sincera riflessione sulla condizione dell'architettura dei nostri giorni. Bigness. Ovvero il problema della Grande Dimensione. Quando l'architettura supera una certa scala (quella umana?) assume l'aggettivazione di Bigness. Questo tipo di architettura goffa e lenta sembrerebbe in via di estinzione ai giorni nostri, eppure rappresenta una vera e propria rivoluzione senza programma. Ovvero un modo nuovo di progettare che rappresenta un vero punto di non ritorno nel mondo dell'architettura. Il suo motto è "fanculo il contesto1". Le sue regole sono racchiuse in 5 teoremi che prendono il nome di Teoria della Bigness: • Dopo una certa massa critica l'edificio diventa grande, non può essere controllato da un solo gesto architettonico ma da una combinazione di gesti. • L'ascensore ha annullato la scala dell'architettura classica, ormai archeologia da accademia. • La relazione tra nucleo ed involucro non è più esplicitata per via del salto di scala. La Bigness non da certezze ma dubbi. • L'impatto dell'edificio è indipendente dalla loro qualità. • La Bigness non fa più parte di alcun contesto. Esiste, al massimo coesiste. Queste regole non sono però universali. Sono dedotte direttamente dall'esperienza reale. La mancanza di un manifesto mette i progettisti nella situazione di creare ogni volta un ibrido che non è controllato. I risultati stanno impazzendo e sono screditati. Vista la complessità della Bigness, il team è la sua anima. Occorrono una serie di forze dipendenti per realizzarlo, e non c'è più spazio per il divismo individuale. C'è la resa dell'architettura all'ingegneria, alle tecnologie, ai politici e ai realizzatori. La Bigness non ha bisogno di città, è essa stessa città. Le strade sono come un residuo di un vecchio modo di fare. La Bigness è il dopo architettura. La città Generica. La convergenza delle città, mito della globalizzazione, è possibile solo a patto di perdere la propria identità. Ma il passato non è più sufficiente per il ritmo di crescita di oggi. Il passato è un'affermazione perdente e l'identità, in questo, rappresenta 1

cit. pag 15

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una trappola sociale. La città generica è un luogo libero dalla schiavitù di un centro ed una periferia, del bene e del male. La città senza storia è grande per tutti, è comoda e non richiede manutenzione come quella passata. Per fare questo la città generica è una ripetizione infinita di un modello, il passaggio diretto dal computer alla realtà. Come crearla? Abbandonando tutte le cattive pratiche ed eliminando gli elementi non funzionanti. La città generica è un susseguirsi di New Town che prima non c'erano ed ora ci sono. Un denso accorpamento di grattacieli che la rendono verticale e di strade solo per pedoni o solo per automobili. Nella città generica ci sarà sempre un quartiere chiamato Ipocrisia, dove viene conservato il passato. Un luogo terribile dove custodire la storia. La nuova città sarà fatta di edifici postmoderni (l'unico movimento che resterà perché è riuscito a far comunicare l'architettura con il senso di panico). Junkspace. Per un ripensamento radicale dello spazio urbano. Il junkspace, lo spazio spazzatura, è il residuo che l'umanità lascia sul nostro pianeta, il prodotto del moderno. Nella nostra epoca si è costruito più di tutte le precedenti generazioni messe assieme, ma, come dice Koolhaas, non lasciamo piramidi, ovvero non abbiamo creato nulla con lo stesso intento di eternità. Questo perché la diffusione del moderno è stato uno sbaglio: ci ha fatto focalizzare sull'architettura delle masse più che su quella della Gente. L'innovazione tecnologica ha fatto il resto. Se l'architettura separa gli edifici, l'aria condizionata li unisce. L'incapacità degli architetti nello spiegare lo spazio si è convertita nello junkspace. Le sue forme sono solo realizzabili, e non spiegabili, perché la sua ispirazione è creare interesse, l'obiettivo è la gratificazione istantanea. Come spiega l'autore, lo junkspace inventa storie, riciclate e clonate, che sanno di vecchio. Il motivo è da ricercarsi nel cambiamento del modo di pensare e parlare. Il cambiamento non è effettuato più per un miglioramento, scindendo il significato delle due idee. Il museo è lo junkspace per eccellenza. Il museo è bigotto, perché attira con l'idea del cambiamento su vasta scala tramutando lo spazio cattivo in spazio buono. Il junkspace è la cosmesi dell'architettura, i suoi interventi sono come iniezioni di botox. NOTE SULL’AUTORE Rem Koolhaas [1944] si forma come giornalista e sceneggiatore cinematografico in Olanda. Negli anni '60 studia architettura prima a Londra e poi a New York e nel 1975 fonda OMA [Office for Metropolitan Architecture]. Da allora costruisce opere di grande rilievo ed importanza nello scenario internazionale tanto da meritare il Premio Pritzker.

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BIBLIOGRAFIA

LIBRI • Ackerman, James S. "Palladio" [1966] • Calvino, Italo "Le città invisibili" [1972] • Calvino, Italo "Le cosmicomiche" [1964] • Calvino, Italo "Lezioni Americane" [1985] • Chermayeff, Sam"Houses - Kazujo Sejima + Ryue Nishizawa SANAA" [2007] • Curtis , William J. R. "L'architettura moderna dal 1900 - III Ed." [1996] • Darton, Robert "La dentiera di Washington - Considerazioni critiche a proposito di Illuminismo e modernità" [1997] • Diamond, Jared "Armi, acciaio e malattie - Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni" [1997] • Diamond, Jared "Collasso - Come le società scelgono di morire o vivere" [2005] • Diffuse, Luca; Tesse, Mariella "Sanaa - Sejima+Nishizawa bellezza disarmante" [2007] • Frampton, Kenneth "Storia dell'architettura moderna" - IV Ed." [2007] • Georgescu-Roegen, Nicolas "Energia e miti economici" [1976] • Illich, Ivan "La Convivialità" [1973] • Illich, Ivan "Elogio della bicicletta" [1973] • Koolhaas, Rem "Junkspace" [2001] • Latouche, Serge "Breve trattato sulla decrescita serena" [2007] • Pirsig, Robert M. "Lo zen e l'arte della manutenzione della bicicletta" [1974] • Sennett, Richard "L'uomo flessibile - le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale" [1998] • Wolfe, Tom "Maledetti Architetti" [1981]

RIVISTE • Boundaries n°2 "Architetture per le Emergenze" [Ottobre-Dicembre 2011] n°3 "Architetture di Pace" [Gennaio-Marzo 2012] • Lotus n°143 "Leaning from favelas" [2010] n°144 "Above Ruins" [2010] n°145 "Activism in Architecture" [2011]

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ARTICOLI • “Ragionando intorno alla tesi di dottorato: questioni di metodo e indicazioni operative” di Giavanna Bianchi

SITI INTERNET • Architecture for Humanity - AFH è un'associazione no-profit internazionale che unisce le persone che hanno a cuore lo sviluppo sostenibile. Fornisce servizi di progettazione e di costruzione di amministrazione a partner e clienti attraverso una rete globale di professionisti della progettazione, sviluppo e costruzione di competenze locali [www. architectureforhumanity.org] • Campo trincerato di Roma - Il fine del progetto è quello di restituire e diffondere consapevolezza tra i cittadini Romani dell’esistenza di un sistema difensivo realizzato nell’ultimo trentennio dell’ottocento, il “Campo trincerato” composto in origine da 15 forti, 4 batterie ed una cinta fortificata, oggi inseriti nel tessuto urbano senza più alcun ruolo preciso [www.campotrinceratoroma.it] • Fabprefab - modernism prefab dwellings [www.fabprefab.com] • Shelter Center - è un programma che supporta il settore umanitario riguardante gli insediamenti di transizione e gli alloggi di persone colpite da conflitti e/o disastri naturali. Il programma è finanziato da DFID Conflict and Humanitarian Fund [www.sheltercentre.org] • VAN - Voluntary Architects Network - il progetto è guidato dall'architetto Shigeru Ban e sviluppa progetti per il soccorso post-catastrofi degli sfollati [www.shigerubanarchitects.com/SBA_NEWS/SBA_van.htm]

FILM-DOCUMENTARIO • Garbage Warrior di Oliver Hodge [2007] • La Terre vue du ciel di Renaud Delourme [2004]

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