Aree Industriali Dismesse

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Il 3% dell’intero territorio italiano secondo i dati Istat e’ occupato da aree industriali dismesse, quasi tutte da bonificare e riqualificare. Queste aree abbandonate – che occupano una superficie pari a

9.000

circa kmq, superiore a quella di una regione come l’Umbria – costituiscono un bel problema pieno di rischi, ma allo stesso tempo una grande opportunita’ sia dal punto di vista economico che da quello sociale. Il problema si concentra maggiormente nelle citta’, dove le aree industriali dismesse occupano oltre il 30% del territorio urbano.

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3%

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anto), dalla Federconsorzi (coloranti); seguita dall’indotto. In pochi anni Bagnoli ha perso 15.000

addetti all’industria manifatturiera. Ridotta a un deserto.

2 milioni di metri quadrati a terra e vaste zone di mare sono ancora inquinate da sostanze pericolose, lascito delle passate attività:

Ebbene a Bagnoli amianto, metalli pesanti, composti aromatici.

Non è solo Bagnoli, naturalmente. Le aree industriali dismesse di interesse nazionale sono oltre 50 e centinaia sono quelle di interesse regionale. Quasi tutte hanno problemi di inquinamento, con rischi per la salute niente affatto banali (come ha dimostrato la recente sentenza Eternit). Quasi tutte hanno bisogno di riqualificazione.

L’estensione di queste aree e la presenza, in Italia, di know how potrebbe trasformare il rischio in opportunità. La bonifica e la riqualificazione delle aree industriali dismesse è un’occasione di nuovo lavoro, qualificato.

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Quando una fabbrica chiude lascia sempre un “grande vuoto”. Sociale e morale, ancor prima che economico. Il processo di deindustrializzazione in Italia di orridi sociali, morali ed economici ne ha lasciati tanti. Da Genova a Milano a Napoli, fin giù in Sicilia molti hanno avvertito la profondità di questo peculiare vuoto. Migliaia di addetti hanno perso il posto di lavoro. La società intera ha perso uno dei principali dei suoi collanti. Ma quando un’attività industriale cessa non lascia un vuoto fisico, essa continua a nutrirsi delle risorse del territorio, inquinandolo con i suoi residui. Esaminiamo Bagnoli, che con la sua fabbrica siderurgica è stata per settant’anni sede di una delle anime di Napoli. Non a caso uno scrittore che quelle anime partenopee le conosce, Ermanno Rea, ha chiamato “LA FABBRICA” quella fabbrica. Ebbene l’Ilva poi Italsider poi di nuovo Ilva ha cessato le sue attività ormai venti anni fa. Preceduta dalla Eternit (ami-

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In particolare, in Gran Bretagna e USA con le inner cities. Gli operai che risiedono nei pressi delle vecchie industrie infatti restano senza lavoro né prospettive di lavoro, e non possono concedersi la possibilità di cambiare abitazione. Ne consegue il tristemente famoso circolo vizioso delle inner cities, foriero di delinquenza, vandalismo, droga, nonché di degrado fisico dell’ambiente urbano. Anche alcune aree non prevalentemente urbane soffrono il declino di cui sopra, per esempio la Ruhr in Germania. Le risposte a questo tipo di crisi sono spesso parziali e comunque di rado efficaci complessivamente, risentendo spesso di un atteggiamento reattivo, contingente, non strutturale, che molte volte ha sconfinato in un pericoloso dilettantismo politico e tecnico.

Il Governo della riqualificazione

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Con la crisi petrolifera del 1973 e con il generale riorientamento della politica industriale si assiste ad un declino di aree industriali, specialmente nelle nazioni comunemente ritenute più avanzate.

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Le politiche pubbliche:

Spatial targeting, azione per aree di intervento specifiche zone del Paese (Enterprise Zones, aree di incentivazione imprenditoriale), dove le industrie hanno goduto di minori tasse e vincoli urbanistici, e maggiori benefici. Notevoli critiche, per la incompatibilità urbanistica e ambientale di questi ‘buchi’ nel sistema pianificatorio, la crescita del prezzo del suolo, presunta scarsa incidenza di tale misura sulla scelta localizzativa dell’azienda.

Partnerships, fra governo centrale, locale e privati, come mezzo di superamento di ostacoli burocratici e dotate del potere di concedere finanziamenti per l’incentivazione del coinvolgimento del settore privato (leverage effect, property-led regeneration). La frequente esclusione delle autorità locali, però, ha spesso favorito gli interessi privati e quelli accentratori del governo, senza favorire l’effettivo decollo di queste iniziative.

New agencies, cioè varie agenzie (come le Urban Development Corporations) organizzate dal settore privato sotto l’egida del governo centrale, per la rivitalizzazione di alcune zone in crisi. Molte iniziative non hanno raggiunto lo scopo prefissato per la ferma opposizione delle autorità locali che ne riscontravano spesso l’assoluto scollamento dalle vocazioni territoriali e dal sistema pianificatorio.

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Il problema del recupero delle aree industriali dismesse è stato trattato sin dagli anni ‘70 principalmente dal lato sociale ed economico, piuttosto che ecologico e ambientale.

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Il partito laburista ha oggi ripreso il ruolo promotore e di garanzia dell’autorità locale, con il coinvolgimento partecipato della comunità nella preparazione. Scenari di sviluppo multisettoriali, entro chiare linee strategiche di sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibili. E’ il tentativo di rispondere alle crisi indotte dalla globalizzazione dell’economia attraverso un empowerment delle comunità locali, piuttosto che uno sterile e demagogico new localism senza potere reale (people-led regeneration).

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Pur senza arrestare il consistente calo di occupazione, le politiche utilizzate hanno ivi stimolato nuove attività e creato un significativo numero di posti di lavoro, soprattutto dove è stata coinvolta la autorità locale e ci si è basati su una più ampia pianificazione a livello regionale.

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Decentralizzata fortemente la pubblica gestione; Piani di rilancio territoriale molto interattivi, flessibili, concertati, partecipati, impossibili senza un background amministrativo qualitativamente elevato. Il successo di questi non-piani è molto tangibile nelle aree locali degradate, quali la Ruhr. La Ruhr con i suoi 5,3 milioni di abitanti è una delle più grandi aree urbane europee che si estende su una superficie di 4.535 km². Tuttavia la conurbazione si può ritenere più estesa comprendendo anche gli agglomerati di Colonia, Bonn, Düsseldorf e Leverkusen posti più a sud, quest’area prende il nome di Rhein-Ruhr e forma uno tra i più grandi agglomerati urbani dell’Unione Europea con quasi 12 milioni di abitanti, equiparando regioni metropolitane come quelle di Parigi e Londra. Fanno parte della Ruhr le città di Bochum, Bottrop, Dortmund, Duisburg, Essen, Gelsenkirchen, Hagen, Hamm, Herne, Mülheim an der Ruhr e Oberhausen e molte altre, tutte interconnesse da una fitta rete autostradale e ferroviaria. Problemi della Ruhr: Area notevolmente infrastrutturata: storici canali navigabili, poderosa rete stradale e ferroviaria. Sede del ciclo integrale dell’acciaio: sviluppo industriale mastodontico, consumo inaudito della risorsa ambientale. Fiumi per decenni trasformati in canali di drenaggio a cielo aperto, determinando un inquinamento grave e numerose epidemie.

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Politiche attuali:

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Obiettivi: Risanamento ambientale, Ricostruzione del paesaggio-campagna, Reintegrazione dei gruppi socioeconomicamente marginali, Ricostruzione di una identità regionale, Procedure gestionali innovative, per rendere espliciti problemi di implementazione i quali, invece, sono stati sempre tradizionalmente rimandati, Forte orientamento al processo più che alla formulazione di un piano rigido, con ricerca continua di partecipazione e accordoongoing tra attori pubblici e privati.

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Il più recente progetto di ristrutturazione economica e ambientale:Programma IBA Emscher-Park. L’importanza: la capacità di coniugare gli obiettivi di redevelopmentcon le potenzialità del piano-processo.

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Il consenso deve in qualche modo già essere preesistente, senza conflitti sociali molto aspri, per ‘comunicare il buon esempio’, e indurre un effetto moltiplicatore sull’imprenditoria e l’economia. La ricerca dell’effetto comunicativo induce al prevalere della forma sulla sostanza, del manufatto sul suo spinoff, dell’effimero sul duraturo, così riproponendo gravi errori. Il processo di bonifica, recupero e riuso delle aree della Ruhr fa perno su 3 integrate:

strategie parallele e

1. Migliorare il clima sociale e culturale, rilanciando l’attività di studio e ricerca, la scuola e l’università, allo scopo di creare una nuova sensibilità diffusa intorno alle potenzialità dell’area (15 università). 2. Migliorare e bonificare l’ambiente fisico, attraverso processi di decontaminazione e/o rinaturalizzazione, con lo scopo sia di realizzare parchi naturali attrezzati, sia di attrarre investimenti nell’area. 3. Innescare un processo di modifica della base economica locale, facilitando la localizzazione di nuove medio/piccole imprese, focalizzando l’incentivazione soprattutto verso le nuove tecnologie. Area storicamente ad alta intensità di manodopera e con una forte identità operaia: richiede mutamenti quasi epocali per poter riorientarsi verso le nuove necessità del mercato, dovendo sopportare crisi sociali e occupazionali estremamente drammatiche. Cambiamenti di lunga durata, forieri di pesanti sofferenze sociali e perdita di posti di lavoro che, se non accompagnati da alternative riconosciute come realizzabili e sostenibili dalla comunità, sarebbero mere chimere. Proprio in quest’ottica, dunque, va visto nella Ruhr il grande investimento pubblico sulla cultura, sull’educazione, sulla cura del senso della comunità, sul miglioramento della qualità della vita in modo da creare un buon sostrato indispensabile per la rinascita economica.

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Limiti:

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Il primo approccio organico alla materia del risanamento ambientale ha avuto luogo negli USA e risale alla legge CERCLA (Comprehensive Environmental Response, Compensation and Liability Act, 1980): introduceva l’obbligo di bonifica per gli autori della contaminazione, con l’importante principio della retroattività dell’obbligo, a partire dal momento dell’accertamento. Dei 1400 siti che la legge a seguito di un censimento indicava come gravemente contaminati (National Priority List), sono oggi completamente bonificati circa il 50%. In Italia, leggi per il rilascio di sostanze inquinanti: • Legge Merli (n.379/1976): introduzione di standard massimi inclusi in apposite tabelle. • Legge 349/1986: introdotto il principio del risarcimento del danno ambientale. • D.Lgs. 22/1997 e 152/1999: obbligo di risanamento ambientale ebonifica delle aree degradate. • Legge 441/1987 ha introdotto l’obbligo per le regioni di dotarsi dipiani di bonifica delle aree inquinate, che prevedevano il censimento dei siti inquinati. La regione Puglia si è dotata di tale piano nel 1995 (991 siti da bonificare) a breve, medio e lungo termine. • La Puglia possiede sul proprio territorio alcuni siti di interesse nazionale nel campo della contaminazione ambientale: Brindisi, Manfredonia, Taranto (Legge 426/1998). • Legislazione ambientale in progressivo aggiornamento, ma ricorrenti discrepanze regionali per le procedure di controllo e law enforcement. Esiste l’appeal esercitato dai grandi potentatiindustriali su aree economicamente depresse, per le quali il controllo e la limitazione di attività inquinanti è un possibile disincentivo alla localizzazione industriale stessa. • È proprio questo sollecita oggi un approccio non più deterministico, ma fortemente complesso, con decise interazioni etico-sociali.

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Il problema della bonifica delle aree contaminate è stato storicamente affrontato in maniera spesso non strutturale e reattiva, con misure ad hoc.

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1. Schemi legislativi di allocazione e limitazione delle responsabilità. Cercando di far chiarezza sulle responsabilità, non incrementano direttamente gli investimenti, ma diminuiscono la percezione del rischio, così aumentando la certezza della situazione e favorendo lo sviluppo di contatti e transazioni. 2. Schemi governativi di assistenza finanziaria. Sono mirati alle aree dismesse, per aumentarne la competitività relativa: essendo però destinati anche ad aree non inquinate, non è certo che le aree contaminate ne ricevano un vantaggio competitivo univoco. Inoltre non sortisce effetti diretti sulla certezza dell’eliminazione del rischio percepito: fortissimo deterrente all’attrazione di investimenti. 3. Permessi di variazione degli standard ambientali in dipendenza dai futuri usi del suolo. Tale sistema serve a legare lo standard ambientale di un sito al reale uso del suolo. Deve ottenere un livello accettabile di qualità ambientale anche nelle aree più povere, altrimenti le aree più ricche possono intraprendere iniziative locali per imporre standard più alti, così generando nuove forme di iniquità ambientali. 4. Iniziative locali di rigenerazione. Esse si basano sul coinvolgimento di risorse locali e manodopera per il recupero di aree contaminate.

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Le politiche

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La somma di singoli buoni progetti non basta,

infatti, a garantire qualità urbana, in termini di miglioramento della vita dei cittadini.

I presupposti essenziali sono: • che il governo della riorganizzazione territoriale sia esercitato dalle istituzioni in modo sempre più aperto al contributo di tutti gli attori; • che i processi di trasformazione abbiano come obiettivo generale quello di contribuire a realizzare maggiore coesione sociale ed economica, presupposto per lo sviluppo di tutto il territorio; • che il giudizio sulla qualità di ogni singolo intervento comprenda la sua capacità di integrazione fisica, sociale ed economica con il contesto urbano e che l’effetto riqualificativo sia duraturo nel tempo.

la Qualità_URBANA

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Perseguire la qualità urbana significa porre in rapporto dinamico tutti gli elementi legati alla riqualificazione di un’area con quelli più ampi del contesto nel quale essa insiste.

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equilibrio Coerenza con gli strumenti urbanistici vigenti; Modalità di definizione dello strumento urbanistico; Considerazione della sostenibilità ambientale dell’impianto urbano; Mix di funzioni; Grado di integrazione fisica con il contesto urbano; Dotazione infrastrutturale per la mobilità pubblica e privata; Grado di partnership pubblico-privato Rispetto del cronoprogramma.

_URBANISTICA

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Gli obiettivi che la città si è data attraverso gli strumenti di programmazione molte volte sono di difficile attuazione. Solo attraverso un’attenta politica in cui vi è una cura mirata al miglioramento delle connessioni con il fine di definire un impianto urbano sostenibile equilibrando è possibile pianicare un futuro in cui la ricostruzione delle aree dismesse o degradate si possano integrare a pieno con la nuova maglia cittadina.

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attrattività Modalità di definizione del progetto; Considerazione della relazione tra le soluzioni architettoniche, la contemporaneità e l’identità dei luoghi; Sostenibilità ambientale e comfort degli edifici: grado di integrazione di soluzioni tecniche e progettuali; Flessibilità delle opere architettoniche.

_ARCHITETTONICA

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Produrre attrattività per i fruitori - residenti, city users, imprese - e per gli investitori. Progettare con intelligenza gli interventi prendendo in considerazione le sfide della società contemporanea, migliorare il contesto urbano, contribuire a creare o consolidare identità del luogo, produrre risparmio energetico e sostenibilità ambientale.

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comunità Rilevanza dello spazio pubblico nella progettazione generale e nella realizzazione; Fruibilità, accessibilità e sicurezza dello spazio pubblico; Uso effettivo dello spazio pubblico.

_SPAZIO PUBBLICO

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Favorire la convivenza civile, l’aggregazione sociale, la sicurezza e la partecipazione. L’obiettivo è di costruire uno spazio di relazione integrato nel contesto urbano, un ambiente sicuro e flessibile, caratterizzato dalle opportunità offerte da una mobilità lenta.

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vivibilità Composizione e varietà dell’offerta residenziale; Presenza o generazione di attività lavorative; Dotazione di servizi alla persona; Dotazione di servizi di quartiere; Integrazione con il sistema urbano; Grado di informazione dei cittadini sugli obiettivi, caratteristiche, tempistiche, etc del progetto; Grado di partecipazione dei cittadini alla definizione del progetto; Trasformazione della composizione sociale.

_SOCIALE

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Elevare la qualità della vita favorendo la coesione, l’articolazione della composizione sociale e offrendo adeguati servizi alla persona e alla famiglia. Offrire servizi misurati sulle reali esigenze dell’area urbana in cui si colloca il progetto.

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sviluppo Completezza, tenuta e trasparenza del Piano Economico Finanziario; Rispetto delle previsioni economico-finanziarie; Capacità di fertilizzare l’economia urbana: numero di unità locali per settori economici, elementi di attrattività di attività economiche, elementi di eccellenza che possono creare indotto.

_ECONOMICA

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Sviluppare benefici economici per gli investitori, gli enti pubblici e i cittadini bilanciando qualità tecnica, tempi, efficienza attuativa e costo globale dell’intervento in coerenza con lo sviluppo generale della città definito dagli strumenti programmatici generali producendo una crescita economica duratura dell’area urbana nel tempo.

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sostenibilità Grado di relazione tra il progetto urbanistico/architettonico, il progetto di bonifica; Progettazione degli spazi aperti per il riequilibrio bioclimatico dell’area e della città; Grado di attenzione alla gestione dell’acqua piovana.

_AMBIENTALE

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Migliorare la sostenibilità della città e contenerne l’espansione, puntando al migliore equilibrio tra le condizioni ambientali date e le funzioni previste. Elementi chiave: considerare la sostenibilità dell’area nel suo insieme, prevedere fin dall’inizio l’eventuale bonifica dei siti, utilizzare materiali e tecnologie sostenibili in tutto il ciclo di rigenerazione e di vita dell’area.

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benessere Grado di attenzione all’uso di materiali/componenti sostenibili in tutte le fasi di vita dell’area; Uso di tecnologie/sistemi con finalità di risparmio energetico; Bilancio energetico sul 100% degli edifici.

_ENERGETICA

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Trasformare la città da organismo energivoro a organismo produttore di energia, applicando sistemi passivi per il risparmio, tecnologie innovative per l’efficienza e fonti rinnovabili per la produzione. Garantire salubrità e benessere attraverso l’applicazione dei principi della bioclimatica.

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identità Trasformazione in continuità o discontinuità con l’evoluzione storico/culturale dell’area e del contesto e grado di considerazione della storia fisica, economica e sociale dell’area e della città; Numero e qualità degli elementi trasformati o conservati e lo giustificazione.

_CULTURALE

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Sviluppare il senso di appartenenza e di identità misurandosi con le sfide dello sviluppo urbano. La qualità culturale considera la rilevanza del patrimonio culturale costituito dall’area per definire il tipo di intervento da realizzare, anche se in rottura con il passato. Bilanciare le morfologia e la struttura urbanistica della città esistente e quella di progetto.

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percezione Capacità di costruire il paesaggio: considerazione dei landmark interni e esterni all’area e costruzione di nuovi landmark; Considerazione dell’accessibilità al paesaggio: rispetto e/o creazione di coni visivi, copertura/oscuramento di elementi impropri, ecc.

_PAESAGGISTICA

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Il paesaggio urbano costituisce un valore fondante per l’area e per l’intera città. È necessario raggiungere una giusta sintesi tra la morfologia del territorio, il patrimonio presente e le soluzioni progettuali valorizzando i segni identificativi accumulati nel tempo dal paesaggio urbano e contribuendo alla riappropriazione dei paesaggi abbandonati.

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Un’area dismessa di circa 300 ettari. • Attraverso il ricorso a vari meccanismi di partecipazione popolare e imprenditoriale, l’Amministrazione Bassolino ha ricevuto stimoli e indicazioni dalla comunità locale per la fase di redazione. • Una sorta di ‘pianificazione in fieri’ è stato in realtà lo strumento utilizzato dall’ente locale in questo caso, non volendo perdere alcuna opportunità di cogliere risorse finanziarie private e pubbliche disponibili lungo la fase di redazione. • In particolare, un Forum su Bagnoli, con tutti gli attori coinvolti nel processo di sviluppo locale (imprenditori, sindacalisti, amministratori, semplici cittadini), per confrontare alcune proposte e scenari con le istanze dello sviluppo sostenibile. Lo scenario prescelto è stato selezionato tra più scenari, presentati nel Forum: interessante la previsione di uno sportello permanente di interfaccia tra progettisti e imprenditori verso il Comune, per lo sviluppo dell’area. • Un lato negativo: l’importanza assoluta del fattore tempo nelle pratiche partecipate. Spesso il consenso è frammentato, specialmente in aree con crisi economiche e occupazionali, e il rischio è una ‘teleguida’ dei risultati, molto facilmente realizzabile in aree poco avvezze a certo tipo di democrazia. • Per questi motivi spesso l’azione partecipata ha un inizio ma non necessariamente una fine (v. p.es. i laboratori autosostenibili), con ciò potendo esperire una azione di controllo sulle politiche e valutarne la rispondenza con le vocazioni locali.

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Come molte altre città americane, anche Detroit, capitale dell’industria automobilistica statunitense, è stata violentemente colpita dalla crisi economica, che ha portato, tra i vari effetti collaterali, una drastica riduzione del numero di abitanti e, di conseguenza, unvasto abbandono di molte aree residenziali. Secondo alcune stime, si calcola che gli edifici abbandonati siano circa 33.500, per un totale di 65 chilometri quadrati di proprietà inutilizzate.

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Nella città, conosciuta come capitale statunitense dell’auto, la crisi economica ha portato una diminuzione del numero di abitanti e un vasto abbandono di molte aree residenziali. Il sindaco di Detroit lancia un piano innovativo di sviluppo urbano che prevede la conversione delle aree abbandonate in orti urbani.

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Questi progetti iniziali sono stati rivisitati, ma, nonostante le proteste di quanti ancora abitano nelle zone abbandonate e saranno quindi costretti a lasciare le loro case, il sindaco pare deciso a procedere lungo questa via: nel discorso di saluto alla città tenuto a marzo del 2010 ha ribadito la sua volontà di ripensare Detroit inserendovi aree con parchi, orti e giardini. In via ancora ufficiosa è stato presentato un piano regolatore che prevede la suddivisione della città in undici zone, a seconda della funzione che devono svolgere nel contesto urbano: alcune zone sono destinate a parchi e giardini o a sobborghi residenziali, altre ad aree industriali o distretti commerciali, altre ancora ad uffici ed attività finanziarie. Le tre aree esclusivamente residenziali prevedono la creazione di appezzamenti da destinare alla coltivazione di community garden, non solo, tutte le undici aree dovrebbero essere collegate tra loro da sentieri “verdi”. Tra i soggetti che potrebbero trarre maggiori vantaggi da questa proposta vi è un’associazione chiamata Urban Farming, nata proprio a Detroit nel 2005. Lo scopo principale della sua attività è la riconversione dei terreni inutilizzati in orti, per rendere più sostenibili le città e al contempo fornire cibo anche a chi non ha i mezzi per procurarselo. Urban Farming, inoltre, associa all’attività di coltivazione anche un importante ruolo sociale, poiché molti degli affidatari delle coltivazioni appartengono a programmi di riabilitazione di ex carcerati; il raccolto effettuato viene poi distribuito gratuitamente a chi l’ha coltivato e a quanti desiderano prendervi parte. L’attività dell’associazione si può sostenere in diversi modi, sia con donazioni economiche sia dedicando il proprio tempo alla cura degli orti.

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Questa disponibilità di grandi appezzamenti di terreno e la crisi economica che impedisce di avere il denaro sufficiente per attuare investimenti importanti, ha fornito al sindaco di Detroit i presupposti per pensare di varare un piano innovativo di sviluppo urbano: i progetti proposti prevedono la conversione dei quartieri residenziali abbandonati in terreno agricolo da destinare ai cittadini rimasti. In altre parole, se le intenzioni si concretizzeranno, le case inabitate saranno sostituite da altrettanti orti urbani. Nel 2009, a pochi mesi dal suo insediamento, erano stati presentati al neosindaco di Detroit Bing due diversi piani per ridisegnare la città: uno prevedeva la conversione dei terreni inutilizzati in una fattoria commerciale e l’altro la loro distribuzione ad associazioni impegnate nella creazione di orti sociali.

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