Versionegiallo 2014

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FERMI 36ore

Raccolta articoli 2014-2015

2 0 1 4 Giornale dell’ITS Fermi



Giugno 2015 Numero 3

F ERMI 36 ORE Itis E.Fermi , Cannaregio 465, 30121 Venezia http://fermi36ore.it/

Fermi36Ore Articoli segnalati: In questo numero:

Democrazia ieri e oggi Dalla costituzione ateniese di Clistene a oggi: si è arrivati alla democrazia perfetta? (pag 4).

Rosetta Alla conquista della cometa 67p Il giorno 12 novembre ’14, dopo un viaggio di 10 anni e 6 miliardi di chilometri percorsi nell’universo…(pag 10).

Copertina Attualità La nostra Venezia Ho letto quindi consiglio L’angolo del narratore

3 4 18 23 54

La vera storia di un salvataggio in mare Questa è la vera storia di quel salvataggio dell’11 ottobre, che ha portato nell’opposta sponda del Mediterraneo sei piccoli superstiti e gran parte degli uomini e delle donne che furono prima divisi e poi ricongiunti ai propri figli. (pag 15).

Il Vecchio e il mare (E. Hemingway) Il mare è come la vita, generosa o feroce. (pag.42).

L’ho uccisa perché l’amavo. FALSO Citazioni da “NOI” (E.Zamjatin)

…è un libro che fa molto riflettere… (pag.45).

“L’unica arma degna dell’uomo, dell’uomo di domani, è la parola”. (pag 21).

In

un

2025

non

troppo

lontano…

due prospettive a confronto (pag. 52).

Per non dimenticare “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici…” (pag 28).

Buona Lettura!

Autori Giacomo Gianvito Luca Giovanni Erich Luca Andrea

Bertotti Bono Calchera De Santi Di Nazzari Dolcetta Gavagnin

Giacomo Giovanni Alvise Andrea Ivan Luca Paolo

Giugie Marcon Mel Moranziol Onufrienko Passarella Piccolomo

La redazione Prof.ssa Nicoletta Frosini Prof.ssa Nicoletta D’Alpaos Prof.ssa Marina Biral Manuel Elia Marco Matteo Luca

Prisco Romeo Terranova Vianello Zane

Foto di: Andrea Moranziol


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Attualità

Democrazia: ieri e oggi Dalla costituzione ateniese di Clistene a oggi: si è arrivati alla democrazia perfetta? di Andrea Gavagnin 1A - 2015 La

prima

forma di democrazia,

come la

compiuto i 25 anni di età e sapevano leggere

intendiamo noi oggi, ha cominciato a nascere ad Atene con l’ascesa al potere dell’arconte Clistene nel VI secolo a.c. Egli fece una cosa che a prima vista non sembra molto significativa, ma è proprio

e scrivere.

in questo che sta la sua forza. Divise il territorio dell’Attica in tre zone: la città, il centro e la costa, suddivise a sua volta in dieci tribù, suddivise in trittie, suddivise a loro volta in demi (i nostri

margini della vita pubblica. L’esclusione delle persone di basso reddito e degli analfabeti derivava dal pregiudizio che i loro voti avrebbero portato al comando i

quartieri). Ciascuna tribù aveva dei propri rappresentanti che esercitavano il potere politico

movimenti dell’opposizione. Solo dopo aver cambiato la legge elettorale per quattro volte, il 2 giugno 1946 uomini e

nello stesso modo e importanza degli altri. Il diritto di voto non ce l’avevano tutti i cittadini, erano esclusi, per esempio, gli schiavi, le donne e gli stranieri. Quest’ultimi venivano chiamati

per la prima volta anche donne furono portati a votare se far diventare l’Italia una Repubblica o farla rimanere una monarchia. Vinse la Repubblica con uno scarto di soli due

meteci. A noi questa forma di democrazia non sembra quindi rispettare totalmente il significato della parola, ma all’epoca questa forma era un’innovazione.

milioni di voti. Le principali differenze tra la democrazia ateniese e quella attuale, in Italia, sono: in Italia, il diritto di voto può essere esercitato da tutti i cittadini, uomini e donne, sempre di

Nello stato moderno la democrazia vera e propria comincia a nascere con l’avvenire degli stati

maggiore età, mentre ad Atene, come abbiamo già detto , erano esclusi gli schiavi, le donne e gli stranieri; in Italia la legge è

L’esclusione delle donne derivava dal pregiudizio che poneva il mondo femminile ai

liberal-democratici nei primi anni del ‘900 d.c. dove i principi del liberalismo (libertà, uguaglianza e legalità) cominciano a trovare una prima, se non completa, applicazione.

uguale per tutti. Ad Atene solo per i cittadini.

In Italia, per esempio, la prima legge elettorale stabiliva che potevano votare e candidarsi al Parlamento solo le persone che erano soggette a

assoluta, mentre ad Atene la funzione di approvare le leggi appartiene alla bulé scelta dall’ekklesia.

un’imposta sul reddito di almeno 40 lire, avevano

Il potere legislativo, esecutivo e giudiziario sono in Italia diversi, divisi e indipendenti tra loro affinché non ci sia una forma di governo


Attualità

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Anche se nel corso di centinaia di anni ci sono

il dovere di essere fedeli alla Repubblica e

state molte forme di democrazia e dibattiti su come governare, democraticamente o no, non mi sento di dire, tuttavia, che abbiamo raggiunto neanche lontanamente un livello di

di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore,

democrazia soddisfacente, perché da quello che si sente nei giornali nei notiziari è inaccettabile vivere in uno stato dove si sente parlare di

prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Proprio per questo considero questo

corruzione e di leggi che non vengono rispettate da tutti, soprattutto dai funzionari pubblici. Proprio il contrario di come stabilisce l’art. 54 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini hanno

articolo uno dei più importanti, perché garantisce la reale applicazione dei principi democratici stabiliti dalla nostra Costituzione.


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Attualità

La violenza sulle donne Di Nazzari Erich

- 2014

La violenza sulle donne è un problema molto vasto e complesso che affligge non solo il nostro Paese ma anche il resto del mondo. Vi sono molte forme e tipologie di maltrattamenti, sostenuti da una svariata serie di giustificazioni che comunque non hanno fondamento. In alcuni paesi del Medio Oriente vi è una cultura particolare che tende a sottomettere le donne limitandone i diritti e costringendole a una vita di segregazione sociale ed infliggendo pesanti pene per motivi molto futili. Ad esempio, circa un mese fa, ho letto una notizia riportante la morte per lapidazione di una donna in possesso di un cellulare personale che teneva nascosto al marito.

poiché il lavoro ed il guadagno era riservato ai soli uomini. Questo fattore è poco rilevante nell’ambito della violenza ma è indicatore di un’ideologia di sovranità virile che ha portato e porta tutt’ora gli uomini all’acquisizione illecita di un diritto in realtà inesistente che consiste nel decidere la sorte di un individuo reso inferiore.

Questo avvenimento è scandaloso e sicuramente suscita rabbia e impotenza da parte di chi non segue questa cultura ma ciò che è assolutamente intollerabile è che nei paesi più “civili” , ad esempio l’Italia, vi sia un tasso di violenza e femminicidio molto alto. Negli anni passati era molto diffuso fra le donne lasciare presto la scuola ed imparare a gestire la casa e la famiglia

Purtroppo gli avvenimenti sulla violenza delle donne avvengono in percentuale maggiore nell’ambito domestico, che dovrebbe essere il più sicuro di tutti, e vede come artefici i loro uomini che dovrebbero fornire amore e protezione, creando così degli squilibri non solo fisici, ma anche psicologici nelle donne che accecate dall’amore, attribuiscono su loro

Attualmente il concetto è un po’ diverso: la donna ha acquisito ormai i pari diritti ed opportunità degli uomini ed ha compiuto molti passi importanti nella storia, anche se il femminicidio non ha subito un grande calo come avrebbe dovuto, ma è invece in crescita continua.


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stesse la colpa di non essere “abbastanza” per i loro carnefici. Un aspetto critico è il frequente verificarsi di omicidi, che distruggono così l’esistenza di famiglie intere e di bambini che vivranno senza l’appoggio dei genitori, sostituiti da nonni e zii. Tuttavia queste forme di maltrattamenti non sono solo fisici, ma spesso sono esclusivamente di natura psicologica, anche se altrettante dannosi. È il caso dello stalking ovvero la persecuzione con minacce, atti intimidatori molto palesi e diretti, diffamazioni che portano le donne a veri e propri stati di depressione e attacchi di panico patologici. Purtroppo non è possibile stabilire un motivo comune e preciso per il quale tutto ciò accade, poiché ogni caso ne ha uno diverso, ma possiamo esprimere dei pareri personali.

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realizzazione dei propri scopi e delle proprie aspettative, e quindi si ritengono padroni e sovrani di chi è quotidianamente al loro servizio e che è incapace di difendersi (come avviene fra il popolo e la casta) riscuotendo così quella piccola dose di successo personale. Una possibile soluzione che certamente non può porre fine al fenomeno ma lo ridurrebbe pesantemente, è la collaborazione assidua fra la Magistratura e le vittime dei soprusi. Occorre che le donne siano molto determinate e denuncino apertamente l’ingiusto, mentre da parte della Magistratura occorre immediatamente la stesura di un protocollo d’intervento, protezione e prevenzione a difesa di qualunque maltrattamento domestico, che è attualmente assente.

Secondo me coloro che compiono questi atti orribili, anche poiché non presentano in maggioranza segni di squilibrio mentale, sono “vittime” degli avvenimenti della vita, che suscitano in loro un senso di mancata

“ Occorre che le donne siano molto determinate e denuncino apertamente l’ingiusto”


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Una classe del Fermi alla Mostra del Cinema di Venezia di Giacomo Bertotti 4B

Il 5 settembre scorso l’organizzazione del VideoConcorso Francesco Pasinetti ha

c’era anche il nostro, che avevamo realizzato durante l’anno scolastico tra

invitato la prof. Frosini e la classe ex 3B alla visione dei cortometraggi premiati per l’undicesima edizione del Festival del VideoConcorso e presentati in una sala dell’Hotel Excelsior, in occasione della 21° Mostra del Cinema di Venezia. Tra i “corti”

molte difficoltà, ma con tanto entusiasmo. La prof. Frosini, Sow Abdul ed il sottoscritto ci siamo trovati all’Excelsior con la prof. Varagnolo, giunta lì per l’occasione, e, prima di entrare nella sala della proiezione, abbiamo colto l’occasione di girare tra gli ospiti della Mostra del Cinema, passeggiando vicino alla piscina, in terrazza e anche nella pagoda allestita sulla spiaggia. Al momento della proiezione del nostro cortometraggio, sulla tematica dei comportamenti degli uomini verso le donne, l’organizzatrice dell’evento, Michela


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Nardin, ci ha invitati sul palco a presentare il nostro lavoro. E’ stata un’emozione grandissima, anche perché la sala era gremita di persone, alcune addirittura in piedi. Qualche mese prima la classe si era già recata presso il Liceo Guggenheim per partecipare alla premiazione del Videoconcorso Pasinetti, che ebbe per noi un esito positivo. La classe, infatti, prese una “menzione speciale” per la nuova sezione del Concorso “Uomini non si nasce. Si diventa”, per questa motivazione: “Partendo da una lettera del Settecento scritta da una donna e indirizzata alla Gazzetta Veneta di Gasparo Gozzi si arriva ad affrontare in modo vivace le problematiche relative al rapporto tra uomo e donna nel mondo contemporaneo.” Era l’altro premio dopo il primo, vinto dal regista afghano Farhad Rezae, per il suo bellissimo cortometraggio sulla condizione delle donne in Aghanistan. Tutte e due le esperienze furono molto belle, perché in tanti ci fecero i complimenti per il nostro cortometraggio. Non era stato certo girato con mezzi adeguati (due cellulari poco tecnologici e una macchina fotografica), ma i giudici capirono molto bene il messaggio che abbiamo voluto trasmettere.

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Per me girare questo cortometraggio è stato molto divertente, ma, soprattutto, mi ha fatto riflettere sulle situazioni difficili che le donne vivono, anche nel quotidiano, e che tuttora si presentano nel nostro paese. Voglio ringraziare la prof. Frosini per avermi dato la possibilità di realizzare questo corto che abbiamo intitolato, partendo dal nome della sezione del concorso, “Uomini non si nasce, si diventa. E tu che genere di uomo sei?” lasciando aperto uno spunto di riflessione.


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Rosetta alla conquista della Cometa 67p Anche per mani italiane Andrea Gavagnin 1A

Il giorno 12 novembre ’14, dopo un viaggio di 10 anni e 6 miliardi di chilometri percorsi nell’universo, alle ore 10:03 la sonda spaziale Rosetta, dal peso di 3000kg e formata da 2 file di pannelli solari lunghi 14 metri l’uno, rilascia il modulo Philae di 100kg (costruiti entrambi dall’Agenzia Spaziale Europea) a una distanza di 22km dalla superficie della cometa 67p lunga circa 4km. Philae, dovendo atterrare su una superficie non particolarmente piatta, libera nei pressi dell’asteroide 3 arpioni di ancoraggio di 45 metri l’uno per atterrare in totale sicurezza, a una velocità di 50cm al secondo, raggiungendo così, alle ore 17:00, il sito di atterraggio di nome Agilkia.

Perché fare questo viaggio? Per scoprire i segreti legati alla vita dell’universo. Le comete hanno di speciale, infatti, che si sono formate nello stesso istante del sistema solare, molto prima dei pianeti. Dal momento del Big Bang, hanno continuato a navigare nello spazio profondo, ma quando si avvicinano troppo ad un pianeta vengono attratte dalla sua orbita e distrutte. Per prenderne i segreti è necessario, quindi, indagarne la composizione quando sono ancora in orbita. La sonda analizzerà la cometa fino a quando non si avvicinerà troppo al sole, alla fine del 2015.


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All’interno del modulo Philae ci sono molti strumenti Italiani come: Giada (Grain impact Analyser and Dust Accumulator), uno strumento in grado di analizzare composizione e velocità delle polveri e dei grani di materiale nella cometa; Osiris (Optical Spectroscopic and Infrared Remote Imaging Sistem) il sistema di raccolta di immagini a bordo di Rosetta, diviso in Wac (Wide Angle Camera), di progettazione e costruzione padovana , per ottenere mappe ad alta risoluzione della composizione del materiale superficiale della cometa e in Nac ( Narrow Angle Camera) per ottenere mappe ad alta risoluzione del nucleo della cometa; Virtis (Visual Infrared and Thermal Imagin

spectrometer) che ricostruisce la mappa del nucleo. Anche il trapano è Italiano e può scavare fino a una profondità di 20cm. Questo progetto , costato più di un miliardo e duecento mila euro, a cui ha dato un grande contribuito l’Università di Padova, ci permetterà di svelare molti dei misteri legati all’origine del sistema solare e , chissà, magari anche della vita sul nostro pianeta.


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USCITA A RITROSO NEL TEMPO DELLA CLASSE 1A : ALLA SCOPERTA DEL TEMPIO DI OSIRIDE di Andrea Gavagnin 1A

Il giorno 25 novembre la classe 1°A, accompagnata dalle prof.sse Frosini e Possiedi, si è recata a Conegliano alla mostra sull’antico Egitto e sull’Oseiron, il tempio dedicato ad Osiride situato ad Abydos, dove si credeva fosse stata sepolta la testa del dio. Siamo partiti in treno alle 9.30 e, una volta arrivati a Conegliano, la visita al museo è durata circa due ore. Subito, all’ingresso del palazzo, è stato notevole il colpo d’occhio della ricostruzione in scala 1:1 della facciata della Camera Centrale del tempio e di due possenti pilastri. Per tutto il tempo ci ha fatto da guida il dott. Sfiotti, uno dei curatore della mostra e che si è occupato di una perfetta ricostruzione, in scala 1 a 20, del modello dell’antico edificio egizio.

Accompagnandoci lungo le sale, ha spiegato agli alunni varie cose interessanti del tempio: com’era strutturato, com’erano suddivise le diverse stanze, che significato avevano i dipinti e i geroglifici. L’ultima mezz’ora abbiamo fatto un’attività di laboratorio sull’antica scrittura e ci hanno insegnato a scrivere e a riconoscere i vari geroglifici. Gli argomenti che hanno colpito la classe sono stati tanti. E’ stato tutto molto interessante , ma in particolare: come venivano rappresentati i faraoni, in particolare Sethi I che, essendo proveniente da una stirpe militare, veniva raffigurato con gli dei in maniera molto più intima rispetto agli altri faraoni, come a voler dare dimostrazione, comunque, della sua importanza;


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la stanza del sarcofago, che ha il tetto formato da pilastri larghi 108 m per poi arrivare ad una larghezza di 110 m esatti al millimetro; i dipinti nella roccia, forse la cosa più bella, perché, nonostante fossero spesse solo 3mm e scolpite sulla roccia, si riuscivano a distinguere perfettamente le figure nei più piccoli dettagli. Infine, particolarmente avvincente è stata la spiegazione di ciò che il bastone del faraone rappresentava, cioè i 5 poteri: della stabilità, della vita, della divinità, su tutti gli animali (bastone del flagello), su tutti gli uomini (bastone pastorale, che esiste tutt’ora). La cosa che mi ha colpito particolarmente è che gli archeologi americani e tedeschi man mano che trovavano reperti li analizzavano e poi, per conservarli, li riseppellivano, per evitare che deperissero stando al contatto con l’ossigeno per un lungo periodo. Un’ uscita davvero molto interessante e sicuramente da proporre anche per le altre classi.


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La vera storia di un salvataggio in mare aperto Di Nazzari Erich

- 2014

Questa è la vera storia di quel salvataggio dell’11 ottobre, che ha portato nell’opposta sponda del Mediterraneo sei piccoli superstiti e gran parte degli uomini e delle donne che furono prima divisi e poi ricongiunti ai propri figli. Grazie agli inviati del quotidiano “La Repubblica” Francesco Viviano e Alessandra Zinitti, Ahamd Ali Chahibi, 33 anni, e sua moglie Najat Ibrahim Nassav, 23 anni, hanno potuto riabbracciare i loro due figli, gemelli, di cui non avevano notizie ormai da giorni. Alla sorpresa, dovuta alla notizia che Youssuf e Yassam erano sani e salvi, i due genitori si commuovono dalla gioia, ma presto chiedono agli inviati di riportare alla legittima madre ed al legittimo padre (probabilmente ancora vivi) anche il resto dei piccoli naufraghi, che magari inconsapevolmente, continuano a lottare contro la lontananza dai propri genitori, di cui soltanto gli

operatori dell’ istituto Walden ed il coraggioso Kazem, padre della piccola Maram, che prontamente si dedicò al salvataggio di tutte le sei piccole vittime finite in acqua, hanno notizie. Il ricongiungimento è andato a buon fine anche per la piccola famiglia di Aisha e Kazem, i giovanissimi genitori di Maram (18 mesi); per il giovane elettricista e studente di giurisprudenza Mohamed Alhaji, che dopo aver perso la moglie e due figli, ha ritrovato il suo Mamud, l’unico figlio che gli è rimasto ed il padre Hatim Shaban che ha potuto riabbracciare il piccolo Karim. La precedente non è una storia inventata, ma il racconto del tragico naufragio di una barca piena di superstiti e sopravvissuti alle guerre civili che ora dilagano in Siria; a mio parere, prima di giudicare a freddo, bisognerebbe conoscere almeno la metà delle sofferenze che hanno passato.

“prima di giudicare a freddo, bisognerebbe conoscere almeno la metà delle sofferenze che hanno passato”


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Guerra totale, la guerra che non si vince al fronte di Luca Passarella

L’umanità è sempre stata in guerra con se stessa fin dagli albori della razza umana, il tempo ha solo cambiato i metodi, i mezzi e le tecniche di combattimento, ma le motivazioni intrinseche sono rimaste uguali anche se non sempre gli scopi giustificano i mezzi. Non si possono contare le guerre fino ad ora combattute e le motivazioni ufficiali sono sempre differenti, anche se la vera motivazione è sempre la stessa: la volontà di espandersi e di ricchezze, volontà mosse dall’avidità e dall’aggressività dell’uomo (e molte volte anche dall’ipocrisia), volontà coperte con motivazioni religiose, etniche o politiche. La guerra è cambiata radicalmente nell’ultimo secolo, nonostante la volontà che permea l’uomo sia rimasta immutata è cambiata la società, sono cambiati i mezzi con i quali si combattono i conflitti; il Novecento ha portato grandi progressi tecnico-sociali, anche se tecnologia e società possono sembrare due ambienti stagni tra di loro essi sono in perfetta simbiosi. Durante il 20° secolo, grazie al perfezionamento dei mezzi di comunicazione broadcast (diffusione centralizzata, radio, giornali, più avanti anche televisione e mass-media), nasce la “società di massa”: per la prima volta il popolo si sente integrato nello Stato e nasce così il consenso popolare (così come la conosciamo noi

oggi) e la volontà del popolo anche se largamente manipolata dai mezzi di comunicazione stessi. Fino ad allora la guerra era sempre stata vista in maniera frontale: esercito contro esercito, battaglie combattute in luoghi aperti e vasti, scontri statici e con dinamiche stabilite dove la vittoria spesso era di chi aveva l’esercito più numeroso e quindi capace di subire più perdite; anche l’utilizzo delle armi da fuoco non rivoluzionò profondamente i conflitti, non fino alla Seconda Guerra Mondiale, dato che nella Prima si combatteva ancora in parte con la baionetta. Per capire i cambiamenti della Seconda Guerra Mondiale si può iniziare pensando alla scomparsa del concetto di “città sotto assedio” a favore di quello di “città sotto bombardamento”, ma è sbagliato pensare che il secondo sia l’evoluzione del primo, l’idea di fondo è completamente differente se non quasi opposta: le città nell’antichità venivano assediate così da poter


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essere espugnate con relativamente poche perdite e con lo scopo finale di razziare risorse e ricchezze. Solo una volta spogliate di tutto venivano bruciate o utilizzate come avamposti per successive espansioni, mentre il bombardamento a tappeto ha come unico scopo la distruzione delle risorse e delle ricchezze. Questo piccolo dettaglio è frutto di un grande mutamento della guerra e del concetto di conflitto; non si tratta più di scontri frontali esercito contro esercito, ma diventa una lotta dinamica e mutevole di popoli contro popoli; le sorti della guerra si decidono ancora al fronte, ma il fronte è condizionato dal popolo che lo supporta. Con la Seconda Guerra Mondiale si vede il primo vero impiego su larga scala di autocarri, corazzate, portaerei, armi semiautomatiche di grosso calibro, carri-armati, caccia-carri e aeroplani di tutte le forme e scopi. E’ una guerra meccanizzata, una guerra dove una mitragliatrice può tener testa a decine di soldati, dove un carro-armato può farsi strada tra centinaia di nemici, una guerra dove un solo aereo può distruggere un’intera città. E’ una guerra che si combatte “in casa” più che al fronte, non importa più solo la dimensione dell’esercito, non servono solo soldati valorosi ma servono soprattutto mezzi potenti, non vince la nazione con l’esercito più numeroso, ma quello con gli ingegneri e gli scienziati più scaltri ed abili, quella con l’industria più efficiente, quella con la popolazione più produttiva; per questo si parla di guerra totale. Si passa da un conflitto tra stati ad un

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conflitto tra popoli, la guerra diventa una macchina o meglio un intero settore produttivo che nasce dal popolo attraverso la propaganda dello stato, passa per industriali, progettisti, ingegneri, banche e politici ed ha come ultima filiera il fronte dove si consumano le tragedie pensate ed accuratamente progettate nelle città. Una guerra totale che è tale perché ogni elemento della società diventa essenziale ed infatti si parla di sforzo bellico nazionale. Anche le donne, fino ad allora escluse dall’attività lavorativa e bellica, vanno a lavorare nelle fabbriche per sopperire alla mancanza di manodopera dovuta all’arruolamento di uomini al fronte; fabbriche ed industrie che diventano il polo produttivo ed economico principale ed è quello che ha i maggiori profitti economici dalla guerra. Per questo avvengono i grandi bombardamenti a tappeto sulle città e non al fronte: distruggere una fabbrica può voler dire bloccare un’intera filiera produttiva, rallentando così i rifornimenti al fronte nemico, oltre che a diffondere panico e disperazione nella popolazione. Anche chi pensava di essere lontano dalla guerra, al sicuro nel suo posto di lavoro, può trovarsi inerme sotto una pioggia di morte che cade dal cielo.


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USCITA 1A: ALLA RICERCA DELLE ORIGINI DI VENEZIA Andrea Gavagnin 1A Foto: Andrea Moranziol 1°A/ Ass. Insieme per Venezia

Un’altra uscita alla scoperta della Storia. Il 28 novembre la classe 1°A, accompagnata dalla prof. Frosini , si è recata a San Leonardo alla mostra “Altinum, la ricerca”, riguardante le origini di Venezia. L’uscita è durata solo un’ora, dalle 9 alle 10 circa, ma è stata molto “produttiva”. In questo arco di tempo, infatti, abbiamo potuto imparare la storia che lega Altino a Venezia, dalla nascita fino alla decadenza della città altinate.

Altino, nata come insediamento dei Veneti probabilmente già all’inizio del I millennio a.C. e in costante declino dal IV secolo d.C. fino a scomparire quasi del tutto, in passato era una vera e propria città con tanto di porto, acciaierie e mura fortificate. Nell’età di massimo splendore Altino aveva fatto un accordo con Roma per diventare municipio con lo scopo di difendere lo stato romano dalle invasioni provenienti da nord-est. L’intera città è stata ricreata in un plastico.


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Le sue parti più importanti sono: •

• •

l’area del circo con una lunghezza poco inferiore ai 400m e una larghezza di 100m; il foro di Altino (la piazza), che era usata per usi commerciali, formata dal muro di recinzione esterna che richiude una superficie di 206m x 87m; L’odeon di Altino la cui funzione era di ospitare opere di danza o musicali, largo 48m x 60m; Il teatro che occupa una superficie quadrata di 92m di lato; e infine l’anfiteatro con il lato maggiore dell’elisse di 144m e il lato minore di 109m, si può associare al corrispondente anfiteatro di Verona, di soli 3m più grande.

Tutto questo si è potuto scoprire grazie a rilevamenti a infrarossi fatti da un aereo sopra la città di Altino, che hanno

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evidenziato i resti degli edifici antichi, ora non visibili in quanto ancora sepolti nel terreno. La cosa più interessante della mostra è la realizzazione del plastico della città di Altino di m. 4 X 2 in scala 1:450, composto da più di 3500 pezzi e costruito con materiali speciali : 46 lastre di eulithe per gli edifici, licheni per cespugli e alberi. Per crearlo, con un totale di circa 1250 ore di lavoro, sono stati usati inoltre ben 20 kg di colla vinilica, come ci ha spiegato il sig. Luigi Guerrasio , uno degli autori del plastico Alla fine della visita le associazioni FENIX II e Insieme Per Venezia, che hanno curato la mostra, hanno offerto ai ragazzi e alla prof. un rinfresco con dolci buonissimi fatti in casa. E’ stato un modo diverso e davvero piacevole di fare non solo la lezione di storia, ma anche la ricreazione del primo intervallo della mattina.


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No Navi Di MarcoTerranova 2C

Quest’estate, verso sera, mi è successo varie volte di trovarmi in Riviera San Nicolò al Lido proprio nel momento in cui una grande nave da crociera transitava in laguna diretta verso la bocca di porto per riprendere la navigazione in mare. È veramente impressionante vedere dalla riva queste enormi navi che escono dal Bacino di San Marco manovrando a poca distanza dalle rive della città. So che, dopo il naufragio della Costa Concordia, grande nave che, per una manovra imprudente, è finita contro gli scogli dell’Isola del Giglio, è molto aumentata la preoccupazione, non solo dei veneziani, per il possibile verificarsi di incidenti nel cuore della nostra città. Non riesco neanche ad immaginare che disastro potrebbe causare la perdita di controllo di una di questa navi all’interno del bacino di San Marco o lungo il canale della Giudecca che conduce verso le banchine della Marittima, il porto crocieristico di Venezia. In città sono sorti vari comitati, primo tra tutti il Comitato “NO Grandi Navi – Laguna Bene Comune”, che, appoggiati dalle associazioni per la tutela dell’ambiente, come Legambiente e Italia Nostra, cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica e tenere viva l’attenzione sul problema. Molte persone hanno partecipato alle manifestazioni di protesta organizzate dai comitati

e so che per il prossimo settembre ne sono annunciate altre. Coloro che si oppongono al transito delle grandi navi nel bacino di San Marco non pensano solo alla possibilità di incidenti, ma denunciano il fatto che queste navi sono una fonte importante di inquinamento e di degrado per l’ambiente lagunare come si legge del brano tratto dal “Libro Bianco” del Comitato “NO Grandi Navi”. Lo stazionamento delle navi in Marittima con i motori accesi provoca forti emissioni di polveri ultrasottili nocive per l’apparato respiratorio e recenti studi hanno verificato che in molti periodi dell’anno la concentrazione di queste polveri qui a Venezia supera il limite di tolleranza indicato dall’Unione Europea. Altro tipo di inquinamento è quello elettromagnetico cioè quello causato dai radar, dalle vibrazioni e dai rumori causati dalle navi in movimento e in fase di ormeggio. Gli ambientalisti fanno riferimento anche al rilascio dei veleni contenuti dalle pitture o piastre antivegetative delle carene delle navi. Il passaggio delle navi incide poi sull’erosione di rive e fondali; il movimento delle eliche “frulla” i sedimenti dei canali rimettendo in circolazione gli inquinanti già presenti nei fanghi lagunari. L’UNESCO, Organizzazione delle Nazioni Unite per la Cultura, ha chiesto al governo italiano di


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dare quanto prima soluzione alla vicenda delle grandi navi, ma soprattutto di adoperarsi per la salvaguardia e la tutela dell’ecosistema lagunare. Molti pensano che la soluzione migliore al problema sia tenere le grandi navi fuori dalla laguna, ma se si chiudesse la stazione di approdo turistico della Marittima ci si troverebbe di fronte alla perdita di lavoro per circa 5000 persone attualmente impiegate nel settore del turismo crocieristico e probabilmente ci sarebbe un forte contraccolpo economico per tutta la città che vive in gran parte di turismo. Le associazioni che rappresentano le imprese e i lavoratori legati alle attività del porto, come si legge nelle dichiarazioni di Matteo Zoppas, presidente degli industriali veneziani e di Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di Venezia, si battono per la salvaguardia dei posti di lavoro e ribadiscono l’importanza della Marittima come porto crociere contro all’ipotesi di spostare gli approdi delle grandi navi in altro luogo. Documentandomi su questa situazione ho capito che non è davvero facile trovare una soluzione al problema che tenga conto da una parte delle esigenze di salvaguardia dell’ambiente e dall’altra di non colpire negativamente le attività economiche della città. Dopo il disastro della Concordia un decreto ministeriale, conosciuto come il “Clini – Passera”, aveva stabilito il divieto di passaggio nel Bacino di San Marco di navi con stazza superiore alle quarantamila tonnellate, ma la sua attuazione è stata subordinata al fatto di trovare prima una via di navigazione alternativa. Attualmente vengono osservate le disposizioni dettate dalla Capitaneria di porto e accettate dall’Associazione Internazionale delle Linee

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Crocieristiche (CLIA), cioè la riduzione del passaggio delle navi al dodici per cento e il divieto di transito oltre le novantaseimila tonnellate. Negli ultimi tempi si sono fatte varie ipotesi per trovare un’alternativa. Si è pensato di fermare le grandi navi fuori dalla laguna creando un nuovo terminal davanti alla bocca di porto oppure di farle approdare a Porto Marghera, e non più in Marittima, attraverso il canale dei Petroli per cui passa già tutto il traffico merci. Coloro che sostengono l’importanza di mantenere la centralità del porto della Marittima hanno proposto invece l’alternativa di creare una nuova rotta lagunare o passando dietro l’isola della Giudecca o per il canale naturale Contorta Sant’Angelo. In particolare quest’ultima ipotesi è sembrata la più praticabile al Comitatone Interministeriale per la Salvaguardia di Venezia e della sua Laguna che, incaricato di trovare una soluzione, ha promosso il progetto di ampliamento del canale Contorta. Il passaggio Contorta Sant’Angelo prevede che le navi, una volta entrate dalla bocca di porto di Malamocco, seguano per un tratto il percorso delle navi mercantili nel Canale dei Petroli verso Porto Marghera per poi deviare verso la Marittima per il canale Contorta. Secondo i membri del Comitatone lo scavo del canale, necessario per adeguarlo al passaggio delle grandi navi verso la Marittima sarebbe realizzabile in due anni; pertanto, lo scorso 8 agosto hanno approvato il progetto Contorta che ora è passato all’esame del VIA, la commissione di Valutazione di Impatto Ambientale, formata da tecnici incaricati dal ministero dell’Ambiente, che dovrà valutare accuratamente la fattibilità dell’opera e la sua compatibilità all’interno dell’ecosistema lagunare.


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I comitati non hanno accolto positivamente questa decisione del Comitatone e hanno annunciato nuove azioni di protesta Gli ambientalisti sostengono che il temine “scavare” sia fuorviante: non si tratterebbe infatti semplicemente di “scavare” il vecchio canale per renderlo più ampio e profondo, cosa che già di per sé comporta il grosso problema del dragaggio di oltre otto milioni di metri cubi di fanghi, ma di creare in realtà un canale del tutto nuovo che non presenti le tortuosità e anse tipiche dei canali naturali, le quali ostacolerebbero sicuramente il transito dei colossi del mare. Sostengono inoltre che l’impatto sull’ambiente

La nostra Venezia

naturale sarebbe ben più pesante perché il nuovo percorso comporterebbe anche interventi sui preesistenti impianti (elettrodotto, oleodotto, scarico dei rifiuti di depurazione) che passano proprio sotto quel tratto di fondale e forse anche ulteriori scavi nel canale di Fusina e all’imbocco del Canale della Giudecca per consentire alle navi le manovre di ingresso in Marittima. Molti pensano che difficilmente si arriverà ad una soluzione del problema in tempi brevi e anch’io penso che non sarà facile trovare un accordo tra esigenze così diverse.


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Citazioni da "Noi"(E.Zamjatin) Ivan Onufrienko 2ªB "Fu molto tempo fa, negli anni della scuola, che io incontrai la prima volta la radice immaginaria. Lo ricordo con molta chiarezza, come scolpito: una sala rotonda come una palla, centinaia di teste rotonde e Pljapa, il nostro matematico. (…) Una volta Pljapa ci raccontava dei numeri irrazionali ed io, me lo ricordo bene, piansi, picchiai con i pugni sul banco e urlai: "Non voglio la radice immaginaria! Toglietemela!". Questa radice irrazionale crebbe in me come qualcosa di estraneo, di terribile; mi rodeva e non c'era modo di sbarazzarsene, di renderla innocua, perché era fuori della ratio."

"Non è forse ancora chiaro che la beatitudine e l’invidia sono il numeratore e il denominatore di quella frazione chiamata felicità?" ""Liberazione?" Sbalorditivo: fino a che punto nel genere umano sono vivi gli istinti della delinquenza. Io dico coscientemente "della delinquenza". La libertà e la delinquenza sono così inseparabilmente legate tra loro come... mettiamo, il movimento dell'aereo e la sua velocità: la velocità dell'aereo – o , l'aereo non si muove; la libertà dell'uomo - o, ed egli non commette delitti. E' chiaro. L'unico mezzo per affrancare l'uomo dalla sua tendenza alla delinquenza è togliergli la libertà."

"Non è dunque chiaro che la coscienza individuale, è soltanto una malattia?" "Ecco: ci sono due forze nel mondo – l’entropia e l’energia. Una, porta alla pace beata, all’equilibrio felice; l’altra, alla distruzione dell’equilibrio, al movimento perpetuo e tormentoso." "L'unica arma degna dell'uomo, dell'uomo di domani, è la parola."


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"Noi abbiamo già attraversato l'epoca della soffocazione delle masse; adesso viviamo l'epoca della soffocazione della personalità in nome delle masse; il domani ci porterà la liberazione della personalità in nome dell'uomo..." "Tutte queste sono sciocchezze, tutte queste sono sensazioni assurde — sono il risultato dell'avviamento di ieri e... Che cosa mi ha avvelenato? Il sorso di veleno verde o lei? — Fa lo stesso. Ne prendo nota solo per mostrare con che facilità la ragione umana, così sottile e acuta, possa ingarbugliarsi e confondersi. Quella ragione, che ha saputo rendere digeribile perfino questo infinito, tanto terrificante per gli antichi — a mezzo di..." "…Voi siete malati. Il nome di questa malattia è Fantasia. Ed è un verme che scava rughe nere sulla fronte. (…) E’ l’ultima barricata sulla via della felicità. Ma rallegratevi: è già stata fatta saltare in aria. Via libera. L’ultima scoperta della Scienza Statale è che il centro della fantasia è un misero nodo cerebrale nel campo del ponte di Varoliev. Con una triplice applicazione di raggi X a questo nodo voi sarete liberati dalla fantasia. Per sempre."


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Una similitudine: "E gli alberi come delle candele contro il cielo o come dei ragni poggiati sulla terra con le zampe contorte; o come delle fontane verdi ammutolite... Tutto ciò si sposta, si muove, fruscia e io sento che da sotto ai piedi scatta via una palla vellosa e mi sento come inchiodato al suolo,non posso fare un passo perché non sono sopra una superficie — capite, non sono sopra una superficie, ma su qualcosa di disgustosamente molle, cedevole, vivo, verde, elastico." Una metafora "Ed ecco la sinistra notte, insopportabilmente chiara, nera, stellare, solare."

Commento e trama Francamente, a leggere questo romanzo, scritto nel lontano 1920 e pubblicato solo nel 1924, sono stato spinto dal curioso fatto per il quale il famoso George Orwell, autore del romanzo "1984" probabilmente la miglior distopia del XX secolo, quando scrisse la sua grande opera, venne fortemente influenzato da "Noi", di Yevgeny Zamyatin. Allora ho inevitabilmente dovuto fare la conoscenza con questo libro. Così, il romanzo "Noi" ci racconta la vita di una città ideale, nella quale regna la felicità universale e la parità, solo che la città è recintata dal resto del mondo da un muro insormontabile. Il "regno" viene gestito da Benefattori, i quali vengono eletti una volta all'anno a suffragio universale, naturalmente, in modo unanime. A tenere l'ordine nello Stato sono le società dei Custodi, i quali per controllare al meglio lo stato rendono le case in città tutte in vetro

trasparente, in modo che tutti intorno possano vedere perfettamente chi fa che cosa. Tuttavia, gli abitanti non hanno praticamente tempo libero: la giornata è strettamente regolamentata, e il tempo libero si riduce a passeggiate lungo il viale in quattro file ordinate in modo appositamente designato. Nonostante tutto, la gente vede in queste rigidità la vera felicità. Per comodità, hanno anche rifiutato un nome, il quale è sostituito da un numero. In generale, il concetto di "uomo" nello stato viene sostituito dal concetto di "cipher". Ecco,questo è il personaggio principale del romanzo "Noi" , il numero D-503, un famoso matematico e ingegnere. La narrazione è in forma del suo diario personale, che inizia con la sua conoscenza casuale di una donna misteriosa , numerata I-330, della quale si innamora follemente.


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Da questo incontro scopre che la stravagante I non è niente di meno che una rivoluzionaria. D cade tra due fuochi -,l'amore e la rivoluzione, da un lato, la felicità e la vita pacifica, dall'altro. Naturalmente, la maggiore 'attenzione dell'autore si concentra nella descrizione di questo mondo inumano e certamente crudele, in cui vengono eliminate le principali possibilità di manifestazione di una personalità. Nessuna sorpresa nel fatto che il personaggio principale non usi il pronome "io", ma solo "noi", "noi" e "noi". Nel mondo di Zamyatin è abolito anche il concetto di famiglia. Ogni numero ha un libro di buoni rosa, con i quale si ha il diritto di fare incontri, e di conseguenza procreare. Dopo la nascita dei figli, lo Stato toglie loro le rispettive madri. Ma sarebbe sbagliato pensare che questo libro parli della lotta dell'individuo contro il regime. Piuttosto, questo libro è incentrato

sull'amore e il destino dello sfortunato D. Non c'è da stupirsi, visto che anche la narrazione è costruita in forma del suo diario personale. Dopo essersi innamorato della rivoluzionaria I, l'eroe si ritrova immischiato in un conflitto interno, tra il dovere, che gli impone di consegnare I ai custodi, e l'amore , la primitiva sensazione che non aveva mai sperimentato. Qui, in questo conflitto, è l'amore ad avere il sopravvento. Il romanzo non è di facile lettura, con espressioni e neologismi "matematici e con un ritmo, che, in alcuni punti, è esasperatamente lento; la trama è debole, ma con una forte componente psicologica. Nonostante questo, il libro vale la pena di essere letto fino alla fine , ed è lì che il paziente lettore sarà profumatamente ricompensato con il finale dall'atmosfera meravigliosa.

“ … ma solo ”noi”, ”noi” e ”noi”…”


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Il visconte dimezzato di Manuel Prisco 2B Il Visconte Dimezzato è un romanzo di Italo Calvino scritto nel 1952. E’ la prima parte della trilogia “I nostri antenati”, che comprende anche Il Barone Rampante e Il Cavaliere Inesistente. Ambientato a metà Settecento, ha come filo conduttore il problema dell’ uomo contemporaneo dimezzato, ovvero incompleto, infatti il protagonista è stato dimezzato secondo la linea di frattura tra Bene e Male.

I personaggi sono: •

Medardo “Il Gramo”, è crudele e semina il terrore spesso tagliando in due metà le cose che gli capitano a tiro;

Medardo “Il Buono”, è la parte buona, impegnato a riparare tutte le ingiurie inflitte dal Medardo cattivo;

Il narratore, il suo nome non si conosce. E’ un ragazzino nipote di Medardo ed orfano di genitori, allevato dalla balia Sebastiana;

Pamela, cresciuta come contadina. I suoi genitori vogliono farle sposare il Medardo cattivo ma poi si sposerà con il visconte intero;

Dottor Tralawney, medico il quale si porta sempre dietro il narratore ed insieme vagano per i cimiteri in cerca di fuochi fatui;

Il Conte Aiolfo, padre di Medardo e nonno del narratore. Vive in una voliera perché appassionato di uccelli;

Sebastiana, balia di Medardo;

Galateo, lebbroso di Pratofungo;

I genitori di Pamela, contadini che arrivano a legare Pamela per consegnarla al visconte cattivo come sposa.


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Trama: Il visconte Medardo di Terralba arriva insieme allo scudiero Curzio all’ accampamento cristiano in Boemia per partecipare alla guerra contro i Turchi. Con la sua prima battaglia viene colpito da una palla di cannone che lo divide in due metà. Viene però trovata solo la sua parte destra, pensando che l’altra sia andata distrutta. I medici del campo riescono a fasciarla e a ricucirla, così il visconte si salva e può tornare a Terralba. Qui i sudditi si rendono conto che del visconte è tornata solo la parte malvagia, che sbizzarrendosi taglia a metà un’ averla inviata dal padre, accusa ingiustamente la vecchia balia Sebastiana di avere la lebbra scacciandola a Pratofungo, paese dei lebbrosi. Non contento condanna a morte molte persone per reati banali o inesistenti, opprime gli ugonotti a causa della loro religione, senza successo tenta più volte a uccidere suo nipote. Tutte queste sue imprese gli danno il soprannome de “Il Gramo”. Dopo un po’ di tempo si innamora di una contadinella Pamela, ma lei lo rifiutata, così che lui si vendica sulla sua famiglia. Un giorno torna la parte sinistra del visconte, la metà buona, che esordisce salvando il nipote dal morso velenoso di un ragno. Il Buono, così viene chiamato, insegna

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dottrine per i poveri e i lebbrosi e chiede agli ugonotti di abbassare i prezzi dei prodotti, creando però danni verso il Gramo. Anche quest’ultimo si innamora di Pamela, che però rifiuta nuovamente. La contadina, poi, incontra tutte e due le metà del visconte e rassicura entrambi sul buon fine del matrimonio. Arrivato il giorno della cerimonia, i due Medardo sono convinti e sicuri della propria idea. Quando il Gramo scopre di avere un rivale lo sfida e solo dopo una serie di colpi e finte mancanti, entrambe le metà si tagliano le bende e le cinture, così che il dottor Tralawney riesce quindi a riunire le due metà riformando il visconte Medardo, facendo felice la sposa Pamela.


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Frasi significative: “Da quando Sebastiana era sparita per il sentiero che portava al villaggio dei lebbrosi, io mi ricordavo più spesso d’esser orfano”. Qui si capisce come Medardo aveva bisogno della sua balia, infatti quando è partita per Pratofungo si era sentito solo rendendosi conto che non aveva i genitori. “Il pulcino senza macchia va per mare e si macchiò”.

Era riferito a Sebastiana, perché il colore dei panni era viola chiaro e qualche macchia le deturpava le sue guance senza rughe, fingendosi anch’essa una lebbrosa. “Guardava in cielo le stelle di Boemia”.

Medardo, a causa della guerra non riusciva a dormire così , pensieroso guardando il cielo e le stelle, pensava alla battaglia dell’indomani. “Le facce erano cotte e cocciute come i contadini”.

Fa riferimento ai contadini e, guardando come i turchi erano vestiti da militari li paragona ai contadini. “La forte fibra dei Terralba aveva resistito”.

Qui il narratore, fiero di far parte dei Terralba, fa capire al lettore come fossero forti ,sebbene Medardo fosse stato diviso in due metà .

“Mancava solo mio nonno, il vecchio visconte Aiolfo, che da tempo non scendeva più neanche nella corte”.

Il nonno ,così appassionato e affezionato ai suoi uccelli, non usciva nemmeno più dalla voliera, condividendo con loro qualsiasi cosa, infatti il cibo e il becchime veniva passato attraverso le inferriate. “Il narratore si sentiva sempre più solo, alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane”.

Incompleto perché non è stato cresciuto dai suoi veri genitori, giovane perché sulle soglie dell’adolescenza si nascondeva dietro gli alberi a raccontarsi storie. “Un ago di pino per me poteva rappresentare un cavaliere, una dama o un buffone”; “io lo facevo muovere dinanzi ai miei occhi e m’esaltavo con racconti interminabili”.


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Per non dimenticare “Se questo è un uomo” romanzo di Primo Levi Commento a cura di Elia Romeo 2C

Il libro “Se questo è un uomo” è ambientato nel campo di concentramento di Auschwitz, un lager nazista, e può essere definito un romanzo di testimonianza. In questo diario Levi ci descrive con molta espressività il dramma di migliaia di persone, costrette dalla follia e dalle angherie naziste a subire le più disumane umiliazioni e sofferenze. Le condizioni brutali di questi uomini, il degrado morale e fisico non impediscono loro di continuare a lottare senza tregua contro il dolore, la fame, il freddo e la miseria. La speranza e l’istinto di conservazione sono, secondo me, gli elementi principali che caratterizzano questa umanità sottomessa, nella rappresentazione che ce ne fa Levi nel suo libro. Tuttavia l’obiettivo principale che vuole raggiungere l’autore, in questo libro, non è quello di condannare un determinato tipo di regime politico, ma quello di invitare tutti gli uomini a riflettere, attraverso questa condanna, sulla guerra e sul comportamento disumano che l’accompagnano. Non compare alcuna forma d’odio, ma l’invito a non dimenticare ciò che è stato e di far tesoro delle tristi esperienze; a mio avviso un invito quasi disperato.

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La trama e i personaggi non vengono, però, ben definiti. La lettura di questo libro è stata, per me, molto coinvolgente e toccante. E’ un libro con molte riflessioni, in grado di sollecitare il lettore. Secondo me è un testo che ci dà grandi insegnamenti su una vita fatta di semplicità, dolore, sconforto e solitudine, davanti alla tristezza di non poter tornare a casa dai propri cari, ritornando quindi ad essere un uomo dignitoso. Levi vuole farci capire che è compito nostro tramandare il ricordo ripetendolo ai nostri figli e facendolo diventare parte di

Inoltre vuole farci capire la crudeltà e le torture a cui erano sottoposti gli ebrei e ci comunica un messaggio di vergogna e l’obbligo di ricordare certi fatti che hanno costituito la nostra storia e che, secondo me, ci riguardano ancora oggi, perché non si può rimanere indifferenti davanti a questi crimini contro le persone.

noi stessi.

Citazioni da "Se questo è un uomo"(Primo Levi) di Ivan Onufrienko 2ªB

E venne la notte, e fu una notte tale, che si conobbe che occhi umani non avrebbero dovuto assistervi e sopravvivere. Tutti sentirono questo: nessuno dei guardiani, né italiani né tedeschi, ebbe animo di venire a vedere che cosa fanno gli uomini quando sanno di dover morire."

"Ci dicemmo allora, nell'ora della decisione, cose che non si dicono fra vivi. Ci salutammo, e fu breve; ciascuno salutò nell'altro la vita. Non avevamo più paura."


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"Quando abbiamo finito, ciascuno è rimasto nel suo angolo, e non abbiamo osato levare gli occhi l'uno sull'altro. Non c'è ove specchiarsi, ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento visi lividi, in cento pupazzi miserabili e sordidi. Eccoci trasformati nei fantasmi intravisti ieri sera."

"Qui non c'è perché, mi ha risposto, ricacciandomi dentro con uno spintone. La spiegazione è ripugnante ma semplice: in questo luogo è proibito tutto, non già per riposte ragioni, ma perché a tale scopo il campo è stato creato."

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"Si esita a chiamarli vivi: si esita a chiamar morte la loro morte, davanti a cui essi non temono perché sono troppo stanchi per comprenderla."

Ho scelto le suddette frasi per il fatto di essere caratterizzate da tono scevro di vittimismo o qualsiasi forma di retorica. Posso dunque definire lo stile di queste frasi accessibile, contraddistinte da sprazzi di umorismo funereo.

"Tale sarà la nostra vita. Ogni giorno, secondo il ritmo prestabilito, uscire e rientrare; lavorare, dormire e mangiare; ammalarsi, guarire o morire."

"Avevamo deciso di trovarci, noi italiani, ogni domenica sera in un angolo del Lager; ma abbiamo subito smesso, perché era troppo triste contarci, e trovarci ogni volta più pochi, e più deformi, e più squallidi. Ed era così faticoso fare quei pochi passi: e poi, a ritrovarsi, accadeva di ricordare e di pensare, ed era meglio non farlo."

Commento "Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta. Ma non ci capita sovente, e non sono lunghi sogni: noi non siamo che bestie stanche."

"Abbiamo imparato che la nostra personalità è fragile, è molto più in pericolo che non la nostra vita."

"Per qualche ora possiamo essere infelici alla maniera degli uomini liberi."

"Se questo è un uomo" di Primo Levi è un libro che, nonostante la sua semplicità e la sua oggettività, è colmo di riflessioni che mirano a far comprendere al lettore la reale condizione di questi "uomini", resi bestie dall'ingordigia dei nazisti nel loro intento di "divorare" il loro stato umano. Il libro è un'autobiografia, dove Levi descrive come un vero e proprio inferno il lager, dal momento in cui viene catturato, (inizio 1944, anno nel quale gli ebrei venivano uccisi in minor quantità a


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causa della mancanza di manodopera), fino a quando non viene liberato, benché i suoi ricordi e la sua vita rimarranno sempre lì, dietro al filo spinato. Istinto di conservazione e speranza sono, a mio parere, elementi che maggiormente caratterizzano la descrizione, poco definita perché l'intento dell'autore era descrivere un'intera umanità e non singoli personaggi, a tal punto che all'interno della trama viene creato un clima coinvolgente e commovente, privo di cali d'interesse. Inoltre, vengono messe in rilievo emozioni come la rassegnazione, sofferenza, dolore (soprattutto quello interiore) e follia, emozioni che accompagnano i personaggi per tutta la durata del racconto e aiutano loro a sopravvivere, tant'è che con l'andare avanti della trama e con l'annientamento sia morale che fisico, i personaggi abbandonano ogni traccia di umanità e cominciano a lasciarsi trasportare dall'istinto di sopravvivenza. Concludendo, posso affermare che il libro abbia avuto su di me l'effetto che Primo Levi voleva trasmettere, cioè quello di "lasciare un'impronta" nella vita del lettore e invitare il lettore a non commettere gli stessi errori compiuti in precedenza, con la sua semplicità e i suoi insegnamenti etici e morali, descrivendo una vita fatta solo di sofferenze e false speranze e con la consapevolezza di non poter più "vivere", tuttavia per quanto sforzo possa impiegare a leggerlo, non credo che riuscirò mai a capire le reali sensazioni che provava Levi.

"Tale sarà la nostra vita. Ogni giorno, secondo il ritmo prestabilito, uscire e rientrare; lavorare, dormire e mangiare; ammalarsi, guarire o morire."


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Io non ho paura

Ho letto quindi consiglio di Niccolò Ammaniti

di Luca Dolcetta , II B Riassunto libro: Siamo nel 1978, è una torrida estate in un paese sperduto tra i campi di grano. Il

protagonista di questo libro è Michele Amitrano, un ragazzino di nove anni che non ha paura. Con i suoi amici, per salvare da una ingiusta penitenza un’altra bambina del gruppo, per caso scopre un bambino sepolto in una buca. E’ Filippo, il quale pensa che Michele sia il suo angelo custode. Ed in effetti, sarà così. Michele torna a casa, senza rivelare la scoperta del bambino. Il giorno seguente, preoccupato, ritorna alla casa abbandonata per rivedere il bambino imprigionato nel buco, gli offre da bere, creando così un rapporto di amicizia. Dopo pochi giorni, Michele capisce che si tratta di un rapimento. Non riuscendo a tenere nascosto il segreto, si confida con un amico che lo tradisce e racconta tutto a un ragazzo complice del rapimento. La situazione

diventa drammatica: i rapitori cambiano nascondiglio al bambino, ma Michele riesce a trovarlo prima che i banditi arrivino per ucciderlo. Michele libera Filippo, ma viene ferito da uno dei rapitori, proprio suo padre. Il romanzo rappresenta il mondo dell’infanzia, con le paure, gli ardimenti, le emozioni, le delusioni e i tradimenti, ma anche il coraggio di chi vuole crescere migliore dei propri compagni o degli adulti che lo circondano. 10 frasi commentate 1) “Non devi mai dire bugie. E non devi infangare il nome degli altri. Devi dire la verità, specialmente a chi è più piccolo di te. La verità, sempre. Di fronte agli uomini, al Padreterno, e a te stesso”. Questa frase vuole mettere in luce l’ importanza della verità nei confronti delle persone più piccole e soprattutto indifese perché loro, avendo l’ animo puro, si affidano totalmente a ciò che gli adulti dicono. La verità esiste, ma i bambini non possono sapere se è quella che stiamo dicendo noi. 2) “I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri”. I veri mostri non sono i mostri inventati per far paura alle persone, bensì sono gli uomini : i veri mostri sono coloro che hanno rapito il bambino Filippo e lo hanno quasi sepolto vivo.


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3) “Da piccolo sognavo sempre i mostri. E anche ora, da adulto, ogni tanto, mi capita, ma non riesco più a fregarli”. A volte, sognare mostri è una cosa positiva perché può insegnare a eliminare completamente la nostra parte più oscura. Il mostro è un cambiamento di noi stessi che ci blocca nel percorso della propria determinazione ed è una rappresentazione delle paure che non solo i bambini, ma anche gli adulti hanno.

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soprattutto il cuore. Salvatore me lo aveva spezzato”. Michele era dolorante in tutto il corpo, ma la sofferenza più grande l’aveva nel cuore perché il suo grande amico Salvatore lo aveva tradito raccontando il suo segreto a Felice. Per Michele non c’è sofferenza più grande nell’essere traditi dalle persone più care, perché è un’esperienza di vita che ti lascia una profonda delusione.

4) “Mi sono schiarito la voce e ho sussurrato – Me ne regali una? Salvatore ha detto: mi dispiace, io te la darei ma non posso. Mio padre si arrabbia”. Non era vero. Michele, con acume, capisce che Salvatore, nonostante vivesse in mezzo alla ricchezza, non aveva un briciolo di generosità nei suoi confronti, per lui tutto aveva un prezzo a discapito di un vero sentimento, l’amicizia.

8) “Ho sentito un peso che mi si scioglieva nel petto, mi sono appoggiato alla roccia e sono scivolato giù”. “Sono venuto, ho mantenuto la promessa”. Michele, dopo aver superato molte difficoltà, rischiando anche la vita, è riuscito finalmente a trovare il suo amico ed è stata talmente forte l’ emozione che il cuore gli scoppiava nel petto. Per Michele è molto importante mantenere la promessa data ad un amico ed è per questo motivo che ha rischiato il tutto e per tutto.

5) “Se avessi avuto qualcosa da scambiare forse una me la dava, ma io non avevo niente”. In questa frase Michele esprime tutta la sua desolazione nel rendersi conto dell’enorme diversità economica e sociale che c’ era tra la sua famiglia e quella di Salvatore. Si mette in evidenzia il netto contrasto tra due mondi.

9) “Ho urlato e implorato, – Vattene! Vattene! Se non te ne vai ti ammazzano”. Michele ha un animo talmente grande e generoso che pur di salvare la vita a Filippo, è pronto a sacrificare se stesso.

6) “Ero peggio di Giuda che aveva barattato Gesù per trenta denari”. Michele ha un grande rimorso: aver tradito il suo amico Filippo per dei semplici soldatini. 7) “Mi faceva male tutto, le ginocchia sbucciate, le costole, un braccio e un polso ma

10) “Nel rombo papà ha detto: – Non l’ ho riconosciuto. Aiutatemi, vi prego, è mio figlio. Lui è ferito”. Il destino, a volte, gioca davvero brutti scherzi, infatti, il papà di Michele ha pagato molto caro il suo gesto scellerato perché anziché sparare al bambino rapito, a sua insaputa colpisce suo figlio.


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Nel mare ci sono i coccodrilli Un libro, per unire adolescenti diversi e lontani per paesi e culture. NEL MARE CI SONO I COCCODRILLI Commenti a cura di Luca Calchera, Giovanni De Santi, Andrea Moranziol, Luca Zane classe 1A “Nel mare ci sono i coccodrilli”: un titolo che dice ben poco sulla trama di questo libro. Infatti io pensavo che parlasse di “pescatori di coccodrilli”, o cose così, e invece parla di tutt’altra cosa. Fabio Geda sta intervistando Enaiat, un giovane immigrato afghano, che racconta delle sue esperienze di quando era piccolo, di come ha conosciuto Sufi, di come, bambino, ha lavorato nei cantieri edili in Iran e in Turchia per pochi soldi, in nero, di come ha vissuto nei parchi di Atene ecc Il libro è stato davvero piacevole da leggere, a parte qualche nome arabo difficile da capire e qualche nome da ricordare, ma per il resto è stato davvero coinvolgente. Questo pezzo di cartoncino con attaccati sopra 160 foglietti di carta è riuscito infatti a tenermi incollato alle sue pagine facendomi immaginare la vicenda di Enaiat. Il fatto che più mi ha colpito è stato quando il protagonista si mangia una zuppa di “ash” e un “barbalunga”, cioè un talebano, gliela rovescia perché da loro è peccato mangiarla; non so perché mi abbia colpito, ma appena ho letto quel brano sono rimasto a bocca aperta. Mi è dispiaciuto per il ragazzo perché, dopo tanto lavoro per permettersi una zuppa, qualcuno poi gliel’ha rovesciata.Enaiat mi ha insegnato quanto duro sia il lavoro e quanto sia bello essere ricompensati per quello. Questo libro mi ha trasmesso sensazioni incredibili, pensando ad un ragazzo che cerca di sopravvivere nel mondo dei grandi lavorando dalla mattina alla sera per pochi soldi e dormendo in ripari occasionali, al freddo e con la paura di essere scoperto da qualcuno. Giovanni De Santi

Per me questo libro è stato davvero angosciante. Infatti non mi piace che il protagonista subisca tutte quelle vicende orribili. Già da come era iniziata la storia, ero convinto che alla fine morissero tutti. Non so se tutto ciò che c’è nel libro sia vero, ma penso che non riuscirei a sopportare nemmeno una settimana quello che ha provato Enaiatallah: svegliarsi la mattina e non trovare nessuno accanto a te, soprattutto se si parla di persone a cui vuoi bene, deve essere spaventoso. All’inizio dici che non può essere vero, che sia uno scherzo o che chi cerchi sia nei paraggi, poi cominci a spaventarti e prendi in considerazione ogni possibile variante. Ce ne sono stati altri di momenti critici come questo, ad esempio il primo viaggio, il trovare una specie di famiglia in un cantiere; la seconda volta che si sveglia e, quello più pericoloso, il viaggio in mare con il gommone e il perdere un amico nel buio. E per fortuna che dalla Turchia le cose cominciano ad andare benino! In Grecia un po’ meglio ed infine c’è l’Italia, da cui comincia a vivere, non a sopravvivere. A vivere finalmente come una persona normale. Luca Zane.


Ho letto quindi consiglio Questo romanzo è una storia vera ed è raccontata in prima persona da Enaiatallah; ragazzo afgano. Il suo viaggio parte da Nova, la sua città natale. Un giorno la madre lo porta in Pakistan e durante la notte lo abbandona perché Nova era diventata una città troppo pericolosa. Enaiatallah inizia una nuova vita, lavorando gratuitamente, facendo lavori umili e faticosi come vendere le merci in alcune bancarelle in città. Lavorando, conoscerà alcuni ragazzi i quali vogliono partire per l’Iran e lui si unirà a loro. Durante il viaggio verrà rimpatriato due volte in Afghanistan. Anche nel nuovo paese conoscerà nuovi ragazzi i quali gli proporranno di andare in Turchia. Il viaggio sarà lungo e in condizioni disumane. Il romanzo prosegue descrivendo tutte le enormi difficoltà che il bambino affronterà prima di trovare finalmente un paese in cui stare e una famiglia che gli vuole bene. Questo libro, a differenza di molti altri, mi è piaciuto molto, poiché è fluido e durante la narrazione mi sono immedesimato nel protagonista. Inoltre, l’avventura di questo ragazzo mi ha fatto pensare a tutti i clandestini che ci sono qui in Italia e, secondo me, ognuno di loro ha vissuto una storia simile a quella di Enaiatallah che per questo va rispettato e ammirato, per il coraggio che ha avuto. Questo libro mi ha cambiato dentro e penso che se d’ estate qualche venditore mi verrà vicino e mi stresserà per farmi comprare qualcosa, non risponderò in modo scortese e, anche se a volte dà “fastidio” essere circondato da così tanti extracomunitari, me ne farò una ragione, poiché anche i nostri bisnonni molti anni fa hanno cercato fortuna in America e lo stesso fanno oggi questi giovani. Andrea Moranziol

Pagina 37 “Nel mare ci sono i coccodrilli”: un titolo che dice ben poco sulla trama di questo libro. Infatti io pensavo che parlasse di “pescatori di coccodrilli”, o cose così, e invece parla di tutt’altra cosa. Fabio Geda sta intervistando Enaiat, un giovane immigrato afghano, che racconta delle sue esperienze di quando era piccolo, di come ha conosciuto Sufi, di come, bambino, ha lavorato nei cantieri edili in Iran e in Turchia per pochi soldi, in nero, di come ha vissuto nei parchi di Atene ecc. Il libro è stato davvero piacevole da leggere, a parte qualche nome arabo difficile da capire e qualche nome da ricordare, ma per il resto è stato davvero coinvolgente. Questo pezzo di cartoncino con attaccati sopra 160 foglietti di carta è riuscito infatti a tenermi incollato alle sue pagine facendomi immaginare la vicenda di Enaiat. Il fatto che più mi ha colpito è stato quando il protagonista si mangia una zuppa di “ash” e un “barbalunga”, cioè un talebano, gliela rovescia perché da loro è peccato mangiarla; non so perché mi abbia colpito, ma appena ho letto quel brano sono rimasto a bocca aperta. Mi è dispiaciuto per il ragazzo perché, dopo tanto lavoro per permettersi una zuppa, qualcuno poi gliel’ha rovesciata. Enaiat mi ha insegnato quanto duro sia il lavoro e quanto sia bello essere ricompensati per quello. Questo libro mi ha trasmesso sensazioni incredibili, pensando ad un ragazzo che cerca di sopravvivere nel mondo dei grandi lavorando dalla mattina alla sera per pochi soldi e dormendo in ripari occasionali, al freddo e con la paura di essere scoperto da qualcuno. Giovanni De Santi


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Il buio oltre la siepe di Harper Lee di Luca Dolcetta, IIB

Il buio oltre la siepe è un romanzo ambientato in una cittadina dell’ Alabama (USA) nel 1930. La piccola Scout ( che è la voce narrante della storia) e Jeremy (Jem) sono due fratelli rimasti orfani di madre e cresciuti dalla domestica di colore Calpurnia e dal padre avvocato chiamato Atticus. I due ragazzi trascorrono l’estate insieme ad un amico chiamato Dill che si aggiunge a loro perché viene tutti gli anni a trascorrere l’ estate insieme alla zia. I ragazzi sono attratti da una famiglia, i Radley, che abitano vicino a casa loro. Nella loro casa vive un certo Boo, un ragazzo molto solitario che non esce mai di casa perché è stato in riformatorio per una ragazzata fatta insieme a dei compagni e suo padre. Nella cittadina circolano strane voci su di lui e dicono che è una persona malvagia e un assassino e i ragazzi, spinti dalla curiosità, si sfidano nell’ avvicinarsi sempre di più alla casa di Boo. In realtà questo ragazzo è una persona molto timida e tranquilla e, senza mai farsi vedere, lascia ai due fratelli dei regalini dentro il tronco di una quercia. In questa cittadina succede un fatto molto rilevante, una persona di colore, Tom Robinson viene accusato di stupro nei confronti di una ragazza, Mayella Ewell costretta a subire le violenze di un padre

ed è proprio quest’ ultimo ad accusare Tom per coprire le proprie colpe. Quando Atticus decide di difendere Tom, i suoi figli (Scout – Jem) si trovano al centro dei malumori della comunità e sono costretti a subire insulti rivolti anche al padre proprio perché l’ avvocato decide di difendere una persona di colore. La vita tranquilla dei due ragazzi cambia. Nonostante Atticus, che rappresenta l’onestà, il rigore morale che rifiuta i pregiudizi, specie quelli razziali, porti numerose prove che scagionano Tom, la corte lo dichiara colpevole, ma Atticus non si arrende e decide di ricorrere in appello. Purtroppo Tom viene ucciso in un suo tentativo di fuga dalla prigione ed il padre della ragazza violentata, Bob Ewell decide di vendicarsi perché Atticus aveva tentato di difendere una persona di colore. Un giorno, infatti, decide di aggredire i ragazzi, i quali vengono salvati da Boo che affronta ed uccide Ewell.


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Pagina 39 10 frasi importanti del romanzo commentate

Passano i giorni e nella cittadina si riprende la solita vita dimenticando, in fretta, la morte di Tom e il coraggio di Boo. Solo Scout non ha dimenticato quella mentalità chiusa e gretta che aveva portato alla morte di un innocente. Le tematiche più evidenti nel romanzo sono la rappresentazione del razzismo e della segregazione razziale, l’ottusità e la mediocrità che portano alla paura, al disprezzo, all’odio per chiunque sia diverso: per colore della pelle, come Tom, o per carattere, come il timidissimo e solitario Boo. Un altro tema è la rievocazione del mondo dell’infanzia, con le sue ingenuità, le emozioni, i turbamenti, attraverso gli sguardi di Scout e Jem.

1) “La coscienza è l’unica cosa che non debba confondersi al volere della maggioranza”. E’ una frase molto profonda perché ci insegna ad agire secondo i propri principi e non secondo il volere degli altri. La cosa più importante è seguire e fare ciò che è giusto per noi per essere sereni con la propria coscienza e non schierarsi dalla parte della maggioranza per paura delle conseguenze.

2) “Atticus dice che imbrogliare un uomo di colore è dieci volte peggio che imbrogliare un bianco”. Per Atticus è molto grave avere un atteggiamento di arroganza e prepotenza nei confronti delle persone di colore; lui condanna di più un torto fatto a queste persone perché ha la consapevolezza che sono le più indifese e perseguitate della società.

3) “Alcuni neri mentono, alcuni neri sono immorali, alcuni neri non possono essere lasciati accanto alle donne nere o bianche che siano. Ma questa è una verità che si può applicare a tutta la razza umana”. Questa frase significa che qualsiasi persona indipendentemente dal colore della pelle può essere di dubbia moralità perché l’ essere umano può sbagliare, ma non si possono accettare i pregiudizi, l’ottusità e squallidi preconcetti.

4) “Un giorno Thomas Jefferson disse che tutti gli uomini furono creati uguali”. Questa frase si commenta da sola. Oggi ci può sembrare banale, ma dire ciò in una ipocrita e gretta comunità razzista degli Stati Uniti degli anni Trenta, può essere rivoluzionario.


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5) “Non ho mai visto una giuria emettere un verdetto favorevole a un uomo di colore a danno di un bianco”. Qui si capisce perfettamente che per salvare la vita al povero Tom non è sufficiente provare la sua innocenza perché il colore della sua pelle è già una prova della sua colpevolezza.

6) “L’ hanno fatto altre volte, l’ hanno fatto stanotte e lo rifaranno in futuro: come vedi, soltanto i ragazzi ne soffrono”. Tom è stato condannato ingiustamente perché ha vinto il pregiudizio e l’ ipocrisia degli adulti nei confronti delle persone di colore. Per fortuna l’ innocenza e la purezza nei cuori dei ragazzi permettono loro di far capire quanto è sbagliata la società in cui vivono, ma sono solo loro a soffrirne.

7) “Quando sarai grande vedrai tutti i giorni uomini bianchi che ingannano i neri ma voglio dirti una cosa e non dimenticarlo mai:chiunque egli sia, quel bianco è un disgraziato”. Una bella lezione di vita da parte di Atticus , che rappresenta la ragionevolezza e la dignità.

8) “Ci sono volute parecchie ore per emettere un verdetto; è l’unico elemento che si possa interpretare come un vago indizio di miglioramento”. La speranza nel cuore di Atticus è che a piccoli passi si possa raggiungere dei buoni traguardi. Mentre prima bastavano pochi minuti per ottenere un verdetto di colpevolezza nei confronti di una persona di colore, oggi non è stato immediato, ciò significa che qualcuno comincia a riflettere senza pregiudizi.

9) “Noi siamo una democrazia e la Germania è un dittatura. Qui, da noi, non si perseguita nessuno”. E’ un paradosso: l’ insegnante condanna ciò che Hitler fa con gli ebrei, senza rendersi conto che è lo stesso atteggiamento di disprezzo che lui stesso prova per chi non è bianco.

10) “C’ è un ragazzo nero morto senza ragione, e l’uomo che è responsabile della sua morte è morto anche lui”. Sembra quasi che il destino abbia pareggiato i conti facendo morire il vero colpevole.


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“ Il Giovane Holden ” di Jerome David Salinger di Luca Dolcetta , IIB

Riassunto libro: Holden è un giovane , inquieto, americano di sedici anni che frequenta un importante istituto scolastico, il “Pensey” in Pennsylvania. Il ragazzo, essendo stato espulso dalla scuola per non aver superato gli esami, decide di guardare la sua ultima partita di rugby sopra ad una collinetta. Prima di tornare in camera decide di andare a trovare un suo vecchio insegnante di storia a lui molto simpatico, ma si pente quasi subito perché il professore, preoccupato per la sua espulsione, gli fa una ramanzina, così Holden torna al più presto nella sua stanza che condivide con altri due ragazzi: Ackley e Stradlater. Purtroppo con quest’ ultimo finisce malamente perché Holden, sapendo che Strand sarebbe uscito con una sua ex fidanzata, lo insulta pesantemente tanto che viene colpito al volto e sanguinante cade per terra. A questo punto Holden decide di lasciare la scuola tre giorni prima dell’espulsione con destinazione

New York. Qui avrà varie esperienze, ma deludenti. Arrivato in città, alloggia in uno squallido hotel e trascorre la notte andando prima in un night club dove conosce tre ragazze più mature di lui, poi decide di andare in un locale di un pianista famoso, dove incontra una vecchia amica del fratello, così decide di tornare in albergo in cui accetta l’intrattenimento di una prostituta, ma rendendosi conto dell’ errore commesso, le dà 5 dollari purché se ne vada. La mattina decide di lasciare l’ albergo recandosi in stazione e lì decise di telefonare alla sua amica Sally. Trascorrono un piacevole pomeriggio insieme ed Holden propone alla ragazza di scappare insieme a lui andando a vivere in un posto tranquillo lontano da tutti, ma a causa di una frase detta con superficialità, la ragazza si offende e si allontana. Holden decide di contattare un altro suo amico, Carl Luce, ma anche questo incontro termina in malo modo.


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Holden, deluso dai suoi incontri , si ritira nel magico mondo dei bambini andando a trovare di notte, a casa sua, la sorellina Phoebe confidandole l’ intenzione di voler andare via e cambiar vita. La mattina seguente si danno appuntamento davanti al museo. In un primo momento Phoebe si arrabbia col fratello perché quest’ ultimo rifiuta l’ idea che lei possa fuggire insieme a lui, ma successivamente tutto si risolve dopo che lui le compra dei biglietti per la giostra. Il romanzo si conclude con il personaggio di Holden felice che sotto la pioggia guarda la sorellina sulla giostra. La tematica del romanzo è il disagio dei giovani, inquieti, ribelli, anticonformisti, prigionieri di una società meschina ed alienata. 10 frasi importanti commentate :

1) “La vita è una partita figliolo. La vita è una partita che si gioca secondo le regole. Essa è una partita se stai dalla parte dove ci sono i grossi calibri, ma se stai dall’altra parte, niente . Non si gioca”. In questa frase Holden analizza lucidamente la realtà, e spesso lo fa in modo impietoso, senza ipocrisie.

2) “Se uno aveva un padre di quelli con le scarpe bianche e nere da contadino a festa, allora il preside si limitava a scambiare con loro una stretta di mano e un sorriso fasullo per poi andare a parlare magari per mezz’ora con altri genitori”. Holden capisce l’ipocrisia meschina del preside e la smaschera.

3) “Mi aveva comprato pattini sbagliati. Io volevo i pattini da corsa e lei mi aveva preso quelli da hockey. Quasi tutte le volte che qualcuno mi fa un regalo finisce che mi rende triste”. Emerge questa incomprensione tra il mondo degli adulti e il personaggio di Holden come se le persone non riuscissero a capire ciò che lui desidera veramente per essere felice.


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4) “Per tutta colazione non prendevano che pane tostato e caffè. Questo mi depresse. Essa è una cosa che non posso soffrire se uno prende solo pane e io sto mangiando uova al prosciutto”. Holden ha davvero un cuore generoso. Essere triste perché solo lui poteva permettersi una colazione succulenta a differenza delle due suore dimostra di avere un animo molto sensibile e magnanimo nei confronti dei più umili.

5) “Non riuscivo a figurarmela a fare un’ opera di carità se avesse dovuto vestirsi di nero da capo a piedi e non mettersi il rossetto”. Holden capisce con rabbia che i ricchi anche nelle azioni caritatevoli ostentano la loro situazione economica agiata e non si calano mai nei panni dei più poveri, quindi questi gesti misericordiosi non vengono fatti con vera umiltà, ma solo per farsi notare.

6) “E’ pieno di palloni gonfiati e non fai altro che studiare così impari quanto basta per essere furbo e per poterti comprare un giorno o l’ altro una maledetta Cadillac”. Per Holden i ragazzi che frequentano la sua scuola non lo fanno per arricchirsi culturalmente, ma lo scopo è diventare furbi per ottenere una posizione sociale agiata che permetta loro di comprare una bella macchina.

7) “Prendete gli adulti, sono brutti forte quando dormono e se ne stanno là con la bocca aperta, ma i bambini no. I bambini non c’è niente da ridire”. Holden vede in un bambino che dorme tutta la dolcezza e man mano che si cresce e si diventa adulti.

l’ingenuità che, purtroppo, si perde

8) “Non è mica che uno non ti piace più solo perché è morto, specie se è mille volte meglio della gente viva”. Holden può essere brutale nei suoi giudizi, non ha ipocrisie a guardare in faccia la realtà.

9) “Credo che non appena comincerai a vedere dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti nello studio. Smani di sapere”. Il professore vede in Holden un ragazzo con delle potenzialità enormi, ma deve solo trovare la strada giusta per esprimerle perché ha capito che ha una mente creativa e intelligente, doti molto rare.

10) “Chi ti dice che lo fai perché vuoi veramente salvare la vita della gente, e non perché in realtà quello che vuoi è soltanto di essere un fenomeno di avvocato”. Quello che apparentemente può sembrare un gesto altruistico, come per esempio difendere le persone, in realtà può rivelarsi un semplice comportamento dettato da interesse personale. L’arroganza, l’arrivismo dominano il mondo.


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Il vecchio e il mare, di Ernest Hemingway di Gianvito Bono IIB

La storia del vecchio pescatore Santiago è la rappresentazione simbolica ed epica del coraggio dell’uomo, della sua forza, della sua dignità; la sua epica lotta contro un enorme pesce spada e poi contro gli squali è la lotta per la sopravvivenza, in cui uomo e animali o forze della natura si fondono nel segno della vittoria e della sconfitta.

10 frasi commentate tratte dal romanzo: 1- Durante la pesca al marlin al vecchio viene un crampo alla mano sinistra e si disse:

– Li odio i crampi, sono un tradimento del corpo. E’ umiliante in presenza di altri avere una diarrea o vomitare per via di un avvelenamento. Ma un crampo umilia, specialmente quando si è soli – Santiago è solo, sulla sua barca al largo nell’oceano Atlantico lotta, in contro un marlin da cinque metri e mezzo. E’ triste, senza Manolin ad aiutarlo e a dargli conforto.

2- Quando Santiago riuscì a catturare il grande pesce, uno squalo lo attaccò e il vecchio per difendere lui e il pesce uccise lo squalo e pensò:

– Tutti uccidono tutti gli altri in un modo o nell’altro. La pesca mi uccide proprio come mi dà vivere – Il mare è come la vita, generosa o feroce.

3- La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand’era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne. Santiago è un uomo povero che vive in una capanna e la sua barca non poteva supportare la pesca al largo; per questo la vela rattoppata sembra la bandiera di una sconfitta continua.


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4- Era troppo semplice chiedersi quando avesse raggiunto l’umiltà. Ma sapeva di averla raggiunta e sapeva che questo non era indecoroso e non comportava la perdita del vero orgoglio. L’umiltà fa accettare la sconfitta, ma con l’orgoglio di essersi battuti contro forze superiori.

5- Poi disse al alta voce: “Come vorrei che ci fosse il ragazzo. Per potermi aiutare e per vedere questa cosa”. Nessuno dovrebbe mai restar solo, da vecchio, pensò. Qui il vecchio è solo sulla barca, di notte, con il marlin attaccato alla lenza . Per entrambi è una notte tremenda, fatta di paura, solitudine e coraggio.

6- L’uomo non trionfa mai del tutto, ma anche quando la sconfitta è totale quello che importa è lo sforzo per affrontare il destino e soltanto nella misura di questo sforzo si può raggiungere la vittoria nella sconfitta. Non si perde se stessi, quando si è combattuto.

7- Non mi è mai capitato un pesce così forte e che si sia comportato in modo così strano. Forse è troppo saggio per saltare. Potrebbe uccidermi se saltasse o se si mettesse a correre forte. Il vecchio sta pensando che il pesce è suo amico perché può ucciderlo in qualsiasi momento, ma non lo fa. Esprime la meraviglia dei saggi per le forze imprevedibili della natura e per la capacità dell’uomo di sottomerle (ad armi pari).

8- Non lo disse ad alta voce perché sapeva che a dirle, le cose belle non succedono. Il vecchio sogna, spera, ma non vuole illudersi.

9- Il dolore non deve avere importanza per un uomo. Questa frase, detta da Santiago, sintetizza tutta la sua forza fisica e mentale.

10 – Il vecchio sognava i leoni. La forza, ma anche la crudeltà della natura e della vita è racchiusa in questa frase.


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“IL FANTASMA DI CANTERVILLE” di Marcon Giovanni e Matteo Vianello

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Nel libro “Il fantasma di Canterville” Oscar Wilde, una delle figure più brillanti della letteratura di lingua inglese, ci presenta la storia di un vecchio fantasma un po’ particolare . Il racconto narra le vicende di una famiglia americana da poco trasferitasi nel castello di Canterville, dove si aggira l’antico spettro del Sig. Simon che, dopo molti tentativi andati a buon fine di terrorizzare i precedenti inquilini, non riesce a spaventare questa famiglia. Anzi, è costretto a subire anche gli scherzi dei due terribili figli del nuovo proprietario, così in preda alla disperazione e alla vecchiaia si arrende. Non può però avere la pace dell’aldilà perché su di lui pende una terribile maledizione che lo costringe a restare, suo malgrado, nel castello. Ma con l’aiuto della dolce Virginia … Nel racconto mi ha colpito, tra le altre cose, il contrasto tra gli atteggiamenti normali e la tranquillità della famiglia e la tristezza del vecchio fantasma.

Il linguaggio del testo è molto scorrevole e facile da leggere e da comprendere, poiché non vi sono termini troppo ricercati. A mio parere questo racconto è molto bello e un po’ spiritoso per le disavventure che accadono a questo fantasma, però ci insegna anche che alla fine tutte le persone possono essere perdonate. Questo libro mi è piaciuto molto perché mescola la suspense con il paradosso ed è anche molto divertente. La cosa che mi è piaciuta di più è il finale perché la compassione di questa innocente ragazza è più forte della paura verso il fantasma e lei lo aiuta. Non rivelerà, però, a nessuno cosa è successo in “quella stanza” neanche al suo futuro marito.


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“L’ho uccisa perché l’amavo” FALSO! di Loredana Lipperini, Michela Murgia, ed. Idòla, Laterza di Alvise Mel

3^B

-“L’ho uccisa perché l’amavo” è un libro che fa molto riflettere su dei fatti che si pensa di conoscere bene, ma di cui in realtà si scopre di non saperne mai abbastanza, cioè sul femminicidio. Il libro infatti è molto ben strutturato perché, purtroppo, ha la possibilità di fare molti esempi sull’argomento. In Italia infatti sono stati contati più di cento femminicidi in un anno; ma la situazione che, se vista da questo punto di vista è tragica, per alcuni motivi non è molto rilevante nei problemi presenti nella società. Il problema principale, spiegano le autrici, è che il “delitto d’amore” viene ormai giustificato anche oggi e sembra quasi una cosa ‘normale’: se la donna tradisce l’uomo, è giustificato il fatto che lui perda la testa e che uccida la propria donna. Per questo motivo spostiamo la responsabilità dall’assassino alla vittima ed è una cosa apparentemente impossibile, ma è così. Per smontare questo assurdo teorema occorre del tempo. Ma è necessario che continui la informazione contro il femminicidio e che tutti i dati presenti anche in questo libro possano essere conosciuti da un numero sempre maggiore di persone, in modo che la società possa sempre di più capire la gravità della situazione. Purtroppo non esiste una situazione di armonia tra i sessi, dove ognuno compia il suo dovere in serenità. Ciò infatti comporterebbe una situazione di sottomissione da una parte e di comando dall’altra. Se non riusciremo più a convivere ci separeremo, andando a vivere in due territori diversi, spiegano le autrici, che varcheremo soltanto per procreare, come fanno alcuni animali.

COMMENTO: Mi ha fatto piacere leggere questo libro perché mi ha informato su un argomento che adesso ritengo molto importante, ma su cui fino a poco tempo fa non credevo neanche si potessero scrivere più di dieci pagine. Allo stesso tempo però l’ho trovato troppo impuntato su una sola idea e mi ha dato quasi la sensazione che le autrici del libro siano delle persone che non ascoltano nessuno oltre a chi ha la loro stessa visione sul rapporto tra uomini e donne e che quindi abbiano una mentalità un po’ ‘chiusa’ sull’argomento. Ovviamente sulla questione del femminicidio non c’è invece da discutere, perché c’è un solo modo di vedere la cosa, ma era solo un’impressione che ho avuto leggendo il libro. Penso comunque che sia stata una giusta decisione quella di far leggere il libro alla classe perché, nonostante la mia critica, penso che il libro tratti molto bene l’argomento nel dettaglio senza tralasciare nulla e soprattutto presenta una grande quantità di esempi che rendono i concetti concreti, il che fa aprire veramente gli occhi sulla questione.


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Il codice Da Vinci di Dan Brown d Paolo Piccolomo 2° B

RIASSUNTO: Una sera al Louvre di Parigi , il famoso curatore del museo, Jacques Saunière , venne aggredito da un monaco albino , disposto a tutto pur di farsi svelare il luogo in cui era custodita la "chiave di volta" ; Saunière, che conosceva quel luogo meglio di chiunque altro , fece scattare l'allarme della sala staccando dalla parete un quadro per far sì che le grate di ferro poste sia all' entrata che all' uscita dell' atrio si abbassassero immediatamente , separando lo così dal suo inseguitor e. Nonostante fosse minacciato con una pistola , il curatore riuscì ad imbrogliare l'albino rilevandogli una falsa ubicazione della chiave , già stabilità in precedenza con i suoi tre collaborator i . Dopo aver ottenuto l'informazione che desiderava , il monaco , Silas , gli sparò allo stomaco e se ne andò . Prima di morire però, Saunière lasciò delle scritte e dei numeri in codice e si mise nella posizione dell’uomo vitruviano sul pavimento ,nudo, e con una stella di segnata sul petto . Nel frattempo, Robert Langdon , famoso studioso di simbologia e arte religiosa e professor e all’università di Harvard , in America , stava dando a Parigi una conferenza riguardante la sua materia. Al termine venne avvicinato da un agente della polizia giudiziari a francese che gli mostrò una foto di Saunière morto e lo " invitò " a seguirlo ; arrivati al museo del Louvre , Langdon incontrò Bezu Fache , capitano della polizia .Inizialmente lo studioso non

riuscì a capire il motivo della sua convocazione sulla scena di un delitto , se non per interpretare i simboli che Saunière aveva lasciato intorno al suo corpo ; ma con l'arrivo di Sophie Neveu , crittologa e nipote del curatore , capì di essere il principale sospettato per via della frase lasciata dalla vittima " p.s. trova Robert Langdon " . Con uno stratagemma Robert e Sophie riuscirono a scappare dal museo, ma questo solo dopo aver ritrovato la chiave di una cassetta di sicurezza lasciata dal nonno dietro un dipinto. Rintracciarono l'indirizzo della banca inciso sulla chiave ritrovata dove, anche grazie ai numeri scritti da Saunière in punto di morte (che all'apparenza sembravano senza logica ,ma in realtà indicavano la sequenza di Fibonacci messi in ordine sparso ) , riuscirono ad impossessarsi del contenuto della cassetta , ovvero un cryptex , ricostruito dal curatore . Il cryptex funziona come un lucchetto a combinazione : se i dischi formano la parola corretta , delle tacche interne ai dischi si allineano , permettendo al cilindro di aprirsi . All ' interno del cilindro possono essere contenute informazioni della chiave a forma di giglio , sia la scatoletta di legno in cui era contenuto il cryptex , portarono Langdon a pensare al Priorato Di Sion (una setta il cui unico scopo era riuscire a proteggere un importantissimo segreto : il Santo Graal ) . Per avere più informazioni riguardanti il Priorato , Robert decise di rivolgersi ad un amico inglese abitante proprio lì a Parigi , e più precisamente a Chateau Villette : sir Leigh Teabing , uno studioso del Graal , il quale aiutò i due a capirne la vicenda , ma soprattutto che cosa era , o meglio , chi era. Spiegò quindi che il Graal altri non era che Maria Maddalena ,moglie di Gesù, dalla quale ebbe anche una figlia ; la discendenza di Cristo e Maddalena si sarebbe poi


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prolungata , in incognito , lungo la storia , attraverso la dinastia dei Merovingi . Disse anche che il Priorato Di Sion era costituito dal Gran Maestro e dai suoi tre collaboratori , che custodivano anche a scapito della vita il segreto del Graal ; tra i suoi adepti figuravano personaggi del rango di Leonardo Da Vinci , Newton , Hugo, e per ultimo Jacques Saunière . Langdon intuì che la stessa Sophie era destinata a diventare un membro del Priorato , poi ché il nonno l'aveva iniziata ad un particolare addestramento fin da bambina . Irruppe nella villa Silas , l'assassino del curatore del Louvre , che , dopo aver seguito invano l'indicazione datagli sul luogo in cui si sarebbe dovuta trovare la chiave di volta , era convinto che Robert e Sophie fossero a conoscenza del suo vero nascondiglio . Dopo uno scontro , i tre riuscirono ad imbavagliare e a legare Silas : scoprirono che portava il cilicio , uno strumento di auto - punizione e purificazione corporea utilizzata dall'Opus Dei (associazione di cattolici che avrebbe ricevuto storicamente il compito di difendere il potere del Papa) . Silas agiva per conto di un misterioso "Maestro" , che lo spinse a commettere una serie di omicidi promettendo in cambio di aiutare la Chiesa contro la minaccia del segreto del Priorato Di Sion che se rivelato avrebbe distrutto le fondamenta stesse del cristianesimo . Sir Teabing si offrì di aiutare Langdon e Sophie portandoli a proseguire le loro ricerche fino in Inghilterra sul suo aereo privato con il suo maggiordomo Rémy e Silas . Durante il volo trovarono un ulteriore enigma da risolvere nascosto sotto un intarsio nella scatoletta di legno in cui era contenuto il cryptex, che li portò verso Temple Church . Mentre si trovavano nella chiesa , Teabing venne rapito da Rémy e Silas , diventati complici . Dovendo rinunciare all ' aiuto dell ' amico , Sophie e Langdon furono costretti a contare sulle proprie forze , e grazie ad una ricerca svolta con il cellulare di un ragazzo , capirono che si erano diretti verso il luogo sbagliato ;cambiarono immediatamente destinazione per Westminster Abbey alla ricerca della tomba di Newton . Lì , li raggiunse il Maestro

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dell'Opus segrete , scritte su una sottile pergamena avvolta attorno ad una fiala di aceto : se si tenta di aprire il cryptex con la forza , la fiala si rompe e l'aceto corrode la pergamena prima che possa essere letta . Con immenso stupore di entrambi si ritrovarono davanti Teabing che , dopo aver ucciso Rémy, si diresse da loro al solo scopo di impossessarsi del criptex e di trovare il Graal . Con astuzia , Langdon , che nel frattempo era riuscito ad aprire il criptex nascondendo la pergamena ritrovata al suo interno , lo lanciò , così che Teabing si buttò per non lasciarlo cadere a terra , disarmandosi. Fu arrestato poco dopo dalla polizia ,che, raggiunto anche Silas che si era rifugiato in una sede dell 'Opus Dei , venne accidentalmente ucciso. Tuttavia il mistero del Santo Graal non era ancora stato svelato , così Langdon e Sophie si diressero verso il luogo indicato dal foglio lasciato da Saunière , ovvero presso la cattedrale Rosslyn . Scesi nei sotterranei , trovarono il luogo in cui avrebbe dovuto essere riposto il sarcofago di Maria Maddalena , recentemente spostato , ed una serie di documenti che dimostrarono la vera identità di Sophie Neveu. Lei altri non era che una lontana discendente della famiglia reale dei Merovingi , e quindi di Gesù Cristo ; Jaques Saunière non era suo nonno , ma, come avevano scoperto , il Gran Maestro incaricato di proteggerla . Mentre i due esaminavano i documenti , nella cattedrale giunsero gli altri membri del Priorato e la nonna di Sophie , che successivamente riabbracciò. Una sera Langdon , ritornato nella sua camera d 'albergo a Parigi , ebbe un'illuminazione riguardo al luogo in cui poteva essere nascosta Maria Maddalena ; camminando per la città, giunse sopra la piramide di vetro capovolta del Louvre , e rievocando l'ultimo indizio lasciato da Saunière , si inginocchiò capendo di trovarsi sopra il luogo esatto.


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Ho letto quindi consiglio

COMMENTO: Questo libro, a differenza di altri che ho letto, è un genere tutto nuovo, che ha fatto guadagnare a Dan Brown una montagna di soldi, è un genere che si potrebbe definire pseudostorico-thriller-poliziesco.Non dobbiamo però credere a quello che c’è scritto poiché l'autore è abile a far passare per vero ciò che non lo è. Mi è piaciuto questo libro proprio per questo, perché la trama è avvincente e coinvolgente, tanto da obbligarti a continuare nella lettura. E' un tuffo nella storia, vera o presunta, in una corsa ad indizi, codici e simboli da svelare, tranelli da eludere. L’unica delusione che mi ha dato questo libro riguarda il finale, speravo ci fosse descritto il ritrovamento del mitico Santo Graal.

10 FRASI: 1) “Alcuni temono ciò che non capiscono...” 2) “Sotto l'antica roseline il Santo Graal aspetta, che adorna d'opere di artisti incantati; calice e lama sorvegliano l'eletta, riposa infine sotto cieli stellati.”Questa citazione l’ho scelta perché è il fulcro del libro. 3) “Noi siamo quello che difendiamo, io credo... quello per cui lottiamo.” 4) “La mente vede ciò che vuole vedere.” Ho scelto questa frase perché veramente accade questo. 5) “Solo i meritevoli trovano il Graal”

"Alcuni temono ciò che non capiscono”


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“Lo hobbit” di Tolkien di Paolo Piccolomo 2°B

RIASSUNTO: Bilbo Baggins è un pacifico hobbit della Contea che abita nella sua confortevole caverna ignorando quello che avviene fuori dal suo paese, come è tipico delle creature simili a lui. Un giorno uno stregone di nome Gandalf gli fa visita proponendogli di partecipare ad un’avventura. Bilbo rifiuta ma invita lo stregone a prendere il tè a casa sua il giorno successivo. Il giorno dopo arrivano alla casa di Bilboo 13 nani: Gloin, Balin, Bifur, Fili, Kili, Oin, Thorin Scudodiquercia, Dain, Bombur, Dwalin, Nori, Dori ed Ori; seguiti da Gandalf. Questi sono intenzionati a recarsi presso Dale, città dei nani sotto la Montagna Solitaria, nelle Terre Selvagge, per recuperare il loro tesoro sottratto loro dal drago Smog e Bilbo viene assunto come scassinatore su consiglio di Gandalf. Seppur controvoglia lo Hobbit parte con loro seguendo la via orientale per arrivare all’Ultima casa accogliente. Incontrano tre Uomini Neri che, inizialmente li catturano, ma, con l’aiuto di Gandalf, li fanno esporre alla luce del sole e li fanno pietrificare; i nani rubano loro alcune

spade. Dopo una breve sosta presso la reggia di Elrond, si rimettono in cammino attraverso le Montagne Nebbiose, dove vengono catturati dagli Orchi. Durante una fuga mal riuscita Bilbo si perde in una caverna, dove trova un anello, appartenente ad una strana creatura: Gollum. Quest’ultimo sfida Bilbo a una gara di indovinelli, dalla quale lo Hobbit esce vincitore, suscitando la collera dell’essere che ora ha intenzione di sbranarlo. Senza saperlo, Gollum porta Bilbo, che era diventato invisibile grazie all’anello, all’uscita delle montagne. Fuori si ricongiunge ai nani che lo credevano morto, ma non fa parola dell'anello. La notte stessa vengono attaccati dai Mannari e dagli Orchi e solo grazie all’intervento delle Aquile riescono a fuggire. Queste li portano nel territorio di Beorn, un uomo capace di trasformarsi in orso, che li accoglie nella sua dimora e fornisce loro del cibo per il viaggio e delle utili indicazioni. Quindi la compagnia si dirige verso il Bosco Atro, ultimo ostacolo prima di arrivare alla Montagna Solitaria, ma Gandalf non può seguirli per via di


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affari che lo portano a sud. La traversata del bosco non semplice: i nani vengono catturati da giganteschi ragni, e solo Bilbo, con l’aiuto dell’anello, riesce a liberarli. Tuttavia vengono di nuovo fatti prigionieri, questa volta dagli Elfi Silvani, ma Bilbo riesce a non farsi vedere. Dopo alcuni giorni riesce ad ideare uno stratagemma per liberare i compagni: li libera e li nasconde dentro alcune botti che vengono poi buttate nel fiume che le porterà a Ponte Lagolungo, una città governata dagli Uomini. Qui vengono accolti con tutti gli onori, ma non possono fermarsi, e risalgono il fiume fino alla Montagna Solitaria, anche grazie all’aiuto degli Uomini. Riescono a trovare un passaggio segreto grazie ad una mappa che Thorin aveva ereditato da suo padre. Bilbo, invisibile, riesce ad introdursi fino alla sala del tesoro e prende come sua ricompensa l’Archepietra (uno fra i più importanti tesori dei nani). Dopo alcuni viaggi nella caverna del drago Bilbo si fa scoprire e Smog di strugge l’entrata da cui erano venuti i nani. Non riuscendo a trovarli (erano nascosti in un tunnel), il drago decide di attaccare gli Uomini di Ponte Lagolungo, che avevano aiutato i suoi nemici. Ma viene ucciso da Bard, con una freccia che lo colpisce in un punto in cui la sua corazza non è rinforzata. Allora gli Uomini si dirigono verso la montagna per reclamare parte del tesoro dei nani. Thorin è adirato per non aver trovato l’Archepietra, e quando scopre che questa è in mano a Bilbo lo vorrebbe uccidere, e lo avrebbe fatta se non fosse venuto Gandalf a fermarlo. Ma i guai non sono finiti perchè Elfi, nani (era giunto da sud Dain, parente di Thorin con le sue truppe di nani)e Uomini vengono attaccati da Orchi e Mannari, che avevano saputo che il drago era stato abbattuto. Inizia così la “battaglia dei

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cinque eserciti”, alla quale lo Hobbit non partecipa perché viene colpito da una pietra e sviene. Grazie all’intervento delle Aquile e di Beorn in forma di orso, i nani e i loro alleati hanno la meglio, ma Thorin perde la vita e viene sepolto sotto la montagna con l’Archepietra e Orcrist (la spada che aveva preso nella caverna degli Uomini Neri, e che era stata una delle spade che avevano ucciso gli Orchi nella battaglia con i nani di Moria). Dain diventa Re sotto la Montagna e Bard fonda una nuova terra nel territorio di Dale. Il compito di Bilbo è finito, quindi inizia il suo viaggio di ritorno con Gandalf e Beorn, aggirando Bosco Atro. Si ferma per qualche tempo all’Ultima casa accogliente e, infine, ritorna con molto oro e argento a casa sua, che era stata messa in vendita perché gli Hobbit pensavano che Bilbo fosse partito per un viaggio senza ritorno (essendo passato circa un anno dalla sua partenza). Dopo poco tempo lo viene a trovare Balin insieme a Gandalf e lo Hobbit ammette che è soltanto una piccola creatura in un mondo molto vasto.


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COMMENTO: “Lo Hobbit”, a differenza del “Signore degli anelli”,non ha saputo suscitarmi la stessa passione. Quello che mi ha lasciato perplesso è il fatto che nel Signore degli anelli, le descrizioni sono molto più particolareggiate, a mio parere manca la grinta e passione che l'autore aveva nello scrivere il Signore degli anelli. Il contenuto e lo stile sono lineari, adatti anche ai ragazzi più giovani e che amano poco leggere. Anche qui, come nel Signore degli anelli, viene fatta risaltare la smania di potere di Gollum che fino all’incontro con Bilbo era stato il possessore dell’anello del potere, che utilizzava solo per catturare prede senza essere visto, ma compare anche un altro elemento chiave ,ossia la smania dell’oro dei nani, il cui re si attaccherà all’oro in una maniera ossessiva ,dimenticandosi dell’amicizia dei suoi compagni e dei suoi familiari. Questa malattia viene ben spiegata dall’autore nell’ultima parte del libro dove spiega che la pietra del re, ossia l’archengemma, oltre ad essere la pietra più preziosa fra tutte è anche la più maledetta, che porta alla pazzia anche il più valoroso dei cuori.

10 FRASI: 1)“Sei una bravissima persona e io ti sono molto affezionato; ma in fondo sei solo una piccola creatura in un mondo molto vasto!” 2)“Se volete trovare qualcosa, non c’è niente di meglio che cercare.” Questa frase io la vedo come un consiglio che dovrebbero apprendere i ragazzi dei giorni nostri che pensano solo di ricevere senza sforzo e non sanno che nella vita bisogna cercare per ottenere . 3)“Le mie scaglie sono come scudi dieci volte più possenti, i miei denti sono spade, i miei artigli lance, lo schiocco della mia coda saetta, le mie ali uragano e il mio alito morte!” Questa frase a parer mio fa risaltare l’ego di una persona( anche se colui che l’ha detta era un drago) ed essendo io una persona egocentrica la trovo assai bella. 4)“Era come se un globo fosse stato riempito di luce lunare e appeso davanti a loro in una rete intessuta col bagliore delle gelide stelle.” Questa frase l’ho scelta perché mi è solo piaciuta molto. 5)Non mi piacciono i nani...sono avidi..e ciechi verso la vita di quelli che loro ritengono più miseri di loro... In questa frase viene fatto risaltare l’elemento che ho citato prima nel commento, ossia la smania dell’oro. In un certo senso, almeno secondo me, i nani si avvicinano di più alle persone del giorno d’oggi.


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L’angolo del narratore

IN UN 2025 NON TROPPO LONTANO …

In un 2025 non troppo lontano … Due diverse prospettive a confronto di Giacomo Giugie e Marcon Giovanni – 2C

Oggi è il 19 Gennaio 2015…… è il maggio del 2080 e ……. Oggi è il 19 Gennaio 2015. Negli anni e nei secoli precedenti l’umanità ha fatto “passi da gigante” riguardo all’evoluzione che pian piano l’ha portata a dove siamo adesso. Uno di questi “passi da gigante” che mi crea molta preoccupazione è la perdita di equilibrio, acceleratasi in questi anni, tra la natura e la tecnologia. E’ difficile da spiegare, ma sembra che la tecnologia si evolva a tal punto da farci sembrare inutile tutto quello che la natura può offrire. Questo è solo il mio punto di vista, quindi potrei anche sbagliarmi, ma quello che vorrei in un futuro gennaio 2025 è che riuscissimo a riacquistare quell’equilibrio, vorrei tanto un mondo senza guerre, senza conflitti e senza corruzione. Vorrei che ci fosse il rispetto, rispetto reciproco gli uni con gli altri Continua

E’ il maggio del 2080 e sono seduto in veranda nella mia casa in montagna a intagliare un pezzo di legno. All’improvviso, da dietro una piccola collina vedo correre verso di me mio nipote Matteo di 12 anni. Viene spesso a trovarmi perché gli piace vedere l’arte di lavorare il legno, ma oggi si siede vicino a me e mi chiede: “Nonno, com’era la tua vita nel 2025?”. Ci penso un po’ e comincio a raccontargli. “In quegli anni, quando ero ancora un giovanotto, me la passavo piuttosto bene: avevo appena finito l’università da qualche anno ed avevo trovato un lavoro come ingegnere elettrotecnico. In quel periodo andava “forte” il settore informatico ed elettronico, perché si cercava di inventare nuove fonti di energia rinnovabile, ma era in atto anche una forte Continua


L’angolo del narratore

indipendentemente dalla nazionalità, dalla provenienza, dalla religione, perché siamo tutti esseri umani. Tra dieci anni mi piacerebbe poter dire: “Sono fiero di essere Italiano!”, cosa che ora sinceramente non riesco a fare. Vorrei vivere in un paese che “funzioni” sia politicamente che economicamente , un paese in cui ci sia una “giusta” giustizia. Dal lato mio personale, mi immagino di andare a studiare all’università, d’informatica o di architettura, e avere un lavoro da poter vivere con la mia ragazza e puntare magari a un futuro migliore che comprenda anche una nostra famiglia. Tutto questo è quello che vorrei. Purtroppo, se penso in modo realistico, non è quello che riesco a immaginare. Sembrerò pessimista, ma comunque immagino purtroppo una guerra, immagino il dolore, immagino lo sviluppo tecnologico utilizzato solo per scopi militari; riesco a immaginare la paura che puoi leggere negli occhi della gente che incroci per strada. Mi immagino un’Italia sempre più corrotta, con alle spalle una gravissima crisi economica che è ancora presente e peggiora, un paese privo di giustizia e di forza di volontà con la quale sistemare i vari problemi che sorgono (e sorgeranno) nel nostro paese. Questo è quello che immagino. Ovviamente non è quello che vorrei; alla fine penso che l’unica cosa che possiamo fare è sperare, sperare in un futuro migliore e nel raggiungimento dei nostri obbiettivi e della nostra felicità. Giacomo Giugie 2 C

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competizione tra gli Stati Uniti d’America, i Russi, i Giapponesi, i Cinesi e gli Italiani su chi di loro sarebbe riuscito a portare il primo uomo su Marte. Noi Italiani stranamente riuscimmo a vincere questa competizione solo grazie a quella rivoluzione che avvenne nel 2020. Ci fu infatti un vero e proprio rinnovamento, perché i cittadini Italiani andarono a destituire tutte quelle persone a capo dello Stato che ormai erano inopportune per lo sviluppo. Al loro posto vennero eletti dei “giovani” con idee e progetti innovativi per il paese. Questo nuovo “governo” oltre a risolvere il debito dello Stato e tutti gli altri problemi, finanziò l’ambiente scolastico, così da avere delle nuove generazioni istruite e specializzate sulle tematiche future. Diede sviluppo anche al settore artistico che, proprio per i beni artistici dell’Italia, garantì un buon guadagno annuo. Dopo quegli anni pieni di cambiamenti, l’Italia conquistò di nuovo la sua dignità diventando uno dei paesi più belli e più “forti” dell’intera Unione Europea. A questo punto mi accorgo che ormai è diventata già sera e dopo aver preparato a Matteo una piccola merenda, ci incamminiamo per i verdi prati, con alle spalle il sole rosso del tramonto, per raggiungere il felice paese di Ortisei. Giovanni Marcon 2 C


La nostra Venezia


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