Respice Stellam Aprile 2011

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Iniziazione Cristiana

La Comunità Grembo che genera alla Fede La diocesi ha titolato il primo anno del suo cammino pastorale di rivisitazione dell’Iniziazione Cristiana: la comunità è grembo che genera alla fede. È volutamente conciso ed evocativo. Ogni parola contiene dei sottointesi e potrebbe essere esplicitata da tante altre. Ad esempio “fede” ha un valore semantico esteso. Qui sta per “vita nuova”, “vita che viene dall’alto”, la “vita in Cristo”… “Generare” dice tutta l’avventura del dare alla luce, del venire al mondo, del vivere, del crescere, dell’entrare a far parte di una famiglia e di una comunità, del portare a maturazione la vita… “Comunità” non è semplicemente una massa di persone, non si sofferma sull’aspetto sociologico dello stare insieme; è la comunità cristiana scaturita dalla Pasqua di Gesù, segno dell’umanità rinata «da acqua e da Spirito» (Gv 3,5). Piace soffermarsi particolarmente sull’immagine del “grembo”. Essa è straordinariamente viva e intensa; rimanda all’esperienza primordiale in cui ogni uomo e donna sono donati alla vita e custoditi nell’amore. Eppure questa grandiosa esperienza umana non riesce a contenere la grandezza dell’essere generati alla fede nella comunità. Ecco che ci viene in aiuto l’icona di “Maria incinta”. Alla comunità cristiana spetta di contemplare e favorire il mistero dell’incontro tra l’iniziativa di Dio e la risposta libera dell’uomo, lasciare che avvenga la vitale mescolanza tra i cromosomi del Creatore e dell’umano: il concepimento di una creatura chiamata ad essere figlia del Padre. «Per mezzo di Gesù Cristo». Per mezzo di Lui e in Lui, infatti, tutta la storia umana è stata immersa nelle acque della salvezza. La comunità è chiamata infatti a riscoprire l’arte del coltivare. Generare non è costruire qualcosa secondo un proprio progetto, ma creare le condizioni perché avvenga il concepimento e prendersi cura di quel “qualcuno”, che ha già in sé tutte le potenzialità, perché venga alla luce e diventi pienamente se stesso. Siamo tutti invitati a custodire ogni nuova e inedita “vita credente”, la quale nasce bambina e chiede di essere accolta con delicatezza, accudita secondo le sue necessità e alimentata secondo le sue capacità. L’esempio della Madre sospinga l’intera comunità diocesana in questa nuova missione. Stefano

Auguriamo BUONA PASQUA a tutti i lettori da parte della redazione. L’incontro con Gesù Risorto sia fonte di pace e di PERDONO. Per questo vi facciamo dono di una riflessione su questo argomento che troverete a pagina 6.

III


Il personaggio

Don Pio Miotto Ogni visitatore della Basilica di Santa Giustina, in Padova, ha incontrato Fra Pio, premuroso sacrestano e guida affabile. Il Signore lo ha chiamato in Paradiso allo scadere dell’anno 2009: ora contempla nella realtà la casa di Dio che, con tanto affetto e in tutta la vita, ha curato nella sua immagine. Di lui scrive il nipote Fra Raffaele Coccato nel gennaio del 2010: “Lui così piccolo e negli ultimi anni sempre più piccolo ha misurato la grandezza di Dio a piccoli passi, lungo le grandi navate e gli alti spazi della Basilica, lasciandoci in eredità il dono di una santità quotidiana ed artigianale. Chissà se alla porta del Paradiso ci sarà una campana da suonare... se così fosse, lo zio non si troverà certo impreparato a gioirne del suono e della meraviglia che lo attende una volta varcata la porta della sua nuova Basilica”. Don Pio era nato a Piovega di Piove di Sacco (PD) il 15 Aprile 1917, in una famiglia che diede alla Chiesa due fratelli sacerdoti e due sorelle religiose. Entrò nel 1930 nel monastero di Praglia, dove fece la professione semplice il 22 Dicembre 1935. Nel 1939 venne inviato dall’Abate Gerardo Fornaroli nell’allora casa dipendente di Santa Giustina in Padova, per recarvi aiuto, specialmente nei compiti di sacrista. Quando Santa Giustina divenne indipendente, nel Gennaio del 1943, egli vi trasferì la sua residenza, continuando nel servizio di sacrestano per quasi 60 anni. In tale incarico ebbe modo di farsi conoscere da tutti per la arguzia del comportamento e per la simpatia del carattere. Ha incarnato il motto di S: Benedetto: “ora et labora” (prega e lavora). La preghiera monastica, nelle varie ore, per lui è stata festa, un continuo conoscere Dio attraverso la fede. “Conosco bene la fonte che fluisce e scorre, ANCHE SE E’ NOTTE. Quella eterna sorgente sta nascosta Ma so bene dove sgorga la sua onda, ANCHE SE E’ NOTTE”. (S. Giovanni della Croce) Come il vecchio Simeone che attendeva il Messia, Fra Pio si è nutrito di preghiera, mentre custodiva tesori storici ed unici della Chiesa di Padova: le tombe di S. Luca, S. Prosdocimo, S. Giustina e le ossa dei martiri.Scrive di lui la nipote Regina Miotto: “Ogni volta che penso a Fra Pio, mille ricordi, emozioni e considerazioni affollano la mia mente. Mi recavo spesso a fargli visita presso l’abbazia di S. Giustina. Andavo direttamente in chiesa, sicura di trovarlo lì, vigile e attento, laborioso e preciso in ogni suo lavoro. Appena mi vedeva mi correva incontro visibilmente felice di incontrare una persona della sua famiglia e il suo sorriso spontaneo ed accogliente riscaldava anche quella abbazia così fredda anche in estate. La sua voce sommessa e dolce mi faceva sentire che le sue parole venivano davvero dal suo grande cuore, grande come quel nostro mare che lui amava tanto. E nel suo cuore c’era posto per tutti, e tutti incitava all’amore di Dio. Era orgoglioso di essere al servizio di Dio. Ogni volta che lo incontravo mi ripeteva con parole semplici e convincenti: “ Per essere buoni basta compiere con amore ogni azione della giornata e accettare angosce e gioie come dono del nostro amore per Dio, il resto viene da sé”. Ora che Fra Pio è in cielo, questo insegnamento continua a sollecitarmi a cercare la “perfezione nel quotidiano”. So che egli è accanto a noi e sono convinta che continua a sostenerci nel nostro sforzo per diventare buoni, sempre più buoni come a lui piace”. Da parte di tutti noi lettori, un grazie per questa testimonianza di vita contrassegnata dall’umiltà, dalla devozione cristiana, dall’amore per tutta l’umanità in cammino verso Dio Padre. Paola

IV


Dal Santuario

Il nuovo Battistero Il luogo del Battesimo è situato nei pressi della porta d'ingresso alla chiesa. Il Fonte Battesimale è posto al centro di uno spazio ottagonale ricavato tra la scalinata ed il muro esistenti, delle dimensioni interne pari a 3 metri. Il nuovo pavimento del Battistero, in marmo Botticino sarà quindi incollato su quello esistente in cotto. L'ottagono è delimitato da sedili rivestiti in analogo marmo che saranno utilizzati dai genitori e dai padrini durante la celebrazione del Battesimo, gli schienali sono invece in legno (noce, in armonia con gli stalli e i confessionali). Il pavimento è formato da quattro lastre di marmo separate tra loro da un “mosaico” di tessere di marmi policromi. L’opera è realizzata da Sartore Marmi con l’assistenza tecnica dell’impresa Talato Livio. L’area del battistero prima dei lavori Al centro dell'ottagono è posto il Fonte Battesimale. La parrocchia ha deciso di recuperare l'opera esistente, realizzata in bronzo dall'artista Lucio Zatti, sostituendo solo il basamento della stessa, con altro basamento ottagonale in marmo Botticino. Il Fonte, raffigurante i simboli dei quattro Evangelisti, è un'opera a tutto tondo, ognuno dei quattro simboli sorregge un cartiglio con un versetto tratto dai Vangeli e riferito al tema del Battesimo: “Andate dunque, fate vostri discepoli tutti i popoli, battezzandoli” (Mt. 28,19), “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo” (Mc. 16,16), “Io vi battezzo con acqua... ma sta venendo Uno che vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco” (Lc. 3,16),”Nessuno se non esce da acqua e da Spirito Santo può entrare nel Regno di Dio” (Gio. 3,5). Lucio Zatti spiega che “le illustrazioni mostrano come l'idea enunciata parta da una raffigurazione del “tetramorfo” (i quattro simboli degli Evangelisti secondo l'iconografia classica) visti come colonna portante di un'ideale fonte a cui attingere, nell'azione salvifica svolta dal Sacramento del Battesimo. Le figure sono modellate a forte rilievo, unite strettamente tra loro quasi a scaturire da un unico ceppo. Ognuna è accompagnata da un cartiglio, con incisi in latino alcuni versetti tratti dai rispettivi Vangeli, riguardanti il Sacramento stesso. Il bacile è chiuso, alla sommità, da un coperchio circolare su cui è modellato in bassorilievo il Battesimo di Cristo. La base ha forma ottagonale ed è pensata sia in rapporto alle colonne esistenti nel Santuario (che sono appunto a sezione ottagonale) sia come ripresa ideale della forma degli antichi battisteri a pianta centrale. Inoltre giova ricordare che il numero 8, oltre che simbolo dell'infinito, è nella tradizione ecclesiale abbinato a Cristo, considerato come “Ottavo giorno della Creazione”. Davide

Nelle foto sopra possiamo vedere l’area del Battistero prima e dopo i lavori di Restauro.

V


Perdonare oggi, nuova Vita per domani Nella storia, da sempre, le religioni hanno maggiormente sensibilizzato l’uomo al perdono. L’esempio massimo di tutti gli altri perdoni umani é stato il perdono di Dio. Perdonare, perché? Quante volte dopo aver subito un'offesa, un torto, un affronto verbale, superata la fase della rabbia ci chiediamo se perdonare o meno. Rispondere a tale domanda non è facile, ma ricercare ed evidenziare gli aspetti positivi e profondi di un eventuale perdono significa discernere e ragionare per poi comprendere meglio anche la Fede: predisporsi per il futuro. Non é assolutamente sinonimo o caratteristica dei deboli e dei remissivi l’azione e la convinzione di perdonare e neppure é veritiera la credenza che non si é capaci di affermare i propri diritti se si perdona colui il quale ci ha (riteniamo) fatto uno sgarbo grave. Forse servirebberro dei "corsi di perdono" e non crediamo sia banale tale definizione in quanto é giusto analizzare e prepararci al perdono. Gli eventi della nostra vita, intercalata a volte da incomprensioni e contrasti, nelle Famiglie, al lavoro, nella propria Comunità, ci riservano delle situazioni critiche. Non di rado siamo protagonisti di vere, riconosciamolo, e spontanee arrabbiature. Viviamo in un mondo sempre più “un grande villaggio”, dove le nostre frequentazioni sono molteplici e di conseguenza ci confrontiamo con gli altri in maniera sempre maggiore, frequente ed approfondita. Risultato: siamo a volte messi in discussione e le nostre o altrui aggressività verbali provocano qualcosa in noi che é naturale: rabbia o rancore. Ma non é odio. Commentava Chiara Lubich: il perdono non é dimenticanza, non é debolezza, non consiste nell’approvare ciò che é male, non é indifferenza. Il Perdono é accogliere il fratello o la sorella così com’é, nonostante ciò che ci ha fatto, come Dio accoglie noi, nonostante i nostri difetti. Ma ciò é difficile! Potrebbe sentirsi superiore agli altri chi perdona? No, il vero perdono è un di più, non è necessario raggiungerlo, perché é un traguardo, ma analizzarlo dentro noi già significa molto, perché bisogna anche addentrarsi, riconoscere il percorso e gli eventuali propri errori che possono aver contribuito alla genesi dell'offesa o del torto. Ecco che riuscire ad avere la capacità di perdonare é gioia grande ed é piena serenità perché c’é stata la volontà di comprendere di più il nostro prossimo. E’ ricominciare la Vita con la possibilità di un nuovo rapporto con l’altro. Con realismo la dottrina cristiana sottolinea che la nostra Vita non deve essere sofferenza o privazione, bensì é una ricerca continua volta all’otteninento della gioia vera e soprattutto assieme ai nostri Fratelli. Non possiamo permetterci di rovinare la serenità della nostra esistenza e con ragionevolezza possiamo introdurci nella via maestra che porta a perdonare gli amici ma anche i nostri nemici. Le Sacre scritture dicono: Chi non sa perdonare spezza il ponte sul quale egli stesso dovrà passare. Interessante é una testimonianza attuale, raccolta di recente. Una donna, forse Maria, confessava: ho perdonato, anche se non é stato facile ed ho pregato e riflettuto dentro di me, ma ora siamo felici nella nostra Famiglia. Perdonare, quindi, é un gesto d’amore per se stessi perché attuare il perdono implica perdonare se stessi dopo un percorso. E’ una virtù perdonare, insegnataci dalla religione cristiana. Tuttavia necessita di una sincerità profonda, grande civiltà e maturità. Possiamo rimuovere il dolore, il risentimento ed il disagio interiore, dovuti a quanto abbiamo subito, liberando le immense energie che abbiamo dentro e valorizzando, con coscienza, i valori relazionali che sono segni importanti per la nostra vita che continua, non più in ombra. Manlio

VI


La pagina dei Giovani

Il <<profumo>> del suo amore << ha riempito tutta la casa>> Papa Giovanni Paolo II

VII


Mettiamo l’accento su...

Gruppo della Cassa Peota Nella nostra parrocchia opera da 18 anni il gruppo della Cassa Peota che ha sempre svolto il proprio servizio senza alcuna interruzione. Tutte le domeniche, due persone di turno, sono sempre state presenti, nella stanzetta sotto il chiostro, ed hanno accolto gli associati per un servizio semplice e costante, ma con responsabilità e la giusta serietà nello svolgere tale specifica attività. Il Presidente della "Peota MdG" é il nostro parroco Don Franco Callegari, il cassiere é Luciano Barzon ed i componenti sono oltre una decina con la bella novità che qualche giovane si é di recente aggregato e pertanto anche questo gruppo di collaboratori, tutti volontari, in Parrocchia é cresciuto di numero e sta ringiovanendo. La Peota di Madonna delle Grazie é stata istituita nel 1993, a completamento degli esistenti gruppi che già operavano in parrocchia, ed é stata la volontà e la collaborazione tra parrocchiani e parroco che pian pian ha favorito e reso questo servizio un riferimento sicuro ed una significativa azione a favore delle Famiglie, anche di altre parrocchie. Le persone vengono nel piccolo ufficio della Peota per modesti importi che desiderano mettere da parte anche per affrontare meglio eventuali future esigenze della propria Famiglia. Essa è anche un filo di collegamento continuo di relazioni con i collaboratori della Peota stessa nonché con le persone che freNella foto due rappressentanti del gruppo “Cassa quentano il nostro patronato. Non di rado, Peota” infatti, capita di veder arrivare in Peota degli aderenti alla CP che vengono a visitare il Santuario, non sono della Madonna delle Grazie, ma amano scambiare alcune parole assieme a chi é di turno in Peota. Ogni anno dal resoconto finale la Peota riesce ad offrire alla Parrocchia modeste cifre per le missioni, per i giovani del gruppo ACR o per altri scopi sociali ma, sempre e comunque in accordo con il nostro Rettore. Qualche anno fa, quando le risultanze economiche erano più favorevoli di oggi, é stato pure possibile coprire le spese per la sistemazione delle lampade nel chiostro del Santuario. Il profitto, non é mai stato considerato prevalente nella decisione presa per istituire ovvero far proseguire la gestione della Cassa Peota, perché lo scopo primario del servizio é privilegiare la presenza nella nostra parrocchia di un gruppo di persone che si impegnano per una funzione sociale e in uno spirito di collaborazione: come avviene in una comunità. La Peota esiste ed é attuale anche per una ragione immateriale, ma più profonda, sostanzialmente é un rapporto ed un legame nella continuità tra gli attuali 145 soci ed i collaboratori che di volta in volta prestano la loro opera. Un piccolo servizio rivolto a tutti, giorno dopo giorno, che é e vuole essere un'aiuto umile ed offerto in forma gratuita. Cassa Peota

VIII


Cronache

Dai Tetti in Giù Recital su Chiara Luce Badano Il 3 aprile c'è stato un evento straordinario: "DAI TETTI IN GIU'" dall'omonimo volume, una pièce teatrale a mezza via tra il musical, la commedia e il reading: così da raccontare. anche attraverso il linguaggio cosmopolita ed emotivo dello spettacolo, la storia straordinaria di Chiara Luce Badano, nata a Sassello (SV) nel 1971 e morta diaciannovenne a causa di un tumore osseo. E' stata beatificata a Roma il 25 settembre 2010. Attraverso monologhi e dialoghi, canzoni giochi di luce, di note, e piccole coreografie, lo spettacolo ha ripercorso la vita di Chiara Luce fino ai giorni nostri, attraverso i ricordi e le riflessioni dell'autore che a suo tempo la conobbe direttamente. Ad intersecarsi col racconto, altri spunti più o meno autobiografici dell'autore-personaggio: un agnostico arrabbiato (anche con quel Dio per lui inesistente),

e tuttavia alla disperata ricerca di qualcosa capace di dare un senso alla vita. A contrappuntarne le riflessioni, due personaggi femminili: entrambi rappresentano i diversi caratteri della femminilità, a accomunati dall'identica fede in Dio Amore e dalla condivisione degli ideali della stessa Chiaretta (che nello spettacolo si "incarna " attraverso la danza). I dialoghi fra i personaggi sono più o meno dialettici, a tratti drammatici, talvolta esilaranti danno lo spunto per riflessioni profonde , non solo sulla universalità di Chiara Luce, ma anche sul senso e i valori dell'esistenza umana, e sul significato "laico" della santità, sul valore del Dolore, della Speranza e della Coerenza. Un copione che sfugge i clichè delle agiografie classiche e come tale concepito anche per un pubblico "laico".

Serata con Paolo Brosio Il 30 marzo è venuto a Piove di Sacco Paolo Brosio, che ci ha dato la sua testimonianza di conversione. Infatti Lui è sempre vissuto negli spettaccoli della tv, nelle pagine patinate, circondato da bellissime donne, con macchine lussuose e grandi guadagni. Solo quando ad un certo punto tutto sembrava svanire per una serie di eventi tragici, capì di avere tra le mani solo polvere, e si aggrappa a una preghiera: l'Ave Maria, sono quei 16 secondi, il tempo di dire questa preghiera, che capisce che solo attraverso la fede può ancora sperare di riprendersi la vita. Ora non perde occasione di parlare di Dio e della Madonna di Mejiugorie. in qualsiasi posto, dalla televisione a incontri come con le persone nei patronati o nelle scuole, racconta dei suoi pellegrinaggi e dell'orfanotrofio di Suor Cornelia che è Foto di ANTONIO GUBERTI il scopo di vita,al quale lui devolve tutti i diritti dei libri che ha scritto. E' stato un bel momento di grazia, ascoltare questo uomo che ritrovato la strada verso Dio.

IX


Cronache

Lettura continuativa della Parola di Dio E’ iniziata la settimana Santa con la lettura continua del Vangelo. Lunedì 18 Aprile dalle 16 del pomeriggio alle 23.30 in Santuario si è proclamata la Parola di Dio a partire dal Vangelo di Matteo. Questo avvenimento ha visto la partecipazione di circa 50 lettori che si sono anche messi in ascolto assieme alle persone che sono venute ad assistere. L’augurio è che tutti l’abbiano poi portata nelle loro famiglie, nel lavoro e nella vita di tutti i giorni.

La Lavanda dei Piedi Con i Bambini della Comunione Si è celebrata giovedì 21 aprile alle ore 20.30 in Santuario la S. messa della Lavanda dei piedi dove si ricorda l’ultima cena di Gesù con l’istutuzione dell’Eucarestia. Oltre ai parrocchiani hanno partecipato le famiglie e i bambini che riceveranno la prima comunione il primo maggio p.v. E’ stata una bellissima cerimonia, molto commosso e partecipato il momento in cui D.Franco umilmente ha indossato il grembiule e si è accinto a lavare i piedi ai 14 bambini comunandi . E’ stato ricordato il momento in cui Gesù non ha voluto abbandonare i suoi figli in terra ma ha detto “Sarò con voi tutti i giorni”e ha istituito la S.Messa come memoriale della Sua morte in croce. Si è ricordato inoltre nell’omelia il grande desiderio di Gesù di passare la Pasqua con i suoi discepoli, disse infatti:”Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con Voi” E’ stata una celebrazione densa di significati per noi Cristiani e da ricordare e farne memoria. Momento caratteristico se così si può dire è stata la partecipazione alla S.Messa di un numeroso gruppo di turisti\pellegrini cinesi che con molta fede si sono accostati all’eucaristia e poi però non hanno resistito a scattare numerose foto per immortalare un bel momento del loro viaggio in Italia. Si è conclusa la messa con la processione al SS.Sacramento nell’altare della Madonna del Bellini , e lì e stata deposta l’eucarestia, dove è rimasta fino a domenica di Pasqua giorno di festa della risurrezione di Cristo.

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