Il futuro abitare Federico Restaino
“Su Gaia, le case tendevano alla semplicità. Con l’assenza pressoché totale di violenti fenomeni meteorologici di alcun genere, con la temperatura mite in ogni stagione a quella latitudine, con le faglie tettoniche che scivolavano senza scosse quando proprio dovevano spostarsi, era inutile costruire case destinate a una protezione complessa o a creare un ambiente comodo all’interno di un ambiente esterno disagevole.” “Fondazione e Terra”, Isaac Asimov
Nel passo tratto da Asimov “Fondazione e Terra”, viene descritta l’abitazione tipo di un pianeta eccezionale e utopico, in cui tutti gli esseri viventi e le cose inanimate sono in collegamento e partecipano dello sviluppo del pianeta. Nei gaiani è ancora presente l’abitudine di creare uno spazio da chiamare casa, ma in assenza di un mondo ostile da cui proteggersi, l’abitazione creata perde quel suo carattere primario di rifugio e difesa ed è quindi semplicemente un ambiente chiuso. Nel caso descritto, l’abitare diventa invece un’esperienza planetaria, non più racchiusa entro spazi artificiali, perché tutto il pianeta è abitazione. L’uomo sulla Terra invece non ha un habitat naturale; come dice Maurizio Vitta in “Nuovi modelli dell’abitare” <<..(l’uomo) ha trasformato il mondo per renderlo accogliente attraverso il progetto e la tecnica>>. In letteratura, per raccontare un personaggio o, come nel caso di Gaia, per parlare di un popolo, si usa spesso descrivere l’ambiente in cui esso vive ovvero abita. Ciò denota il rapporto stretto tra abitante e spazio abitato e porta a riflettere su una questione di estrema importanza per l’architettura: può un progetto prevedere e soddisfare i bisogni e le abitudini del futuro abitante? Tale problema è punto di partenza per riflettere sulla questione dell’abitazione contemporanea.
Le Corbusier, Modulor
Il modello dell’abitare, concepito dal XX secolo, oggi mostra dei segnali di crisi. Ciò è frutto di una decadenza di quella serie di presupposti e ragionamenti che ne hanno alimentato la creazione. La convergenza di determinati fenomeni tra ‘800 e ‘900, come l’industrializzazione in crescita continua e le necessità di alloggiare un numero sempre maggiore di persone, per via di aumenti demografici o in seguito alla distruzione causata dai conflitti bellici, portarono un’intera generazione di architetti a rendere sempre più efficiente l’abitazione. Ciò alla lunga, ha finito per mettere in ombra il carattere istintuale dell’abitare e ha racchiuso un’esperienza naturale, intrinseca all’uomo, dentro schemi precisi di tipologia e funzionalità. Un’architettura basata, fin da Vitruvio, sulle proporzioni dell’essere umano, è arrivata alle sue estreme conseguenze con la grande epoca modernista. Il Modulor di Le Corbusier diventa una guida per la progettazione a misura d’uomo, per cui ogni spazio e ogni mobile è in armonia con l’essere umano. Da ciò deriva una standardizzazione degli spazi, degli arredamenti e quindi delle abitazioni. Questa ricerca, ha dato luogo a una serie di risultati negativi nella società globale contemporanea. Si assiste infatti ad ambienti architettonici neutri e seriali e a una conformazione degli stili. www.Ikea.com, soluzioni tipo per arredare
Nell’ambito dell’arredamento, viene fornita e assicurata la massima possibilità di personalizzare il proprio ambiente, ma anche in questo caso tutto si basa su mode e stereotipi prodotti dalla società globale. Per riconquistare una creatività individuale e affermare la propria identità, bisogna prima di tutto ridare, o più precisamente riconoscere all’abitante, il ruolo principale nella creazione dell’abitazione. Per quanto infatti si possa prevedere o progettare un ambiente domestico, aggrappandosi alle misure standard e alla divisione delle funzioni, il comportamento dell’abitante rimarrà imprevedibile. In qualche modo, è come se l’oggetto architettonico non sia veramente abitazione finchè non entra in possesso dell’abitante. L’architettura del XXI secolo cerca di fare i conti con le nuove esigenze di una massa globale, in cui non esiste più solo la cellula familiare, come intesa nel ‘900, ma esistono una serie di nuove figure con nuovi schemi di convivenza. Ci sono nuovi ritmi nella vita odierna e, come conseguenza a questa frenesia, c’è un uso diverso della casa rispetto al passato. Non è così scontato il pasto serale con tutta la famiglia riunita, né è scontato il ritrovo con parenti o amici nel salotto. Perciò, pur traendo frutto degli esperimenti del XX secolo, occorre restituire un ruolo chiave all’abitante e si rende necessario ripensare i modelli abitativi. Esperimenti di questo tipo sono rari. Prevalentemente sono due le strade imboccate. La prima è cercare di realizzare una struttura e uno spazio che, pur essendo inalterabili, possano, durante un arco di tempo imprecisato, essere flessibili e prevedere le variazioni di chi andrà ad abitarvi. Da citare in proposito le Diagoon Houses di Herman Hertzberger. La seconda corrente cerca invece di concentrarsi di più sull’abitante. Quindi partendo dalle esigenze dell’individuo che ne deve usufruire, si crea un programma architettonico, che, secondo la definizione di Makoto Sei Watanabe, è un hardware dal quale l’abitante parte per iniziare l’esperienza dell’abitare. Entrambe le soluzioni hanno dei pro e dei contro: la prima fornisce una struttura portante e degli spazi polivalenti e omologati ancora sulla scia del ‘900; la seconda si concentra di volta in volta sul singolo utente, quindi deve accettare di limitare la sua funzione al caso singolo.
Herman Hertzberger, Diagoon Houses
Makoto Sei Watanabe, studio Tokyo House
Bibliografia Isaac Asimov, Fondazione e Terra, Mondadori, Milano, 1987 Maurizio Vitta, Dell'abitare corpi spazi oggetti immagini, Einaudi, Torino 2008 Milena Farina (a cura di), Studi sulla casa urbana. Sperimentazioni e temi di progetto, Gangemi, Roma 2009
Sitografia http://www.treccani.it/enciclopedia/nuovi-modelli-dell-abitare_(XXI-Secolo)/ http://www.makoto-architect.com/tokyo_house/tokyo_house_4e.html
Makoto Sei Watanabe, Tokyo House, 2006