Festival del Verde e del Paesaggio / Quarta edizione

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2014



al paesaggio italiano


Assessorato ambiente, agroalimentare e rifiuti MUNICIPIO II


ROMA AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA - PARCO PENSILE 16 17 18 MAGGIO 2014


ROMA AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA - PARCO PENSILE 16 17 18 MAGGIO 2014

Ideazione e coordinamento progetto Gaia Flavia Zadra Direzione artistica Ciriaco Campus Segreteria organizzativa Maria Michela De Mita Comunicazione e web Alessandro Bertolini Ideazione e cura Follie d’Autore Franco Zagari Supervisione Avventure creative Fabio Di Carlo Supervisione Balconi per Roma Franco Panzini Ideazione Racconto breve sotto le foglie Giovanna Salvia Collaborazione tecnica, Segreteria concorsi Elisa Capparella Assistente all’organizzazione Alessandra Tocci Editor blog & news Sonia Santella Social media Valeria Bucco Ufficio stampa Barbara Manto & partners Media partner Gardenia, Dimensione Suono Due

WWW.FESTIVALDELVERDEEDELPAESAGGIO.IT



Un festival ottimista Gaia F. Zadra Ideatrice del Festival del Verde e del Paesaggio

Questa edizione è stata, a detta di tutti e per molti aspetti, la migliore, la più bella, la più ricca. Il merito è di coloro che a vario titolo hanno partecipato a questo quarto Festival. È sorprendente, se pensiamo a quanto la crisi economica oramai strutturale pesi sulle economie e sulla capacità progettuale degli operatori, ma questa difficoltà ha fatto emergere aspetti reattivi e moltiplicato entusiasmi forse inaspettati. Si sono create convergenze, condivisioni e nuove occasioni di lavoro speriamo durature, che hanno dato vita ad un festival ottimista. L'energia e la vitalità di quanti hanno partecipato come sponsor o espositori, realizzato progetti e allestimenti, corsi, laboratori, presentazioni, spettacoli e concerti ha coinvolto anche il pubblico, che quest'anno è stato ancora più numeroso e partecipativo. Lo spirito riscontrato quest'anno sarà il nostro riferimento ideale per l'organizzazione delle edizioni future.


Aria pulita e buona cultura Carlo Fuortes Amministratore delegato Fondazione Musica per Roma

Nel mondo attuale, dove la popolazione urbana è divenuta maggioranza, dove ogni anno qualche nuova megalopoli arriva a toccare i dieci milioni di abitanti, la città con i suoi problemi ingigantiti di inquinamento e di consumo delle risorse è più che mai il simbolo della crisi ecologica e dei danni che essa arreca, non solo all’ambiente ma anche all’uomo. Danni che colpiscono noi contemporanei, ma soprattutto che minacciano le generazioni future. Danni sociali e anche economici: dai costi che paga l’agricoltura per le crescenti anomalie climatiche legate all’aumento delle emissioni di gas a effetto serra, ai costi pagati dai cittadini e dai sistemi sanitari pubblici per fronteggiare l’aumento di patologie addebitabile all’inquinamento atmosferico. E così l’idea che sempre più si sta facendo strada, per quanto pessimistica potrebbe sembrare, è quella della città come paradigma dell’evoluzione “anti-naturale” che segnerebbe irrevocabilmente l’odierno cammino della specie umana. Eppure le città possono essere viste sia come origine della trasformazione ambientale, sia come fonti delle possibili risposte. Molte realtà urbane sono infatti coinvolte in programmi ed esperienze finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività e a migliorare, con la qualità dell’ambiente urbano, la vita dei propri abitanti. Sono temi grandi e complessi, che richiedono politiche attive altrettanto elaborate e diversificate. Ma in fondo risiedono proprio qui le ragioni anche di una manifestazione come il “Festival del Verde e del Paesaggio” che per la quarta volta, dal 16 al 18 maggio 2014, ha trasformato l’Auditorium in un “polmone verde” al centro di Roma. Ventimila metri quadri di esposizione che hanno permesso ad oltre 21 mila visitatori, grandi e piccoli, di respirare aria pulita e “buona cultura”: quella del rispetto e della valorizzazione dell’ambiente, dell’amore per le piante e per i fiori, con giardini e vivai a dare il senso di come la qualità della vita delle persone, anche in questo veloce e frenetico XXI secolo, continui pur sempre a passare anche di qui.


Il paesaggio: la nostra storia Ilaria Borletti Buitoni Sottosegretario MiBACT Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

La città ti appare come un tutto in cui nessun desiderio va perduto e di cui tu fai parte, e poiché essa gode tutto quello che tu non godi, a te non resta che abitare questo desiderio. Italo Calvino, Le città invisibili

Di paesaggio, del paesaggio che è tutelato dall’articolo 9 della nostra Costituzione, oggi si parla molto, ma spesso in modo disinformato. Si tende a confondere il paesaggio con l’ambiente, che pure ad esso è evidentemente legato in modo indissolubile, ma che con esso non coincide, ed il paesaggio con la progettazione e la manutenzione di parchi e giardini che, invece, ne sono un indispensabile ma collaterale elemento. In realtà, citando la felice definizione che la Corte Costituzionale ne ha dato qualche anno fa, il paesaggio è “l’ambiente nei suoi aspetti visivi”. Io vorrei aggiungere ad una definizione tanto sintetica quanto efficace, che il paesaggio, specialmente nel caso del nostro Paese, rappresenta, oltre che gli aspetti naturalistici, ambientali ed estetici, anche e soprattutto la nostra storia. Attraverso il paesaggio italiano, nelle sue infinite declinazioni, possiamo leggere i diversi passaggi della nostra lunga e complessa evoluzione storica come se sfogliassimo le pagine di un avvincente romanzo in costume (e di costume). Gli aspetti visivi, dunque, com’è intuitivo, racchiudono in sé tutti gli altri elementi che concorrono a caratterizzare, nel bene e nel male, la morfologia attuale del territorio italiano. Sappiamo che il nostro paese ha mantenuto praticamente inalterate le sue caratteristiche morfologiche sino alla vigilia dell’ultimo conflitto mondiale. L’Italia, sino ad allora era un’economia arretrata, basata essenzialmente sulla agricoltura


di tipo tradizionale e con poche aree industriali, concentrate nel nord. Di conseguenza, il paesaggio era, sino a quel punto, caratterizzato essenzialmente dagli aspetti rurali e naturali efficacemente rappresentati all’epoca del vedutismo, alternati alle città storiche piccole e grandi. Non c’erano forti infrastrutture, non c’erano insediamenti moderni ad eccezione, forse, delle città di fondazione di Mussolini degli anni Venti-Trenta e poco altro. La fine della guerra ha dato un formidabile avvio alla trasformazione economica dell’Italia e anche, di conseguenza, ha mutato in modo marcato i suoi paesaggi. Purtroppo questi cambiamenti, per molti versi inevitabili e necessari, sono avvenuti in un clima di sostanziale “deregulation”, sia dal punto di vista paesaggistico che ambientale, di cui uno dei punti più bassi è rappresentato dalle leggi sul condono edilizio varate negli ultimi tre decenni. Ci troviamo oggi, addirittura, a discutere di leggi contro il consumo di suolo, che, peraltro, sono ancora fortemente avversate da coloro che considerano ancora, come nel 1950, un’indiscriminata cementificazione del territorio - o meglio di quello che ne rimane - quale prezzo giusto da pagare allo sviluppo del Paese. Io sono convinta che la ripresa economica dell’Italia possa coniugarsi con il rispetto del suo territorio. Non abbiamo bisogno di edificare molto di più, ma di riconvertire in modo paesaggisticamente ammissibile l’edificato recente, spesso di cattiva qualità e realizzato in luoghi inopportuni - come è testimoniato dalle periodiche alluvioni che colpiscono molti centri urbani anche importanti - e dai danni esageratamente gravi che i terremoti arrecano anche e soprattutto all’edilizia moderna. Abbiamo bisogno che parte delle risorse siano indirizzate alla manutenzione delle zone naturali, come i boschi e le aree ripariali dei corsi d’acqua, ma anche verso il ripristino di opere storiche che l’uomo ha sapientemente realizzato nel corso dei secoli, quali i terrazzamenti della Liguria e di altre zone collinari. Deve assolutamente crescere, invece, la sensibilità e la cultura verso

il paesaggio e l’ambiente di questo Paese, che ne è per lo più desolatamente privo. Gli italiani devono cominciare a conoscere il loro territorio, ma anche imparare a rispettarlo e ad amarlo; e ciò li aiuterà a capire che strumenti quali ad esempio i Piani paesaggistici, previsti dal Codice dei Beni culturali, che sono visti per lo più come un ennesimo veto alle loro necessità edificatorie (che sono quasi sempre di qualità pessima), sono in realtà un elemento di sviluppo qualitativo e non più quantitativo del territorio e del Paese.


Una nuova coscienza ambientale Nicola Zingaretti Presidente Regione Lazio

La Regione Lazio ha voluto sostenere anche quest'anno il Festival del Verde e del Paesaggio, giunto alla sua quarta edizione. Un appuntamento di grande interesse non solo per gli espositori e gli addetti ai lavori, ma anche per tutti gli amanti dei paesaggi urbani, dei giardini, per chi ha a cuore la salvaguardia delle biodiversità e degli spazi all'aria aperta. Questo evento nasce dalla felice intuizione di coniugare i temi della tutela e della promozione del verde alla necessità di lavorare a un nuovo modello di sviluppo urbano. Siamo infatti in una fase storica che ci obbliga a ripensare gli spazi verdi urbani, secondo una nuova coscienza ambientale, più civile ed ecologica, e alla ricostruzione del tessuto delle nostre città attraverso nuovi spazi comuni. Un aspetto molto importante, in questa grande festa del verde, è poi il coinvolgimento dei ragazzi delle scuole elementari e medie di Roma, che hanno partecipato ad un progetto didattico/educativo realizzato con il contributo dalla Regione. Uno strumento per coinvolgere attivamente i giovani alla sfida della salvaguardia ambientale. Gli studenti, che hanno potuto visitare la magnifica cornice architettonica del parco pensile dell'Auditorium di Renzo Piano, hanno preso parte a laboratori e corsi sull'importanza del verde. Nel corso del Festival, anche quest'anno, sono state sviluppate, idee e proposte, si sono animati dibattiti pubblici che hanno rimesso al centro dell'agenda il rispetto per il territorio e per i luoghi in cui viviamo. Sono tanti i motivi per cui partecipare a questo evento: non da ultimo, quello legato alle grandissime possibilità di sviluppo del settore dell'economia verde, che può consentire di ripensare le dinamiche produttive e di consumo dei beni con un approccio etico ed ecosostenibile. Una conquista per ciascuno di noi. Buon Festival a tutti.


Secondo natura Giuseppe Gerace Presidente II Municipio, Comune di Roma

Siamo orgogliosi di patrocinare, anche quest’anno, il “Festival del Verde e del Paesaggio”, alla sua quarta stagione. Quattro anni in cui, siamo sicuri, è maturata la cultura del verde nel nostro Municipio anche grazie allo straordinario successo di stampa e di pubblico che questa manifestazione ha sempre riscosso. In questa edizione viene riproposta, in una veste sempre nuova e stimolante, l’avvolgente atmosfera di colori, profumi e di suggestiva bellezza nella splendida cornice del parco pensile dell’Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano. Il visitatore è condotto per mano, nei percorsi accuratamente studiati, ad apprezzare il valore di un rapporto più cosciente con la natura e a riconoscere un’appartenenza più che una semplice vicinanza. L’obiettivo è operare un “ricondizionamento” del visitatore, cittadino cresciuto in spazi altamente urbanizzati e cementificati, a recuperare la primitiva affinità verso la natura, suscitando, nel suo immaginario, una sensibilità che la società tecnologica e consumistica ha sopito. Tutto alla ricerca di una sintesi che riesca ad armonizzare le diverse forme in cui si esplica la creatività umana: sono previste, infatti, rappresentazioni teatrali, performance musicali, installazioni di artisti per esprimere nel presente, ma con uno sguardo al futuro, nuovi modelli interpretativi dell’ecologia. Non manca lo spazio dedicato ai più giovani, ai bambini, perché anche dalle loro scelte virtuose future potrà svilupparsi una migliore qualità della vita. Il Municipio si propone, offrendo il proprio sostegno, di contribuire al radicamento della sensibilità verso la natura perché solo attraverso lo svilupparsi di un tale sentire comune, fino a divenire un nuovo stile di vita, potranno concretizzarsi gli sforzi per la riqualificazione e per la valorizzazione del verde pubblico sul territorio.


I Premi del Festival Premio Follie d’Autore: “Micro Resilienza” di POLA Architects (Matteo Aimini con Sara Fontana, Matteo Roveda, Edoardo Ticozzi) La Giuria ha stabilito di attribuire il premio a "Micro Resilienza" di POLA Architects per la capacità di recuperare la dimensione visionaria del giardino attraverso l'atto ancestrale e simbolico della semina: una ragionata Follia capace di interagire efficacemente con le persone e di proiettare uno sguardo largo e fiducioso.

Presidente di giuria: Piero Ostilio Rossi Giuria: Claudio Bertorelli, Gianni Celestini, Margherita Guccione, Giuseppe Pullara, Emanuela Rosa-Clot, Gianfranco Rosi

Premio Avventure creative: innamorarsi in giardino : “aLtrOVE…oltre l’essenza” di Giulia Attardi, Eufemia Giannetti, Elisa Lumaca, Lorenzo Felicioni Per l’originalità della proposta e la capacità di spostare il tema proposto dal concorso e la riflessione sui contenuti del giardino su un piano che oscilla in modo ironico tra il dramma e la commedia, proponendo il tema della teatralità attraverso l’accostamento di un impatto cromatico violento della vegetazione con un sistema di elementi ed indizi più riflessivi.

Presidente di giuria: Fabio Di Carlo Giuria: Ciriaco Campus, Laura Laurenzi, Antonio Perazzi

Premio Balconi per Roma: “WorkOut” di Stefania Politi Il progetto si distingue per l’originalità dell’ideazione, il carattere giocoso della composizione, la capacità evocativa. Il balcone concilia infatti il corredo botanico proprio di un terrazzo urbano con la presenza di una bicicletta scomposta e rimontata sotto forma di un attrezzo ginnico. Si presenta insieme come un’ironica citazione Dada, e restituisce così la molteplicità di aspetti che è possibile legare ad un piccolo spazio domestico, come il balcone, aperto però verso il mondo esterno e di questo partecipe. Un balcone che è insieme stanza verde, palestra, galleria d’arte; un balcone che coinvolge così il suo proprietario in un rapporto vario nella cura delle piante, nell’esercizio fisico, nell’apprezzamento estetico. Il progetto restituisce anche un’implicita critica alla situazione della mobilità ciclabile a Roma mostrando come l’unico utilizzo sicuro della bicicletta in città sia costituito, almeno attualmente, dalla sua riconversione in attrezzo ginnico. La Giuria ha insieme determinato di assegnare una menzione a due progetti i quali con similarità di approccio affrontano la questione della ridotta dimensione dei balconi urbani moltiplicandone l’estensione con espedienti visuali: ‘Eterotopia Mignon’ (Dorotea Ottaviani, Kuei Ying Proietti) e ‘No Stop Garden’ (Ludovico Luciani, Caterina Mari, Giacomo Barchiesi).

Presidente di giuria: Franco Panzini Giuria: Claudia Bucelli, Vincenzo Cazzato, Bianca Maria Rinaldi, Lucilla Zanazzi

Premio Giardini applicati: "U Jardinu: interpretazione del giardino pantesco in chiave contemporanea"di Maria Elena Marani Perché riprende un antico concetto del giardino arabo-persiano e per la novità dell’idea di mantenere le antiche tradizioni pur rivisitandole nei vari dettagli in modo nuovo. Il giardino segreto, riservato, sacro ci da una chiave di lettura del verde particolare che serve per preservare e tutelare il nostro patrimonio e questo si riscontra anche nella scelta botanica delle piante inserite nei discendenti colorati secondo l’idea di Olivier Gerard, in questo giardino applicato realizzato in sua memoria.

Presidente di giuria: Lilli Garrone Giuria: Elisabetta Margheriti, Bernardino Pinzari, Francesco Rinalduzzi


Premio Vivai: S’Orrosa La Giuria ha deciso all’unanimità di premiare il vivaio S’Orrosa specializzato in rose Té, Cinesi, Noisette e ibridi di Gigantea, perché gli ha riconosciuto, oltre alla professionalità e alla passione del produttore, il valore complessivo delle collezioni, la varietà e la qualità delle piante esposte, la sensibilità e il coraggio di proporre, insieme a ibridi di nuova generazione, un grande numero di specie botaniche tra le più originali e rare.

dello spazio e della materia. Ci hanno colpito oggetti apparentemente poveri, la cui ricchezza è data dalla pratica del recupero e della sostenibilità, e la volontà di promuovere qualità artigianali toccando diversi e molteplici campi. Sedute, tavoli, librerie, pareti naturali in bambù sono il prodotto finale di una notevole creatività e di uno studio attento del materiale utilizzato. Intendiamo inoltre premiare tra le loro iniziative anche la collaborazione che hanno intrapreso con le carceri, rendendo visibili e fruibili oggetti nati proprio dal lavoro artigianale all’interno di esse.

Presidente di giuria: Bruna Pollio Giuria: Orlando Gentili, Bruno Filippo Lapadula

Presidente di giuria: Fiorella Scarvaglieri Giuria: Marianna Aprile, Ritanna Armeni, Pierluigi Battista

Premio Silvia Provera al miglior espositore: nAm Ecodesign

Premio Racconto breve sotto le foglie: “Un prato di acqua verde”di Corrado Roda

La giuria ha assegnato il Premio a nAm Ecodesign per l’impegno e la creatività sintetizzati nel suo motto: ‘Oggetti nati attraverso il riciclo’. Il premio dedicato a Silvia Provera anche quest’anno valorizza la creatività e la manualità legata alla progettazione di oggetti che ben s’inseriscono nella nostra vita quotidiana. Abbiamo ritrovato nella proposta di nAm Ecodesign l’importanza di ridurre l’impatto ambientale, sociale ed economico nella trasformazione

Giuria: Cecilia Ribaldi, Giovanna Salvia, Donatella Stasio

I premi del Festival del Verde e del Paesaggio sono opere originali in terracotta policroma ideate e realizzate da Ciriaco Campus. Rappresentano un albero, simbolo iconografico di solidità, energia e generosità del paesaggio e della natura.


Balconi per Roma

Follie d’Autore

Giardini applicati


Miglior espositore

Racconto breve sotto le foglie

Avventure creative

Miglior vivaio


Follie d’Autore Follie preveggenti Franco Zagari

Che cosa è stato in questi anni Follie d’Autore? Una collezione unica nel suo genere di installazioni effimere a rapidissima combustione e frenetica frequentazione, che nasce da un’idea mia che, proporzionalmente alla sua dimensione poco più che simbolica, ha fatto molto parlare di sé. Sono interventi piccoli ma con una forte carica emozionale e sempre portatori di un contenuto narrativo, proprio come le folie del giardino inglese da cui traggono ispirazione e da cui prendono il nome: un compito provocatorio, evocativo, divertente che ha invitato il pubblico a una riflessione mai facile, sempre all’altezza di un gioco antico quanto il mondo, la rappresentazione della nostra civiltà attraverso un’idea di natura. E’ un’iniziativa culturale che accompagna il Festival dalla sua nascita, diventata ormai un riferimento nella sperimentazione sul giardino in Italia, che ha raccolto consensi e critiche nella comunità scientifica come nei numerosi visitatori, comunque sempre ha suscitato un dibattito molto generoso. Quest’anno, come è sempre stato, sono cambiate ancora e profondamente le regole del gioco rispetto alle manifestazioni precedenti, non tanto nelle condizioni di invito quanto nelle risposte. La quarta edizione delle Follie è stata a detta di tutti la meno

spettacolare della breve storia di questa esperienza. Questo è vero ma per quanto il mio giudizio possa essere viziato da un coinvolgimento, devo dire che secondo me questa improvvisa misura, questo pudore, non hanno per nulla abbassato la guardia sulla qualità, anzi. Un giudizio sereno e distaccato ci restituisce invece un corpo di intuizioni molto sottili e profonde, interessanti perché eloquenti della condizione attuale di incertezza del nostro habitat, e allo stesso tempo di una determinata volontà di reazione. La giuria del premio penso abbia colto perfettamente questo valore di soglia. Il tema è Il giardino luogo preveggente, molto simile in fondo a quanto detto da Sigfried Giedion in Spazio, tempo e architettura, che in ogni epoca il giardino è in tutti i sensi non solo luogo di sperimentazione, di ogni sorta di conoscenze e di tecniche, come di valori simbolici e rappresentativi, ma anche luogo di anticipazione, di forme-idee destinate a influenzare fortemente l’evoluzione dell’abitare e della città. Questa intuizione, che coincideva allora con riflessioni che annunciavano la crisi del Movimento moderno, oggi ci aiuta sorprendentemente di fronte a una nuova crisi, il cui orizzonte è ‘selvaggio e incerto’, essendo noi consapevoli di un passato che nella nostra cultura è tanto indispensabile quanto mal interpretato e spesso incapaci di una visione evolutiva di futuro. Perché? Ecco sei risposte. Certamente è stata l’edizione che ha pagato di più il peso della crisi, l’allontanamento degli sponsor è dipeso da una generale stanchezza del mercato e gli autori invitati hanno in molti casi sopperito con la forza dell’entusiasmo e della fantasia. Al pubblico più avvertito credo comunque che sia arrivato un messaggio di paesaggi non immediati né facili da assimilare, ma tutti con un loro fascino giocato per lo più con pochi elementi primari, con una narrazione sempre alta nel contenuto simbolico, non disponibile a nessun atto di consumo, giardini che non parevano preoccupati tanto di apparire, anzi affatto, quanto di essere evocativi di attesa, curiosità, scoperta di piccole ma decise affinità elettive. Molto simili fra loro i sei autori per questo comune spirito di understatement, non avrebbero potuto per il resto essere più diversi sotto ogni altro


profilo, a cominciare dalla differenza di età e di esperienza – è questo un punto importante di metodo che ho adottato nella campagna di ingaggio, cercare di comparare diverse carature professionali, culture, visioni del futuro, culture materiali – ognuno con un suo programma, un suo linguaggio, sue visioni, giardini per certi versi leggibili come una mappa dell’ampiezza del campo di risposta che ci si offre per una riqualificazione di un paesaggio offeso, molto oltre e diversamente da quanto sostengano molti ultraconservatori. Fukushima mon amour di STD+ affronta il tema dell’anticipazione attraverso un giardino che si presenta come un gioco interattivo con il pubblico. Molto intenso è stato un continuo dialogo con i visitatori, invitati a sviluppare una sorta di grafico zen della loro visione del paesaggio rispetto a precisi archi temporali. Dispositivi di Paesaggio di Sara Gangemi propone un’opera aperta che coinvolge il pubblico attraverso una struttura modulare che può assumere forme infinite con una superficie disegnabile. Tutti sono invitati a partecipare alla creazione del giardino attraverso il disegno e la combinazione dei moduli, immaginare nuove “coreografie di paesaggio” (Lawrence Halprin). Micro Resilienza di POLA Architects si presenta come un semplice terreno fertile predisposto verso un cambiamento positivo. Vi è un solo germoglio al centro del campo circondato da piccole figure umane microscopiche in estasi e meraviglia contemplativa. Accanto un metrocubo di semenze in quattro contenitori trasparenti è a disposizione del pubblico per una semina assolutamente libera. Il concetto è la resilienza, cioè la capacità di reazione che il nostro sistema dovrebbe produrre rispetto alla tremenda inerzia di carico a cui è sottoposto. Stuff di CZstudio Associati parla di abbandono e rioccupazione, di forme nuove che un giardino può assumere nella dimensione urbana, modificabile per apporti successivi. Non è tanto un esempio quanto una codifica di strumenti che indagano la molteplicità dell’esperienza delle pratiche sociali, della marginalità, della permanenza di tracce. E’ come un “germe” che propone una nuova estetica che registra e fa proprio il divenire. Gli autori citano

non a caso Deperire, rifiuti e spreco di Kevin Lynch, suggerendoci dopo tanti anni il fascino della riscoperta di un approccio originale e diverso. Semisèmini di Blu Mambor è un giardino che più giardino di così non si può. L’originalità nella scelta delle essenze e la loro composizione sono un esempio del grande potere del gardener, come autore attore di spazi fortemente evocativi della nostra condizione e interprete di un forte desiderio di modificarla. Germinazione, crescita, fioritura sono attentamente studiati, anche se è accettata per principio l’alea di una buona dose di imprevedibilità, condizione non negoziabile. Piante autoctone e non si mescolano e confondono creando un coraggioso insieme di fioriture “multietniche” e armoniche. Hic Sumus Felices di L2 S è un giardino che porta all’iperbole il genere della folie, la sua materia è eminentemente emotiva, rifiuta una forma conclusa per comporsi in modi diversi e inaspettati. Gli elementi che sono usati sono eterogenei, caotici e a tratti invece straordinariamente chiari, si stratificano, si intrecciano, si accumulano, si diradano, simili a pensieri, sogni e ricordi di comunità e di individui. Di-Terra di Valerio Morabito non è una memoria per il futuro. Usando un elemento costruttivo eterno, la tegola in terracotta, ci introduce ad un pattern modulare colonizzato da vegetazione. Ne discende uno spazio molto attraente, un pentagramma instabile che non suggerisce tanto una preveggenza se non per tentativi, per addizioni, per prove, sempre pronto a modificarsi per autoprodursi. Quanto al pubblico, il Festival ha dato vita a un clima così accogliente da indurci a ritenerlo un sintomo positivo di una tendenza ancora non chiara ma vitale, da valutare con attenzione, una faglia sotterranea di risorse creative che fuori degli schemi potrebbero esprimere una domanda di qualità della vita in termini del tutto nuovi rispetto a quelli consueti. Follie è una piccola tessera di questo quadro, credo molto utile, esperienze libere e pioniere il cui frutto si manifesterà nelle forme forse più inattese, ma si manifesterà, di questo io sono certo.




Di-Terra di Valerio Morabito con APS spin off UNIRC (Stefania Condurso Mariateresa Nucera, Alessia Latella Debora Gallina, Giusy Iracà) I Maestri Del Giardino Realizzato con il contributo di Floricoltura Veimaro Bigmat

“L’uso delle tegole combinate con la vegetazione per la costruzione di un giardino preveggente non è una memoria per il futuro. La cosa che ci interessava era invece lavorare con un modulo, un modulo di terra, che potesse scrivere un codice preveggente attraverso un elemento posto al di sopra del tempo e dell’uso. Ne è risultato un disegno quasi automatico e mai finito: non sicuro nelle sue forme, non risolto nel suo linguaggio, non proprio nello spazio. Non è una linea di preveggenza, ma è una preveggenza per tentativi, per addizioni, per prove. La combinazione tra natura ed artificio è semplicemente “naturale” e ovvia, scontata nel suo equilibrio sempre pronto a modificare se stesso per autoprodursi.”





Semisèmini di Blu Mambor con Federico Barbariol Federico Tria Realizzato con il contributo di Vivai Graziella

“Semisèmini è un campo fiorito. Anzi, uno spaccato di campo fiorito. Un ricordo d’infanzia, quando immergersi nei colori della natura era un puro istinto. Il progetto nasce dall’inizio: dalla semina. Seminare è un gesto antico e semplice che ci mantiene in contatto con la terra. Un gesto reale e simbolico indispensabile per il futuro. Un gesto che richiede cura e attenzione, poiché racchiude in sé tutto il processo a venire. Un gesto che ho sentito di compiere in prima persona, con tutto quello che ne consegue. Germinazione, crescita, fioritura ci mettono in contatto con un tempo diverso durante il quale osserviamo, pazientiamo e, talvolta, ci stupiamo. La natura nasconde in sé una buona dose di imprevedibilità: accettarla è condizione non negoziabile. Le piante scelte sono annuali e perenni, semplici e caparbie, che si disseminano autonomamente. Specie erbacee in prevalenza spontanee mediterranee, ma anche di diversa origine, che bene si adattano al nostro clima e che possono essere riseminate con facilità. Oltre a quelle ottenute dalla semina, l’installazione si arricchisce di piante cresciute in vivaio e giunte alla giusta maturazione nel tempo desiderato. Le piante provenienti dalla nostra semina e dal vivaio, autoctone e non, si mescolano e si confondono creando un insieme di fioriture “multietniche” e armoniche. Semisèmini è un invito a riscoprire la bellezza della semplicità.”





Hic Sumus Felices di L2 S Luigi Stendardo Luigi Siviero Stefanos Antoniadis con Tommaso Gasparin, Yilin Jang Raffaele Spera, Serena Vianello Realizzato con il contributo di Gi.Sa Montaggi

“ll giardino è un effimero e instabile equilibrio di forma e materia, sospeso nello spazio e nel tempo. È una composizione delicata, dall’anima indomita, che continuamente si deforma, si smargina, si frantuma, sottraendosi alla fissità della forma conclusa, per ricomporsi in modi diversi e inaspettati. Un giardino è la proiezione di un possibile ordine formale, astratto, preciso, prezioso quanto inutile, sulla materia che si stratifica, si intreccia, si accumula, si dirada simile alla sostanza di cui sono fatti i pensieri, i sogni, i ricordi. Tensione tra materia caotica e forma cosmetica, nella serena imminenza della rovina e della ricomposizione in altra forma, il giardino è preveggente. È enunciazione di un frammento di pensiero ordinatore aperto, capace di accogliere e lasciare accumulare ciò che verrà rielaborandolo in memoria, senso, forma che dialoga con le forme del passato reinventandone continuamente il significato. Qualsiasi cosa avvenga. Qui siamo felici.”





Stuff di CZstudio Associati Laura Zampieri Paolo Ceccon con Arthur Duff Realizzato con il contributo di Il Giardino Favaro1

“I (giardini) passano da una funzione all’altra, vengono abbandonati e rioccupati, assumono forme nuove, tornano a stati precedenti, e talvolta vengono cambiati in maniera irrecuperabile. I residui delle successive fasi di occupazione si accumulano e diventano parte della natura della terra.¹ Sempre più frequentemente essi si traducono in progetti di riorganizzazione di luoghi compromessi negli equilibri ambientali ed ecologici, di gestione e metabolizzazione dello scarto e del residuo. Il giardino, qui presentato, non è più uno spazio deputato all’interno della città, ma un luogo giardino attivabile nella dimensione urbana, che si fa forma modificabile, supporto di apporti successivi. Esso perde il suo valore di ‘exemplum’ per essere continua codifica e messa a punto di strumenti che hanno valore nella molteplicità dell’esperienza e delle pratiche sociali, nella marginalità dei luoghi, nella variabilità e permanenza delle tracce, per essere ‘germe’ di una temporalità della natura che ci travalica, per proporre una nuova estetica che registri e faccia proprio il divenire.” ¹Lynch, K., (a cura di Southworth, M.), ‘Deperire. Rifiuti e spreco’, Cuen edizioni, Napoli, 1992, (pag. 155).





Micro Resilienza di POLA Architects Matteo Aimini con Sara Fontana Matteo Roveda Edoardo Ticozzi Realizzato con il contributo di Vivai Rugiano Martinuzzo Slow/d Srl

“Questo piccolo e scevro giardino altro non è che il ritratto dei nostri territori sottoposti ad una difficile e complicata condizione ambientale. Nonostante la brulla apparenza è un terreno fertile, predisposto verso un cambiamento positivo. Un germoglio, unica presenza vegetale, quasi insignificante rispetto alla scala del contesto, è circondato da piccole figurine, attonite e ballerine, concentrate in un atto di estasi e meraviglia contemplativa dell’unica forma di vita presente nel loro oscuro e personale deserto. La precognizione della rinascita è racchiusa in un metro cubo di semenze, adagiate in quattro contenitori di plexiglass trasparente, dove sarà possibile prelevare e usare come meglio si crede i piccoli semi. Il visitatore potrà spargerli, mediante il gesto della semina, nell’asciutto giardino che si trova di fronte o se vuole potrà piantarli in privata sede. Entrambe le azioni, simboliche o fisiche che siano, agevoleranno il concetto chiave di questa opera: la resilienza.”





Fukushima mon amour di STD+ Giorgio Skoff Elisabetta Tarricone Nicla Di Bisceglie Realizzato con il contributo di Cooperativa sociale Re Manfredi Vivaio Cantatore Galleria D’Arte Forma4 import.export “Cileo”Trani

“Nel ‘72 dei ricercatori del MIT pubblicarono i risultati di una ricerca dal titolo ‘I limiti dello sviluppo’. Per la prima volta si gettava uno sguardo sul futuro mostrando le conseguenze della crescita incontrollata su un pianeta dalle risorse non infinite. Oggi, gli autori di Fukushima mon amour hanno l’obiettivo di formulare un’ipotesi sul futuro del paesaggio attraverso un giardino effimero: coinvolgono i visitatori, invitandoli a riflettere sul paesaggio e sulle azioni di oggi che determineranno il paesaggio di domani. Come potrà essere il paesaggio di domani? La risposta sarà individuata dai visitatori che costruiranno il giardino pietra su pietra posizionandole su una tabula rasa di ghiaia in base ai loro interessi ed in base a precisi archi di tempo. Il posizionamento di ogni singola pietra determinerà il “cambiamento” ed un’indicazione per il nostro futuro. Gli elementi costitutivi del giardino sono la vegetazione, elementi minerali e la partecipazione dei visitatori!”





Dispositivi di Paesaggio di Sara Gangemi con Filippo Abrami con l’intervento degli artisti Andrea Andreco Yun-Jung Seo Realizzato con il contributo di Amorim Isolamentos Oikos

“Ci sono luoghi dove è necessario intervenire con dispositivi narrativi e simbolici per offrire agli abitanti nuovi immaginari e scenari futuri. I dispositivi sono infatti, secondo Michel Foucault (1976) e Gilles Deleuze (1989), pratiche e strutture relazionali che mettono in rete elementi eterogenei del paesaggio e innescano processi naturali, sociali ed economici, definendo così nuovi soggetti attivi al loro interno. In questi termini il valore estetico di un paesaggio non è più una risorsa statica né assoluta, ma piuttosto un bene che emerge da una sequenza di azioni collettive ed individuali. La proposta vuole allora essere un’opera aperta (Umberto Eco, 1962) che coinvolge il pubblico del festival, atto a stimolare la creatività delle persone e l’uso dello spazio in maniera ludica. La complessità delle forme e delle azioni che saranno scaturite da questa esperienza, funzioneranno da allegoria per ripensare i paesaggi del nostro quotidiano. Il dispositivo è realizzato attraverso la prototipazione di un playground in sughero: una struttura modulare che può assumere forme infinite e con una superficie disegnabile. In questo modo tutti sono invitati a partecipare alla creazione del giardino, attraverso il disegno e la combinazione dei moduli, sono esortati a dialogare in modo libero e immaginare nuove coreografie di paesaggio (Lawrence Halprin).”





Balconi per Roma Concorso di progettazione under 30 Franco Panzini

Camere con Vista Gli ultimi decenni hanno visto fiorire l'elaborazione teorica intorno al concetto di paesaggio. Riducendo all'essenziale l'oggetto dello studio e i risultati dell'elaborazione, potremmo affermare che si è passati dall'intendere il paesaggio quale soggetto fisso e stabile, ad una sua concezione come dialettica che si istituisce fra il soggetto osservante e l'oggetto osservato. Il paesaggio non è più qualcosa da osservare in rispettoso silenzio, ma piuttosto un medium, l'ambito di un processo nel quale convergono identità soggettiva e sociale. Il paesaggio è il prodotto di una sovrapposizione fra la percezione visuale del nostro occhio e l'elaborazione mentale attraverso cui aggiungiamo alla vista significati e valori. Nell'idea di paesaggio è insomma insito un processo mentale. Come quello con cui noi scegliamo, all'interno di un quadro visuale ampio, quale porzione riprodurre in una fotografia o un dipinto. Una foto o un dipinto di paesaggio sono ovviamente


interpretazioni di una visuale, anzi sono un modo per riflettere sulla visuale stessa riverberando su essa emozioni e perché no suggerimenti di lettura. In questa elaborazione soggettiva, sta la patina astratta che noi applichiamo alla visuale mutandola in paesaggio. Questa recente consapevolezza ha riconfigurato gli strumenti di lettura del paesaggio. Emblematico è ad esempio il mutamento che ha investito la fotografia di paesaggio. I fotografi ottocenteschi celebravano la wilderness pura, mentre la fotografia contemporanea è attenta agli aspetti sociali, politici, ecologici; è interessata pressoché esclusivamente al paesaggio costruito con le sue aberrazioni: mall commerciali e stazioni di servizio, caseggiati alienanti e buche stradali. Soggetti attraverso cui si restituisce l'idea dello spazio contemporaneo e si riflette sulle conseguenze del processo di consumo selvaggio di paesaggio che è in corso. Un processo dinamico di lettura del paesaggio è sotteso anche ai progetti di balconi rinverditi che sono presentati nelle pagine che seguono. Attraverso le differenti proposte, i balconi interpretano l'evoluzione del paesaggio urbano. Oggi che i luoghi selvaggi non ci sono pressoché più, la vera sfida per chi abbia a cuore il paesaggio, non è cercarne di nuovi, ma esplorare il valore di una nuova selvaticità, questa volta tutta urbana. Certo i balconi propongono una collezione di frammenti paesaggistici; scorci diaframmati dalla dimensione del balcone e dalla finestra che sul balcone si affaccia. Ma in riposta a questa oggettiva limitazione di scala, valutiamo il fatto che oggi la gran parte della gente ha esperienza dello spazio aperto prevalentemente attraverso una finestra. E' vero c'è chi accompagna il cane a passeggiare intorno all'isolato, e c'è chi si concede una passeggiata al parco la domenica. Ma chi vive in città vede il mondo esterno per la gran parte del tempo attraverso una finestra: della macchina, dell'ufficio, della casa. I balconi verdi giocano a mutare in paesaggio le viste delle nostre finestre. Costruiscono nella loro sequenza lo storyboard per la messa in scena di uno spazio trasfigurato: più domestico e condiviso. Sono la narrazione poetica di un paesaggio amico.

I Balconi WorkOut Stefania Politi No stop garden Ludovico Luciani, Caterina Mari, Giacomo Barchiesi Il balcone degli odori e dei sapori perduti Maria Libera Brigante Little Paradise Valentina Pedrotti L’acchiappacielo Sarah Mayol, Matteo Schillaci, Riccardo Spinucci Eterotopia mignon Dorotea Ottaviani, Kuei Ying Proietti Il viaggio immaginato Martina Cecarelli, Chiara Maccari VerdEVento Alice Ruschena, Miranda Secondari MEETINgarden Riccardo Aleotti, Alessio Pea, Paolo Porqueddu


WorkOut

Stefania Politi

No stop

Ludovico Luciani Caterina


garden

Mari Giacomo Barchiesi

Il balcone degli odori e dei sapori perduti

Maria Libera Brigante


Little Paradise

Valentina Pedrotti

L’acchiap

Sarah Mayol Matteo


pacielo

Schillaci Riccardo Spinucci

Eterotopia Mignon

Dorotea Ottaviani Kuei Ying Proietti


Il viaggio immaginato

Martina Cecarelli Chiara Maccari

VerdE

Alice Ruschena


Vento

Miranda Secondari

MEETINgarden

Riccardo Aleotti Alessio Pea Paolo Porqueddu


Avventure creative: innamorarsi in giardino Concorso di progettazione Fabio Di Carlo

Teste d’ariete Forse insistere con riflessioni attorno al ruolo e alla sperimentazione sul giardino - piccolo, intimo, a volte rarefatto al limite dell’elitario - rispetto ai temi più ampi e urgenti, ma spesso quasi senza margini, del paesaggio, può apparire come una sorta di snobismo intellettuale. In realtà credo che sia giunto il momento di un ribaltamento di prospettive, per sostenere che, in una fase in cui sembra si sia persa nel nostro paese ogni capacità di controllo positivo delle trasformazioni sul territorio, la qualità diffusa dell’habitat umano – alla quale ci richiama anche la Convenzione Europea del Paesaggio - possa dipendere più da una combinazione felice di azioni puntuali di cura e affetto dei luoghi dell’abitare. Atti guidati da un desiderio di qualità, di bellezza e di identificazione, assieme al ritorno di un ruolo consapevole e innovato dell’azione pubblica, invece delle grandi e astratte azioni pianificatorie, il cui ruolo ha perso progressivamente di efficacia. Giardini come “teste d’ariete” contro l’immobilità, in un paese in cui tutti parlano di paesaggio, ma di novità se ne intravedono poche. Siamo in diversi ormai a pensare che forse il giardino possa salvare il paesaggio. Forse non ci è ancora chiaro con quale processo, ma la sfida certo è di grande interesse: se il landscape urbanism e il suo approccio interdisciplinare sta progressivamente sostituendosi all’urbanistica, l’attenzione alle qualità, al dettaglio, alle sensibilità tecniche e alla fattibilità che si sviluppano nel lavoro sul giardino, possono instaurare un rapporto omologo con l’architettura e gli spazi delle città, ed essere il motore del rinnovamento. In questo senso considero queste parole una sorta di proseguimento di quanto l’amico Franco Panzini ha scritto sul catalogo dell’edizione 2013 di questa manifestazione, evidenziando il ruolo che esperimenti come quelli intrapresi dal Festival possano avere nel ridisegnare il ruolo del progetto e dei progettisti nel reinterpretare in chiave realmente innovativa il rapporto tra uomo e spazi della città, in tutte le sue declinazioni.


E in una forma che travalica le separazioni tra lavoro sull’architettura, sull’arte e sugli elementi del giardino o dei paesaggi. L’esperimento di “Avventure creative”, alla sua seconda edizione, mi sembra possa confermare il suo ruolo proprio in questa direzione. Uno strumento intermedio, non propriamente giardino, né paesaggio. Un esercizio utile per rimandare, suggerire o alludere a riflessioni e indirizzi più ampi. Ma soprattutto per preparare delle sensibilità nuove tra i giovani progettisti, che non mancano di stupirci positivamente. Anche quest’anno abbiamo avuto sei microcosmi assolutamente maturi e capaci, come media efficaci, di lanciare altrettanti spunti di riflessione verso il paesaggio. Alcuni ci riportano all’osservazione della Natura, come rispecchiamento di alcuni nostri comportamenti. Penso a Lovein15MQ2, con la ricostruzione del nido d’amore in forma di giardino dell’uccello giardiniere, che è quella che più esplicitamente rimanda al tema di quest’anno. Analogamente La...BOMBO*niera che, su un piano esplicitamente biologico, richiama alla visibilità di alcuni processi naturali, come la simbiosi tra insetti e piante. Altri ci parlano invece dei meccanismi di percezione e costruzione del paesaggio. INnamorarsi ripropone il tema dell’ampliamento della percezione dal giardino verso il paesaggio, o il panorama, attraverso lo stratagemma degli specchi. Segnali di vita, invece, mette in scena in forma nuova la dialettica natura-artificio, ripercorrendo il dibattito attuale sul ruolo e la forza della flora spontanea in ambiente antropizzato. Eros/Anteros invece declina un ragionamento che coniuga il tema delle relazioni, tra elementi o persone, con quello della percezione e visibilità del giardino e del paesaggio. Il progetto vincitore infine, aLtrOVE…oltre l’essenza, parte da un approccio di osservazione oggettiva, quasi un’investigazione, che ricorda I misteri del giardino di Compton House di P. Greenaway, o di Blow-Up di M. Antonioni, per impostare una sorta di racconto dall’esito incerto, ovvero il giardino come opera aperta.

I progetti aLtrOVE...oltre l’essenza Giulia Attardi, Eufemia Giannetti, Elisa Lumaca Lorenzo Felicioni

Eros/Anteros Teresa Bonini, Beatrice Botto, Marta Burrai Elena Cappelletti, Barbara Nardacchione

INnamorarsi Catiuscia di Florido, Silvia Mannocci, Giulia Lucherini Francesco Gaudio

La…BOMBO*niera Valeria Baldassarre, Sara Montani, Sara Trippanera Alice Costanza Materia, Chiara Palermo, Daniela Perrotti

Segnali di vita Roberto Bove, Ana Horhat

Lovein15MQ2 Francesca Petrelli, Donata Facello, Rossana Bianchi Domenico Fazzaro


aLtrOVE...oltre l’essenza di Giulia Attardi Eufemia Giannetti Elisa Lumaca Lorenzo Felicioni Realizzato con il contributo di Florovivaistica del Lazio Wood Box

“aLtrOVE..oltre l’essenza è un concept che tratta l’amore che va oltre la sfera terrestre e che possa così durare in eterno. Il progetto tecnicamente si palesa come una stanza del delitto in cui però di fatto non è avvenuto poiché non si ritrovano dei veri corpi ma delle sagome verdi che vengono tracciate con il gesso bianco dalla polizia per poter in ogni caso svolgere le indagini. E’ inoltre una stanza interattiva dove le persone possono farsi fotografare tramite la polaroid posta all’interno ed appendere le loro foto di amanti sui fili di nylon.”



Eros/Anteros di Teresa Bonini Beatrice Botto Marta Burrai Elena Cappelletti Barbara Nardacchione Realizzato con il contributo di Coop. Agricola Tor San Giovanni

“Eros/Anteros nasce da una riflessione: per amare bisogna essere in due. Eros e Anteros sono fratelli. Il loro è un legame particolare: la vicinanza del fratello consente a Eros di crescere, la sua lontananza lo fa regredire fino a tornare bambino. L’amore dunque si sviluppa grazie a un rapporto di dipendenza e affezione. Nel parco pensile, per definizione un luogo sospeso, troviamo un piccolo bosco, la cui vegetazione ricorda la leggerezza delle nuvole. Una coppia gioca, in sella a un’altalena dondolo. Il movimento cadenzato svela prima una, poi l’altra figura. Il peso di uno permette la salita dell’altro e viceversa. È un gioco di equilibri in cui si partecipa solo se si è disposti a donarsi a chi sta di fronte. Vi sarà mai un momento in cui ad entrambi sarà possibile vedere le stesse cose, trovarsi a un livello comune? O in questo gioco c’è sempre chi dà più di ciò che riceve? Questo è l’elemento impossibile da prevedere, dipende unicamente da chi prende posto nella seduta.”



INnamorarsi di Catiuscia di Florido Silvia Mannocci Giulia Lucherini Francesco Gaudio Realizzato con il contributo di De Fiore Paesaggio Grandi Vivai Piante MARI Ebanisteria Artigiana Ramacci & Masini Falegname Giovanni Venturi Agriturismo Borgo di Tragliata

“Un giardino è un fazzoletto di terra, uno spazio che qualcuno ha delimitato e poi curato, ornato, riempito di colori e di profumi. È come una scatola dal contenuto prezioso che offre a chi vi entra una sospensione dal mondo esterno. Decidere di entrarvi comporta l’attraversamento di un confine e la scoperta di un altrove sensoriale. Dunque entriamo. Un senso di protezione ci pervade mentre ci lasciamo alle spalle il mondo del quotidiano, allentiamo le tensioni e godiamo della rappresentazione della natura che si apre davanti a noi. Suoni, colori, profumi: ogni elemento sembra parlarci di altro, il corpo cattura le sensazioni e la mente viaggia altrove. E così il piccolo fazzoletto di terra racchiuso nella scatola sembra non avere più confini, lo spazio si dilata e noi con i sensi ubriachi lo inseguiamo. È maggio dentro la scatola e noi ci stiamo già innamorando!”



La…BOMBO*niera di Valeria Baldassarre Sara Montani Sara Trippanera Alice Costanza Materia Chiara Palermo Daniela Perrotti Realizzato con il contributo di Vivaio Piante Garden House Ferramenta DA.MA

“Simbiosi non è solo condizione di relazione trofica fra partner, acquisizione e mantenimento di uno o più organismi da parte di un altro di specie diversa; è anche potenziale di acquisizione di nuove capacità metaboliche dal proprio partner. Tale movimento generatore di “novità biologica” esiste grazie all’apporto biologico della parte meno visibile dell’infrastruttura simbiotica: il micelio. Processo invisibile, all’opera nei tessuti connettivi sotterranei e nelle attività che permettono il realizzarsi stesso della vita. Il dispositivo “BOMBO*niera” ha la capacità, grazie alla presenza delle sue lenti, di indirizzare la nostra attenzione al processo all’apice del fenomeno di simbiosi: l’impollinazione dei bombi. Il cartello che ricorda la simbiosi è un’altra lente che ci indica che quel movimento è solo una parte del movimento di un’infrastruttura invisibile, quel sostrato che permette un tessuto di connessioni, di attività reciproche, il tessuto stesso della vita, l’amore.”



Segnali di vita di Roberto Bove Ana Horhat

“Cosa significa innamorarsi in giardino? Uno stato d’animo che facilita le relazioni? Una ricerca dell’equilibrio interiore o esteriore? Oppure significa trovare un equilibrio tra il dentro e il fuori, un’intesa tra natura e artificio? Nella ricerca di questo equilibrio siamo noi a cercare una relazione con la natura, senza accorgerci che ogni giorno è la natura che entra in relazione con noi senza chiedercelo. Riproponiamo il fenomeno dell’amore per la vita, attraverso l’immagine della vegetazione spontanea che riesce sempre a trovare il proprio spazio per crescere. Questa sua forza di solito ci sfugge. Le barriere fisiche esistono ma la vegetazione riesce a valicarle mentre le barriere mentali sono ancora difficili da superare. Di solito la vegetazione spontanea viene vista come un nemico invece di capirne le potenzialità e purtroppo non è quasi mai oggetto di progetto. Per noi diventa invece il cuore pulsante del nostro giardino, un inno alla vita, all’amore per la vita che la natura ci insegna!”



Lovein15MQ2 di Francesca Petrelli Donata Facello Rossana Bianchi Domenico Fazzaro Realizzato con il contributo di Centro Clima Idea Verde

“L’idea generatrice del progetto è un nido, luogo protetto ospitato in un campo profumato e colorato, capace di incuriosire, risvegliare i sensi, evocare sinestesie. L’ispirazione non nasce da un nido qualunque, bensì dagli architettonici e artistici nidi degli uccelli giardinieri, costruiti con cura e perizia al fine di impressionare e destare stupore. L’installazione si concretizza in un intreccio di piante che, raccolte nello stesso luogo in cui vengono utilizzate, si staccano direttamente dal terreno per andare a formare un ‘nido’ costituito di rami, foglie e fiori, ai quali si uniscono oggetti di varia natura, raccolti per scopi puramente scenografici. L’idea di progetto si palesa quale rifugio in grado di accogliere due innamorati che si ritrovano avvolti da un fascio di verde, come in un ideale abbraccio da parte di Madre Natura. I colori policromi di fiori e foglie, gli odori sprigionati dalle essenze che si intrecciano alla struttura, risvegliano i sensi e alimentano emozioni.”



7- Chiaro&Scuro Progetto di Carlo Contesso con Brunella Lorenzi per Linea Giardini Come un salotto verde, un giardino, un anfiteatro: la zona dedicata agli incontri, presentazioni, talk e premiazioni, arredata con le collezioni da giardino di Emu, è il risultato di un lavoro corale. Determinante il contributo di tutti: oltre alla regia di Andrea Veglianti, il risultato straordinario si deve all’apporto di Coverture che ha inserito le coperture; Arredopallet che ha realizzato la pavimentazione in legno riciclato e Artestenico, il duo di forgiatori che ha realizzato tutte le strutture in ferro. Girando pagina: i due salotti all’aperto di 7-Chiaro&Scuro.





Giardini applicati Nelle pagine che seguono:

Peperoncino ardente sinfonia Progetto di Benedetto Taliento e Lucia Di Tomasso per l’Antica Azienda Agricola Brocchieri U Jardinu, riflessioni in giardino: interpretazione del giardino pantesco in chiave contemporanea Progetto di Maria Elena Marani per il Comune di Pantelleria Il giardino che vorrei…Il verde migliora la qualità del vivere Progetto de Il filo d’erba di Roberto e Maria Paola Aleotti Architetti per Tre Emme Service GardenIN60 Associazione Il Tetto Casal Fattoria Onlus per il progetto Verde Speranza coordinato da Studio Extramoenia La via d’uscita: un'occasione per divagare sul tema del labirinto Progetto di Laura Orazi in collaborazione con il gruppo Tesi piante e Verde 2000 per Florovivaistica del Lazio





I vivai del Festival Nelle pagine che seguono alcuni dei vivai del Festival:

Gli iris de L’Erbaio della Gorra Le tillandsie di Plantas y Viento Le acquatiche di Eta Beta Le erbacee perenni di Vincenzo Nardi Le hydrangee del Vivaio Tara Le rose di S’Orrosa





Gli espositori del Festival Nelle pagine che seguono alcuni degli espositori del Festival:

L’angolo di Bao I mobili antichi di The workshop La sedia ecologica di nAm Ecodesign Il salottino da esterno di Coverture L’arredamento di Unopiù Le strutture in salice intrecciato di Salix I tessuti di Arredosalaria Una seduta realizzata da Arredopallet La piscina Softub di Materia Applicata L’allestimento di Ethimo Sedute e tavoli di Emu













Racconto breve sotto le foglie Concorso letterario

Nell’ambito della quarta edizione del Festival del Verde e del Paesaggio, è stato indetto un concorso letterario, intitolato “Racconto breve sotto le foglie”: 4000 battute per affrontare un tema – il giardino – che, a giudicare dalla quantità di testi pervenuti, ha saputo far risuonare in profondità corde molto sensibili. A qualunque età, e con una varietà di stili e di accenti che non avremmo immaginato. I racconti dei primi tre classificati (Corrado Roda, Un prato di acqua verde; Angela Amico, La vigna non è cosa da femmina; Claudia Arcolin, L’arcobaleno sotto la quercia) sono stati pubblicati sul sito, Un prato di acqua verde potete leggerlo anche in questo catalogo. Sull’onda dell’entusiasmo per il successo ottenuto, e fiduciosi che i semi piantati daranno altri frutti, ritentiamo l’esperimento anche nel 2015.


Un prato di acqua verde di Corrado Roda Un prato di acqua verde davanti a me e io che, con i piedi immersi in quell’acqua, mi alzavo sulla punta per cercare qualcosa oltre quell’orizzonte, un pezzo di quella terra che mi avevano detto avesse il nome di Europa. Da molti giorni passavo il mio tempo lì in attesa, ma l’attesa non era sola, era accompagnata come sempre dalla speranza, unite fino a che una delle due non si sarebbe persa e l’altra non se ne sarebbe andata per ritrovarla. Poi, arrivò il segnale: “Preparatevi, si parte.” Il verde dell’acqua divenne subito azzurro, poi blu e ancora nero, come la notte, la prima notte passata in mare. Ero solo insieme ad altri cento uomini soli. Le poche luci della costa divennero presto un pensiero. La mia famiglia lontana, ogni minuto sempre di più, e con lei la mia casa e l’albero di Boswellia Sacra dal quale mio padre estraeva la resina per farne incenso. La mia casa profumava di quella resina ed era famosa per quel profumo perché accoglieva ogni forestiero sulla via del suo viaggio. Mio padre, quell’albero, l’ha curato per lungo tempo. Quella cura ne ha fatto un fusto sempre più forte, rami potati e foglie fitte da farci ombra nei giorni più caldi. Passarono diverse stagioni, io crebbi sotto quei rami, poi qualcosa cambiò: la pianta si ammalò e con lei mio padre. Passò poco tempo, troppo poco e arrivò il giorno nel quale mi ritrovai grande pur essendo solo ragazzo, arrivò il giorno che mio padre morì insieme alla pianta, o forse subito dopo. Erano cresciuti insieme, insieme si erano aiutati l’un l’altro e insieme dovevano andarsene. Strano caso di cooperazione fino alla fine. La salma l’abbiamo bruciata con il legno di quella pianta e insieme nell’aria sono tornati al cielo. Prima di partire, mentre la salutavo, mia madre con occhi che

solo una madre può possedere mi ha dato un piccolo pezzo di quell’albero, una radice. Non aveva altro da darmi se non quel legno unito alla sua benedizione. E in tasca non ho altro, solo quel piccolo pezzo di legno, mio padre. Abbiamo navigato per giorni fin quando qualcuno poco dopo un’alba, che non poteva essere come le altre per quanta luce aveva con sé, si mise a urlare: “Terra! Guardate laggiù, ecco il nostro futuro, ecco il posto dove rinascere!” Ci affacciammo tutti su un lato della barca pericolosamente, spinti da cento speranze che volevano conoscere cosa volesse dire futuro, volevano capire come fosse fatto, che forma avesse. La barca non ne volle sapere di quei sogni tutti in una volta, non poteva caricarsene e decise, con forza, di interromperne la maggior parte. Mi trovai in acqua, verde anche quella ma più scura, strinsi forte quella radice e la feci diventare la mia unica ragione di vita. Dovevo riuscire a salvarla e con essa il sogno di mio padre: vedermi diventare uomo. Non potevo deluderlo proprio allora. Due braccia amiche e una lingua sconosciuta mi aiutarono a poggiare il viso sulla terra nuova. Prima di partire qualcuno mi aveva parlato di una terra diversa, soprattutto nei colori. Aveva detto il vero. Io che conoscevo solo il rosso di un suolo che colorava i piedi, troppe volte senza scarpe, duro di polvere, alzata nei tanti giorni aridi e molle di fango quando la pioggia le donava nutrimento. Invece era morbida quella terra. Un colore verde la accarezzava in diverse luci, in diverse ombre. Non pensavo potessero esistere tanti toni di verde. Seduto di fronte al mare ritrovai le forze, come me altri uomini strappati a quel prato di acqua verde e donati a quest’altro, di erba appena nata e ancora bagnata di notte. Presi fiato perdendo lo sguardo oltre l’orizzonte, esattamente come avevo fatto prima di partire, con la sola differenza che adesso sapevo immaginarlo. Una mano sulla mia spalla: alzai lo sguardo e un sorriso mi accolse. Mi fece segno di seguirlo. Guardai il mare solo un attimo, poi aprii lentamente il pugno che stringeva ancora la radice e la donai a quella terra. Benvenuto Padre mio. Un profumo di incenso salì forte al cielo.


Pubblicazione edita da Miligraf S.r.l. Via degli Olmetti 36 - 00060 - Formello (Roma) Tel: 06 9075142 - Fax: 06 90400189 edizioni@miligraf.it www.miligraf.it

Fotografi Alberto Alicata, Ludovica Arcero, Fabio Cameli, Agnese Capalti, Lucia Caputo, Gabriele Cialdella Alessandra Egidi, Alice Favi, Sabrina Martin, Valeria Sgamma, Dayana Zaccagnino

Copertina Ciriaco Campus Progetto grafico Alessandro Bertolini Stampato da Miligraf (RM)

partner per la stampa

prima edizione Dicembre 2014 ISBN 978-88-96002-42-1 Tutti i diritti riservati Vietata la riproduzione anche parziale



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