La Freccia - Gennaio 2023

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PER CHI AMA VIAGGIARE ANNO XV | NUMERO 1 | GENNAIO 2023 | www.fsitaliane.it | ISSN 2785-4175 ASPETTANDO SANREMO 2023, il futuro nelle nostre mani INTERVISTE Amendola, Guanciale, Lillo, Ariete, Tananai TRAVEL Perugia, Parma, colline del Prosecco ARTE E PHOTO Simafra, Pasolini, Sottsass

UN FUTURO DA

Siamo reduci da tre anni tribolati. Cosa auspicarci da quello appena inaugurato è quindi fin troppo facile da dire. Ma abbiamo da tempo smesso di confidare nelle «magnifiche sorti e progressive». E non riusciamo a illuderci che il nuovo anno d’incanto porti mirabolanti novità. Per escluderlo ci aiuta l’ironia del compianto Lucio Dalla, perché anche se lo dicesse la televisione (frase che ai più attempati ricorda l’autorevolezza un tempo tributata ai media), sappiamo già che non «sarà tre volte Natale», non «ci sarà da mangiare e luce tutto l'anno», e persino i muti resteranno muti. Però, e nonostante tutto, da questa pagina della Freccia più volte

abbiamo incitato all’ottimismo. Non ce ne sottraiamo neppure all’inizio del 2023. L’ottimismo della volontà, dell’impegno, del sacrificio congiunto all’entusiasmo. Insomma, anche se il futuro non sarà più quello di una volta, sulle pagine ancora da disegnare abbiamo il dovere di imprimere il nostro segno, per quanto piccolo sia. Lo dobbiamo fare con l’inchiostro della nostra vita mischiato con l’inchiostro altrui. Scommettendo sulle nostre risorse e sul nostro talento, qualunque esso sia, e mettendoli a servizio non soltanto delle nostre legittime ambizioni, ma di tutti. Dobbiamo uscire dal ristretto guscio del nostro io, ed entrare in quel noi che non è spersonalizzazio -

ne, ma sublimazione della molteplicità. Appartenenza a una comunità che può espandersi, con generosità, fino a oltrepassare i confini di una famiglia, un rione, una città, una nazione. Cento anni fa nasceva Italo Calvino. Ci sono pagine di Palomar, suo romanzo pubblicato 40 anni fa, che rimandano alla complessità della realtà e al tentativo spesso frustrato di una comprensione soddisfacente dei singoli elementi che la compongono. Persino di guardare il mondo essendone parte. Ma il fascino sta proprio in questo. C’è altro fuori da chi lo osserva, ma ogni io che guarda è parte di quel tutto. E ogni io è unico, composto da un differente universo di storie, legami, sensazio -

EDITORIALE

COSTRUIRE

INSIEME

ni, capacità, emozioni. Di “io” ne esistono miliardi e accanto tanto altro, che sopravviverà a loro. Molteplicità è appunto il titolo dell’ultima delle Lezioni americane di Calvino che si chiude con un sogno: «Magari fosse possibile un’opera concepita al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha pa -

rola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica […]».

Il nostro augurio, il mio personale, quello della redazione della Freccia e dei colleghi ferrovieri è che quel sogno letterario si realizzi nella vita e ci sia e vi sia concesso di uscire, qualche volta, da quella “prospettiva limitata”. Per un 2023 ricco di viaggi, esperienze, contatti umani, storie da

vivere e futuro da costruire. Chiudo ricordando che i vostri viaggi, reali o immaginari, li potete raccontare per partecipare così al concorso letterario lanciato da Ferrovie dello Stato Italiane in collaborazione con il Salone del libro di Torino. A pagina 44 della Freccia di gennaio e su FSnews.it troverete tutte le informazioni di cui avete bisogno. Buon anno, quindi. Anche da leggere. Insieme.

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4 108 94 53 SOMMARIO GENNAIO 2023 8 RAILWAY HEART 37 UN TRENO DI LIBRI Nell’Invito alla lettura di questo mese La Freccia propone
d’esordio
Male a est 82 ABITARE LA
Viaggio tra le
Quella a cui Gian
cambiato il volto 56
DI PERUGIA
26 GUSTA & DEGUSTA 22 AGENDA 18 L’ITALIA CHE FA IMPRESA 28 WHAT’S UP pag. 46 IN COPERTINA AMADEUS LE FRECCE NEWS//OFFERTE E INFO VIAGGIO 111 SCOPRI TRA LE PAGINE LE PROMOZIONI E LA FLOTTA DELLE FRECCE i vantaggi del programma Carta FRECCIA e le novità del Portale FRECCE 63 64 52 UNA VITA DI PASSIONI 60 LA CULLA DEL PROSECCO 64 GEOMETRIE DI PARMA 70 IL GIGANTE DI SICILIA 74 IL MOLISE CHE RESISTE 78 L’ARTE DELLA FRATERNITÀ 86 LA CASA DELLE STORIE 90 LA SCELTA DI SIMAFRA 94 LE TELE DEL POETA 98 STILE SENZA CONFINI 101 ENERGIA GIOVANE 102 IMMUTABILE CATANIA 106 CUSTODI ANCESTRALI 125 PRIMA DI SCENDERE 82
il romanzo
di Andreea Simionel,
MATERIA
basiliche barocche del Fondo edifici di culto nella Roma del ‘600.
Lorenzo Bernini ha
L’ESSENZA
Profuma di cioccolato. Ma ha il sapore dell’arte, con i 500 anni dalla morte del Perugino, e della musica, con il mezzo secolo di Umbria jazz

Tra le firme del mese

I numeri di questo numero

500

gli anni trascorsi dalla morte del pittore Perugino [pag. 56] 300

MENSILE GRATUITO PER I VIAGGIATORI DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE ANNO XV - NUMERO 1 - GENNAIO 2023

REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N° 284/97 DEL 16/5/1997

CHIUSO IN REDAZIONE IL 23/12/2022

Foto e illustrazioni Archivio FS Italiane AdobeStock Copertina © ufficio stampa Rai Tutti i diritti riservati

Comunicatrice e saggista, ha ricoperto incarichi di ufficio stampa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al ministero dei Trasporti, al Formez e in

le sale dell’Archivio di Stato di Napoli [pag. 88] 100

i ritratti della mostra Donne in bilico a Milano [pag. 107]

READ ALSO

FSNews.it, la testata online del Gruppo FS Italiane, pubblica ogni giorno notizie, approfondimenti e interviste, accompagnati da podcast, video e immagini, per seguire l’attualità e raccontare al meglio il quotidiano. Con uno sguardo particolare ai temi della mobilità, della sostenibilità e dell’innovazione nel settore dei trasporti e del turismo quali linee guida nelle scelte strategiche di un grande Gruppo industriale

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Marco Mancini Davide Falcetelli Michela Gentili

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Gaspare Baglio, Angela Alexandra D’Orso, Irene Marrapodi Francesca Ventre Giovanna Di Napoli Claudio Romussi Annamaria Barbato Ricci, Osvaldo Bevilacqua, Cesare Biasini Selvaggi, Peppone Calabrese, Michele Castelli, Claudia Cichetti, Fondazione FS Italiane, Enzo Fortunato, Luca Gibello, Alessio Giobbi, Sandra Jacopucci, Arianna Panarella, Michela Passarin, Carmen Pidalà, Enrico Procentese, Andrea Radic, Gabriele Romani, Davide Rondoni, Flavio Scheggi, Floriana Schiano Moriello, Mario Tozzi, Monica Valeri

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SUL NUMERO 12, DICEMBRE 2022 Pag. 77: la maratona We run Rome è organizzata da Atleticom con il patrocinio di Comune di Roma, Coni e Fidal

Annarita Lecce, Giovanni Aiello, Manfredi Paterniti, Massimiliano Santoli

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FLORIANA SCHIANO MORIELLO

Giornalista, attiva nel campo della comunicazione e degli eventi di promozione territoriale, dell’agroalimentare e dell’enogastronomia. Con la passione vulcanica della natia terra flegrea, ama scoprire e raccontare angoli, sapori e tradizioni d’Italia

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PER CHI AMA VIAGGIARE
creativo Antonio Russo,
PER CHI AMA VIAGGIARE CHI AMA VIAGGIARE VIAGGIARE
ANNAMARIA BARBATO RICCI varie istituzioni e imprese. Per Ferrovie dello Stato Italiane ha guidato la rivista Linea Diretta MICHELE CASTELLI Redattore della rivista online Tre Sequenze, nel 2021 ha vinto la prima edizione del Premio Nuovi Argomenti con il racconto L’Empuerio. Frequenta l’Accademia Molly Bloom LUCA GIBELLO Critico e storico dell’architettura contemporanea, è giornalista pubblicista e direttore de ilgiornaledellarchitettura.com

INATTESE

MERAVIGLIE

Visioni oniriche, animali antropomorfi e un’iconografia del perturbante che sorprende per la sua modernità. Potremmo trovarci di fronte a un quadro surrealista di Salvador Dalí, stiamo invece osservando una tavola dipinta da Jheronimus Bosch nel ‘500. L’opera fa parte della mostra Bosch e un altro Rinascimento, curata da Bernard Aikema, Fernando Checa Cremades e Claudio Salsi, al Palazzo Reale di Milano fino al 12 marzo. Un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, realizzate da Bosch e dai suoi seguaci, supportano una tesi affascinante: il Rinascimento del mito classico e dell’armonia delle forme non fu l’unica manifestazione della corrente postmedievale. Parallelamente germogliarono linguaggi visivi biz-

zarri, codici del fantastico e del mostruoso che ebbero un forte impatto sull’arte italiana e spagnola anche negli anni a venire. Furono molti, infatti, in Europa meridionale, a imitare lo stile del maestro fiammingo dando vita a un vero e proprio “fenomeno Bosch”. A questa pluralità risponde un percorso espositivo non convenzionale, una mostra che mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al pittore e opere di artisti da tutto il mondo. Un corpus, forse meno canonico ma dalla potenza espressiva indiscutibile, riunito grazie a un lavoro di ricerca durato cinque anni e alla cooperazione tra diverse istituzioni culturali. palazzorealemilano.it palazzorealemilano

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Bosch e un altro Rinascimento Milano, fino al 12 marzo
FRECCIA COVER
Jheronimus Bosch Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio (1500 circa) Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga © DGPC/Luísa Oliveira di Angela Alexandra D’Orso
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STORIES
PHOTO
Innamorati a Termini
#Frecciaview © Valentina Z. iphete PEOPLE IN VIAGGIO RAILWAY heART
© Roberta L. robibbi92

Utilizza l’hashtag #railwayheart oppure invia il tuo scatto a railwayheart@fsitaliane.it. L’immagine inviata, e classificata secondo una delle quattro categorie rappresentate (Luoghi, People, In viaggio, At Work), deve essere di proprietà del mittente e priva di watermark. Le foto più emozionanti tra quelle ricevute saranno selezionate per la pubblicazione nei numeri futuri della rubrica.

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a cura di Enrico Procentese enry_pro LE PERSONE, I LUOGHI, LE STORIE DELL’UNIVERSO FERROVIARIO IN UN CLICK. UN VIAGGIO DA FARE INSIEME
Capitreno Business Regionale
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© Edoardo Cortesi eddiecortesi
WORK
Stazione di Torino Porta Susa © Andrea N. andrearamats LUOGHI

A TU PER TU

Valentina Cesarano dopo la laurea in Infermieristica è stata assunta in Mercitalia Rail, società del Polo Logistica del Gruppo FS.

In cosa consiste la tua professione?

Sono un tecnico polifunzionale treno, figura professionale che ha il compito di registrare, verificare e certificare la composizione dei convogli merci, garantendone la sicurezza. Ci occupiamo sul campo dello stato dei carri ferroviari, tenendo conto del carico trasportato, della tipologia del mezzo e delle prestazioni richieste, controllando che tutto sia idoneo alla partenza. Spetta a noi, inoltre, l’elaborazione dei documenti che accompagnano il treno e quindi la merce trasportata.

Sono attività molto tecniche, quindi. Sì, soprattutto per l’analisi del numero identificativo dei carri, di cui curiamo la supervisione tecnica. Ci assicuriamo che il peso della merce non superi il limite consentito, attivando procedure specifiche in base ai prodotti in partenza. Tra le mie mansioni è compreso anche lo spostamento dei carri durante le operazioni di manovra all’interno dello scalo. Dove svolgi queste attività?

Sono assegnata allo scalo merci di Roma Smistamento, nei pressi della stazione ferroviaria Nuovo Salario e viaggio tutti i giorni come pendolare da Cassino. Per esigenze lavorative posso spostarmi anche negli scali di Frosinone, Piedimonte e, più raramente, Civitavecchia e Pomezia.

Qual è stato il tuo percorso professionale?

Dopo il liceo scientifico mi sono laureata in Infermieristica, ma ho deciso comunque di presentare la mia candidatura in Ferrovie dello Stato Italiane. Sono entrata nel Gruppo FS a novembre 2018 dopo una formazione teorica e pratica iniziata a luglio dello stesso anno e proseguita poi durante tutta la mia carriera. Seguo aggiornamenti periodici riguardanti le tecnologie adottate, i mezzi utilizzati e le normative e grazie a questi ho ottenuto nuove abilitazioni, come quella che mi consente di viaggiare insieme al macchinista sui locomotori dei treni merci. Sono una persona molto attiva, mi piace reinventarmi e in questa professione la dinamicità e la varietà non mancano mai: le mie attività vanno dalla documentazione da elaborare alla composizione dei vagoni merci.

Un elemento irrinunciabile nel tuo lavoro?

La nostra missione strategica è implementare e favorire la logistica, per questo è fondamentale sapersi confrontare quotidianamente con le altre figure professionali del settore, come i macchinisti e i coordinatori. È importante garantire una sinergia tra le diverse competenze che ruotano attorno al traffico merci ferroviario. In questo senso l’intero Gruppo FS sta investendo molto, anche attraverso una riorganizzazione aziendale in cui ci sentiamo pienamente coinvolti.

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LE STORIE E LE VOCI DI CHI, PER LAVORO, STUDIO O PIACERE, VIAGGIA SUI TRENI. E DI CHI I TRENI LI FA VIAGGIARE

Noemi David è nata a Messina ma da circa due anni vive a Roma per motivi professionali. Si muove in treno almeno una volta alla settimana per lavoro, ma lo usa spesso anche nel tempo libero, sempre nel rispetto dell’ambiente.

Hai viaggiato in treno anche oggi?

Sì, dico sempre che potrei meritarmi la cittadinanza a bordo treno per quante volte ci salgo. Proprio adesso mi trovo nella stazione di Frascati, nella zona dei Castelli Romani, di ritorno da una gita fuori porta nell’hinterland capitolino, sempre molto accogliente, persino in giornate uggiose come questa. Sapevo che il tempo non prometteva bene, ma non ci ho pensato due volte e all’ultimo momento sono saltata a bordo per godermi un po’ di relax.

Le tue destinazioni preferite?

Sono di Messina ma da circa due anni abito a Roma per ragioni di lavoro, e gli spostamenti in treno non mancano mai, sia con le Frecce, o combinando i servizi dell’Alta Velocità con Regionali e Intercity. Trovo soluzioni di viaggio sempre adatte alle mie esigenze lavorative e familiari. Il Frecciarossa diretto a Reggio Calabria è diventato la mia seconda casa: arrivo fino a Villa San Giovanni per poi imbarcarmi con tutta comodità e raggiungere l’altra parte dello Stretto.

Con quale frequenza ti sposti?

Da Roma mi muovo almeno una volta a settimana, sia per gli impegni che ho con skuola.net – piattaforma web legata al mondo dell’istruzione e a diverse iniziative educative – sia per l’attività di co-conduttrice di Italian Green, trasmissione di Rai2 in onda il sabato mattina. Un appuntamento che si propone di raccontare un viaggio nell’Italia sostenibile facendo emergere le buone pratiche di alcune realtà territoriali che hanno fatto del rispetto dell’ambiente il loro punto di forza. Qualche esempio?

Andiamo a conoscere le aziende che si contraddistinguono per una filosofia d’impresa improntata sul green. E spesso, con la troupe, utilizziamo il treno per raggiungere le location in cui giriamo le nostre puntate. Ci concentriamo su esempi virtuosi nella raccolta differenziata, storie di dipendenti che per andare a lavoro scelgono mezzi di trasporto sostenibili, azioni volte al risparmio energetico o all’uso consapevole delle materie prime e delle risorse. In settori che vanno dall’alimentare al packaging, dagli accessori ai preziosi, solo per citarne alcuni. Come trascorri il tuo tempo in treno? A volte lavoro, in altre occasioni riposo oppure mi concedo una passeggiata lungo i vagoni per sgranchirmi un po’ le gambe e prendere un caffè. Amo documentare i miei spostamenti con foto e riprese dal finestrino, ammirando paesaggi che non smettono mai di stregarmi. Tra contesti naturali e urbani che mutano velocemente, osservo quei colori capaci di farmi rivivere ogni volta i profumi, il calore e la bellezza di ogni luogo attraversato.

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DIETRO LE QUINTE

«IL REGALO PIÙ GRANDE SIETE VOI». QUESTO IL PAYOFF DELLA CAMPAGNA PUBBLICITARIA FRECCIAROSSA ANDATA IN ONDA

DURANTE LE FESTE. A DIRIGERLA IL REGISTA VOLFANGO DE BIASI di Irene Marrapodi

Un nastro rosso ha accompagnato grandi e piccoli nei viaggi in treno durante le feste natalizie. È questo, infatti,

VolfangoDeBiasi

il filo conduttore dello spot Frecciarossa andato in onda nel mese di dicembre: la prima campagna pubblicitaria televisiva, digital e al cinema nella storia del brand, firma italiana dell’Alta Velocità.

A dirigerlo è stato Volfango De Biasi, vincitore nel 2017 del David di Donatello per il documentario Crazy for Football , che dopo una carriera tra cinema e cortometraggi ha deciso di cimentarsi con uno spot aziendale. «L’ho fatto perché

il Gruppo FS è una realtà all’avanguardia, un marchio di qualità italiana. È stato bello rispondere a questa chiamata», racconta. Ha un rapporto particolare con il treno?

Sì, sicuramente. Lo prendo spesso per scendere in Puglia, dove passo del tempo con le mie figlie. In qualche modo, è sempre un protagoni -

sta della nostra vita, sia professionale sia affettiva.

Lo spot è stato girato a novembre. Come avete costruito un’ambientazione natalizia prima del tempo?

Nel settore siamo abituati a farlo. I film di Natale a cui ho lavorato erano girati ad agosto per poter uscire a dicembre rispettando i tempi tecnici di lavorazione. In questo caso, nelle stazioni di Milano e Roma abbiamo ricreato la neve, le decorazioni e le luminarie, tutto ciò che nella realtà non poteva ancora esserci.

Come sono state organizzate le riprese?

Si sono svolte in quattro giorni tra sette set diversi, una bella sfida. È stato un tour de force, perché non è facile concentrare intere giornate di lavoro in 60 secondi. Il risultato è una sorta di piccolo film, prodotto

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Chiara Calabrò
Un frame dello spot Frecciarossa
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da Cattleya con la creatività di AB Comunicazioni. Imprevisti sul set? Era il periodo del Black Friday e lavorare nelle gallerie commerciali delle stazioni non è stato facile, abbiamo dovuto girare di notte. Ma il personale di Trenitalia è stato molto disponibile. E tutto è andato liscio.

Perché avete scelto come colonna sonora un brano dei Backstreet Boys?

La canzone I want it that way del 1999 è stata decisa insieme alla creatività per donare allo spot un sapore vintage, amarcord. Un modo per suscitare in tutti emozioni positive.

Il payoff dello spot recita “Il regalo più grande siete voi”. Che ne pensa?

È la verità. Il fatto stesso che il treno ci aiuti a raggiungere i nostri cari è sicuramente un bellissimo regalo. Lo utilizziamo spesso senza rifletterci, ma è un servizio di eccellenza.

Qual è il regalo più bello che ha ricevuto nella vita?

Le mie figlie, senza alcun dubbio.

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In questa pagina, immagini del backstage dello spot
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L’amministratore delegato del Gruppo FS, Luigi Ferraris, e il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, alla presentazione dell’iniziativa Cantieri parlanti © Massimo Varallo

CANTIERI PARLANTI

AL VIA UN NUOVO PROGETTO DI COMUNICAZIONE E TRASPARENZA DEL GRUPPO FS. PER RACCONTARE TEMPI, OBIETTIVI E VANTAGGI DELLE GRANDI OPERE IN CORSO NEL PAESE

Il Gruppo FS Italiane dà voce ai suoi cantieri e li trasforma in hub digitali. Luoghi di comunicazione e confronto con cittadini e stakeholder, per condividere i vantaggi delle opere in corso di realizzazione e affrontare insieme le eventuali criticità che potrebbero presentarsi.

Si chiama Cantieri parlanti il progetto ideato e realizzato dal Gruppo FS con le società del Polo Infrastrutture, Rete Ferroviaria Italiana e Italferr, in collaborazione con l’azienda Webuild, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Commissario straordinario di governo per comunicare in modo chiaro e trasparente l’andamento delle opere strategiche finanziate con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

L’iniziativa è stata presentata e inaugurata a dicembre da Luigi Ferraris, amministratore delegato del Gruppo FS, durante la visita del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ai cantieri genovesi del Terzo Valico dei Giovi-Nodo di Genova, prima tappa del progetto. «L’Italia del futuro è in corso». Con questo messaggio, ha

spiegato Ferraris, si darà voce a oltre 30 grandi opere strategiche in tutta Italia. «Abbiamo deciso di uniformare la cartellonistica informativa, installare degli infopoint all’ingresso dei nostri cantieri e dedicare una sezione del sito istituzionale alle opere strategiche, per mostrare in maniera chiara e diretta lo stato di avanzamento di ogni singola opera. Un disegno complessivo che unisce le varie attività in corso lungo la Penisola».

Cantieri parlanti è un’operazione di trasparenza, oltre che di informazione e comunicazione, utile a illustrare i vantaggi dell’opera in costruzione e fornire dati aggiornati sullo stato dei lavori. In vari punti vengono collocati dei pannelli esplicativi ben visibili, sia dai treni in transito che dalle strade limitrofe. E i cantieri diventano anche digitali: sulla homepage del sito del Gruppo FS è stata realizzata un’intera sezione dedicata alle opere, aggiornata in tempo reale sull’andamento delle attività, grazie anche alle webcam installate all’interno. fsitaliane.it

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© Archivio FS Italiane Alcuni pannelli informativi del progetto Cantieri parlanti

TUTTI IN CAMPO

IL GRUPPO FS ITALIANE SUPPORTA LA RACCOLTA FONDI DELLA ONLUS INSUPERABILI CHE SI OCCUPA DI INCLUSIONE SOCIALE ATTRAVERSO IL CALCIO E LO SPORT

Promuovere la crescita e l’inclusione sociale dei giovani con disabilità grazie alle attività motorie come il calcio, per creare un mondo in cui la diversità è vista come un’opportunità di crescita e non come un tabù da stigmatizzare. Questa la mission di Insuperabili, la onlus nata a Torino nel 2012, ispirata dal modello inglese Football For Disabled e impegnata a garantire lo sviluppo e l’integrazione di ragazzi e ragazze con disabilità a suon di allenamenti, partite e gol.

Il calcio diventa motivo di unione, coesione e socializzazione. «Il nostro scopo è migliorare la salute psicofisica, la soddisfazione personale e la qualità

della vita di ogni singolo atleta che si allena con noi divertendosi», commenta Davide Leonardi, referente della onlus. «Abbiamo 17 sedi in tutta Italia e oltre 650 atleti iscritti, fin dai cinque anni. Tanta strada è stata fatta ma sappiamo che dobbiamo ancora crescere, per permettere a sempre più persone di abbattere certe barriere, purtroppo ancora presenti nella nostra società».

Le donazioni sono fondamentali per vincere questa partita e sostenere i progetti di inclusione. Motivo per cui quest’anno scende in campo anche FS Italiane con una campagna di comunicazione a supporto di Insuperabili: la raccolta fondi, online

sui canali del Gruppo, è attiva fino al 31 gennaio. Inoltre, fino al prossimo giugno, è possibile donare anche alle biglietterie self-service presenti nelle stazioni dell’Alta Velocità. I fondi raccolti saranno destinati alla creazione di un centro sportivo in cui praticare molte altre discipline oltre al calcio. Il complesso, gestito direttamente dai ragazzi e aperto a tutti, diventerà il polo nevralgico delle attività di Insuperabili, dove praticare sport ma anche lavorare, formarsi e costruire amicizie. Un laboratorio di inclusione e opportunità per molti. insuperabili.eu insuperabili_it insuperabili

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Atleti e atlete della onlus Insuperabili

L’ ITALIA IN TASCA

Scoprire dal finestrino posti nuovi, semplicemente inquadrando il panorama con lo smartphone. Un reticolo di sentieri, chiese di campagna, cantine, monumenti poco noti e piccoli tesori d’arte compare sullo schermo del turista grazie alla realtà aumentata. TabUi è un’applicazione gratuita che permette di ricevere informazioni su luoghi d’arte e cultura, attività outdoor ed enogastronomia. Una scommessa innovativa che ha ra-

dici nel cuore delle Langhe: «Il tabui è il cane che accompagna il trifulau, cioè il cercatore di tartufi bianchi», spiega Giorgio Proglio, giovane imprenditore piemontese che nel 2019 ha lanciato l’app. «Siamo partiti da questa narrazione tipica della mia regione e l’abbiamo trasportata in digitale: tabUi è un sistema che ti accompagna ovunque, tirando fuori le unicità del luogo, proprio come il cane da tartufo».

Esistono molte applicazioni dedicate

al turismo, da dove nasce l’esigenza di tabUi?

Viaggiando spesso in Italia, mi sono reso conto che c’è un’app per ogni cosa. Se vado per musei, se cerco un posto tipico dove mangiare o voglio vedere quali sentieri percorrere in bicicletta devo scaricarmi ogni volta un’applicazione diversa, che però, una volta tornato a casa, probabilmente non utilizzerò mai più. Questo per un turista rappresenta un problema. Quindi, mi sono chiesto se esistesse

L’ITALIA che fa IMPRESA
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un’app da scaricare una sola volta, capace di seguirmi dappertutto come un cagnolino e farmi vedere tutto quello che posso fare attorno a me. In effetti, una soluzione del genere non c’era e tre anni fa ho dato il via a tabUi. Quali sono le sue caratteristiche principali?

Contenuti e tecnologia. In tabUi andiamo a importare tutte le informazioni che vengono messe a disposizione da Comuni, enti locali e aziende turistiche sui loro territori. E poi c’è la community. Il 70% dei contenuti è caricato dagli utenti su WikitabUi, una piattaforma integrata nell’app che permette a tutti di inserire nuovi luoghi. In fondo, il miglior brand ambassador di un territorio è chi ci vive. Per esempio, a Torino c’è la Mole antonelliana, ma c’è anche Palazzo Valperga Galleani, edificio barocco che viene considerato la casa più bella del mondo. E questo lo vieni a sapere solo perché un utente del luogo l’ha messo su tabUi. E poi c’è l’altro aspetto fondamenta-

le: una tecnologia che funziona. La realtà aumentata è quella che ha fatto parlare di tabUi e l’ha portata, in meno di tre anni, a essere riconosciuta nella categoria viaggi. Prendere lo smartphone e inquadrare un paesaggio è un gesto che facciamo di continuo. Noi l’abbiamo trasformato in un valore aggiunto, inserendo sull’immagine i contenuti geolocalizzati. Che cosa sono i Comuni tabUiati? In generale mappiamo tutti i territori, ma quando con l’ente locale si stringe un protocollo d’intesa quel luogo diventa un comune tabUiato, in cui ven-

ioProglio
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Giorg
©

gono aggiornati costantemente eventi e punti di interesse. Oggi sono circa 200 e in alcuni posti c’è addirittura un cartello che lo segnala. È un’operazione di marketing, che serve a farci conoscere. Ma abbiamo anche uno Stato tabUiato. Tempo fa, mentre andavo a una fiera a Rimini, dal treno guardavo il Monte Titano e, inquadrandolo con tabUi, mi sono reso conto che le informazioni erano veramente poche. Così, mi sono messo in contatto con il ministro del Turismo della Repubblica di San Marino, abbiamo cominciato una collaborazione ed è nato il primo Stato tabUiato al mondo.

A proposito di estero: progetti futuri oltreconfine?

Non ci pensavo ancora ma, essendo la nostra una piattaforma libera, ci sono già dei contenuti per quasi tutte le capitali europee. Lisbona, tra tutte, è quella più mappata. Abbiamo dei punti di interesse a Miami, negli Usa, e a Doha, in Qatar, da molto prima che iniziassero i Mondiali di calcio. Il nostro progetto è sicuramente quello di andare all’estero in modo più strutturato, ma prima dobbiamo realizzare un lavoro ben fatto qua in Italia. La vera forza di tabUi è la community, da quante persone è composta? Abbiamo circa 150mila utenti, con un tasso di utilizzo molto importante che supera l’80%. Durante il weekend, TabUi è spesso nella top ten delle app più scaricate su Apple Store nella sua categoria e siamo già finiti per due volte subito dopo Google. Per quanto riguarda il team, chi contribuisce allo sviluppo di tabUi?

A oggi siamo in sei e continuiamo a crescere. Nel 2021 abbiamo venduto al mercato il 20% dell’azienda per raccogliere capitale. Sicuramente nel 2023 faremo un secondo round per portare la struttura ad almeno 15 persone, abbiamo bisogno di competenze soprattutto dal punto di vista della tecnologia e del marketing. TabUi è arrivata a un punto per cui è già molto stabile a livello tecnologico, ma dobbiamo continuare a fare ricerca e sviluppo. E poi ha bisogno di marketing per essere conosciuta sempre di più. Una cosa che ti ha sorpreso in questo viaggio con tabUi?

Fino a qualche mese fa non avrei mai

pensato di lavorare così tanto con la pubblica amministrazione. Stiamo incontrando tantissimi sindaci, soprattutto dei Comuni più piccoli, dove c’è davvero voglia di farsi conoscere e di attirare le persone nei propri territori. E poi, da italiano, non riesco a smet-

tere di stupirmi quando giro il Paese: è pazzesco e offre veramente tanto da vedere.

tabUi.app tabUiapp tabUi.app

20 L’ITALIA che fa IMPRESA

save the date GENNAIO 2023

VENEZIA FINO AL 10 APRILE

Lo splendido Palazzo Franchetti ospita centinaia di fotografie, oggetti d’arte e contributi video che hanno come protagonista un’icona del ‘900. La mostra, infatti, vuole rendere omaggio a una donna di grande talento, fotografa e reporter di guerra, ma anche modella e musa. L’americana Lee Miller è stata tutto questo e molto di più, grazie alle tante esperienze vissute durante un’esistenza ricca di passione. Il racconto espositivo parte dagli anni ‘20 del secolo scorso, quando incontra l’editore Condé Nast che la immortala sulle pagine di Vogue, e passa per gli anni parigini in cui viene ritratta dal celebre fotografo di moda George Hoyningen-Huene. Ma il focus della rassegna è incentrato sul rapporto professionale e d’amore tra Miller e Man Ray, vissuto nel clima eccezionale di un’avanguardia artistica che comprendeva nomi come Max Ernst, Pablo Picasso, Salvador Dalí e Jean Cocteau. Quest’ultimo la scelse nel ruolo di una moderna dea d’ispirazione classica per il film Le sang d’un poète (1930).

La mostra continua a narrare la genialità di Lee anche dopo il suo trasferimento a Londra, dove lavora come fotografa per la versione inglese di Vogue. Ma anche di quando, cambiando totalmente registro e interessi, diventa fotoreporter della Seconda guerra mondiale. Ecco, quindi, gli scatti che immortalano la liberazione di Parigi o le atrocità dei campi di concentra-

HAZE. CONTEMPORARY ART FROM SOUTH ASIA  MILANO FINO AL 5 MARZO

Diradare la foschia – haze, in inglese – per mettere a fuoco tematiche poco note sul subcontinente indiano. Questo è lo scopo della mostra che inaugura il nuovo spazio espositivo della fondazione Elpis, ospitando artisti come l’indiano Kedar Dhondu, il bangladese Joydeb Roaja e la pakistana Bani Abidi. Ognuno di questi artisti getta luce su un tema complesso e raramente approfondito negli spazi artistici occidentali: dalla pratica del “furto di terra”, diffusa in India a causa della mancanza di una legislazione specifica, alla tribù indigena matriarcale che, al confine tra Birmania e Bangladesh, lotta per veder riconosciuta la propria indipendenza. Fino al sogno americano che a Karachi, in Pakistan, sopravvive tra illusioni e storpiature. fondazioneelpis.org

Portrait of Space (1937)

mento. È del 1945 l’indimenticabile immagine nella vasca da bagno del Führer a Monaco di Baviera, dove appare immersa Miller, come a lavare idealmente tutto lo sporco di Dachau. leemillermanray.it

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AGENDA
a cura di Angela Alexandra D’Orso - a.dorso@fsitaliane.it - Irene Marrapodi - i.marrapodi@fsitaliane.it - Francesca Ventre - f.ventre@fsitaliane.it LEE MILLER MAN RAY. FASHION LOVE WAR di Lee Miller, Al Bulwayeb, Egitto © Lee Miller Archives England 2022 Trying Matter (2018) di Kedar Dhondu Courtesy l’artista Sconti Trenitalia

MNEMOSYNE. IL TEATRO DELLA MEMORIA  PAVIA FINO AL 26 MARZO

Il termine tedesco wunderkammer veniva usato, tra il XVI e il XVIII secolo, per indicare gli ambienti in cui i collezionisti conservavano gli oggetti ritenuti straordinari. Come sarebbe stato uno di questi studioli se fosse arrivato fino ai giorni nostri? Quali beni vi avrebbero trovato spazio? L’esposizione, a cura di Paolo Linetti, vuole dare una risposta a tali domande e mostrare la storia del collezionismo dalle sue origini all’epoca contemporanea. Una grande camera delle meraviglie, allestita nel Castello Visconteo, ospita opere dell’umano ingegno e oggetti naturali. Nel rispetto dello spirito originale di questi magici luoghi: raccontare l’evoluzione del mondo e i suoi nuovi confini. museicivici.comune.pv.it

BOLDINI E IL MITO DELLA BELLE ÈPOQUE

ASTI FINO

AL

10 APRILE Negli spazi di Palazzo Mazzetti, oltre 80 opere di Giovanni Boldini raccontano il fascino della Belle Èpoque, con le sue inconfondibili atmosfere rarefatte di fine ‘800 e inizi ‘900. La mostra, curata da Tiziano Panconi, ricostruisce la carriera dell’artista attraverso i ritratti delle nobildonne che furono sue modelle. Un percorso cronologico e tematico da cui emerge la maestria con cui Boldini seppe catturare l’anima delle sue muse. Pennellate impetuose rimodellano in senso dinamico i soggetti, mentre una tavolozza ricca di colori restituisce l’espressività corporea tipica dei suoi quadri. Una retrospettiva che omaggia l’estro del ferrarese, pittore eclettico e versatile, impossibile da inserire in una corrente artistica definita. museidiasti.com

BOLOGNA 3>5 FEBBRAIO

L’edizione numero 46 della principale fiera italiana dedicata all’arte moderna e contemporanea ritorna nella sua sede storica, a pochi passi da piazza della Costituzione. All’ingresso un megaschermo ospita la Led Wall Commission, con proiezioni d’artista del video maker Yuri Ancarani, e la Main section spazia dall’arte post-bellica al contemporaneo di ricerca. Da sperimentare il format Percorso, un itinerario che collega alcuni stand secondo un criterio tematico. La fiera rilancia anche la partnership con Art City: main project è Seeking Blue Gold, l’installazione site-specific dedicata all’acqua di Lucy+Jorge Orta, promossa da Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, fino al 12 febbraio all’Oratorio San Filippo Neri. artefiera.it

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Uno degli allestimenti creati per la mostra © Alberto Montaldi Studio Nerò Busto di giovane sdraiata (1912 circa) di Giovanni Boldini © Ca’ la Ghironda ModernArtMuseum, Bologna Miss pig (2022) di Shafei Xia Courtesy l'artista e P420 © Carlo Favero

SECOND LIFE: TUTTO TORNA FIRENZE 14 GENNAIO>13 FEBBRAIO

Dopo una prima tappa a Prato, la mostra itinerante si propone di portare anche nel capoluogo toscano le 30 opere dei giovani artisti che hanno partecipato al concorso Second life, dedicato ad arte e sostenibilità. Tutti gli autori riflettono sul rapporto tra uomo e ambiente, con la serie di fotografie su carta Ordinare senza spostare Caterina Dondi, vincitrice del primo premio, ragiona sul concetto di degrado, mentre Edoardo Sessa con la performance Homologation, che ha ricevuto una menzione speciale, analizza la ricerca della perfezione. Dopo l’allestimento nel Cortile di Michelozzo all’interno di Palazzo Vecchio, le opere gireranno il centro Italia, tra Toscana e Lazio. secondlifecontest.it

INVITO DI SOSTA

AREZZO FINO AL 1° APRILE

La danza contemporanea come mezzo per condividere conoscenza, riflettere su tematiche sociali e dialogare con il pubblico. Nei teatri Petrarca e Mecenate della cittadina toscana, la rassegna Invito di Sosta, giunta alla 15esima edizione, accompagna i cittadini alla scoperta del linguaggio poetico dei corpi in movimento. Dalla messa in scena di Zoé, il 15 gennaio, in cui la nudità diventa affermazione di esistenza, a Ima, del quintetto omonimo, che il 31 marzo rifletterà sul momento presente e sul continuo divenire, passando per Closing party del duo Wooshing Machine che ragiona sugli ultimi sussulti delle grandi utopie della storia. Oltre agli spettacoli, l’iniziativa dell’associazione Sosta Palmizi prevede incontri con gli artisti, masterclass gratuite e approfondimenti per le scuole. sostapalmizi.it

SUPERMAGIC INCANTESIMI

ROMA 2>12 FEBBRAIO

La capitale si veste di incanto. Il palcoscenico del Teatro Brancaccio si prepara a ospitare la 19esima edizione del festival internazionale di magia, riconosciuto tra i più importanti del settore dalla Fédération Internationale des Sociétés Magiques. Illusionisti e prestigiatori, trasformisti e mentalisti, per un totale di oltre 20 artisti provenienti da tutto il mondo, si alternano in spettacoli che sovvertono la realtà conosciuta creando – per qualche ora – nuove dimensioni. All’abilità degli appassionati di arti magiche si uniscono suggestive scenografie, effetti speciali e musiche originali che affascinano non solo i bambini ma anche gli adulti. E fanno da sfondo a una serata sospesa tra logica e fantasia. supermagic.it

L’artista Ding Yang si esibisce in uno spettacolo di magia

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Lo spettacolo Closing party del duo Wooshing Machine Un frame di Homologation di Edoardo Sessa © Stéphane Broc
AGENDA

AFTERIMAGE

L’AQUILA FINO AL 19 FEBBRAIO Permanenza e transitorietà appartengono alla vita di ogni corpo, animato o inanimato. A partire da questa riflessione la mostra allestita al MAXXI L’Aquila indaga il tema della memoria e della metamorfosi attraverso pitture, fotografie, sculture e installazioni site-specific. Le opere, prodotte da 26 artisti internazionali di diverse generazioni e ambiti, compongono un percorso fluido, un poema visivo che invita il visitatore a stabilire associazioni intuitive e spontanee. Nuove commissioni e importanti prestiti dialogano tra loro e con la città, simbolo di equilibrio tra memoria del passato e impulso alla trasformazione. maxxilaquila.art

SUDESTIVAL

MONOPOLI FINO AL 17 MARZO

“Il festival lungo un inverno” è il sottotitolo della rassegna cinematografica che da oltre 20 anni, nei fine settimana, accompagna i cittadini pugliesi verso la primavera, coinvolgendo adulti e ragazzi nella scoperta di eterni classici del grande schermo italiano e di nuove sperimentazioni. Tra masterclass, incontri, proiezioni e un concorso che prevede la giuria di mille studenti, il cinema ritrova la sua funzione educativa, accompagnando i più giovani nella formazione e fornendo loro gli strumenti per poter essere parte attiva nello scenario culturale della Penisola. Tra gli ospiti presenti in questa edizione il regista Marco Tullio Giordana, in occasione dei 20 anni dall’uscita del suo cult La meglio gioventù sudestival.org

LA PENISOLA SORRENTINA: TERRA PER INNAMORARSI SORRENTO FINO AL 29 GENNAIO

Lo splendido territorio che affaccia sul golfo di Napoli si racconta attraverso 12 foto, una per ogni mese dell’anno, selezionate per la quarta edizione del contest ed esposte a Villa Fiorentino. Le immagini della mostra sono frutto del progetto creativo di About Sorrento, nato dalla caparbietà di un gruppo di giovani che hanno deciso di raccontare la loro terra, grazie al contributo del Comune e al patrocinio della Regione Campania. Tra gli scatti di panorami romantici e mozzafiato ecco l’inquadratura scelta per gennaio, un tramonto a Massa Lubrense, oppure l’immagine di dicembre, un notturno a Marina di Cassano, frazione di Piano di Sorrento. Visitabile fino alla stessa data, in omaggio a Procida, la mostra di Monica Memoli Non è come sembra, che trasporta i visitatori lontano dal tempo e dallo spazio. aboutsorrento.com

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Una sala della mostra con al centro Asian Boy di He Xiangyu Courtesy Fondazione MAXXI © Andrea Rossetti Massa Lubrense, Tra mito e storia di Giuseppe Aversa © Giuseppe Aversa Una delle sale durante la kermesse © Life in frame

ALL’ICONICO HOTEL HASSLER LA GEMMA GASTRONOMICA IMÀGO

Icona internazionale dell’ospitalità, incastonata come una gemma a Trinità dei Monti, l’hotel Hassler domina il panorama più

monumenti diventano il palcoscenico di Imàgo, un luogo dove vivere emozioni gastronomiche che lasciano tracce di godimento in ognuno dei cinque sensi.

Lo chef Andrea Antonini declina il suo talento con una cucina intrigante, che esprime e cavalca passione e creatività, fino alla sublimazione di abbinamenti apparentemente semplici capaci di regalare sapori di rara potenza gastronomica come alici e puntarelle o carciofo e animelle. Antonini è romano ed esprime l’amore per la sua città, elaborandone la cultura alimentare, con piatti che sintetizzano, concentrano o dilatano e rincorrono sapori atavici. Come l’eccellente Faraona alla diavola e l’iconico Calamaro alla milanese, inno alla tecnica con il mollusco tagliato a chicchi e cotto come un riso.

La sala è meravigliosamente guidata da Marco Amato, maître di raffinata professionalità. La cantina è nelle mani di Alessio Bricoli, la cui passione per i vini riunisce preparazione, studi e un’innata gentilezza. Imàgo è una grande table dove ogni dettaglio, dal carrello dei formaggi a quello dei dolci, è studiato per coccolare l’ospite.

«Non guardiamo mai al passato perché ci distrae dal presente e il nostro obiettivo è il futuro», diceva Roberto Wirth, fondatore dell’Hassler. Oggi lui non c’è più, ma i suoi figli gemelli Roberto Jr. e Veruschka hanno la medesima energia professionale e la dolce carica umana. hotelhasslerroma.com

ANTICA FRATTA: ELEGANTE ESSENZA DI FRANCIACORTA

Le prime tracce della cantina nel rione Fratta di Monticelli Brusati, in provincia di Brescia, nel cuore della denominazione Franciacorta, si hanno a metà dell’800 quando era proprietà di Luigi Rossetti, ricco commerciante della zona. Trascorso poco più di un secolo, Franco Ziliani, enologo che inventò il metodo classico Franciacorta e patron della Guido Berlucchi, affascinato dalle cantine scavate nella roccia e dalla villa storica, acquista la tenuta Antica Fratta.

«Qualità, cura e precisione lungo tutto l’anno per ottenere l’eccellenza della Franciacorta. Tutto il nostro team lavora con questo obiettivo», sottolinea Andrea Assanelli, nipote di Ziliani. Oggi Antica Fratta conta 35 ettari di vigneti che vengono vendemmiati singolarmente e rigorosamente a mano per produrre vini che esprimono l’unione tra l’antico sapere tramandato e le innovazioni tecnologiche.

Eleganza e stile, lunghezza e freschezza, profumi incantevoli, sensazioni di pienezza con bollicine fini e intense. Cuvée Real è un Franciacorta Brut, 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero, che offre piena freschezza e vivace tensione. Al naso profumi eleganti e ben declinati precedono un sorso deciso e in bell’equilibrio di acidità.

Essence Rosé Millesimato 2018 arriva invece al naso con profumi di tenue sottobosco e composta di frutta. Con 42 mesi di affinamento sui lieviti, giunge al palato fragrante ed equilibrato, con lunga persistenza. Infine, Quintessence Riserva 2015 Extra Brut è un Franciacorta “fatto per pensare”, che evolve nel calice, emozionando a ogni sorso. Esplosione di fragranza e sfumature aromatiche. anticafratta.com

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di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019 Chef Andrea Antonini Nella cantina Antica Fratta suggestivo di Roma. Al sesto piano, cupole e

CANTINA ORSOGNA: VINI CHE INTERPRETANO TERRITORIO E BIODIVERSITÀ

Cantina Orsogna, vicino Chieti, nasce nel 1964 con 35 soci, diventati oggi 500, da sempre pionieri del biologico e del biodinamico nella convinzione che le condizioni del terreno e delle pratiche agricole siano essenziali per produrre alta qualità. Una cantina sociale custode della biodiversità, delle differenti identità e del sapere dei vignaioli, spesso interpreti dei valori delle aziende familiari che lavorano manualmente i propri vigneti. Oltre a essere 100% bio, Orsogna è anche la più grande azienda vinicola biodinamica (43%) certificata Demeter al mondo, con controlli lungo tutto l’anno e su tutta la filiera. Emblema di questo lavoro metodico e appassionato sono i vini ancestrali della linea Lunaria, a fermentazione spontanea, senza solfiti aggiunti, non filtrati, con fondo di fermentazione. Vini che interpretano con grande carattere il territorio, restituendo nel calice profumi e intensità unite a eleganza e perfetti equilibri sapidi. Come il Pecorino Spumante ancestrale dalle note fruttate e agrumate, un’affascinante freschezza e un finale di bella sapidità. O il Primitivo Igp Terre di Chieti che la cantina ha l’intuizione di introdurre per prima in provincia, creando un vino dai sentori di frutta del bosco, con un sorso di intrigante matrice tannica e lungo finale che richiama i sentori olfattivi. Nei vigneti pascolano, come da antica tradizione, greggi di pecore che trasformano l’erba in concime e promuovono la vitalità microbiologica e la fertilità del terreno. Per questo, a legare il tappo delle bottiglie e decorare le etichette c’è un filo di lana apposto manualmente. orsognacantina.it

EL PORTENO GOURMET PORTA A ROMA ELEGANZA E PASSIONE

Un viaggio affascinante nella cultura gastronomica argentina con sapori che, chiudendo gli occhi, portano davvero oltreoceano. El Porteno sceglie gli eleganti spazi di Umiltà 36, storico palazzo capitolino, trasformato in boutique hotel di lusso dal gruppo Shedir Collection, per proporre un menù che evoca le atmosfere dei locali di Buenos Aires. A partire dalla cucina a vista, che consente di mostrare il rito della parrilla, ovvero della carne cotta lentamente e rigorosamente alla brace. Sono diversi i tagli disponibili per gli appassionati: dall’asado (costine di vitello) al tenerissimo vacio (in italiano bavetta) al controfiletto bife de chorizo. Da El Porteno c’è anche una ghiotta scelta di tartare, come la Especial con filetto di fassona, uova di quaglia, tartufo nero e spezie. Tra i primi, è da provare il Riso mantecato con animelle, tra i secondi il Salmone di Patagonia battuto al coltello con guacamole, salsa yuzu e verdure di stagione. Non mancano variazioni vegetariane, tra cui le Empanadas di verdure. Carta dei vini con un focus sui vitigni argentini come Malbec e Torrontés e una selezione italiana e internazionale molto interessante. Servizio preciso, raffinato e sorridente. Il nuovo El Porteno Gourmet, firmato dalla Dorrego Company di Fabio Acampora e dei fratelli argentini Alejandro e Sebastian Bernardez, è partito a ritmo di tango con il piede giusto. elporteno.it

Una delle sale del ristorante El Porteno Gourmet, Roma

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Vini ancestrali Lunaria di Cantina Orsogna, Chieti
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WHAT’S UP
© Assunta Servello

UN FANTASMA PER AMICO

L’ATTORE LINO GUANCIALE TORNA SU RAI2 CON LA PORTA ROSSA, FICTION DI SUCCESSO IN CUI INTERPRETA UN COMMISSARIO DI POLIZIA PASSATO A MIGLIOR VITA di Gaspare Baglio gasparebaglio

Riprende dall’11 gennaio, su Rai2, la terza stagione della fiction noir (targata Garbo Produzioni) La porta rossa. Tutto ruota attorno alle vicende di Leonardo Cagliostro, commissario di polizia di Trieste, passato a miglior vita ma rimasto tra i vivi per svelare i misteri che gravitano intorno alla sua famiglia. A vestire i panni del fantasma, ancora una volta, troviamo Lino Guanciale, volto simbolo di molti serial della tv pubblica. Quali sono le novità di questa stagione?

Innanzitutto per i personaggi è passato lo stesso tempo trascorso per i telespettatori: li ritroviamo tutti a tre anni di distanza. Un periodo abbastanza lungo da rivoluzionare le vite dei protagonisti storici.

Ma che succede a Cagliostro?

Ha patito più di tutti la stasi forzata, prigioniero della nostra realtà e con l’obbligo di non interferire con le vite della moglie Anna e della figlia. È stato solo uno spettatore. In più non ha

più visto Vanessa, la medium che gli ha impedito di varcare la porta rossa. Insomma, un fantasma sull’orlo di una crisi di nervi.

E poi?

Succedono cose che lo costringono a tornare in campo.

Quali difficoltà hai incontrato nel vestire i panni di un ectoplasma?

Più che altro problemi di ordine pratico. È un lavoro opposto rispetto a quello che di solito fa un attore. Cagliostro non può toccare né essere toccato, a meno che non interagisca con i poteri affinati nel tempo. A questo si aggiunge il fatto che deve sempre trasmettere una condizione di stordimento.

In cosa ti senti simile a Cagliostro?

Nel caratteraccio, anche se sono molto più educato. E nascondo meglio determinati difetti come la testardaggine e l’essere eccessivamente orgoglioso.

Con l’età ho smussato gli angoli. Da metà febbraio, su Rai1, torni anche con la serie Il commissario Ricciardi.

Sì, e questa volta diventa lui stesso una porta per le persone che non ci sono più a causa di un atto violento. Buoni propositi per il 2023?

Staccare per un po’ dal set. Starò in famiglia per non perdermi quel momento magico rappresentato dal crescere un bambino piccolo. Ma farò teatro con gli spettacoli già allestiti: Europeana. Breve storia del XX secolo L’uomo più crudele del mondo insieme a Francesco Montanari, e Non svegliate lo spettatore, il recital su Ennio Flaiano. Se ti dico treno cosa rispondi? La mente mi riporta a uno dei primi provini importanti, quello con Claudio Longhi, direttore del Piccolo Teatro di Milano. Non ho sentito la sveglia e ho perso il treno. Ho preso quello successivo: ancora ricordo quel viaggio confortevole, ma vissuto con tanta ansia. Però, alla fine, è andata bene: mi hanno preso.

lino_guanciale_official

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NON SOLO POSAMAN

UNA SERIE TV, UN FILM E UNO SPETTACOLO A TEATRO. LILLO SCALDA I MOTORI PER UN 2023 A TUTTO DIVERTIMENTO

Il nuovo anno di Lillo, artisticamente parlando, prende il via dal 5 gennaio con il serial Sono Lillo, su Prime Video, di cui è anche autore. Ma le novità per il comico romano, che ha pubblicato anche un libro, sono tante e vanno da un nuovo film al teatro. Che succederà nella serie? A dispetto del titolo autoreferenziale, è un omaggio alla commedia. Racconta un altro me, con una vita meno propizia di quella reale: il suo unico personaggio di successo è stato Posaman e ha una carriera che arranca. È un modo per raccontare i problemi che bisogna affrontare per farsi strada nell’ambiente.

Quali sono state le tue difficoltà per emergere? Io sono stato fortunato. Con Greg abbiamo formato la band Latte e i suoi derivati che ha avuto un grande seguito a Roma e, da lì, tutto è andato molto bene. Nella realtà, non è una carriera facile quella degli attori: gli amici mi raccontano le problematiche dei provini, gli ostacoli per raggiungere la visibilità. Quest’anno, sempre su Prime Video, arriva anche la pellicola Mai dire kung fu - Grosso guaio all’Esquilino. Di cosa parla?

Racconta la storia di Martino, un perdente che da giovane ha fatto un B-movie sul kung fu con cui cerca ancora di svoltare. Dovrà aiutare un ragazzino a diventare un bravo lottatore di arti marziali. Ha il sapore di Karate Kid ed è tutto ambientato a piazza Vittorio. Un film multietnico, ma a Roma.

Dopo che farai?

Dal 19 aprile, con Greg, riporto al Teatro Olimpico di Roma Il mistero dell’assassino misterioso, una commedia a tinte gialle che ci ha dato grandi soddisfazioni.

Sei anche in libreria con Posaman & friends

Ho ceduto alle richieste dell’editore Rizzoli. In realtà mi domandavo che libro potessi fare, visto che Posaman ha solo sei pose. Allora mi sono divertito a creare un microcosmo di supereroi,

come Capitan Sutri, che vive le sue avventure nel frusinate. Tra i cattivi troviamo Spoiler, villain che entra nelle case e racconta il finale delle serie tv.

Ti aspettavi questo boom dopo LOL - Chi ride è fuori? È diventato subito uno show estremamente popolare, mi ricordo che successe pure con Quelli della notte di Renzo Arbore. La forza di LOL è l’originalità. Mi aspettavo venisse fuori qualcosa di carino, perché avevo respirato freschezza durante le registrazioni, ma non che diventasse un cult. Il tuo viaggio del cuore?

Quando sono andato in Malawi con Rai Radio2 e abbiamo tirato su una radio dal niente, facendo un corso ai ragazzi di un villaggio per farli diventare dj, speaker e giornalisti. Umanamente me lo porto dentro.

Una curiosità: con chi vorrebbe fare coppia Posaman? Con Spider-Man, perché è più forte. Ma lui fa pose poco estetiche, troppo contorte. Da questo punto di vista Posaman lo batte alla grande, non c’è proprio storia.

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di Gaspare Baglio gasparebaglio
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FEDELE A

ME STESSA

A 20 ANNI, LA CANTAUTRICE INDIE ARIETE PARTECIPA AL FESTIVAL DI SANREMO CON UN BRANO CHE LA RAPPRESENTA AL 100%

Bedroom pop. Così è stato definito il suo stile musicale, visto che il primo EP l’ha pubblicato durante la quarantena, registrandolo in cameretta con le cuffiette dell’iPhone.

Ariete, al secolo Arianna Del Giaccio, è una delle cantautrici indie più interessanti del momento grazie a singoli come Club, L e Castelli di lenzuola. E con i suoi 20 anni abbassa notevolmente l’età media dei big in gara al 73esimo Festival della canzone italiana di Sanremo, dal 7 all’11 febbraio su Rai1.

Con che spirito affronti la tua prima volta sul palco dell’Ariston?

Cercando di essere me stessa, ma prendendolo seriamente: è una grande opportunità.

Che iter hai dovuto seguire per essere selezionata?

Mi sentivo pronta: ho mandato un solo pezzo e ad Amadeus è piaciuto. La conferma, però, l’ho avuta

come tutti solo dopo l’annuncio ufficiale, che non ho seguito perché stavo ad Amsterdam. E questa cosa mi fa molto ridere.

Come sarà Mare di guai , il brano che porti in gara?

Un pezzo che mi rappresenta al 100%. Non amo definirla una ballad, è tante cose contemporaneamente, ma di più, davvero, non posso sbilanciarmi.

Vuoi lanciare un messaggio da quel palco?

Non vado all’Ariston per essere paladina di qualcosa. Il mio obiettivo è vivere come decido io. Vorrei far passare l’idea che una canzone d’amore o un look non definiscono la mia femminilità. Canto e mi vesto come voglio.

Quindi non ti senti una rappresentante della Generazione Z?

Ho 20 anni e scrivo quello che vivono molti coetanei. Se qualcuno si rivede nelle mie canzoni sono ono -

rata, ma non è il primo pensiero che ho in mente quando creo. Siamo tutti diversi, non voglio addossarmi il ruolo di portavoce.

Buoni propositi per il 2023? Un disco di inediti, tante sfide e un tour più importante, ma prima qualche viaggio. A questo proposito, cosa rappresenta il viaggio per te?

Esperienza, ricordi e tutto quello che mi serve per scrivere una canzone. Il Paese che mi ha più segnato è stato il Brasile: ho vissuto per quattro mesi a Blumenau, nello Stato di Santa Catarina, per uno scambio culturale.

Parafrasiamo il titolo del tuo primo album: nello Specchio chi vedi?

Una ragazza felice e soddisfatta del sogno che sta realizzando, con la famiglia e le persone che ama al suo fianco.

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di Gaspare Baglio gasparebaglio
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© Mattia Guolo

IL RAGAZZO

DEI RECORD

TANANAI TORNA A SANREMO DOPO UN ANNO DI SUCCESSI E LANCIA UN MONITO: MAI AVERE PAURA DI INSISTERE

di Gaspare Baglio gasparebaglio

Quest’anno sarò squalificato. L’unica cosa in più che posso fare è quella». Tananai scherza sulla prossima partecipazione al Festival di Sanremo. Effettivamente l’anno scorso, con il brano Sesso occasionale, si è piazzato sul gradino più basso della classifica. Ma la forza della canzone e l’autoironia sui social lo hanno trasformato in un fenomeno: ha avuto un boom con la summer hit La dolce vita (insieme a Fedez e a Mara Sattei), l’album Rave, Eclissi è un successo e il singolo Baby Goddamn è stato certificato tre volte come disco di platino. Infine, il tour che parte a maggio ha già segnato due sold out, a Roma e a Milano, con tanto di cambio venue (più capienti), rispettivamente al Palazzo dello Sport capitolino e al Mediolanum Forum meneghino. Come si dice? Beati gli ultimi che saranno i primi.

Cosa dobbiamo aspettarci da Tango, che porti all’Ariston?

Vorrei che fosse una sorpresa. Sarò più consapevole, anche se quel palco resetta tutto e me la farò sotto. Per fortuna quest’anno ho suonato tanto,

comprendendo i miei punti deboli e di forza. Partecipo determinato, con l’idea di fare bene.

Dopo l’ultima posizione dello scorso anno immaginavi un tale successo?

No, pensavo di dovermi trovare un altro lavoro. Credevo di essermi dato la zappa sui piedi, che l’Italia non fosse d’accordo con la mia idea di musica. E invece…

Quanto hanno contato i social per il successo post kermesse?

Ho sempre mostrato quello che sono. Chiaramente, i social funzionano da amplificatore e hanno dato il via a tutto quello che è successo. Il rapporto con chi mi segue è identico a quello che ho con i miei amici, la mia ragazza e la mia famiglia. Il focus resta, comunque, la musica.

Il brano Quelli come noi è un inno generazionale. Cosa pensi dei tuoi coetanei?

Sono molto fiducioso: c’è una coscienza sociale più delineata e una predisposizione a combattere battaglie giuste per uno sviluppo coscienzioso, come quelle sull’identità della persona, l’ecologia, l’inclusione, la sessualità. Sono un fan del movimen-

to e questa generazione si muove. Anche prendere il treno è movimento…

Ne ho presi parecchi quest’anno. Viaggiare per me significa andare a suonare ai concerti, è l’attesa prima del piacere finale.

Un viaggio importante?

A Roma, per le audizioni di Sanremo Giovani: mi ha cambiato la vita nel concreto. E poi in Marocco, ad Agadir, dove sono diventato amico di un ragazzo del posto che mi ha portato in giro con lui: ho conosciuto la sua famiglia, i suoi amici, giocavamo a calcio davanti all’oceano, prendevamo pullman strapieni, sentivamo il muezzin che richiamava alla preghiera. Ho vissuto per la prima volta una cultura nuova dall’interno e quell’esperienza mi ha aperto un mondo.

Di quale messaggio vorresti farti portavoce?

Se si crede in qualcosa non si deve aver paura di insistere né di essere sconfitti. Bisogna sempre rimettersi in gioco.

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UN TRENO DI LIBRI

MALE A EST

NEL ROMANZO D’ESORDIO DI ANDREEA SIMIONEL, IL RACCONTO IN PRIMA PERSONA DI UNA RAGAZZA CHE DALLA ROMANIA SI TRASFERISCE A TORINO DAL PADRE

La forma della Romania è simile a quella di un pesce. I confini dell’Italia, invece, disegnano uno stivale. Male a est , l’esordio di Andreea Simionel, è un romanzo suddiviso in due parti: Pesce e Stivale, appunto. Racconta in prima persona l’infanzia e l’inizio dell’adolescenza di Andreea Pavăl, una ragazza che da una città rumena, segnata sulla cartina geografica «con uno stampatello tra il grande e il piccolo», si trasferisce insieme alla madre e alla sorella a Torino, dove vive e lavora il padre. La realtà in cui Andreea compie dieci anni è affollata di persone e oggetti, Dio e scaramanzia, voci e dispositivi elettronici. Ma al centro dell’attenzione della narratrice, spesso finiscono per esserci gli assenti: chi muore, oppure chi, come suo padre, abita altrove. La prima parte del romanzo procede tra cene a base di purè o borş, le zuppe rumene, avventure della protagonista con le compagne di scuola, e l’arrivo in famiglia di un cane che madre e figlie comprano con i soldi ricevuti dall’Italia.

Di pagina in pagina, violenza e umorismo si mescolano in modo sorprendente. Giocattoli maneggiati con tenero sadismo, maestre che parlano con «le labbra che inciampano» e bambine cattoliche chiuse

dentro ai divani durante le feste di compleanno. «Sai che differenza c’è tra un cattolico e un ortodosso?», fa Andreea alla sorella, «gli ortodossi dormono sul letto. I cattolici sotto». Ogni scena sembra sul punto di diventare esilarante o tragica, o tutt’e due insieme. Poi le Pavăl compiono il viaggio dal Pesce allo Stivale. Se nell’incipit del romanzo Andreea raccontava della loro casa su strada della pace, dove più che la pace «c’è il cimitero», all’inizio della seconda parte dice: «Abitiamo su via Assisi, che fa rima con sorrisi». Comincia una storia diversa: quella di chi è costretto a inserirsi in un luogo che non gli appartiene. I palazzi di Torino, tutti con i tetti rossicci e le tende verdi, sono «psicopatici». La gente apre la bocca e la usa. La lingua italiana, in un primo momento, è ascoltata dalla protagonista attraverso la tv e i cartoni animati: Heidi, Le avventure di Piggley Winks , Anna dai capelli rossi ; in seguito, Andreea la impara a scuola, più giocando a Uno che partecipando alle lezioni. Le vicende vengono riportate con un disincanto spesso ironico. La scrittura di Simionel si concentra sui dettagli fisici e sui gesti dei personaggi, sui dialoghi (stampati in corsivo, nelle pagine di Stivale, quando chi si esprime lo fa in italiano) e sulla difficoltà della narratrice

nel trovare le parole. Il punto di vista e l’immaginario di una ragazzina sono ricreati con cura e precisione. Male a est è un libro ricco di invenzioni suggestive e di incubi, dei mostri e dei colori dell’infanzia, delle fantasmagorie che i più piccoli sanno fare proprie con gli occhi e con i pensieri.

37 Invito alla
Svevo, pp. 280 € 18
lettura Italo
di Michele Castelli [autore scelto da Molly Bloom*]

Addio paese

Per la gita di fine anno andiamo a casa di Eminescu. È tutto di Eminescu, in questa città. Le scuole, le strade, il parco, i quartieri, gli alberi e anche le panchine. Come compito per casa, c’è da fare il tema sulla gita. Anche il tema è di Eminescu. Mi siedo alla scrivania, mordicchio la punta della matita. Scrivo e cancello. Riscrivo. Fatto. Lo porto da leggere a mia madre. È in cucina e prepara il purè. Si pulisce le mani con uno straccio. Mentre legge, gira in cerchio. Di colpo scoppia a ridere. Me lo ridà. «Rifallo», dice. «Devi descrivere la gita, non la spazzatura. La casa, gli alberi, il bosco».

Torno nella stanza e mi risiedo alla scrivania. Lo rileggo ad alta voce.

[…]

Vomito di ninfea Andiamo a Ipotești. È molto famosa perché c’è la casa museo di Eminescu. Eminescu è morto. Che cosa ci andiamo a fare, se è morto? Entriamo nella sua piccola casa. È una casa popolare. È brutta. Mia zia ce l’ha più grossa, con più stanze. Il soffitto crolla, è storta davanti, dietro e di lato. La maestra ha detto che Eminescu ha scritto tutte le sue poesie seduto alla finestra. Ha detto di toccare la sua sedia. Io non l’ho toccata. Non ho capito se scriveva o guardava fuori dalla finestra. Non si possono fare tutte e due le cose insieme. Abbiamo visitato il resto della casa. Qui la stanza da letto di Eminescu. Qui il pero di Eminescu. Qui Eminescu ha vissuto. Qui ha mangiato, qui ha dormito, eccetera. Siamo andati a vedere il lago. Si chiama lago di Eminescu. Ci sono le ninfee verdi su cui lui ha scritto quella poesia. Non c’è niente da vedere. Acqua sporca e muschio verde. Sulle sponde bottiglie di birra vuote e lattine. La gente viene la domenica a fare la grigliata e poi lascia tutto lì.

La maestra ha chiesto: per alzata di mano, chi vuole dire la poesia di Eminescu? Adamache ha alzato la mano e ha chiesto se poteva andare in bagno, ma la maestra ha detto dopo. Ciubotaru ha alzato la mano e ha chiesto quando poteva mangiare, ma la maestra ha

detto dopo. Alla fine, ci ha fatto mettere in cerchio sul prato e ci siamo tenuti per mano e abbiamo detto la poesia. Nessuno voleva tenere la mano di Mariana, perché è zingara. A mezzogiorno ci siamo seduti in cima alla collina e abbiamo mangiato. Io avevo un panino con peperoni e șniţel, una banana e il succo. Solo che la spazzatura era in fondo alla collina e ho fatto avanti e indietro per buttare prima il fazzoletto e poi la banana e poi il succo e la maestra mi ha sgridato. Ha detto: non puoi buttare tutto in una volta?

Nel pomeriggio Mariana ha vomitato. Ionuţ e Cosmin le avevano fatto mangiare una ninfea. La maestra ci ha fatto mettere in fila per due e siamo tornati al pullman. Nessuno voleva stare in fila con lei perché era gialla e aveva vomitato. È capitata in coppia con me. Le ho stretto la mano ed era molle e viscida e mi è sembrato di stringere vomito di ninfea.

[…]

Il ragno

La sera prima dell’ultimo giorno di scuola mia madre dice: «Vai a fare il bagno».

«Non mi va», rispondo. «Perché no?».

«C’è il ragno». Alza la testa e mi guarda. È seduta sulla poltrona, le cartelle con i conti aperte sulle ginocchia. Sotto la luce del lampadario, la sua pelle bionda è stanca. Da quando ha detto che se ne va, le danno più lavoro.

Si passa le mani sulla faccia. «Basta con questa storia. Non c’è nessun ragno. Per favore, vai a lavarti».

Torna a mettere la testa tra i fogli. Vado in bagno. Scosto la tenda di plastica azzurra con i delfini. Apro il rubinetto e il getto sbatte contro le pareti blu della vasca. Quando l’acqua è calda, metto il tappo. Mi spoglio, i vestiti cadono in un mucchio attorno ai miei piedi. Mi siedo dentro la vasca, stringo le ginocchia al petto e appoggio il mento sulle brac-

UN TRENO DI LIBRI 38
© Sulugiuc/AdobeStock La casa di Eminescu a Ipotești in Romania

cia. Guardo su. Il ragno è lì, nell’angolo a destra, sul soffitto. Mi guarda dalle sue otto zampette sottili. Si vedono anche gli occhi e la bocca. È lì da qualche settimana. Non si muove mai. Aspetta solo di saltarmi in testa. […] Mi lascio scivolare all’indietro e immergo la testa nell’acqua, e i capelli mi galleggiano intorno. Il ragno è al centro del soffitto. È pronto per saltarmi in bocca. Da quando ha saputo che ce ne andiamo, la casa fa i ragni. Ragni grossi, con le zampe sottili. Fa anche la polvere, così tanta polvere che si forma un buco sopra il mobile e gli scaffali vengono giù uno dietro l’altro. Il soffitto si stacca, per solitudine, disprezzo e abbandono. Viene giù a croste. Il balcone cade sul balcone di sotto e tutti i balconi cadono l’uno sull’altro finché il palazzo non cade su sé stesso e viene risucchiato dentro la terra. E tutti i palazzi abbandonati sprofondano e scavano crateri. Il paese a forma di pesce è pieno di buchi, pieno dei proiettili che Ken ha sparato contro Barbie. La notte non dormo. Accanto a me, mia sorella russa a bocca aperta. Giro la testa. Sulla parete, la cartina con il paese a forma di pesce. La luce dei lampioni fuori dalla finestra mi fa attraversare i suoi confini. Le strade sono sottili vene rosse, i fiumi vene blu. Guardo il sangue cattivo e il sangue buono che pulsa. Il

sangue buono esce dal paese, sconfina nei paesi accanto. Il sangue cattivo resta dentro, gira su sé stesso in infiniti vicoli. Infilo gli occhi nelle vene e attraverso i ventricoli del paese da parte a parte. Sul Mar Nero mi fermo. Il mio paese è un piccolo pesce nel Mar Nero. Che cosa fa il pesce quand’è solo? Affoga. Il mio paese è un pesce morto. Addio paese. Buonanotte paese. […]

La vergogna

L’impiegata nel chiosco dei biglietti ci consegna un volantino a testa. Specie animali del Parco della collina di Superga, c’è scritto.

Montiamo sul trenino, che ha gli interni con le panchine di legno. Va a due all’ora, tre all’ora. Si arrampica sopra una parete di collina quasi verticale. Per parlare e superare il fracasso del trenino dobbiamo urlare. Ai lati delle rotaie, in mezzo al verde, ogni tanto spuntano delle sagome di cartone a forma di vari animali. Gli altri si sbracciano, mettono la testa fuori dal finestrino e le indicano. La maestra Edmonda è seduta davanti a me.

«Non ti senti bene?», mi chiede. «Sì».

«Non vuoi trovare gli animali?». Scuoto la testa. Resto in silenzio ad

ascoltare il rumore delle rotaie e le urla degli altri. Trovano tutti gli animali. Quando arriviamo in cima, davanti alla basilica di Superga, mancano solo il tasso e la faina. I maschi vogliono andare subito al monumento del Grande Torino. […] La maestra dice che lì si è schiantato un aereo su cui volava la squadra di calcio di Torino. Anche la Juve è di Torino, ma non sono la stessa cosa. Quelli si chiamano bianconeri, questi granata. Di quelli si dice Juve merda, di questi Toro merda. «Tu di che squadra sei?», mi chiede Karim.

Guardo i calciatori nella foto, con i pantaloncini chiari tirati fin sopra la pancia. Faccio il gioco che mi hanno insegnato per scegliere. Pari o dispari, ma anche Ambarabà Ciccì Coccò, tre civette sul comò. E poi non so come va avanti. «Toro», dico. «Tu?».

Karim è deluso. Non mi guarda. «Juve», risponde.

[…] Per tornare giù dal colle, ci accompagna di nuovo il trenino. Poi aspettiamo gli autobus della Gtt che ci riportano a scuola. Sul sessantotto mi siedo come sempre vicino al finestrino, nello spazio da quattro posti. Accanto a me c’è la maestra Edmonda. Davanti a me, Simone. Vicino a lui Karim, che ha rotto le scatole tutto il giorno e quando tornia-

39 Un assaggio di lettura
© bela_zamsha/AdobeStock

mo in classe si becca la nota. Appoggio i piedi sul bordo del sedile davanti e a Simone non dà fastidio.

L’autobus si riempie. La gente si spinge. Un signore finisce in piedi accanto a noi. Si appende con entrambe le mani alle maniglie nere in alto. Ha la pancia da birra e le ascelle hanno le linee di sudore. Ondeggia sulle punte dei piedi con lo sguardo torbido. Odora di mio padre la sera tardi in cucina con la luce spenta.

Guarda il bordo del sedile che ho di fronte, poi guarda me.

«Nu ţi-e rușine, măi?». Biascica, la lingua inciampa mentre si muove.

Karim e Simone smettono di parlare. Lo guardano, guardano me. Poi di nuovo.

«La mă-ta acasă așa faci?».

L’ubriaco ondeggia, ride. Seduto sotto la pancia del signore, Karim resta serio. Sull’autobus pieno nessuno parla o si muove.

«Nesimţito. Împuţita dracului. Nu ţi-e rușine deloc?».

Mi sta chiedendo se non mi vergogno a tenere i piedi sul sedile, se è così che

mi ha educato quella troia di mia madre.

La mano della maestra Edmonda mi tocca un braccio. «Tutto a posto?». Annuisco.

«Vuoi che ci spostiamo?». Scuoto la testa.

«Capisci quello che ti sta dicendo?». Faccio di no con la testa. Guardo fuori dal finestrino.

[…]

«Se tocco legno»

La signora bionda siede dietro la cattedra. Apre il registro e gioca con una penna, la fa scattare. Accavalla le gambe.

«Mi chiamo Dalia Piedi», dice. «Sarò la vostra coordinatrice di classe e insegnante di italiano, geografia e storia. Spero di non dover assistere mai più a una scena del genere. La prima cosa che farò sarà cambiarvi di posto».

Nella classe nuova nessuno fiata. C’è silenzio. Fa caldo. Le finestre impolverate sono serrate. La Piedi guarda il registro, sospira.

«Allora. Prima di iniziare, farei un giro

di presentazioni, per conoscerci un po’ meglio. Mi dite qualcosa su di voi? Vediamo se riesco a memorizzare un po’ di nomi».

Blocco le mani sotto le cosce, schiaccio il sudore dei palmi contro il legno. Se tocco legno, non mi succede niente. Se tocco legno, facciamo lezione e non ci dobbiamo presentare.

Simone mi guarda. Aggrotta la fronte e muove la testa da destra a sinistra, si fa punto interrogativo.

Fermo il tremito delle ginocchia. «Allora», dice la Piedi. «Iniziamo qui davanti?».

Mi premo l’indice sul petto.

«Sì, tu», sorride. «Alzati pure in piedi, rivolgiti ai tuoi compagni».

Mi alzo lentamente, faccio strisciare la sedia. Con la punta delle dita sfioro il legno del banco. Se tocco legno, non mi succede niente. Mando giù un grumo di saliva. Guardo l’orologio alla parete sopra la lavagna.

«Avanti», dice la Piedi. «Coraggio. Chi sei? Come ti chiami?».

Apro la bocca e cerco le parole. […]

ACCADEMIA MOLLY BLOOM*

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Un assaggio di lettura
TRENO
UN
DI LIBRI
La nostra rubrica Un treno di libri è a cura di Molly Bloom, l’accademia fondata a Roma da Leonardo Colombati ed Emanuele Trevi, che riunisce alcuni dei migliori scrittori, registi, sceneggiatori, musicisti e giornalisti del Paese. Con un unico fine: insegnare la scrittura creativa per applicarla ai campi della letteratura, della musica, dello spettacolo, dei media e del business.  mollybloom.it © Alex Shirmanov/AdobeStock La tranvia Sassi–Superga che arriva alla collina di Superga (Torino)

FEMMINA Camille Laurens

La Nave di Teseo, pp. 208 € 19

Rouen, Francia. Laurence Barraqué nasce nel 1959. Il padre medico, dopo la prima figlia, sognava un maschio. La madre fa la casalinga e gioca a tennis. Laurence capisce ben presto che il ruolo di una ragazza nella società è diverso e inferiore rispetto a quello di un ragazzo. E quando diventa madre si trova a fare i conti con il ruolo di genitore, con la difficoltà di scegliere le lezioni da tramandare o evitare. Un libro potente e toccante sui grandi cambiamenti della società francese negli ultimi decenni.

VENTUNO. LE DONNE CHE FECERO LA COSTITUZIONE

A ngela Iantosca e Romano Cappelletto Paoline, pp. 200 € 14

Le storie, la formazione e l’impegno delle 21 donne che fecero parte dell’Assemblea costituente. E che in questo libro, adatto anche per studenti e studentesse, parlano in prima persona ricordando le tante battaglie combattute e da combattere ancora. Pagine emozionanti piene di libertà, giustizia sociale, democrazia, antifascismo, valori per cui le protagoniste si sono battute e alla base di un mondo nuovo da costruire.

IL TRENO NON SI FERMÒ A KIEV

Tito Barbini

Betti Editrice, pp. 344 € 15

L’autore è un viaggiatore incallito e un ricercatore curioso. A chi gli chiede l’obiettivo del suo incessante peregrinare risponde: «Ci sono piccole storie e luoghi che mi aspettano. Il mondo ne è pieno e non servono troppe domande e risposte. Le storie ferroviarie sono poi una passione inesauribile, una miniera da esplorare e da scavare». Un racconto di gente e stazioni incontrate nel viaggio in ferrovia più lungo del mondo. Dal Portogallo alla Cambogia, la poesia di scoprire Paesi lontani.

AMICI E OMBRE

Kavita

Bedford

Edizioni e/o, pp. 240 € 18

Un gruppo di amici molto diversi tra loro si trasferisce in un appartamento nel centro di Sydney. Alla soglia dei 30 anni, sono tutti alle prese con la scoperta della propria identità, il lavoro, l’amore e le speranze per il futuro. La narratrice, in lutto per la perdita del padre, è divisa tra una quotidianità che non c’è più e un presente da vivere senza il genitore. Pagine commoventi che toccano temi, come le carriere in stallo, dei millenial australiani di seconda generazione.

LA TRIBÙ DEGLI ALBERI Stefano Mancuso

Einaudi, pp. 192 € 17

Una storia sul mondo vegetale raccontata come se gli alberi fossero individui capaci di definirsi, progettare, organizzarsi socialmente. Con rigore scientifico e vivacità narrativa Mancuso descrive la vita delle piante, tra dubbi e promesse. Le immagina raggrupparsi in clan a cui dà strani nomi come i Cronaca, i Guizza, i Terranegra o i Dorsoduro. Ma soprattutto descrive come, se solo glielo permettessimo, gli alberi potrebbero costruire un pianeta migliore e più sano per tutti.

VALE UN VIAGGIO

Beba

Marsano

Cinquesensi, pp. 416 € 30

Un’incursione tra opere e spazi d’arte poco conosciuti, isolati e segreti.

Luoghi raggiungibili attraverso strade meno battute, meraviglie spesso nascoste dietro capolavori più noti. Il nostro Paese ne è pieno, in ogni angolo, territorio, città. Questa guida, terza uscita di una collana, riunisce e mette in luce 101 siti carichi di cultura che valgono un viaggio, ordinandoli per regione. Con consigli finali su dove pernottare e assaporare specialità locali.

41 Lo scaffale della Freccia a cura di Gaspare Baglio e Sandra Gesualdi
LA FIGLIA

Invito alla lettura ragazzi

PONY

NELL’ULTIMO ROMANZO DI R. J. PALACIO LA STRAORDINARIA AVVENTURA DI UN RAGAZZO CHE PARTE PER SALVARE SUO PADRE CON UN MISTERIOSO PONY COME GUIDA

Seconda metà del XIX secolo, Stati Uniti d’America. Nel cosiddetto Far West, cow boy, banditi e sceriffi si contendono la scena. Il 12enne Silas, già sopravvissuto a un fulmine pochi anni prima, una notte viene svegliato da tre sconosciuti a cavallo che portano via suo padre, unico genitore ancora in vita, uomo geniale e inventore di oggetti straordinari.

Rimasto solo, senza una spiegazione per quanto accaduto, è assalito da paura e senso di abbandono. Accade però qualcosa di incredibile: alla sua porta si presenta un pony, un esemplare fuori taglia grande quasi quanto un cavallo, con due occhi azzurri profondi. Per il ragazzo è un segnale lampante: l’animale lo porterà da suo padre. Così, pur non sapendo cavalcare, decide di partire con lui. La strada è lunga e piena di ostacoli ma solo percorrendola Silas potrà ricomporre il puzzle degli eventi e abbracciare il suo destino.

perdita dei genitori. Una circostanza che consente a Palacio di arricchire la trama e giocare con le regole e i tempi dei classici.

Silas si mette in viaggio perché vuole salvare il suo papà, e avvia un intreccio che condivide con l’epica alcuni elementi, come la natura impenetrabile con cui l’eroe deve misurarsi e i ricongiungimenti inaspettati. In un crescendo di tensione l’autrice lascia qua e là alcuni indizi della prossimità con questo genere letterario, facendo comparire tra le pagine del romanzo i nomi di Ulisse e di suo figlio Telemaco. Vari riferimenti sono disseminati lungo il racconto, perché il giovane protagonista ha ricevuto un’educazione non convenzionale che gli ha fatto conoscere storie ignorate dai suoi coetanei e testi che sono per lui manuali di orientamento alla vita.

un’avventura e l’altra, fa capolino il movimento dello spiritismo o la questione della schiavitù. Al di là di ogni classificazione, il libro è una narrazione sull’universalità dell’esperienza umana, fatta di perdite, conquiste e connessioni stupefacenti. Di «fili invisibili che si intrecciano dentro e attorno a noi», come spiega Silas, dando senso a tutte le cose.

La scrittrice statunitense Raquel Jaramillo, meglio nota come R. J. Palacio, sembra avere una predilezione per i personaggi dall’infanzia difficile. Già in Wonder, bestseller mondiale del 2012, il tema della crescita attraverso la separazione dal nucleo familiare è centrale. Qui, però, incrocia una delle paure ataviche dei bambini: la Giunti, pp. 336 € 16,50

Questa scuola sopra le righe ha nutrito anche la sua sensibilità decisamente peculiare, grazie alla quale sente e vede cose inaccessibili ai più, percepisce presenze ed energie. Un dono difficile da gestire ma che lo aiuterà a diventare adulto. Pony è quindi un romanzo di formazione e non un romanzo storico, come sottolinea Palacio nella sua nota finale. Della storia interseca solo le tracce come quando, tra

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TRENO
di Angela Alexandra
UN
DI LIBRI

QUANDO CORNABICORNA ERA PICCOLA...

Magali Bonniol, Pierre Bertrand Babalibri, pp. 36 € 14,50 (da 5 anni)

Colori accesi e tratto morbido per questo albo illustrato che aggiunge un nuovo capitolo alla saga della mitica strega Cornabicorna. Per chi non la conoscesse, vale la pena recuperare i libri precedenti sulle avventure di questa spaventosa e buffa maga e del suo fantomatico amico Pietro. Il nuovo libro, però, è un prequel e ci racconta come era la sua vita da bambina. Ebbene sì, streghe si diventa anche perché Cornabicorna nacque principessa.

LA PIUMA MAGICA

Sandra Dieckmann

Emme Edizioni, pp. 32 € 14,90 (da 4 anni)

Un piccolo orso, ultimo nato in famiglia, non riesce a fare le cose da orso: non sa ballare, non sa prendere pesci, non sa arrampicarsi sugli alberi come fanno i suoi fratelli e i suoi genitori. Una notte un uccello di fuoco gli posa una piuma magica sulla zampa e da quel momento per lui sarà più semplice seguire un personale percorso di crescita. Una storia che incoraggia ad avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, a cercare la propria scintilla. O la propria piuma magica.

IL GRANDE BUBBA

Davide Calì, illustrazioni Barroux Edizioni Clichy, pp. 40 € 19,50 (da 4 anni) È davvero un campione di karate e di acro bike o sono solo le bubbole che racconta ai compagni di classe? Chi può dirlo. Bisognerà aspettare la fine dell’anno scolastico per capire se Bob, che tutti chiamano Bubba, è un bambino geniale o solo un inventore di frottole. D’altronde, nel mondo dei piccoli, il confine tra realtà e fantasia è sempre sottile. Chi ha amato Le petit Nicolas di René Goscinny e Jean-Jacques Sempé in Bob ritroverà un compagno di avventure altrettanto divertente.

PAURAAAAA!

Francesco Niccolini

illustrazioni Sonia Maria Luce Possentini

Carthusia, pp. 32 € 17,90 (da 6 anni)

Un fantasma e un orchetto che vivono in una casa abbandonata dovrebbero formare una coppia spaventosa. Non è questo il caso perché i due hanno paura di qualsiasi cosa, anche della propria ombra.

Un giorno bussa alla loro porta una strana bambina e dovranno trovare il coraggio di affrontare la nuova arrivata. Una storia dalla trama insolita in cui i personaggi sovvertono le regole dei racconti di paura. Per riflettere, con ironia, su un sentimento che appartiene alla natura umana. A.A.D.

TASSO E PUZZOLA

OPERAZIONE OCCHIO DI RAGNO

Amy Timberlake, illustrazioni Jon Klassen HarperCollins, pp. 176 € 14 (da 8 anni) Tutti abbiamo un tesoro a cui siamo legati. Quello di Tasso è una roccia rara, chiamata Agata occhio di ragno, che suo cugino gli ha portato via. Puzzola, invece, non può rinunciare al New Yak Times con l’inserto della domenica. Quando una sua vecchia conoscenza, il signor Porcospino, gli fa sapere che andrà a prendersi la copia del suo giornale, Puzzola decide di partire con Tasso per risolvere i loro problemi. Ad attenderli un viaggio pieno di sorprese inaspettate. A.A.D.

AA. VV.

Panini, pp. 128 € 25 (da 12 anni) Ursula, Malefica, Capitan Uncino e Scar sono alcuni dei temutissimi (e amatissimi) cattivoni e delle perfide streghe targate Disney. Questo libro sciorina le mitiche ricette dei villain formato cartoon: dalle mele avvelenate di Biancaneve e i sette nani alle uova di drago alla diavola della Bella addormentata nel bosco fino ai cocktail di Anastasia e Genoveffa in un classico come Cenerentola. Dall’antipasto al dolce, piatti mostruosamente golosi e imperdibili. G.B.

43 Lo scaffale ragazzi
VILLAINS. IL LIBRO UFFICIALE DI RICETTE PERFIDAMENTE BUONE a cura di Claudia Cichetti
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15mila 20mila 45

UN RAGAZZO FORTUNATO

COSÌ SI SENTE AMADEUS, PER IL QUARTO ANNO AL TIMONE DEL FESTIVAL DI SANREMO. CHE IN QUESTA EDIZIONE PUNTA SUI GIOVANI E RIPORTA IN GARA I SUPER BIG DELLA MUSICA

di Gaspare Baglio gasparebaglio Foto ufficio stampa Rai

Non si ferma mai, è davvero infaticabile. Oltre a stare (quasi) tutti i giorni in tv con il game show di Rai1 I soliti ignoti, a settembre Amadeus ha sbancato (sulla stessa rete) con il programma Arena Suzuki ‘60 ‘70 ‘80 ‘90, un tuffo nei ricordi e nella musica. In più, per la quarta volta, Amedeo Sebastiani (questo il suo vero nome) è anche conduttore e direttore artistico del Festival della canzone italiana di Sanremo, che quest’anno va in onda dal 7 all’11 febbraio. Con lui, la rassegna ha fatto un salto capace di convincere tante superstar a partecipare, è riuscito a interessare i giovani e ha visto diversi brani in competizione stazionare nelle prime posizioni delle classifiche.

Amadeus, come riesci a fare tutto? Bella domanda, ma non ho una vera risposta. È la mia professione, anche se mi impegna molto. Però ho realizzato il mio sogno di bambino: è come se, facendo un parallelismo calcistico, un raccattapalle si ritrovasse a giocare in prima squadra. Finché ho l’energia che mi sostiene continuo a farlo, l’adrenalina mi rende instancabile.

Secondo molti addetti ai lavori, con te la kermesse ha acquistato mag -

gior credibilità.

Li ringrazio, ma è anche merito di tutti i cantanti invitati in gara: è stato un cambiamento fatto insieme. Io posso avere idee e visioni, ma se non ho adesioni è difficile possa realizzare qualcosa. Quando sono arrivato al festival, con il mandato ricevuto nell’estate 2019, la mia idea era di essere presente in prima persona. E cambiare molte cose.

Cioè?

La kermesse deve essere come un abito che sta bene addosso, rispecchiare la personalità del direttore artistico.

Da cosa sei partito?

Dai giovani. C’è anche la musica della tradizione italiana, ma la mia volontà era che ci fosse quella attuale. A proposito di nuove leve, quest’anno ben sei ragazzi di Sanremo Giovani sono in gara come big. Un bel rinnovamento.

Credo non sia mai accaduto prima. Sarebbe stato più facile aggiungere nomi noti, visto che ho ricevuto ben 500 brani di artisti che volevano gareggiare al festival.

Come mai hai deciso di procedere così, invece?

Perché quando si sceglie di fare un cambiamento bisogna portarlo

avanti in maniera radicale, altrimenti è solo un tentativo. Ci sono giovani molto forti e bisogna investire su di loro: dirlo non costa niente, ma poi bisogna farlo. Nel cast figurano anche star della musica italiana come Giorgia, Marco Mengoni, Anna Oxa, Ultimo… È un’altra cosa che ho voluto: i grandi artisti sono in gara. Non trovavo giusto che non partecipassero alla competizione. La gente, ogni anno, mi chiedeva chi fossero i super ospiti, ma non i nomi dei big. Ora, invece, mi fanno domande sul possibile cast. Si può fare un omaggio a un interprete del passato, ma alla competizione devono esserci i numeri uno, che non hanno bisogno di notorietà, a sfidarsi. E a presentare il proprio brano, la cosa più importante. Ci tengo a precisare che, quando parlo di nomi forti, mi riferisco anche a giovani affermati come il rapper Lazza.

Chi ci stupirà?

Saranno in tanti. Ogni artista ha un pezzo identificativo, perfetto per quello che rappresenta. Ci sono molte belle canzoni.

Tema predominante?

Molto amore e sentimento, più presente rispetto al passato, come se ci

INCONTRO
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Il presentatore Amadeus © credito

fosse bisogno di condividere un’emozione. Si parla di passioni che nascono, delusioni, ricordi. Ci sono ballate e uptempo. Sono canzoni destinate a durare a lungo. Nel cast troviamo anche gli Articolo 31, Gianluca Grignani, Paola e Chiara. Qualcuno ha detto che sembra di fare un tuffo negli anni ‘90.

È riduttivo dare etichette. Per la scelta dei brani mi lascio guidare da ciò che, a mio avviso, potrebbe essere un successo.

Quello del 2022 era il festival della rinascita. Questo?

Sarà il festival della forza. I concorrenti sono fantastici: ci siamo sentiti decine di volte e abbiamo scelto insieme il brano. Sarà un Sanremo sul potere della musica, che trasmette emozioni per farci riprendere dopo anni terribili.

Sulla base di quali caratteristiche hai scelto i tuoi partner nella conduzione?

Sono andato a pelle. Francesca Fagnani è una donna forte, di grandi

sentimenti, mi affascina il suo modo di fare giornalismo in tv, di essere diretta, schietta. Chiara Ferragni è una grandissima imprenditrice: ha creato da zero un’azienda che ha avuto successo a livello mondiale, può essere un esempio per tante ragazze. L’ho contattata prima dell’estate: sapere che apre e chiude il festival per me è una grande gioia. Gianni Morandi è la storia della canzone, attraversa ogni epoca, è attuale e la sua genuinità mi ha sempre affascinato. Ecco, l’autenti -

INCONTRO 48
Amadeus e Fiorello sul palco di Sanremo

cità e la reale passione per quello che si fa sono le caratteristiche che cerco da sempre. Fiorello ci sarà? No, lo abbiamo deciso insieme. È impegnato con Viva Rai2! e seguirà il festival a distanza, magari con qualche incursione.

Ci sono state star difficili da convincere?

Tutte si convincono se ci sono un progetto e una canzone. Bisogna solo condividere un’idea.

Anche quest’anno è previsto il palco galleggiante su una nave da crociera.

Ospiterà feste con grandi artisti in collegamento. La prima e l’ultima sera ci sarà il rapper Salmo.

Sarai al timone del festival anche il prossimo anno. Non ti domandi mai cosa potrai inscenare di ancora inedito?

Sì, ogni volta che finisce la kermesse mi chiedo: «Ma l’anno prossimo che mi invento?». Ma poi le idee

nascono in maniera spontanea: mentre guardo una partita di mio figlio, in macchina o quando faccio la doccia. La scrivo subito su un quaderno dove annoto i pensieri su Sanremo e faccio di tutto perché si realizzi. Sono testardo, ritorno sempre alla carica, non mi arrendo mai al primo no.

Cosa ti piacerebbe fare dopo Sanremo?

Oltre alla musica amo molto i game show. Mi piace fare giocare la gente

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Amadeus nello studio di Sanremo Giovani Amadeus all’Ariston con i Måneskin

a casa. Rispetto al festival, poi, mettere in piedi un format simile è più facile. Oltre ai Soliti ignoti, vorrei trovarne di nuovi. Prima del Covid-19 andavo all’estero per incontrare i conduttori dei quiz: non mi dispiacerebbe girare di più per lavoro, portando in Italia qualche programma inedito. Cos’è per te il viaggio?

La cosa che apprezzo di più in assoluto. Sono sempre stato uno che, se ha due giorni liberi, prende un treno e si sposta. Amo muovermi, soprattutto con la mia famiglia e i miei figli, anche solo per andare in una città vicina. Mi piace vivere come gli abitanti del posto, conoscere usi e costumi, passeg-

giare in mezzo alla gente da persona comune. Quando si viaggia si impara sempre. È fondamentale farlo per aggiungere qualcosa in più alla propria esperienza di vita.

Il tuo treno della vita?

Da piccolo vivevo a Verona ma i miei genitori sono siciliani: ricordo che mi mettevano su un treno da solo e, poi, i miei parenti mi venivano a prendere nella stazione di Palermo. Quel viaggio era un’avventura: conoscevo tante persone e provavo un grande senso di sicurezza. Poi, ovviamente, c’è il treno per Milano che, a metà degli anni ‘80, mi portava da Claudio Cecchetto a Radio Deejay: mamma e papà erano

quasi in lacrime, sembrava dovessi partire per il militare. Quando ho fatto servizio di leva, a Napoli, ricordo che non vedevo l’ora di prendere l’Espresso per tornare a casa. Il treno ti porta nel luogo dove vorresti essere. Un proposito e un augurio per il 2023? Voglio far bene le cose che mi hanno affidato a livello professionale. Auguro a tutti, e a me stesso, la salute e un pizzico di fortuna.

Oggi chi è Amadeus?

Ti rispondo con la strofa di una canzone di Jovanotti: «Sono un ragazzo fortunato, perché mi hanno regalato un sogno».

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INCONTRO
Amadeus nello studio del game show di Rai1 I soliti ignoti

UNA VITA

DI PASSIONI

RECITAZIONE ALLA TAVOLA, SEMPRE ALL’INSEGNA DELLA

CON L’ATTORE CLAUDIO

NEL SUO NUOVO

La carica umana che ritroviamo nei personaggi che interpreta è anche la sua. Così come la simpatia e quel fare un po’ guascone con il quale ti accoglie nel suo ristorante al centro di Roma, in via della Frezza, a pochi metri da via del Corso. Sì, perché Claudio Amendola ha la passione non tanto della cucina bensì della convivialità e del calore che stare a tavola insieme è capace di infondere.

Così come lui entra nelle case degli italiani attraverso il cinema e la televisione, gli italiani possono andare da lui al Frezza - Cucina de coccio, aperto il 25 novembre, cuore della cucina romana all’ennesima potenza. Dalla bomba salata con la trippa al supplì cacio e pepe fino ai piatti della tradizione come l’amatriciana, i saltimbocca alla romana, gli straccetti di manzo e le mitiche polpette al sugo, il menù è decisamente ricco. E offre anche diverse pizze d’autore.

La carbonara è più scienza o più poesia?

Nessuna delle due: è bona (ride, ndr). Anche se un po’ di scienza indubbiamente serve, ma di poesia ne vedo poca.

Frezza non è il tuo debutto come ristoratore. Ti piace questo mestiere?

Il primo locale l’ho aperto nel 1990 a Trastevere, l’ho tenuto fino al ‘94 ed è andata molto bene. Da dieci anni, poi, ho un ristorante-pizzeria a Valmontone che mi dà molte soddisfazioni. Ma

volevo tornare a Roma per creare un luogo dove mangiare, chiacchierare, condividere emozioni, togliere la maschera e giocà a scopetta. Mi rendo conto che con l’età, invece di diventare burbero, sono più accogliente.

Mi fa piacere vedere lo stupore della gente quando sono io ad aprire la porta. Sono fatto così, le persone mi piacciono. Ieri sera c’era una coppia che si è trattenuta a lungo gustando le polpette di nonna, che sono proprio così. «Sembra di stare a casa», mi hanno detto. Io ho risposto che mi faceva piacere ma era ora che ci andassimo pure noi. Proponi sapori che sanno di famiglia?

Sì, la nostra pizza mi ricorda quella che mangiavo tutti i giovedì con mamma, una donna colta e curiosa. Era una tradizione per me e mio fratello: film di Totò alle sei e mezza, poi pizza veloce e un secondo film tra quelli in programmazione.

La tua è una vita ricca di passioni: molte le hai portate sullo schermo e altre su un palcoscenico naturale come quello di un ristorante.

Ho avuto la fortuna di poter coltivare un’esistenza piena. La passione vera è quella del piacere e la tavola è sicuramente uno di quelli più appaganti perché unisce la gratificazione fisica a quella cerebrale.

Come hai raggiunto la capacità interpretativa di oggi?

Con gli incontri, i viaggi, la curiosità.

E imparando dagli altri, consapevo -

le che in questo mestiere si migliora film dopo film, serie dopo serie: col tempo il bagaglio si arricchisce e apprendi cosa funziona e cosa no. Ma ho sempre avuto una grande dose di disincanto e leggerezza. Non mi sono mai preso troppo sul serio e mi considero tuttora più un artigiano che un artista. Per esempio, ho capito piano piano come utilizzare il corpo, senza aver mai frequentato nessuna scuola o aver avuto qualcuno che mi insegnasse come calibrare il tono vocale. Da questo punto di vista avevo esempi in casa molto importanti e ho fatto tesoro dei consigli di mio padre e di mia madre sull’uso della voce. Senza dimenticare l’incontro con determinati registi.

Chi ti ha lasciato il segno più profondo?

Wilma Labate, che mi ha diretto in due film. Si trattava di ruoli per i quali era necessaria una particolare vena interpretativa, due personaggi molto diversi da me ma nei quali mi sono riconosciuto. In Domenica mi ha insegnato a usare le mani con un piccolo stratagemma: mi ha fatto cucire le tasche dell’impermeabile. Grazie ad alcuni registi ho imparato anche gli errori da non commettere quando, a mia volta, sono stato io dietro la macchina da presa.

Sei il protagonista di una nuova serie che andrà in onda a marzo su Mediaset. Di cosa si tratta?

Il Patriarca è una storia di azione, cri-

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DALLA LEGGEREZZA. AMENDOLA RISTORANTE ROMANO, TRA PIATTI DELLA TRADIZIONE E RACCONTI D’AUTORE di Andrea Radic Andrea_Radic andrearadic2019 Foto di Azzurra Primavera
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Claudio Amendola

mini, sentimenti, famiglie, intrecci e tradimenti. Molto televisiva. A giugno, invece, cominceremo le riprese della seconda e terza parte di Cassamortari e giocheremo con ironia, cinismo e cattiveria: trovo molto divertente scherzare sulla morte.

Cosa apprezzi nelle persone e cosa detesti?

Mi piacciono molto la sincerità e la lealtà. Detesto le persone arroganti e il tradimento, non inteso come quello tra marito e moglie, ma quello di un’amicizia e di determinati valori. Infine, non sopporto la non considerazione del merito, penso che solo quando in Italia si comincerà a puntare su questo potremo avere ottimi risultati. Dove sei cresciuto?

A Roma nord, tra la Balduina, Monte Mario e via Igea. Se tornassi bambino quale sarebbe il profumo della tua infanzia?

Quello di mia madre.

Ti piace viaggiare in treno?

Lo utilizzo sempre e ci sono due cose che apprezzo molto. Innanzitutto, la velocità dell’accesso: arrivo e salgo senza attese né file. Una volta seduto al mio posto, mi piace immergermi in quel piccolo bozzolo fatto di silenzio, che spesso dipende dalla cortesia degli altri viaggiatori. Il treno è un bel viaggiare, metto le cuffiette, mi godo il paesaggio e arrivederci. E poi c’è l’elemento vincente: la velocità.

Ricordi legati a questo mezzo di trasporto?

I viaggi per vedere le partite della Roma in trasferta, sempre in tanti, con i treni speciali.

Erano diversi da quelli di oggi: c’erano gli scompartimenti in cui ti chiudevi dentro sperando che non entrasse nessuno così potevi stendere le gambe. Purtrop -

po, sistematicamente arrivava qualcuno e dovevi rimetterti seduto. Nel film Ultrà, poi, abbiamo girato a lungo su un vagone. E mi ricordo bene anche il treno per Amsterdam, la prima vacanza da ragazzo con quattro amici. È più bello interpretare un personaggio in cui ti riconosci o qualcuno molto diverso da te? Indubbiamente è più semplice vestire i panni di qualcuno che ti assomiglia. Diciamo che molti personaggi vengono scritti appositamente per l’attore. Una bella sfida, invece, è recitare in un ruolo molto diverso o usare un’altra lingua. È più faticoso e rimpiangi di non aver accettato di fare quella fiction così facile. Ma in realtà, poi, è gratificante. Ci sono figli d’arte che non hanno raggiunto la popolarità dei genitori, tu hai superato la fama di tuo padre. Solo per quei dieci centimetri in più o i lineamenti più carucci. E per la fortuna di aver cominciato questo mestiere negli anni ‘80, un periodo molto stimolante, in cui era tutto bello e facile. Ho fatto tanta televisione con papà, poi a 27 anni ho cominciato con il cinema. Ma per portare a termine tutto quello che ha fatto lui mi servirebbero sei vite. Che vantaggi ha una serie tv rispetto al cinema?

Consente di rendere seriale anche l’affetto che si prova verso un personaggio, l’attore che lo interpreta e il tipo di storia. Quando per tanti anni entri nelle case degli italiani, magari mentre mangiano, diventi molto familiare per le persone. Me ne accorgo quando le incontro o vengono a trovarmi qui al ristorante. Nella fiction Nero a metà interpreti un commissario di polizia. Da bambino sognavi di diventarlo?

No, mai. Volevo fare il ladro (ride, ndr).

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Andrea Radic con Claudio Amendola al ristorante Frezza - Cucina de Coccio Roma
56 TRAVEL L’ESSENZA DI PROFUMA DI CIOCCOLATO. MA HA IL SAPORE DELL’ARTE, CON I 500 ANNI DALLA MORTE DEL PERUGINO, E DELLA MUSICA, CON IL MEZZO SECOLO DI UMBRIA JAZZ. ECCO PERCHÉ LA CITTÀ UMBRA È LA META DEL 2023 (E LO DICE LONELY PLANET) di Michela Gentili michelagentili Piazza IV Novembre, Perugia
Marco Rubino/AdobeStock
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PERUGIA

Si lascia inseguire nell’aria come un profumo che pizzica il naso. Sfiora per un istante le papille e subito scivola via senza lasciarsi afferrare. Poi emerge all’improvviso, avvolgendo il palato come il cioccolato che fonde.

Perugia ha un gusto tutto da indovinare, che miscela la giusta dose di bellezza con una gran quantità di storia e qualche ingrediente a sorpresa. Non basta una vita, forse, per catturarne l’essenza. Ma di sicuro il 2023 è l’anno migliore per provarci. La città umbra

è stata infatti selezionata da Lonely Planet tra le mete mondiali imperdibili nella categoria Sapori. Che non sono solo quelli tipici del tartufo o del cioccolato, ma abbracciano anche i piaceri dell’arte, con le celebrazioni per i 500 anni dalla morte del pittore

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Perugino, e della musica, in vista dei concerti estivi per il mezzo secolo di Umbria jazz.

La degustazione al buio di Perugia comincia dal sottosuolo, prendendo le scale mobili che da piazza Partigiani salgono verso il centro storico. Un passaggio in cui la luce si guadagna dal basso, piano piano, attraverso un labirinto sotterraneo di muri in pietra squarciati da volte a sesto acuto e tenuti insieme da pilastri fortificati. Sono i resti di un quartiere medievale, sepolto alla metà del XVI secolo sotto la Rocca Paolina, fortezza simbolo del potere papale che fu a sua volta demolita pezzo a pezzo dai cittadini dopo l'annessione di Perugia al Regno d'Italia.

Sulle sue macerie, nell’800 furono costruiti gli edifici che ora si affacciano sulla piazza e sui Giardini Carducci: dal neoclassico Palazzo Cesaroni, sede del Consiglio regionale, al Brufani, hotel di lusso e quartier generale del Festival del giornalismo, dal Palazzo della Provincia, con il suo porticato di transito, alla Banca d’Italia, che spicca sul lato occidentale. Lo spazio urbano seminterrato, che sorregge ancora il mondo dei vivi con i suoi pilastri e il bastione inferiore, è una zona di transito ma anche un centro espositivo. Che dal 1984, tra mostre temporanee e negozi di souvenir, ospita anche il Grande nero di Alberto Burri, una scultura cinetica di oltre sette metri che ben si inserisce

nell’angolo acuto di una volta. Uscendo da questo luogo senza tempo, le lancette ricominciano a correre lungo le vetrine di corso Vannucci – il vero cognome del Perugino – che da piazza Italia porta al cuore antico della città. Tra boutique hotel aperti di recente e osterie locali che propongono torta al testo e parmigiana di gobbi, spiccano il negozio della Perugina e lo store di Luisa Spagnoli. L’imprenditrice di moda è stata anche l’ideatrice del Bacio, il fondente simbolo degli innamorati che ha un posto d’onore a Eurochocolate, festival

cittadino di richiamo internazionale ormai dagli anni ‘90. Dopo una sosta nella pasticceria Sandri – è d’obbligo provare il torciglione, dolce secco a base di pasta di mandorle – si arriva in piazza IV Novembre, dominata dalla duecentesca Fontana maggiore, monumento simbolo della città. Sullo sfondo, la Cattedrale di San Lorenzo mostra la sua fiancata austera, ingentilita nella fascia bassa da una trama geometrica in marmo rosa e bianco mai portata a termine. Mentre la facciata, assai meno maestosa tranne che per il portale barocco, si apre la-

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Via dell’Acquedotto Il Grande nero di Alberto Burri all’interno della Rocca Paolina © Rita PaltraccaComune di Perugia, assessorato alla Cultura © Art Media Factory/AdobeStock

teralmente su piazza Danti. All’interno del Duomo sono conservati la Deposizione della croce di Federico Barocci e un anello in pietra dura che, secondo la tradizione, fu usato nelle nozze di Maria e Giuseppe. All’esterno, l’imponente scalinata con la statua bronzea di Giulio III è la meta preferita di studenti e studentesse che, soprattutto il giovedì sera, fanno la spola tra i locali lì accanto scambiandosi confidenze e calici di Sagrantino. Sull’altro lato della piazza, il Palazzo dei priori sovrasta la fontana con la sua pietra squadrata, decorata con due ordini di trifore gotiche che si ripetono in fuga sul lato più lungo. Qui ha sede fin dal Medioevo il governo cittadino e – unico caso di museo italiano in un palazzo pubblico – la Galleria nazionale dell'Umbria, scrigno di una collezione d’arte prevalentemente sacra che va dal XIII al XIX secolo. Riaperta a luglio 2022, dopo un anno di lavori che ne hanno rivoluzionato l’allestimento, stupisce già dall’ingresso con il Crocifisso del Maestro di San Francesco. Oltre agli affreschi di Benedetto Bonfigli nella cappella dei Priori e le Madonne di Duccio di Buoninsegna e Gentile da Fabriano, si possono ammirare i capolavori rinascimentali di Beato Angelico, Benozzo Gozzoli e Piero della Francesca (imperdibile il suo Polittico di Sant’Antonio). Ma il museo conserva soprattutto la più vasta raccolta al mondo di opere del Perugino, radunate in due sale: una per i lavori della giovinezza e della prima maturità, l’altra con le prove più significative degli ultimi 20 anni di attività. Nella prima stanza colpisce l’Adorazione dei Magi dove, sul margine in alto a sinistra, si scorge l’autoritratto del pittore, all’epoca 25enne, con lo sguardo fiero, i capelli folti e una chiazza rossa sotto l’occhio. Un selfie ante litteram straordinariamen -

L’ANNO DEL PERUGINO

te senza filtri che Perugino ripete un quarto di secolo dopo: su una tela nel Collegio del cambio, sempre a Palazzo dei priori, si ritrae con le occhiaie, il doppio mento e la stessa macchia sul volto, ormai estesa anche alla fronte. Lasciando la Galleria – dove, dal 7 al 16 luglio, risuoneranno anche le note di Umbria jazz – si può sgranocchiare quel che manca della città perdendosi tra i vicoli che si diramano dal centro. Tra strade etrusche, volte medievali e ringhiere in ferro battuto si arriva alla scalinata dell'Acquedotto, una passerella di circa quattro chilometri che pare scavata tra le

case. Nella seconda metà del ‘200 qui l’acqua scorreva in salita, grazie a un condotto a pressione che riusciva a imprimerle un moto inverso. Ora gli studenti la percorrono in discesa per raggiungere più velocemente Palazzo Murena, sede storica dell'ateneo di Perugia dal 1810. L’edificio, che in origine era un monastero dell'ordine olivetano, conserva un piccolo tesoro: un’antica libreria con le pareti coperte da una boiserie dipinta a tempera che accoglie migliaia di volumi rari. Uno dei tanti ingredienti segreti dentro al sapore di Perugia. Che rimane ancora lì, in punta di labbra.

Nel quinto centenario della sua morte, il “meglio maestro d’Italia” – come lo definì il banchiere Agostino Chigi nel 1500 – viene celebrato con una grande mostra in programma dal 4 marzo alla Galleria nazionale dell’Umbria, a cura di Marco Pierini e Veruska Picchiarelli. In esposizione oltre 70 opere, tutte antecedenti al 1504, anno in cui il pittore raggiunse il punto più alto della sua carriera. Tra i prestiti d’eccezione le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi agli Uffizi di Firenze, lo Sposalizio della Vergine dipinta per la cappella del Santo Anello del Duomo a Perugia, confiscato durante le spoliazioni napoleoniche e oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen, in Francia, il Trittico Galitzin, ora alla National Gallery di Washington e il Polittico della Certosa di Pavia, per gran parte alla National Gallery di Londra ed eccezionalmente ricomposto per l’occasione. gallerianazionaledellumbria.it

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Pietro di Cristoforo Vannucci detto il Perugino, Adorazione dei Magi (1475 circa)

LA CULLA DEL

UN ITINERARIO LUNGO LE COLLINE VENETE DOVE SI PRODUCE L’ECCELLENZA VINICOLA ITALIANA. TRA ARTE, STORIA E IMPRENDITORIA ILLUMINATA

Si rincorrono, si intrecciano e si dipanano verso l’orizzonte, accarezzano i declivi incorniciando boschi, borghi, città, corsi

d’acqua e scorci dalle forme morbide. Sono i vigneti spogliati dall’inverno che, in trame di filari, ornano le colline del Prosecco di Conegliano e Valdob -

biadene, dal 2019 iscritte nella lista del Patrimonio mondiale Unesco. Gli speciali rilievi, godibili in ogni periodo dell’anno, si estendono a nord di Tre -

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di Floriana Schiano Moriello Asolo (Treviso) ©
REDMASON/AdobeStock

PROSECCO

viso tra Asolo, Conegliano e Valdobbiadene e costituiscono la casa del Prosecco Superiore Docg, uno dei vini italiani più noti al mondo. In quest’area è possibile lasciarsi conquistare dalle esperienze proposte dal network Prosecco Hills e programmare degustazioni e tour alla scoperta del prodotto principe della zona. Attività che spesso si combinano a iniziative sportive,

artistiche e di valorizzazione del territorio. È il caso di Art&Wine Farm al Parco della Filandetta, in pieno centro a Valdobbiadene. Qui le cinque donne che compongono la famiglia Bortolomiol si sono dedicate al restauro di un’antica filanda, interessante esempio di archeologia industriale recuperata. Nel locale in cui un tempo si producevano e intrecciavano fili di seta

oggi si degustano bollicine circondati da un parco con vigneto biologico, scenario di un progetto di Land Art. L’area è diventata un museo a cielo aperto che ospita installazioni di artiste internazionali, capaci di interpretare importanti temi sociali e costruire ponti interculturali da condividere con i visitatori insieme al vino. Seguendo il fil rouge del talento al

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femminile è immancabile una visita ad Asolo – che il poeta Giosuè Carducci definì la città dei cento orizzonti – e al Museo civico che custodisce le storie di tre donne illustri. Si parte da Caterina Cornaro, regina di Cipro e dal 1489 Signora di Asolo, che animò la cittadina trasformandola in una piccola corte rinascimentale. A testimonianza di ciò restano oggetti, dipinti e documenti di notevole importanza

storica. È invece più interattiva la sezione museale dedicata alla scrittrice e viaggiatrice britannica Freya Stark, antesignana del travel writing e icona dell’emancipazione femminile. Dal 1941, scelse di trascorrere parte della sua movimentata vita nell’elegante borgo di origine medioevale che aveva iniziato a frequentare da bambina con i suoi genitori. È Eleonora Duse, la divina del teatro internazionale, la ter-

za protagonista di una delle tre sezioni del museo. Il percorso a lei dedicato raccoglie lettere autografe, ritratti e abiti di scena, accessori e valigie che raccontano attimi della sua vita. L’artista conobbe la città grazie a un’amica, ci tornò tante volte e, innamorata del luogo, prese casa qui per ammirare il Monte Grappa. Morta nel 1924 a Pittsburgh, negli Usa, fu sepolta proprio ad Asolo, nel cimitero di Sant'Anna.

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Valdobbiadene (Treviso) Conegliano (Treviso) © Marco/AdobeStock © Flaviu Boerescu/AdobeStock

Nello storico Albergo al sole, riconsegnato alla città nel 1996 dalle sorelle Elena e Silvia De Checchi, resta dedicata alla diva la camera 202, occupata da Duse durante i suoi soggiorni. Nella stessa struttura, invece, la 101 è intitolata allo scrittore Gabriele D’Annunzio, per un periodo amante dell’attrice e frequentatore del borgo. A poca distanza da Asolo merita una visita Cison di Valmarino, inserito tra i Borghi più belli d’Italia. Un piccolo scrigno di tesori, tra bellezze architettoniche e paesaggi naturali, che racchiude mille colori: da quelli pacati di piazza Roma, cuore della città, alle sfumature di grigio degli antichi edifici, fino al rosso Brandolini delle case che la nobile famiglia destinava ai mezzadri. Passeggiando tra le vie, a ogni angolo lo sguardo è catturato dall’imponente Castello Brandoli-

ni, un edificio medievale oggi noto come Castelbrando, raggiungibile con ascensore vetrato dal centro del borgo. Posizionato alle pendici del Monte Castello domina Cison di Valmarino, i villaggi intorno e l’intera vallata. Grazie all’importante opera di recupero, restauro e rifunzionalizzazione avviata negli anni ‘90 dai coniugi imprenditori Massimo Colomban e Ivana Casagrande, l’antico maniero – tra i più grandi d’Europa – è stato restituito alla comunità. Oggi conserva il fascino della vita di corte, impreziosita dall’offerta di un hotel a quattro stelle con centro benessere ricavato da antichi bagni romani. Contemporaneamente, offre al visitatore l’opportunità di conoscere una storia lunga duemila anni grazie alle aree museali allestite nell’edificio. Dai reperti di epoca romana alle mura medievali, fino agli oggetti risalenti al ‘700 è tutto un susseguirsi di rimandi al glorioso passato.

Le colline del Prosecco offrono in -

trattenimento non solo agli appassionati di storia, arte e cultura vinicola. Chi ama il brivido ad alta quota può ammirare la natura di questi luoghi anche con il parapendio, possibile in ogni momento dell’anno. Il punto di lancio è l’area del Monte Grappa, che nel 2021 ha ottenuto dall’Unesco la qualifica di Riserva della biosfera per la conservazione e la protezione dell’ambiente.

Attraversare queste alture, inoltre, vuol dire incontrare le cosiddette Ville venete, come Villa Barbaro a Maser, progettata dall’architetto Andrea Palladio e decorata dal pittore Paolo Veronese, o il Tempio di Possagno, l’opera più celebre di Antonio Canova che spicca maestosa nel verde che la circonda.

Per godere appieno di questo territorio, dove la natura incontra continuamente gli effetti della mano sapiente dell’uomo, bisogna essere disposti a lasciarsi andare, seguire profumi e sapori, perdersi tra le strade e i sentieri. Il premio è un turbinio di emozioni che colpisce tutti i sensi, ricordi di viaggio da annotare nel curioso passaporto ideato da Prosecco Hills.

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Castelbrando di Cison di Valmarino (Treviso)

GEOMETRIE DI PARMA

Capitale dell’omonimo Ducato precedente l'Unità d’Italia, Parma figura tra i più eleganti capoluoghi padani. Seppur di ridotte dimensioni, la città vanta un passato aristocratico d’illustri signorie (Visconti, Este, Sforza, Borbone e, soprattutto, Farnese), i cui fasti ancora risplendono nel ricco patrimonio storico-artistico, con protagonisti come lo scultore Benedetto Antelami e i pittori Correggio e Parmigianino. Raffinata e colta, celebrata da Stendhal e Marcel Proust, è la città del teatro e della musica, in cui risuonano le

note di Giuseppe Verdi: non a caso è stata nominata Capitale italiana della cultura 2020, titolo poi prorogato al 2021 per l’annullamento di numerosi eventi a causa dell'emergenza sanitaria, e Città creativa Unesco per la gastronomia (qui ha sede anche l’Autorità europea per la sicurezza alimentare).

Tra i nuovi progetti che hanno trasformato il suo volto in chiave contemporanea, non mancano opere degne di nota. Il viaggiatore che vi giunge in treno da nord, sulla storica linea Milano-Bologna, può notare alla sua

sinistra, poco prima della stazione, un mastodontico edificio dalle forme sinuose a scavalco del torrente Parma. Si tratta del cosiddetto Ponte nord, una struttura completamente metallica con involucro in vetro, inaugurata nel 2012 e per lungo tempo inutilizzata, che finalmente sembra aver trovato una destinazione d’uso come sede di uffici, spazi espositivi e museali. Chi, invece, giunge in treno da sud, è accolto, alla sua sinistra, dall’auditorium Niccolò Paganini, ricavato nell’ex zuccherificio Eridania. Realizzato nel 2001 dallo studio Renzo Piano Buil-

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La piramide del Labirinto della Masone nei pressi di Fontanellato (Parma)

ding Workshop, mantiene la possente manica in muratura e la copertura dell’opificio nel suo sviluppo longitudinale. Le due testate originarie, invece, sono state sostituite da pareti vetrate a tutt’altezza, che racchiudono lo spazio unico della sala per concerti. Un intervento concettualmente semplice ma tecnicamente complesso per garantire gli ottimali requisiti acustici. L’auditorium, con il parco circostante, è solo il fiore all’occhiello dell’ex comparto industriale riqualificato, che comprende anche il pastificio Barilla, ora sostituito dal complesso commerciale La Galleria. Il risultato è un vivace spazio urbano pedonale, giocato sull’articolazione dei percorsi e sul mix tra recupero delle strutture preesistenti e costruzioni ex novo. Anche la stazione ferroviaria e gli immediati dintorni hanno vissuto, dal 2014, un radicale rinnovamento, su progetto dello studio catalano MBM Arquitectes

– fondato da Josep Martorell, Oriol Bohigas, David Mackay – a cui si deve la trasformazione del lungomare di Barcellona in occasione delle Olimpiadi del 1992. Marciapiedi e binari sono stati coperti da una grande tettoia metallica che sostiene i pannelli fotovoltaici, mentre il fabbricato è stato riorganizzato con una serie di servizi e percorsi su due livelli, che garantiscono anche la connessione con la parte nord della città. La stazione ha guadagnato una seconda facciata, mentre nuovi corpi di fabbrica, disposti a forma di U, definiscono un’ampia piazza rettangolare. La riqualificazione è stata completata con il ridisegno dello spazio verde davanti a quella parte dello scalo che si proietta verso il centro storico. Poco distante, meta immancabile è il Complesso monumentale della Pilotta, nucleo di edifici costruiti tra il ‘500 e ‘600 dalla famiglia Farnese, a servizio della loro residenza ducale, che sorge invece oltre il

torrente. Dopo una serie di adattamenti e vicissitudini (tra cui alcuni bombardamenti bellici), che conferiscono alle strutture un affascinante aspetto di non finito, la sistemazione degli esterni si deve, nel 2001, al noto architetto ticinese Mario Botta. Pochi segni forti e netti, marcati dall’uso della pietra, hanno definito l’attuale fisionomia dell’ampia spianata verde: sedute, camminamenti rettilinei, slarghi monumentali e uno specchio d’acqua a segnare la planimetria di una chiesa non più esistente. Tra le varie istituzioni culturali ospitate nella Pilotta si trova il museo, riallestito lo scorso novembre, dedicato al tipografo, incisore e stampatore Giambattista Bodoni, a cui si deve il carattere che porta il suo nome.

Spostandosi, stavolta su gomma, verso l’autostrada in direzione nord, è d’obbligo citare un’opera che potrebbe rientrare nei manuali di storia dell’architettura per via del suo celebre artefice:

© Sailko/Wikipedia

Aldo Rossi, protagonista indiscusso, non solo in Italia, della cosiddetta corrente postmoderna.

È il complesso commerciale del 1988 chiamato Centro torri, e caratterizzato, fin dal nome, dalla presenza di elementi verticali in mattoni a vista con inserti in ceramica tipica della zona, simile a quella utilizzata per le decorazioni termali della vicina Salsomaggiore.

Al centro si trova una galleria commerciale in ferro e vetro dall’elementare geometria triangolare: simmetria e monumentalità per un’opera che, a dispet-

to della destinazione d’uso, assume connotazioni simboliche. Proseguendo oltre, proprio in corrispondenza dello svincolo autostradale, s’incontra la nuova sede dell’azienda Chiesi Farmaceutici: il progetto del 2011 firmato da Emilio Faroldi Associati esce dall’anonimato che spesso accompagna gli edifici per il terziario grazie alla distribuzione planimetrica dei volumi e alla loro diversa configurazione di facciata.

Un nuovo modo di concepire gli spazi che raggiunge particolari esiti di qualità nei nuovi uffici di Crédit Agricole (2018),

collocati invece nella cintura urbana a sud-ovest, realizzati da Frigerio Design Group, da anni impegnato sui temi della vivibilità e dell’ecocompatibilità degli spazi di lavoro.

Tornando sulla direttrice stradale nord, per visitare la Reggia di Colorno, residenza fuori porta dei Farnese, vale la pena sostare presso l’Abbazia di Valserena, dove dal 2007 ha sede il Centro studi e archivi della comunicazione, il più importante istituto nazionale per i settori d’arte, architettura, design e grafica. Qui sono conservati 12 milio-

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© Fly1980/AdobeStock
L’auditorium Paganini di Renzo Piano Building Workshop Architects

ni di reperti, alcuni dei quali presentati al pubblico attraverso un’esposizione permanente e varie mostre. Sempre nei dintorni, spostandosi verso nord-ovest lungo la via Emilia, l’ultima tappa di questo tour tra forme e architetture è il Labirinto della Masone

presso Fontanellato, connubio tra natura e artificio ideato dal noto editore d’arte Franco Maria Ricci. Composto da 200mila piante di bambù di 20 specie differenti, è il più grande dedalo al mondo, con un’estensione di sette ettari e oltre tre chilometri di percorsi. Gli

sistemazione esterna del complesso monumentale della Pilotta di Mario Botta

enigmatici edifici all’ingresso e al centro del labirinto, ispirati al neoclassicismo settecentesco su progetto dell’architetto Pier Carlo Bontempi, sono sede della Fondazione FMR, che ospita una collezione d’arte, mostre, conferenze e concerti.

© Enrico Cano La nuova sede di Crédit Agricole progettata da Frigerio Design Group La © Giovanni Hänninen
IL PAESE DEI MILLE PAESI
ambasciatore dei Borghi più belli
IL GIGANTE DI SICILIA ALLA SCOPERTA DEL BORGO DI CENTURIPE, CHE DALL’ALTO HA LA FORMA DI UN UOMO DISTESO SULLA MONTAGNA. TRA TESORI ARCHEOLOGICI, CERAMICHE ARTIGIANALI E CUCINA TIPICA Centuripe vista dall’alto 70
di Osvaldo Bevilacqua [Direttore editoriale Vdgmagazine.it e
d’Italia]
© Pio Andrea Peri

Tanti anni fa sentii parlare di un borgo siciliano che dall’alto aveva le sembianze di una figura umana distesa sulla montagna. Nutrivo qualche legittimo dubbio ma, in occasione di alcune riprese televisive dall’elicottero nella provincia di Enna, mi dovetti ricredere. Effettivamente Centuripe, delizioso borgo siculo di antichissima origine, ha proprio i lineamenti di un gigante disteso. Oppure, come altri sostengono, di una stella marina. Per qualche attimo mi sono venuti in mente i geoglifi, misteriosi ed enormi disegni geometrici sul terreno a Nazca e a Palpa, in Perù, di cui non si conosce l’origine. A differenza di queste enigmatiche linee Centuripe, che sorge sulla sommità di una formazione montuosa alta oltre 700 metri e ha un affaccio privilegiato al cospetto dell’Etna, deve la sua particolare forma allo sviluppo con cui nei secoli è venuto dilatandosi il centro abitato, oggi inconfondibile per i caratteristici vicoli a gradoni e le abitazioni a schiera su più piani che si sporgono sulla valle.

Si dice che Garibaldi, dopo la celebre spedizione dei Mille, lo abbia definito,

appropriatamente, “il balcone della Sicilia”.

Il piccolo centro siciliano non manca di stupire anche il più navigato e curioso dei viaggiatori con il fascino della sua storia millenaria. Conobbe il periodo di maggior splendore in età ellenistica e romana, diventando uno dei più importanti luoghi del Mediterraneo centro orientale per la produzione di coroplastica e ceramica. Qui venivano create vere e proprie opere d’arte, modelli di bellezza conosciuti dagli esperti come vasi centuripini. Secondo gli storici sarebbero 39 le tipologie autoctone che influenzarono la produzione di altri opifici siciliani in età classica. La tradizione continua a mantenersi viva nelle piccole industrie e nei laboratori di ceramica in cui vengono riprodotte copie di alta qualità dei vasi antichi, molto apprezzate dai turisti.

«Alcuni dei reperti rinvenuti nel corso degli anni sono ospitati nei più importanti centri culturali del mondo, come il Museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa, i Musei Vaticani a Roma, il Louvre a Parigi, il British Museum a Londra e il Metropolitan Museum of Art a New York. Ma la col-

lezione più corposa è oggi custodita presso il Museo archeologico regionale di Centuripe», spiega Giuseppe D’Urso, direttore del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle dell’Aci. «Qui sono esposti su tre piani diversi pezzi, tra cui spicca una delle prime rappresentazioni fisionomiche in Sicilia orientale. Un volto umano schematizzato, parte di un grande vaso in terracotta risalente al V millennio a. C.». Di enorme rilevanza è il complesso statuario in marmo che ritrae alcuni membri dei Pompeii Falcones, la famiglia che durante il periodo imperiale commissionò la ricostruzione dell’edificio Augustales, uno dei monumenti più significativi dell'età imperiale di Centuripe. Tra i reperti la famosa Testa di Augusto, rinvenuta nella città siciliana il 30 aprile 1938, nel pieno delle celebrazioni del bimillenario augusteo, da uno degli operai intenti a scavare il cavo di fondazione di uno dei quattro piloni destinati a sorreggere un tratto di strada. Dopo il ritrovamento, l’opera fu trasferita a Siracusa, nonostante l’opposizione della comunità cittadina e malgrado fosse già stato fondato l’Antiquarium comu-

71 a cura di vdgmagazine.it
Il borgo di Centuripe (Enna) © Salvatore La Spina

nale. Su iniziativa del sindaco, storico dell’arte e giornalista Salvatore La Spina, e grazie all’intervento delle istituzioni per i Beni culturali della Sicilia, il ritratto marmoreo è rientrato a Centuripe dopo più di 80 anni. Ma il territorio di Centùripe è ricco anche di altre bellezze archeologiche, storiche e paesaggistiche. Sono imperdibili i calanchi del Cannizzola, tra i più suggestivi dell’isola, il superbo ponte dei Saraceni che sovrasta il fiume Simeto, le imponenti terme romane, i resti del complesso mo -

numentale Augustales e le due tombe a rilievo di età imperiale. In stile tardo barocco siciliano sono invece la superba chiesa dell’Immacolata Concezione e la suggestiva chiesa di San Giuseppe. Caratteristico, infine, il Monte Calvario che emerge dal tessuto urbano e sulla cui sommità persiste una deliziosa chiesetta di inizi ‘900. Naturalmente, non mancano le attrazioni per i buongustai che possono deliziare il palato con i genuini prodotti del posto, tra cui il pregiato zafferano, l’ottimo formaggio locale e

i prelibati insaccati. Tra le squisitezze della cucina tipica spiccano “a pasta che finuocchi”, ovvero la pasta con il finocchietto selvatico, le frascatole (una sorta di polenta realizzata con ceci, piselli e pancetta) e la gustosa zuppa di fave con il lardo. Merita infine una nota a parte il Bersagliere, dolce biscotto ricoperto di cioccolata che pare sia stato inventato durante la Seconda guerra mondiale da una casalinga che aveva avuto in dono una barretta di cacao da un militare delle forze alleate.

I BERSAGLIERI DI CENTURIPE

di Sandra Jacopucci

Si racconta che alla fine della Seconda guerra mondiale gli alleati erano soliti distribuire tra la popolazione tavolette di cioccolato. Questo prodotto ispirò la creazione di una glassa usata per coprire i biscotti preparati a Centuripe. Nacquero così i Bersaglieri, ancora oggi presenti nelle pasticcerie locali in diverse varianti.

Gli ingredienti sono farina bianca setacciata insieme a pochi grammi di ammoniaca per dolci, uova, strutto (o burro), zucchero semolato e un pizzico di sale. Si impasta tutto aggiungendo del latte fino a ottenere un composto compatto. Si formano dei bastoncini che vanno infornati a 200° per i primi 10 minuti e a 180° per altri 15. Una volta raffreddati, si immergono nella glassa ottenuta sciogliendo a bagnomaria una tavoletta di cioccolato fondente aromatizzato con vanillina, zucchero a velo e una noce di burro.

72 IL PAESE DEI MILLE PAESI
© Salvatore La Spina © Salvatore La Spina Il ponte dei Saraceni che sovrasta il fiume Simeto a Centuripe I Bersaglieri preparati dal pasticciere Mauro Ciadamidaro

IL MOLISE CHE RESISTE

A CAMPOBASSO, TRA CASTELLI, BORGHI, NATURA E ATTIVITÀ ARTIGIANALI CHE CERCANO DI SOPRAVVIVERE ALLA CRISI

GENIUS LOCI
di Peppone Calabrese PepponeCalabrese peppone_calabrese [Conduttore Rai1, oste e gastronomo]
74 © Enzoartinphotography/AdobeStock
Castello Monforte, Campobasso

Partendo dalla stazione di Roma Termini, decido di avventurarmi verso Campobasso, una delle città più fredde d’Italia. Durante il viaggio leggo qualcosa sul Molise e scopro che in un’ora si può passare dall’alta montagna al mare e la cucina tipica è molto varia. Castelli, borghi e natura sono tra le caratteristiche che donano a questa regione un aspetto ancora poco contaminato ma allo stesso tempo affascinante e ricco di storia. Guardo dal finestrino, consulto la

mappa per capire dove sono, e capisco che uno dei fattori che penalizzano il turismo qui è il non trovarsi su percorsi di passaggio ed è proprio questo che ha alimentato ancora di più la mia curiosità verso il Molise. Arrivato a Isernia, lascio il treno per salire sul pullman sostitutivo. Il viaggio continua per un’altra oretta e ne approfitto per chiedere qualcosa su Campobasso a un signore che siede al mio fianco. Tra le tappe di oggi visiterò sicuramente il castello Monforte, restaurato dal conte Nicola II Monforte dopo il terremoto nell’Italia centro-meridionale del 1456.

Ma, mentre percorro le vie del centro storico, sorge un imprevisto: la suola di una delle mie scarpe si apre e rimango letteralmente a piedi. Incontro dei ragazzi molto gentili e chiedo loro se in città c’è un calzolaio a cui rivolgermi. Senza pensarci due volte mi parlano di Antonio, un artigiano sui generis che fa miracoli con le scarpe, e si offrono di accompagnarmi. La facciata della sua bottega è molto ricca di dettagli e rimango piacevolmente stupito. L’occhio viene catturato dalla maniglia della porta, tutta rivestita in cuoio: la apro e l’odore della bottega è fantastico.

Mi guardo intorno e non noto scarpe sparse ma tanto ordine, quadri, vetrine con borse e accessori molto curati. Dopo un attimo mi accoglie il calzolaio: è giovane, con barba e capelli lunghi e un bel sorriso. Gli spiego che sono di passaggio e ho solo un paio di scarpe con me, quelle ai piedi, e lui, guardandole, mi chiede gentilmente di toglierle. Le analizza tra le mani e, davanti ai miei occhi, scolla la suola come per magia. Poi mi dice: «Ci vorrebbe qualche ora ma provo a fare un’eccezione. Accomodati sul divano». Rimango piacevolmente stupito dal fatto che sia giovane, ma osservandolo mi accorgo anche che c’è altro in lui.

Guardo i quadri che riportano la sua firma e poi noto in alto, in un angolo dietro al bancone, due pergamene intitolate ad Antonio Pietromonaco: sono le sue lauree presso l’Accademia di Belle arti dell’Aquila. La mia curiosità sale sempre di più e quando nella bottega entra una donna, la mo -

glie, le chiedo di raccontarmi la loro storia.

Eufrasia esordisce dicendo: «Sono un’infermiera d’emergenza e, appena stacco dai turni, corro in bottega a trovare mio marito che è all’opera».

Poi continua: «Ho conosciuto Antonio nel 2014, aveva avviato la sua attività da due anni. Ho iniziato a vivere la bottega nel pomeriggio, per la pausa caffè, ma più i mesi passavano più mi appassionavo al suo modo di riportare in vita le scarpe e di trasformare un foglio di cuoio in un accessorio unico. Ha davvero le mani magiche». Eufrasia è innamorata e mi continua a parlare di suo marito: «Ha sempre avuto barba e capelli lunghi. Spirito libero, testardo, indipendente sin da piccolo, compiuti 18 anni voleva trovare un lavoretto ma il suo aspetto non era ritenuto idoneo. Un pomeriggio portò i suoi stivali dal calzolaio sotto casa, un uomo dall’animo nobile, figlio d’arte, con una bottega risalente al 1931. Passò una settimana, poi un’altra e un’altra ancora, ma quegli stivali non erano mai pronti perché il titolare era troppo pieno di lavoro, così Antonio si offrì di dargli una mano. Passava i pomeriggi lì, a guardarlo lavorare, lui che frequentava il liceo artistico e aveva una grande predisposizione per la creatività e i lavori manuali. Dopo il diploma, la scelta fu a occhi chiusi: Accademia di Belle arti dell’Aquila». Sono sempre più interessato e voglio saperne di più. Eufrasia continua: «Il suo titolo è Maestro d’arte in Decorazione, il percorso poteva continuare ma poi, come si dice, “al cuor non si comanda”. E così, nel 2012, Antonio ha aperto la sua bottega, fondendo tecniche di vecchia e nuova generazione e trasformandola in un piccolo centro servizi, per tutte le tasche e gli stili di vita. Dall’intramontabile tacco e soletta alle risolature ipertecnologiche per qualsiasi tipologia di calzatura, dalle creazioni di pelletteria per il mondo biker alle borse esclusive e personalizzate».

Quando Eufrasia è entrata nella sua vita, nel 2014, ha cominciato a raccontare questa storia sui social, prevalentemente su instagram. E molte persone, da tutta Italia, hanno contattato il calzolaio per ricevere una sua crea-

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zione o farsi riparare le scarpe. Dopo tante richieste da ogni angolo dello Stivale, è nato il servizio #Soscalzolaio, per permettere a tutti di usufruire del suo sapere. «Ogni creazione viene disegnata e realizzata da Antonio ma per una questione di costi alcuni progetti vengono realizzati solo su preordine. Diamo molta importanza all’ecosostenibilità legata al mondo dell’artigianato. Il nostro motto è “prima di buttare pensa a riparare”, oppure “compra poco purché sia di qualità”. Abbiamo sempre mostrato chi siamo realmente, la vita del retrobottega e i nostri sacrifici con spontaneità».

La donna è un fiume in piena, felice e orgogliosa di raccontare quella che sembra una fiaba, ma mi accorgo che a un tratto cambia espressione: «Abbiamo inaugurato il sito all’inizio della pandemia e, mentre i follower su instagram e tiktok crescevano giorno dopo giorno, con la crisi le vendite diminuivano sempre di più».

Mi spiega che le spese hanno cominciato a superare le entrate e, nonostante le tante ore di lavoro, oggi la bottega rischia di chiudere: l’artigianato in Italia è considerato una perla, ma poi le persone preferiscono acquistare dai grandi marchi.

Antonio esce dal retrobottega con le scarpe rimesse a nuovo, incollate, revisionate e lucidate. Lo ringrazio per il lavoro e la gentilezza e gli chiedo del suo futuro: «Ho investito tutti i risparmi in questa attività, le abbiamo provate tutte. Mi concedo sei mesi per cercare un altro lavoro o dovremo abbando -

nare il nostro Molise e l’Italia».

Lascio la bottega con l’amaro in bocca, mi guardo intorno smarrito. Un artigiano italiano, che io considero un eroe, sta decidendo di chiudere. Per quanto possibile, voglio sostenere il

lavoro di Antonio e di quanti come lui hanno bisogno di vicinanza. Perché le professioni artigiane devono sopravvivere: questa sarebbe veramente una vittoria per l’intera comunità. artisgiani_pmk

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Il calzolaio Antonio Pietromonaco nella sua bottega © Eufrasia Caruso © Enzoartinphotography/AdobeStock Campobasso

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BUON VIAGGIO BRAVA GENTE di Padre Enzo Fortunato padre.enzo.fortunato padrenzo padreenzofortunato [Giornalista e scrittore] L’ARTE DELLA FRATERNITÀ A GUBBIO, UNO DEI LUOGHI SIMBOLO DELLA STORIA FRANCESCANA GRAZIE ALL’EPISODIO DI RICONCILIAZIONE TRA IL SANTO E IL LUPO. CHE PORTA UN MESSAGGIO SEMPRE ATTUALE Monumento a San Francesco e il lupo 78 © Enzoartinphotography/AdobeStock

AGubbio, in provincia di Perugia, c’è una chiesetta intitolata a Santa Maria della Vittoria, detta anche della Vittorina. Qui, secondo il racconto dei Fioretti, l’opera che raccoglie episodi esemplari della vita di Francesco, nel 1220 circa il santo ammansì un feroce lupo che terrorizzava gli abitanti del posto. Ma, in questo luogo, il Poverello era già presente qualche anno prima. Nel 1213, infatti, ottenne in uso la chiesetta dal vescovo di Gubbio, Beato Villano, con il consenso dei benedettini che ne erano beneficiari, per realizzarvi il primo insediamento dei frati francescani.

Solo qualche decennio più tardi, nel 1241, i monaci si trasferirono nel convento di San Francesco costrui -

to in città, lasciando la struttura alle suore clarisse.

Col passare dei secoli, la chiesa ha subito molti rimaneggiamenti e quel che resta della parte originale è soltanto l’abside con la piccola monofora romanica strombata, oggi cieca, ornata da due rosette e una croce sulla fronte dell’arco. Otto affreschi tra quelli che decorano l’interno raccontano altrettanti episodi esemplari della vita del Santo di Assisi, come la predica agli uccelli o il miracolo della resurrezione di un muratore caduto da una muraglia. Ma il vero punto di forza di Gubbio è la vicenda dell’incontro con il lupo e del grande gesto di fraternità di Francesco. Pur conoscendo il pericolo, non andò a combatterlo ma

cercò il dialogo chiamandolo fratello e restituendogli dignità, capendo che la sua aggressività non era altro che una grande fame di amore e un forte desiderio di essere ascoltato. Francesco cercò la causa, senza rispondere con la violenza, come si legge nei Fioretti : «Nel contado di Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali ma eziandio gli uomini, in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura (…) Francesco gli fa il segno della croce, e chiamollo a sé e disse così: “Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona”. Mirabile cosa a dire! Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la

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Gubbio © Angelo Chiariello/AdobeStock

croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre: e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere». Un monumento di bronzo alto tre metri è stato posto alle porte della città, nel 1997, a ricordo di questo episodio. Ciò che colpisce, infatti, è l’addomesticamento dell’animale selvatico ma soprattutto la conseguente convivenza tra il lupo e gli abitanti di Gubbio: «Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo, che tu venga ora meco sanza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al

nome di Dio». L’animale non avrebbe più recato offesa alle persone che, dal canto loro, lo avrebbero nutrito costantemente.

È quello che predica anche papa Francesco con il messaggio per la 56esima Giornata mondiale della pace: “Nessuno può salvarsi da solo”. Soprattutto in questa epoca flagellata dalla pandemia e, sempre riprendendo le parole di Bergoglio, da una guerra in Ucraina che «miete vittime innocenti e diffonde incertezza». In quest’ottica il verbo “ammansire” assume anche altre connotazioni. Ammansire il lupo può

significare anche addomesticare la logica spietata delle ingiustizie che affliggono i poveri e trovare un equilibrio tra la sfera spirituale, socioeconomica ed ecologica. È possibile immaginare un uomo-funzione o un uomo-macchina senza interiorità? È possibile immaginare un sistema economico che schiaccia la creazione e le creature? Purtroppo, non solo è immaginabile ma è persino realistico. Allora cerchiamo tutti di seguire il sogno di Martin Luther King e «trasformare le stridenti discordanze della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fraternità».

80 BUON VIAGGIO BRAVA GENTE
Chiesa di Santa Maria della Vittorina © Christopher John SSF/Wikipedia

Lo ha usato e ha osato. Inciso con l’ingegno, posseduto da abilità dirompenti, forgiato come fosse creta imbevuta d’acqua. Gian Lorenzo Bernini il marmo lo ha dominato, piegato, padroneggiato per tutta la sua lunga vita. Lo ha trasformato in anatomie reali, trine e merletti sottili, panneggi fluttuanti come onde, fogliame d’alloro intensamente mimetiche. Ma anche in bocche socchiuse che paiono alitare, espressioni vitali e sentimenti umani. Ha fatto abitare la materia da figure rese immortali e sculture che hanno cambiato il volto a una Roma seicentesca, immersa nei tripudi barocchi. Tanto da far virare il corso dell’arte italiana ed europea. Proprio allo scultore che ha superato la forma classica è dedicata la seconda edizione del progetto promosso dal Gruppo FS e dal Fondo Edifici di culto (Fec) atto a sostenere la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, religioso e culturale del Paese. Un calendario con scatti di Massimo Listri e testi critici di Francesco Petrucci invitano a compiere un

-

CULTURA
con Gian
tra
romane del Fec, se
ABITARE LA VIAGGIO TRA LE BASILICHE BAROCCHE DEL FONDO EDIFICI DI CULTO NELLA ROMA DEL ‘600. QUELLA A CUI GIAN LORENZO BERNINI HA CAMBIATO IL VOLTO. FORGIANDO MARMI CON INGEGNO IRRAGGIUNGIBILE di Sandra Gesualdi sandragesu 82 Gian Lorenzo Bernini Angelo con corona di spine e Angelo con la tavola della croce (1667-1669) © Fondo Edifici di culto - Ministero dell'Interno
viaggio
Lorenzo
le basiliche

MATERIA

guendo la selezione di 12 opere, una per ogni mese del 2023. Le schede e un volume dedicato mirano a una “ricomposizione” della produzione del grande maestro all’interno del patrimonio artistico del ministero dell’Interno, in un itinerario che attraversa in lungo e largo la Capitale: da Santa Maria della Vittoria a Sant’Andrea al Quirinale, da Santa Maria in Ara Coeli a Santa Maria Sopra Minerva fino a Sant’Andrea delle Fratte. E anco - ra: Santa Maria del Popolo, San Lorenzo in Lucina, Sant’Andrea della Valle, San Francesco a Ripa Grande, per concludersi a San Sebastiano fuori le mura con il Salvator Mundi, l’ultima opera realizzata da Bernini.

Il mecenatismo dei pontefici che per oltre 60 anni hanno promosso e sostenuto lo scultore nato a Napoli, vissuto a Firenze ed esploso a Roma non ha impedito alla sua lunga carriera di essere imperniata di assoluta libertà. Di sperimentare, rompere schemi, superare i parametri dell’estetica. Lo si nota nell’espressione contrariata, quasi accigliata del monumentale Angelo con corona di spine che, insieme al gemello alato con il titolo della croce tra le mani, abita la fine della navata centrale di Sant’Andrea delle Fratte. Le due statue, opere della maturità del Bernini, erano destinate alla collocazione sul ponte di Castel Sant’Angelo, ma papa Clemente IX ne rimase talmente colpito, per bellezza e artificio, che le fece sostituire da copie e così le protesse dalle intemperie. Le due creature celesti, uno arrabbiato per la crocifissione del Signore, l’altro con la bocca spalancata, appaiono in bilico tra cielo e terra sorretti da ali d’uccello tanto credibili per il piumaggio intarsiato.

Ma è con il noto gruppo scultoreo raffigurante l’ Estasi di Santa Teresa d’Avila, nel transetto sinistro di

CULTURA

Santa Maria della Vittoria, che il realismo e l’emancipazione creativa berniniana raggiungono l’apice. Qui dipinge il marmo rendendolo in termini di percezione come pen -

nellato dal vero. Compie capriole illusionistiche, sublima l’utilizzo del chiaroscuro e in certi punti rende sottile, quasi trasparente il marmo. La transverberazione della Santa

da parte di un cherubino che le alza la veste e le trafigge il cuore dell’amore di Dio è resa come se il monumento fosse carne viva. Teresa appare rapita, prostrata dal divino,

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Gian Lorenzo Bernini Estasi di Santa Teresa (1647-1652) Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma © Fondo Edifici di culto - Ministero dell'Interno © Monica/AdobeStock

fatta lievitare in un’estasi mistica allusivamente sensuale, immersa tra panneggi corposi e grovigli di patimento. La scultura qui è traduzione letteraria di stati d’animo, li abita senza indugi. Si fa carne. Dall’altra parte del fiume, in Trastevere, nella chiesa di San Francesco a Ripa Grande, che al tempo aveva ancora un aspetto medievale, Bernini pone

IN VIAGGIO CON L’ARTE

un’altra opera struggente che effigia una donna. È Ludovica Albertoni, terziaria francescana vissuta tra il ‘400 e ‘500, che da moglie di un marito violento, rimasta vedova, si mette al servizio dei poveri e per questo diventa Beata. Appare sotto una finestra che la irrora di luce naturale, di fronte all’altare maggiore, in una visione per i visitatori e i fe -

deli. La Beata è distesa sul letto di morte e sembra mordere gli ultimi soffi vitali: il capo reclinato, la bocca serrata, gli occhi chiusi. È il momento fatale. Bernini la blocca per sempre così, spirante sul suo letto, ancora nel mondo dei vivi ma già con le porte aperte del Paradiso che l’attende. L’arte qui si fa eternità.

Un inedito percorso espositivo virtuale e itinerante. Per il secondo anno consecutivo, la collaborazione tra Ferrovie dello Stato Italiane e il Fondo Edifici di Culto (Fec) del ministero dell’Interno a cui, per questa edizione, si è aggiunto anche il sostegno di Aeroporti di Roma ha dato vita al progetto In viaggio con Bernini che sostiene la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, religioso e culturale del Paese. Simbolicamente, le opere arrivano nelle sale dell’Alta Velocità delle principali stazioni, salgono a bordo delle Frecce e, da gennaio, vengono pubblicate sul calendario Fec 2023. Al centro di ogni mese dell’anno 12 tra le sculture più suggestive di Gian Lorenzo Bernini, conservate nelle basiliche di Roma. «Il messaggio universale dell'arte viaggia in treno, mezzo di trasporto sostenibile per eccellenza, che ogni giorno garantisce la mobilità di persone e merci, si fa custode della cultura e della libera circolazione delle idee, sostiene e valorizza l'inestimabile patrimonio del nostro Paese», ha dichiarato Luigi Ferraris, amministratore delegato del Gruppo FS. Il calendario con le opere è esposto su totem allestiti nei FRECCIALounge di Milano Centrale, Bologna Centrale, Firenze Santa Maria Novella, Roma Termini e Napoli Centrale e all'interno dei FRECCIAClub di Torino Porta Nuova, Torino Porta Susa, Venezia Santa Lucia, Venezia Mestre, Padova, Verona Porta Nuova, Roma Tiburtina, Bari Centrale, Reggio Emilia e Napoli Afragola.

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Gian Lorenzo Bernini Beata Ludovica Albertoni (1674) Chiesa San Francesco a Ripa Grande, Roma © Fondo Edifici di culto - Ministero dell'Interno © Sailko/Wikipedia

diNapoli

LaSalaFilangierinell’ArchiviodiStato diNapoli

CULTURA
La facciata dell’Archivio di Stato di Napoli © Archivio di Stato di Napoli © Archivio di Stato
CASA DALLA MOSTRA SUL GIOCATTOLO ANTICO ALLE CARTE CHE SANCISCONO LA NASCITA DELLA FERROVIA ITALIANA. TUTTI I TESORI DELL’ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI di Annamaria Barbato Ricci STORIE DELLE
LA

Fondato nel 1808, dal 1845 l’Archivio di Stato di Napoli è ospitato nel convento benedettino dei Santi Severino e Sossio e conquista un fiume di visitatori per la sua concezione innovativa. «Accoglie anche chi non è un ricercatore. E attrae per la bellezza dei luoghi, facendo nascere in chi lo visita la voglia di saperne di più», spiega la direttrice Candida Carrino.

Con le sue 300 sale, suddivise su quattro piani, ospita la più ampia raccolta documentaria dell'Italia meridionale, con volumi, opuscoli, manoscritti, atti ufficiali, pergamene e documenti riguardanti la città di Napoli dal X secolo all'epoca moderna. Qui, fino al 30 gennaio, è allestita anche La Fiera dei balocchi. Mostra del giocatto-

lo antico: circa mille pezzi, alcuni preziosissimi e risalenti ai primi del XVIII secolo, appartenenti alla collezione di Vincenzo Capuano, docente di Storia del giocattolo all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. La scenografia dell’esposizione è stata affidata a Donatella Dentice di Accadia che ha esaltato lo splendore degli spazi. Nell’allestimento, bambole storiche, giochi di legno, di latta e da tavolo: qui è rappresentato l’intero universo ludico, treni compresi. Non quelli della modellistica ma, fra legno e latta, ce ne sono alcuni molto evocativi che riportano indietro nel tempo.

Al di là della mostra, l’Archivio di Stato è la “casa delle storie”. Tra le vicende narrate nei suoi immensi cataloghi non potevano certo mancare quelle

su rotaie, dato che proprio a Napoli nacque la prima ferrovia d’Italia e qui si trova anche il Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa, ex opificio dove vennero montate le prime locomotive italiane.

Grazie all’aiuto di un archivista esperto come Lorenzo Terzi, sono emersi tanti documenti riguardanti la genesi della ferrovia italiana, in primis le carte della Casa reale di Borbone. Tutto cominciò 186 anni fa, quando l’ingegnere francese Armando Giuseppe Bayard de la Vingtrie chiese al governo borbonico la possibilità di costruire una linea ferroviaria, la tratta Napoli-Nocera, che avrebbe potuto essere prolungata anche verso San Severino, Salerno, Castellammare e Avellino. L’imprenditore dichiarò di

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CULTURA
La Fiera dei balocchi. Mostra del giocattolo antico all’Archivio di Stato di Napoli © Leonardo Marciano

volersi assumere tutti i rischi ma l’idea non ebbe immediata accoglienza. Il suo unico alleato era il potentissimo ministro degli Affari interni, Nicola Santangelo, pur dubbioso riguardo alla reale utilità dell’opera rispetto al miglioramento dei commerci. Il politico pose condizioni alquanto giugulatorie: innanzitutto, Bayard avrebbe dovuto versare 50mila ducati o acquistarne tremila di rendita napoletana a garanzia dell’effettiva esecuzione dei lavori. In caso di suo fallimento, il governo avrebbe avuto così la possibilità di portare a termine i lavori o di usare la cauzione per risarcire i proprietari terrieri danneggiati. A questo si aggiungeva il fatto che i binari non potevano occupare la strada comune esistente e che una commissione ad hoc avrebbe dovuto approvare i progetti, mentre si lasciava a Bayard la libertà di scegliere il percorso migliore. L’ingegnere accettò quasi tutte le condizioni proposte dal governo e si impegnò a versare entro quattro mesi la cauzione, da restituirsi in tre tranche, in corrispondenza con l’apertura dei tronchi ferroviari Napoli-Torre Annunziata, Torre Annunziata-Castellammare e Castellammare-Nocera.

Ferdinando II, con decreto del 19 giugno 1836, autorizzò così la concessione e il 5 ottobre successivo contro -

firmò tutti i documenti. Ma solo il 27 marzo 1838 Bayard inoltrò al governo i progetti della ferrovia. Il re, allora, nominò una commissione presieduta dal direttore generale del Corpo di ponti e strade, Carlo Afan de Rivera, che contestò il tracciato della linea, contravvenendo ai patti sottoscritti. Finalmente, il 5 luglio 1838, i progetti furono approvati e l’11 settembre iniziarono i lavori. L’inaugurazione del primo tratto fino a Portici fu prevista inizialmente per il 28 settembre 1839 ma, in realtà, avvenne il 3 ottobre, con partenza alle ore 11, annunciata con tre colpi di cannone dal castello del Carmine. A guidare il convoglio vi erano macchinisti inglesi, a bordo il re e 48 invitati.

Le varie sezioni della strada ferrata furono aperte all’esercizio tra il 1839 e il 1844. Nel ‘45 l’ingegnere e architetto barese Emmanuele Melisurgo si candidò come concessionario per la realizzazione della linea delle Puglie. Partendo da Napoli, il tracciato avrebbe messo in comunicazione il Tirreno e l’Adriatico, via Avellino, Ariano Irpino, Lucera, Foggia, Canosa, Barletta, Bari e Brindisi e con quattro diramazioni: Lucera-Termoli, Foggia-Manfredonia, Canosa-Taranto e Brindisi-Lecce-Nardò-Gallipoli.

Il 2 marzo 1846 fu emesso il decreto

di concessione della Napoli-Barletta, con facoltà per il concessionario di prolungare la tratta fino a Otranto. Melisurgo, oltre ai 50mila ducati versati, s’impegnò a pagarne altri 350mila in otto mesi, pena la confisca della cauzione e la revoca della concessione. Al momento dell’Unità d’Italia, però, la rete delle strade ferrate si fermava prima di Salerno a sud e poco sopra Caserta a settentrione. Comunque, Giuseppe Garibaldi entrò a Napoli in treno: il condottiero su rotaia. archiviodistatonapoli.it

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CandidaCarrino
© Mario Laporta Alphonse Bernoud, Stazione Regia, Napoli, 1862 circa

IL PITTORE CHE SUSSURRA

AI CAVALLI

UNA CARRIERA DI SUCCESSO DA NEW YORK A LONDRA. POI RICCARDO PROSPERI, IN ARTE SIMAFRA, LASCIA TUTTO PER ABBRACCIARE UNA VITA UMANAMENTE ED ECOLOGICAMENTE PIÙ SOSTENIBILE

90 ARTE
di Cesare Biasini Selvaggi - cesarebiasini@gmail.com Foto di Sara Casarin
Simafra durante la performance Morte e rinascita artistica in un faggeto innevato, dicembre 2019

L’unica cosa che Riccardo Prosperi continua a ripetere ogniqualvolta chiede a se stesso cosa gli piaccia fare è: «Colorare». Quando compie 13 anni, nell’estate a cavallo tra le medie inferiori e l’inizio delle superiori, suo padre gli trova un'occupazione estiva. Come per magia, Riccardo è catapultato tra foglie oro, antiche tele rovinate, pigmenti di colore custoditi in grandi ampolle di vetro e meravigliosi intagli su legno. Si tratta di una bottega fiorentina di decorazioni e restauro. È amore a prima vista e cambierà per sempre la sua esistenza. Tra la scuola per geometri e il lavoretto estivo in bottega scorre la sua adolescenza. A 17 anni si chiude nella cantina dei genitori e, timidamente, realizza il suo primo dipinto, un mare e un faro (forse quello che cerca disperatamente per pren-

dere una direzione nella vita). Senza un soldo in tasca ma con tanti sogni ancora da scoprire e il fuoco dentro, decide di andare via di casa. Ha ormai 18 anni e mezzo. L’unica certezza è la pittura, sempre presente, tra un lavoretto e l’altro per sbarcare il lunario. Divide case con studenti universitari, spesso stranieri, che si alternano tra un Erasmus e l’altro; c’è anche un pianista tra loro. Ogni sua pennellata viene così accompagnata dalle note di Beethoven, Prokofiev, Mozart. Intorno ai 26 anni arriva la svolta. I suoi dipinti cominciano a essere esposti in giro per il mondo, dalla casa dell’attrice Cameron Diaz a New York al Palazzo Tod’s di Milano, dal ristorante Cipriani di Ibiza agli yacht di vip internazionali. Conosce Sara e le chiede di sposarlo in Lapponia, all’interno di un igloo di vetro sotto l’aurora boreale.

Ora Riccardo Prosperi si firma con lo pseudonimo di Simafra, che non abbandonerà più. È rappresentato da grandi gallerie, da Londra a Roma. I suoi dipinti, composizioni materiche quasi astratte dedicate al mondo della natura, fanno bella mostra in collezioni sempre più numerose sparse tra i cinque continenti. Ma d’un tratto qualcosa si inceppa e, all’apice del successo, decide di abbandonare tutto. È il dicembre 2019. Egli raffigura questo cambio di vita con una foto emblematica in cui si ritrae in mezzo una foresta innevata di faggi, con delle monete d’oro sugli occhi. Alla maniera dei defunti nell’antica Grecia e Roma, che in questo modo pagavano il loro obolo a Caronte, il traghettatore delle anime lungo il fiume Acheronte, confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti. La sua fine viene così celebrata

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Veduta della fattoria di Simafra, tra Firenze e l'aretino, dove vive con la famiglia

simbolicamente da Simafra come un nuovo inizio. Un salto nel vuoto. «Ricordo ancora la sensazione di quel giorno e l’effetto dell’annuncio della mia morte artistica sui social. Le telefonate ricevute dai galleristi increduli. I miei collezionisti presi dalla paura che i loro investimenti fossero stati vani. Nessuno capiva che si trattava di un modo per elevare la mia identità di pittore, non per sopprimerla. Il mio mercato era diventato troppo commerciale e le opere iniziavano a essere ripetitive, noiose. Dovevo fare qualcosa di estremo, di radicale».

Comincia qui l’intervista a questo artista sui generis che raggiungo in quel piccolo paradiso bucolico nel quale si è ritirato con sua moglie e i quattro figli, lontano dai clamori delle grandi capitali internazionali. Siamo vicino al passo della Consuma, tra Firenze e l’aretino, in prossimità delle magiche foreste di Vallombrosa. La casa è un’antica struttura in pietra con diversi annessi che fungono da riparo per gli animali: cavalli, pecore, capre, cani, galline. Lo studio è un vecchio fienile dove il nostro artista si reca ogni mattina a cavallo, attraversando boschi di abeti canadesi, castagni, tigli e faggi.

Quali sono i ritmi di questa tua nuova vita?

Sono un elogio alla lentezza. Provia -

mo a seguire il passo inesorabile delle stagioni. Parlo al plurale perché viviamo in una piccola comunità di giovani famiglie che, come noi, hanno scelto di abbandonare il tran tran della vita quotidiana di città per cercare un luogo fatto di magia, antichi mestieri e segreti. Più o meno siamo una decina di nuclei familiari, non mancano mai le galline con le loro preziose uova, gli alberi da frutto che arricchiscono le merende dei nostri figli e molti hanno anche gli ulivi. C’è poi chi produce buonissime forme di formaggio che spesso vengono offerte in occasione dei pranzi domenicali. Ci sono pure le colture di grani antichi, canapa biologica, frutti di bosco e gli orti curati con le tecniche più sostenibili. Il miele è sempre di casa da noi. Siamo apicoltori consapevoli di quanto questi insetti siano fondamentali per l’equilibrio della biodiversità. Spesso ci capita anche di usare i nostri cavalli per portare i bambini a scuola o fare la spesa in paese. Che tipo di scuola frequentano i bambini della vostra comunità? Abbiamo tutti optato per una scuola parentale ospitata nei locali di un ex panificio dove, 20 anni fa, si sfornava una buonissima schiacciata ancora oggi ricordata dai buongustai. Siamo a due passi dall’ingresso di

un bosco. È un modo diverso di vivere il sistema scolastico. La grande sfida è riuscire a far maturare nei nostri figli il senso di libertà, i propri talenti e passioni, senza rinunciare però alle regole e alla didattica. È il tipo di approccio che cambia. Per noi, si può apprendere la matematica anche stando appesi a un albero. D’inverno, per esempio, i più piccoli si ritrovano a imparare le tabelline davanti a un bel camino acceso.

Anche Sara Casarin, tua moglie, che lavorava nel campo della moda, si è reinventata la sua professione? Sì, in modo incredibile. Ha coniugato l’impegno di mamma di quattro figli con la passione per la fotografia. Ha aperto un profilo su instagram. E, a piccoli passi, ha cominciato a raccontare la nostra nuova vita. Consapevole che i social, se ben utilizzati, possono essere un veicolo importante di sensibilizzazione sociale. Esattamente quella che, secondo me, dovrebbe essere la funzione dell’arte. Condividendo le sue fatiche di mamma, Sara contribuisce indirettamente a offrire un supporto alle altre. A oggi, il suo profilo conta quasi 25mila follower, un pubblico molto attivo, quasi tutto al femminile, che la segue con grande affetto. Come è cambiata la tua pittura dopo la rottura con le certezze del mercato e del successo che avevi raggiunto?

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Il silenzio dei caduti (2022), dipinto esposto nella personale di Simafra al Pastificio Cerere di Roma, novembre 2022

Circa dieci mesi fa, a cavallo della nascita della nostra ultima figlia, sono esploso con circa 30 opere recentemente esposte al Pastificio Cerere di Roma. Questi dipinti raccontano tutto. La mia battaglia e le mie sconfitte. Le mie fragilità. Soprattutto, la curiosità che avevo perso. Perché la tela non perdona, svela il tuo intimo, non puoi fregarla. Ti travolge, ti ama e ti odia. La tela è lo specchio dell’anima. Sento comunque che la nuova ricerca è appena iniziata. Ho solo scoperchiato un vaso di Pandora.

Quando mi congedo da Simafra ho ancora negli occhi i suoi ultimi lavori. Tele monumentali, soggetti che conducono a un tempo senza storia e a luoghi ancestrali nei quali vi è il dominio incorrotto della natura. Sono

luoghi dove dominano le emozioni e prevalgono l’empatia, la spontaneità e i sentimenti più genuini. La ricerca si muove fondendo in maniera indissolubile la vicenda esistenziale con l’essere artista. Nell’era dell’iperconnettività e dell’ipersaturazione di immagini, egli ravvisa un bisogno disperato di ritorno alla natura, alla meraviglia attraverso la mediazione dell’arte e della sua visionarietà. Con l’impiego di una pittura densa di materia, apre così i suoi varchi attraverso i quali uscire dalla realtà di ogni giorno, come avviene nei film di Federico Fellini, Andrej Tarkovskij e di David Lynch o nei libri di William Burroughs.

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Sara Casarin, moglie di Simafra, con i quattro figli Martino, Enea, Leonida e Zelda nello studio-fienile dell'artista
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Pier Paolo Pasolini Autoritratto con fiore in bocca (1947) © Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux, Firenze
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ALLA GALLERIA D’ARTE MODERNA DI ROMA OLTRE 150 OPERE, TRA AUTORITRATTI E PAESAGGI, INDAGANO UN ASPETTO POCO NOTO DI PIER PAOLO PASOLINI di Sandra Gesualdi sandragesu
LE TELE DEL POETA
Pier Paolo Pasolini Laura Betti e Ninetto Davoli nei panni di Desdemona e Otello (1967) © Fondazione cineteca di Bologna

Pittura e poesia si sono sfiorate in Pier Paolo Pasolini. Lemmi e colori, parole e disegni. Intorno ai 20 anni è un giovane pittore, oltre che poeta. Era ancora prima di diventare PPP il regista, lo scrittore e l’intellettuale celebrato in ogni suo stilema, soprattutto in questo centenario della nascita appena chiuso.

Dipinge già dall’inizio degli anni ‘40. Mischia tempere, amalgama pigmenti, adopera inchiostri, sperimenta pastelli e matite grasse dal tratto materico e voluttuoso, sovrappone terriccio a china. Addensa colori su fogli e tele, pur non disdegnando atteggiamenti avanguardisti che lo portano a usare carte da lucido e cellophane, probabilmente sotto l’influenza del movimento della Bauhaus e del Futurismo di inizio ‘900.

Un’accanita ricerca della tecnica e della forma quella di Pasolini. Il suo soggetto prediletto è il corpo. Riproduce figure femminili spesso legate al proprio nucleo familiare: la madre Susanna, la zia o la cugina fissate nei gesti quotidiani, mentre si pettinano, si guardano allo specchio, sono sedute al tavolo o ferme in piedi. Così come le figure di ragazzi, catturati dal mondo contadino friulano, raffigurati di profilo e resi modelli nell’atto di dipingere o di scrivere.

Una molteplicità umana tipica dei suoi soggetti, protagonista nelle composizioni dei decenni successivi e struttura portante di copioni, pagine celebri e scene filmiche entrate nella storia del cinema. Quasi un’ansia spasmodica di voler fermare il tempo in quelle teste scolpi -

te dal pennello, nei volti di anonimi abbozzati o nei disegni di gente conosciuta. Sono i suoi ritratti dell’anima tra cui spiccano quelli ad amici e parenti, ai protagonisti del mondo culturale frequentato a Roma, come la tela colorata e sognante dedicata agli attori Laura Betti e Ninetto Davoli o quella che raffigura l’amico poeta Andrea Zanzotto. Noto il profilo color caramello di Maria Callas imbastito a carboncino e reso etereo ed evanescente come fosse un’immagine ancestrale o quello dell’artista, scrittore e drammaturgo Fabio Mauri e ancora dello storico e critico d’arte Roberto Longhi, riconosciuto come maestro fin dagli anni degli studi universitari a Bologna. Oltre 150 opere di questo corpus pittorico, tra cui alcuni pezzi ine -

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Pier Paolo Pasolini Ritratto di Maria Callas (6 settembre 1969) © Collezione privata

diti o poco conosciuti, sono riunite nella mostra romana allestita alla Galleria d’arte moderna fino al 16 aprile. Pasolini Pittore è il progetto espositivo, a cura di Silvana Cirillo, Claudio Crescentini e Federica Pirani, che intende riportare l’attenzione su un aspetto artistico importante e ampio nella formazione del poeta, scrittore e regista, ma spesso trascurato dalla critica. A oltre 40 anni dall’ultima antologica completa del 1978, tenutasi sempre a Roma a Palazzo Braschi, queste opere aggiungono un tassello fondamentale alla biografia e al complesso creativo pasoliniano corroborato dalla multidisciplinarietà dei linguaggi visivi. Una selezione narrata per temi e proveniente dalla collezione del Gabinetto scientifico letterario

Vieusseux di Firenze, ma anche dalla Cineteca di Bologna, dal Centro studi di Casarsa, dall’Archivio Giuseppe Zigaina, oltre che da collezionisti privati.

Un percorso tenuto insieme dal corpo dell’intellettuale friulano, o meglio dal suo volto, ormai icona planetaria, e in particolare dai suoi tanti autoritratti. Figure di sé che rimandano a una iconografia vagamente post-cubista, arricchite da particolari che diventano firme d’autore: la vecchia sciarpa colorata, i fiori in bocca, i colletti di camicia, gli occhiali a farfalla. E poi ci sono gli afflati e i panorami di Casarsa dove Pasolini ha trascorso la gioventù e dove «come un vero vedutista usciva di casa con il cavalletto e la cassetta dei colori le -

gati alla canna della bicicletta e si inoltrava nei campi che circondano il paese», ricorda il cugino Nico Naldini, anch’egli poeta e pittore. Osservando Paesaggio di Casarsa (1944) – a metà strada tra impressione e realismo, chiarore e ombre, vuoti e pieni – par di sentire i versi di quel ragazzo che nelle poesie friulane, poi raccolte nel testo La nuova gioventù, confessava a se stesso: «Di tutte le cose che so ne sento nel cuore solo una: sono giovane, vivo, abbandonato col corpo che si consuma. Resto un momento sull’erba della riva, tra gli alberi nudi. Poi cammino e vado sotto le nuvole. E vivo con la mia gioventù». galleriaartemodernaroma.it museiincomuneroma museiincomune

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Pier Paolo Pasolini Paesaggio di Casarsa (1944) © Archivio Giuseppe Zigaina

STILE SENZA CONFINI

DALLA NUOVA TENDENZA OUTDOOR ALLE LINEE FLUIDE E SENZA TEMPO DI JAN-JAN VAN ESSCHE. RIFLETTORI PUNTATI SULLA MODA DI PITTI UOMO, A FIRENZE DAL 10 AL 13 GENNAIO

di Cecilia Morrico MorriCecili morricocecili In queste pagine capi Autunno-Inverno 2022 di Jan-Jan Van Essche

Èormai certo che, negli ultimi anni, il mondo del prêt-à-porter sia cambiato. Dopo la pandemia, la passione per gli spazi aperti e gli sport legati alla natura ha avuto un boom e questa nuova attitudine ha condizionato anche la ricerca stilistica, confluendo in una nuova prospettiva di lifestyle. A questa tendenza non poteva di certo rimanere indifferente Pitti Immagine Uomo, che torna a Firenze dal 10 al 13 gennaio e si fa promotore di un trend contemporaneo. Insieme alle tradizionali sezioni – Fantastic Classic, Futuro Maschile, Dynamic Attitude, Superstyling – per la 103esima edizione nella Sala della Ronda, all’interno di Fortezza da Basso, nasce anche I go out, un contenitore che ospita brand internazionali di abbigliamento, accessori e oggetti per la vita all’aperto capaci di dialogare con il contesto metropolitano. Prodotti innovativi che uniscono stile e performance, funzionalità e ambizione progettuale, ma anche oggetti che fondono filosofia environmentally friendly e una creatività che guarda al viaggio e alla fotografia. Tra le altre novità anche due aree speciali: The Sign, dedicata al mondo del design e complementi d’arredo, e PittiPets, uno spazio riservato agli accessori e al lifestyle per gli amici a quattro zampe. Insieme ai 776 marchi pronti a raccontare il prossimo inverno non mancano i grandi ospiti di Pitti Uomo, tra cui lo stilista belga JanJan Van Essche, designer project che l’11 gennaio debutta con la sua prima sfilata in assoluto.

MODA

Il tuo brand ha 12 anni ma hai deciso di esibire i tuoi capi solo ora, in Italia. Che emozione provi?

Mi sento sereno, sono quasi in uno stato meditativo. Anche perché questo evento è un rito di passaggio per me, e più che concentrarmi sull’emozione che provo penso a come trasmetterla a chi verrà a vedermi a Firenze. Voglio lanciare la mia idea di moda, il mio messaggio stilistico. Questa è la mia prima sfilata in assoluto e ho deciso di farla adesso perché mi è sembrato il momento migliore per presentare il mio lavoro. Cosa dobbiamo aspettarci?

Un mix di capi storici e nuovi, un’evoluzione della nostra storia. Abbiamo voluto rivisitare i pezzi chiave e mostrarli in modo innovativo, per enfatizzare il brand Van Essche e far capire che cosa rappresenta. Alla fine, gli outfit in passerella sono 30 in totale.

Il tuo stile vede linee pulite e genderless, da cosa trai ispirazione?

C’è molto di me stesso nelle collezioni. Mi piace aprire la mente delle persone su ciò che si indossa: un mio capo può stare in diversi guardaroba, essere indossato da individui con una cultura molto differente rispetto anche alla mia. In più, l’assenza di genere è legata alla volontà di enfatizzare gli aspetti che l’uomo e la donna hanno in comune. Per questo molti dei capi sono unisex. Anche la tua palette di colori è neutra, con molti toni naturali. Perché questa scelta?

Sicuramente dipende sempre dal mio gusto personale, in più le nuance neutrali sono senza tempo. Non mi piace essere schiavo delle stagioni o di un determinato periodo o tendenza. L’utilizzo di coloranti naturali, poi, è molto importante per me. Il capo Van Essche che proprio non deve mancare nell’armadio?

Sicuramente il pantalone da lavoro, che ripetiamo da diverse stagioni in tessuti diversi, compreso il denim. È una riscrittura casalinga di questo caso e abbiamo visto che funziona per molti. E poi, naturalmente, lascio la scelta ai clienti.

pittimmagine.com janjanvanessche.com

Jan-JanVanEssche © Wannes Cré 99
© Koen de Waal

NEW TREND

Tante le novità per il prossimo inverno che arrivano dalla fucina di Pitti a Firenze, dal 10 al 13 gennaio, e dalle sfilate di Milano moda, dal 13 al 17 gennaio. L’elevated casual è uno dei temi dominanti per il menswear Fall Winter 23/24, mentre la parola d’ordine è personalità. Capi di carattere che amano stoffe ricercate e capsule da collezione. Si parte con la collaborazione più musicale dell’anno, ovvero quella tra Lorenzo Jovanotti e il brand di cappelli Superduper. Dopo il successo ottenuto in occasione del Jova Beach Party, la liaison torna sotto i riflettori a Pitti Uomo. Per l’occasione Veronica Cornacchini e Matteo Gioli, fondatori del marchio, presenteranno l’ultimo progetto creativo realizzato con il cantante: una vera e propria collezione che declina il cappello in tutte le possibili forme e sfumature. Un percorso creativo a sei mani nato da una visione condivisa e da una stima reciproca. Si passa poi a diverse interpretazioni di giacche: dalla oversize in lana teddy di Cruna presentata a

CAPI DI CARATTERE E STOFFE RICERCATE. DA FIRENZE E MILANO TUTTE LE NOVITÀ SULLO STILE DEL PROSSIMO INVERNO

Firenze alla sahariana più avvitata di Tagliatore nello showroom a Milano.

Modelli preziosi e filati morbidi a Pitti Uomo per Piacenza 1733, che propone maglieria in cashmere con lavorazioni ricercate. Sempre a Fortezza da Basso torna per la terza volta Roncato con Esercito italiano, portando tra le nuove proposte lo zaino Rolltop in tessuto nylon con stampa camouflage. Prima volta alla Città del giglio, invece, per Outfit Italy: interi look di eleganza informale con pantaloni stile jogger e cargo. Tra le presentazioni shoes alla settimana della moda meneghina, Panchic propone uno stile grintoso con anfibi in suede di colore noce e finiture bordate. Mentre a Pitti Cuoio di Toscana, insieme all'anglo-giamaicana Martine Rose, guest designer dell’edizione 103, presenta una capsule speciale con la suola verde, manifesto dei valori sostenibili dell’azienda.

100 MODA
di Cecilia Morrico MorriCecili morricocecili
1// Overshit
2// Sahariana
3// Anfibio
4// Pantalone
5// Pullover
6// Mocassino
7// Zaino
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Cruna
Tagliatore
Panchic
Outfit Italy
Piacenza 1733
Cuoio di Toscana
Rolltop Roncato x Esercito Italiano
Lorenzo Jovanotti con Matteo Gioli e Veronica Cornacchini di Superduper

ENERGIA GIOVANE

A PITTI BIMBO TORNA A SFILARE IL BRAND MONNALISA. TRA COLORI VIBRANTI E VOGLIA DI LEGGEREZZA di Cecilia Morrico MorriCecili morricocecili

Da mercoledì 18 a venerdì 20 gennaio torna a Firenze la scoppiettante kermesse Pitti Bimbo, dedicata al childrenswear. E lo fa davvero al top con il grande ritorno sulle passerelle italiane di uno dei primissimi brand dedicati ai più piccoli: Monnalisa. Un evento che gli amanti della moda bambino e la stessa maison aspettavano da tanto, come racconta l’amministratore delegato Christian Simoni. È la prima volta che sfilate in Italia dopo il lockdown? Sì, l’ultima risale al gennaio 2020, alla Stazione Leopolda di Firenze. Fu memorabile per le imponenti scenografie ispirate alle arti circensi e gli oltre 700 ospiti presenti. All’epoca eravamo ancora inconsapevoli del periodo di isolamento sociale che ci avrebbe colpiti di lì a poco. Tornare a sfilare in Italia ci emoziona molto. È una ripartenza formale, una condivisione fisica di cui sentivamo davvero il bisogno. Per il 2023 abbiamo scelto la Sala della ronda, dentro Fortezza da Basso. Ci è sembrata la scelta più logica, per offrire il nostro endorsement a tutta la filiera moda bambino e premiare gli sforzi che Pitti Immagine ha sostenuto in questi anni.

Come avete risposto alle limitazioni derivate dalla pandemia?

La nostra azienda ha dimostrato una resilienza superiore a tutti gli ostacoli: i cambiamenti sono nel nostro Dna. Durante il periodo di lockdown siamo stati una fucina di idee e sono maturati nuovi progetti: l’accordo di licenza con Chiara Ferragni per l’omonima linea kids, la collaborazione con Leclerc Baby per una linea di passeggini firmati Monnalisa, il lancio di calzature a impatto zero realizzate con la B Corp ACBC.

Qual è il mood della prossima collezione invernale?

Abbiamo realizzato capi pieni di energia, colori vibranti, leggerezza e, nello stesso tempo, dettagli e tessuti che sottolineano la nostra arte del fare. Pensiamo che la moda debba rilanciare

una delle sue funzioni primarie: il divertissement. Vogliamo che vestirsi sia un gioco irresistibile e divertente, ma con l’aggiunta di estetica e qualità. Nella collezione pre-fall abbiamo deciso di inserire anche alcune proposte valide per tutte le stagioni. La sensibilità verso le tematiche ambientali ci ha orientati nella produzione di capi perfetti in ogni periodo dell’anno: dal denim, in versione urban o deluxe, alle t-shirt, passando per le felpe e i tessuti – come il tulle e il frescolana – portabili fino alla primavera inoltrata. Anche i colori, sorprendenti nelle varie nuance pastello o nelle palette brillanti, sono passepartout senza tempo.

Ritorna la voglia di festeggiare, quindi?

Le sfilate bambino sono di per sé un’esplosione di gioia e vitalità. Abbiamo tutti bisogno di positività ed energia come antidoto alla congiuntura complessa. Meno di un mese fa sono sta to in Brasile per il lancio di una collaborazione con il brand Petit Chérie. L’evento è stato un tale momento di ottimismo che mi sono convinto che avremmo dovuto riproporlo al più presto: ne abbiamo davvero bisogno.

monnalisa.com monnalisa_official MonnalisaCom

© A n d r e a B i g a n z o l i

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ChristianSimoni © Antonio Cornacchia
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Chiesa SS. Trinità
103 Pescheria di Catania IMMUTABILE CATANIA FINO AL 21 MAGGIO AL CASTELLO URSINO GLI SCATTI DELL’ARCHITETTO ETTORE SOTTSASS RACCONTANO LA VITA QUOTIDIANA DI UNA CITTÀ IN CUI IL TEMPO SEMBRA ESSERSI FERMATO di Irene Marrapodi Foto di Ettore Sottsass Courtesy Studio Ettore Sottsass, Fondazione Oelle Mediterraneo antico

Volti antichi tra i banchi del pesce, chiese che appaiono come esplosioni barocche, vicoli deserti in cui ascoltare solamente l’incanalarsi del vento. Scampoli di realtà documentati con l’occhio attento dell’architetto e lo sguardo estroso del designer. Ettore Sottsass, infatti, racchiudeva in

sé entrambe le anime. E la fotografia è solo uno dei tanti mezzi creativi con cui ha raccontato il suo passaggio nel mondo e i suoi viaggi. Nel corso di una visita in Sicilia negli anni ’90 sono stati realizzati gli scatti protagonisti della mostra Catania mia!, ospitata fino al 21 maggio 2023 dal Museo civico del castello Ursi -

no, nella città ai piedi dell’Etna. Con la direzione artistica di Christoph Radl e curata dalla designer Iskra Grisogono e dalla critica Barbara Radice, che fu sposata con Sottsass per tre decenni, si articola in un percorso di 111 immagini quasi totalmente inedite. In bianco e nero e a colori, le istantanee cristallizzano per sempre angoli nascosti del capoluogo siciliano e momenti di vita dei suoi abitanti risalenti a 30 anni fa. Eppure, i volti che si vedono oggi tra i banchi del mercato non sembrano molto diversi da quelli ritratti. Così come le splendide chiese barocche sono state capaci di resistere al logorio del tempo. Tra le mura del castello Ursino, Catania sembra aver fermato il tempo per riflettere su se stessa. Preservando ciò che è stata e gettando un ponte verso il futuro. fondazioneoelle.com fondazioneoelle

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Via Cardinale Dusmet
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Chiostro del Monastero dei Benedettini Veduta dell’Etna
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CUSTODI ANCESTRALI

A MILANO 100 SCATTI DELLA FOTOGRAFA ANNA ALBERGHINA CELEBRANO I VOLTI FEMMINILI DI CULTURE NON GLOBALIZZATE E LUOGHI POCO CONOSCIUTI. AL MUSEO D’ARTE E SCIENZA, FINO AL 31 GENNAIO di Irene Marrapodi

Foto di Anna Alberghina

Sguardi inquieti circondati da trecce color ebano, espressioni serene rischiarate da monili sgargianti, occhi profondi abbracciati da rughe. Intensi ed espressivi sono i cento volti delle donne e delle bambine immortalate dall’obiettivo di Anna Alberghina, medica e fotografa torinese, in mostra al Museo d’arte e scienza di Milano fino al 31 gennaio. L’esposizione Donne in bilico è un viaggio nella complessità di culture lontane non contaminate dal fenomeno della globalizzazione, intrapreso tramite lo sguardo femminile. Un faro che si accende sull’umanità nascosta, sulle preziose differenze che rendono unico ogni individuo. Ma anche un’analisi ostinata su tutto ciò che il mondo occidentale ha perso o guadagnato nel suo progresso

inarrestabile.

Gli occhi delle donne ritratte sono il filtro attraverso cui esplorare luoghi e civiltà sconosciute, pur riconoscendosi nelle emozioni che trasmettono, tra rabbia, gioia e malinconia. Dalle comunità nomadi Afar della Dancalia, nel corno d’Africa, alle donne Makawana del sud dell’Angola, dalle danzatrici di Almaty, in Kazakistan, alla popolazione indigena Kuna, a Panama. In un’epoca in cui l’individualità come sinonimo di unicità rischia di essere repressa per sempre in favore di un’omologazione forzata, tutte loro sono accomunate da un compito gravoso: custodire tradizioni ancestrali, tanto antiche quanto precarie.

museoartescienza.com mas_museum

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Bambina Afar, Dancalia
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PHOTO Due donne Makawana, Angola Una donna Kuna, Panama Bambina Muchimba, Angola Ragazze saudite

IN MONTAGNA CON LE FRECCE

Trenitalia ti porta in settimana bianca. Anche quest’inverno le stazioni di Oulx e Bardonecchia diventano raggiungibili direttamente nel weekend con i collegamenti Frecciarossa da Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Reggio Emilia e Milano ed è inoltre possibile raggiungere Bardonecchia anche da Parigi e Lione grazie alle nuove fermate del Frecciarossa 1000 Milano-Parigi. In più, fino al 23 marzo, tanti collegamenti FRECCIALink permettono a chiunque di raggiungere nel fine settimana le più belle località invernali. Da Roma, Firenze, Bologna e Milano è possibile arrivare a Cortina d’Ampezzo, San Vito di Cadore, Tai di Cadore e tornare indietro. Chi prende il treno da Roma, Firenze, Bologna e Verona può approfittare anche di nuovi collegamenti con Madonna di Campiglio, Pinzolo, Selva di Val Gardena, Santa Cristina, Ortisei, Canazei, Vigo di Fassa, Moena, Predazzo e Cavalese. E partendo da Roma, Firenze, Bologna, Milano e Venezia si ha la possibilità di arrivare a Courmayeur e Aosta e tornare a casa.

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FRECCIAROSSA È IL TRENO UFFICIALE DELLA MUSICA E DELLO SPORT DEL 2023

Frecciarossa è il Treno Ufficiale delle uniche due date italiane dei concerti di Robbie Williams che festeggia i 25 anni di carriera solista. Grazie all’offerta Speciale Eventi, i fan dell’artista che raggiungono Bologna con le Frecce per partecipare ai concerti del 20 e del 21 gennaio all’Unipol Arena, possono usufruire di sconti fino al 70% sul prezzo Base del biglietto del treno inserendo il codice WILLIAMS*. Frecciarossa nel 2023 sarà nuovamente title sponsor della Coppa Italia femminile di Volley, in programma a Bologna il 28 e 29 gennaio. Anche per questa occasione gli appassionati potranno approfittare dell’offerta Speciale Eventi e raggiungere Bologna con uno sconto fino al 70% sul prezzo Base del biglietto del treno utilizzando il codice F4VOLLEY23** Infine, chi ama la pallacanestro ed è in possesso di un biglietto per la Final Eight di basket, in programma dal 15 al 19 febbraio a Torino, può muoversi con le Frecce verso la città della Mole usufruendo di sconti fino al 70% sul prezzo Base del biglietto ferroviario inserendo il codice FINALEIGHT23***. Per maggiori informazioni trenitalia.com

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I Carnet Trenitalia sono sempre più adatti a tutte le esigenze. Si può scegliere quello da 15 viaggi con la riduzione del 30% sul prezzo Base, da 10 viaggi (-20% sul prezzo Base) oppure il Carnet 5 viaggi (-10% sul prezzo Base). Riservato ai titolari Carta FRECCIA, il Carnet è nominativo e personale. L’offerta è disponibile per i treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Intercity 2

NOTTE & AV

L’offerta consente di usufruire di prezzi ridotti per chi utilizza, in un unico viaggio, un treno Notte e un treno Frecciarossa o Frecciargento. La promozione è valida per i viaggiatori provenienti con un treno notte dalla Sicilia, dalla Calabria o dalla Puglia che proseguono sulle Frecce in partenza da Napoli, Roma o Bologna per Torino, Milano, Venezia e tante altre destinazioni, e viceversa 3

116 BASE
© WinWin/AdobeStock

A/R IN GIORNATA

Promozione per chi parte e torna nello stesso giorno con le Frecce a prezzi fissi, differenziati in base alle relazioni e alla classe o al livello di servizio. Un modo comodo e conveniente per gli spostamenti di lavoro oppure per visitare le città d’arte senza stress 4

YOUNG & SENIOR

Riservate agli under 30 e agli over 60 titolari di Carta FRECCIA, le offerte Young e Senior consentono di risparmiare fino al 50% sul prezzo Base dei biglietti per tutti i treni nazionali e in tutti i livelli di servizio, ad eccezione dell’Executive del Salottino e delle vetture Excelsior 5

ME&YOU

La promozione consente di viaggiare in due tutti i giorni con sconti fino al 50% sul prezzo Base su Frecce, Intercity e Intercity Notte. L’offerta è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e i servizi cuccette, VL ed Excelsior 6

INSIEME

Offerta dedicata ai gruppi da 3 a 5 persone per viaggiare con uno sconto fino al 60% sul prezzo Base di Frecce, Intercity e Intercity Notte. La promozione è valida in 1^ e 2^ classe e in tutti i livelli di servizio ad eccezione dell’Executive, del Salottino e delle vetture Excelsior 7

NOTE LEGALI

1. I componenti del gruppo dai 15 anni in poi pagano il biglietto scontato del 40% sul prezzo Base. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. Cambio prenotazione/biglietto e rimborso soggetti a restrizioni. Acquistabile entro le ore 24 del secondo giorno precedente la partenza.

2. Il Carnet consente di effettuare 15, 10 o 5 viaggi in entrambi i sensi di marcia di una specifica tratta, scelta al momento dell’acquisto e non modificabile per i viaggi successivi. Le prenotazioni dei biglietti devono essere effettuate entro 180 giorni dalla data di emissione del Carnet entro i limiti di prenotabilità dei treni. L’offerta non è cumulabile con altre promozioni. Il cambio della singola prenotazione ha tempi e condizioni uguali a quelli del biglietto Base. Cambio biglietto non consentito e rimborso soggetto a restrizioni.

3. L’offerta Notte&AV è disponibile per i posti a sedere e le sistemazioni in cuccetta e vagoni letto (ad eccezione delle vetture Excelsior ) sui treni Notte e per la seconda classe, o livello di servizio Standard, sui treni Frecciarossa o Frecciargento.

L’offerta non è soggetta a limitazione dei posti. Il biglietto è nominativo e personale.

4. Il numero dei posti è limitato e variabile, a seconda del treno e della classe/livello di servizio. Acquistabile fino alla partenza del treno. Il cambio prenotazione/biglietto è soggetto a restrizioni. Si può scegliere di effettuare il viaggio di andata in una classe o livello di servizio differente rispetto a quella del viaggio di ritorno. Il rimborso non è consentito. Offerta non cumulabile con altre riduzioni, compresa quella prevista a favore dei ragazzi.

5. Acquistabile entro le ore 24 del giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. Il numero dei posti disponibili è limitato e varia in base al giorno, al treno e alla classe/ livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50% e si applica al prezzo Base. È possibile cambiare esclusivamente la data o l’ora di partenza, una sola volta e fino alla partenza del treno, scegliendo un viaggio con la stessa categoria di treno o tipologia di servizio e pagando la differenza rispetto al corrispondente prezzo Base intero. Il Rimborso e accesso ad altro treno non sono ammessi. Al momento dell’acquisto il sistema propone sempre il prezzo più vantaggioso. A bordo è necessario esibire la Carta FRECCIA insieme a un documento d’identità.

6. Offerta a posti limitati e variabili in base al treno e alla classe/livello di servizio scelto ed è acquistabile entro le ore 24 del giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. La percentuale di sconto varia dal 20% al 50%. Cambio biglietto/prenotazione e rimborso non sono consentite.

7. Offerta a posti limitati e variabili rispetto al giorno, al treno e alla classe/livello di servizio. La percentuale di sconto varia dal 20% al 60% e si applica al prezzo Base. Lo sconto non è cumulabile con altre riduzioni fatta eccezione per quella prevista in favore dei ragazzi fino a 15 anni. La promozione è acquistabile entro le ore 24 del giorno precedente la partenza per le Frecce e fino alle ore 24 del secondo giorno precedente la partenza del treno per i treni Intercity e Intercity Notte. . Il cambio e il rimborso non sono consentiti.

117 PROMOZIONI

MOMENTI DI GUSTO AD ALTA VELOCITÀ

Il FRECCIABistrò ti aspetta per una pausa di gusto. Nel servizio bar, presente su tutti i Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, si possono acquistare deliziosi prodotti e menù pensati per ogni momento della giornata. Un’ampia selezione che comprende snack dolci e salati, panini e tramezzini, primi piatti caldi e freddi, insalate e taglieri, bevande alcoliche e analcoliche. L’offerta prevede anche opzioni vegetariane e gluten free ed è arricchita dalle note di gusto del caffè espresso Illy. Il servizio è previsto anche per i clienti dei treni Eurocity.

FOOD ON BOARD
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WWW.PORTALEFRECCE.IT INTRATTENIMENTO GRATUITO, FACILE

E

VELOCE

Il portale FRECCE rende più piacevole il viaggio grazie ai numerosi servizi gratuiti disponibili a bordo dei treni Frecciarossa e Frecciargento e nelle sale FRECCIAClub e FRECCIALounge. Per accedere basta collegarsi alla rete WiFi, digitare www.portalefrecce.it o scaricare l’app Portale FRECCE da App Store e Google Play. Ulteriori dettagli, info e condizioni su trenitalia.com

SCELTI PER VOI

Venom Let There be Carnage

GIOCHI Azione, sport, logica e tanto altro a disposizione di grandi e piccoli viaggiatori

EDICOLA DIGITALE Quotidiani e riviste nazionali e internazionali

SERIE E PROGRAMMI TV Una selezione di serie e programmi tv

AUDIOLIBRI Audiolibri di vario genere anche per bambini

EffettoVIOLA TM Innovativa tecnologia audio che aiuta a ridurre lo stress e ritrovare il buonumore

NEWS Notizie Ansa sui principali fatti quotidiani aggiornate ogni ora

MUSICA

Il meglio della musica contemporanea italiana e straniera

INTERNET WIFI Connessione a Internet tramite WiFi di bordo

CORSI

Cura la tua formazione con i corsi audio e video

LIBRI E GUIDE

Circa 200 contenuti tra libri ed estratti di guide turistiche

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Dune Goodbye Christopher Robin PORTALE FRECCE
Hotel Transylvania 2 Inferno GLI ALTRI SERVIZI DISPONIBILI CINEMA INFO DI VIAGGIO Informazioni in tempo reale su puntualità, fermate, coincidenze
BAMBINI Cartoni e programmi per i piccoli viaggiatori

CASHBACK CARTAFRECCIA

PIÙ VIAGGI, PIÙ PUNTI E PIÙ SCONTI SULLE FRECCE

Con il Cashback Trenitalia è possibile utilizzare i punti Carta FRECCIA per ottenere sconti immediati sull’acquisto di biglietti e carnet per le Frecce.

Con 300 punti si ha diritto a una riduzione di 10 euro su un ticket, per se stessi o per un’altra persona, che ne costi almeno 20. Con 600 punti, invece, si risparmiano 20 euro sull’acquisto di un biglietto che abbia un importo minimo di 40 euro. Convertire i punti è semplicissimo: basta selezionare la voce Cashback Carta FRECCIA nella fase di acquisto del biglietto su trenitalia.com o sull’App Trenitalia. È possibile utilizzare il cashback anche nelle biglietterie delle stazioni, nei FRECCIAClub e nei FRECCIALounge.

Il servizio CashBack Carta FRECCIA è soggetto a condizioni. Il regolamento completo del Programma Carta FRECCIA, che ha validità fino al 31 dicembre 2023, è disponibile sul sito Trenitalia o alle emettitrici self-service della rete nazionale o le biglietterie Trenitalia. I premi potranno essere richiesti fino al 29 febbraio 2024.

FRECCIA
CARTA
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MOSTRE IN TRENO E PAGO MENO

VIVI LA CULTURA CON LE FRECCE. SCONTI E AGEVOLAZIONI NELLE PRINCIPALI SEDI MUSEALI E DI EVENTI IN ITALIA

Umanista neorinascimentale: così viene presentato Max Ernst nella prima retrospettiva italiana a lui dedicata. A Palazzo Reale di Milano, fino al 26 febbraio, sono esposte oltre 400 opere dell’artista – tra dipinti, sculture, collage, gioielli e libri – alcune non visibili da decenni. Il percorso narra la vita del maestro tedesco, naturalizzato americano e francese, in quattro periodi che attraversano 70 anni di storia del ‘900. Si va dall’infanzia alla Grande guerra, combattuta in prima persona, fino alle prime mostre da esordiente. E poi gli anni del Surrealismo, il secondo conflitto mondiale e l’esilio negli Stati Uniti. Ingresso 2x1 riservato ai soci Carta FRECCIA muniti di biglietto per Frecce o Intercity con destinazione Milano, in una data antecedente al massimo di tre giorni da quello in cui si intende visitare la mostra. Tariffa ridotta sul biglietto singolo per chi è in possesso di un ticket Frecce, sempre per Milano, dedicata ai titolari CartaFRECCIA, ai clienti Intercity e agli abbonati regionali. palazzorealemilano.it

IN CONVENZIONE ANCHE

I MACCHIAIOLI

Fino al 16 aprile al Museo Revoltella, Trieste museorevoltella.it

MARLENE DUMAS. OPEN-END

Fino all’8 gennaio a Palazzo Grassi, Venezia palazzograssi.it

LEE MILLER MAN RAY

Fino al 10 aprile a Palazzo Franchetti, Venezia leemillermanray.it

DARIO ARGENTO - THE EXHIBIT

Fino al 16 gennaio al Museo nazionale del cinema, Torino museocinema.it

MUSEO NAZIONALE DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA DI MILANO museoscienza.org

RUBENS A GENOVA

La mostra a Palazzo Ducale, fino al 22 gennaio, racconta il rapporto del pittore fiammingo con la città ligure, a 400 anni dalla pubblicazione del suo volume Palazzi di Genova. Ingresso 2x1 riservato ai soci Carta FRECCIA muniti di biglietto per Frecce o Intercity con destinazione Genova, in una data antecedente al massimo di tre giorni da quello in cui si intende visitare la mostra. Tariffa ridotta sul biglietto singolo per chi è in possesso di un ticket Frecce, sempre per Genova, dedicata ai titolari Carta FRECCIA, ai clienti Intercity e agli abbonati regionali. palazzoducale.genova.it

JAGO, BANKSY, TVBOY

Fino al 7 maggio a Palazzo Albergati, Bologna palazzoalbergati.com

NEL TUO TEMPO

Fino al 23 gennaio a Palazzo Strozzi, Firenze palazzostrozzi.org

ESCHER

Fino al 26 marzo al Museo degli Innocenti, Firenze museodeglinnocenti.it

FONDAZIONE FRANCO ZEFFIRELLI DI FIRENZE fondazionefrancozeffirelli.com

VAN GOGH

Fino al 26 marzo a Palazzo Bonaparte, Roma mostrapalazzobonaparte.it

MUSEO CIVICO GAETANO FILANGIERI DI NAPOLI filangierimuseo.it

Maggiori informazioni su trenitalia.com

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Pietro Paolo Rubens Violante Maria Spinola Serra (1606-1607 circa) © The Faringdon Collection Trust, Buscot Park, Oxfordshire Max Ernst Il mondo della sfocatura - Rifiuto assoluto di vivere come un tachiste (1965) Collezione privata, Viareggio © Max Ernst by Siae 2022
122 NETWORK // ROUTES // FLOTTA Cartina aggiornata al 23 dicembre 2022 Per schematicità e facilità di lettura la cartina riporta soltanto alcune città esemplificative dei percorsi delle diverse tipologie di Frecce. Maggiori dettagli per tutte le soluzioni di viaggio su trenitalia.com Alcuni collegamenti qui rappresentati sono disponibili solo in alcuni periodi dell’anno e/o in alcuni giorni della settimana. Verifica le disponibilità della tratta di tuo interesse su trenitalia.com. LEGENDA: Foggia Madonna di Campiglio Pinzolo Val Gardena Val di Fassa-Val di Fiemme Cortina d’Ampezzo Courmayeur Aosta Udine Trieste Pisa Bari Lecce Reggio di Calabria Fiumicino Aeroporto Genova Rimini Ancona Pescara Taranto Lamezia Terme Caserta Bolzano Bergamo Milano Torino Bardonecchia Bologna Firenze Perugia Roma Paola Sibari Brescia Vicenza Venezia Padova Modena NO STOP Reggio Emilia AV La Spezia Potenza Matera Trento Ravenna Verona Salerno Mantova Treviso Napoli Napoli Afragola Assisi Parigi Lione Chambéry Ora

Velocità max 400 km/h | Velocità comm.le 300 km/h Composizione 8 carrozze Livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard Posti 457 | WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIAROSSA ETR 500

Velocità max 360 km/h | Velocità comm.le 300 km/h | Composizione 11 carrozze

4 livelli di servizio Executive, Business, Premium, Standard | Posti 574 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIAROSSA ETR 700

Velocità max 250km/h | Velocità comm.le 250km/h | Composizione 8 carrozze

3 livelli di Servizio Business, Premium, Standard | Posti 497 WiFi Fast | Presa elettrica e USB al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 600

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h Composizione 7 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 432 WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIARGENTO ETR 485

Velocità max 280 km/h | Velocità comm.le 250 km/h Composizione 9 carrozze | Classi 1^ e 2^ | Posti 489

WiFi | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

FRECCIABIANCA ETR 460

Velocità max 250 km/h | Velocità comm.le 250 km/h Composizione 9 carrozze Classi 1^ e 2^ | Posti 479 | Presa elettrica al posto Servizi per persone con disabilità | Fasciatoio

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L ’ASSOCIAZIONE DEGLI ESPERTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE

Un punto di riferimento per i Professionisti che vogliono contribuire allo sviluppo della società economica verso una profittabilità condivisa, duratura e sostenibile.

La Mission ➢ riconoscimento della professione di controller ➢ qualifica professionale ➢ formazione continua assoControLLer proMuove:

• la formazione e patrocina corsi, master d’interesse per gli Associati, nell’ambito delle tematiche del controllo di gestione;

• organizza momenti di formazione mirata, con l’ausilio della competenza di Associati, con un rapporto costante con enti pubblici e privati di formazione e con esperti nazionali o internazionali;

• la definizione di “best practices” relative al controllo di gestione e che fanno capo alla funzione del Controller, tramite la condivisione tra i Soci delle competenze e conoscenze. È APERTA LA CAMPAGNA ISCRIZIONI E RINNOVI PER IL 2023 VISITA IL NOSTRO SITO PER MAGGIORI INFORMAZIONI www.assocontroller.it

LA LINEA DEI SOGNI

VENTISETTE CHILOMETRI DI BINARI TRA ARCHITETTURE BAROCCHE E BELLEZZE NATURALI: OLTRE 40 MILIONI DI EURO PER RIPRISTINARE LA STORICA NOTO-PACHINO

Passo dopo passo, il sogno si appresta a diventare realtà. Sono stati infatti presentati gli interventi finalizzati alla riapertura per usi turistici della storica linea Noto-Pachino. Il ripristino della tratta, lunga 27 km, è stato promosso dalla Fondazione FS Italiane e finanziato con il Fondo complementare del ministero della Cultura collegato al Piano nazionale di ripresa e resilienza per un investimento di 40 milioni di euro.

Conosciuta anche come la Ferrovia del vino, la linea venne completata il 21 aprile del 1935 e utilizzata soprattutto per il trasporto merci. Nel secondo dopoguerra fu inserita negli elenchi delle linee secondarie a scarso traffico e venne sospesa nel 1986.

Il percorso su rotaia si snoda attra -

verso luoghi d’eccellenza. Noto, conosciuta per le sue architetture barocche, costituisce un perfetto punto di partenza per un viaggio lungo la costa fino a Noto Bagni, stazione nata per servire le splendide spiagge della zona. Un modo per immergersi anche nella storia più antica attraverso l’area archeologica di Eloro, prima colonia della polis greca di Siracusa nell’VIII sec. a. C., e la Villa romana del Tellaro, risalente alla tarda età imperiale. Subito dopo i binari raggiungono Marzamemi, che mostra tutto il suo splendore paesaggistico nella Riserva naturale e oasi faunistica di Vendicari.

In zona si trova anche la grotta di Calafarina, a cui sono legate molte leggende. La più nota narra che il re Varvalonga avesse inviato in Si -

cilia il primo ministro Cala Farina in qualità di viceré. Ma questi, invece di governare, si arricchì a spese del popolo, accumulando tesori dentro la grotta. Quando il sovrano lo mandò a chiamare, Cala Farina impose alla figlia di proteggere i suoi beni e di uccidersi nel caso in cui non fosse tornato. Appresa la morte del viceré, la donna mantenne la parola data e si suicidò. Da allora il tesoro è protetto da un incantesimo, che può essere sciolto solo da chi saprà declamare le parole esatte che la figlia pronunciò in punto di morte. Tra storia e leggenda, si arriva fino a Pachino, la stazione più meridionale d’Italia e d’Europa per quanto riguarda le linee a scartamento ordinario. fondazionefs.it fondazionefsitaliane

125 PRIMA DI SCENDERE FONDAZIONE FS
La stazione di Noto durante la presentazione degli interventi per la riapertura della linea, il 17 dicembre 2022 © Archivio Fondazione FS Italiane

CAMPO IMPERATORE UN SALTO NELLA STORIA

Ci vuole un certo fisico per affrontare la vista di Paganica, ai piedi del Gran Sasso, e salire a Campo Imperatore superando Assergi e arrivando a Fonte Cerreto, da dove si prende la funivia. L’antico Campo Imperiale, come lo chiamò Federico II, è uno scenario maestoso, specie verso la fine dell’inverno, quando i pratoni diventano verdi ma rimangono ancora vaste chiazze candide di neve in quota.

Dai 27 km di lunghezza dell’altopiano si può partire in escursione per tutto il Gran Sasso, ma vale la pena soggiornare, almeno per una notte, nel grande albergo di sapore razionalista che svetta in posizione panoramica. Qui, nel settembre del 1943, fu portato Benito Mussolini, condannato all’esilio il 25 luglio di quell’anno. Il duce venne poi liberato da un commando tedesco: una storia che vale la pena di essere ricordata. Fatevi guidare nella stanza 220:

un piccolo appartamento con due stanzette, un bagno e un’anticamera con i soffitti bassi. La camera d’angolo ospita il letto coperto dal plaid ispido utilizzato da Mussolini prima di cominciare il viaggio che sancì l’ultimo capitolo della sua vita. Oggi a Campo Imperatore è possibile osservare il firmamento in un piccolo osservatorio astronomico, ma quasi nessuno ricorda più che la fine della dittatura in Italia è partita da qui.

PRIMA DI SCENDERE FUORI
LUOGO
Albergo di Campo Imperatore (L’Aquila)
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© Gabriele Altimari/Wikipedia

PRIMA DI SCENDERE STAZIONE

POESIA

AMICA LUCE

Appena hai schiuso per me le palpebre del sepolcro l’oscuro mi è apparso accettabile tutto ha potuto la tua manina mia musa consolante amica del cuore canticchiavi alle mie orecchie per tenermi allegra quando la morte non restituiva i suoi furti le mie lacrime indurivi in diamanti me li appoggiavi al mattino mucchio luce sopra il banco.

Federica Ziarelli, creatura delicata e guerriera, canta la luce della vita anche attraverso la conoscenza dell’ombra, della morte e del dolore. È innamorata della figlia, sua dolce ragazzina, della famiglia con cui gestisce un bar – luogo semplice e quotidiano di ospitalità umana – e delle voci dei poeti a cui dedica attenzione e studio.

La poesia, essendo l’arte della parola, aiuta a mettere a fuoco la vita non solo nei grandi passaggi ma anche in quelli minimi, le fondamentali esperienze quotidiane.

Così, in questi versi, Ziarelli racconta un’esperienza di passaggio. Una figura amata, che ora abita «l’oscuro», continua con tenerezza a trasformare in diamanti le lacrime. È una «musa consolante», una tenera

«manina». Un’istantanea di amicizia del cuore, forse infantile, o di giovanissima età. E poi la parola «banco» finale, chi sa se di scuola o di bar, toglie ogni possibile astrazione all’esperienza indicata. E come la prima frase della poesia, «le palpebre del sepolcro», è piena di mistero e di ombra, la bellissima immagine del «mucchio luce» rimane nei nostri cuori come una traccia, un dono.

di Davide Rondoni DavideRondoniAutore daviderondoni Daviderond [Poeta e scrittore] © iG vo a n n i Gastel [Federica Ziarelli da Tu sei bellezza, Terra d’ulivi edizioni (2022)]
127 © kieferpix/AdobeStock

PRIMA DI SCENDERE

FOTO DEL MESE

Immaginate un giovane americano trentenne che si trova a Roma nel 1956 e scatta una foto a piazzale Flaminio, davanti a un semaforo rosso. Di fronte ai suoi occhi si presenta uno spaccato di vita che racconta la Capitale negli anni ‘50. È l’autore stesso a descriverlo con queste parole: «Da sinistra verso destra commendatore (di spalle) grosso, calvo, attraversa la strada sulle strisce. Bella bruna matura, vestito, scarpe, borsa bianchi, scherza con sciupafemmine cinico, vestito immacolato, scarpe nere. Don Giovanni a metà tra Sordi e Fabrizi, irresistibile combinazione: impenetrabile conquistador in Vespa. Giovane fusto aspetta energicamente il tram. Coppia in Vespa in attesa del verde». L’artefice dello scatto è William Klein, scomparso a Parigi il 10 settembre 2022. A lui e al gallerista Plinio De Martiis è dedicata la mostra William Klein ROMA Plinio De Martiis, fino al 26 febbraio al Mattatoio di Roma. Un inedito accostamento tra un artista di fama mondiale e un espositore romano la cui attività di fotografo è ancora poco nota al grande pubblico. Nello spazio si fronteggiano oltre 60 immagini in bianco e nero, tutte dedicate alla Capitale. Quelle di Klein raccontano il suo soggiorno romano del 1956, quando il fotografo si muoveva per la città al seguito di Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini. Negli scatti si avverte la meraviglia di un ragazzo newyorkese che, esplorando un luogo bellissimo e complesso, scopre il suo talento e le sue capacità. De Martiis, invece, è un giovane intellettuale che vuole dare al suo lavoro una funzione politica. Tra il 1951 e il 1953 la Roma che sceglie di immortalare è quella dei mestieri più umili, delle case povere nel centro storico e delle baracche nelle periferie. mattatoioroma.it mattatoioroma mattatoio

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Semaforo rosso a piazzale Flaminio, Roma (1956) © William Klein

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