L’attrattività turistica di una location: tra immagini paesaggio e cinema

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L’ATTRATTIVITÀ TURISTICA DI UNA LOCATION: TRA IMMAGINI PAESAGGIO E CINEMA. LO SGUARDO DI “BASILICATA COAST TO COAST” A. Bencivenga*, L. Chiarullo*, D. Colangelo*, A. Percoco*

Sommario Il territorio e la rappresentazione che di questo si ha sono elementi che influiscono in modo significativo sull’attrattività turistica di un’area. L’appeal turistico di una destinazione, infatti, è sempre più legato alla percezione che il turista ha del territorio, al paesaggio mentale che ciascun visitatore si costruisce a partire da stimoli e input provenienti dall’esterno. Nella costruzione dell’immagine della destinazione turistica i media esercitano un’influenza notevole. Il cinema è lo strumento di promozione territoriale in grado, più di altri, di rendere popolare l’immagine di una destinazione, di crearne una differente, di reinventarne una esistente. Il coinvolgimento suscitato dalle immagini del grande schermo, la diffusione dei mezzi attraverso i quali tali immagini fluiscono (sale cinematografiche, dvd, tv) influenzano la decisione del turista nella scelta della destinazione. In questo saggio si presenta in modo specifico il rapporto che vi è tra paesaggi cinematografici e promozione turistica di un’area rurale della Basilicata. Il caso studio che qui si prende in esame è l’ultima produzione di Rocco Papaleo, “Basilicata coast to coast”.

1. Territorio, immagini e paesaggio Spazio, territorio e paesaggio non sono termini equivalenti, per quanto spesso vengano utilizzati indifferentemente, generando notevole confusione. Lo spazio si pone in posizione antecedente rispetto al territorio, rappresentando, infatti, la materia prima su cui l'uomo vive e lavora, su cui, cioè, imprime i segni delle trasformazioni per adattarlo ai propri bisogni (Raffestin, 2005). L'insieme delle relazioni che l'uomo intrattiene con la natura per “addomesticarla”, che definiamo territorialità, origina il territorio, che rappresenta il sistema materiale da utilizzare per fini pratici (vita, lavoro ecc.) e che genera, quindi, valore d'uso. Il territorio è uno spazio artefatto e, rappresentando il luogo della vita e del lavoro quotidiano, la sua nascita avviene in funzione dell'utile piuttosto che dell'estetica. Ciò che crea il territorio è, quindi, il lavoro fisico e manuale. Il paesaggio, invece, è l'immagine del territorio. In questo caso, quindi, è il lavoro intellettuale a originare il paesaggio. Il territorio, infatti, non diventa paesaggio per il solo fatto di esistere. * Fondazione Eni Enrico Mattei - via del convento, 16 - 85059, Viggiano (PZ), e-mail: angelo.bencivenga@feem.it, livio.chiarullo@feem.it, delio.colangelo@libero.it, annalisa.percoco@feem.it

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Affinché questo passaggio avvenga è necessario l’intervento di uno sguardo peculiare, per effetto del quale il territorio si manifesta come paesaggio. Il paesaggio quindi diventa tale solo con il passare del tempo, dopo, cioè, che si è instaurata una relazione tra alcuni elementi territoriali e lo sguardo di un soggetto. Ma il guardare non è un puro atto fisiologico, si tratta infatti di un'operazione di portata culturale in cui i simboli, i miti e le credenze giocano un ruolo forte. Cambiando le categorie culturali di riferimento, quindi, cambia anche il risultato dell'intersezione sguardo umano/realtà materiale. Secondo tale prospettiva, guardare è interpretare e rappresentare e, in questo senso, non si tratta più solo di un atto individuale e indipendente, ma di un'operazione vincolata alla società di appartenenza e, dunque, al suo sistema di valori. E' per questo che lo stesso territorio può dar vita a paesaggi differenti, cioè a rappresentazioni differenti dello stesso pezzo di territorio (Raffestin, 2005). E', quindi, plausibile ipotizzare che non esiste “un paesaggio” ma “dei paesaggi”, proprio perchè le percezioni sono numerose e diverse le une dalle altre. Ciò anche in virtù del fatto che lo sguardo che percepisce non è unicamente quello dell'uomo, anche le arti figurate, la fotografia, la letteratura, i media, il cinema permettono questa rielaborazione e rappresentazione dello spazio. Sono tutti linguaggi che permettono l’elaborazione di immagini paesaggistiche a partire dall'osservazione della realtà contribuendo nel tempo a fissare alcuni caratteri del paesaggio stesso. In questo senso, dunque, il paesaggio non può essere considerato un’entità a sé, ma, secondo quando sostiene Turri (1998), è portatore di un’identità determinata dall’attività umana. Da quanto fin’ora detto emerge come i prodotti di uno sguardo non siano e non possano essere fotocopia della realtà, ma una sua rappresentazione; il paesaggio è, dunque, una rappresentazione che si situa all'incrocio tra un’impostazione oggettiva della realtà materiale e un orientamento percettivo dello sguardo. In questa ambivalenza sostanziale sta l'arguzia del paesaggio di cui parla Farinelli (1991), il suo essere, allo stesso tempo, un pezzo di realtà e la rappresentazione che se ne fa, oggetti e immagine degli stessi. Il concetto di paesaggio è, dunque, una sorta di «metafora sospesa tra realtà e fantasia» (Gambino, 1994, p.136). Il territorio ha cominciato a essere paesaggio quando ha iniziato a essere pensato, immaginato e, infine, rappresentato, vale a dire nel momento in cui la realtà materiale e prodotta dal lavoro umano è stata inserita all'interno di un sistema di rappresentazione. La realtà si manifesta, in senso fenomenologico, paesaggio quando l'uomo cessa di rapportarsi a essa unicamente con scopo pratico e utilitaristico. Ovviamente, però, «[...] cercare di abitare anche l'immagine di questa realtà è un atto estetico che avviene quando gli altri bisogni sono già stati soddisfatti» (Raffestin, 2005, p.84). 2


I paesaggi rurali e industriali sono esemplificativi di tale processo, in quanto immagine di vecchi territori appartenenti a territorialità scomparse o trasformate. Quando vivevano in funzione delle relazioni territoriali che li plasmavano, tali territori erano i luoghi dell'esistenza, e non paesaggi; lo sono diventati con la scomparsa delle passate territorialità. Per lo sguardo contemporaneo, quindi, il territorio diventa paesaggio, cioè immagine e rappresentazione, quando scompaiono i prodotti delle attività che hanno segnato i luoghi. Da quanto sino ad ora detto emerge come il territorio sia il luogo di vita che si può trasformare nel rispetto delle logiche che garantiscono la permanenza delle condizioni di esistenza. Il paesaggio, invece, inteso come rappresentazione o immagine, si può non solo trasformare, ma anche manipolare alla ricerca della migliore rappresentazione che renda conto dell’identità collettiva. Così, mentre il territorio può essere trasformato, e, in un certo senso, anche “perduto”, il paesaggio, per sua stessa natura, viene continuamente prodotto con nuove rappresentazioni, ad esempio dalla pubblicità, dai media o dalle immagini turistiche. Attraverso la rappresentazione e grazie al supporto delle nuove tecnologie, è possibile provare a realizzare il paesaggio-desiderio, inventando «il paesaggio nel quale vogliamo vivere e trasformandolo in territorio» (Raffestin, 2005, p.59). Il territorio attuale, cioè, prima di essere costruito e prodotto, può essere già immagine e, al contrario di quanto accadeva nel passato quando colui che lavorava materialmente nel territorio era poi in grado di “creare” il paesaggio, è possibile oggi, partendo da un paesaggio disegnato, produrre territorio.

2. Il paesaggio cinematografico e il turismo Seguendo Assunto (1999), che considera il paesaggio come «natura nella quale la civiltà rispecchia se stessa, immedesimandosi nella sue forme» (Assunto 1999, p. 365), si può inferire che l’arte, e quindi anche il cinema, contribuiscono alla sua formazione organizzando visivamente il suo aspetto. Il rapporto tra cinema, territorio e paesaggio va indagato su due differenti livelli di analisi; da un lato, infatti, il cinema ha bisogno del territorio (ambiente) come setting, cioè come spazio degli eventi (Terrone, 2010), dall'altro, in virtù della sua capacità di creare immagini, il cinema è in grado di generare e quindi promuovere paesaggi. Nell'economia di un film, la promozione di immagini paesaggistiche dipende dal ruolo che la narrazione riconosce al territorio. Alla stregua di un attore, esso assume sovente sfumature melodrammatiche, colori cupi o, viceversa, i toni vivaci e la patinatura da copertina della commedia. C’è quindi un lavoro sulla fotografia, sulla scelta delle immagini fatta in sede di montaggio che porta spesso a produrre una rappresentazione del paesaggio diversa dalla realtà del

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territorio1. Seguendo la classificazione proposta da Provenzano2 (2007), si possono considerare cinque principali tipologie di paesaggi nel cinema: paesaggio invisibile, paesaggio sfondo, paesaggio spazio, paesaggio luogo, paesaggio simbolico/metaforico. Nel primo caso si parla di “paesaggio invisibile” quando il film è quasi interamente girato in interni, senza dare uno spazio importante al paesaggio e concentrandosi essenzialmente sui personaggi. Da un punto di vista stilistico, in genere si preferiscono primi piani e campi medi centrati sui protagonisti della narrazione, senza alcun riferimento specifico al contesto. È un film che potrebbe essere girato ovunque e, di conseguenza, non vi è alcuna riconoscibilità dei luoghi in cui la storia è ambientata. Nel caso di un “paesaggio sfondo”, il film lo accoglie all’interno delle inquadrature senza però dare ad esso una funzione narrativa. In altre parole, esso viene inteso semplicemente come la scenografia naturale di una storia, occupando zone marginali del quadro filmico. Per ”paesaggio spazio”, invece, si intende un paesaggio attivo, che prende parte all’azione narrativa e diventa, in alcuni momenti del film, esplicativo della narrazione. Attraverso la sua rappresentazione, il regista mette in luce alcuni aspetti della storia. Con il “paesaggio luogo” si sale un altro gradino nella rappresentazione del paesaggio. In questo caso, esso non rappresenta solo una fonte importante alla quale fare ricorso per lo svolgimento della storia, ma è, soprattutto, portatore di un’identità specifica. In altre parole, il luogo è assunto con tutta la tradizione culturale che porta con sé e non solo per la particolare conformazione del territorio. Si parla, infine, di “paesaggio simbolico/metaforico” quando il paesaggio ha un ruolo fondamentale nella storia diventando riflesso della psicologia e dello stato d’animo del protagonista. A livello di sceneggiatura, tutte le sfumature del personaggio sono legate al cambiamento del paesaggio che si modella su di esso e può assumere un aspetto rassicurante oppure minaccioso. Le ultime tre tipologie di paesaggi sono caratterizzate da una notevole esposizione sul grande schermo e, di conseguenza, l’attività cinematografica si sedimenta in essi. A tal proposito è utile evidenziare la reciproca influenza che esiste tra cinema e paesaggio: il film coglie e cerca di sfruttare al meglio le potenzialità del paesaggio, quest’ultimo, a sua volta, si caratterizza anche in relazione a come viene veicolata la sua immagine attraverso la pellicola. In 1

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Escludiamo dal nostro discorso la produzione cinematografica che si appoggia in maniera determinante alle nuove tecnologie e agli effetti speciali: il paesaggio è totalmente ricreato e non ha alcun rapporto con il territorio. In questo caso, si potrebbe dire che si ha un paesaggio senza territorio. La classificazione di Provenzano (2007) è una rielaborazione di quella proposta da Bernardi (2002). Bernardi distingue cinque differenti paesaggi nel cinema: veduta dal vero (nascita della cinematografia e prime sperimentazioni), sfondo dell’azione (il cinema delle origini), elemento narrativo (il cinema classico), apertura sui possibili (transizione dal classico al moderno), immagine dialettica (il cinema moderno).

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questo senso il paesaggio non è soltanto composto dalle sue caratteristiche fisiche e ambientali ma «diventa anche un territorio dell’anima, un’esperienza estetica di enorme forza» (Assunto 1999, p. 340). Il cinema ha dunque l’opportunità non solo di dare visibilità al territorio ma anche di contribuire alla produzione della sua immagine o, addirittura, diventare vettore di un’identità differente da quella radicata nella comunità locale. Il fatto che il cinema sia in grado di modellare un paesaggio può permettere un ripensamento dell'architettura dei luoghi attualizzandone gli usi e i significati, in modo da accompagnare gli eventuali processi di trasformazione territoriale e renderli più vicini alle percezioni della comunità. Un film può, inoltre, rappresentare anche un'occasione per sperimentare forme nuove di riconoscimento dei valori territoriali, a partire dai quali definire strumenti programmatori per la promozione di pratiche attive di gestione del territorio e di condivisione di nuovi paesaggi. Terrone (2010) sottolinea come il film, oltre a comportarsi come agente storico e quindi capace di influenzare la nostra concezione del passato, può avere il valore anche di agente geografico: dà rilievo al rapporto tra uomo e ambiente e così facendo «modifica le concezioni e le configurazioni del territorio» (Terrone 2010, p. 14). In questo senso, le produzioni cinematografiche hanno il grande potere di plasmare l’immagine di un territorio. Questo effetto indiretto e indotto dalla cinematografia apre prospettive interessanti riguardo la promozione e la valorizzazione turistica di un’area attraversata dalla cinepresa. Le immagini di un territorio (e quindi i paesaggi a questo associati) rappresentano un aspetto fondamentale per il mercato turistico, caratterizzato dall’immaterialità del prodotto3 e all’interno del quale la possibilità per il turista di vedere in anticipo ciò che potrebbe essere di proprio interesse produce una sensazione di familiarità, sicurezza e fiducia verso i luoghi, svolgendo un ruolo fondamentale nelle decisione di acquisto finale4. L’immagine di un luogo è l’insieme di credenze e percezioni che la gente ha rispetto al luogo stesso, l’immagine è, quindi, un punto di vista individuale e non l’elaborazione da parte di un gruppo di persone. In tale processo di costruzione dell’immagine i media e l’industria dell’intrattenimento svolgono un ruolo significativo (Kotler 1993, 2000). Gunn (1972), tra i primi ricercatori a studiare il processo di formazione dell’immagine di una destinazione distingue le organic images dalle induced images. Le prime provengono da fonti non legate all’industria del settore turistico (quali i film), le seconde sono immagini che provengono da fonti strettamente legate al turismo e hanno come obiettivo quello di pubblicizzare la destinazione.

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«Il consumatore di servizi per il tempo libero, infatti, acquista essenzialmente un’emozione, un’esperienza» Valdani e Guenzi (1998, p.13); Kim e Richardson in Motion picture impacts on destinations images affermano: «Image has emerged as a crucial marketing concept in the tourism industry» (2003, p.216);

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Anche Gartner (1993) a proposito del processo di formazione dell’immagine individua otto differenti tipologie di “agenti” informativi. Tra queste ci sono le forme di pubblicità di un luogo, le informazioni provenienti da operatori turistici (come i tour operator), le informazioni provenienti da amici e parenti, le esperienze personali, la letteratura, le notizie sui giornali, la cultura popolare raccontata tramite i film, i programmi televisivi. Questi ultimi due agenti, definiti autonomous agents, hanno un efficace potere nel costruire l’immagine di una destinazione perché sono in grado di fornire sostanziali informazioni su una destinazione in un breve periodo di tempo e sono considerati anche spesso più obiettivi di quelle provenienti dalla classica pubblicità (Gartner 1993). Altri autori (Echtner, Ritchie 1991; Fakeye & Crompton 1991) fanno riferimento ad un’altra tipologia di immagine della destinazione turistica, quella complessa che è il risultato della reale visita alla destinazione da parte del visitatore che in tal modo riceve nuovi input da combinare con le altre fonti informative, arrivando, quindi, a costruire una personale immagine complessa della destinazione. Sul vettore che porta dall’immagine di una destinazione alla scelta turistica, Macionis (2004), rifacendosi ai concetti di push factors e pull factors della teoria di Dann5 (1977), ha individuato le motivazioni principali del turismo cinematografico6. Relativamente ai fattori di attrazione (pull) l’autore considera tre concetti fondamentali: place, performance e personality. Il place riguarda propriamente la location, promossa anche attraverso delle movie maps, in cui il film è stato girato e che può diventare un’icona dell’immaginario collettivo (ad esempio la fontana di Trevi immortalata da “La Dolce Vita”). La performance riguarda la storia o il tema del film che il cineturista vuol rivivere sul posto (la libertà di “Thelma e Louise”). Infine, la personality ovvero la presenza di star celebri come protagoniste. Per quanto riguarda i fattori di spinta (push), Macionis, oltre al desiderio del viaggio, al romanticismo, alla realizzazione di sé, ne individua uno specifico, il vicarious consumption. riferendosi al senso di familiarità che si ha con una destinazione già “consumata” indirettamente grazie a un film e che rende tale location turisticamente più appetibile di altre. La promozione “estetica” consente di entrare subito all’interno delle location, riducendo sensibilmente la preoccupazione legata alla scoperta di un luogo ignoto (Fagiani 2009). Un esempio di come il cinema possa creare una precisa immagine di una destinazione turistica e

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Dann nel 1977 distingue due fattori principali nella scelta di una meta turistica: push factors e pull factors. I primi sono i fattori di spinta e riguardano la predisposizione a viaggiare dell’individuo (il desiderio di svago, di conoscenza ecc..); i secondi sono i fattori di attrazione, relativi alle bellezze naturali e storiche di una località (spiagge, monumenti ecc..). I fattori di attrazione sono in genere considerati prevalenti nella decisione. Macionis opera anche una distinzione delle tipologie di cineturisti. Egli individua: lo specific film-induced tourist, il vero e proprio cineturista che sceglie la sua meta in base ai film visti e si dedica all’esplorazione delle location; il general film-induced tourist, che all’inizio non è motivato dal cinema ma una volta sul posto dedica tempo anche ai movie tour; il serendipitous film tourist, che solo occasionalmente si interessa ai luoghi del cinema.

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promuovere, quindi, nuovi paesaggi, è il film “Sideways”7, una pellicola girata in California nella regione vinicola della Santa Ynez Vally. L’obiettivo del film è di far conoscere una California insolita, meno frequentata, attraverso una rappresentazione realistica di un paesaggio meno conosciuto e la promozione dei suoi caratteri identitari. Attraverso una pianificazione di strategie di marketing si è riuscito con successo a stimolare una domanda turistica amante del vino8. Non è scontato, tuttavia, considerare la rappresentazione realistica del paesaggio come l’unica strada per la promozione turistica. “Il Signore degli anelli”9, grande successo di pubblico e di turismo, ambientato in Nuova Zelanda, fa riferimento a una immaginaria “Terra di Mezzo” in cui si svolge la narrazione. La grande capacità dell’autorità neozelandese nel trasformare il film in un grande successo turistico (Rocco, 2006) risiede principalmente nell’aver saputo inventare un paesaggio, quello appunto della Terra di Mezzo, che non trova alcuna precisa collocazione geografica, ma che rinvia alla Nuova Zelanda. Una successiva operazione di marketing ha reso possibile un processo di associazione mentale che ha reso la Terra di Mezzo una rappresentazione paesaggistica della Nuova Zelanda e ha stimolato la curiosità di molti cineturisti10 (Di Cesare 2007). Un ultimo esempio di successo turistico è il film the Beach11 del 2000 che vede come protagonista Leonardo Di Caprio. Un film girato in Thailandia, sull’isola di Koh Phi Phi che si rivolge al segmento dei backpacker (coloro che viaggiano con lo zaino in spalla). Durante l’uscita del film l’ufficio del turismo Thailandese ha dato vita a varie attività in stretta sinergia con la 20th Century Fox, casa di distribuzione del film per far conoscere le attrazioni thailandesi12. La location principale del film, la spiaggia, totalmente artefatta, ottenuta livellando il terreno e piantando alberi di cocco, è diventata una delle icone del paesaggio thailandese (Law L., Bunnell T., Ong C., 2007), attirando migliaia di turisti. “The Beach” è l'esemplificazione della possibilità di produrre dei territori concepiti a partire da immagini-progetto, spesso inventate. (Raffestin, 2005).

7 Miles e Jack sono amici fin dai tempi del college. Poco prima che il secondo si sposi, partono per una vacanza da passare fra i vigneti della California. Miles è infatti un grande esperto di vino, oltre che un aspirante scrittore. Tra incontri, situazioni comiche e bizzarre, il periodo passato assieme darà loro modo di riflettere sulla vita e sulle proprie aspirazioni. 8 Secondo quanto riportato da Rocco (2006), nei 12-18 mesi successivi all’uscita del film vi è stato un aumento del 15% delle visite nella contea di Santa Barbara quantificabile in 202 milioni di dollari. 9 Nella Seconda Era della Terra di Mezzo furono forgiati diciannove anelli che davano lunga vita e potere a chi li possedesse. Ma Sauron, l’Oscuro Signore di Mordor, forgiò l’Anello Sovrano per portare tutti gli altri anelli sotto il suo dominio. Questo anello é stato deposto dal fato nelle mani di un giovane gobbi da cui dipende il futuro della civiltà. 10 Dallo studio di Hudson e Ritchie (2006) si evince che nel periodo compreso tra il 1998 e il 2003 il “Signore degli anelli” ha reso possibile ogni anno un incremento del 10% gli arrivi turistici proveniente dall’Inghilterra. 11 E’ la storia di un giovane turista americano che giunge in Thailandia pronto a sperimentare un’esperienza differente dalla sua normale esistenza. In un ostello conosce un pazzo vicino di stanza che gli consegna una mappa per raggiungere una mitica e paradisiaca spiaggia su di un’isola segreta lontana dalla civiltà. 12 Il risultato è stato un incremento del 22% del segmento giovani nell’anno 2000 (S. Hudson, B. Ritchie, 2006)

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3. Il paesaggio cinematografico della Basilicata A partire dal secondo dopoguerra, in Basilicata sono stati girati più di quaranta lungometraggi appartenenti ai generi cinematografici più disparati, dal realismo all’horror, dal melodramma alla commedia. La maggior parte delle produzioni hanno scelto come location la città di Matera, caratterizzata da un territorio unico nel suo genere legato alla presenza dei Sassi. Si passa da brevi apparizioni all’interno di commedie, come “Anni Ruggenti” di Luigi Zampa o “Made in Italy” di Nanni Loy, e di opere storiche, come “Allonsanfan” dei fratelli Taviani, per arrivare a film come “Il Rabdomante” in cui la cittadina fa da sfondo all’intera vicenda oppure alle rappresentazioni di argomento religioso come “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini e le recenti “The Passion”di Mel Gibson e “The Nativity Story” di Hardwikie. Una certa visibilità, soprattutto a partire dagli anni ’60, è stata data anche ad altre località quali Maratea, (dove sono state girate alcune scene di “La Vedovella” di Siani e “A Porte Chiuse” di Dino Risi), Craco (che grazie alla sua suggestiva atmosfera di paese abbandonato, ha consentito al regista Francesco Rosi di rappresentare la Basilicata degli anni ’30 di “Cristo si è fermato a Eboli”). Irsina e Ferrandina (che fanno da sfondo alle vicende del film “Del Perduto Amore” di Michele Placido), o ancora il vulture melfese (ritratto mirabilmente da Gabriele Salvatores nel suo “Io non ho Paura”). In tutte queste produzioni il paesaggio lucano è stato utilizzato, con alterna fortuna, talvolta come scenario anonimo, talvolta, come co-protagonista della narrazione filmica. Sicuramente il film di maggiore impatto turistico e d’immagine per la regione è “The Passion” 13, film di Mel Gibson uscito nel 2004 che racconta la passione di Cristo e girato in buona parte nei Sassi di Matera, (location scelta proprio per la sua somiglianza con Gerusalemme e, dunque, per la possibilità di esprimere al meglio l’effetto scenico della passione). Il paesaggio materano è utilizzato, quindi, come paesaggio-spazio, in cui le strette vie dei Sassi, le scalinate, diventano teatro della rappresentazione della via crucis. Proprio in virtù dell’identificazione di Matera con la Gerusalemme di un tempo, del sangue di Cristo che macchia la pietra bianca, esso assume un posto rilevante all’interno della storia e, di conseguenza, una valore di attrazione notevole. Un esempio, invece, di paesaggio-luogo in cui il paesaggio lucano non rappresenta solo una fonte importante alla quale fare ricorso per lo svolgimento della storia, ma è, soprattutto, portatore di un’identità specifica, è “Cristo si è fermato a Eboli”14. Girato da Francesco Rosi nel 1979, il film è 13

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Il film racconta le ultime dodici ore della vita di Gesù Cristo, dall’episodio dell’orto degli ulivi fino alla crocefissione e alla resurrezione. Tratto dai quattro vangeli, gli interni sono stati girati negli studi di Cinecittà mentre per gli esterni è stata usata la location materana. Tratto dal romanzo omonimo e autobiografico di Carlo Levi, il film racconta la storia di un medico torinese confinato dal Fascismo ad Aliano. Durante la sua permanenza, il protagonista scopre una realtà molto diversa da quella a cui appartiene.

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una riproposizione fedele di quanto raccontato da Carlo Levi nel suo romanzo. Il paesaggio lucano è il vero protagonista della vicenda all’interno del quale si muove Carlo come un “personaggio spettatore” (Mancino, Zambetti 1997, p. 122). Dal film emerge un ritratto autentico del paesaggio con la sua vita ciclica, legata alla terra e alla natura, immersa in una tradizione pagana e antimodernista Con “Io non ho paura”15 di Salvatores, poi, siamo in presenza di un paesaggio simbolicometaforico. Il film dà grande visibilità al territorio dorato della Basilicata, ambientando la storia interamente tra gli sterminati campi di grano della zona del Vulture - Melfese. Giocando sul continuo rispecchiamento tra stato d’animo del protagonista e paesaggio, “Io non ho Paura” lega indissolubilmente i campi di grano con la storia. Questi campi di grano, ripresi dal regista in tutte le angolazioni visive (dalla panoramica al dettaglio), affascinano lo spettatore e lasciano un segno nella sua memoria, ma non sono riconoscibili né si legano in modo specifico alla Basilicata. Alla notevole visibilità, quindi, fa da contrappeso la difficile riconoscibilità dei luoghi , privati della loro specifica identità e caratterizzati come luoghi non meglio precisati del sud d’Italia. 4. Il paesaggio in “Basilicata coast to coast” Il film “Basilicata coast to coast16”di Rocco Papaleo, frutto di una concertazione, avvenuta già a livello di sceneggiatura, tra il regista ed alcuni enti locali, nasce anche con il preciso intento di promuovere il territorio della Basilicata. La prima scena, ad esempio, risponde a un’esigenza pratica: collocare geograficamente una regione ancora poco conosciuta: a partire da una prospettiva extra terrestre, la cinepresa inquadra la regione su una mappa geografica dell’Italia e vi entra letteralmente dentro, come a sottolineare che il viaggio metaforico raccontato dal film è supportato da un territorio reale che interagisce con gli attori ed entra, da protagonista, nella narrazione. «La Basilicata esiste» sottolinea Papaleo all’inizio del film, e il viaggio che i personaggi si accingono a compiere può essere rintracciato e ripercorso seguendo la precisa indicazione delle tappe. Nel film, 15

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Tratto dal romanzo omonimo di Ammaniti, il film racconta del piccolo paesino di Acque Traverse nell’estate del 1978. Da tempo le scuole sono chiuse per le vacanze e gli adulti, per evitare l'afa, preferiscono restare chiusi in casa. Solo un piccolo gruppo di ragazzini si aggira fra le case e le campagne. Durante una di queste sortite il piccolo Michele, nove anni, fa una scoperta sconvolgente: gli adulti del paese tengono un suo coetaneo segretato nel pozzo di un casale abbandonato. Il piccolo non comprende i misteri di questa strana vicenda dove, fra le altre cose, sembrano essere coinvolti anche i suoi genitori. Una storia i cui risvolti cambieranno per sempre la sua esistenza. “Basilicata coast to coast” è la storia di un viaggio in terra lucana. Quattro amici, riuniti dalla passione per la musica, decidono di partire a piedi da Maratea, località balneare della Basilicata sul versante tirrenico, per raggiungere il “Festival di teatro canzone” di Scanzano (sul versante ionico della regione). Alla testa di quest’armata brancaleone c’è Nicola Palmieri (Rocco Papaleo), professore di matematica con velleità artistiche, seguito da Salvatore Chiarelli (Paolo Briguglia), ex studente di medicina, Franco Cardillo (Max Gazzè), artigiano ammutolito da un amore infranto e Rocco Santamaria (Alessandro Gassman), volto noto locale. A loro si aggiunge Tropea Limongi (Giovanna Mezzogiorno), giornalista di una rivista parrocchiale costretta a seguirli per filmare l’impresa. Il tragitto è costellato di incontri, disavventure, musica, tradizione culinaria locale e paesaggi mozzafiato che renderanno unica questa loro esperienza.

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infatti, c’è una riuscita compenetrazione tra storia e paesaggio. Il film pur seguendo sapientemente i fili dei suoi cinque personaggi e destinando ad ognuno il proprio spazio per l’approfondimento psicologico, lascia anche degli intervalli liberi in cui la regia interviene modulando musica e paesaggio. Ed è proprio nel gioco di rispecchiamento tra personaggi e paesaggio che la musica rappresenta un collante fondamentale. La scrittura filmica utilizza in parte lo schema del road movie e in parte quello della commedia musicale per sintetizzarli in un walking movie musicale strutturato in capitoli ben definiti. Ogni capitolo, o tappa del percorso, da un punto di vista della storia, contribuisce a portare avanti uno o più fili della narrazione, ad approfondire la psicologia ora dell’uno ora dell’altro personaggio mentre, dal punto di vista del paesaggio, esso è caratterizzato da indicazioni ben precise sul luogo in cui si trovano legando a esso prodotti tipici e tradizioni17. Al termine di ogni tappa, la musica è il momento di sintesi dei due aspetti rivelandosi essenziale al fine di stringere il rapporto tra personaggi e paesaggio 18. Personaggi e paesaggio sono, infatti, rispettivamente inquadrati attraverso primi piani e campi lunghi. Nei momenti in cui si privilegia l’intreccio, la macchina da presa si posiziona sui volti dei personaggi così da catturarne gli stati d’animo, le emozioni; durante il percorso, invece, essi rappresentano solo una fugace apparizione nelle panoramiche sul paesaggio lucano. Se, come abbiamo detto, la musica è sempre il momento di conclusione e sintesi parziale all’interno del film, bisogna aggiungere che il paesaggio rappresenta quello iniziale. Ogni tappa viene contestualizzata attraverso alcune riprese del paesaggio e la macchina da presa mostra una mobilità maggiore in questo secondo caso, cercando di far calare lo spettatore nella realtà rappresentata. Bisogna considerare anche che l’immagine del paesaggio, aprendo la sequenza, in genere anticipa e riflette ciò che sta succedendo ai protagonisti: ad esempio, quando lo specchio d’acqua luccicante della diga del Pertusillo prelude alla storia d’amore tra Tropea e Franco oppure quando il paesaggio arido e avvolto dalla nebbia dei calanchi di Aliano risente dell’abbandono di Rocco. C’è, poi, la presenza di un doppio sguardo che è molto importante ai fini del nostro discorso. Infatti il punto di vista “oggettivo” della macchina da presa viene spesso accompagnato da quello soggettivo19 della telecamera di Tropea, che scopre la passione per le riprese, proprio nel corso di questo viaggio. L’incursione di immagini girate in modo amatoriale 17

I luoghi citati esplicitamente nel film: Maratea, Trecchina, Lauria, Latronico, Tramutola, diga del Pertusillo, Aliano, Craco, Scanzano. Prodotti tipici citati: pane e frittata, peperone crusco, fagioli di Sarconi, gnumaridd, aglianico del Vulture. 18 Così la pianificazione del viaggio si chiude con la canzone “L’Americano” cantata nei rispettivi luoghi di partenza dei personaggi; “Pane e Frittata” alla prima sosta del viaggio; “Alba/Tramonto” e “Mariateresa” durante la sosta a Tramutola e l’arrivo di un nuovo personaggio; dopo la diga del Pertusillo la canzone “Il Calore” interpretata da Tropea segna il suo definitivo ingresso nel gruppo; “Basilicata is on my Mind” a Scanzano dopo la delusione del festival mancato. 19 Con “soggettiva” si fa riferimento a una tecnica di ripresa cinematografica che permette allo spettatore di calarsi nei panni di un personaggio e guardare il mondo attraverso i suoi occhi. A differenza dell’inquadratura “oggettiva” che è un’immagine totale e non filtrata dal punto di vista di uno dei personaggi, la soggettiva esprime sempre una visuale parziale e limitata.

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all’interno del film offre una sorta di guida non convenzionale della Basilicata. In questo senso, lo sguardo di Tropea attraverso la telecamera è lo sguardo dello spettatore che all’inizio con un po’ di diffidenza e poi con maggiore convinzione, entra nella storia apprendendo ulteriori informazioni relative al territorio in cui questa si svolge. Durante il viaggio, infatti, i personaggi davanti alla telecamera raccontano qualcosa del luogo in cui si trovano fornendo informazioni sia sul territorio sia su alcune vicende personali dei protagonisti legate a questi luoghi.. È dunque il momento in cui si rafforza quel vicarious consumption che è uno dei più importanti fattori di spinta del turismo cinematografico. Attraverso il racconto del viaggio, lo spettatore acquisisce una serie di informazioni sul territorio e sulle sue tradizioni e quindi una preconoscenza delle località riprese nel film. Questo, come abbiamo detto in precedenza, crea nello spettatore un senso di familiarità con i luoghi visti riducendo sensibilmente le possibili preoccupazioni del turista relative al viaggio in una destinazione che non conosce. Il film di Papaleo, quindi, non alterna semplicemente le vicende dei protagonisti con cartoline dalla Basilicata, ma inserisce momenti di interruzione narrativa finalizzati a trasmettere nello spettatori quell’“atmosfera lucana” che caratterizza i luoghi raccontati dal film. Anche i momenti musicali non possono essere considerati delle pause evasive, ma concorrono alla rappresentazione dei personaggi, delle loro vicende e del territorio in cui gli attori si muovono. Sin dal titolo si comprende come vi sia l’intenzione di compiere un’operazione di branding associando la Basilicata a uno specifico paesaggio e attribuendole una specifica filosofia di vita. Inserire, infatti, il nome della regione all’interno del titolo del film vuol dire associare le vicende dei protagonisti al territorio nel quale avvengono. In questo modo lo spazio scenico in cui è ambientata la storia non è un semplice sfondo ma appare sin da subito come fortemente caratterizzato e portatore di valori e simboli ben precisi. Durante il film si respira questa atmosfera che non è altro che il tentativo di costruire un brand Basilicata che ha nello stile di vita autentico e lontano dalla frenesia moderna, nei rapporti umani sinceri e nel coinvolgimento mistico generato da paesaggi fuori dal tempo, i suoi punti di forza. È chiaro che la rappresentazione di una Basilicata romantica può essere una risorsa preziosa in termini di “iconizzazione” del territorio e, quindi, di promozione turistica. Del resto, negli ultimi anni il modo di fare vacanza è diventato più consapevole e sempre più il turista cerca un'esperienza autentica. In tal modo vengono poste al centro della scelta la sensibilità personale e le preferenze individuali, in controtendenza rispetto alla logica omologatrice del turismo di massa. La promozione nel film di un paesaggio di tipo “simbolico/metaforico”, da un punto di vista di promozione turistica, sembrerebbe rispondere all'esigenza di offrire un'esperienza, di viaggio e di 11


soggiorno, che in Basilicata il turista potrà vivere. Questa forma di paesaggio, infatti, ha un ruolo fondamentale nella storia in quanto diviene riflesso della psicologia e dello stato d’animo dei protagonisti. In altre parole, il paesaggio assume il ruolo di coprotagonista della vicenda e più che riferirsi alla reale condizione della terra lucana, assume tutte le sfumature della condizione esistenziale dei personaggi. Lo stesso Papaleo ha più volte ribadito20 come il suo intento non fosse quello di rappresentare una Basilicata autentica quanto piuttosto quello di descrivere un luogo interiore legato alla sua infanzia e, aggiungiamo noi, alle vicende dei personaggi. Il viaggio che compiono i protagonisti è innanzitutto un percorso personale che li conduce, pur nella sconfitta e nella delusione finale (il gruppo non riuscirà a raggiungere la meta in tempo per partecipare al Festival), a scoprire i loro punti di forza21. Nicola, il professore insoddisfatto, riscopre la gioia della dimensione familiare, Rocco, l’attore senza lavoro, capisce che deve cambiare strada, Salvatore decide di laurearsi, Franco ritrova la parola grazie all’amore e Tropea scopre la sua vera vocazione. E la Basilicata rappresentata è il luogo dell’anima in cui avviene questo percorso. In tal senso, la riproposizione di un territorio lucano arcaico e quasi disabitato, più che perpetuare un comune stereotipo, è funzionale a produrre un paesaggio dalla dimensione quasi onirica in cui i protagonisti si muovono. Del resto, proprio per definizione, il paesaggio è, al pari di una carta geografica, non la realtà, ma una (tra le tante) rappresentazione della realtà, e il cinema, come già ribadito, si presta a veicolare “immagini” che, interiorizzate dallo spettatore, non potranno mai essere univoche ma daranno origine sempre ad altre rappresentazioni mentali soggettive, più o meno vicine alla realtà (Provenzano, 2007). Occorre precisare, tuttavia che, se da una parte la Basilicata rappresentata nel film è un luogo dell’anima e che non tiene sempre conto della sua attuale condizione sociale e politica, dall’altra vi sono continui richiami a luoghi reali, a prodotti tipici22 e alle tradizioni locali che consentono allo 20

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«È la regione che avevo in testa io, non quella reale, segnata dalla cultura beat e dai ricordi di bambino. È la Basilicata del mio cugino più grande che faceva la messa con chitarra elettrica e batteria sull'altare, in una sorta di controgospel. Erano gli anni '70 di Easy Rider, era il sud di certe pulsioni. Questo è un omaggio verso la terra, non solo verso la mia terra» (intervista a Rocco Papaleo del 10 aprile 2010, “Basilicata coast to coast Un film «vetrina» sul paesaggio lucano” di Massimo Brancati, Gazzetta del Mezzogiorno). Emblematica è la frase pronunciata alla fine del film da Rocco Santamaria (Gassman): «Forse non abbiamo capito chi siamo ma, almeno, abbiamo capito cosa non siamo». All’interno del film può essere rintracciato un efficace uso del product placement. Balasubramanian (1994) definisce il product placement come una forma di influenzamento dell’audience attraverso l’inserimento, a titolo oneroso e in modo pianificato e discreto, di un prodotto di marca all’interno di un film o di un programma televisivo. Nel film ciò risalta bene quando gli “gnumaridd” si rivelano un’attrazione a cui, nonostante la missione ascetica dei protagonisti, non è possibile resistere, o quando l’ “Aglianico del vulture” è usato per brindare alla memoria di Carlo Levi o, ancora, quando la visione della Madonna del Sacro Monte di Viggiano fa capire a Rocco l’importanza dell’ “altra processione” (il suo gruppo di amici in viaggio) che ha abbandonato. In altre parole, prodotti e tradizioni sono inseriti all’interno del racconto con una doppia valenza: da un lato legano il paesaggio metaforico a quello reale e dall’altra assolvono all’esigenza di caratterizzazione e promozione del territorio. Il product placement avviene a livello già di sceneggiatura (plot placement), amalgamando i prodotti alla storia in

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spettatore di rielaborare ulteriormente le immagini e le informazioni acquisite anche ai fini di un'esperienza turistica.

Conclusioni Tra territorio e paesaggio vi è una continua interazione e la capacità plastica del secondo dipende dal modo in cui si rappresenta il primo. Il paesaggio, come abbiamo visto, non potrebbe esistere in assenza di uno sguardo. Secondo quanto proposto da Urry (1990) lo sguardo non può essere considerato come un semplice insieme di sensazioni e impressioni, ma come una vera e propria costruzione culturale che, aggiungiamo, si sedimenta nel paesaggio. La narrazione filmica in molti casi funge da ambasciatore di un territorio, promuovendone non solo le caratteristiche morfologiche ma integrando in esse le specificità che lo caratterizzano. In questo senso anche il cinema veicola sguardi e rappresentazioni di territori e quindi promuove paesaggi. In particolare, nel paesaggio cinematografico è possibile riconoscere il tourist gaze (Urry, 1990), arricchito da organic image (Gunn, 1972), fornite dal cinema. In linea generale un film può mostrare paesaggi realistici, legati all’effettiva conformazione e caratteristiche del territorio, oppure reinventarne di nuovi, promuovendo sullo schermo simulazioni ed elaborazioni artificiali di un territorio il cui legame con la realtà è, più o meno marcatamente, manipolato. L’analisi del film “Basilicata coast to coast” mette in evidenza come la proposta di un paesaggio simbolico-metaforico, che lega sensibilmente la storia ai luoghi del set, abbia consentito di valorizzare l’identità specifica del territorio facendo quindi emergere alcune tipicità del paesaggio locale. L'immagine “trasognata” della regione Basilicata che il film mette a fuoco ha permesso di attivare un processo di iconizzazione che ha attribuito a questo territorio, teso tra la tutela delle tradizioni e la spinta verso la modernizzazione della propria struttura sociale ed economica, un preciso brand. Questo tipo di operazione, che ha prodotto un discreto impatto turistico ed economico23, è sicuramente una delle strade che una regione come la Basilicata, rurale, poco conosciuta e turisticamente ancora in una fase pionieristica, dovrebbe continuare a perseguire. Il caso analizzato, in particolare, mostra come l’atmosfera e le storie narrate dal grande schermo possano incentivare un turismo esperienziale, legato al desiderio di rivivere l’avventura narrata dal film. Allo stesso tempo è possibile dire che la pellicola creando o reinventando l’immagine di una destinazione turistica e ambientando in questa una storia, è in grado in alcuni casi di stimolare una modo che essi non risultino esterni alla narrazione ma diventino un pretesto per una scena umoristica o per la riflessione di un personaggio. 23 Come emerge dallo studio di Bencivenga et alii (2011) nella valutazione dell’impatto turistico ed economico di “Basilicata cost to coast” bisogna considerare che il turismo in Basilicata è ancora in una fase esplorativa e che la maggior parte degli operatori ignora le potenzialità del settore cineturistico.

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domanda turistica che supera la dicotomia tra motivazione e destinazione e propone una sintesi di queste due differenti componenti dell’agire turistico.

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