“Val d’Orcia - Analisi del paesaggio rurale”

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Val d’Orcia - analisi del paesaggio rurale



Università di Pisa - Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria Edile-Architettura Economia ed Estimo Civile - Professore Massimo Rovai

Val d’Orcia - analisi del paesaggio rurale Allievo: Federico Ferrazzino


indice


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il paesaggio nel tempo


Per il suo diretto riferirsi alla riflessione storico-filosofica, il concetto di paesaggio e’ tra i luoghi teorici fondamentali di una possibile unione dei campi delle scienze umane e naturali auspicata dal pensiero ecologico, esso pero’ al tempo stesso e’ uno degli esiti piu’ tipici della frattura tra natura e cultura portata a compimento dalla modernita’. L’idea di paesaggioe’è estranea sia alla cultura antica pagana, sia alla cultura cristiana medievale e comincia a delinearsi solo nel Rinascimento. Friedrich Schiller, nelle sue riflessioni sulla poesia e la pittura di argomento paesaggistico, osservava che l’interesse artistico per il paesaggio nasce da un piu’ generale interesse sentimentale per la natura, conseguenza del progressivo distanziarsi dell’uomo moderno da essa e di una nostalgia per la sua perdita che non poteva appartenere all’uomo greco, ancora integrato al mondo naturale. Pochi anni dopo Jacob Burckhardt nel saggio del 1860 intitolato “La civilta’ del Rinascimento in Italia”, fissera’ anche una simbolica data di nascita per la scoperta del paesaggio. Si riferiva alle riflessioni ispirate in Petrarca, da lui considerato “uno dei primi uomini perfettamente moderni”, da un’escursione in compagnia del fratello sul Mont Ventoux, vicino ad Avignone, durante la quale, contemplando la bellezza dei panorami, gli si rivelo’ l’inadeguatezza della concezione cristiana della natura. Simbolicamente, Burckhardt attribui’ l’illuminazione di Petrarca alla lettura, una volta giunto sulla sommita’ del Mont Ventoux, del passo del Libro X delle Confessioni di Sant’Agostino in cui è scritto che il sentimento di ammirazione che si prova per gli spettacoli della natura rende “immemori di se medesimi”.

Definizione di Paesaggio In geografia il termine indica l’insieme delle manifestazioni sensibili di un paese o di un territorio, analogamente alle voci paysage in francese, landscape in inglese, Landschaft in tedesco; quest’ultimo termine si identifica spesso con quello di “regione”. La nozione di paesaggio sottesa a queste espressioni è quella di una percezione che unisce le forme naturali, che costituiscono i territori di vita dell’uomo, a tutti gli elementi o segni che nel corso del tempo, secondo le finalita’ piu’ diverse che l’uomo ha inserito nell’ordine naturale. Da Burckhardt fino a filosofi del Novecento come Ritter e Assunto, il concetto di paesaggio si e’ affermato nella cultura storico-filosofica moderna quale terreno fondamentale di elaborazione teorica e culturale sull’ambiente naturale visto non dal punto di vista delle scienze fisiche e biologiche, o di quelle economiche, ma per l’influenza che esso determina sull’animo umano in termini di bellezza, sentimento, gusto. Per questo la storia dell’idea di paesaggio, soprattutto a partire dal romanticismo, si è collegata alla riflessione sul bello e alla storia dell’estetica, tanto piu’ dopo che quest’ultima ha cominciato ad estendere il proprio sguardo oltre la tradizione della filosofia dell’arte; e proprio nella sua accezione piu’ squisitamente estetica, l’amore per il paesaggopè e’ stato un valore fondante dello stesso pensiero ecologico, e in particolare delle correnti preservazioniste del movimento conservazionista e dei suoi pionieri neoromantici a cominciare da Henry David Thoreau.


“Il paesaggio eè il frutto dell’azione continua dell’uomo, che ha modificato il territorio nel suo assetto fisico e infrastrutturale per adattarlo, in ogni tempo e modo, alle proprie esigenze legate in primo luogo ai bisogni alimentari. Pertanto, il paesaggio rurale eè l’espressione dell’azione congiunta di fattori naturali e umani, dove il ruolo dell’agricoltore come produttore di elementi paesaggistici eè di fondamentale importanza.”


La nozione di paesaggio e’ ancor oggi divisa da questi due orientamenti che riguardano il ruolo assunto dall’uomo nel costruire il paesaggio. Il primo si inserisce nella visione ecologista, che studia e si interroga sulla capacita’ dell’uomo di modificare e turbare gli equilibri naturali. L’altro orientamento, che mette al centro del paesaggio l’uomo (attore e percettore), da’ molta importanza alla percezione, tramite sensoriale attraverso il quale l’uomo si rapporta alla natura. A cio’ si connette il tema delle forme, per il quale il paesaggio e’ da intendere come visione estetica del mondo in cui viviamo. Questo e’ il paesaggio dei pittori, degli artisti, che ha una lunga e affascinante storia. Inizio’ con gli uomini preistorici che, nelle loro rappresentazioni rupestri, non ritraevano il paesaggio ma vi alludevano tramite i movimenti, le posizioni degli uomini e animali identificati come progenitori mitici, iniziatori di una cultura.

Nella pittura occidentale il paesaggio, in un primo momento venne posto sullo sfondo di dipinti di soggetti religiosi, con i santi o il Cristo in primo piano, in seguito divento’ oggetto di rappresentazione con l’arte fiamminga e poi con gli stessi artisti italiani. Il paesaggio viene rappresentato anche nell’arte cinese, dove pero’ il segno umano non e’ mai cosi’ forte e in primo piano come nella pittura occidentale. Le diverse rappresentazioni mostrano che il paesaggio eìè proiezione dei modi dell’uomo di vedere e rappresentare il mondo, in base alle questioni che si pone (sentimentali, estetiche, pratiche, produttive, ludiche). Il paesaggio ha assunto oggi un ruolo culturale centrale di fronte al dilagare degli interventi modificatori dell’uomo connessi all’industrializzazione e al liberismo economico che ha assegnato valore al suolo, vi eì cosi’ il rischio che il paesaggio venga derubato della sua naturale connotazione, che ne si cancelli la memoria, la quale eì componete essenziale della sua identitaì. Al tempo stesso il paesaggio e’ diventato una preoccupazione degli urbanisti, degli amministratori e di chi presiede al governo dei territori.

In proposito si fa spesso distinzione tra paesaggio agrario e paesaggio urbanizzato (per non parlare di paesaggio naturale). Ma la vita urbana e’ ormai penetrata nelle campagne e questa distinzione, nei paesi piu’ avanzati, non ha quasi piu’ senso, anche se e’ tuttora importante nella ricerca storica, che si interessa alle epoche in cui citta’ e campagna davano vita a paesaggi globalmente intesi come manifestazione dei modi di organizzazione del territorio, con tutta la connessa complessita’ propria del mondo moderno, che ha fatto scomparire quelle visioni del paesaggio di ieri, quadro piacevole, gradito, confortante del vivere. L’eccesso produttivo e l’urbanizzazione sempre piu’ spinta produrranno paesaggi sempre piu’ lontani da quelle aspirazioni proprie dell’uomo secondo le quali si cerca nel paesaggio il riflesso migliore del proprio agire nella natura.


“Se da un punto di vista teorico il paesaggio presenta le caratteristiche adeguate per essere definito un bene pubblico o comune, da un punto di vista operativo sorgono delle difficolta’ per individuare modelli efficaci per la sua regolazione. Relativamente alla produzione e ri-produzione del bene pubblico paesaggio, ad esempio, e’ necessario comprendere che un paesaggio deriva da un mix di elementi prodotti e riprodotti dalle attivita’ di singoli soggetti che operano su proprieta’ private e con scopi, spesso, diversi e contrastanti gli uni dagli altri. Pertanto, la produzione/ri-produzione del paesaggio comporta lo sviluppo di una maturata capacita’ progettuale o, comunque, la consapevolezza di un agire in termini di gestione, salvaguardia e valorizzazione del paesaggio. In diverse situazioni e territori una data comunità, formata da attori identificabili come abitanti/produttori associati per esercitare un uso collettivo dei beni pubblici, ha maturato e assunto un ruolo cosciente di conservazione del patrimonio in modo tale da consentire la conservazione di un paesaggio di alto valore storico, culturale e artistico e, al tempo stesso, il mantenimento di una vitalita’ economica del territorio”. (Rovai)

paesaggio volontario


Anzitutto e’ necessario escludere ogni concezione del paesaggio come sfondo, come “spazio geografico neutrale” (una definizione assai discussa tra gli stessi geografi), cioè come un esistente dato nel quale l’architettura si posizione. Paesaggio e natura sono due cose diverse. L’uomo ha non solo pianificato il paesaggio ma lo ha ricostruito come cartografia, descrizione e rappresentazione, persino come naturale ideale nel giardino, con la coltivazione e come campo di esperimenti estetici e scientifici. Scriveva nel 1991 Franco Farinelli sul n. 575/76 di “Casabella”: “Proprio in forza della sua connaturata e calcolata ambiguita’ il paesaggio resta l’unica immagine del mondo in grado di restituirci qualcosa della strutturale capacità del reale: dunque il più umano e fedele anche se il meno scientifico dei concetti”. La varieta’ dei quadri che il paesaggio atropo-geografico europeo propone e’ una combinazione infinita di pezzi sottilmente e continuamente diversi in delicato equilibrio, aperti alla modificazione appropriata, ma anche al confronto con i tempi lunghi della sua geologia, della sua tettonica, come delle sue tracce insediative. A questo si oppone il fenomeno della espansione edilizia quantitativa e della occupazione indifferenziata dei suoli, verso la prevalenza assoluta della diffusione del costruito, che considera l’insieme del territorio “residuo inutilizzato”, fondo infinitamente disponibile alla crescita come valore assoluto. Il paesaggio, tuttavia, nella sua oscillazione tra oggetto di percezione, modello iconografico e scienza della natura, non e’ fortunatamente un materiale direttamente interpretabile, traducibile o commentabile, ma e’ altro rispetto all’architettura, che non si dissolve in esso ma la trova in confronto necessario alla sua stessa costituzione, all’uscita di ogni realismo dalla propria affrettata diacronia per misurarsi con un tempo storico lungo e profondo, con l’idea di durata per mezzo della continua metamorfosi dentro ai limiti della persistenza delle propensioni insediative. Non credo che l’architettura debba divenire paesaggio ma, al contrario, e con la dialettica nei confronti dell’architettura che un paesaggio si costruisce per quanto esso viene riguardato non solo nel suo aspetto ma in quello della sua costituzione strutturale. Quindi e’ necessario rivelarne continuamente, per mezzzo dell’architettura, il donfamento insediativo, la topografia storica, mettersi in relazione con la sua stratigrafia, con i processi di trasformazione della sua memoria e con le sue ragioni, con le opportunita’ e compatibilita’ che esso offre di fronte a nuove condizioni e necessita’: tutto questo attraverso tracce e indizi dal significato storico e morfologico polivalente, che appartiene a piu’ linguaggi. Non si tratta solo di materiali metaforici ma di concrete condizioni materiali, misure, sequenze differenziate, confini, distanze, pendenze, aree: compresi gli orizzonti lontani, e gli schermi che li misurano. La linea di contatto con il suolo e la sua natura di piano di fondazione, cosi’ come il profilo dell’edificio che misura il cielo, sono elementi stabili, costanti di relazione. Quando i secoli hanno cambiato il piano di appoggio al suolo, e l’edificio che indica il luogo della condizione originale, che segna lo stato della storia che lo ha costruito.


Val d’Orcia


Il paesaggio della Val d’Orcia, caratterizzato da un susseguirsi di rilievi collinari, eè segnato dal tracciato medioevale della via Cassia (che intorno al secolo VIII si sposta tra Firenze e Bolsena da 20 a 35 km piu’ a occidente dell’originale itinerario romano): un tracciato che trova lungo il percorso i centri principali di San Quirico, Castiglione, Radicofani e sul diverticolo per la Valdichiana, Pienza e Montepulciano. Grazie alla presenza della grande via che collegava Roma al nord d’Italia e ai paesi d’Oltralpe - e che percio’ fu detta anche Francigena - il sistema insediativo della valle si incremento’ decisamente intorno al X-XI secolo, epoca in cui l’affermarsi della feudalità porto’ alla organizzazione di un sistema di castelli e fortilizi. Il frequente transito di uomini e di merci lungo l’arteria viaria, ha fatto siì che alcuni dei centri abitati assumessero un particolare peso all’interno della valle: ad esempio San Quirico d’Orcia, punto di convergenza con la viabilita’ per la Valdichiana. Appare quindi evidente l’interesse al controllo di questa valle da parte della Repubblica di Siena. L’espansione senese in Val d’Orcia puo’ dirsi conclusa nel XV secolo e l’epoca coincide con una diversa sistemazione della viabilità e dei centri urbani. La Repubblica si impegno’ infatti a realizzare il ponte sull’Orcia, tra Bagno Vignoni e Rocca d’Orcia; rese definitivo lo spostamento del tracciato della via romana dalla valle del Paglia - ove si snodava in origine - in direzione di Radicofani, che con la sua rocca avrebbe meglio garantito il controllo; provvide di nuove fortificazioni tutti i centri della valle. Dopo la meta’ del Cinquecento, entrata nell’orbita fiorentina insieme ai domini senesi, la Val d’Orcia conserva un valore solo come area agricola.


La Val d’Orcia eè un’area collinare che si estende a sud di Siena per 668,62 kmq e comprende i comuni, di Castiglione d’Orcia, Montalcino, Pienza, Radicofani e San Quirico d’Orcia caratterizzati da strutture urbane ed arredi architettonici collocabili in prevalenza in epoca medievale (XI-XIV secolo) e rinascimentale (XV-XVI secolo). Oltre al pregio dei centri maggiori della Val d’Orcia, la singolarita’ di questo territorio eè rappresentata dalla presenza di innumerevoli borghi, talvolta fortificati, e di insediamenti sparsi, sia civili sia di culto, che nel loro insieme formano un reticolo di riferimenti storici, artistici, architettonici ed ambientali di elevato valore. Tali elementi antropici sono inseriti in un territorio caratterizzato dalla presenza di: • forme erosive particolari, calanchi o “biancane”, da mettere in relazione con la particolare natura geologica di gran parte della Val d’Orcia caratterizzata da argille plioceniche, sulle quali l’azione della pioggia e del ruscellamento determina queste forme di erosione e l’insediamento di particolari specie vegetali pioniere che conferiscono un aspetto caratteristico al paesaggio; • gli appezzamenti sono di grandi dimensioni, anche intere colline di decine di ha, coltivati a grano duro e, in misura minore, a foraggere; • la presenza di boschi sono di limitate dimensioni laddove le pendenze del terreno sono piu’ elevate; • vi e’ la presenza di alberi come cipressi, querce sono isolati o a piccoli gruppi; • un’ampia presenza di gole, ampi alvei fluviali originati dal fiume Orcia e da numerosi torrenti che solcano la valle dove si eè sviluppata una vegetazione riparia che conferisce anch’essa un aspetto paesaggistico ed ecologico caratteristico all’area.


Val d’Orcia


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metodologia di lavoro

Il lavoro di analisi che e’ stato svolto aveva come fine quello di analizzare a fondo il paesaggio rurale in uno dei 19 ambiti in cui e’ divisa la regione Toscana. E’ stato scelto l’ambito Val d’Orcia e Valdichiana per diverse ragioni: l’importanza del territorio, la sua storia, l’elevata caratterizzazione del suo paesaggio. Per un fine pratico, cioe’ andare fino in fondo all’analisi e’ stato deciso di prendere in considerazione solo la valle solcata dal fiume Orcia e quindi i comuni di Castiglione, San Quirico, Montalcino, Radicofani e Pienza. Fondamentale per la ricerca eseguita era il concetto di morfotipo che puo’ essere definito com e “una specifica forma di un luogo, dotata di biografia e tipizzabile nel senso che si puo’ riconoscere in diversi contesti territoriali”. In particolare il “morfotipo rurale e’ caratterizzato dalla interpretazione formale delle relazioni fra substrato idrogeologico e ambientale, attivita’ agrosilvopastorali, edilizia e infrastrutture rurali. Prima di eseguire un’analisi operativa e’ stata effettuata una ricerca approfondita del territorio. Sono stati presi in esame alcuni testi come “L’evoluzione del paesaggio della Val d’Orcia. Analisi e proposte operative” di Massimo Rovai e Simone Gorelli. o “Val d’Orcia Paesaggio Culturale - Patrimonio Mondiale Unesco - Piano di Gestione” e alcuni libri storico-geografici sulla Toscana del Touring Club. Per l’analisi operativa ci siamo affidati al software ArcMap 10 della suite ArcGIS. Questo programma ha preimpostato delle basemap come bing maps aerial, bing terrain che sono servite per effettuare una prima analisi del territorio della Val d’Orcia. Per quanto riguarda la base dati ci siamo affidati al servizio di GEOscopio che è un programma interattivo per la navigazione su dati geografici tematici 2D. Sviluppato dal Servizio Geografico Regionale, fornisce servizi WEB-GIS ai tecnici e ai cittadini che desiderano consultare tramite internet, in maniera semplice e in forma libera e gratuita,


l’informazione geografica tematica del Sistema informativo geografico della Regione e degli Enti territoriali toscani. Abbiamo usufruito del servizio GEOscopio_WMS cioe’ un servizio Web Map Service che, compatibile con ArcMap, consente la consultazione di mappe geografiche basate su dati cartografici tematici in 2D. Questo servizio ci ha permesso quindi di avere nella nostra base cartografica le infrastrutture viarie, i bacini idrografici, i toponimi e soprattutto le ortofoto al 10.000 che sono state utilizzate per eseguire non solo l’analisi dei morfotipi ma anche l’analisi storico evolutiva del paesaggio (in questo caso la variazione dell’alveo del fiume Orcia, la trasformazione dei pascoli e prati e l’evoluzione dei vigneti a Montalcino). Una volta elaborata questa base dati siamo andati ad inserire il la Corine Land Cover (CLC) geolocalizzata. La Corine o anche piu’ semplicemente Uso del Suolo e’ molto utile in quanto ci aiuta a classificare le aree da un punto di vista macroscopico. Oltre a questo e’ stato inserito un ulteriore shape file, quello degli ambiti della Regione Toscana. Questi due ultimi passaggi sono serviti per delimitare l’area al solo ambito. Infatti attraverso il comando CLIP di ArcGIS e’ possibile intersecare gli shape della CLC con lo shape del nostro ambito e quindi “tagliare” la mappa alla sola zona interessata. A questo punto abbiamo a disposizione tutto il materiale utile per effettuare l’analisi. Analisi che consiste nel visionare l’ortofoto cercando i morfotipi che caratterizzano il paesaggio. Questi vengono individuati e ricalcati con degli shape. Poiche’ la scala e’ al 10.000 e’ servito l’utilizzo di google street view al fine di controllare l’infrastrutturazione ecologica ed essere quindi piu’ sicuri di cosa si stava andando ad individuare. Una volta finito questo lavoro abbiamo dunque individuato una serie di morfotipi che abbiamo analizzato singolarmente da un punto di vista paesaggistico che quantitativo. A questo punto sono state esportate tutte le carte utili per la presentazione in ppt e per il report.



Val d’Orcia - analisi dei morfotipi


E’ assai tipico trovare a ridosso dei piccoli borghi della Val d’Orcia esempi di colture permanenti, per lo piu’ frutteti e uliveti, a ridosso delle abitazioni. Molte volte questi sono inseriti in pieno contesto urbano circondate lungo il loro perimetro dalle case confinanti. Ovviamente essendo spazi ridotti non si potra’ avere un’infrastrutturazione elevata, ma al contempo la maglia fitta ci fa comprendere l’intensita’ di sfruttamento di quel terreno.

prevalenza di colture permanenti_intercluso_maglia fitta_infrastrutturazione media


Sempre a ridosso dei piccoli borghi e’ possibile trovare, magari sul crinale del poggio su cui si erge il centro abitato un terreno con prevalenza a colture permanenti solo in parte inserito nel contesto abitato, cioe’ confinante con abitazioni su non piu’ di due lati.

prevalenza di colture temporaneo_semiaperto_maglia fitta_infrastrutturazione media


Nel territorio della Val d’Orcia sono anche presenti esempi di colture permanenti a ridosso dei centri abitati ma in questo caso con una maglia decisamente piu’ grande i quali si inseriscono in una fascia di divisione fra le aree agricole della campagna e le strade del centro abitato.

prevalenza di colture permanenti_semiaperto_maglia media_infrastrutturazione bassa


Squarcio tipico di paesaggio toscano. Casale immerso nella natura, con nel proprio circondario un insieme di piccoli campi dedicati a vigne e ulivi per una produzione dedicata al solo sostentamento della famiglia e quindi non per fini commerciali. Tipica e’ l’immagine del casale in cima ad un poggio con versanti tinti del verde oliva che si mescola disordinatamente con quello intenso della foglia di vite.

mosaico con prevalenza di vite e ulivo_maglia fitta_infrastrutturazione media


Altro chiaro esempio di paesaggio toscano sicuramente puo’ essere quello del casale circondato da piccoli campi destinati alla coltivazione, quelli di dimensioni ancora piu’ ridotti dedicati agli ortaggi, accompagnati da prati modesti per il pascolo di bestiame.

mosaico con prevalenza di seminativi e prati-pascoli_maglia fitta_infrastrutturazione media


Quando si pensa alla Val d’Orcia sicuramente ci vengono in mente le grandi distese arate che riempiono versanti interi di colline. Gli alberi, per lo piu’ cipressi, vanno a delimitare queste aree e accompagnano le strade di collegamento al casale, di solito collocate in cima ad un poggio. Fondamentali sicuramente sono anche i sistemi di canalizzazione per l’irrigazione, indispensabili per sopperire alla non sovrabbondanza di acqua piovana.

seminativo_maglia ampia_infrastrutturazione elevata


Elemento caratterizzante del paesaggio che segue l’andamento morfologico del terreno con un’infrastrutturazione legata alla isoipsa perimetrale della collina. Appare un paesaggio privo di elementi verticali addolcendo maggiormente la rotondità delle colline e sottolineando la continuità del territorio.

seminativo_maglia ampia_infrastrutturazione media


Tipico campo della pianura, vicino alle aree urbane, dove lo spezzatino delle proprieta’ non consente una produzione ampia e unica. L’infrastrutturazione rimane comunque elevata per garantire, oltre ad un gestione buona, un raccordo con gli assi viari limitrofi e le zone abitate.

seminativo_maglia media_infrastrutturazione elevata


Morfotipo caratterizzante aree non altamente specializzate, in cui sono presenti varieta’ differenti di seminativo.

seminativo_maglia media_infrastrutturazione media


Pascoli ben organizzati e di ampie dimensioni dedicati per lo piu’ a bovini, sono recintati o con un infrastrutturazione tale da limitare l’area. Sono caratterizzati soprattutto per la presenza di un anello arboreo tendente al boschivo.

prati-pascoli_maglia ampia_infrastrutturazione media


Questo tipo di morfotipo si e’ venuto a formare negli ultimi anni. L’unione di pascoli di dimensioni inferiori, la lenta scomparsa delle biancane, e quindi di una sostanziale modifica del terriotorio.

prati-pascoli_maglia ampia_infrastrutturazione bassa


Pascoli ben organizzati, recintati o con un infrastrutturazione tale da limitare l’area. Caratterizzati soprattutto per la presenza di un anello arboreo tendente al boschivo.

prati-pascoli_maglia media_infrastrutturazione media


Tipico paesaggio delle colline di Radicofani, nelle vicinanze delle biancane che caratterizzano l’ambiente circostante. La infrastrutturazione rimane bassa proprio per le difficolta’ di raggiungimento di queste aree e la poca economicita’ della modifica di questi terreni

prati-pascoli_maglia media_infrastrutturazione bassa


Pascoli ben organizzati, recintati o con un infrastrutturazione tale da limitare l’area. Caratterizzati soprattutto per la presenza di un anello arboreo tendente al boschivo.

prati-pascoli_maglia media_infrastrutturazione elevata


Questo tipo di uliveto e’ riscontrabile soprattutto come accompagnamento ai casali. Pochi ulivi, molto ravvicinati, di solito recintati con muretti o terrazzati sul clinale piu’ pendente del poggio del podere. Infrastrutturazione elevata per consentire una maggiore facilita’ nella raccolta delle olive.

uliveti_maglia fitta_infrastrutturazione elevata


Vera e propria miniera di olive. Si riscontrano insiemi numerosi di uliveti di media dimensione (che rappresentano la dimensione massima che si riesce ad ottenere nel territorio) che riempiono versanti intere di colline. L’elevata infrastrutturazione e’ dovuta all’utilizzo dei mezzi meccanici per la raccolta delle olive, quindi terrazzamenti, passaggi fra un filare e l’altro, e soprattutto interconnessioni fra uliveti.

uliveti_maglia media_infrastrutturazione elevata


Anche questo tipo di uliveto risulta presente nelle vicinanze del casale. A differenza del precedente di solito si presentano a gruppi piu’ o meno numerosi. Le aree che occupano rappresentavano zone di difficile coltura per il seminativo e quindi di difficile utilizzo se non per la crescita degli ulivi.

uliveti_maglia fitta_infrastrutturazione media


Al fine di utilizzare ogni area idonea alla coltura delle vigne, sono state occupate anche aree di modeste dimensioni, per lo piu’ inserite in contesti boschivi. Per mantenere comunque una produttivita’ elevata la maglia colturale risulta quindi fitta.

vigneti_maglia fitta_infrastrutturazione elevata


Dove non e’ stato possibile realizzare distese ampie per via di problematiche morfologiche o di proprieta’ dei terreni, si e’ comunque puntato su una infrastrutturazione elevata, concentrandosi sempre sulla meccanizzazione (riscontrabile dalla distribuzione regolare dei filari).

vigneti_maglia media_infrastrutturazione elevata


Grazie alle indicazioni poste dal disciplinare del Brunello di Montalcino e alla crescente domanda sia dall’estero che dall’Italia del vino si sono formate negli ultimi anni queste enormi distese. La produzione e’ intensiva, specializzata e meccanizzata. La densita’ di 3000 ceppi/ha ha trasformato il paesaggio, da una vista aerea i campi ci appaiono quasi totalmente ricoperti da vigne.

vigneti_maglia ampia_infrastrutturazione elevata



Val d’Orcia - analisi del paesaggio rurale dei vari comuni


radicofani


Il paese sorge alle falde di un’elevata rupe vulcanica di roccia basaitica che si erge a 896 metri sui mare, coronata dai ruderi di una imponente fortezza che per secoli domino’ il valico di confine tra la Toscana e il Lazio. Di origine etrusca, come è risultato dal recente accertamento di un tempio dedicato al dio VERTUMNO nel bosco Isabella e dopo la frattura culturale prodotta dalle invasioni barbariche, Radicofani recupero’ l’antico ruolo viario e strategico ad opera di Desiderio, ultimo re dei Longobardi. Nel corso dei secoli successivi Radicofani appartenne: allo Stato Pontificio, alla Repubblica di Siena, al Granducato di Toscana e al Regno d’italia dopo il plebiscito dell 860. Partendo dalla sommità della rupe si impone alla vista il castello feudale edificato in epoca Carolingia. Ampliato e fortificato dal Papa Adriano IV (1154) fu successivamente trasformato in Fortezza per ordine di Cosimo i dei Medici dai famoso architetto Baldassarre Lanci e dal 1297 al 1300 fu inaccessibile rifugio del ghibellino Ghino di Tacco le cui imprese furono celebrate dall’Alighieri (VI canto del Purgatorio) e dal Boccaccio nel Decamerone. Dopo la caduta della Repubblica di Siena il castello fu teatro di una eroica resistenza fino al tramonto del giorno 17 Agosto 1559 quando fu ammainata la gloriosa Balzana ultima bandiera della libertà comunale in Italia. La fortezza subiì il definitivo abbandono nell 735 dopo il doloso incendio della polveriera.


radicofani

citta’

prati pascoli maglia ampia infrastrutturazione bassa

complesso mosaico vite-ulivo fitta elevata

prati e pascoli maglia ampia infrastrutturazione media

complesso mosaico seminativo-pratipascoli fitta media

prati pascoli maglia media infrastrutturazione media

periurbano colture temporanee semiaperto fitta media

prati e pascoli maglia media infrastrutturazione bassa

uliveto maglia fitta infrastrutturazione elevata

seminativo maglia ampia infrastrutturazione media

uliveto maglia fitta infrastrutturazione media

seminativo maglia media infrastrutturazione media

uliveto maglia media infrastrutturazione elevata

seminativo maglia media infrastrutturazione elevata

bosco


Il paesaggio che ritroviamo nel comune di Radicofani e’ sintetizzabile sicuramente in questa foto. Orizzonte prevalentemente collinare con serie di casali in punti strategici per il controllo delle proprieta’. Possiamo dividere il paesaggio in vere e proprie fasce: quella in primo piano (in verde) abbiamo un versante della collina con una maggiore pendenza che ha portato quindi all’utilizzo del terreno per l’allevamento di bovini. Nella fascia adiacente riscontriamo la presenza di una macchia alberata composta per lo piu’ di cipressi, la quale e’ adiacente ad un casale. Nel retro e’ presente un piccolo vigneto. Questo che ci appare dunque puo’ essere sicuramente inserito in un paesaggio a mosaico con prevalenza di vite e ulivo. Nella terza fascia possiamo trovare due campi con destinazione a seminativo: da evidenziare il fatto che nel paesaggio di radicofani ogni versante che presenta una pendenza tale da non poter essere raggiunta con facitlita’ dai mezzi meccanici come trattori o trebbiatrici e’ escluso dalla coltivazione a seminativo. Nella quarta fascia compare nuovamente il morfotipo “mosaico con prevalenza di vite e ulivo”.


ANALISI STORICO-EVOLUTIVA DEI VIGNETI DEI PRATI E DEI PASCOLI NELLA VAL D’ORCIA



ANALISI STORICO-EVOLUTIVA DEI PRATI E DEI PASCOLI A RADICOFANI Fino agli anni ’50 la Val d’Orcia era fondamentalmente una zona di pascoli cespugliati adibiti alla pastorizia con una maglia poderale delle aziende molto ampia (oltre 100 ha per podere) che derivava all’appoderamento cinquecentesco. Con l’applicazione della Legge Serpieri che prevedeva una bonifica integrale, furono messi a coltura molti terreni e la maglia poderale assunse una diversa articolazione: piu’ ridotta nelle zone di fondovalle dove i terreni erano piu’ fertili e piu’ ampia nelle zone di collina piu’ marginali come Radicofani e Castiglione d’Orcia. Negli anni ‘60 diviene fondamentale l’arrivo di decine di pastori sardi che con le proprie greggi si mise a produrre il pecorino non solo portando le proprie conoscenze ma riprendendo anche la tradizione storica risalente fin dal tempo degli etruschi. Catatterizzante e’ sicuramente la presenza sui pascoli di un’unica mescolanza di erbe che include la santoreggia, il timo serpillo, l’elicriso e l’assenzio. Questo ha influenzato dunque la scelta dei campi da dedicare alla pastorizia e all’abbandono di altri. Il pecorino delle crete senesi, oggi pecorino di Pienza ha rappresentato e rappresenta una fonte economica che alimenta l’economia e spinge a puntare ancora sull’attivita’ pastozia. Dal neolitico e dall’eta’ del bronzo affiorano resti e amuleti di una civilta’ agropastorale dedita all’allevamento delle pecore e alla caseificazione. “Dicesi Cacio di Pienza quell’ottimo prodotto che viene fatto nel territorio della Val d’Orcia e nelle sue vicinanze, seguendo un sistema di lavorazione dettato dalla tradizione locale piu’ antica”. E’ quanto si legge nell’inchiesta Jacini redatta nel 1882.


Analizzando l’ortofoto eseguita nel 1954 e’ possibile evidenziare alcuni particolari: la dimensione delle aree verdi dedicate a pascolo e prati, delle biancane e la superficie ricoperta da macchie arboree e cespugliose. E’ facile notare l’elevata dimensione dei prati, dovuta sicuramente alla frammentazione feudale che ha caratterizzato la storia delle aree interessate. Ampie superfici non limitate da infrastrutturazioni ecologiche. Sono presenti pero’ alcune aree in cui la vegetazione cescpugliosa e boschiva riesce a limitare i confini e delimitare un campo da un altro. Nella parte centrale, leggermente a destra, eì possibile notare la presenza di una biancana, elemento tipico delle colline di radicofani, che si va ad ergere spuntando dai prati aridi e cespugliosi. La superficie ricoperta da macchie arboree è minima e riscontrabile in grandi dimensioni solo a sud est.

Analizziamo ora la situazione nella stessa area della distribuzione delle aree adibite a pascolo e prati. Al 1978 possiamo notare un sostanziale cambiamento dell’area presa in questione soprattutto nella dimensione delle macchie arboree e cespugliose. Notiamo un sostanziale spezzettamento delle aree con una infrastrutturazione arborea che tende a limitare ulteriormente la dimensione dei campi. E’ comunque evidente che il cambiamento maggiore si abbia nella dimensione delle aree alboree con un aumento notevole soprattutto a nord incastonati nelle biancane, a sud est dove una macchia di relativamente modeste dimensioni si e’ espansa mangiando terreno misto erba cespugli e a ovest dove si e’ venuta a formare una macchia di formazione poco regolare e molto ramificata.

Come ultima analisi ci siamo concentrati sulla situazione attuale dei pascoli e dei prati. Dal 1978 al 2010 vi eì stato un altro notevole cambiamento. Le aree con prevalenza boschiva e/o cespugliosa ricoprono oltre il 30% della superficie totale presa in esame. Questo cambiamento sostanziale eì dovuto anch’esso ad una specializzazione e una scelta piu’ accurata dei campi da dedicare a prati e pastorizia. L’allevamento si e’ concentrato negli ultimi anni maggiormente sugli ovini al fine di produrre latte per la realizzazione del pecorino (cacio) di Pienza con una sostanziale riduzione dell’allevamento bovino (carne da macello). Questo fatto, oltre al sostanziale abbandono da parte di molti della pastorizia, ha fatto si’ che molti campi siano stati abbandonati e che la vegetazione abbia quindi preso il sopravvento. Abbiamo una riduzione sostanziale dei campi di modeste dimensioni presenti nel 1978 e 1954 che sono stati completamente sommersi dalla vegetazione ed altri che sono stati uniti per creare campi di medie dimensioni con un’infrastrutturazione ecologica media.


san quirico


San Quirico d’Orcia, nato come isolata pieve di confine fra il Senese e la val di Chiana aretina, e’ cresciuto e aumentato d’importanza rispetto ai borghi vicini congiuntamente con le fortune della via che l’attraversava, la Cassia. Da un primitivo grumo di casupole, cinto da una murata di forma ellittica, si passò a un borgo di forma piu’ allungata che aveva inglobato le propaggini “di strada”, sorte attorno a sedi di ospitalita’ per pellegrini. Al suo interno, come attrattiva di massimo interesse per quegli antichi viandanti, stavano due chiese battesimali. Il castello era soggetto all’autorita’ imperiale, disgiunto da qualsiasi sottomissione feudale.


san quirico

citta’

seminativo maglia ampia infrastrutturazione media

complesso mosaico vite-ulivo fitta elevata

seminativo maglia ampia infrastrutturazione elevata

complesso mosaico seminativo-pratipascoli fitta media

seminativo maglia media infrastrutturazione media

periurbano colture temporanee semiaperto fitta media

seminativo maglia media infrastrutturazione elevata

periurbano colture permanenti intercluso fitta elevata

uliveto maglia media infrastrutturazione elevata

uliveto maglia fitta infrastrutturazione media prati e pascoli maglia fitta infrastrutturazione elevata bosco


Il paesaggio che si presenta agli occhi di chi attraversa il comune di San quirico d’Orcia e’ sicuramente caratterizzato dalla presenza a seconda della stagione o da colline color terra cruda o distese di un verde intenso tipico del grano in germoglio. I campi sono ampi e medi con un’infrastrutturazione ecologica media elevata. In questa foto possiamo notare come le coltivazioni seguano l’andamento morfologico delle colline e siano caratterizzate dalla presenza di canalizzazioni utilizzate per l’irrigazione e per la raccolta delle acque piovane. All’orizzonte, evidenziato in giallo, notiamo un filare di alberi (cipressi e quialche castagno) che va a dividere le proprieta’, rimarcando i confini, divenendo nel tempo anche un elemento caratterizzante il paesaggio tipico toscano.


montalcino


Montalcino, dall’alto dei suoi 567 metri, domina tutta la campagna circostante, arroccato su un colle sul quale campeggia la possente Fortezza trecentesca. Nel dedalo dei vicoli, tra botteghe artigiane, piccoli caffè e rivendite di prodotti alimentari tipici (oltre al vino famosi sono il miele e i biscotti locali, detti “ossi di morto”), da vedere sono il bel Palazzo Comunale, il Palazzo Vescovile che ospita i musei di Montalcino (il diocesano, il civico e l’archeologico, con opere di importanti autori senesi del XIII-XVI secolo, tra i quali Bartalo di Fredi, il Sodoma, Bartolomeo Neroni), l’antico Crocefisso di Sant’Antimo, risalente alla metà del 1100 e le chiese di Sant’Agostino, Sant’Egidio e San Francesco tutte costruite tra il XIII e il XIV secolo, oltre al santuario della Madonna del Soccorso. Poco fuori citta’, presso Castelnuovo dell’Abate, nella valle dello Starcia, troviamo l’abbazia romanica di Sant’Antimo, intimo e impressionante tempio avvolto in un’atmosfera quasi fatata, fondato da Carlo Magno nel 781. Numerosi infine i castelli del territorio di Montalcino: tra tutti merita una menzione quello di Poggio alle Mura, di origine longobarda. Montalcino vive indubbiamente di molte anime. Simbolo della senesita’ fin da quando, nel 1555, offriì al governo repubblicano l’ultimo rifugio contro gli imperiali di Carlo V, rappresenta, di contro, anche l’estrema propaggine del suolo senese prima dei boschi maremmani e le erte amiatine e non si puo’ tacere dell’anima enoica di Montalcino, patria di quel Brunello che eè stato definito il migliore e piu’ celebre vino italiano.


montalcino

citta’

seminativo maglia media infrastrutturazione elevata

complesso mosaico vite-ulivo fitta elevata

seminativo maglia ampia infrastrutturazione media

complesso mosaico seminativo-pratipascoli fitta media

seminativo maglia ampia infrastrutturazione elevata

periurbano colture permanenti intercluso fitta elevata

prati e pascoli maglia media infrastrutturazione bassa

vigneto maglia fitta infrastrutturazione elevata

uliveto maglia fitta infrastrutturazione media

vigneto maglia media infrastrutturazione elevata

ulivevto maglia media infrastrutturazione elevata

vigneto maglia ampia infrastrutturazione elevata

bosco


Il paesaggio che ci appare nel comune di Montalcino e’ caratterizzato dalla elevata specializzazione dei campi. Come e’ possibile notare in questa foto i vigneti sono un elemento principale del panorama: essi sono accompagnati, circondati, da ampie aree boschive che crescono in zone dove le condizioni non sono ideali per la produzione di uva per il vino. Da notare soprattutto l’influenza che ha avuto il disciplinare del Brunello neil’organizzazione del territorio. Nel corso degli ultimi anni sono aumentate tantissimo le aree dedicate alla coltura delle vigne a discapito di aree collinari boschive: tutto questo al fine di aumentare la produzione. Particolare da evidenziare e’ sicuramente l’elevata densita’ dei campi: 3000 vigne/ha rappresentano un valore elevatissimo, che e’ andato a trasformare quelli che erano vigneti semplici di campagna in vere e proprie produzioni intensive. Elemento che salta sicuramente all’occhio e’ l’elevata infrastrutturazione ecologico della realta’ viticola: filari di cipressi, aree dedicate alla raccolta e allo stazionamento delle ceste della vendemmia occupano una grande importanza. In conclusione il paesaggio che appare ad un viaggiatore che attraversa il comune di Montalcino sara’ un paesaggio collinare prevalentemente ricoperto da macchie ampie arborate e sparsi e molto diffusi “squarci” di vigneti di elevata densita’ che trasformano l’orizzonte grazie al verde chiaro intenso e il giallo rossatro della terra di siena.


ANALISI STORICO-EVOLUTIVA DEI VIGNETI DEL BRUNELLO DI MONTALCINO


Il territorio di produzione del vino Brunello di Montalcino corrisponde all’area del comune di Montalcino, ha una superficie complessiva di 243 chilometri quadrati, e’ delimitato dalle valli dei tre fiumi Orcia, Asso e Ombrone. L’area si sviluppa in altezza dal livello di circa 120 metri sul livello del mare lungo i fiumi, fino a circa 650 metri a ridosso del Poggio Civitella che e’è il punto piu’ alto del territorio. La collina di Montalcino ha numerosi ambienti pedologici, essendosi formata in ere geologiche diverse, riconducibili ad arenarie, anche miste a calcari, ad alberese e a galestro, nonche’ a terreni con granulometrie miste talvolta tendenti al sabbioso, talvolta tendenti all’argilloso. La collina di Montalcino dista 40 km in linea d’aria dal mare ubicato ad Ovest e circa 100 km dalla catena appenninica che attraversa l’Italia Centrale, posizionata verso Est. Il clima e’ mediterraneo, ma comunque tendenzialmente asciutto; ha anche delle connotazioni continentali data la posizione intermedia tra il mare e le montagne dell’Appennino Centrale. Questo eè dimostrato dalle medie delle precipitazioni e delle temperature rilevate. Le precipitazioni sono concentrate nei mesi primaverili e autunnali, come avviene nei climi mediterranei e la media annuale delle precipitazioni eè di circa 700 millimetri. In inverno, sopra i 400 metri, sono possibili le nevicate. La fascia di media collina non eè interessata da nebbie, gelate o brinate tardive, mentre la frequente presenza di vento garantisce le condizioni migliori per lo stato sanitario delle piante. Durante l’intera fase vegetativa le temperature sono prevalentemente miti e con elevato numero di giornate serene, caratteristica ideale ad assicurare una maturazione graduale e completa dei grappoli.


La vocazione del territorio di Montalcino a produrre vini di grande qualità eè nota da molti secoli. Le vicissitudini dell’inizio del XX secolo portarono ad un decadimento della produzione vitienologica e pochissimi produttori tennero viva la produzione montalcinese fra le due guerre. Dopo la seconda guerra mondiale si inizio’ nuovamente a pensare alla produzione vitivinicola e alcuni ebbero la lungimiranza di proiettarsi nel futuro, accordandosi sulle regole di produzione del Brunello di Montalcino. Molte delle condizioni poste dal disciplinare influenzano la scelta del terreno per la cultura dei vigneti. I terreni devono essere geocronologicamente attribuiti ad un intervallo di tempo che va dal cretaceo al pliocene con una giacitura collinare ed una altitudine non superiore ai 600 metri sopra il livello del mare. Non di minor importanza e’ l’esposizione: più idonea ad assicurare una corretta maturazione delle uve. Fattore fondamentale è sicuramente la densità minima richiesta per i nuovi impianti ed i reimpianti che dovra’ essere di 3000 ceppi/ha.

montalcino


Analizzando l’ortofoto eseguita nel 1954 e’ possibile evidenziare alcuni particolari: le colture presenti, l’estensione delle aree boschive e le infrastrutture presenti. Gli uliveti sono senza dubbio elemento caratterizzante dell’area presa in esame, suddivisi in maglie sia ampie che medie con una infratturazione media elevata e una organizzazione decisamente regolare. A completare il paesaggio agricolo piccoli e medi appezzamenti destinati a eminativo. Da notare particolarmente l’assenza quasi completa di vigne in questa zona, pur rientrante nelle caratteristiche trattate nella storia del Brunello. Colpisce sicuramente l’estesa area boschiva che seguendo l’andamento morfologico del terreno riempie le aree meno idonee alla coltivazione soprattutto verso nord nord-ovest. L’infrastrutturazione viaria eè composta da una strada che taglia in diagonale l’area boschiva e divide in due zone l’area coltivata. Sono presenti ulteriori strade pero’ tutte di minor importanza.

Analizziamo ora i cambiamenti avvenuti in 24 anni. Per quanto concerne le colture possiamo notare uno stravolgimento dell’area: l’abbattimento di vaste fette di bosco e la meccanizzazione ha permesso di poter coltivare a seminativo aree prima impensabili per un’agricoltura poco attrezzata e di modeste dimensioni come era quella presente nella Val d’Orcia. Qui eè possibile vedere gli effetti dell’applicazione della Legge Serpieri. Abbiamo inoltre una minima diminuzione delle aree destinate agli uliveti: questo ci porta a dire che vi era sempre un equilibrio nella biodiversità del territorio. Da notare soprattutto il laghetto artificiale a sinistra della foto che nel 1954 era un piccolo specchio d’acqua e nel 1978 eè quasi 5 volte piu’ grande. Dal punto di vista infrastrutturale possiamo notare la realizzazione di una strada a sud est di rilevata importanza che si raccorda con la strada prima trattata la quale ha subito alcune modifiche al fine di regolarizzarsi e passare lungo il perimetro dei nuovi campi seminativi.

Come ultima analisi ci siamo concentrati sulla situazione attuale. Dal 1978 al 2010 vi è stato un cambiamento totale. L’area ha subito in questi anni una drastica specializzazione, vedendo scomparire gli uliveti e i campi dedicati a seminati, sostituiti ora da una vasta area di filari con densita’ estremamente elevata. Questo fatto puo’ aver avuto varie concause: il crescente successo del Brunello in Italia e all’estero e quindi la costante ricerca di nuovi terreni con le caratteristiche riportate nel disciplinare di Montalcino, la grande specializzazione che si ha avuta per tutte le colture nella Val d’Orcia con l’abbandono delle pratiche minori e meno proficue. Il paesaggio che ci appare dunque sarà estremamente diverso: la vegetazione boschiva si è ridotta ulteriormente, limitandosi a quelle aree che non sarebbero idonee alla coltivazione. Per quanto concerne l’infrastrutturazione viaria abbiamo una ulteriore rettificazione della strada diagonale analizzata precedentemente e la presenza di nuovi sentieri e vie minori realizzate per migliorare la logistica delle aziende presenti nella zona.


castiglione


Castiglione d’Orcia e’ un comune di 2.505 abitanti della provincia di Siena. Situato al centro della Val d’Orcia, a poca distanza dalla strada statale Cassia, arroccato su una collina, propaggine della pendice settentrionale del monte Amiata, a lato della valle, comprende anche le frazioni di Rocca d’Orcia, borgo medievale situato su un colle roccioso impervio sopra il quale svetta la Rocca di Tentennano (o Tintinnano), e di Bagni San Filippo, localita’ termale. Si hanno notizie del centro dal 714 quando era certamente possedimento degli Aldobrandeschi e aveva il nome di Petra. Nel 1252 divenne Libero Comune, ma la sua indipendenza duro’ al massimo un secolo; nel 1274 venne incluso nella Contea di Santa Fiora con la spartizione dei possedimenti della famiglia Aldobrandeschi. Nel Trecento si sa con certezza che era già possedimento di Siena, che successivamente la concesse a famiglie potenti in cambio di favori di natura finanziara, come i Piccolomini prima e i Salimbeni successivamente, che usarono Castiglione d’Orcia proprio come una delle basi per la loro rivolta contro i senesi. Successivamente Castiglione passo’ in mano ai fiorentini, che nel 1605 la affidarono ai nobili bolognesi della famiglia Riario.


castiglione


Nel comune di Castiglione d’Orcia e’ possibile individuare due tipi differenti di paesaggio. Nelle aree maggiormente pianeggianti possiamo trovare ampie distese di seminativo con un’infrastrutturazione ecologica elevata. Invece in quelle dove la morfologia e’ prevalentemente collinare, con pendenze quindi decisamente maggiori, il paesaggio e’ dominato da distese di prati e pascoli separate le une dalle altre dalla distribuzione ramificata delle aree boschive. Elemento di raccordo fra queste due realtàa’ e’ sicuramente la presenza di uliveti in una fascia che taglia diagonalmente il comune. Questa zona si eì venuta sicuramente a formare sfruttando le ancora non eccessivamente ripide colline. Il paesaggio quindi che un possibile viaggiatore puo’ riscontrare passando per le vie secondarie e’ caratterizzato da una certa varieta’ del territorio come gia’ detto dovuto ad un adeguamento alla morfologia del terreno. Tipico dunque e’ lo scenario che ci appare in questa foto.


pienza


La storia di Pienza è strettamente legata al suo fondatore: Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, che vi nacque nel 1405 da genitori membri della nobile famiglia senese che i rovesci politici avevano confinato nella proprietà di campagna. L’allora Corsignano era una borgata fortificata già conosciuta in epoca romana che, ancor prima, remoti abitatori avevano scelto come residenza primitiva lasciando tracce abbondanti del loro passaggio, riferibili all’età del neolitico superiore e del bronzo. Enea Silvio Piccolomini, umanista raffinato e insigne, intrapresa la carriera ecclesiastica e divenuto Papa, volle che in questo luogo, che aveva visto la sua nascita, sorgesse una città il cui nome ricordasse il suo papato. II Piccolomini non voleva una città qualunque ma un centro urbano fortemente degno e in ideale antitesi con l’altra città che l’aveva, con la sua famiglia, ingiustamente emarginato: Siena. Pretese così che architetti famosi e artisti di grido lavorassero ad un progetto nel quale fossero impliciti i canoni costruttivi e filosofici di un’età che si apriva ricca di promesse: il Rinascimento italiano. In soli tre anni, dal 1459 al 1462, sorse Pienza, la Città d’Autore, la Città Ideale, la Città Utopia. La città “nata da un pensiero d’amore e da un sogno di bellezza” come scrisse Giovanni Pascoli.Difficile dire che cosa sarebbe diventata Pienza, se il Papa non fosse prematuramente scomparso alla vigilia di una crociata contro i musulmani. Era il 14 agosto 1464. In tre anni e mezzo il nucleo e qualcosa di più della “città di Pio” era ormai nato. “Corsignan de’ Ladri”, la borgata di frontiera che già il Boccaccio aveva ricordato nella sua celebre novella di Cecco di Fortarrigo, poteva cambiare nome e immagine grazie al suo grande protettore.


pienza

citta’

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bosco

vigneto maglia fitta infrastrutturazione elevata


Il paesaggio che troviamo nel comune di Pienza e’ caratterizzato quasi totalmente dai campi di medie dimensioni di seminativo. Questi si presentano come detto in dimensioni ridotte rispetto a quelle trovate negli altri comuni della Val d’Orcia ma hanno in se’ una particolari che gli contraddistinguono, ovvero hanno un’elevata infrastrutturazione ecologica. Filari di alberi, per lo piu’ cipressi, canalizzazioni, strade piu’ o meno importanti vanno a tagliare in maniera piuttosto regolare le grandi superfici agricole. Come possiamo notare dalla foto abbiamo il massimo sfruttamento possibile delle aree collinari con pendenze inferiori mentre nelle zone in cui il versante e’ piu’ ripido abbiamo una serie di uliveti adiacenti alle case del borgo. In cima al poggio troviamo il borgo antico che si erge con tutto il suo splendore.


ANALISI STORICO-EVOLUTIVA DEL FIUME ORCIA



ANALISI STORICO-EVOLUTIVA FIUME ORCIA La vallata della Val d’Orcia deve la sua origine al fiume Orcia, che con i suoi 57 km di lunghezza provenendo dal Monte Cetona si riversa nei comuni di Pienza, San Quirico d’Orcia, Castiglione d’Orcia e Montalcino per confluire nel fiume Ombrone. Questo fiume raccogliendo quasi interamente le acque del vasto bacino del Monte Amiata e’ portato ad avere elementi di criticita’ abbastanza evidenti, come quella di una qualita’ delle acque non ottimale a causa di attivita’ estrattife dismesse o ancora attive. Inoltre nei periodi estivi di magra la situazione e’ aggravata da prelievi e derivazioni per l’irrigazione delle ampie distese di seminativi e soprattutto vigneti che seguono il corso del fiume. Elementi che gravano ulteriormente sul delicato ecosistema sono le trasformazioni degli agrosistemi che portano ad una progressiva scomparsa di siepi e alberature e quindi un conseguente aumento della frammentazione degli habitat per le specie piu’ sensibili legate all’habitat del fiume. Non va dimenticato l’impatto che hanno avuto gli interventi infrastrutturali avvenuti negli anni che hanno portato alla realizzazione di assi stradali e ferroviari lungo tutto il perimetro del letto del fiume.


Analizzando l’ortofoto eseguita nel 1954 e’ possibile evidenziare alcuni particolari: l’alveo del fiume, la vegetazione ripariale, le colture limitrofe e le infrastrutture presenti. L’alveo del fiume si presenta ampio con diversi canali di scorrimento intrecciati (alvei di magra) in cui si dirama. L’Orcia e’ dotato di un elevato carico di sedimenti che vengono depositati in alveo con la conseguente formazione di varie isole ciottolose che quindi ostacolano il normale deflusso del fiume. La vegetazione ripariale risulta essere minima, maggiormente presente sulla riva di destra e per lo piu’ arbustiva. Le colture limitrofe seguono perfettamente il perimetro dell’alveo al fine di sfruttare a pieno la fertilita’ dei terreni a piu’ alta probabilita’ di esondazione. La maglia e’ sicuramente media con un livello medio elevato di infrastrutturazione ecologica. Per quanto concernono gli assi viari, e’ possibile notare la presenza di un ponte che attraversa il fiume e diverse strade di minor importanza che portano all’alveo con orientamento ortogonale.

Analizziamo ora la situazione nella stessa area del fiume Orcia. Possiamo rilevare che l’alveo del fiume e’ variato notevolmente: vi e’ un ridimensionamento del letto ordinario, ora piu’ stretto e compatto con i canali di scorrimento ridotti ad un prevalentemente canale unico. Questo e’ dovuto sicuramente all’elevato lavoro estrattivo delle cave presenti lungo l’alveo che ha ridotto drasticamente l’apporto di sedimenti ciottolosi alle isole. Conseguenza di quanto detto sopra e’ sicuramente l’aumento della vegetazione ripariale sulla riva destra: arbusti e erba sono cresciuti nella parte prosciugata. Le colture limitrofe approfittando della riduzione dell’alveo recuperano parte dell’area trasformando i campi con una maglia media in campi ampi con una infrastrutturazione decisamente piu’ elevata anche grazie all’introduzione delle macchine che hanno portato ad una maggiore specializzazione dell’area. Per quanto concerne l’infrastrutturazione viaria possiamo notare la scomparsa delle vie di collegamento minori nella riva destra sostituite da una serie di passaggi paralleli tutti ortogonali al corso del fiume che attraversano i campi.

Come ultima analisi ci siamo concentrati sulla situazione attuale dell’Orcia. Come gia’ intuibile dall’analisi precedente il letto ordinario si e’ ridotto ulteriormente raggiungendo forse le dimensioni minime. Dei canali intrecciati tipici degli alvei di magra si sono ridotti ad un unico canale con portata maggiore. Evidentemente il carico di sedimenti dell’Orcia si e’ ridotto ulteriormente, non riuscendo cosi’ ad alimentare il letto del fiume che si quindi lentamente ridotto lasciando il terreno ad una sempre piu’ crescente vegetazione ripariale. Quest’ultima non e’ piu’ caratterizzata dalla presenza principale di arbusti ma una vera e propria vegetazione legata al territorio che per questo viene sempre piu’ contenuta ai confini con le aree agricole. Le colture limitrofe si sono specializzate ulteriormente. Sono scomparsi completamente gli uliveti presenti sulla riva sinistra, sostituiti con ampi campi dedicati a seminati. Sulla riva destra abbiamo un’ulteriore espansione dei campi con una maglia ancora piu’ ampia, e una riduzione delle aree a vegetazione alborea. Dal punto di vista infrastrutturale abbiamo la comparsa di diverse vie di collegamento soprattutto all’interno della vegetazione cresciuta nell’aree dove negli anni precedenti scorreva il fiume. Questi assi possono essere causa anche di un ulteriore danneggiamento del fiume, come gia’ trattato sopra.


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“It was a bad morning when we left this place; and we went, for twelve miles, over a country as barren, as stony, and as wild, as Cornwall in England, until we came to Radicofani, where there is a ghostly, goblin inn: once a hunting-seat, belonging to the Dukes of Tuscany. It is full of such rambling corridors, and gaunt rooms, that all the murdering and phantom tales that ever were written might have originated in that one house. There are some horrible old Palazzi in Genoa: one in particular, not unlike it, outside: but there is a winding, creaking, wormy, rustling, dooropening, footon-staircase-falling character about this Radicofani Hotel, such as I never saw, anywhere else. The town, such as it is, hangs on a hill-side above the house, and in front of it. The inhabitants are all beggars; and as soon as they see a carriage coming, they swoop down upon it, like so many birds of prey.” Di buon mattino la famiglia Dickens si rimette in viaggio lungo l’antica Cassia. Cielo plumbeo, una campagna che continua a presentarsi “sterile, petrosa e selvaggia come la Cornovaglia”. La prossima tappa e’ Radicofani. Qui l’autore di “The haunted man and the gost’s bargain” (“Il patto col fantasma”) ha di che sbizzarrirsi nel suo racconto, perche’ “la locanda è spettrale, fatta per i folletti”. Ciò che era stato casino di caccia dei Granduchi di Toscana, appariva ora come “un succedersi di anditi storti e di nude stamberghe”, tant’e’ che a giudizio dello scrittore era indubbiamente quella la dimora che “aveva dato origine a tutti i racconti di fantasmi”. Luogo ideale, insomma: “frusciar di vento, cigolio continuo, brulichio, crepitio, aprirsi di porte, scalpiccio per le scale”. Sortito da quell’immaginoso incubo, Charles stipa tutti in diligenza e muove verso la frontiera dello stato pontificio. Cosi’ descriveva nelle sue pagine il paesaggio di Radicofani nel 1844-45 Charles Dickens durante il suo viaggio in Italia.

analisi critica


La Val d’Orcia è stata iscritta come paesaggio culturale nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco nell’anno 2004, con due motivazioni di base: la prima, in quanto “esempio eccezionale del ridisegno del paesaggio protorinascimentale che illustra gli ideali del Buon Governo e la ricerca estetica che ne ha guidato la concezione” (criterio iv); la seconda, in quanto area che “celebrata dai pittori della Scuola Senese, è divenuta un’icona del paesaggio che ha profondamente influenzato lo sviluppo del pensiero paesaggistico” (criterio vi). Attraverso questo suo atto, l’Unesco ha riconosciuto la validità di un progetto culturale che, partito dagli anni ’80 sulla base di un ampio dibattito scientifico su scala nazionale ed assistito dalle leggi predisposte a livello regionale, ha condotto i cinque Comuni della Valle, Castiglione d’Orcia, Montalcino, Pienza, Radicofani e San Quirico d’Orcia, a costituire insieme un Parco Culturale e Naturale, al fine d’elaborare una strategia unitaria di preservazione delle risorse esistenti e di promuovere il loro sviluppo sostenibile. Fortemente connotato dalla storia, il paesaggio del sito è anche quello della policentralità del sistema insediativo ereditato, con gli abitati situati per lo più in posizione dominante sulla Valle, accompagnati da borghi, rocche e castelli fortificati, da un patrimonio diffuso di chiese, abbazie e conventi, di ville e poderi, anche essi in posizione elevata, di antichi ospedali, poste e ostelli. Questo vasto insieme di beni ha cominciato a ricevere specifica attenzione nel corso degli anni ’80. E’ stato infatti in questo periodo che, in alternativa alle politiche tradizionali di sviluppo del territorio del tutto indifferenti ai suoi valori strutturali, naturali e culturali, ha iniziato a farsi strada l’idea di un programma di governo unitario per l’intera Val d’Orcia, finalizzato ad una crescita incentrata sulla valorizzazione del patrimonio esistente, ambientale, culturale paesaggistico. L’iniziativa ha cominciato ad avviarsi nel 1988 con un primo documento congiunto dei cinque Comuni, ripreso poi dal Rapporto Programmatico della Provincia di Siena del 1989.


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Fin dall’inizio si è manifestata la necessità di una struttura di gestione unitaria ed, in attesa di pervenire alla realizzazione prevista di un Parco, si è dato luogo nel 1996 alla costituzione della Società Val d’Orcia s.r.l., formata dai cinque Comuni, la Provincia di Siena, la Comunità Montana dell’Amiata senese, le associazioni imprenditoriali e di categoria. A questa struttura di gestione unitaria ha anche corrisposto una strategia di governo del territorio che ha superato ogni divisione esistente, tanto di tipo amministrativo quanto zonizzativo-funzionale. L’iniziativa si è potuta realizzare in virtù della Legge Regionale della Toscana n.45/95 “Norme sui Parchi, le Riserve Naturali Protette d’interesse Locale” (ANPIL) che, pur restando nel quadro della legislazione nazionale sui Parchi, ha inteso provvedere alla tutela anche di quelle aree sempre più numerose nel nostro paese in cui sono inscindibilmente presenti valori antropici e valori naturalistico- ambientali, introducendo un’apposita tipologia di zone naturali protette definite di Interesse Locale ed assegnando i compiti di definirne le modalità di gestione e di partenariato alle comunità locali stesse. L’opportunità offerta da questa Legge è stata utilizzata dai Comuni della Val d’Orcia che, con la Provincia di Siena, hanno sottoscritto nel 1997 un “Accordo per la gestione sotto forma associata della zona protetta della Val d’Orcia” con i quali tutti i firmatari si sono impegnati a gestire il territorio attraverso la realizzazione coordinata e/o comune di tutte le funzioni ed attività concernenti la preservazione dell’ambiente e lo sviluppo socioeconomico della zona e, quindi, tutti i principali settori di attività coinvolti: ambiente e pianificazione del territorio e urbanistica; agricoltura, industria ed artigianato; cultura e turismo; servizi ed infrastrutture.

analisi critica


In particolare, la prima Conferenza di Area ha definito gli obiettivi di governo del Parco per il periodo 1999-2004, riprendendo i principi fondamentali già presenti nell’Accordo del 1997: - sviluppo del turismo nella piena integrità dell’ambiente, del paesaggio, della cultura, delle tradizioni locali e delle aree limitrofe. La stimolazione del flusso turistico attraverso iniziative diverse, legate sia alla scoperta che alla riscoperta delle particolarità storiche, artistiche, culturali e religiose; - riconversione e valorizzazione dell’agricoltura, dell’allevamento e dei prodotti derivati attraverso una politica di riconoscimento dei marchi, sostenendo e promuovendo la produzione di qualità certificata attraverso criteri specifici; - salvaguardia e sviluppo della piccola impresa, del commercio e dell’artigianato con particolare riferimento al settore delle attività tradizionali ed artistiche così come con il rafforzamento dei servizi di accoglienza e di soggiorno, con standards di qualità e innovazioni tecnologiche adatte alle esigenze del turismo internazionale.


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Fatta questa premessa, e’ possibile eseguire un’analisi critica del territorio e delle scelte che sono state fatte per la gestione dello sviluppo e delle attivita’ produttive che caratterizzano il paesaggio rurale. E’ possibile suddividere il territorio della Val d’Orcia in tre aree ambientali differenti: Montalcino caratterizzata dall’abbondanza di macchie a prevalenza alboree “squarciate” da ampi vitigni dalla densità estremamente elevata; Radicofani e le colline metallifere dominati dalla presenza di biancane e pascoli a loro adiacenti ed infine la colline tondeggianti destinate all’agricultura che abbracciano l’alveo del fiume Orcia. Da quanto sopra ci rendiamo conto che il territorio in questi ultimi anni ha subito una radicale specializzazione e meccanizzazione. Cio’ ha comportato un’espansione incontrollata delle aree a destinazione seminativa con relativa perdita dell’identità originale con conseguente scomparsa di quella biodiversita’. I disciplinari del Pecorino di Pienza, attraverso l’indicazione delle erbe e dei periodi di pascolo, ha spinto i pastori a fare una cernita relativa all’uso dei terreni: dimensioni ridotte degli stessi, un’infrastrutturazione ecologica relativamente piu’ elevata, e sfruttamento di aree prima ancora non utilizzate ma ricche di erbe piu’ idonee alla produzione del cacio. La riduzione dei terreni da pascolo e’ì dovuta al lento abbandono dell’allevamento dei bovini (concentrato ora nella Val di Chiana) a favore di quello degli ovini, attualmente piu’ redditizio ma per il quale non occorrono ne’ spazi particolarmente estesi ne’ territorio con una pendenza piu’ favorevole per lo spostamento delle mandrie. I disciplinari del Brunello di Montalcino e la crescente richiesta del famoso vino sia dall’Italia che dai paesi esteri hanno portato ad una rapida ed estrema specializzazione e meccanizzazione dei vigneti esistenti. Dal 1978 al 2010 vi è stato un cambiamento totale. L’area di Montalcino ha subito in questi anni una drastica specializzazione, ve-

analisi critica


parire gli uliveti e i campi dedicati a seminati, sostituiti ora da una vasta area di filari con densita’ estremamente elevata. Questo fatto puo’ aver avuto varie concause: il crescente successo del Brunello in Italia e all’estero e quindi la costante ricerca di nuovi terreni con le caratteristiche riportate nel disciplinare di Montalcino, la grande specializzazione che si ha avuta per tutte le colture nella Val d’Orcia con l’abbandono delle pratiche minori e meno proficue. Il paesaggio che ci appare dunque sara’ estremamente diverso: la vegetazione boschiva si eè ridotta ulteriormente, limitandosi a quelle aree che non sarebbero idonee alla coltivazione. Per quanto concerne l’infrastrutturazione viaria abbiamo una ulteriore rettificazione della strada diagonale analizzata precedentemente e la presenza di nuovi sentieri e vie minori realizzate per migliorare la logistica delle aziende presenti nella zona.

A termine di questa analisi sono state quindi individuate alcune criticita’ o argomenti chiave che si sono evidenziati durante il percorso svolto: -L’influenza positiva e negativa dei disciplinari dei prodotti tipici della Val d’Orcia: Pecorino di Pienza e Brunello di Montalcino -Rigidita’ dei piani paesaggistici nello sviluppo economico agrario. -Il problema dell’eccessiva specializzazione e meccanizzazione dell’agricoltura. -Il problema dell’elevata densita’ nei vigneti -Il problema della perdita della biodiversita’ e conseguenze sul territorio.


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A conclusione del lavoro svolto e’ possibile dare alcune risposte alle criticita’ finora espresse. Sicuramente la Val d’Orcia eì un’area di grande potenzialita’ turistica e agropastorale ma e’ opportuno verificare l’attuale pianificazione territoriale al fine di garantire un futuro sostenibile ed un mantenimento del paesaggio tanto amato da personaggi illustri come Charles Dickens o dai milioni di turisti che amano soggiornare in queste terre avvinti dalle bellezze e dalla particolarita’ di questo paesaggio. Una programmazione adeguata in tal senso deve prevedere un contenimento delle modifiche realizzate negli ultimi anni: -divieto di realizzazione di ulteriori viali alberati -riduzione delle dimensioni dei campi dedicati a seminativo al fine di mantenere la tipica variabilita’ del paesaggio -il problema dell’eccessiva specializzazione e meccanizzazione dell’agricoltura puo’ e deve essere risolta attraverso una politica che preveda la distribuzione da parte dei comuni di aree da destinare alla coltura di ortaggi al fine di ristabilire la biodiversita’ tipica. Sarebbe opportuno quantomeno franare l’ampliamento attraverso l’unione di campi con maglia media o l’abbattimento di intere aree alboree al fine di evitare un ulteriore passo verso un territorio ancor piu’ specializzato. -Il problema dell’elevata densita’ nei vigneti ha portato ad un sostanziale impoverimento del terreno e un eccessivo sfruttamento della falda acquifera. Attraverso la modifica del disciplinare del Brunello e’ opportuno ridurre il valore

conclusioni


indicato di 3000 ceppi/ha. Inoltre sarebbe auspicabile un blocco alla realizzazione di nuovi vitigni al fine di garantire non solo una produzione non eccessiva e quindi maggiormente curata, ma anche un possibile percorso di riqualificazione delle acque e del terreno nelle zone adiacenti i vitigni piu’ specializzati. E’ solo quindi grazie ad una attenta programmazione territoriale che e’ possibile garantire un futuro roseo a questo ambito in cui non si guardi solo ai tre fattori (turismo, produzione di vino, seminativi) ma che si cerchi di raggiungere quell’equilibrio tale da lasciare inviariato lo stupefacente paesaggio che ogni giorno possiamo ammirare nel suo splendore.



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