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numero:
O.O
l’assieme di artifizi comunicativi
Magazine di arte, comunicazione visiva e cultura urbana con uscita scadenzata. copertina01.pdf
27-01-2008
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< File non pervenuto! >
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EDITORIALE di Colletta Grafica mail@feelbettermag.com
Also available on web: www.feelbettermag.com (Pliz visit our guebb saitz).
>Feel Butter Ariecchice!?! Passato il santo, passata la festa. Cosa rimane? qualche chiletto in più sulla "panza" e così anche Feel+ ingrassa e mette su qualche pagina. Visto l'interesse suscitato, come si suol dire dalle nostre parti "ci siamo allargati", ma questo non può che essere positivo, e così sia... FEEL BUTTER number 00 (like flour).
Logo Italia.it
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Featuring and cheers. Qualche nome nuovo non guasta e non ci stancheremo di ripeterlo: chi ne ha voglia si faccia avanti. Ringraziamo tutti, da chi ha dato vita a questa idea, fino all'ultima penna che si è "disturbata" per noi, dagli sponZor (si sente l'accento?) ad un ragazzo di nome Michele che un giorno vedendoci entrare nel suo negozio invece di apostrofarci con un "Buongiorno" come suo solito, ci disse: "Se non vi sbrigate a fare uscire il secondo numero vi prendo a calci in culo". Grazie Michè... queste sono le cose che vorremo sentirci dire ogni volta… Jam'avanti! (GO FFWD). The climate has changed. Dal numero "0" sono cambiati un po’ di scenari, soprattutto quello politico... e così fanno 61 governi in 60 anni di costituzione. IMBATTIBILI. Anche se non parleremo di politica un omaggio era doveroso: Italy, the sheep. Cambia l'impaginato di questo numero e questa sarà una costante di tutte le uscite. Ogni grafico/impaginatore è invitato ad interpretare in modo diverso gabbie, colonne, font, immagini e tutto il resto. All the colors has changed, ma il nostro interno rimane monocromatico. Coerenza, please.
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Noio... volevam savua'..l'indiriss... ja? Il portale (e logo) più discusso del momento, www.italia.it, chiude. Una battaglia condotta a colpi di mouse sui vari siti di categoria, di post e commenti lasciati su molti blog hanno messo in ginocchio quello che per tutti gli addetti al settore della comunicazione era una delle più brutte pagine del MADE IN ITALY. Battaglia vinta. Andate su you tube, inserite nel search la parola ITALIA.IT e guardatevi il primo video, Totò e Peppino in confronto erano dei pivelli! Vabbè, è finito lo spazio: ora potete anche voltare pagina e godervi questo numero. See you soon and save you soon, è proprio il caso di dirlo.
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RENATO BOZZETTO
Hello, my name is Italy!?!?
I would just to know WHO is next!
what do you mean?
Ciao a tutti, il mio nome è Italia! Mi piacerebbe solo sapere chi è il prossimo!
FEEL Sentire, intesa, legame emotivo che si stabilisce tra due o più persone: stabilire un feeling con il pubblico. BETTER (+) MEGLIO, migliore (si usa generalmente come predicato nominale con i verbi essere, parere, sembrare)
feel better mag, numero 0.0, hanno fatto questo numero: Angela Marinaro Francesco Giannino Francesco Marsico Francesco Paciola Gaspare Coscarella Luigi Vircillo Manolito Cortese Marco Carà Renato Bozzetto
Tutti i grafici, artisti, designer, architetti, illustratori, scrittori, poeti, pubblicitari, fotografi, webmaster, programmatori, marckettari e comunicatori in genere sono invitati a partecipare. feelbettermag.com feelbettermag.blogspot.com mail@feelbettermag.com
Questa volta è toccato a Manolito impaginare. (Ci siamo dimenticati di segnare che il primo numero è stato impaginato da Francesco P.) ...avanti il prossimo!
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MARCATI STRETTI di Angela Marinaro angela.marinaro@hotmail.it
Benvenuti, signore e signori, nell’epoca del brand: la marca si è fatta santa. E anche a noi tocca un briciolo di effimera immortalità: questo è il tempo del consumo. E noi ci stiamo dentro, marcati stretti. Contraffatta o no, che importa. È marca. E Ti marca. La politica arranca, la fede si arrocca, i valori, quelli con la V, (come Vuitton) decadono. Tutto passa, la marca rimane. E trionfa. L’unico segno distintivo che parla di te. L’unico sistema di status universalmente e immediatamente condiviso: altro che le logore classi sociali, meglio la prima classe (Alviero Martini docet). Perciò, se hai ai piedi le hogan, guidi la mini, ascolti l’ipod, guardi l’ora sul rolex e tieni le chiavi di casa nella gucci, tutto questo fa la differenza. La tua marcata differenza.
Ogni santo Brand è un insieme di valori (con la v minuscola, però), emozioni, storie e immagini condensate in un logo, che racconta agli altri chi sei. E basta con questa storia dei bisogni indotti: desidero desiderare, c’è scritto sulla porta del paradiso: solo il brand vi salverà. E allora in coro diciamo: Consumo dunque sono, e se consumo di marca sono… di più. E cosa mi piace, cosa desidero, ciò che mi appartiene e mi rappresenta, ve lo raccontano, in superficie, le marche di cui è fatta la mia vita. Perciò, inutile opporre resistenza: No logo, no party! Perché rinunciare a tutto questo ben di dio…magari in saldo? Benvenuti in paradiso: qui è tutto marcato puro. Entrate, spendete e godetene tutti…tranne quelli che vestono Prada, è ovvio.
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Marca (o brand) Nome, disegno o segno grafico che identifica un prodotto, una linea di prodotti o un’impresa, allo scopo di differenziarli dalla concorrenza. Il brand originariamente era il ‘marchio’ con cui i cowboy identificavano le loro mucche per indicarne la proprietà. Quest’idea fu ripresa dalle aziende che per farsi conoscere iniziarono a mettere il loro marchio sui prodotti. Il marchio si è evoluto fino a diventare ‘marca’, che oltre a essere un segno puramente distintivo, contiene in sé la storia dell’impresa, i valori e le emozioni a essa associati, la relazione con i consumatori, il livello di fiducia e notorietà acquisiti.
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COPY ET PASTE di Manolito Cortese manolyto@manolyto.it
Attiva la comunicazione. (per leggere questo articolo, basta uno specchio.)
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QUESTIONE DI CARATTERE di Francesco Paciola francesco.paciola@logotype.it
Mettiamo che, state compilando un Curriculum per un colloquio con una multinazionale, una presentazione multimediale per una compagnia aerea, impaginando un bilancio per una banca o semplicemente la vostra brochure aziendale. Cosa fate? Accendete il Mac (Pc? chi ha detto Pc?) scegliete delle foto (evitate Publisher, vi prego) e ad un certo punto vi troverete a che fare con una cosa chiamata TESTO. La scelta di una Font (o Carattere) è basilare per la lettura e determina il tono che volete dare al vostro prodotto. Più questo è alto, più sarete presi in considerazione.Ecco perchè avitando le 10 font qui di fianco elencate, sarete già a metà dell’opera. Per il colloquio: in culo alla balena?
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Akg vertice
asta obliqua
ascendente
orecchio
altezza della maiuscola
braccio
altezza della minuscola
linea di base
altezza discendenti
raccordo
barra
occhiello
grazia
gamba
cappio
collo
pancia
altezza della maiuscola
altezza della minuscola
linea di base
altezza discendenti sperone
asse inclinato
asse verticale
coda
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SIGNS AND SYMBOLS di Gaspare Coscarella feelbet@gasparecoscarella.net
La simbologia nazista. Trattare della simbologia nazista risulta assai arduo e complicato. Proverò a fare una piccola descrizione di alcuni dei numerosi (prevalentemente Rune germaniche) simboli che il movimento nazista usò negli anni di dominio in Europa.
Runa Le Rune sono il linguaggio segreto del mondo. Runa significa, appunto, ‘segreto’, ‘sussurrare’. Esse trovano le loro origini nella tradizione germanico vichinga e furono usate anche dal misterioso popolo celtico come strumento divinatorio associato alla forma tradizionale divinatoria druidica espressa attraverso la lettura degli Ogham: pezzetti di legno intagliati con i simboli rappresentanti il loro alfabeto criptico.
Il simbolo più utilizzato e conosciuto è la Svastica (HakenKreuz o Svastika), di origine asiatica, da sempre un simbolo collegato alla fortuna, tant’è che in una cartolina beneaugurante del 1907 veniva descritto (erroneamente) come formato da quattro L, che stavano per ‘Love, Life, Luck and Light’. Prima dell’avvento del nazismo, la svastica era già stata utilizzata in Germania dai movimenti che si rifacevano all’ideologia etno-nazionalista Völkisch. Il primo uso documentato come simbolo ariano fu quello di Adolf Lanz che la utilizzò per comporre la bandiera del suo Ordo Novi Templi, un’organizzazione parareligiosa che propugnava le tesi dell’ariosofia. La bandiera gialla dell’ordine mostrava una
svastica rossa attorniata da quattro gigli araldici dello stesso colore. Simile alla svastica è il Sonnenrad, dalla forma più rotonda. Altrettanto conosciuta è la Croce Celtica, combinazione di una croce con un anello all’intersezione. Di origine antica (molto diffusa nell’odierna Gran Bretagna) fu adottata dai nazisti come simbolo rappresentativo della cultura “occidentale”. In seguito divenne il simbolo di diversi movimenti di estrema destra in tutta Europa. Venne adottata dal Parti Populaire Français (partito popolare francese), un partito politico fascista condotto da Jacques Doriot prima e durante la seconda guerra mondiale. Tra i partiti collaborazionisti della Francia di Vichy esso è considerato generalmente come il più vicino al Nazismo. Non risulta, invece, malgrado voci a favore di questa tesi,
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che la croce celtica sia mai stata adottata dalla 33. Waffen-Grenadier-Division der SS Charlemagne, reggimento formato da unità francesi di volontari nella Wehrmacht e successivamente nelle Waffen-SS.
Nazismo Il termine ‘nazismo’ (contrazione di nazional-socialismo) definisce l’ideologia e il movimento politico tedesco collegati all’avvento al potere in Germania nel 1933 da parte
In Italia nel 1993 la legge Mancino sanzionò l’uso dei simboli di organizzazioni e movimenti che istigano all’odio razziale: la croce cosiddetta celtica, stilizzata, è equiparata alla svastica nazista e costituisce, perciò, apologia di reato. Lo Sieg, runa simbolo della vittoria, rappresenta la parte peggiore del movimento Nazional-Socialista: le SS (raddoppiato). Da ciò la nascita dello slogan Sieg Heil, utilizzato ai raduni di massa come quello di Norimberga in cui al grido ‘Sieg!’ da parte di un ufficiale nazista migliaia di persone risposero: ‘Heil’. Per ora la nostra trattazione si ferma ai simboli più noti: molti altri, anche se meno conosciuti, furono i simboli del nazismo. Ne riparleremo presto.
di Adolf Hitler, e conclusosi alla fine della seconda guerra mondiale con la conquista di Berlino da parte delle truppe sovietiche (maggio 1945).
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URBAN CULTURE di Franky Manocchio manocchio@manocchio.it
Mo’ ti prendo a calci! Il ritrovo era la piazza del quartiere, dove ogni giorno alla stessa ora ci si incontrava con quegli amici che di studiare non ne volevano nemmeno sentir parlare. Ore 14:30: il tempo di mangiare e ci si beccava per fare la conta. Ricordo che c’era Kinderino (per via della carnagione scura nonché nipote del barista), Capone (quando si dice che la testa deve entrare 7 volte nel corpo… non era proprio il suo caso), Uccellino (per via del fisico gracile) Dent’i Zappa (qui c’è poco da spiegare), Ricch’i puarco (per le orecchie a sventola), Pantaloncinipapà (per gli shorts più grandi del dovuto) e poi c’era lui: il pallone. La maggior parte della nostra gioventù è trascorsa così: prendendo a calci una sfera, ispirandosi più ai miti dei cartoon che ai veri calciatori (quando in Italia esisteva un giUoco chiamato calcio). Provavamo a disegnare traiettorie alla Shingo Tamai, tentare tiri impossibili alla Holly e Benji o saltare di testa così in alto da far
invidia a Mimì Ayuara. Tutto questo accadeva con le scarpe da calcio che erano le stesse che usavi la mattina dopo per andare a scuola, su campi da gioco che non erano nemmeno lontanamente in odore di erbetta sintetica e se davi un calcio alla gamba di un giocatore (mancando il pallone) sapevi che ti sarebbe stato restituito con gli interessi e te lo tenevi perché faceva parte del gioco. Ma il protagonista indiscusso del campo era lui: quella sfera tonda alla quale provavi ogni volta a far fare una magia o un “giochetto” inaspettato. Il rapporto non era tra te e l’avversario ma tra te e il pallone che stava lì e aspettava solo che il tuo piede lo facesse muovere. Ogni età è stata accompagnata da un pallone diverso, che caratterizzava una fase di apprendimento e di demarcazione sociale (calcisticamente parlando) ben precisa. Più di un semplice pallone, dunque: un simbolo di status, e, in certi casi, un vero oggetto di design. L’entry level era rappresentato dal Super Tele: il pallone degli sfigati, quelli del “non ci prendo proprio”, del “non c’ho ‘na lira”, “non ci capisco un cazzo, per me so’ tutti uguali”. Al terzo tiro era già deforme
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per via della plastica di bassa qualità e se ti presentavi con uno di quelli alla partita venivi guardato storto a vita e automaticamente apostrofato “u minchiune”. Senza speranza, posto in porta assicurato. Popular level, in cui si identificava tutto il ceto medio italiano che prendeva a calci un altro mito del passato: il Super Santos. Di colore arancio (perché?), di plastica da 280 gr. (ancora lo ricordo... rigonfiabile) affidabile nel rispettare le traiettorie, con il nome scritto a caratteri cubitali neri e ombratura in giallo. Un buon biglietto da visita che ti faceva accogliere dagli altri come one of us (“uno di noi”). Il pallone per la massa: “Appena vidi a porta, kiava ‘na puntazza”. Ma il Top era lui, il Tango. Un puro oggetto di design. Creato da Adidas per i mondiali di Argentina ‘78 e riproposto in Italia sotto licenza della Mondo (in plastica), era bello a vedersi, tosto, pesante, per gente che aveva nel piede “Il Piede”, per quelli che con il pallone ci parlavano: giocarci era qualcosa che andava oltre una semplice partita di calcio tra amici. Quando gli altri ragazzi ti vedevano arrivare con il Tango sotto al braccio, il passaggio dal rispetto alla
pura adorazione era assicurato:“You are fucking the best one” (“Tu si u miaglio i tutti”). Con il Tango entravi a far parte del gotha del calcio…da quartiere. Capitano, come ci sistemiamo in campo? Infine, the hand of God level: il Tango di cuoio. Uguale nelle grafiche al precedente ma di quel materiale che solo a toccarlo ti faceva venir voglia di prenderlo a calci (ma di quelli seri). Cucito a mano, quando lo toglievi dalla custodia ti dispiaceva poggiarlo a terra per il timore di rovinarlo. Il suono che emetteva quando lo sbattevi sulla strada era inconfondibile: un morbido tonfo pieno di bassi, che rimbombava nei palazzi e nei cortili ed era un sussulto al cuore ogni volta. Era il pallone dei campioni, quello che nel 1982, in Spagna, Rossi & Co. misero più volte in rete tanto da farci meritare la coppa, per intenderci. E anche noi, a giocare una partita con il Tango, ci sentivamo tutti un po’ campioni. Capone diventava Van Basten, Kinderino - Platinì, Dent’i Zappa - Pelè, Pantaloncini papà - Maradona e cosi via. Tutto bellissimo fin quando non usciva la mamma di turno dal balcone: “Joseeeeeeeeeeee!?! A casa!!!”.
more info at: http://it.wikipedia.org/wiki/Tango_(pallone) http://it.wikipedia.org/wiki/Super_Tele http://it.wikipedia.org/wiki/Super_Santos
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CODICE BINARIO di Francesco Giannino francescogiannino@gmail.it
Mi creo un lavoro con il social networking.
All’interno del mondo dei Social Network meritano una particolare menzione LinkedIn e Neurona per Il social network è, in sintesi, la mappa di relazioni le peculiarità con cui sono esistente tra le persone. state declinate le prerogative più interessanti delle carriera inaspettate. Infine, è possibile ‘raccommunity in funzione di scopi professiocomandare’ qualcuno, vale a dire descrivenali. Se siti come Facebook e MySpace re le qualità e le caratteristiche professionali puntano fortemente sui rapporti d’amicizia di uno specifico soggetto con cui, magari, e su tutto quanto è connesso alle relazioni si sono intrattenuti rapporti di lavoro più interpersonali nell’ambito del ‘tempo libero’, stretti. Questo accade già offline, ma qui si LinkedIn e Neurona si concentrano, invece, realizza in modo più professionale, preciso, sul business e le opportunità di carriera. Il articolato e, soprattutto, su scala mondiale! vero valore aggiunto di questi servizi non Questi servizi hanno enormi potenzialista tanto nella pubblicazione online di una tà, specialmente per chi fa della ricerca di sorta di curriculum vitae, quanto nella possipersonale qualificato, e, più in generale, bilità di condividere queste informazioni con della gestione delle human resources, la una enorme massa di soggetti e contatti propria ragione di vita. LinkedIn consente, qualificati. Gli iscritti possono, infatti, cread esempio, di creare anche delle micro are delle connessioni con persone di procomunità all’interno delle aziende stesse, pria conoscenza (colleghi, ex compagni di perché raggruppa tutti i colleghi iscritti e scuola, amici, amanti), le quali, a loro volta, connessi tra loro e offre una serie di utili avranno creato dei contatti con altre persocontatti da usare nel caso si sia alla ricerca di ne nel proprio contesto di riferimento. Così nuovo personale da assumere. Come semsi forma una rete in cui gli iscritti possono pre, lo strumento è neutro ed è l’uso che far circolare informazioni, porre domande, se ne fa che ne accresce, a volte anche in ricercare nuove opportunità di carriera e di modo esponenziale, le potenzialità. Questi business, al di fuori delle tradizionali conoservizi sono destinati a essere usati sempre scenze. All’interno di LinkedIn e Neurona di più nella selezione del personale, perché si possono stabilire relazioni con soggetti aiutano non solo i professionisti del settore che si vorrebbero conoscere, attraverso un a selezionare le migliori risorse presenti sul contatto affidabile e di reciproca garanzia. mercato, ma affiancano anche le persone Inoltre, gli iscritti hanno la possibi plorare professionalmente molto dotate e prepaambiti lavorativi nuovi e poco conosciurate nella ricerca di nuovi e più qualificanti ti, che potrebbero aprire prospettive mai sbocchi professionali con cui accrescere la considerate, oppure offrire opportunità di propria esperienza di vita.
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DIGIDESIGN di Marco Carrà fzerodesign@libero.it
Il Writing Un mondo fatto di colori, segni, figure, che, da circa 30 anni, vive in maniera più o meno sotterranea: il Writing. tamente per il writing) ad opera di writers come Phase 2 e Lee 163d. Con le vernici spray si riuscivano a coprire superfici più grandi nel minor tempo possibile (vista l’illegalità della cosa). Le firme o tag (in fondo si tratta di apporre il proprio segno o la propria firma) divennero sempre più complesse e grandi fino ai Piece, grandi lettere colorate sia dentro che fuori. A seguire fu la volta del Masterpiece, una scritta fatta con tantissimi colori sulle fiancate della metro. Un percorso in rapida evoluzione da cui nacquero forme e stili sempre diversi, ancora oggi di gran moda, che ogni writer porta avanti con orgoglio, perché è il modo per dire al mondo: “Io esisto”. Il mezzo scelto per far girare il proprio nome per la città fu la metropolitana (ancora non esisteva Internet), ma quando i controlli divennero eccessivi (ormai la bomba era esplosa) i writer ripiegarono sui muri. Alcuni si cimentarono in opere su tela, che esposero
nelle gallerie d’arte e così il Writing fece il giro mondo, fondendosi con le culture dei vari paesi. Il Writing ha fatto passi da gigante e oggi esisto-
Il Writing fa parte di una cultura più vasta: l’Hip Hop. Questa cultura (o sub cultura, che dir si voglia) è composta da tre ambiti ulteriori: l’MCing (l’arte della rima o Rap), il DJing o Turntablism (l’uso del giradischi come un vero strumento musicale) e il Breaking (la danza acrobatica su ritmi funky). Il Writing o Aerosol writing (e non “Graffiti”, si badi bene) nasce a New York alla fine degli anni ‘60 in quei quartieri dove, per molta gente, perlopiù afro-americani, l’unica possibilità di emergere da una situazione di assoluto degrado era scrivere il proprio nome su un muro o sulla fiancata di un vagone della metropolitana (NYC Transit). Il primo a cimentarsi nel Writing fu Julio 204, che scriveva il suo nome dappertutto usando dei pennarelli chiamati Magic Marker. Lo seguirono a ruota Thor 191 e Taki 183 (i nomi dei writer erano composti dai loro nomignoli di strada e dal numero del posto in cui vivevano). Di lì a poco il fenomeno sarebbe esploso con una potenza e una forza inaspettata. In breve tempo venne introdotto l’uso delle vernici spray (per questo Aerosol, vernici prodotte apposi-
no molti stili e tecniche: dalle lettere semplici a quelle illeggibili, piatte o fatte in 3D, all’uso di elementi figurativi (characters e non solo) fino alle scritte “pure” di cui ogni writer va fiero! A distanza di 30 anni dalla sua nascita la cultura del writing è in costante evoluzione.
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MELA Q
di Luigi Vircillo info@vircilloepartners.com
Lo sguardo attraverso Alice
dinamica Supporto pubblicitario in movimento, comprende bus,
Chiamali stimoli, chiamala ispirazione, oppure semplice osservazione. E’ quel bisogno che spesso si presenta come tormentato desiderio quando lo sguardo cerca nel mondo un punto su cui fermarsi. Un punto fermo e deciso come quello che chiude la frase di un discorso ricco di senso. Lo stesso senso che desiderano i “sei personaggi in cerca d’autore” di pirandelliana memoria quando, stabilito il loro punto di vista, vogliono esprimersi di nuovo, ancora una volta… Ma questa volta il loro palcoscenico sei tu, unico luogo al mondo in cui possono mettere in scena il loro spettacolo. Isola misteriosa che si perde tra i cieli limpidi della fantasia e le ripide scogliere della creatività che si tuffano a strapiombo nel mare dei significati e del senso.
metropolitana, tram, ecc
Loro sono ovunque, arrivano quando meno te lo aspetti, ti cercano, ti chiamano. Mentre sorseggi il tuo caffé mattutino, in compagnia di un collega, di un amico, o di te stesso. Prendono il posto dei tuoi momentanei
interessi, e i discorsi, i pensieri non avranno più importanza perché loro cercano un senso, un nome e una forma. E diventano la forma della bustina di quello zucchero dal nome che non ricordi che hai appena mescolato al tuo caffé. Stessa cosa che vorresti fare tu mentre ne osservi fattura, linee, consistenza, opere e omissioni. Ne apprezzi i pregi e cerchi di individuarne i difetti per rimischiarli nella tua mente, per dargli un nuovo gusto, un nuovo senso, il tuo. Poi, li ritrovi ad aspettarti alla fermata dell’autobus quando il tuo numero tarda ad arrivare. Ti costringono a guardare la comunicazione dinamica, si, perché passa, si muove assieme a tutti quegli autobus. Tanti autobus, a volte troppi per continuare a sopportare molto che i personaggi ti costringono a guardare. Arriva sera e in tivù danno un bel film. Ti siedi al divano insieme ai tuoi cari e pensi di goderti le prossime due ore. Invece no, quando i tuoi cari rilassano lo sguardo in attesa del secondo tempo, tu sei
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li, concentrato sulla pubblicità… insieme a loro. Quando li ho conosciuti? In un workshop di creativi a Mestre. Si parlava di comunicazione globale e ognuno di noi doveva inventare un simbolo che facesse capire qualcosa al cinese o all’inglese presente in aula. Ecco, fu allora che cominciai ad osservare tutto. Dalla trama delle calze delle anziane signore, alle ruvide incisioni sui tombini della fognatura. Fu allora che capii l’importanza dell’osservare, quando trovai ispirazione in una targa commemorativa nascosta tra le foglie di un albero poco curato. Probabilmente il cinese non capì il mio simbolo ma io forse, fu allora che capii quel potente mezzo di comunicazione che è la vita. Tutto intorno a noi comunica, tutto, nessuna cosa esclusa. E i miei personaggi erano li, li vidi per la prima volta dopo aver capito tutto ciò. Chiedono che tu osservi il mondo per alimentarti di sensazioni, da interpretare per comunicare. Loro che sono insieme forma e sostan-
za, maschere e personaggi. Sognano di avere un senso mentre lo creano e il loro essere racconta storie sempre diverse, quelle delle nostre sensazioni, delle nostre esperienze. Sono necessità e tu rispondi, e mentre lo fai speri che il senno di poi, la lucidità critica, la ragione, ti aiuti a mettere ordine, rielaborare il mondo attraverso i tuoi occhi, per restituire al mondo la tua visione, personale e soggettiva. E’ lo sguardo sognante di Alice, il solo che riesce a spingersi fino al cuore della sorgente, fino al punto che potrebbe spiegare il mistero profondo dell’isola che non c’è, là dove quei personaggi riusciranno a mettere in scena il loro spettacolo d’affascinante inquietudine. Là dove storie conosciute e personaggi antichi si incontreranno e, perdendo la loro singolarità, si uniranno in una giostra di significati e di rimandi per dare vita ad un nuova storia, quella che spiega il senso della tua esperienza, ancora una volta, punto fermo del narrare.
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TESTUALI PAROLE
Valore Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura il pasto,un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite. Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che. Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia. Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore. Molti di questi valori non ho conosciuto.
Erri de Luca
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