Iniziazione Cristiana
La Comunità Grembo che genera alla Fede “La famiglia è l’ambiente educativo e di trasmissione della fede per eccellenza : spetta dunque anzitutto alle famiglie comunicare i primi elementi della fede ai propri figli, sin da bambini”. Famiglia diventa ciò che sei! Famiglia credi in ciò che sei! E’ affermato che gli sposi, in virtù del sacramento del matrimonio partecipano al mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa. E proprio per questo il Signore affida ai coniugi cristiani una missione per la Chiesa e per il mondo, arricchendoli di doni particolari. Per cui i genitori sono i primi responsabili di quel lieto annuncio di cui poi, chi è beneficiario, porterà in sé il seme per tutta la vita. Ne deriva l’esigenza di attivare una adeguata pastorale per aiutare i coniugi a rendersi consapevoli di questo loro compito così importante. Emerge così l’ORIGINALITA’ con cui la famiglia esprime e attua la comunicazione del Vangelo e cioè in forme e modi specificamente familiari, con il linguaggio che è proprio della vita di famiglia, nei luoghi della vita della famiglia, con quelle relazioni d’amore (coniugali, genitoriali, fraterne, filiali, di accoglienza, di ospitalità, di solidarietà) che costituiscono la famiglia. L’iniziazione cristiana non deve ridursi alla sfera individuale dei soggetti, a istruzione o a pratica religiosa, ma deve coinvolgere il vissuto del ragazzo, il suo ambiente familiare, scolastico e ecclesiale. La famiglia come la Chiesa deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque nell’intimo di una famiglia, cosciente di questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. “E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita.” E’ necessario il LINGUAGGIO DELLA VITA. La Famiglia è ambiente di dialogo e dunque di comunicazione del vissuto fatto di attese, sentimenti,
fatiche, emozioni, scelte…Questa comunicazione dovrebbe toccare anche la stessa fede. Comunicare l’esperienza di fede non è come fare una lezione, è piuttosto narrare ciò che si vive. Così la narrazione dei genitori sarà tanto più efficace se occasionata da domande sorte nel cuore dei figli osservando le scelte e i comportamenti di papà e mamma. Diventa allora necessario per ogni parrocchia dar inizio a un coinvolgimento attivo dei genitori e creare per loro un percorso di fede. Non è sufficiente invitare semplicemente i genitori a qualche riunione di tipo organizzativo o a qualche conferenza e nemmeno a quella serie di incontri che si tengono in preparazione a qualche sacramento dei figli. Si tratta invece di accompagnarli passo per passo a rispondere all’amore di Dio con l’animo che pone Dio al primo posto, con l’animo che si è lasciato accendere dall’annuncio del Vangelo e che cerca gratuitamente giorno per giorno di metterlo in pratica e con l’animo disposto a comunicare agli altri l’esperienza vissuta. Il bene va fatto circolare. La lampada va messa sopra perché illumini tutti coloro che sono in casa. La fede è un dono e la risposta di ogni persona deve essere assolutamente libera. Tuttavia i genitori che la accetteranno, contribuiranno a costruire una comunità cristiana che sia “famiglia di famiglie”, “grembo che genera alla fede” e che potrà diventare un riferimento anche per i figli di coloro che scelgono di non parteciparvi esplicitamente. In tal modo è pensabile che anche chi rimane semplicemente un “osservatore esterno”, possa diventare in qualche modo interessato fino a esprimere una qualche richiesta di coinvolgimento. Questo cammino di fede è la novità più profonda della iniziazione cristiana. Don Franco
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Il personaggio
Don Gino Salmaso Questo mese presentiamo una persona che molti lettori avranno sicuramente incontrato: don Gino Salmaso. Ad appena 61 anni, l’8 aprile 2011 ha chiuso gli occhi a questa vita terrena, assistito da familiari ed amici, dopo due giorni di agonia. Si è concluso così un lungo calvario, cominciato nel 2007 con un’operazione dopo la quale il male sembrava essere stato debellato; si è invece ripresentato poco più di un anno fa. Malgrado tante sofferenze, don Gino ha portato avanti il suo servizio, finchè le forze glielo hanno permesso, rendendosi disponibile ad accogliere le confessioni dei suoi numerosi penitenti. Era nato a Brugine nel 1949 da Domenico e Barzon Maria, nono di undici figli, in una famiglia di profonde radici cristiane che ha dato alla chiesa anche un altro figlio, don Giancarlo. Ordinato prete da mons. Girolamo Bordignon nel 1974, inizialmente ha prestato servizio come cooperatore presso le parrocchie di Santa Sofia e del Sacro Cuore in Padova, poi ha lavorato per sei anni accanto a mons. Michieli a Piove di Sacco. Ecco come Massimo Rodella lo ricorda: “Carissimo don Gino, sono passati molti anni dalla tua esperienza a Piove di Sacco. Allora eri un ragazzo, un sacerdote che affrontava le prime difficoltà nella realtà di una parrocchia importante ed impegnativa. Per tutti noi ragazzi del patronato sei stato una guida, un precettore, un maestro spesso esigente, ma riuscivi sempre a colpire nel segno e a comprendere le persone. Molte tue iniziative hanno dato vigore alle varie attività giovanili e soprattutto grazie alla tua volontà il patronato è divenuto il centro della Parrocchia, tutti i giorni della settimana. Ricorderemo sempre le tue notti di preghiera nel duomo illuminato a candela. Ricorderemo sempre la tua incredibile spiritualità. Ricorderemo sempre la capacità e l’esperienza nel preparare la messa e l’Eucarestia. Oggi, don Gino, non ci sei più, hai intrapreso il viaggio più lungo, molto più lungo di quel viaggio che hai affrontato per recarti, quasi in esilio, all’Isola d’Elba, forse senza un motivo, forse senza la nostra comprensione e riconoscenza. I nostri vecchi dicevano sempre che chi semina bene avrà un buon raccolto. Per questo, don Gino, ti ringraziano in quanto hai valorizzato la nostra adolescenza e ci hai insegnato il valore della spiritualità. Quando una persona è lontana, ci si aggrappa a tutti i ricordi per sentirla vicina. Questa lontananza forzata sarà per tutti noi ragazzi del patronato un motivo per abbracciarti e per non dimenticarti.” Nel 1985 don Gino è stato nominato parroco di Rubbio, sull’altopiano di Asiago, dove ha iniziato la serie di convegni mariani che radunavano migliaia di persone da tutto il Veneto nel piccolo centro di montagna. Nel 1992 ha assunto il ministero di parroco a Santa Maria Assunta di Capoliveri, all’Isola d’Elba, nella diocesi di Massa Marittima, con il vescovo Angelo Comastri, ora cardinale. Qui don Gino ha sperimentato una realtà molto diversa da quella padovana e ha continuato ad esercitare la sua missione di pastore soprattutto nell’adorazione del Santissimo Sacramento, nella devozione alla Madonna, nella disponibilità alle confessioni. Maura Puccini di Capoliveri ha voluto trasmetterci una sua testimonianza sul ministero esercitato da don Gino fino al 1999:
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Il personaggio “Quando il caro don Gino Salmaso arrivò, nel giugno del 1992, nel piccolo paese di Capoliveri all’Isola d’Elba, sembrò a tutti che non sarebbe rimasto a lungo; la nostra Parrocchia versava in una situazione spirituale molto penosa a causa dell’avvicendarsi di alcuni Sacerdoti, l’ultimo dei quali era rimasto in carica solo un anno. Il clima era piuttosto ostile e diffidente e la stagione estiva ormai iniziata, che aveva come ogni anno falcidiato la presenza dei Parrocchiani in Chiesa, non faceva presagire niente di buono. Sapevamo che il nuovo Parroco era “in prestito” a tempo determinato dalla Diocesi di Padova e lui stesso riferirà dopo qualche tempo che l’obbedienza in quel frangente gli aveva procurato particolare sofferenza e smarrimento, mitigati dal solo pensiero che l’esperienza sarebbe stata di breve durata e condivisa con il fratello don Giancarlo, che lo seguì, sempre per gentile concessione, a settembre dello stesso anno. Invece per grazia di Dio la sua presenza perdurò per ben sette anni, 7 indimenticabili anni, destinati a segnare per sempre il cammino spirituale di molti. Che don Gino Salmaso non fosse un sacerdote comune, lo si capì subito: era evidente già dalla lunga tonaca che non lasciava mai, nemmeno in pieno agosto, ma anche dal viso scarno da asceta, dagli occhi vividi e acuti, capaci di suscitare, in chi lo guardava, sincera riverenza e profondo rispetto. Entrò nelle nostre famiglie e nelle nostre vite in punta di piedi, ma con lo zelo del pastore cui stanno a cuore le pecore che gli sono affidate, scardinando con sagacia e costanza la tiepidezza stanca di una fede sbandierata, ma mai vissuta nella profondità del cuore. Ricorse a tre infallibili armi per accendere le anime incatenate da legami troppo terreni: l’adorazione Eucaristica più volte alla settimana e per ventiquattro ore, con turni notturni, il primo venerdì di ogni mese; il Cenacolo Mariano in Chiesa e nelle famiglie e un costante richiamo alla Confessione frequente. I suoi sermoni poi erano un campionario di eccellenza per incisività e semplicità; mai banali e retorici, avevano il potere di penetrare fin nel profondo come “una lama a doppio taglio”; non parlava molto, solo otto minuti, come svelerà a qualcuno persino cronometrati, per non stancare l’uditorio, ma soprattutto per non catalizzare l’attenzione su di sé a scapito della centralità nella Funzione della presenza di Cristo, nella Parola e nell’Eucarestia, che a suo dire era l’unica Presenza da cui non si potevano distogliere il pensiero e il cuore. La predica, frutto di una lunga preparazione e di non poche sofferenze, come aveva svelato, era scevra di spiegazioni teologiche e di panegirici saccenti; era ricca, al contrario, di verità evangeliche, spesso mutuate da esempi e aneddoti, nonché da episodi di fede eroica. Nessuno usciva dalla S. Messa senza rimanere in qualche modo colpito o addirittura scosso dalle parole di don Gino. Egli era capace di scuoterci dal torpore e ci interrogava senza mezzi termini su quale strada eravamo disposti ad intraprendere, se quella larga e comoda che solo apparentemente conduce alla felicità, oppure la via stretta e tortuosa che è in definitiva la sequela di Cristo, l’unica finalizzata alla salvezza dell’anima. Era una domanda cruciale e drammatica, alla quale diventava fondamentale rispondere subito senza indugi perché la conquista del Regno di Dio è una questione urgente e non procrastinabile. Lo zelo per le anime e la sete di salvarle lo assillavano tanto e amava ripetere a tutti il valore salvifico della sofferenza offerta per le anime dei peccatori; esortava apertamente ad offrire senza lamentarsi, sebbene poi, con la sensibilità di un padre, non tralasciasse mai di andare a trovare o di sostenere anche materialmente chi soffriva. La sua autorevolezza di padre e pastore di anime si impose ogni giorno di più, tanto da attirare numerosi fedeli anche di altre parrocchie dell’Elba e le funzioni erano seguite da un numero sempre crescente di anime ferventi. Che l’Eucarestia fosse per lui tutto, lo si percepiva in modo lampante da come sostava in preghiera e in grande raccoglimento durante la Consacrazione e dopo la Comunione, tanto che anche i fedeli si abituarono, non senza fatica, ad un lungo e silenzioso ringraziamento in ginocchio. Gesù era il centro dei suoi pensieri e lo scopo di ogni suo agire: era commovente scoprirlo da solo nella Chiesa deserta, in ginocchio davanti al tabernacolo, con la testa tra le mani…Disse poi che in quei momenti cercava di riparare alla tiepidezza che purtroppo tanti avevano nei confronti di Gesù, offrendogli tutto il suo amore e la sua
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Il personaggio compagnia. Amava con l’amore tenero di un bambino la Madonna che chiamava Mamma e ci invitava costantemente ad affidarci a Lei, come fa un piccolo bimbo fra le braccia della madre, con fiducioso abbandono. Gli impenitenti e gli atei morenti avevano un bel daffare per “toglierselo di torno”: li circuiva con ogni stratagemma e non si dava per vinto se non faceva pronunciare loro almeno un’Ave Maria. Solo allora diceva soddisfatto:”Li ho salvati dall’Inferno!” L’eredità che ci ha lasciato, dopo il ritorno nella sua amata Diocesi, nel ’99, è incalcolabile in termini di ricchezza spirituale; solo Dio può conoscerne l’enorme valore; possiamo solo indegnamente intravvedere i frutti nel cammino spirituale di molti di noi che, dal suo esempio e dal suo insegnamento, ritengono ormai indispensabili, come l’aria, la preghiera e la recita quotidiana del Santo Rosario in Chiesa e nelle famiglie, la frequenza ai Sacramenti e l’affidamento alla Divina Misericordia e al Cuore Immacolato di Maria. Don Gino è stato per Capoliveri uno straordinario dono del Cielo, immeritato come tutti i doni di Dio e forse solo oggi, dopo la sua morte, ne cominciamo a comprendere la portata. Allora, quando fu richiamato dal suo Vescovo, seppur smarriti e orfani, sentimmo in noi spuntare una certezza: quella di dover condividere, per amore degli altri fratelli in Cristo, la grazia di Dio, che per antonomasia è gratuita e non si sottopone mai ai mutevoli desideri umani. Con la morte nel cuore lo accompagnammo con le nostre preghiere ad obbedire ancora una volta alla Volontà di Dio. Non fu un addio perché anche da lontano amava seguire le sue pecorelle alle quali rimase legato fino alla fine come un padre con i propri figli e guidava molti di noi spiritualmente con tanti scritti: ci esortava a continuare nella preghiera e nella penitenza, ci incoraggiava a rialzarci dopo le cadute e, come ci disse più volte, ci presentava direttamente a Dio nell’offerta quotidiana della S. Messa per fortificarci. Ora dal Cielo accanto alla Mamma Celeste continua a seguire e ad intercedere per ognuno dei suoi tanti figli spirituali sparsi tra la Toscana e il Veneto e questo pensiero è per noi, che lo abbiamo conosciuto ed amato, grande fonte di speranza e di pace.” Nel 1999 don Gino è tornato il Diocesi come parroco di Caltana, dove ha svolto il suo ministero per tre anni. In seguito e fino agli ultimi giorni della sua vita ha svolto l’incarico di rettore della nuova chiesa Madre di Dio, all’Opera Immacolata Concezione alla Mandria con il compito anche dell’assistenza spirituale degli ospiti e della comunità delle religiose. L’esistenza di don Gino è stata caratterizzata dal voto dell’obbedienza, espresso tra le mani del Vescovo il giorno della sua ordinazione, che lui non ha mai contraddetto, nonostante grandi sofferenze che hanno minato il suo, pur ascetico fisico. Umile, fedele ed obbediente, si è sempre lasciato accompagnare per mano da Maria Santissima, che ha tanto amato e fatto amare dalla folta schiera dei suoi fedeli, come responsabile del Movimento Sacerdotale Mariano del Veneto. La Madonna non gli ha concesso il miracolo della guarigione, ma gli ha dato la grazia di accettare con spirito di fede e di offrire per la Chiesa tutte le sofferenze. Il punto di forza di don Gino, oltre al Rosario, era l’Eucarestia perché egli di fronte a quel “ divino prigioniero d’amore” esprimeva la parte migliore di se stesso, con un inno incessante di lode e di riparazione e da qui traeva la sua serenità e la forza del suo incessante operare, nonostante la malattia lo prostrasse. Grazie don Gino per l’esempio che ci hai donato e per i tuoi insegnamenti! Ricordati di noi tutti dal cielo. Paola
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La pagina dei Giovani YOUCAT (YOUTH CATECHISM) Per conoscere e vivere la fede della Chiesa “Studiate il catechismo con passione e perseveranza! Sacrificate il vostro tempo per esso! Studiatelo nel silenzio della vostra camera, leggetelo in due, se siete amici, formate gruppi e reti di studio, scambiatevi idee su Internet. Rimanete ad ogni modo in dialogo sulla vostra fede! Dovete conoscere quello che credete; dovete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di informatica conosce il sistema operativo di un computer; dovete conoscerla come un musicista conosce il suo pezzo; sì, dovete essere ben più profondamente radicati nella fede della generazione dei vostri genitori, per poter resistere con forza e decisione alle sfide e alle tentazioni di questo tempo.” (Benedetto XVI dalla Premessa) Maria nello YouCat Nel nuovo catechismo della Chiesa cattolica dedicato ai giovani di oggi, si parla di Maria, madre di tutti noi. E’ sorprendente vedere come vengano proposti interrogativi e risposte concreti che vanno a colmare quei dubbi, quelle perplessità che anche il giovane cristiano moderno si pone! Di seguito vi propongo tre punti su Maria presenti nello YouCat: Perché Maria è anche nostra madre? Maria è nostra madre perché Cristo, il Signore, ce la affidò come madre. «Donna, ecco tuo figlio… Ecco tua madre» (Gv 19, 26a – 27b). Queste parole, che Gesù pronunciò sulla croce rivolto a Giovanni, sono sempre state intese dalla Chiesa come un affidamento di tutta la Chiesa a Maria. A questo modo Maria è anche nostra madre; possiamo quindi invocarla e chiederle intercessione presso Dio.
Che cosa possiamo imparare dal modo di pregare di Maria? Imparare a pregare da Maria significa concordare con la sua preghiera: «Avvenga di me secondo la tua parola» (Lc 1,38); la preghiera è in fondo una donazione che risponde all’amore di Dio; quando diciamo di sì come Maria, Dio ha la possibilità di vivere in noi la sua vita.
Maria può veramente aiutarci? Sì. Che Maria ci aiuti è cosa sperimentata fin dall’inizio della Chiesa e milioni di cristiani lo attestano. In quanto madre di Gesù Maria è anche nostra madre; le buone madri intervengono sempre per i loro figli; […] poiché il suo amore nei nostri confronti non viene mai meno, possiamo essere certi che lei interverrà in nostro favore nei due momenti più importanti della nostra vita: «adesso e nell’ora della nostra morte». “Nel cielo abbiamo una madre… essendo in Dio e con Dio, è vicina ad ognuno di noi, conosce il nostro cuore, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data proprio come “madre”, alla quale possiamo rivolgerci ogni momento”. (Papa Benedetto, 15.08.2005) Seguiamo l’esempio di Maria, che ha saputo far proprio il Vangelo; impariamo a pregarla ed ascoltarla come ci ha suggerito suo figlio Gesù! Erica
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Dal Santuario
Rievocazione Storica 2011: Incoronazione di Maria a Regina della Saccisica Rievocare, verbo latino che letteralmente significa richiamare alla memoria altrui e propria; chi rievoca ha lo scopo di portare all’attenzione del momento un avvenimento più o meno recente, con lo scopo di farne memoria perché non venga sepolto dall’inesorabile trascorrere degli anni che portando altri fatti, altri avvenimenti fanno depositare una patina di polvere su quello che è stato. Il Santuario Madonna delle Grazie si è reso testimone di molti avvenimenti che lo riguardano, in quasi cinquecento anni di storia che lo vedono essere il Santuario Mariano per eccellenza nel territorio della Saccisica, ed è per questo che un gruppo di Attori improvvisati sotto l’esperta guida della regista Ornella Marin Ranzato hanno pensato di far rivivere e quindi rievocare fatti storici avvenuti con certezza negli anni trascorsi, portarli in scena, e far memoria popolare della Storia del Santuario Madonna delle Grazie. Questo è cominciato cinque anni orsono(2007), e rispettivamente sono andati in scena il momento storico in cui il Papa Innocenzo VIII,il 24 novembre 1484, dette decreto per far costruire la chiesa a seguito di un evento miracoloso che vede Maria parlare per bocca di un neonato, per porre termine a una lite fra due fratelli per il possesso del quadro del Bellini. Nel 2008 andò in scena la vendita all’incanto del santuario al nobile veneziano Querini e il suo salvataggio per mezzo di una confraternita appositamente costituita; segno della devozione dei fedeli che non volevano veder chiuso il luogo sacro per pregare Maria. Nel 2009 si rappresentò la peste che colpì il Piovese e il voto fatto dai notabili del tempo e da tutta la popolazione, il 6 maggio 1631 voto che portò a un bassissimo numero di morti rispetto alle popolazioni limitrofe, segno che in momenti in cui il male imperversa e non si trovano soluzioni ricorrendo alla Vergine non si rimane inascoltati. Il 2010 vide in scena l’alluvione straordinaria che colpì nel 1847 il piovese, momento che trovò il Santuario invaso dall’acqua, e subito si pensò di Salvare l’immagine di Maria; con una processione di Barche fu portata in duomo e vi rimase per circa due mesi, finchè le acque non si ritirarono e il Santuario fu nuovamente aperto ai fedeli. Quest’anno 2011 l’avvenimento che è stato portato in scena riguarda L’INCORONAZIONE DELLA VERGINE MARIA A REGINA DELLA SACCISICA. Avvenne il primo Giugno 1947 quindi storia abbastanza recente. Molte persone che vi hanno assistito allora da piccolissime, hanno potuto veder rievocata e quindi portata alla luce una storia che la polvere aveva nascosto ma che subito è risultata vivida nei ricordi. La seconda guerra mondiale ha segnato profondamente la vita e la mentalità dei nostri nonni, è difficile a volte far capire ai giovani come si sono formati gli anziani, quali situazioni difficili hanno dovuto af-
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frontare nella loro giovinezza, questo è uno dei temi affrontato con la rievocazione di quest’anno. Siamo nel 1943, il conflitto mondiale imperversa, la popolazione cerca di sopravvivere come può alla violenza della guerra, ne troviamo racconti nel libro di Danila Carraro De Lazzari dal quale abbiamo estrapolato alcune scene che gli attori hanno fatto rivivere. Ma seppur i tempi siano drammatici i Piovesi spronati dalla forza di volontà di Monsignor Enrico Migliorin allora arciprete del Duomo di Piove di Sacco, danno inizio a una raccolta di piccoli monili d’oro per le grazie ricevute.Sono pronti a onorare la solenne promessa della parrocchia di Piove di Sacco al cuore immacolato di Maria PER OTTENERE GRAZIE SPECIALI NEI PRESENTI TRISTISSIMI MOMENTI. La solenne promessa fatta dal Migliorin il 16 maggio del 1943 prevedeva l’incoronazione della Madonna delle Grazie con una corona d’oro, “la più bella che avessimo potuto offrirle”. Siamo quindi giunti nel 1947 la guerra termina e i disagi della popolazione sono ancora visibili ma Piove volle ugualmente assolvere la promessa fatta ponendo sul capo della Madonna delle Grazie una corona d’oro massiccio con 450 gemme preziose. Alla cerimonia parteciparono circa 50mila fedeli provenienti da ogni parte della Saccisica. Fu incoronata dal Vescovo Carlo Agostini in quella che a tutt’oggi si chiama piazza dell’Incoronata. Tutto questo è andato in scena il 29 maggio 2011 nel Santuario della Madonna delle Grazie, gli attori volontari erano una trentina e hanno rievocato episodi di guerra. Supportati da numerose comparse, hanno fatto rivivere il momento dell’incoronazione e la processione che ne seguì. Il momento solenne dell’incoronazione è stato davvero emozionante il “Coro Madonna delle Grazie” intona i canti (originali dell’epoca) e gli spettatori si uniscono con gioia al canto, quasi fosse stato il vero momento, L’altare si riempie di stendardi e il canto esplode come allora, le persone anziane continuano a ripetere: ” così, proprio così è stato”. Questa frase ci ha fatto capire che avevamo fatto “centro” abbiamo rispettato l’avvenimento storico. Un altro tassello di storia del Santuario è venuto alla luce per chi non lo conosceva. Alla prossima e un grazie a tutti i volontari,(attori finti frati e prelati, popolane, sarte scenografi, collaboratori) all’Associazione Madonna delle Grazie e al CTG artefici dell’iniziativa. Patrizia
Le Suore in visita al Santuario Nel nostro Santuario si ritrova mensilmente un gruppo di suore del nostro territorio. Sono le suore che troviamo nelle scuole materne, che sono presenti negli ospedali, nelle case di riposo, che ci aiutano a pregare, che visitano gli ammalati, che collaborano con i parroci nelle attività pastorali, che sono catechiste. Molti di noi non possono dimenticare le nostre esperienze d'infanzia segnate da tanto bene ricevuto dalle nostre care suore. Nella spiritualità classica un posto di notevole valore occupa il momento di ritiro spirituale. Le consacrate vivono questa scadenza mensile per un approfondimento spirituale guidate da un sacerdote per interiorizzare e riflettere. Raccolte nel silenzio del Santuario, casa di Maria, ritrovano la forza di superare le difficoltà nel nome di Gesù, secondo il carisma dei loro fondatori, per guardare avanti, nel segno della speranza per tutti. Mara
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Cronache
UN DONO ACCOLTO E VISSUTO IN 50 ANNI COME PASTORE La cittadinanza da pochi giorni ha concluso i festeggiamenti per il 50° anniversario di sacerdozio di Mons. G. Facchin e la Comunità delle Grazie sente il desiderio di esprimere alcune considerazioni, riassumere piacevoli situazioni con Lui condivise, ringraziarlo, ed allo stesso tempo divulgare alcuni preziosi consigli ricevuti dal nostro vicario. Lo scorso anno, nel periodo di assenza dalla parrocchia di Don Franco, abbiamo avuto numerosi incontri con Don G. Facchin, momenti importanti per conoscersi e confrontarsi. Nelle varie riunioni dei Consigli Pastorale e degli Affari Economici, dallo stesso presiedute, nei periodici incontri preparatori alla Missione Cittadina e pure agli incontri vicariali. Buona parte delle persone che non lo conoscevano hanno potuto apprezzare le indubbie capacità di Pastore, la Sua semplicità e fermezza, la capacità di sintesi e schiettezza espositiva, nei concetti e nella loro trasposizione nel vissuto quotidiano. Una persona forte, sempre in ascolto e disponibile al dialogo; affrontato con attenzione e, certo grazie anche all’esperienza di Vita degli anni passati in Missione, al temine degli incontri non mancano mai le Sue analisi finali cariche sì di Fede ma soprattutto impregnate di ottimismo e Fiducia nello spirito di Comunità. Un Pastore, Mons. Facchin, eclettico. Diverse le esperienze, non solo canoniche o religiose, intraprese in ambiti diversi, che hanno possibile nel Duomo e nelle Parrocchie della Missione Cittadina una collaborazione diffusa ed una circolazione di idee e talenti diversi. Certo è lo spirito della Missione Cittadina, preti e laici che lavorano e portano la Parola di Dio al prossimo ma lavorare in Comunità non è facile ed ogni progetto va seguito passo dopo passo. Il buon Pastore è colui che lascia esprimere le capacità, motiva i volontari, coinvolge i giovani, arricchisce i gruppi, responsabilizza le Famiglie: segue da lontano, apparentemente. Nel concreto il Pastore favorisce la fioritura del Bene, tra i fedeli, all’interno delle Comunità cristiane. Si è potuto percepire, con Mons. G. Facchin, una pastorale di grande e rinnovato respiro. Gli obiettivi della Chiesa non sono sempre ben chiari a chi non ha una Fede profonda ma quando le esperienze di Vita, le testimonianze ed i messaggi genuini vanno nella giusta direzione e la progettualità é il Bene Comune allora si è nel giusto sentiero. Noi, Parrocchia Madonna delle Grazie, ci auguriamo di poter continuare a collaborare con le Parrocchie del territorio, in viaggio verso una Comunità unita, con le nostre evidenti incomprensioni ma nei propositi e negli obiettivi piano, piano lasceremo cadere i pesi dell’egoismo e dell’orgoglio per caricarci dei giusti intenti per desiderare e realizzare il Bene e l’Amore verso il prossimo. Ringraziamo Mons. G. Facchin per la Sua profonda umanità, esprimiamo grande stima per la Fede che ci ha trasmesso, ancora una volta, e chiediamo allo Spirito Santo di rimanere a nostro fianco per darci forza e coraggio nel progetto futuro della nostra Comunità. Manlio
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