Città mediterranee in trasformazione, Paesaggio e cinema in Basilicata

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Edizioni Scientifiche Italiane



CIRICE - Centro Interdipartimentale di Ricerca sull’Iconografia della Città Europea Università di Napoli Federico II

Città mediterranee in trasformazione Identità e immagine del paesaggio urbano tra Sette e Novecento

a cura di Alfredo Buccaro, Cesare de Seta

Atti del VI Convegno Internazionale di Studi CIRICE 2014 Napoli, 13-15 marzo 2014


Il volume costituisce la pubblicazione degli Atti del VI Convegno Internazionale di Studi CIRICE 2014 su “Città mediterranee in trasformazione. Identità e immagine del paesaggio urbano tra Sette e Novecento” (Napoli, Palazzo Zevallos - Palazzo Gravina, 13-15 marzo 2014), organizzato dal Centro Interdipartimentale di Ricerca sull’Iconografia della Città Europea, dell’Università di Napoli Federico II. Centro Interdipartimentale di Ricerca sull’Iconografia della Città Europea Università degli Studi di Napoli Federico II (www.iconografiacittaeuropea.unina.it)

Comitato Scientifico CESARE DE SETA (Presidente) GILLES BERTRAND ALFREDO BUCCARO LEONARDO DI MAURO ANDREAS GIACUMACATOS DEBORAH HOWARD MICHAEL JAKOB PAOLO MACRY BRIGITTE MARIN JUAN MANUEL MONTERROSO MONTERO CARLO M. TRAVAGLINI GUIDO ZUCCONI

Comitato Organizzatore ANNUNZIATA BERRINO GIULIA CANTABENE FRANCESCA CAPANO SALVATORE DI LIELLO MARCO IULIANO ROBERTO PARISI MARIA INES PASCARIELLO MARIA PERONE DANIELA STROFFOLINO MASSIMO VISONE ORNELLA ZERLENGA

Segreteria organizzativa RITA ERCOLINO VALERIA MIRABELLA

Collaborazione alla curatela GIULIA CANTABENE FRANCESCA CAPANO MARIA INES PASCARIELLO MASSIMO VISONE

Si ringraziano per il sostegno dato all’iniziativa il prof. arch. Mario Losasso, Direttore del Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, il Dipartimento di Studi Umanistici della stessa Università, l’Ing. Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, l’Ing. Luigi Vinci, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli e provincia, l’Associazione Eikonocity - Hiistory and Iconography of European Cities and Sites. BUCCARO, Alfredo, DE SETA, Cesare, (a cura di) Città mediterranee in trasformazione. Identità e immagine del paesaggio urbano tra Sette e Novecento Collana: Polis, 6 Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2014 pp. 1216; 29,7 cm ISBN 9788849528145 © 2014 by Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a. 80121 Napoli, via Chiatamone 7 00185 Roma, via dei Taurini 27 Internet: www.edizioniesi.it E-mail: info@edizioniesi.it I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.


Sommario

Introduzione Alfredo Buccaro

Il VI Convegno Internazionale di Iconografia Urbana nella tradizione di studi del CIRICE

p. 11

Sessione 1 Tipi urbanistici e modelli iconografici ricorrenti: dal vedutismo alla cartografia Coordinatori: Alfredo Buccaro, Cesare de Seta

p. 17

Miguel Taín Guzmán - Universidad de Santiago de Compostela Ritratti d'inchiostro delle città spagnole nella Relazione Ufficiale (1668-1669) del viaggio del principe Cosimo III de' Medici: città reali o città idealizzate?

p. 19

Maria Ida Gulletta - Scuola Normale Superiore di Pisa Persistenze di modelli figurativi in iconografie urbane di Sicilia: esempi di allegorie geografiche da Messina ‘ritratta’ nella prima metà del XVIII secolo

p. 29

Carlos Plaza - Universidad Hispalense Dalle vedute di città alla cartografia ai confini del Mediterraneo: Siviglia e Cadice, declino e ascesa di due città spagnole tra Sei e Settecento

p. 39

Francesca Valensise - Università Mediterranea di Reggio Calabria La percezione del paesaggio nell’area dello Stretto di Messina: vedutismo e cartografia dal XVIII al XIX secolo

p. 49

Bianca Gioia Marino - Università di Napoli Federico II Rappresentazioni e attenzione alla conservazione della materia nelle immagini urbane di Roma tra fine Settecento e Ottocento

p. 57

Ornella Cirillo - Seconda Università di Napoli Per conoscere e trasformare: una lettura cartografica di Napoli dal volgere dell’Ottocento ai primi decenni del nuovo secolo

p. 67

Emanuela D’Auria - Università di Napoli Federico II L’immagine storica delle colline di Napoli e dei suoi casali: dal vedutismo settecentesco alla “Scuola di Posillipo”

p. 81

Simona Talenti - Università di Salerno Vedute dal mare: da Schinkel a Le Corbusier

p. 89

Francesco Viola - Università di Napoli Federico II La costruzione del paesaggio ferroviario tra artificio e natura

p. 101

Francesca Bruni - Università di Napoli Federico II L’immagine della città tra longitudinalità e trasversalità. Napoli, sezioni urbane tra città e mare

p. 111


Giorgia De Pasquale - Università di Roma Tre Mediterraneo. La costruzione di un paesaggio attraverso l'iconografia dello spazio architettonico

p. 121

Nunzia Iannone - Università di Napoli Federico II L'occhio 'altro': Napoli vista dai principali periodici esteri tra '800 e '900

p. 135

Sessione 2 Invenzione e promozione dell’immagine della città turistica Coordinatori: Annunziata Berrino, Leonardo Di Mauro

p. 149

Fabio D’Angelo - Università di Pisa Napoli: il fascino di una città dai diari dei viaggiatori francesi e italiani (1800-1861)

p. 151

Rossella Iovinella - Università di Napoli Federico II Mille vite per una città morta: la fortuna di Pompei tra il 1824 e il 1875

p. 161

Cristina Pennarola - Università di Napoli Federico II Cartoline da Napoli: l’esperienza turistica italiana e inglese

p. 167

Raffaella Pierobon Benoit, Maria Amodio, Lucia Cianciulli, Paola Orlando - Università Napoli Federico II Turismo e archeologia nel XIX secolo: il ruolo dell’antico nella promozione delle città campane p. 175 Michael Saffle - Virginia Tech Sunshine Fitness: Italy as a Health Destination for Americans, 1865-1914

p. 185

Luigi Veronese - Università di Napoli Federico II L’invenzione dell’immagine turistica degli scavi di Ercolano. Contenuti e caratteri iconografici

p. 191

Alessandra Cirafici, Manuela Piscitelli - Seconda Università di Napoli Viaggio, immaginario e iconografia nella cartellonistica turistica tra ‘800 e ‘900

p. 203

Daria De Donno - Università del Salento Sport, teatro, arte, cultura per promuovere e “comunicare” la città. Le feste di fine Ottocento a Lecce

p. 217

Ada Di Nucci - Università Chieti-Pescara “G. d’Annunzio” Un Appennino tutto da vivere. Il turismo montano nell’Appennino centrale attraverso le campagne pubblicitarie (1861-1960)

p. 225

Isabella Frescura - Università di Catania Una città in trasformazione tra Ottocento e Novecento: Siracusa, dal commercio al turismo

p. 239

Ewa Kawamura - Università di Napoli Federico II L’attività e l’epoca d’oro del tipografo Richter & C. a Napoli: promotore delle vedute turistiche d’Italia degli anni 1900-1930

p. 251

Annunziata Maria Oteri - Università Mediterranea di Reggio Calabria Identità dei luoghi, monumenti e promozione turistica: il caso di Taormina tra Otto e Novecento p. 265 Claudia Aveta - Università di Napoli Federico II Il “paesaggio virgiliano” di Napoli: riflessioni sulla tutela del Golfo negli appunti di viaggio di Cesare Brandi

p. 277

Carolina De Falco - Seconda Università di Napoli L’immagine turistica della Costa d’Amalfi negli anni sessanta del Novecento

p. 287


Carla Fernández Martínez - Universidad de Santiago de Compostela The Atlantic and the Mediterranean: alternative images of the touristic Spanish coast

p. 297

Beatrice Maria Fracchia - Politecnico di Torino Le funzioni terapeutiche della città turistica contemporanea e l’iconografia delle località balneari della Versilia

p. 309

Giovanni Lombardi, Sergio Mantile - CNR ISSM Napoli Il telaio dei ‘segni’: la costa flegrea e l’invenzione della città turistica tra narrazione e realtà storica

p. 321

Sessione 3 Gli archivi e le fonti: dal cartaceo al digitale Coordinatori: Maria Perone, Daniela Stroffolino

p. 331

Marco Petrella - Università del Molise L’iconografia della città in rete. Problemi di ricerca, organizzazione, utilizzo delle fonti online nell’era dei Sistemi Informativi Geografici

p. 333

Marco Bascapè, Roberta Madoi - Serv. Archiv. BB.CC., Az. Servizi “Golgi-Redaelli” Milano Il portale Web-GIS “Milano e le sue associazioni”: l’impronta del tessuto sociale e delle sue relazioni nel contesto urbano (XVI-XX secolo)

p. 341

Valentina Castagnolo, Maria Franchini, Anna Christiana Maiorano - Politecnico di Bari Bari Disegno Architetture (BDA Borgo Murattiano). Archivio visivo (e visionario) della città a 200 anni dalla sua fondazione

p. 353

Paola Avallone, Antonio Bertini, Raffaella Salvemini - CNR ISSM Napoli Scuole storiche napoletane. Una fonte non tradizionale per lo studio della città

p. 365

Maria Rosaria Rescigno - CNR ISSM Napoli Verso un profilo urbano moderno. Il caso delle città “capitali” nel Mezzogiorno di primo '800

p. 375

Giuliana Ricciardi - Archivio di Stato di Napoli L’immagine di Napoli nella testimonianza di un intellettuale del Novecento

p. 379

Alberto Darias Príncipe - Universidad de La Laguna Cartografía e icono: la imagen de Tetuán a través de planimetría

p. 391

Adele Fiadino - Università Chieti-Pescara “G. d’Annunzio” Disegni di Piazzeforti del Regno di Napoli presso la Biblioteca Reale di Torino

p. 401

Ciro Birra - Università di Napoli Federico II L’Arsenale di Napoli tra Palazzo reale e Castel Nuovo: fonti per la ricostruzione di un ambiente urbano perduto

p. 411

Federico Fazio - Università di Palermo Siracusa: modelli tridimensionali e rappresentazioni cartografiche

p. 423

Alessandra Veropalumbo - Università di Napoli Federico II Trasformazioni urbane della provincia di Napoli nel repertorio iconografico delle Perizie del Tribunale civile

p. 435

Amanda Piezzo - Università di Napoli Federico II Fonti archivistiche e iconografiche per l’area del complesso di San Gennaro extra moenia a Napoli

p. 447


Carmelo G. Severino Crotone: la città e il porto nell’iconografia storica

p. 459

Sessione 4 Rappresentazione e ricostruzione virtuale dell’immagine urbana Coordinatori: Maria Ines Pascariello, Ornella Zerlenga

p. 467

Andrea Maglio - Università di Napoli Federico II Città reale e città fantastica: diorama, scenografie e disegni di viaggio nell’opera di Karl Friedrich Schinkel

p. 469

Nicola Aricò - Università di Messina, Stefano Piazza - Università di Palermo Per ricostruire la Palazzata seicentesca di Messina

p. 481

Claudia Pisu - Università di Cagliari Disegno dell’immagine urbana dei centri minori sardi

p. 493

Rita Valenti, Sebastiano Giuliano, Simona Gatto, Roberto Cappuzzello – Università di Catania, S.D.S. Architettura Siracusa Le Stratificazioni assenti di Ortigia, dalla rappresentazione storica alla ricostruzione virtuale

p. 507

Mario Centofanti, Stefano Brusaporci - Università dell’Aquila Architettura e città nella rappresentazione cartografica dell’Aquila tra Settecento e Ottocento

p. 519

Marina D’Aprile - Seconda Università di Napoli L’area costiera vesuviana tra il regno di Carlo di Borbone e la speculazione edilizia: il caso Portici

p. 531

Paolo Perfido - Politecnico di Bari Città chiuse, città aperte. L’abbattimento delle mura e lo sviluppo urbano nell’iconografia di Bari in età moderna

p. 543

Andreina Maahsen Milan - Università di Bologna ‘Androna Campo Marzio’: l’arsenale perduto. Genesi protoindustriale triestina, tra ascesa e declino della portualità

p. 553

Stefano Chiarenza - Università di Napoli Federico II Lo specchio della fantasia: immaginario urbano e realtà architettonica nei disegni dei Galli Bibbiena

p. 569

Vincenza Garofalo - Università di Palermo La Zisa. Rappresentazioni di un monumento “desiderato”

p. 581

Francesco Maggio - Università di Palermo Immagini di una città possibile

p. 593

Gerardo Maria Cennamo - Università Telematica Internazionale Uninettuno Il Ghetto di Roma tra narrazione e rappresentazione

p. 603

Andrea Giordano - Università di Padova La città dipinta di Canaletto, tra espansione dello spazio e visioni dinamiche

p. 613

Paolo Giordano - Seconda Università di Napoli Realismo iconografico Vs spettacolarità grafica: l’Albergo dei Poveri e l’area orientale di Napoli

p. 623


Cosimo Monteleone - Università di Padova Teoria e pratica prospettica: le vedute urbane rinascimentali quali strumenti di misurazione e ricerca

p. 635

Paolo Oscar - Archivio Bergamasco, Centro Studi e Ricerche Il Sistema informativo geo-storico della Franciacorta. Ricostruzione della consistenza storica di un territorio attraverso il Catasto napoleonico (1807-1809)

p. 645

Ludovica Galeazzo, Marco Pedron - Università di Padova Dinamiche di trasformazione urbana: l'insula dell'Accademia a Venezia tra ricostruzione storica e percezione visiva

p. 657

Alessandra Ferrighi - Università IUAV di Venezia Le trasformazioni tra regola e pratica: i volti della città di Venezia tra Ottocento e Novecento

p. 669

Roberta Spallone - Politecnico di Torino Il disegno del contesto urbano e paesaggistico nelle cartografie catastali preunitarie in territorio italiano

p. 681

Sessione 5 Città di mare: architetture e caratteri evolutivi nell’iconografia storica Coordinatori: Salvatore Di Liello, Roberto Parisi

p. 693

Pasquale Rossi - Università Suor Orsola Benincasa Napoli Veduta di una città di mare dal “Diario de un viaje a Italia en 1839” del Conde de Toreno

p. 695

Maria Sirago Napoli “città di loisir” tra ‘800 e ‘900. Sviluppo e crisi

p. 707

Alessandro Castagnaro - Università di Napoli Federico II L’E42 da grande esposizione a città di fondazione verso il mare

p. 717

Rosa Carafa - Soprintendenza BSAE Salerno-Avellino Imago Urbis: il “Plaium montis” a Salerno

p. 731

Bruno Mussari - Università Mediterranea di Reggio Calabria Crotone tra XVIII e XX secolo: la trasformazione della città e della sua immagine storica

p. 743

Francesca Passalacqua - Università Mediterranea di Reggio Calabria Iconografia e architettura di Messina nel XIX secolo

p. 755

Giuseppina Scamardì - Università Mediterranea di Reggio Calabria Porti e potere. Il cambiamento del ruolo, la trasformazione dell’immagine tra XVII e XIX secolo

p. 767

Claudia Peirè - Università di Genova I viaggiatori a Genova: fonti letterarie e iconografiche sul porto

p. 777

Chiara Luminati - Università di Genova Le passeggiate a mare genovesi dal XIX al XX secolo: fonti iconografiche e storiche

p. 787

Francesca Bonfante - Politecnico di Milano Ritratto di Barcellona: città, piani e fronte a mare

p. 797


Rossella Martino - Politecnico di Bari Elementi di architettura popolare italiana nelle case di Mario Paolini per Kos

p. 809

Oliver Sutton, James Douet - CEA Global Education, Phoenix Citizens or brand, conflicting priorities in the shoreline iconography of Barcelona

p. 821

Maddalena Chimisso - Università del Molise La piazza e il mare. Tipologia e sviluppo delle città con belvedere sull’Adriatico molisano

p. 831

Luigi Oliva - Università di Sassari Tra Narciso e Perseo. Il riflesso dell'immagine mediterranea nella forma urbana e nell'architettura di Taranto

p. 841

Emma Maglio - Aix-Marseille Université, LA3M The role of historic town of Rhodes in the scenario of Ottoman and Italian rules to the light of iconographic sources

p. 855

Giovanni Cecini Rodi: da città dei cavalieri a città in orbace

p. 865

Alessandra Terenzi - Politecnico di Milano Jaffa & Tel Aviv nell’iconografia storica: da Sposa del Mare a Città Bianca

p. 877

Stefania Palmentieri, Barbara Delle Donne - Università di Napoli Federico II La trasformazione del fronte marittimo di Napoli negli ultimi tre secoli

p. 889

Eleonora D’Auria Napoli e Venezia: vecchi ponti e nuovi nessi

p. 903

Maria Gabriella Rienzo - Università di Foggia Il mare sportivo a Napoli tra Ottocento e Novecento

p. 911

Sessione 6 L’entroterra: evoluzione e iconografia della città e del paesaggio Coordinatori: Giulia Cantabene, Massimo Visone

p. 921

Ferdinando Coccia - Università di Napoli Federico II Iconografia della città e del paesaggio: Salerno e il territorio del Principato Citra nei disegni inediti del fondo Registro e Bollo. Scritture Private dell’Archivio di Stato di Salerno (1817-1862)

p. 923

Maria Martone - Università di Roma La Sapienza La riconoscibilità storica di un territorio trasformato. Nuove identità urbane e caratteri permanenti nella pianura pontina

p. 935

Anna Magrin - Istituto Universitario Architettura Venezia Il paesaggio agrario emiliano: storia e forme di un paesaggio mediterraneo

p. 947

Maria Falcone - Università di Napoli Federico II L’entroterra flegreo: evoluzione del paesaggio agrario tra storiografia, cartografia e iconografia p. 955 Giovanna Ceniccola - Università di Napoli Federico II Identità e conservazione di un paesaggio storico. La Valle Telesina nel Sannio beneventano

p. 967

Mariarosaria Villani - Università di Napoli Federico II Il paesaggio dell’entroterra cilentano. Evoluzione e prospettive per la conservazione

p. 979


Simonetta Ciranna, Patrizia Montuori - Università dell’Aquila Avezzano 1915. Conoscere e riconoscere una nuova identità

p. 989

Arturo Gallozzi - Università di Cassino e del Lazio Meridionale Cassino tra vecchia e nuova forma urbana. Trasformazioni e permanenze nel disegno della città

p. 1003

Antonella Armetta - Università di Palermo Il Belice prima e dopo il 1968 attraverso le iconografie

p. 1015

Maria Vitiello - Sapienza Università di Roma Il paesaggio della ricostruzione. Una ricerca di valori e identità territoriali per il restauro delle terre devastate dal sisma del 2009

p. 1025

Agostino Di Lorenzo - Università di Salerno Verso Napoli, città metropolitana. Immagine ed eco-governo del territorio

p. 1037

Cristina Pallini, Annalisa Scaccabarozzi - Politecnico di Milano Identikit di Alessandria: il porto e il Delta

p. 1047

Antonella Marciano - Seconda Università di Napoli RiDisegnare paesaggi immateriali: il caso dell’Alto Casertano

p. 1059

Sessione 7 Le trasformazioni del paesaggio urbano nella fotografia e nella cinematografia Coordinatori: Francesca Capano, Marco Iuliano p. 1069 Stefania Pollone - Università di Napoli Federico II Paestum tra iconografia e restauro: interpretazione ed esiti operativi

p. 1071

Pier Giorgio Massaretti - Università di Bologna La ri-fondazione della Libia Balbiana (1933-1939). Il poderoso racconto fotografico dei “Ventimila”

p. 1085

Marco de Napoli - Università di Napoli Federico II La trasformazione urbana di Alessandria d’Egitto attraverso le immagini delle opere di Mario Avena (1924-1939)

p. 1099

Alessandro Giordano - Università di Napoli Federico II L’immagine dei Comuni Irpini di Melito e Cairano nella cinematografia anteriore al terremoto del 1980

p. 1111

Angelo Bencivenga, Livio Chiarullo, Delio Colangelo, Annalisa Percoco - Regione Basilicata Cinema e paesaggio in Basilicata

p. 1125

Sofia Tufano - Università di Napoli Federico II Le immagini dell’isola di Ischia dall’Archivio Fotografico di Vittorio Pandolfi (1954)

p. 1135

Manuel Jódar Mena - University of Jaén Mediterranean Projected Cities through Jules Dassin`s Films

p. 1145

Claudio Impiglia - Università Sapienza di Roma L’Agro Portuense attraverso la pittura, la fotografia e la documentazione cinematografica: da paesaggio rurale archeologico a territorio “conurbato”

p. 1155


Renata Picone - Università di Napoli Federico II Paesaggio naturale e patrimonio costruito in costiera sorrentino-amalfitana. Conoscenza e tutela nel Novecento attraverso la fotografia, la grafica e i cortometraggi

p. 1169

Giuseppe M. Montuono, Diego Nuzzo - Università di Napoli Federico II Il lungomare di Napoli: paradigma dell'oleografia tra cinema e architettura. Da largo Sermoneta alla salita del Gigante

p. 1183

Colomba Sapio - Università di Napoli Federico II Mediterraneo, amalgama di affinità

p. 1193

Sergio Attanasio - Università di Napoli Federico II Il gran teatro del golfo attraverso le arti della rappresentazione

p. 1203

Appendice Francesca Martorano Riflessioni sui contenuti tematici del Convegno e sull’esito delle proposte

p. 1215

Antonello Alici, Maria Grazia D’Amelio, Elena Svalduz Città d’inchiostro: sguardi e parole sull’Europa moderna e contemporanea

p. 1217

Francesca Castanò Per un’identità moderna della città mediterranea: Luigi Cosenza e la pianificazione a Napoli e in Campania

p. 1219


CIRICE 2014 - VI Convegno Internazionale di Studi Città mediterranee in trasformazione. Identità e immagine del paesaggio urbano tra Sette e Novecento

Cinema e paesaggio in Basilicata ANGELO BENCIVENGA, LIVIO CHIARULLO, DELIO COLANGELO, ANNALISA PERCOCO Fondazione Eni Enrico Mattei, Viggiano, Italia Abstract A classical definition of landscape is "nature perceived through a culture" (Turri 1998, Raffestin 2005). On the "historicity" of the landscape, some authors (Bernardi 2002, D'Angelo 2010) have underlined the cinema’s capacity to register the transformations of the territory and, at the same time, to direct the gaze on it. Since the end of the Second World War, the Basilicata region has been a film location; more than forty full length movies have been shot in Basilicata. Most of them, from "The Gospel According to St. Matthew" by Pier Paolo Pasolini to "Christ stopped at Eboli" by Francesco Rosi, have shown the misery and the backwardness of Basilicata, inspired by the works of some authors as Carlo Levi and Ernesto De Martino. Matera is an interesting case study: from expression of this cinematic representation, in the last years it has become the location of some movies - like "The Passion" by Mel Gibson - that have had an important role in building the image of Matera as an almost mystic and culturally dynamic city. Parole chiave: Cinema, Basilicata, paesaggio, Matera, Sassi. Cinema, Basilicata, landscape, Matera, Stones. Introduzione Una definizione classica inquadra il paesaggio come natura percepita attraverso una cultura [Turri 1998; Raffestin 2005]. Sulla "storicità" del paesaggio, alcuni autori [Bernardi 2002; D'Angelo 2010] hanno sottolineato la capacità del cinema di registrare le trasformazioni del territorio e allo stesso tempo di orientare lo sguardo su di esso. La Basilicata, a partire dal secondo dopoguerra, è stata terra di cinema; più di quaranta produzioni cinematografiche sono state realizzate sul suolo lucano. Una tendenza dominante, da "Il Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo Pasolini a "Cristo si è fermato a Eboli" di Francesco Rosi, ha messo in luce la condizione di miseria e arretratezza della Basilicata, influenzata da autori come Carlo Levi e Ernesto De Martino. Interessante è il caso di Matera che, da espressione cinematografica di tale tendenza interpretativa, è diventata teatro di opere filmiche - come "The Passion" di Mel Gibson - che hanno contribuito a formare l'immagine di una città quasi mistica e culturalmente attiva.

1. Cinema e paesaggio Un'ampia riflessione geografica e filosofica [Assunto 1973; Turri 1998; D'Angelo 2010] tende a collocare il paesaggio all'incrocio tra natura e cultura, tale da essere considerato come "natura percepita attraverso una cultura". Turri [1998] sostiene, infatti, che il paesaggio non può essere un’entità a sé, ma, è portatore di un’identità determinata dall’attività umana; sulla stessa linea, Assunto lo considera come «natura nella quale la civiltà rispecchia se stessa, immedesimandosi nella sue forme» [Assunto 1973, 12]. Nella "Convenzione europea del Paesaggio" stipulata a Firenze nel 2000, leggiamo che "il paesaggio designa una determinata parte di territorio, cosi come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni" (art.1). Tale definizione pone all'attenzione due termini, percezione delle popolazioni e carattere, che sottolineano da un lato l'entità percettiva e non oggettiva del paesaggio e, dall'altro, la costituzione di quest'ultimo a partire dalla sedimentazione di fattori culturali e naturali. Secondo tale prospettiva, guardare è interpretare e rappresentare e, in questo senso, non si tratta più solo di un atto individuale e indipendente, ma di un'operazione vincolata alla società di appartenenza e, dunque, al

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suo sistema di valori. È per questo che un territorio può dar vita a paesaggi differenti, cioè a rappresentazioni differenti dello stesso pezzo di territorio [Raffestin 2005]. Emerge come i prodotti di uno sguardo non siano e non possano essere fotocopia della realtà, ma una sua rappresentazione; il paesaggio è, dunque, una rappresentazione che si situa all'incrocio tra un’impostazione oggettiva della realtà materiale e un orientamento percettivo e soggettivo dello sguardo. In questo senso, prendiamo a riferimento la definizione di Turri [1998] del "paesaggio come teatro" che individua in esso non solo lo spazio fisico in cui l'uomo vive e opera, ma anche ciò in cui ognuno è spettatore e attore. Il paesaggio, quindi, è un palcoscenico naturale, un luogo che esiste a prescindere dall'uomo e che condiziona l'agire umano ma, allo stesso tempo, penetrato dall'opera dell'uomo. Da questo punto di vista, l'arte assume un ruolo importante per definire e trasmettere l'idea di paesaggio. D'Angelo, infatti, ha messo in luce come: "l'origine pittorica del termine paesaggio ha fatto si che per lungo tempo il paesaggio reale sia stato percepito e concettualizzato come la proiezione sulla natura di quello che la pittura ci ha insegnato a vedere" [D'Angelo 2010, 50]. È necessario sottolineare però, seguendo sempre D'Angelo, che se è plausibile che l'arte abbia orientato il modo in cui l'uomo guarda il paesaggio, è molto improbabile, invece, che l'arte sia l'unico vettore dello sguardo su di esso. Le arti figurative e, in seguito, la fotografia, la letteratura, i media, il cinema permettono quindi una rielaborazione e rappresentazione del paesaggio contribuendo, al tempo stesso, a fissarne alcuni caratteri principali. Con l'avvento del cinema possiamo ritenere che vi sia stata una modificazione importante nel nostro modo di osservare il paesaggio. In uno dei pochi saggi dedicati al rapporto tra cinema e paesaggio, Bernardi [2002] evidenzia come il paesaggio nella modernità non è più considerato come un luogo associato alla contemplazione distante, ma diventa un campo di esperienze o, addirittura, di dominazione dell'uomo sulla natura. Ed è proprio in questo senso che risulta interessante guardare al cinema come interprete privilegiato di questo cambiamento. Come già detto, vi è un'interconnessione circolare tra produzione artistica, paesaggio e sguardo: l'avvento della modernità modifica in modo sostanziale la percezione dei luoghi e il cinema interviene annullando la distanza che la pittura aveva prodotto tra l'osservatore e il paesaggio che lo percepisce, per entrare al suo interno e scrutarlo nei minimi dettagli. Negli anni '30 Walter Benjamin aveva avuto questa intuizione sostenendo che "nel suo lavoro, il pittore osserva una distanza naturale da ciò che gli è dato, l'operatore cinematografico invece penetra profondamente nel tessuto dei dati. Le immagini che entrambi ottengono sono enormemente diverse. Quella del pittore è totale, quella dell'operatore è multiformemente frammentata, e le sue parti si compongono secondo una nuova legge" [Benjamin 1966, 18]. A differenza del gesto del pittore, che cerca di cogliere la totalità del paesaggio, la cinepresa penetra in esso, offrendo allo spettatore quella visione "multiformemente frammentata" che consente un'efficace analizzabilità dello spazio. In questo senso, il cinema non "rappresenta un paesaggio" come fa la pittura, ma "mostra il modo in cui il paesaggio è vissuto" [D'Angelo 2010, 22], entra letteralmente nella sua realtà [Benjamin 1966]. Secondo Benjamin, la rivoluzione del cinema è paragonabile a quella psicoanalitica: come quest'ultima ha liberato l'inconscio, così la prima ha enormemente approfondito la sensibilità ottica. La modernità, infatti, ha prodotto un'iperproduzione e diffusione delle immagini (nei libri, nei giornali, sui muri delle città) che, insieme all'imporsi dell'illuminazione artificiale e di mezzi di trasporto sempre più veloci, producono quello che Cassetti [2005] definisce come "l'estensione del visivo". A tale fenomeno di allargamento del campo di osservazione di cui fa esperienza l'uomo moderno se ne associa un'altro, di carattere inverso: la perdita del paesaggio [Cassetti 2005]. In questo senso, l'esperienza del viaggio in treno è paradigmatica perchè evidenzia, nell'ampia disponibilità di paesaggi che scorrono nel finestrino, la difficoltà di osservarli. Da questo punto di vista, il cinema è stato e lo è ancora uno strumento importante nell'offrire uno sguardo diverso, approfondito, sul paesaggio. Alcuni registi del "cinema moderno", da Antonioni [Bernardi 2002; Gandy 2003] a Kiarostami [Nancy 2004] hanno colto le potenzialità del cinema in rapporto al paesaggio e hanno fatto di quest'ultimo il centro della narrazione. Tale scelta poetica non è scaturita solo dal bisogno di "recuperare il paesaggio", di posare uno sguardo non frettoloso su di esso, ma anche dalla necessità di esprimere la perdita della centralità narrativa del personaggio e, probabilmente, anche della centralità dello sguardo dell'autore [Bernardi 2002]. In altre parole, il cinema non solo ci offre una rappresentazione del paesaggio ma può mettere a statuto l'instabilità dello sguardo su di esso, che si dimostra sempre precario, sempre work in progress tra la dimensione fisica del paesaggio e la sua rappresentazione. È importante ribadire che il cinema, come narrazione dei luoghi, concorre alla costruzione del paesaggio e alla produzione di identità territoriali e, tuttavia, può andare incontro a evidenti contraddizioni [Pollice, Urso 2013]. I film possono raccontare storie vicine all'identità del territorio, tessendole in un autentico sfondo economico-sociale, ma possono essere anche completamente

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avulse da esso. Vi sono, infatti, produzioni cinematografiche che utilizzano un luogo esclusivamente per ambientarvi vicende che, nella finzione, avvengono in altri luoghi o in posti immaginari. In questo caso si crea una distanza tra la location del film e il luogo rappresentato e, tuttavia, nel paesaggio si sedimentano anche quelle "identità cinematografiche" che entrano a far parte di quelle territoriali. A prova di ciò si può citare l'interesse crescente verso il film tourism [Hudson, Ritchie 2006] ovvero per la visita delle location in cui sono stati girati i film e, quindi, dei paesaggi cinematografici. La curiosità per i luoghi toccati dal cinema deriva proprio dalla capacità del cinema di veicolare lo sguardo su di essi. Il cineturismo, infatti, può essere inteso come un fenomeno che pone in risalto l'intrusione del medium filmico nella realtà [Lukinbeal, Zimmermann 2006]. Secondo autori come Zimmermann e Escher, il cinema ri-prensenta e ri-costruisce i luoghi e i paesaggi in modo tale che non è più possibile la distinzione tra mondo cinematografico e mondo reale, tra real e reel [Escher, Zimmermann 2001]. In questo senso, è utile citare un caso che, nella letteratura sul tema film tourism, è stato analizzato: Il Signore degli Anelli (2001-2002-2003). Si tratta di una trilogia fantasy, girata in Nuova Zelanda e che ha avuto un grande successo di pubblico. I film raccontano di un mondo immaginario e, quindi, non hanno alcun legame con l'identità territoriale del luogo e, tuttavia, la richiesta di visitare i luoghi in cui il film è stato girato è cresciuta di anno in anno [Tzanelli 2004]. La tesi di Tzanelli è che il cinema è capace di compiere un'operazione di "staged authenticity", di costruzione dell'autenticità di un luogo. I cine-turisti, pur essendo consapevoli di avere a che fare con una finzione, vivono il tour cinematografico come un’esperienza autentica in cui la Nuova Zelanda viene percepita davvero come se fosse la “Terra di Mezzo” in cui si svolgevano le storie di fantasia del film. Il cinema, quindi, agisce sul paesaggio in modo ampio, non solo registrandone le trasformazioni ma come produttore di senso e identità.

2. Cinema in Basilicata La Basilicata è sempre stata terra di cinema, offrendo le sue location alle produzioni cinematografiche a partire dal secondo dopoguerra. Sino ad oggi sono stati girati più di quaranta film sul suolo lucano, appartenenti a diversi generi e realizzati da importanti registi italiani e stranieri. In particolare va considerato che con la recentissima istituzione della Lucana Film Commission, ente che si occupa di attrarre produzioni cinematografiche sul territorio e a promuovere il paesaggio attraverso la pellicola, la Basilicata si candida a essere sempre più inquadrata dalle rappresentazione filmiche. Nell'analisi della filmografia lucana si possono distinguere tre principali rappresentazioni cinematografiche del paesaggio lucano. La prima è caratterizzata da una vocazione piuttosto realistica che fa riferimento alla condizione di miseria e arretratezza della Basilicata ed è figlia della riflessione intellettuale sulla questione meridionale. Questa "terra oscura senza peccato e senza redenzione" [Levi 1945, 4] su cui Carlo Levi ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica impegna soprattutto la produzione cinematografica dagli anni '50 agli anni '70 ed ha recenti riecheggi in "Del Perduto Amore" di Placido e "Un giorno nella vita" di Papasso. La seconda tendenza cinematografica interessa soprattutto Matera e trova in essa un intrinseco valore di spiritualità religiosa. Dagli anni '60 ad oggi si è venuto a costituire un filone biblico della filmografia "lucana", tra cui alcune produzioni importanti quali "Il Vangelo secondo Matteo" di Pasolini, "King David" di Beresford, "The Passion" di Mel Gibson e "The Nativity Story" di Hardwicke. Infine, soprattutto negli ultimi anni, è riscontrabile un nuovo modo di intendere il paesaggio lucano; allontanato lo sguardo dai problemi sociali della regione, emerge, invece, un'interpretazione molto più intima, introspettiva, che presenta la Basilicata come un luogo dell'anima. Rientrano in quest'ultima tendenza film come "Il sole anche notte" dei Taviani, "Il Rabdomante" di Cattani, "Io non ho paura" di Salvatores e "Basilicata coast to coast" di Papaleo [Bencivenga, Chiarullo, Colangelo, Percoco 2013]. La maggior parte delle produzioni ha utilizzato le location materane dei Sassi e della Murgia materana che, per la loro caratteristiche scenografiche, sono diventate il principale attrattore cinematografico della regione. Un posto rilevante, inoltre, è riservato anche ad altri luoghi sulla costa e nell'entroterra che sono state utilizzati per narrazioni più vicini all'identità reale della Basilicata: ricordiamo la fortuna cinematografica di Craco, paese disabitato dal 1963, che è stato utilizzato in molti film per la sua atmosfera suggestiva.

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Passannante di Sergio Colabona, 2011 Un giorno della vita di Giuseppe Papasso, 2011 Basilicata Coast to Coast di Rocco Papaleo, 2010 Mineurs di Fulvio Wetzl, 2007 The Nativity Story di Catherine Hardwicke, 2006 The Omen Il presagio di John Moore, 2006 Il Rabdomante di Fabrizio Cattani, 2005 The Passion of the Christ di Mel Gibson, 2003 Io non ho paura di Gabriele Salvatores, 2002 Ogni lasciato è perso di Piero Chiambretti 2000 Terra Bruciata di Fabio Segatori, 1999 Del perduto Amore di Michele Placido, 1998 L’ Uomo delle Stelle di Giuseppe Tornatore, 1995 Il sole anche di notte di Paolo e Vittorio Taviani, 1990 King David di Bruce Beresford, 1985 Tre Fratelli di Francesco Rosi, 1981 Cristo si è fermato a Eboli di Francesco Rosi, 1979 Volontari per destinazione ignota di Alberto Negrin, 1978 L’Albero di Guernica di Fernando Arrabal, 1975 Qui comincia l’avventura di Carlo di Palma, 1975

Il tempo dell’inizio di Luigi Di Gianni, 1974 Allonsanfan di Paolo e Vittorio Taviani, 1974 Anno Uno di Roberto Rossellini, 1974 Il decamerone nero di Piero Vivarelli, 1972 Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci, 1972 C’era una Volta di Francesco Rosi, 1967 Made in Italy di Nanni Loy, 1965 Il vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, 1964 Il Demonio di Brunello Rondi, 1963 Gli anni Ruggenti di Luigi Zampa, 1962 La Vedovella di Silvio Siani, 1962 Italia ’61 di Jan Lenica, 1961 Viva l’Italia! di Roberto Rossellini, 1961 A porte chiuse di Dino Risi, 1960 La nonna Sabella di Dino Risi, 1957 La Lupa di Alberto Lattuada, 1953 Le due sorelle di Mario Volpe, 1950 Nel mezzogiorno qualcosa è cambiato di C. Lizzani, 1949

Fig. 1: Film girati in Basilicata

3. Il caso dei Sassi di Matera Come abbiamo già anticipato, Matera e, in particolare il rione dei Sassi è stata una location molto frequentata dalle produzioni cinematografiche che, seppur con stili e finalità estetiche molto differenti, hanno messo in luce il suo mutamento dal Secondo Dopoguerra a oggi. La sua fortuna cinematografica si deve, con buona probabilità, all'unicità della sua "architettura in negativo" [Bertelli 1974], costituita da forme abitative scavate nella roccia, alle tracce del passaggio di popoli come i Longobardi, i Greci, i Saraceni, i Normanni, alla diffusione del monachesimo sia bizantino orientale che benedettino occidentale che ha prodotto una nutrita schiera di chiese rupestri e, infine, all'intenso dibattito che si è sviluppato intorno al destino di questa parte della città di Matera. Ai fini del nostro discorso sul rapporto tra cinema e paesaggio, la vicenda dei Sassi di Matera è paradigmatica in quanto la produzione filmica non solo ha documentato le trasformazioni del territorio, ma ha avuto anche un ruolo attivo nel processo di recupero del centro storico materano. Ovviamente non è possibile in questa sede restituire la complessità del dibattito e degli interventi che si sono succeduti dagli anni '40 a oggi; ci limiteremo, quindi, a citare alcune tappe importanti della storia novecentesca dei Sassi, partendo da una citazione dal romanzo "Cristo si è fermato a Eboli" di Carlo Levi: "Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono le persone. Di bambini ce ne era un'infinità. In quel caldo, in mezzo alle mosche, nella polvere, spuntavano da tutte le parti, nude del tutto o coperti di stracci" [Levi 1945, 45]. Il romanzo di Levi, che racconta l'esilio dell'autore in Basilicata negli anni 1935-36, testimonia una situazione di grave degrado e miseria che caratterizzava i Sassi di Matera durante il Fascismo. Per compiere una rapida operazione di risanamento del centro storico, nel 1937 viene realizzata un'inchiesta sulle condizioni igieniche delle abitazioni, circa 3000 abitazioni e di cui il 70% risultano inabitabili [Valente 2010]. Molte delle abitazioni, infatti, sono scavate nella roccia, con poca luce e aria e molta umidità; le famiglie numerose vivono in condizione di promiscuità e condividono gli spazi ridotti con animali. Tra la visita del Presidente del Consiglio Zanardelli nel 1902 a quella di Mussolini negli anni '30, la constatazione della drammatica situazione in cui versa il rione dei Sassi non produce un'efficace risoluzione del problema. I provvedimenti e i piani che vengono attivati mirano, infatti, alla realizzazione di una città funzionante, a prescindere dai Sassi [Rota, Tommaselli, Conese 1981]. Il

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risanamento urbano del primo Novecento produce quindi un evidente scollamento tra la città e il centro storico, lasciando quest'ultimo nelle sue condizioni di degrado. La pubblicazione di "Cristo si è fermato a Eboli" nel 1945 ha il merito di porre all'attenzione della neonata Repubblica Italiana ciò che verrà definito da De Gasperi e Togliatti come una "vergogna nazionale". Una nuova e approfondita inchiesta viene realizzata dall'antropologo Friedman, docente presso l'Università dell'Arkansas. In realtà, intorno al caso Matera si sviluppa un vero e proprio dibattito che coinvolge urbanisti e sociologi italiani e stranieri; l'interesse scientifico verso tale realtà nasce dal fatto che Matera, definita come "capitale della civiltà contadina", rappresenta un esempio paradigmatico e fecondo per analizzare la situazione sociale, etica ed economica del Meridione [Fonseca, Demetrio, Guadagno 1999]. L'idea di fondo che muove l'impegno analitico di questi anni è che i Sassi siano un problema invalicabile per la qualità della vita dei residenti e che l'unica risoluzione di questa "vergogna nazionale" possa avvenire solo attraverso i processi di sfollamento dei Sassi e di costruzione di nuovi borghi residenziali, lontani dal centro storico, nei quali trasferire gli abitanti [Restucci 1991]. La decongestione dei Sassi e la creazione di borghi a misura d'uomo sono i punti di partenza per raggiungere una condizione sociale e culturale, oltre che economica, dignitosa. In questo humus nasce la legge statale 619 del 1952 che prevede il parziale sfollamento dei Sassi, la ristrutturazione di quelli in condizioni accettabili e la sistemazione dei residenti in borghi periferici. La questione della ristrutturazione delle abitazione è inquadrata unicamente dal punto di vista della qualità della vita e tralasciando totalmente il valore culturale del sito. Per una serie di motivi che non è possibile approfondire in questa sede e che vanno dalla non-autosufficienza delle nuove soluzioni abitative, alla sensazione di ghettizzazione e al difficile adattamento degli sfollati, i nuovi quartieri vengono progressivamente abbandonati [Restucci 1991]. Allo stesso tempo, allo sfollamento dei Sassi non segue l'opera di recupero necessaria, conducendo al definitivo svuotamento del centro storico [Giura Longo 1966]. Il dibattito intorno ai Sassi torna sulla scena pubblica negli anni '70. Le leggi statali n. 126 del 1967 e n. 1043 del 1971 promuovono il bando di un concorso per la sistemazione e la conservazione dei Sassi quale sito "di interesse storico, archeologico, artistico, paesistico ed etnografico". La novità di tale impostazione legislativa consiste nel considerare la questione dei Sassi non solo dal punto di vista sociale e igienico, ma anche da quello storico- artistico [Fonseca, Demetrio, Guadagno 1999]. Un nuovo rapporto su Matera viene realizzato dal gruppo veneziano di urbanistica "Il Politecnico" coordinato dal sociologo Musacchio. Il finanziamento previsto dalla legge del 1971, però, risulta revocato dagli impegni di bilancio dello Stato e bisogna attendere la legge statale n. 771 del 1986 per avviare il processo di recupero. A seguito della legge dell'86 sono predisposti due piani biennali che mirano da un lato al recupero dei Sassi e, dall'altra, alla promozione di attività terziarie come i servizi, il commercio e l'artigianato. Il rione, quindi, viene inquadrato come luogo di produzione di reddito, di attività culturali e di turismo [Valente 2010]. Gli anni '90 vedono, così, un parziale ripopolamento del centro storico e un'importante crescita delle attività commerciali e delle strutture ricettive. L'inserimento dei Sassi nella lista Unesco del Patrimonio Mondiale dell'Umanità, poi, rappresenta un passo importante nella loro promozione tra le destinazioni turistiche più famose dell'Italia meridionale. Seppure dopo un lungo processo storico e con difficoltà e contraddizioni ancora da affrontare, la crescita culturale e turistica della cittadina ha avuto un rapido incremento negli ultima anni e ha permesso l'inserimento di Matera nella short list delle città italiane che si candidano come capitale della cultura europea del 2019.

4. I Sassi di Matera e il cinema Nel complesso quadro di riflessioni, dibattiti e interventi sul centro storico materano, il cinema ha avuto una funzione importante sia per la sua capacità di testimoniare le trasformazioni dei Sassi sia per essere parte attiva di tali trasformazioni. Da questo punto di vista, occorre ribadire che il cinema, in rapporto al paesaggio, non può essere visto semplicemente come un registratore dei mutamenti territoriali ma agisce su di esso, modificandolo. Nel caso della città di Matera non solo è visibile questo duplice e indivisibile movimento filmico, ma possiamo dire che l'accelerazione culturale e turistica degli ultimi anni ha un'impronta anche cinematografica. Si possono riconoscere due tendenze fondamentali di rappresentazione del paesaggio dei Sassi: la prima tende a una rappresentazione autentica in linea con la riflessione intellettuale che aveva impegnato gli anni del Dopoguerra e la seconda, invece, che utilizza il paesaggio per raccontare storie lontane dall'identità locale.

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4.1 La terra oscura senza peccato e senza redenzione Come abbiamo già anticipato nei paragrafi precedenti, i film girati a Matera negli anni '50 e '60 risentono della vasta riflessione che, da Levi a De Martino, ha posto l'attenzione sui problemi della Basilicata, una regione ancora molto arretrata sia da un punto di vista economico che culturale. In particolare, il cinema sembra farsi carico di quella tensione tra volontà di recupero e necessità di sfollamento che serpeggia nei Sassi in quegli anni e che li rendono una scenografia dall'intenso carico drammatico. Cercando di portare sul grande schermo questa riflessione, i primi film girati a Matera mostrano una "terra oscura senza peccato e senza redenzione" così come è definita nel romanzo di Levi [Levi 1945, p.4]. La prima produzione cinematografica girata a Matera e che rappresenta anche l'esordio alla regia di Carlo Lizzani è un documentario dal titolo "Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato" (1949). Realizzato in occasione dell'avvio dei lavori dell'assise per la rinascita del Mezzogiorno che aveva visto gruppi di contadini, operai studenti, riunirsi in alcune città meridionali tra cui Matera, il documentario di Lizzani è un'opera di denuncia delle condizioni di arretratezza in cui versa il Meridione e, allo stesso tempo, di grande speranza per il futuro. Rispetto al lavoro di Levi che voleva essere una riflessione sociale, politica e antropologia sulla Basilicata, Lizzani mette in risalto il fermento di rinnovamento, di cambiamento che circola nelle cittadine meridionali [Bernagozzi 2002]. Così, se da una parte la macchina da presa indugia sugli interni delle grotte nei Sassi, con uomini e animali che condividono lo stesso spazio, dall'altra, il film si chiude con i contadini che tornano felicemente alle loro case dopo l'assemblea. Il documentario di Lizzani è uno dei primi lavori di inchiesta sullo stato del Meridione nel Dopoguerra e sulla speranza del cambiamento. La passione per la documentazione della realtà materana e lucana coinvolge anche altri registi che, anche sulla scia delle spedizioni antropologiche organizzate da Ernesto De Martino, vogliono rendere conto dei riti e delle superstizioni che regnano in Basilicata. Una ricca produzione documentaria investe la Basilicata con l'evidente compito di mostrarne le condizioni culturali e sociali. In particolare, si può citare una piccola opera di un giovane Antonioni dal titolo "Superstizione" e diversi lavori, tra cui "Magia Lucana" e "La Madonna di Pierno" del regista Luigi Di Gianni, uno dei più importanti rappresentanti del documentario antropologico. Un film di finzione, girato in parte a Matera, che raccoglie questa eredità e questo fermento è"Il Demonio" (1964) di Brunello Rondi. Il film ha come obiettivo quello di offrire un ritratto autentico della Basilicata, soprattutto in riferimento a quel "mondo magico" che circondava la realtà lucana degli anni '60. A metà strada tra storia drammatica e documentario, il film racconta i riti contro il malocchio, gli esorcismi, le superstizioni. Senza voler approfondire in questa sede un argomento troppo vasto, è necessario sottolineare che De Martino vedeva nelle pratiche magiche lucane non semplicemente degli eventi folkloristici, ma una importante funzione di protezione dell'individuo dalla negatività che la realtà poteva riversargli contro. In quel particolare contesto storico e culturale, i riti e le pratiche magiche aiutano l'uomo a metabolizzare gli eventi negativi che investono la sua esistenza, imputandone la colpa a una presenza maligna che, tramite procedure ben definite, può essere allontanata. Ed è proprio su questo tema che si forma l'ossatura drammatica de "Il Demonio": la protagonista, Purificata, non riuscendo a superare una delusione d'amore, cade nella "fascinazione". La fascinazione, o la possessione, rappresenta il momento di stallo in cui si trova Purificata che non riesce ad accettare il fatto di essere stata lasciata; ma, allo stesso tempo, è il modo in cui incomincia a intraprendere un percorso interiore per identificare la negatività che c'è dentro di lei e espellerla attraverso l'esorcismo. E il percorso di liberazione da questo male, che però la condurrà a una fine tragica, è un paesaggio di riti liberatori, pratiche magiche, esorcismi, lamenti funebri che il regista inserisce all'interno della narrazione con intento quasi documentale. Un paesaggio magico che mostra il netto divario esistente tra la terra lucana e il progresso e il boom economico che veniva vissuto in altre zone d'Italia. I Sassi sono il luogo in cui si possono osservare i riti magici finalizzati sia alla buona sorte, a scacciare il malocchio, che a procurare il male. In alcune suggestive sequenze girate nei Sassi, avviene il conflitto magico: da una parte Purificata cerca di minare, attraverso filtri amorosi, la solidità del matrimonio tra il suo amato e un'altra donna mentre, dall'altra, gli sposi proteggono con rituali la loro unione dalle forze negative. "Il Demonio" in un certo senso completa il quadro di una rappresentazione cinematografica dei Sassi che pone l'accento sul contesto economico-sociale e culturale dei residenti. La situazione di sofferenza e miseria degli abitanti dei Sassi trovano spazio anche in una commedia: "Gli anni ruggenti" (1962) di Luigi Zampa. Nel film il protagonista, interpretato da Nino Manfredi, è un giovane assicuratore che durante un suo viaggio nel Sud viene scambiato per un gerarca fascista. Il protagonista si ritrova a Matera e, durante la sua passeggiata nei Sassi, viene circondato dai residenti che vedono in lui il tramite per sottoporre a Mussolini la loro drammatica condizione di vita.

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Questa tendenza rappresentativa, che incomincia a tramontare a partire dagli anni '70, ha un ultimo e forse più importante esempio nella trasposizione cinematografica del romanzo di Levi a opera di Francesco Rosi. Il "Cristo si è fermato a Eboli" (1979) di Rosi è sicuramente uno dei prodotti artistici più rappresentativi dell'identità lucana e racconta con realismo un pezzo di storia della Basilicata. Tratto dal libro omonimo di Carlo Levi, a metà tra romanzo e saggio, racconta l'esperienza di confinato vissuta da Levi stesso durante l'epoca fascista. Durante i due anni trascorsi in esilio Levi, medico progressista torinese, ha l'occasione di entrare in contatto con la civiltà contadina e arcaica lucana, così lontana dalla sua cultura, che osserva con meticolosa attenzione e che lo colpisce profondamente. L'ipotesi di una trasposizione cinematografica del romanzo viene avanzata già agli inizi degli anni '60 e tuttavia, bisognerà attendere la fine degli anni '70, quando ormai Levi è scomparso, per la realizzazione del progetto in duplice versione: una più lunga, di circa quattro ore, realizzata per la televisione e una ridotta per il cinema. Nel "Cristo si è fermato a Eboli" di Rosi il paesaggio è il vero protagonista della vicenda all’interno del quale si muove il protagonista come un “personaggio spettatore” [Mancino, Zambetti 1997]. Come già succede nel romanzo, e forse ancora di più, vi è un eclissarsi dell'autore e del personaggio in favore del paesaggio e del contesto sociale in cui la storia è ambientata. Da un punto di vista stilistico, il regista cerca di mantenere lo stesso approccio del romanzo: in parte racconto, in parte trattato etnografico. La vicenda personale dell’esule passa spesso in secondo piano ed emerge la realtà contadina e profondamente rurale della Basilicata degli anni ’30. La cinepresa segue Levi lungo le strette vie mettendo in atto quel pedinamento del personaggio, mutuato dal neorealismo, come se la storia sia un semplice pretesto per raccontare la realtà di quei luoghi. Come ha sottolineato Rondolino [1996], campi e controcampi, ovvero Levi/Volontè e i contadini, segnano il ritmo del film, con un continuo alternarsi di soggettive e oggettive. L’uso inconsueto di inquadrature dal basso, poi, rimanda metaforicamente alla durezza della vita, alla sua impervietà esistenziale. Durante le lunghe passeggiate del protagonista emerge la Lucania dove “Cristo non è mai arrivato, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia” [Levi, 1945, 3]. Tutti gli sforzi tecnici sembrano confluire nell’esigenza di trasmettere allo spettatore l’atmosfera autentica di quel mondo: l’onnipresenza di animali nelle inquadrature, l’incipit di ogni sequenza con una scena di lavoro nei campi, il chiacchiericcio, i fruscii e i versi degli animali come colonna sonora principale. Emerge, quindi, un ritratto autentico del paesaggio con la sua vita ciclica, legata alla terra e alla natura, immersa in una tradizione pagana e antimodernista. 4.2 Il paesaggio biblico Il passaggio dalla rappresentazione realistica e vicina ai problemi economico-sociali dei Sassi ad una meno legata al contesto sociale, è segnata da due film che, sebbene raccontino vicende che non hanno a che fare con l'identità materana e lucana, fanno comunque emergere la realtà locale. Il primo è "La Lupa" (1953) di Alberto Lattuada, trasposizione cinematografica dell'omonima novella di Giovanni Verga e primo film interamente girato nei Sassi. Racconta la storia di una donna dalla sessualità prorompente che semina scandalo in un piccolo paese siciliano. L'operazione interessante compiuta da Lattuada consiste nell'usare i Sassi non come sfondo per rappresentare un paese siciliano, ma di mescolare la storia verghiana con il paesaggio materano. Secondo Lattuada, infatti, a Matera «le voragini spalancavano sotto i piedi dei personaggi qualcosa di terrificante, di grave; insomma, un peso violento, un impatto» [Cosulich 1985, 58]. Il paesaggio, quindi, porta nel film il suo carico di drammaticità che integra l'opera verghiana. Rispetto ad altri film girati a Matera, che utilizzano i Sassi solo come sfondo della vicenda ma senza legarla al territorio, Lattuada realizza una vera e propria versione materana de "La Lupa". Prova ne è, ad esempio, lo spazio che nella prima parte del film è dedicato alla Festa della Bruna di Matera in cui si snoda la vicenda. L'inserimento nel film di riti e tradizioni tipicamente materani serve proprio a intessere la trama nel nuovo contesto territoriale. Il secondo è "Il Vangelo secondo Matteo" (1964), che è il vero punto di incontro tra le due tendenze "paesaggistiche": il paesaggio di miseria e quello religioso biblico. Pasolini, infatti, non sceglie Matera in quanto somigliante a Gerusalemme, ma perché è rappresentativa del contesto socioeconomico del sud d’Italia. Non è un caso, infatti, che originariamente il regista aveva pensato di girarlo nei luoghi reali in cui si era svolta la storia di Gesù ma, dopo alcuni sopralluoghi (che diventeranno un reportage dal titolo "Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo"), decise di girarlo in Italia. Il film, realizzato nel 1964 tra Lazio, Puglia e Basilicata, trova nelle location materane le scene più importanti e destinate a rimanere nella storia del cinema: I Sassi diventano la Gerusalemme della predicazione

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cristiana e della via crucis mentre la Murgia materana è il luogo della crocefissione e della resurrezione del Cristo. L’idea principale del film, come sostiene Murri [2003], è che la riconoscibilità del paesaggio lucano permetta di smitizzare la vicenda di Cristo lasciandone però intatto il valore del messaggio. Così se da una parte c’è l’intenzione autentica di sottolineare la forza rivoluzionaria del messaggio cristiano e ricollegarla a un generale senso del sacro, dall’altra è presente la necessità di rispondere all’urgenza di una critica all’autorità e all’istituzione religiosa. In questo senso, la purezza del messaggio cristiano deve far emergere la non purezza della Chiesa e della borghesia. Ancora Murri [2003] sottolinea come nel film si alternano primi piani di Cristo che diffonde il messaggio divino con campi lunghi in cui emerge l’arretratezza in cui versa la Basilicata e, più in generale, il Meridione. La macchina da presa si allontana dal protagonista per inquadrare i paesaggi, i volti scavati, alcuni dettagli, con la stessa attenzione dimostrata da Pasolini nei suoi precedenti film sulle borgate romane. I due piani della narrazione, che possiamo chiamare “divino” e “sociale”, rimangono separati all’interno del film senza possibilità di conciliazione dimostrando come, secondo Pasolini, il messaggio cristiano sia in epoca contemporanea ancora inascoltato. Ed è proprio in questo senso che, secondo Ferrero [2005], la scelta del contesto lucano serve a mettere in rapporto il messaggio cristiano con la questione meridionale in modo tale che tale messaggio non appaia vano e decontestualizzato ma ne metta in luce le criticità. Matera, quindi, porta all’interno del film non solo la sua conformazione fisica ma anche la situazione sociale. In questo senso, il tentativo compiuto dall'autore è di far emergere l’immagine autentica di una regione anche se raccontando una storia che non le appartiene. Il film di Pasolini inaugurerà una tendenza ad ambientare nei Sassi di Matera vicende di argomento biblico. In generale si può dire che, a partire dagli anni '70 il centro di Matera diventa una location di opere che non hanno a che fare con l'eredità culturale del paesaggio, raccontando storie che non hanno legami con il territorio. A differenza del "Il vangelo secondo Matteo", che manteneva questo rapporto tra storia e paesaggio, gli altri film utilizzeranno Matera solo come sfondo, recuperando una vaga dimensione di misticismo che è propria della tradizione del monachesimo dei Sassi. Da questo punto di vista, il film di riferimento è "The Passion of the Christ" (2004), versione hollywoodiana realizzata da Mel Gibson. Gli esterni del film, infatti, sono stati girati quasi interamente nei Sassi. Va considerato che, in questo caso, sebbene non vi sia un legame della vicenda con il territorio, il film ha contribuito molto a dare una dimensione internazione ai Sassi, promuovendoli in tutto il mondo. In questo senso, il cinema ha avuto un ruolo molto importante nella produzione di una consapevolezza del potenziale culturale dei Sassi. Il film, che racconta la passione di Cristo dall'invocazione nel giardino dei Getzemani alla resurrezione, ha dato una grande visibilità internazionale ai Sassi di Matera, in cui si svolge la cruenta via crucis di Cristo. Come era già avvenuto per "Il Vangelo secondo Matteo", il film si conclude sulla Murgia Materana, luogo utilizzato per rappresentare il Golgota dove avviene la crocefissione. Come ha sottolineato Baugh [2004], se il film di Pasolini è un film ascetico, fatto di piccoli movimenti di macchina e scandito da musica classica, quello di Gibson punta sugli effetti visivi, sulla virulenza delle immagini e su una regia molto più "spettacolare". In questo senso, si potrebbe dire che se Il Vangelo di Pasolini rappresenta la teologia della gioia, la Passione di Mel Gibson è la teologia dell'espiazione [Baugh 2004]. Come abbiamo già detto, e confermato da quanto ha scritto Royal [2004], l'obiettivo del film è quello (ancora più di Pasolini a cui è stata riconosciuta una certa vicinanza al testo) di una fedeltà al racconto evangelico della Passione di Cristo. Da questo punto di vista, è da considerare non solo la scelta di utilizzare l'ebraico, l'aramaico e il latino, piuttosto insolita per un film biblico ma, soprattutto, di seguire da vicino e lungamente la via crucis in modo da mettere in risalto la sofferenza del Cristo. Per questo motivo, sempre secondo Royal, la violenza mostrata non è assolutamente gratuita ma rientrerebbe nell'economia di una narrazione che vede proprio in quel dolore visibile la chiave interpretativa della vicenda di Cristo. Ovviamente in questo film, l'aspetto sociale del Vangelo di Pasolini non può avere luogo. Matera è stata scelta proprio per la sua somiglianza con Gerusalemme o, ancora di più, nella logica di mostrare la passione in tutta la sua autenticità e verosimiglianza e, quindi, per la possibilità di esprimere al meglio l’effetto scenico. Le strette vie dei Sassi, le scalinate, diventano teatro di questo racconto: il corpo martoriato del Cristo si accascia continuamente sui gradini polverosi, il suo sangue macchia la pietra bianca. Il punto massimo della narrazione si ha nella scena dell’arrivo sul Monte Golgota quando il Cristo, piegato dal peso della croce, si inerpica sulla roccia della Murgia materana. Qui la cinepresa indugia ancora molto, con scene particolarmente cruente, sulla sofferenza del Cristo; ma, allo stesso tempo, essa, posizionata dalla Murgia verso Matera, si apre al paesaggio mostrando una parte dei Sassi posizionati appena sopra la croce. È il passaggio in cui il film esprime metaforicamente la chiave della mitologia cristiana: attraverso la sofferenza, il Cristo si prende carico dell’intera umanità per redimerla. Il paesaggio materano è

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chiamato a sottolineare questo momento, confermando il suo importante ruolo all’interno della narrazione. In modo analogo lo fa "King David", una imponente produzione diretta da Bruce Beresford e interpretata da Richard Gere sulla storia di Davide re d'Israele, e, soprattutto, "The Nativity Story", che però predilige la Murgia materana, il cui sfondo petroso e di natura arida contestualizza bene le difficoltà di Giuseppe e Maria nel portare alla nascita un figlio così importante per la storia umana. Tutti questi film se, da una parte, ci offrono una rappresentazione lontana dalla situazione reale dei Sassi, dall'altra va sottolineata la loro capacità di costruire una nuova immagine del paesaggio materano. In particolare il film "The Passion" ha veicolato nel mondo un'immagine mistica dei Sassi, diventando protagonista dell'accelerazione culturale e turistica della città. Quest'aura di religiosità che il film ha prodotto intorno ai Sassi, insieme al suo successo internazionale della pellicola, ha avuto un peso importante sullo sviluppo cine-turistico. De Falco, ad esempio, ha mostrato come nei due anni successivi all'uscita del film vi è stato un notevole incremento turistico, soprattutto di quello straniero, e delle strutture ricettive nel centro storico [De Falco 2006]. In questo senso, è evidente il ruolo attivo del cinema nel processo di trasformazione del paesaggio, dalla terra di miseria e desolazione a quella mistica e aperta al turismo internazionale.

Conclusioni Nell'epoca moderna il cinema ha assunto un ruolo molto importante nella rappresentazione del paesaggio. Se, infatti, quest'ultima è sempre il prodotto dell'azione di fattori naturali e umani e delle loro interrelazioni, allora la produzione artistica si pone come vettore privilegiato dello sguardo sul paesaggio. La pittura ha influenzato lo sguardo sul territorio sino al Novecento quando, rifiutando la rappresentazione paesaggistica, ha ceduto al mezzo cinematografico tale ruolo [Bernardi 2002; D'Angelo 2010]. Per il cinema il paesaggio, inteso come scenografia naturale, è un elemento irrinunciabile; tuttavia, bisogna considerare che, rispetto alla pittura, i film offrono un differente modo di fruirlo. Il paesaggio, infatti, non rimane più lo sfondo inerte pittorico, oggetto di contemplazione distante, ma viene attraversato dalla macchina da presa, lacerato e frammentato dai tagli di inquadratura [D'angelo 2010; Benjamin 1966]. In più, il paesaggio filmico è sempre un paesaggio vissuto, in cui vicende umane e territorio si mescolano, e che si carica dei valori e dei simbolismi della poetica cinematografica. Il cinema, quindi, agisce contemporaneamente come testimone delle trasformazioni del territorio e come produttore di senso, nella sua capacità di mostrarci la relazione tra uomo e ambiente. Da questo punto di vista il caso dei Sassi di Matera può mostrarci esemplarmente tale rapporto dialettico tra cinema e paesaggio. Un lungo e articolato processo ha portato il centro storico materano a passare da "vergogna nazionale" a destinazione turistica e luogo culturalmente attivo. Il film girati in Basilicata testimoniano tale processo utilizzando stili e poetiche differenti. L'analisi della produzione cinematografica nelle location materane, ci ha portato a distinguere due tendenze dominanti di rappresentazione paesaggistica. La prima, collocata temporalmente tra gli anni '50 e i '70, risente della riflessione intellettuale sulle drammatiche condizioni di vita nei Sassi, e mostra il paesaggio di degrado in cui vivono gli abitanti. Da "Nel mezzogiorno qualcosa è cambiato" a "Il Demonio" e sino a "Cristo si è fermato a Eboli" il cinema ha raccontato il paesaggio dei Sassi cercando di presentare le specificità antropologiche e culturali. La seconda, invece, a partire dalla fine degli anni '70, si allontana dai problemi reali della terra materana per raccontare storie che avvengono in altri luoghi. All'interno di questa vi sono una serie di film di carattere biblico, che utilizzano i Sassi come location per ambientarvi soprattutto racconti sulla vita di Cristo. Il primo, in ordine temporale, è "Il vangelo secondo Matteo" di Pasolini che può essere considerato un film di passaggio tra le due tendenze. Sebbene racconti una storia tratta dal Vangelo, il paesaggio materano sullo sfondo non ha alcun allestimento: nell'idea del regista il messaggio cristiano deve avvenire in un contesto attuale. Collegare l'aura di sacralità da cui i Sassi sono avvolti, grazie alla tradizione del monachesimo, ai problemi reali del Mezzogiorno e alla vicenda di Cristo è un'operazione che fa del film una sorta di ponte tra le due vocazioni della rappresentazione paesaggistica in Basilicata. Negli anni successivi, l'attenzione ai problemi socio-economici viene messa da parte anche perchè i Sassi incominciano a essere al centro di interventi per il loro recupero. Il cinema si allontana da una realtà che non è più drammatica come quella di un tempo per diventare, paradossalmente, protagonista del cambiamento. La grande produzione internazionale di "The Passion" mostra un paesaggio altamente mistico e spirituale e diffonde tale immagine in tutto il Mondo. Il rione dei Sassi non è più una vergogna italiana, si è lentamente ripopolata e rinvigorita con attività commerciali e, anche grazie al riconoscimento dell'Unesco, aperta al mercato turistico. Il film, raccontando un paesaggio lontano, ha sul territorio un effetto concreto, spingendo Matera nel mercato internazionale e promuovendola come luogo di

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cultura. In questo caso, alla rappresentazione paesaggistica del cinema si lega anche la promozione territoriale e il cineturismo conducendo sino alla prospettiva della candidatura come capitale europea della cultura.

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