di Giacomo Lanzilotta
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Ficarra&Mastrosimini snc - Castellana Grotte stampa
Graphic Artist - Andria finito di stampare nel dicembre 2006 in copertina:
Sergio De Bellis, La trita del grano, 1946. Castellana Grotte, Palazzo Comunale (foto Eveljne Pedroli) in quarta di copertina:
Sergio De Bellis nel suo studio di piazza Mentana a Milano, 1930 (foto Archivio Vito Saponara)
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on l’obiettivo di divulgare la conoscenza delle assai diffuse testimonianze artistiche presenti nel nostro territorio, il Comune di Castellana Grotte ha avviato un programma di valorizzazione di opere e artisti cui la nostra città diede i natali. Nel novero degli artisti castellanesi si staglia la figura del pittore Sergio Nicolò De Bellis, massimo interprete delle nostre strade, delle nostre case, dei ritratti severi e contadini, delle masserie, dei muretti a secco, delle querce, delle colline ondulate di Castellana, della Selva, e delle vedute marine del nostro litorale. Sergio Nicolò De Bellis fu il primo artista a “fotografare” il nostro territorio e a promuoverlo ignaro attraverso importanti esposizioni: partì a Milano, con la Puglia nel cuore, e a Milano si formò, dipinse, vendette i suoi quadri, morì nel 1946. Auspico che l’affetto che i lettori nutriranno per questo importante artista del Novecento pugliese e lombardo, si tramandi grazie alla conoscenza della sua opera, cui è nostro intento contribuire, e alla quadreria municipale, acquistata dal Comune nel 1956 e oggi inaugurata in una esposizione permanente. Lo celebriamo a sessant’anni dalla sua scomparsa, a cinquant’anni dall’acquisto della collezione municipale, per ricordarlo alle future generazioni quale degno figlio della nostra terra, protagonista della storia dell’arte del nostro tempo
Dott. Simone Pinto Sindaco di Castellana Grotte
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n un programma di valorizzazione degli artisti castellanesi, iniziato dal Comune di Castellana Grotte non potevamo che mettere in risalto l’opera e la vita di Sergio Nicolò de Bellis. Interprete del territorio, amò Castellana e la Puglia, diffondendone l’immagine durante tutta la sua pur breve vita. Visse a Milano nel periodo di maggiore creatività artistica, e lì operò, restando però sempre legato alla sua terra natìa, della quale ha degnamente rappresentato colori ed atmosfere. Cinquant’anni fa, la Città di Castellana Grotte acquistò una selezione delle sue opere per farne un’esposizione permanente. Oggi siamo pronti a dargli i meritati onori. L’Amministrazione Comunale esprime la sua gratitudine a questo illustre rappresentante della città, attraverso questo volume e con l’inaugurazione, presso la Quadreria Municipale, della mostra a lui dedicata.
Daniele Rodio Assessore alla Cultura
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PREFAZIONE SERGIO NICOLÒ DE BELLIS TAVOLE ILLUSTRATIVE / DIPINTI CATALOGO RAGIONATO DEI DIPINTI TAVOLE ILLUSTRATIVE / OPERE GRAFICHE CATALOGO RAGIONATO DELLE OPERE GRAFICHE CATALOGO RAGIONATO DELLE OPERE NON RINTRACCIATE CRONOLOGIA LETTERE REGESTO: CRITICA, DOCUMENTI, TESTIMONIANZE SINTESI INGLESE E FRANCESE di Marina Ferrero BIBLIOGRAFIA ADDENDA
PREFAZIONE
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ilano, 21 dicembre 1946: l’appuntamento è alle 17, alla Galleria Italiana di via Agnello, dove si inaugura la mostra delle Quattro Stagioni. C’è il critico Dino Bonardi, che ne è il curatore assieme a Romeo Tauscheck, il padrone di casa. Le sale cominciano a riempirsi degli invitati alla vernice, dei collezionisti che si guardano intorno fiutando le opere più interessanti, dei pittori che partecipano a questa collettiva, degli altri artisti che non mancano mai ad occasioni del genere. Per il discorso inaugurale Bonardi attende qualche decina di minuti, giusto perché qualcuno tra gli artisti espositori non è ancora arrivato; poi comunque si incomincia. Ennio Marzano ha notato che chi manca è proprio Sergio De Bellis; insolita assenza per lui che esponeva. Si sarà attardato al Craja? ma al caffé di piazza Filodrammatici non l’hanno visto, quella sera. Tornando verso casa, Marzano decide di allungare per via del Bollo, dov’è la casa dell’amico, non foss’altro per accertarsi che stesse bene e magari per raccontargli com’era andata la serata. Al portone dell’8 c’è un lutto: la signora Gina, la portinaia, ancora commossa lo informa che il povero De Bellis è morto quello stesso pomeriggio, un infarto… Tutto questo sessant’anni fa. Nel tempo intercorso diverse iniziative sono state intraprese perché si conservasse memoria di Sergio De Bellis e della sua opera d’artista: cinque mostre retrospettive, a Milano, Bari e Castellana Grotte; l’acquisto nel 1956, a dieci anni dalla morte, di una collezione di suoi dipinti da parte del Comune di Castellana; l’intitolazione di una strada, di una scuola media e di una sezione di partito; una discreta ancorché lodevole letteratura di contributi commemorativi nella stampa locale, infine un’opera multimediale divulgativa. A codeste iniziative ho voluto aggiungere il presente lavoro, che ha l’ambizione di essere la prima monografia critica del pittore castellanese, con il catalogo ragionato di tutte le sue opere conosciute o documentate, doveroso tributo per un protagonista del novecento pugliese, e pure lombardo d’adozione. Non si vuole avere la pretesa in questa sede di dire l’ultima parola sull’artista, e benvenuti saranno tutti i contributi successivi che si sovrapporranno, che faranno opera di integrazione o di revisione. Per i risultati raggiunti nelle ricerche e per l’esito complessivo, devo la mia gratitudine a molti. Sono riconoscente nei confronti dell’Amministrazione Comunale che sta perseguendo - anche attraverso la pubblicazione del presente lavoro - questo progetto di valorizzazione del nostro patrimonio artistico, anche contemporaneo. Fondamentale è stato il contributo offerto da chi mi ha messo a disposizione il proprio materiale d’archivio, le lettere, i documenti e i ricordi di gioventù: Michele Intini, Vito Saponara, i fratelli Giselda, Antonio, Marcello e Adelaide Zoffili, splendide persone che hanno consentito la conservazione della memoria storica sui protagonisti e gli avvenimenti dell’epoca.
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Sono riconoscente ai tanti che in vari modi e occasioni ho coinvolto nella ricerca, in particolare ad Anna Bagarini, Nicola Berardi, don Bruno Caccia, Fiamma Chessa, Nicola De Bellis, Daniela Ducceschi, Maria Teresa Fiorio, Trifone Gargano, Clara Gelao, Angelo Domenico Lanzilotta, Caterina Levato, Michele Micca Longo, Rosa Lorusso, Laura Meneguzzo, Antonello Negri, Antonino Piepoli, Pietro Piepoli, Marcella Rossi, Paolo Rusconi, Pietro Sisto, Elisabetta Staudacher, Gino Tieuli, Dario Trento, e naturalmente tutti i privati collezionisti la cui collaborazione è stata determinante per la riuscita del lavoro. Ringrazio le istituzioni alle quali, nel corso dello studio, mi sono dovuto rivolgere: l’Archivio Berneri-Chessa per la storia dell’Anarchismo di Reggio Emilia, l’Archivio Storico per le Arti Contemporanee della Biennale di Venezia, la Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte – Credito Cooperativo, le Civiche Raccolte d’Arte del Comune di Milano, la Pinacoteca Provinciale di Bari, la Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano, la Soprintendenza PSAE delle province di Bari e Foggia. Resto poi in debito, come sempre, nei riguardi di mia moglie Laura e di mia sorella Bianca, per molteplici ragioni; se questo lavoro si è potuto realizzare nel migliore dei modi, è anche grazie a loro. Un ultimo pensiero, per chi se n’è andato e per chi deve arrivare.
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Castellana Grotte, dicembre 2006 G. L.
SERGIO NICOLÒ DE BELLIS
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ntorno all’anno 1898, il piccolo borgo contadino di Castellana in Terra di Bari doveva contare all’incirca una decina di migliaia di abitanti, in maggioranza dediti all’agricoltura, tra braccianti e piccoli coltivatori diretti, i restanti dediti all’artigianato e al commercio minuto. Le Grotte sarebbero state esplorate per la prima volta quarant’anni dopo. Come nelle altre province meridionali, l’istruzione scolastica media era sostanzialmente scarsa; e in egual misura, il potere contrattuale del bracciantato locale nei confronti dei grandi possidenti agrari. Da queste parti, ancora nessun sindacato, né leghe o società di mutuo soccorso; il partito socialista era ancora troppo giovane per trovarvi solido radicamento. Sullo sfondo, tutta l’Italia viveva allora una delle sue stagioni più critiche. Una crisi economica di inedite proporzioni aveva aggravato le condizioni di vita dei ceti sociali più deboli, nella congiuntura strangolatrice di crescita dell’inflazione e di inasprimento della politica fiscale. Scriveva La Stampa di quei giorni: «I contadini in alcuni comuni si cibano di sola erba selvatica. […] Il pane costituisce una pietanza di vero lusso»1. A seguire, le grandi lotte sociali di primavera per chiedere miglioramenti salariali, a Milano e altrove, cui il governo di Rudinì ordinò di rispondere a cannonate sui manifestanti. A Castellana, cristallizzata in quell’ordine sociale prima accennato, non era giunta eco di quegli scontri e la vita sociale scorreva tranquilla e regolare senza minimi sconvolgimenti, al di là della carestia che comunque si pativa. In una di quelle famiglie contadine che ne costituivano il caratteristico tessuto sociale, nasceva l’8 marzo 1898, alle 16, il quinto figlio di Giuseppe Leone De Bellis (1853-1944) e di Anna Maria Insalata (1859-1944), cui fu dato al battesimo il nome Nicola. Più avanti con gli anni il giovane Nicola De Bellis volle affiancare, con la propria firma, il secondo nome Sergio2 . La casa dei De Bellis si affacciava in via Pascale, davanti all’arco seicentesco che tuttora campeggia tra i vicoli del nucleo antico castellanese: non certo un grande spazio, poche piccole stanze dove convivevano i genitori coi figli, nell’ordine Teresa, Caterina, Antonia, Giovanni e Nicola, cui si aggiunse, pochi anni dopo, l’ultima nata, Stella. La famiglia del futuro pittore era insomma non differente dalle altre, dai definiti orizzonti: non altri valori al di là dell’onesta laboriosità contadina, della devozione religiosa, dell’indiscutibile atavica appartenenza alla propria condizione sociale, immutabile né per una propria affermazione, né per un avvenire migliore. Fatto normale da parte dei figli, per l’epoca, doveva essere l’indiscusso prosieguo da adulti del mestiere dei genitori: per le donne si doveva preparare una dote e sistemarle, cioè farle sposare (male che andasse, secondo i punti di vista, aut muros aut velos: l’alternativa era il monastero); i maschi, subito dopo gli studi dell’obbligo (che pure furono brevi e discontinui), avrebbero dovuto in questo caso seguire il padre nel suo lavoro nei campi, dove faceva il bracciante ma possedeva anche qualche piccolo terreno, che coltivava in proprio. Ma quei due ragazzi mostravano ben altro temperamento: Giovanni, spirito pratico e indole d’imprenditore, emigrò presto in Argentina, per poi tornare in Italia e stabilirsi a Milano; il piccolo Nicola (o Colino, come lo chiamavano in famiglia), d’animo estremamente sensibile, coltivava in sé uno
Ritratto, 1917
straordinario trasporto per il disegno e la pittura, a tal punto da sentirla come vera e propria vocazione. Ma nel contempo avrà anche riflettuto sull’effettiva bontà di un futuro da artista di provincia, senza sbocchi concreti né evidenti gratificazioni. È chiaro che ben più lontano avrebbe dovuto cercare una vera formazione ed un ambiente favorevole per tentare una propria affermazione artistica. A chi si sarà rivolto, per chiedere consiglio in proposito, è difficile ricostruirlo: valida pertanto mi pare l’osservazione di don Nicola Pellegrino, che fa notare come negli anni dell’adolescenza del De Bellis, intorno al 1916-17, in quegli anni tragici della carneficina mondiale da Verdun a Caporetto, a Castellana il pittore barese Nicola Colonna affrescava e firmava gli spicchi della cupola e la controfacciata della chiesa del Purgatorio3. Di per sé è già questo un fatto singolare che in quella stagione di lutti e stenti si fossero trovate delle riserve, si fa per dire, per finanziare un affresco in chiesa; ma è evidente, data la qualità e la relativa fama del Colonna, che il tutto sia venuto a costare ben poco, ancorché con soddisfazione di autore e committenti. Possiamo immaginare, senza allontanarci troppo dal verosimile, che in quel frangente, Sergio Nicola (poi Nicolò, e torneremo sulla trasformazione del nome) De Bellis abbia mostrato al Colonna dei saggi della sua arte alle prime armi. Magari gli avrà fatto vedere quegli ingenui – ma non privi di una certa gagliarda eleganza liberty – acquerelli raffiguranti due episodi dell’Antico Testamento: Il profeta Elia e l’angelo [2] e Re Davide rimproverato dal profeta Nathan, quest’ultimo datato 26 gennaio 1917 [1]. Sono, è vero, didascaliche prove di autodidatta, di un ragazzo di 19 anni con disordinati studi alle spalle e nessuna formazione artistica: vi si respira quel che c’è attorno, quel sentore già attardato di stile floreale e di eclettismo. Di echi di avanguardie non v’è alcuna traccia; quanto ancora pesano, nel Mezzogiorno del primo ventennio del XX secolo, quelle distanze, quelle dinamiche di centri e periferie così bene delineate da Ginzburg e Castelnuovo in un saggio memorabile di metodologia della storia dell’arte4. Cosa avrà potuto dire, il vecchio Colonna al giovane castellanese dal fervido talento, e quali suggerimenti avrà potuto offrire? Non trascorsero tuttavia che pochi mesi, o settimane, e i ragazzi della classe 1898 vennero precettati per le sacre esigenze della patria: quelle esigenze per cui l’umanità va un po’ a rovescio, e sono i padri a seppellire i figli, non il contrario. Quanti poveri ragazzi furono mandati in trincea; e non sarebbero bastati quelli del ’98. Il Regio Esercito chiamò alle armi anche il De Bellis, a cui fu però risparmiato il fronte per la sua gracile costituzione. Potremmo aggiungere questa breve esperienza militare, per estendere il raggio di conoscenza del mondo del ragazzo di provincia, disorientato negli aspetti più pratici ma con un’idea fissa, quella di fare l’artista. Nell’autunno del 1918 il ragazzo era finalmente a Milano, per iscriversi alla civica scuola d’arte del Castello Sforzesco. Di quel poco che si è scritto in precedenza sulla biografia del De Bellis, l’anno del trasferimento a Milano è una delle questioni più tormentate5; non possono intervenire in aiuto né i ricordi incerti dei nipoti, né una dichiarazione dello stesso pittore nel 19416. La testimonianza più importante, ma non parimenti precisa, è quella fornita dal suo amico Luigi Russo, col quale l’artista spesso si confidava7. Il Russo parla quindi del «ragazzo che scappa di casa», ed il momento più accreditato deve essere circoscritto al 1918,
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a ridosso direi della fine della Guerra. “Scappare di casa” a vent’anni, non ancora maggiorenne per l’epoca, e contro il volere dei genitori, rientra sovente nei clichè delle biografie degli artisti bohemien, ma lo svolgimento di quei fatti è tra gli episodi che De Bellis aveva raccontato con una certa precisione: «quando decise di andarsene a Milano, suo padre, in un momento d’esasperazione e col tono della massima sincerità, lo mandò a farsi benedire e gli augurò… se non proprio di finire sotto un tram, almeno di non trovarselo oltre tra i piedi»8. Con i risparmi faticosamente raccolti, e pochi bagagli appresso, una sera probabile di fine estate prese il treno che lo avrebbe portato l’indomani mattina a Milano, allora come oggi la città più moderna ed europea d’Italia. C’è da chiedersi, giusto per qualche riflessione che non vuole essere oziosa, perché Milano, e non Roma, che era la capitale, o Napoli, sull’esempio dei tanti illustri predecessori, da De Nittis a Netti, a Toma, fino al suo compaesano del secolo addietro, Francesco Dell’Erba?9 O meglio, fu consiglio di alcuno, o fu la giusta intuizione che la metropoli lombarda fosse il vero fulcro delle dinamiche e del mercato artistico, sicuramente il più importante ed aggiornato centro dell’arte contemporanea italiana? Vale poi la pena rammentare che dei tanti artisti pugliesi che si trasferirono a Milano, De Bellis fu il primo10. De Robertis, Lo Presti, Speranza, Cantatore, Marzano, Morino vennero in anni successivi. Chissà se avrà trovato provvisoria ospitalità, almeno per i primi giorni, dal fratello Giovanni; certo i rapporti tra i due non furono mai sereni né cordiali: Giovanni, l’imprenditore di caldaie e materiali termoidraulici, detestava quel fratello “artista” che secondo lui non voleva lavorare, né avere un mestiere serio, e del quale non apprezzava neanche la qualità della pittura. È certo infatti che alla morte del fratello minore, pensò subito a capitalizzare i quadri che gli toccarono in eredità. Li vendette tutti, senza tenersene nemmeno uno per ricordo. Torniamo al nostro, che a Milano si fa chiamare semplicemente Sergio; ben presto prese in affitto quel che poteva trovarsi a buon mercato, per farne casa e studio, una piccola mansarda al numero 3 di piazza Mentana. Una «povera soffitta», come la definisce Marzano, ma comodamente affacciata su uno spazio tranquillo e silenzioso, pur in posizione centrale, a due passi dalla Borsa e da piazza San Sepolcro; e magari, passandovi di strada un pomeriggio del marzo 1919, avrà sentito le urla accattivanti dell’ex maestro elementare di Predappio, che in un concitato comizio fondava il suo movimento politico, e che avrebbe di lì a poco e per molti anni a venire segnato tragicamente le sorti dell’Italia. Il ventunenne Sergio De Bellis era allora iscritto al primo anno della Scuola superiore d’arte applicata all’industria del Castello Sforzesco, fresca matricola della sezione ornamentale. La scuola del Castello non aveva una struttura didattica e formativa paragonabile all’Accademia di Brera, e si avvicinava più che altro alla tipologia della scuola d’arti e mestieri (arts & crafts) di modello mitteleuropeo: una rigorosa palestra di tecnica, con un orizzonte di tradizione pittorica lombarda che non andava oltre gli equilibri cromatici d’un Gola e la chiarezza compositiva d’un Previati. Futurismo, pittura metafisica e le altre seduzioni della moda non erano contemplate in quella scuola. Risalgono a quel periodo pochi lavoretti ancora esistenti, conservati
Ritratto, 1919 circa
Ritratto, 1920 circa
presso gli eredi dell’artista: eseguiti sempre ad acquerello, la cui tecnica andava sempre più padroneggiando, un Esercizio decorativo con farfalle il primo [3], e un Capriccio con rovine l’altro [4], che a mio avviso può essere servito come bozzetto per una scenografia. Luigi Russo ricorda di aver visto anche un lavoro presentato come saggio finale del corso di pittura decorativa: la copertina per un antico evangelario, un «lavoro scolastico, ma ben composto ed illuminato da sobri tocchi di acquerello»11. Intorno a Brera, tra accademia e quartiere, più che altro circolavano artisti che si chiamavano Carrà, Carpi, Dudreville, Funi, Malerba, Sironi, Tosi; forestieri molti di loro, e tutta gente che alla sera si incontrava nei caffèristoranti alla moda, come il Savini in Galleria, Cova in via Manzoni o Marchesi al Montenapoleone, il Mokador in piazza Beccaria o il Craja in piazzetta Filodrammatici12, quando altrimenti non c’erano in giro mostre che si inauguravano. Un giro di artisti giovani e vecchi, molti più i primi rispetto ai secondi, a cui presto si aggiunse il pugliese De Bellis13. Sono anni di grande fermento, quelli dell’immediato primo dopoguerra. A Milano affluiscono artisti e intellettuali da ogni parte del paese (Sironi, Arturo Martini, Bontempelli, poi Marussig, Oppi, Bucci); nascono nuove riviste e giornali (“Il Convegno”, “Il Primato Artistico Italiano”, i quotidiani “L’Ambrosiano” e “Il Popolo d’Italia”), le cui redazioni – come i caffé e i salotti – sono vivacissimi luoghi d’incontro e di discussione14. Nella scena artistica milanese, mentre la pittura futurista cominciava a subire le defezioni dei suoi primi sostenitori, stava conoscendo un certo seguito la rivista romana “Valori plastici”, cui collaborava Carrà, anch’egli un ex futurista. Proprio Carrà pubblicò nel dicembre 1919 il suo saggio Pittura metafisica, la cui poetica influenzò non poco i pittori che si sarebbero detti novecentisti15. Il salotto emergente, il più giovane e dinamico sul piano artistico, era quello di Margherita Sarfatti, che in quel periodo attendeva alla creazione di un suo movimento artistico, appunto il nascituro Novecento: ciò che fu inizialmente un gruppo ristretto (fino al 1926), e che nella sua seconda fase (dal 1926) divenne una specie di capannone ospitante chiunque per convenienza o convinzione od opportunismo (commerciale e politico) desiderava accomodarvisi dentro. Parola d’ordine ufficiale era il “ritorno all’ordine”, cioè una proposta o un tentativo di classicità moderna in una pittura che rifiutava le deviazioni dall’ortodossia (come invece furono l’Espressionismo, il Cubismo, l’Astrattismo, insomma le avanguardie europee); vi si contrapponeva il richiamo – non esente dallo sciovinismo diffuso di quel tempo – alla gloriosa tradizione italica, di cui i novecentisti ambivano a farsi i continuatori. È chiaro che questo confuso e generico assemblaggio di tradizione e modernità rivelava in sostanza, come ha ben osservato Corrado Maltese, la più perfetta assenza di un pensiero organico; è vero anche che vi confluirono, nel bene e nel male, alcune tra le energie artistiche migliori dell’epoca, e si pensi, oltre a Sironi che ne fu il più politicamente convinto, a personalità del calibro di Carrà, Morandi, De Chirico, Severini, Soffici, Tosi, Casorati. Si deve poi sottolineare come abbia pesato al movimento l’adesione esplicita al regime fascista, così da correre il rischio di passarvi per arte di regime: elemento che ha effettivamente condizionato gli studi, almeno fino agli anni ottanta del secolo scorso, per una sua corretta valutazione
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dalla storiografia critica17. Alla grande mostra sul Novecento del 1926, allestita al palazzo della Permanente, fu evidente che una intera generazione di artisti si era convertita ad un ritorno all’ordine; anche De Bellis, giovane volenteroso alla ricerca della propria identità d’artista, si avvicinò al Novecento, intendendolo un movimento d’avanguardia, e aderendo inizialmente alla sua poetica. La sua produzione giovanile, che abbraccia un periodo di circa sette o otto anni, tra 1923 e 1930, può definirsi novecentista18. È il primo dei periodi della sua carriera, non certo il più esaltante, ma degno di considerazione, soprattutto alla luce della originaria condizione di partenza: fu un “miracolo”, osserva bene Russo, che il ragazzo non si perdesse, data la sua famiglia d’origine e data la sua scarsa scolarizzazione19. In questa produzione sono affrontati tutti i principali generi di soggetto, dai paesaggi alle nature morte, dai ritratti alle composizioni miste alla ricerca del proprio linguaggio espressivo, ogni genere con caratteri ed accenti specifici. I ritratti dei genitori [6, 7], delle sorelle [11, 13] e del cognato [10], tutti in posa per immortalare il piccolo e dignitoso ceto contadino della provincia profonda, ciascuno col vestito della domenica, ed una carrellata di volti di nati “sereni di dentro”20, come nelle prime puntate di Heimat. In fondo, non c’è molta distanza di cultura e di mentalità dalla stessa gente che più lontano stava vivendo la fragile repubblica di Weimar. Il cognato Domenico De Leonardis [10] non aveva dimenticato alcun accessorio: la catenina dell’orologio nella tasca dei pantaloni, la sigaretta, l’anello e i gemelli d’oro, il foulard intonato alla cravatta, un fiore all’occhiello e i grossi mustacchi d’ordinanza, un poco impomatati e freschi di barbiere. Chi se la perde l’occasione di farsi fare un ritratto? Parimenti quella stessa gente di campagna o del piccolo borgo rurale si recava col vestito della festa e tutto il corredino a farsi immortalare anche da qualche fotografo – a Castellana c’era Vito Spagnuolo –, magari mettendosi in quella stessa posa (forse un po’ goffa per i nostri occhi smaliziati, non per loro) davanti al gran telero [5] fatto apposta dal pittore venuto da Milano, che il fotografo castellanese gli aveva commissionato21. E lui stesso, Nicolino “il milanese”, non si diversificava minimamente; guardatelo in posa davanti allo specchio, con giacca, camicia buona e farfallino, e quell’aria che ci ricorda i grandi attori di Hollywood, modello Rodolfo Valentino o un più recente Gregory Peck22 [15]. Così del resto si faceva ritrarre nelle sue foto da giovane, un po’ narciso e molto attento alla propria immagine d’artista. C’è molta meno poesia a pensare – dopo il consueto annuale soggiorno di fine estate, consumato tra agosto e i primi di ottobre – ai suoi ritorni milanesi nella soffitta di piazza Mentana, dove si viveva e si provava tutto il peggio della vita da bohemien: precarietà, pochi spiccioli e molti sacrifici, confidando che prima o poi il successo o la fortuna possano arrivare. Ce ne voleva tanta di pazienza e un’incrollabile fede in sé e nelle proprie capacità, perché solo una grande determinazione permetteva di superare le quotidiane avversità, come le mancate vendite o l’ostilità di certa critica. Ma è opportuno per il momento non andare oltre col discorso dei ritratti, perché si deve spendere qualche riflessione anche per gli altri veicoli espressivi che De Bellis prediligeva: i paesaggi, le nature morte. Ci sarebbe poco da dire su degli altri soggetti di genere, di cui non restano immagi-
Ritratto, 1920
ni: penso a titoli curiosi e intriganti quali Verso l’ignoto, Pronto per il the, Vigilia d’esami, Incertezza, eccetera. Dei paesaggi, c’è da distinguere due filoni prevalenti, il lombardo e il pugliese. Riguardo al primo, più che i paesaggi prevalgono le vedute urbane, soprattutto di Milano: soggetti frequentissimi nel periodo 1924-35, come si evince dagli elenchi delle opere esposte nelle prime sue mostre, collettive e personali. Dalle poche immagini che ci restano di quel periodo si ricavano prospettive di piazze e strade della città, solidi edifici, manifesto di una fiducia nell’opera umana e per esteso fiducia e speranza nelle possibilità di crescere artisticamente nel contesto metropolitano: ciò che la provincia del lontano meridione non potrà mai offrire. E quanta differenza, anni luce, da Castellana: nella metropoli i tramvai elettrici, i cinematografi, i teatri, le gallerie e i caffé, gli studi degli artisti e le biblioteche e i giornali, quando nel suo paese non c’era nemmeno la fognatura, e vi passava ancora la carrizza23 ; quanta distanza da suo padre e dalla sua famiglia, da cui sola si distingueva Stella, la piccola, anch’ella dotata d’una certa sensibilità artistica, che si traduceva nell’apprezzamento sincero dell’opera del fratello Colino, e nelle piccole creazioni a ricamo e pittura su tessuto, giusto per beneficio domestico, famigliare e non oltre. Oltre le vedute milanesi, di rado il pittore si spinge nell’hinterland, per prendere a soggetto qualche elegante villa non ancora soffocata dalla presenza di raccordi di tangenziali, autostrade, capannoni industriali e megacentri commerciali. Un maggiore interesse lo rivolge, come è naturale, al paesaggio lacustre e prealpino: il Sacro Monte di Varese, la campagna di Meda, Asso e i panorami incantevoli dei monti e dei laghi lombardi24. Da un canto Milano, con le sue vedute e i dintorni, dall’altro la Puglia. De Bellis si dedica alla pittura di paesaggio nel territorio compreso tra Castellana, Conversano, la Selva di Fasano e la fascia costiera, quasi sempre durante la stagione delle mandorle e della vendemmia, tra la fine di agosto e i primi di ottobre. Era il periodo della Fiera del Levante, quando si poteva beneficiare di una riduzione ferroviaria per la tratta Milano – Bari e ritorno, piccoli accorgimenti per risparmiare qualche lira, quando era possibile. Nel resto dell’anno poteva pure capitare un saltuario viaggio invernale, fruttuoso di alcuni memorabili saggi, come per esempio il San Giuseppe sotto la neve [23]. Rappresentazioni della campagna e vedute urbane, quando queste sono facilmente comprese nella visuale del pittore in un quadro comunque rurale, naturalistico, fondamentalmente incontaminato e incorrotto, lontano da quegli aspetti meno nobili e meno belli della vita metropolitana: il calore umano, l’aria pulita, il silenzio dei campi non interrotto dai molesti rumori metropolitani. Ma dipingere un paesaggio è un atto filosofico, se si vuol considerare la differenza tra un artista di professione ed un pittore della domenica. Perché quest’ultimo cerca in ciò che vede quel “pittoresco” quadro grazioso e gradevole: le case, gli alberelli e quant’altro crede dover fare parte di un universo sempre uguale a prescindere dalla stagione dell’anno, dall’ora solare e dall’umore dell’autore e tanto meno dalle sue idee, che sono puerili o latitanti. Il pittore che fa del suo operare la propria missione e il proprio mestiere cerca – nell’individuazione di un punto da cui riprendere un paesaggio – una finestra ideale del suo ordine mentale, orientata alla luce della verità e di un sentimento autenti-
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co non ancora trovato. Dipingere con tale spirito è atto filosofico in quanto ricerca di una verità che non significa raffigurazione in chiave naturalistica o bozzettistica; come pure ricerca significa di per sé anelito a raggiungere qualcosa che non si conosce, né si possiede. E tutta la pittura di De Bellis è ricerca ed anelito alla verità, che tuttavia non si pretende di poter raggiungere in questa vita mortale. Di qui non stupisce la scelta reiterata di pochi punti di angolazione prediletti, e pochi i soggetti particolari favoriti: Castellana vista dalla via degli Alcantarini, la masseria della Serritella (o Saritella) con le sue querce centenarie ripresa da più angoli di visuale, il panorama che si vede dalla Serritella verso il convento25; poi Monopoli, vista dal molo del faro, da lido Pantano o addirittura dal mare, quando occorreva farsi imbarcare da qualche pescatore, e sicuramente dal largo si aveva la prospettiva migliore. Elemento costante la presenza, nelle rappresentazioni rurali, di casolari e masserie, quando non sono vedute urbane: è un riflesso, una trasposizione della maniera novecentista milanese in vulgata meridionale. Le case, i trulli, le cupole delle chiese e i campanili campeggiano come solidi di volumi chiari e statici, come fossero chiodi messi lì a fissare una superficie altrimenti in movimento. Complessivamente traspare una visione ottimistica della vita, integrazione felice tra uomo e natura. C’è ancora l’entusiasmo del neofita, che ancora non possiede quel metro obiettivo e severo che si chiama disincanto. L’alba delle Prime luci [22] è Grazia immanente che allontana le tenebre del vizio e del male, e porta il sole all’umanità in risveglio, in cui i singoli si preparano ad attendere al proprio dovere quotidiano: dopo le preghiere, ciascuno al suo posto, chi nei campi e chi alle botteghe e alle officine. È la weltanschauung serena e pariniana partecipe dell’umanità contadina onesta e laboriosa, critica nel contempo dei “giovin signori” che nelle stesse ore rientravano nelle proprie comode dimore. I paesaggi degli anni venti costituiscono insomma la religiosa visione di un candido ottimista non ancora scosso da alcun genere di turbamento. Dobbiamo immaginarcelo, Sergio Nicolò De Bellis che, alla maniera dei pionieri dell’en-plein-air, preparava la sacca con i colori, i pennelli, gli stracci e l’acquaragia, un cavalletto portatile e qualcosa nel tascapane, e s’incamminava nella campagna diretto ai suoi luoghi preferiti, o altrove, alla ricerca di nuovi angoli suggestivi e visuali non ordinarie; e quando si doveva andare più lontano, magari si sarà fatto dare qualche passaggio su un carretto, più raramente in automobile. Il ritorno a Milano comportava di conseguenza il trasporto di decine e decine di lavori scelti, destinati ad esser proposti alle successive esposizioni ed ai futuri acquirenti: opere che di fatto, stando ai risultati delle recensioni sulla stampa, incontrarono il favore della critica del tempo26. Il paesaggio, interpretazione della vita e della natura secondo una visione aperta della realtà, è uno dei suoi canali espressivi più ricorrenti. Parallelamente la quotidiana ricerca della verità attraverso l’arte viene condotta da De Bellis nella realizzazione di nature morte, o come alcuni chiamano, facendovi delle precise distinzioni, composizioni. Al contrario dei paesaggi le nature morte sono espressione della meditazione e dell’atelier, e nella sostanza prima, un approccio del tutto opposto e differente del dipingere: poiché il paesaggio esiste, e l’artista va a cercare
De Bellis con la madre e le sorelle, 1925 circa
In posa scherzosa con un amico, 1925 circa
di esso il punto migliore di osservazione. La natura morta in partenza non esiste, ma viene creata dall’artista prima ancora di pensare a raffigurarla in pittura. Ogni elemento di queste composizioni viene scelto secondo un determinato criterio dell’artista (oppure indiscriminatamente, ma è pur esso un criterio), che fa di un bicchiere, una caraffa o un particolare frutto un elemento essenziale, una parola parte di un periodo, senza la quale la frase non avrebbe senso. Nella storia dell’arte contemporanea non tutti i pittori che si occuparono di questi generi hanno amato e raffigurato indistintamente e paesaggi e nature morte, e molto spesso si preferiva un genere piuttosto che l’altro27. Dipende dall’inclinazione e dalla peculiare sensibilità di ciascuno, che sceglie di raffigurare qualche soggetto intuendo già cosa in quel soggetto ci vuol vedere, sottendendo eventualmente ad un’idea fondamentale di sacralità della composizione creata. È stato giustamente osservato, come gli oggetti che compongono ogni natura morta esercitino un magico potere di attrazione, suscettibili di richiamo di ricordi e testimonianze della propria intima esperienza di vita: «oggetti magari apparentemente anonimi, umili e dimessi ma in grado di aspirare, grazie all’intervento prodigioso del pittore che con essi entra in comunione, cogliendone l’intima, trepidante essenza, alle sfere eterne e incorruttibili dell’arte»28. Osservando le nature morte giovanili di De Bellis, come il paio di dipinti del 1928 del municipio castellanese [19, 20] o l’esemplare già Gherardini Volpi del 1930 [49], mi pare d’udire sommessi i versi di Gozzano, la sua descrizione delicata e crepuscolare d’una umanità borghese impagliata come il pappagallo Loreto. Sembra di sentire la polvere invadere le stanze chiuse d’aria viziata, ove l’atmosfera decadente e patetica conosce soltanto la colonna sonora d’un piano scordato29. In sintesi, per quanto spicciola e grezza, con il paesaggio si consuma la ricerca attraverso l’esperienza dei sensi e la conoscenza diretta; con la natura morte si consuma la ricerca attraverso la sollecitazione razionale e la meditata sperimentazione. In entrambi i casi si tratta di un esercizio interiore e inconscio che è vissuto dall’artista come espressione, comunicazione dello spirito, o dell’anima stessa, parole care e tanto usate, per esempio, negli scritti di Luigi Russo: ma che si possono tranquillamente applicare, e sottoscrivere, per il suo intimo amico castellanese. Tuttavia potrebbe sorgere il sospetto che De Bellis fosse più convinto della bontà dei suoi paesaggi – almeno nella competizione delle mostre collettive – rispetto alle nature morte, cui riservava lo spazio della ricerca intimista e ne destinava la vendita ad un pubblico selezionato di intenditori30. In realtà il pittore doveva considerare le sue nature morte, fors’anche senza esserne del tutto consapevole, degli esercizi di ricerca troppo intimi e personali da poter essere compresi appieno, e ne limitava pertanto l’esposizione. Tutta la serie di nature morte del 1930 [49-53] si caratterizza per il crescente studio degli effetti luministici, in ordine di importanza primi rispetto agli aspetti volumetrici e compositivi. Nelle brocche e nei boccioni di vetro, come pure sulle lucide superfici metalliche, si riflettono invertiti alcuni dettagli dell’ambiente circostante: il tessuto di broccato, le finestre che si affacciano su piazza Mentana, persino la cuspide d’un campanile [49]. I riflessi suggeriscono lo spazio che sconfina oltre i limiti del quadro,
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coinvolgendo lo spettatore quale testimone e partecipe della riflessione dell’autore: e il gioco di parole, di riflessi e riflessioni, testimonia la profondità della costruzione razionale della composizione. Gli elementi alludono a conclusioni allegoriche di natura morale: la vita, suggerita dall’acqua e dalla luce, la morte, manifesta nelle pernici abbattute [50], come nell’aragosta [53], nei crisantemi [52] e nei girasoli ormai appassiti [49]; il vino, l’uva, altrove un calice forse eucaristico rimandano a una lettura meditativa sulla caducità della vita mortale, cui il destino ultimo sembra essere suggerito dall’ordinata staticità degli oggetti, immobili e senza tempo, parafrasi dell’eternità della morte, o della vita ultraterrena. Si può parlare di poetica novecentista per questa pittura? Col beneficio dell’inventario conviene rispondere affermativamente, fermo restando che definire De Bellis novecentista resta tuttavia una convenzione di comoda sintesi: perché è anche vero che egli non si schierò mai apertamente con i novecentisti, né espose mai nelle grandi collettive del gruppo: con un certo orgoglio rifiutò questa ed altre etichette, insistendo su un cammino di crescita e produzione artistica estremamente individuale, caratterizzato da una costante e tenace volontà di affermarsi, nella scena artistica milanese e nazionale. A riguardo mi tornano in mente dei versi di don Lisànder, un mio vecchio professore di liceo, a sua volta mutuati da una massima vinciana: da la meta mai / non torcer gli occhi31. La volontà di fare l’artista, di dire la propria nel contesto dell’arte contemporanea; e la progressiva costruzione della propria personalità, di cui la maniera di firmare le opere costituisce un diagramma esemplare. La firma, col proprio nome e la data sull’opera conclusa, è essa stessa parte essenziale e definitivamente conclusiva del processo creativo che l’autore compie e realizza: persino nel suo aspetto formale è distintivo di riconoscimento di cui gli artisti sono stati e sono ben consapevoli, fino al punto di ponderare l’eventualità di apporvi o meno la firma stessa sui propri lavori. La maniera di firmare dice già molte cose della personalità e della tempra dell’autore32. Nel nostro caso la firma è strettamente correlata ad un nome che variava a seconda del contesto, famigliare, amicale, professionale, castellanese e milanese33. Il ragazzo diciannovenne, aspirante artista già pregno di sogni di gloria, nel Davide rimproverato da Nathan [1] con eleganza esotica incastra una N (che a Castellana s’intende Nicola, e in famiglia Colino) dentro la D maiuscola del cognome; poi seguendo con le altre lettere, la prima L contiene la seconda L che a sua volta contiene una piccola I; infine la S si snoda con una coda che s’allarga via via che da destra a sinistra sottolinea tutta la firma, concludendo a due punte come la lama d’una sciabola o di scimitarra. In maniera analoga si struttura l’altra firma dell’acquerello coevo [2], ove campeggia il solo cognome, con un trait-d’union tra le parole e la d minuscola (de-Bellis), a darvi la parvenza della nobiltà. Nel 1923, fresco di diploma della scuola del Castello Sforzesco ed ormai cittadino della gran Milàn il pittore Nicolò De-Bellys arricchisce la propria firma di volutine floreali, che arricciano un po’ tutte le lineette terminali del cognome; di aggiunta, una barra diagonale nella D che suggerisce di leggervi dentro anche la N, ed una curiosa (ma, di qui in avanti, costante) Y che sostituisce la più italica I. È la tipologia che fa il suo esordio nei due
Sulla panchina del parco. Dedica sul retro della foto: «N. S. de Bellys / A Luigi Russo, per essere ricordato / 1927»
ritratti dei suoi genitori [6, 7], almeno per ciò che è emerso nel corso del presente studio; non è da escludere che un simile autografo comparisse ai margini del grande telero scenografico, che negli stessi anni realizzò per il fotografo Spagnuolo34 [5]. In due disegni degli anni venti, di datazione incerta, compare inoltre il curioso acronimo cerchiato DEBS [217, 218]: sono più che altro degli esercizi di stile, ancora di ambito scolastico, ma ragguardevoli nella perizia tecnica e nel controllo del segno. Già nel 1924 le cose cambiano, e le iniziali del nome vengono apposte distinte: nella Masseria [8], finora l’unica testimonianza esecutiva dell’anno, si legge N. S. de-Bellys. Ma nel giovane artista non è ancora chiaro se sia meglio farsi conoscere come Nicolò Sergio, o Sergio Nicolò, o con uno solo dei due nomi, e quale; l’indecisione lo accompagnerà tutta la vita. L’anno seguente infatti preferisce ritornare ad una sola iniziale per il nome, la N nel Ritratto del cognato Domenico De Leonardis [10], ma nel giro di poco tempo – dal 1927 in avanti – ripassa all’apposizione di entrambe le iniziali, con la continua incertezza di quale lettera anteporre all’altra, e la definitiva scomparsa del trait-d’union35. Nello stesso tempo l’ambiente artistico milanese lo conoscerà sempre e semplicemente come Sergio De Bellis, così pure nei documenti; per gli amici di Castellana sarà invece Sergio Nicolò. Il 1930 è l’anno della svolta, allorquando a un certo punto il pittore abbandona la Y, decorativa e forse novecentista. Dal 1930 in poi le firme concorderanno regolari e con rare varianti. Mi è parsa utile una digressione sulle modalità di firme, in quanto esse stesse sono indice di una particolarissima attenzione alla propria immagine, di cui la firma è elemento di primaria importanza; anzi, è piuttosto difficile trovare altri artisti nelle cui opere compaiono così tante varianti del proprio nome: dato, quest’ultimo, estremamente significativo della complessa personalità del De Bellis, nella cui incertezza della firma manifesta, nel corso degli anni, tutto il suo status di evoluzione artistica nel suo sviluppo, e lontana da un suo definito compimento. È bene ora riprendere il filo del discorso principale, la produzione pittorica giovanile, in cui emerge tutto l’entusiasmo del neofita, la continua ricerca del proprio linguaggio e l’approccio e l’adattamento allo spirito novecentista. La materia usata è sempre l’olio, pastoso e curato; non si conoscono di questo periodo lavori ad acquerello, e questo è già di per sé un elemento su cui riflettere. L’olio costruisce lentamente le forme, ne conferisce una solenne fermezza e stabilità nello spazio compositivo. L’acquerello è più istintivo, quando esce dai limiti di un ordinario esercizio decorativo, come lo furono le Farfalle [3] o il Bozzetto scenografico [4]; e quando non si può controllare esprime più l’istinto che la ragione, e proprio allora vengono fuori cose bellissime, come gli acquerelli degli anni quaranta, su cui torneremo più avanti. Il profilo un po’ mussoliniano del Pensieroso36 [21] che fu esposto al Circolo Artistico di Bari nel 1929 avrebbe fatto buona compagnia agli analoghi ritratti di Marussig e Funi (e magari stando con disinvoltura in mezzo tra i due), di Oppi, Bucci e gli altri della comitiva. La vita del giovane artista alle prime armi e alle prime esperienze di pubblico e mostre non era certo né facile né immediatamente redditizia;
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pertanto ogni lavoro e lavoretto, anche il più umile serviva per campare, e per metter da parte per comprare le tele e i colori migliori. La povertà e la precarietà, altri motivi ricorrenti delle biografie degli artisti bohemien, faranno costante compagnia alla vita quotidiana del pittore castellanese. A sentire i ricordi di chi lo ha conosciuto emerge tutta una particolare aneddotica che ricorre frequente in altre situazioni: il pittore senza soldi che paga con dei propri dipinti il barbiere, il corniciaio, il pranzo al ristorante o i debiti accumulati; il giovane foresto, poco allenato all’idioma locale, nei guai per difetti di comunicazione37; l’uomo solitario e saturnino, dal quotidiano parco desinare, a tal punto da sentirsi un po’ male se talvolta mangia più del solito; l’umile accettazione anche di lavori decorativi, di santini e madonne a fini devozionali, tutto questo pur di sbarcare il lunario, almeno nei frequenti periodi di vacche magre, come si evince dal fatto che tali commissioni le accetterà fino ai suoi ultimi giorni38. Alla precarietà degli esordi si accompagnano i primi riconoscimenti, anche d’ambito internazionale. A seguito della partecipazione alla Promotrice di Torino del 1928, De Bellis ottiene una dignitosa segnalazione sulla Revue Moderne, in cui Clément Morro parla di «un sensible qui possède, semblet-il, d’invisibles auteurs pour pénétrer les secret les plus cachés de la nature, un chercheur qui sait varier constamment sa manière et adopter l’expression au sujet choisi»39. Fu notato in particolare il suo Agosto in Puglia, opera purtroppo non rintracciata, ma probabilmente dello stesso tenore di altri suggestivi paesaggi dal delicato equilibrio cromatico e compositivo, come ad esempio Prime luci [22], o la Strada campestre (contrada la Cupa) [24], sempre del 1928. In queste tavole dipinte l’ordine delle forme regna sovrano e indiscusso, ora un terso orizzonte, ora una prospettiva, sempre nitida. I volumi e le singole parti sono nettamente distinti e delineati da una linea di contorno precisa e talvolta quasi ossessiva; in tutto questo la tavolozza delicatissima (parlo di Prime luci) illumina il paesaggio e lascia scoprire la dimensione religiosa del paesaggio e della natura, quasi che la presenza del convento degli Alcantarini suggerisca la mistica simbologia della luce. Nell’ordine perfetto del paesaggio, nell’interazione tra natura e presenza umana (le case, i trulli, i muretti a secco), sembra trovare conferma l’affermazione di Edoardo Persico: il tema del paesaggio nasceva dalla sensibilità cristiana, dalla «necessità cristiana di intendere il valore infinito di Dio»40. Non voglio dire che dai paesaggi del giovane De Bellis emerga una sua consapevolezza della dimensione sacra dell’espressione artistica, che tuttavia si ritrova, ed è una caratteristica che lo accomuna all’amico di sempre Luigi Russo, anch’egli pittore e suo ideale allievo41. Tutti i paesaggi degli anni venti palesano un ottimismo sostanziale, una fiducia nelle proprie capacità d’interpretazione del mondo attraverso la pittura, chiarificate dal segno nitido e fermo, da un’immagine generale di immobilità e immutabilità: un ordine formale, questo sì di stampo novecentista. Era il gusto del pubblico di allora, del resto: lo stesso pubblico che accolse, stando alle cronache42, con un certo favore la prima mostra personale dell’artista castellanese al Circolo Artistico di Palazzo Fizzarotti, a Bari nell’ottobre del 1929. La mostra raccoglieva quanto era stato realizzato negli ultimi tre o quattro anni, con una abbondante presenza di vedute urbane lombarde: una serie di dipinti anch’essi purtroppo non rintracciati,
Ritratto nello studio, 1930. Dedica sul retro della foto: «A Luigi Russo per amicizia / S. N. de Bellys».
Ritratto sul divano, 1930. Dedica sul retro della foto: «Al buono amico L. Russo / N. S. de Bellis»
ma interessantissimi sul piano della testimonianza storica, antecedente le trasformazioni urbanistiche, l’interramento dei navigli e le bombe che trasformarono la fisionomia di Milano nel corso degli anni successivi. Tra l’altro, vi furono due vendite importanti: una veduta della Selva di Fasano, acquistata dal Comune di Bari, ed il già menzionato Prime luci [22], acquistato dalla Pinacoteca Provinciale, probabilmente – senza nulla togliere al valore dell’opera, tra le più belle degli anni venti – grazie all’interessamento del compaesano Michele Viterbo, all’epoca Preside della Provincia di Bari. Sempre nello stesso ambito, ma in un contesto più competitivo e agguerrito, de Bellis espone poco dopo un altro buon dipinto, in cui ritornano quelle delicatezze luministiche collaudate in precedenza: un paesaggio con masseria, intitolato Sereno autunnale [38], alla I Sindacale pugliese del 1930. Di quest’opera si conoscono addirittura una seconda e coeva versione – doveva proprio incantarlo, quell’angolo di visuale – ed uno schizzetto acquerellato a fine illustrativo per l’amico Russo. In queste prove, più intimamente liriche, già si leggono le avvisaglie di una svolta, un rinnovamento stilistico che non tarderà ad annunciarsi. L’indizio lampante, se ne è accennato prima, è il cambiamento della firma verificatosi nel corso del 1930, la caduta della Y dopo la Natura morta già in collezione Gherardini Volpi [49] ed a partire dalla Natura morta con pernici [50] di una collezione privata castellanese. La svolta nella firma va letta come conseguenza di un mutamento dello stile, della poetica e della mentalità. Una qualche incidenza deve avere avuta una malattia che colpì il pittore, di cui ci informa Russo commentando una fotografia che ritrae De Bellis nel suo studio: «Era stato molto malato: s’era trovato in difficoltà. Marzano ed altri amici gli furono vicino. Gli si vedono nel volto le tracce delle sofferenze». Come al solito per quanto riguarda le carte private del senatore, non c’è una datazione precisa, ma con buona verosimiglianza i fatti si riferiscono al 1931, non oltre, fors’anche all’inverno 1930-31. Con la guarigione si accompagna la graduale liberazione dai vincoli e dallo spirito novecentista: non più i contorni marcati, i volumi calibrati e i colori intensi e compatti. Le forme si fanno più rarefatte, la tavolozza si schiarisce: inizia una nuova fase, come potrebbe iniziare una vita vissuta con occhi nuovi e diversi. Ma quali furono le origini della svolta, del nuovo orientamento della sua pittura? Al di là dell’episodio della malattia, precedentemente accennata, che sarà stata complice e non intima causa, io credo che si debba cercare nell’ambito delle mostre e delle dinamiche artistiche degli anni a scavalco di decennio. De Bellis vide qualcosa, si avvicinò a delle nuove soluzioni pittoriche che gli fecero, per così dire, aprire gli occhi. Per essere più chiari, quali mostre vide? da quali artisti e opere si era lasciato sedurre? Possiamo provare a recuperare qualche traccia nelle mostre di quel periodo. La Milano dei primi anni trenta è una forza centripeta che richiama artisti, critici e intellettuali da tutta Italia, crogiolo di linguaggi ed esperienze culturali diverse, imprescindibile punto di riferimento per la comprensione delle dinamiche artistiche della scena nazionale e per l’osservazione delle nuove tendenze: come le correnti di opposizione al Novecento, il Chiarismo lombardo in primo luogo, sostenuto da Edoardo Persico e
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Leonardo Borgese, senza tralasciare le prime ricerche degli astrattisti, raccolti attorno a Carlo Belli e alla Galleria del Milione. Le gallerie milanesi raccoglievano le espressioni di ogni orientamento, dagli ultimi e non più giovani novecentisti, agli accademici tradizionalisti della vecchia scuola lombarda, fino alle più audaci sperimentazioni d’avanguardia. Nel contempo un ruolo non secondario era svolto dalle esposizioni sociali della Permanente e dalle mostre annuali del Sindacato Fascista per le belle arti43. Ennio Marzano ci suggerisce una pista da seguire: «…si andava per le Mostre per imparare dai migliori: si ammirava la metafisica di Carrà, la forza costruttiva di Sironi, o il puro lirismo di Tosi o la delicatezza dell’allora nascente “chiarismo”»44. Non si trattava di nomi tra gli altri che si potevan fare, e buttati lì a caso nella commemorazione. Vi si legge senza difficoltà un climax ascendente che manifesta dei limpidi punti di riferimento, nell’ordine che segue: da Sironi, id est il Novecento, verso i chiaristi, passando per la mediazione di due figure – Carrà, Tosi – che negli stessi anni conoscevano anch’esse un fase stilistica in piena evoluzione. Carlo Carrà, ormai in procinto di sgravarsi delle scorie novecentiste, già dalla fine degli anni venti portava nelle sue opere nuovi accenti espressivi, caratterizzati da stesure di colore più vibrate e rapide, volti ad una espressione più lirica e intimista della pittura, altrove tempo prima definita neo-romantica45. Nel gennaio 1930 Carrà aveva tenuto con Soffici un mostra alla Galleria Bardi, in cui il sentimento del colore, espressione del nuovo orientamento, si riallacciava felicemente alla tradizione ottocentesca di Gola e degli Scapigliati. Parimenti il discorso vale per Arturo Tosi, anch’egli reduce da un passato di simpatia verso il Novecento, ma delicatissimo interprete di una natura che è poesia, pregna di «verità e sentimento, naturalismo ed estasi, calcolo ed immediatezza, contrappunto, batticuore, il meglio e il peggio della pittura lombarda»46. Il 4 maggio dello stesso anno si apriva a Venezia la diciassettesima Biennale con un’ampia presenza di pittori lombardi, tra i quali Birolli, Del Bon, De Rocchi, Lilloni, insomma il nucleo nascente del Chiarismo d’area milanese47. Nello stesso periodo la Galleria Bardi ospitava la prima personale di Adriano Spilimbergo, uno dei giovani più apprezzati da Persico, seguita a giugno da un’esposizione a tre di Bogliardi, Lilloni e De Amicis. Al di là di un probabilissimo viaggio a Venezia, tappa obbligata per qualsiasi artista di serie intenzioni, ce n’è quanto basta per farci un’opinione sulla progressiva evoluzione della pittura di De Bellis, prendendo in esame la sua produzione a partire dal 1930. Si tratta, è bene ribadirlo, di un lento progredire verso tonalità più chiare, nel contempo di un graduale allentamento delle priorità plastiche e compositive, e di una più coraggiosa attitudine alla sperimentazione, anche se talvolta timida e talvolta più convinta. Con quali risultati? Il pittore attende a varie soluzioni, apparentemente inconciliabili tra loro, ma lo sperimentalismo formale, compositivo e tecnico è un passo obbligatorio e necessario per assurgere alle mete desiderate: una fase che si arresta intorno al 1935, o giù di lì, quando nuove idee e più convinte soluzioni creative irrompono nella sua produzione. Non deve pertanto stupire l’eclettismo che si ricava dai risultati delle sue ricerche.
Elia Alberani, Busto raffigurante Sergio De Bellis, 1934 ca., ubicazione ignota. Commenta De Bellis (a Russo): «Questa è una fotografia del ritratto che mi fece lo scultore Elia Alberani. Alla prossima lettera spero di averne di meglio, se non altro intera: la colpa è mia che mossi la macchina».
A metà strada tra il monumentalismo di Sironi e l’ispirazione socialista di Pellizza da Volpedo stanno i due protagonisti di Uomini in Cammino, del 1931 [61], opera invero non delle più felici, piuttosto ingessata di retorica e solennità48. Una tematica subito lasciata cadere, più che altro per scarsa convinzione, per ritornare ai soggetti preferiti, il paesaggio fra tutti. Le tavolette di piccole dimensioni diventano allora il supporto ideale per saggiare nuovi percorsi, come nell’esemplare datato 1932 (il solo che si conosce, di quell’anno) in collezione privata castellanese [64]: i contorni tendono alla dissolvenza, l’atmosfera acquista caratteri quasi fiabeschi, alla maniera di Rosai o del Blaue Reiter. Un secondo Ritratto del padre [66] ci mostra, nel confronto col precedente di dieci anni prima [7], quanta strada abbia percorso De Bellis in questo lasso di tempo. Schiarita la tavolozza e spazzata via l’ingenua pomposità dei primi ritratti, sembra qui emergere una dimensione sicuramente più sentimentale, un registro degli affetti dal quale si evince – forse – un miglioramento nei contrastati rapporti col genitore. Il padre non pare ancora persuaso della bontà delle scelte del figlio, ma ugualmente si siede a posare, sempre però col vestito buono e l’aspetto curato: ma quanto duro lavoro denunciano quei solchi sul volto, dalle gote arrossate dal sole della campagna. Scorrendo le pagine di questo catalogo, tuttavia, anche il lettore più attento potrebbe rimanere perplesso sull’effettivo cambio di direzione espresso dall’artista nella produzione post 1930. La svolta c’è stata, una nuova fase è iniziata, ma illustrando l’opera di De Bellis è importante sottolineare che siamo davanti a un’anima di grande sensibilità, ma di lenta assimilazione e rielaborazione: dal ’30 in avanti ce ne vorrà di tempo ancora per sgravarsi dell’anelito all’ordine, stilema novecentista, che è più rivelatore dell’anelito di un’anima inquieta, piuttosto che il suo reale orientamento stilistico contingente. Anelito all’ordine dell’anima che un autodidatta sa tradurre immediatamente in un ordine delle forme, come s’è visto, un’immobilità plastica da suggerire l’immutabilità. E la luce che pervade questi paesaggi – poco importa se pugliesi o lombardi, come il Cancello della Serritella [57], o lo Scorcio di casa con ballatoio [63] – fissa i contorni e le ombre in una atmosfera tranquilla e sonnolente, come nei pomeriggi più caldi di luglio, alla controra: quando per strada e nelle campagne non si vede in giro nessuno. Eppure Dante Maselli (come già Morro49) seppe intuire con netto anticipo il criptato lirismo di quelle silenziose contemplazioni: «In questi paesaggi forma e colore ispirano una statica tranquillità, quella stessa che talvolta ci vien fatto di notare in certe caliginose ore crepuscolari della nostra Terra, quando su tutte le cose pesa il fastidio della luce abbagliante durata tutto il giorno e quando i cieli si colorano di grigio. Gli alberi non sono contorti tragicamente ma palpitano in un’atmosfera ariosa con una freschezza ed una lucentezza di linfa. Anche quando queste visioni sono materiate di arsura e di tempesta acquistano una piacevole immobilità passando attraverso il filtro del tranquillo e ottimistico temperamento del pittore»50. Vale lo stesso discorso per le meditate vedute lombarde della metà degli anni trenta, come Case a Gorla [68] o il Naviglio di via Vallone [69], entrambe acquistate dalla Galleria d’arte moderna di Milano: in quelle nitide visioni, ormai depurate delle grevi tonalità novecentiste, si legge una schiarita anche delle proprie idee, e la persuasione all’uso di una tavoloz-
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za che possa conferire una connotazione sentimentale ad ogni gamma cromatica. Intorno al 1934, De Bellis ha imboccato il sentiero del Chiarismo. Poche ma significative testimonianze di questa fase raccontano una raggiunta e consolidata maturità qualitativa, risultati finalmente conquistati dopo un’accanita ricerca delle migliori soluzioni espressive. Di Luciano [70] e di altra produzione ritrattistica di adolescenti [248], colpisce la velata malinconia sui volti dei ragazzi, come se i soggetti subissero un processo di identificazione dell’autore, che desiderava proiettarvi l’immagine della sua giovinezza inquieta, sicuramente non felice. Il Ponte [71] è per antonomasia, nel discorso critico intrapreso su De Bellis, la sua opera emblematica per rinnovamento dello stile. Un angolo di solitaria tranquillità della periferia milanese, che può essere alla Martesana come alla Barona, dove governa il fremito delle forme non definite della vegetazione a ridosso del canale, labili e lievi nella luce del pomeriggio silenzioso. Il ponte stesso è metafora di comunicazione, quale collegamento, passaggio, superamento: espressione di un artista che sente inconsciamente di avere forse trovato ciò che cercava, o almeno di avere intrapreso la giusta strada. È il tempo delle suggestioni metafisiche e oniriche, il momento di maggiori prestiti dagli eletti maestri, Carrà, De Chirico, De Pisis. Una produzione alterna, dalle enigmatiche composizioni a sfondo classicheggiante [244, 245] alla magica seduzione della forza dei cavalli sfrenati nella prateria51 [77, 78], fino ad inaspettati studi di nudo, tanto rari quanto pregni di fascino [81]. Parallelamente non va tralasciata – per quanto prosaica, dettata dall’esigenza di raggranellare qualche altro spicciolo – la collaborazione al Novellino, rivista settimanale per ragazzi, dove eseguiva graziose vignette nella rubrica umoristica. I primi disegni erano inizialmente pubblicati anonimi, quasi che l’artista se ne vergognasse un poco, poi gli ultimi videro la comparsa dello pseudonimo Nicò. Ma il pittore forse sapeva di essere in buona compagnia, che i colleghi in redazione erano valenti artisti pure loro: c’erano gli amici di sempre Leo Spaventa Filippi e Luigi Melandri, c’erano grandi illustratori del calibro di Brunetta e di Veneziani52. Sempre nell’ambito del disegno umoristico seguì tre anni dopo una estemporanea collaborazione, ma di dimensione più locale e di stampo più goliardico, per il primo numero del giornaletto satirico Il Cardo, uscito nel 1938 e diretto da un suo amico di Castellana, il maestro elementare Vittorio Sabatelli53. Dunque, dopo la lenta transizione degli anni 1930-34, che possiamo isolare e definire “secondo periodo” o “periodo della sperimentazione”, dal 1935 si apre una nuova e più lunga stagione, un “terzo periodo” racchiudibile entro la primavera del 1943, allorquando, nel quadro critico generale della guerra in corso, De Bellis lascerà Milano per Castellana. Come si può definire questo terzo periodo? Fu senz’altro la fase più felice, e dal punto di vista artistico e professionale: gli acquisti della Galleria d’arte moderna e del Gabinetto dei disegni di Milano, due Biennali di Venezia, due premi Bergamo, due premi Puglia, due importantissime personali milanesi54. È invero difficile poter dare una definizione che sia nel contempo sintetica e calzante, soprattutto in considerazione della cifra stilistica veramente e finalmente personale del pitto-
Luigi Melandri, Ritratto di Sergio De Bellis, 1927, particolare. Castellana, Palazzo Comunale.
Leo Spaventa Filippi, Ritratto di Sergio De Bellis, 1941-43. Castellana, Palazzo Comunale.
re, che per scelta preferì non aderire mai ad un qualche determinato gruppo. Starebbe bene, per esempio, tra i già citati chiaristi, di cui fu amico da lunga data nelle comuni frequentazioni del Craja e delle varie mostre. E la scelta di fare parte per se stesso55, come se gliel’avesse consigliato Cacciaguida, fu aspetto non di poco conto, atto coraggioso in quel secolo di “ismi”, dove il coro del collettivismo fa sempre una voce più grossa del singolo; e ci vuole, appunto, coraggio ad avventurarsi nella vita e nella competizione artistica senza la protezione di un movimento alla moda, o la sponsorizzazione di un critico militante (d’un Persico, un Ojetti o un Borgese o chi per lui), o il sostegno di un gallerista lungimirante? La scelta di restare irriducibilmente solo, nella vita e nell’arte, lo esaltò e gli permise di assurgere artisticamente alle vette più alte del suo genio; ma certo la medesima scelta lo penalizzò, nel medio e nel lungo termine, al punto che affogato nel novero dei tanti come lui nell’agone della vita artistica, i critici del tempo ebbero modo di apprezzarlo, salvo dimenticarsene – tutti, o quasi – subito dopo la sua morte. Ignorato dalla storiografia del ’900 lombardo perché fu sostanzialmente isolato: mai una citazione, un cenno appena dalla Pontiggia, dalla Bossaglia o dagli altri studiosi dell’ambito. Fu ignorato, o quasi, da chi si è occupato del ’900 pugliese in quanto considerato più “lombardo”, e chissà per quale ragione: Lia De Venere cita De Bellis come se venisse magari da Napoli o da un altro pianeta; oppure, in effetti, non lo stimò degno di inclusione tra i pittori attivi in Puglia negli anni trenta e quaranta56. Comunque sia, non vale la pena di farne un argumentum ex silentio ed è meglio rimetterci in carreggiata, tornando alla produzione del periodo glorioso, o della piena maturità, tra 1935 e 1943. Si è già accennato delle suggestioni a un tempo classiciste e metafisiche, e dell’ammirazione per quegli artisti che portavano avanti soluzioni del genere. Nelle tematiche più ricorrenti, i paesaggi e le nature morte, allo stesso modo la tavolozza subisce un processo di conversione chiarista fino a illuminarsi in talune splendide prove, come ad esempio il Vaso di rose bianche [85], del 1938, in collezione privata a Corato. Le partecipazioni ad importanti esposizioni nazionali come le Biennali di Venezia (1936 e 1940), i Premi Bergamo (1939 e 1941), i Premi Puglia (1939 e 1940), l’Intersindacale del 1941, erano tutte esperienze che confermavano un crescente consenso nei suoi riguardi, dal momento che si trattava di mostre alle quali si accedeva per selezione: un consenso che si trasformava anche in premi acquisto, come tra gli altri il Premio Malerba per il disegno (1939), quello del Ministero dell’Educazione Nazionale e i summenzionati Premi Puglia. Nel mezzo si devono contare le due personali milanesi: nel 1938 alla Piccola Mostra di via San Vincenzo, e nel 1941 alla Casa d’artisti di via Manzoni. Sono momenti fondamentali per saggiare la sua visibilità nel momento in cui viene a proporsi in mostra da solo sulla scena milanese: le recensioni della stampa, oltre alle menzioni nelle collettive – ottenute in ambito locale e nazionale, dai quotidiani Corriere della Sera, L’Ambrosiano, Il Sole, La Sera, Il Popolo d’Italia, La Gazzetta del Mezzogiorno, ai periodici Emporium, Cultura moderna, Illustrazione Italiana – stanno a testimoniare il livello di considerazione raggiunto in quegli anni, non altro che il risultato di un paziente e tenace lavoro da tempo intrapreso per il ricono-
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scimento della propria arte57. Intorno al 1938 incomincia per De Bellis una nuova importante amicizia, quella con l’ingegnere Mario Zoffili, fine collezionista e di fatto quasi un mecenate per molti giovani artisti. All’epoca poco più che trentenne, e un’esperienza pregressa di aviatore civile e militare, Zoffili svolgeva incarichi dirigenziali nell’ambito delle industrie meccaniche milanesi58. Dotato di una solida cultura classica, era un grande appassionato e collezionista di arte contemporanea, frequentatore abituale di gallerie d’arte e studi dei pittori di cui era amico ed estimatore. Qualche nome da sciorinare può servire a illustrarne la sua sensibilità e l’intuito critico: sapeva individuare tra i giovani e gli esordienti quegli artisti di talento che senza dubbio avrebbero fatto strada59. Si va dai novecentisti, da Carpi a Salietti, Dudreville, Consadori, ai prediletti chiaristi, Lilloni, De Rocchi, De Amicis, Spilimbergo, a tante altre personalità della sua generazione, da Speranza a Marzano, Tosi, De Grada, Spaventa Filippi, fino a Dova. La casa milanese di via Venini 35, una specie di salotto alternativo al Craja, costituiva un punto di riferimento per i tanti artisti che amavano intrattenersi, magari a pranzo, con l’ingegnere e la sua famiglia, a discutere delle mostre in corso, della Biennale o dei premi di Brera… e di punto in bianco tirare fuori dalla valigetta gli ultimi schizzi e provare a vendergli le ultime novità, confidando nella generosità e nell’incoraggiamento del padrone di casa. Erano del resto tempi difficili per tutti, massimamente per gli artisti, specie durante gli anni del conflitto: vendere un quadro allora poteva significare, per molti come De Bellis, avere la possibilità di comprarsi da mangiare, almeno per qualche giorno. Mario Zoffili, come pure Giuseppe Reali o Silvio Bonfanti, era parte di quel circuito di amatori e collezionisti le cui azioni di mercato potevano influire e talvolta condizionare il successo o la fortuna critica di un artista, specie se giovane e dalle buone promesse. L’ingegnere andava spesso per gallerie e mostre accompagnato dagli amici artisti, prestando ascolto alle loro osservazioni critiche – invero non sempre benevole – e soppesandole il giusto; pare poi che De Bellis, stando alle testimonianze, dovesse essere dei più mordaci. Di questi giudizi un po’ sommari e perentori sono piene, per esempio, le sue lettere a Luigi Russo, segno evidente di una forte consapevolezza del valore della propria arte nel contesto della competizione artistica metropolitana, con la conseguente selezione estetica tra chi amare o preferire, chi apprezzare a vari livelli, e chi censurare. Avendo registrati nelle sue lettere giudizi soprattutto di conterranei, si può affermare che Marzano fosse tra i suoi favoriti, mentre non si può dire la stessa cosa di Speranza60. Il 1941 fu l’anno della sua seconda personale milanese, alla Casa d’artisti di via Manzoni. Non disponiamo di un elenco delle opere di questa mostra, non presente sul pieghevole d’invito, che invece contiene un breve profilo autobiografico e un’antologia delle recensioni critiche ricevute («Alcuni giudizi della stampa»). È interessante notare come vi siano diverse inesattezze sparse nel testo, che più che altro paiono delle piccole manipolazioni cronologiche. Per esempio, il pittore dice di avere quarant’anni (in realtà ne aveva quarantadue) e che da venticinque vive a Milano (dato improbabile, essen-
De Bellis, 1940 circa
Ritratto, 1946
dovi giunto verosimilmente nel 1918). Nei “giudizi della stampa” quasi tutte le date riportate non corrispondono alle effettive pubblicazioni: la recensione di Bonardi è datata 1936 (invece di 1938), quella di Morro 1934 (invece di 1929), quella di Carrà 1936 (invece di 1938), quella di Savelli 1934 (invece di 1932). In generale sembra che De Bellis volesse dare l’impressione di essere più giovane, e che da alcuni anni stesse riscuotendo il favore della critica; tale idea è suffragata da un altro indizio, ugualmente indicativo di questo vezzo di ringiovanirsi, l’errata dichiarazione della sua data di nascita (11 marzo 1899) nella scheda di partecipazione alle selezioni per la Biennale di Venezia. Nel frattempo infuriava la guerra, ed è probabile che il pittore ne approfittasse, non appena se ne presentava l’occasione, per allontanarsi da Milano: è una questione di fame, sopravvivenza, tra tessere del razionamento e qualcosa alla borsanera, il costo della vita sempre crescente, le ristrettezze sempre maggiori di chi fa questo mestiere ingrato in tempi di ristrettezze generali per tutti. Un quadro, purtroppo, non sazia lo stomaco. Di conseguenza dal 1942 risultano sempre meno informazioni sulla sua vita milanese, e di contro si contano sempre più numerosi i soggetti paesaggistici di ambito pugliese. Essendo il nostro brav’uomo ancora un artista alla vecchia maniera, di quelli che riprendono i paesaggi dal vero, se ne deduce che avesse intensificato o prolungato i periodi di soggiorno a Castellana. Inizia proprio dal 1942 fino alla morte la luminosa stagione dei paesaggi rurali ad acquerello, lirica polifonia della campagna pugliese, alternati alla produzione di dipinti ad olio, ma meritevoli di un discorso critico a parte. Ogni tecnica in sé è portatrice di un peculiare programma espressivo: la pittura ad olio richiede pazienza, meditazione, lenta costruzione delle giuste tonalità, misurate contrapposizioni di chiari e scuri, di luci e ombre. Il risultato di quel che si vede attraverso gli occhi e si rende sulla tela o sulla tavola di compensato è frutto di un processo di rielaborazione delle forme, dilatato in un lasso di tempo sufficientemente lungo da correggervi delle parti in corso d’opera, e da permettersi dei ripensamenti. Il paesaggio dipinto a olio si presenta a noi composto e statico, figlio della riflessione che domina l’istinto dell’artista: quasi un piccolo mondo antico, tranquillo e sereno nella sua semplicità. L’acquerello è congeniale alla sua volontà espressiva: è il fremito, l’inquietudine, la sofferta consapevolezza della miseria umana e delle ingiustizie del mondo, il veicolo esecutivo immediato, su cui non si può tornare indietro. La mano che muove il pennello tra l’acqua e i colori, passandovi rapida le sue tracce sulla carta, costruisce e trasforma tutte le forme, dissolvendole fino alla rarefazione [176], decontestualizzate fin quasi all’astrazione [126]. Gli ultimi acquerelli narrano una sofferenza interiore, schizzata nei frenetici tratti laddove non c’è posto per il calore del sole o della terra; e di fatto il giallo, colore della luce e del sole, non è contemplato nella sua tavolozza. Le giornate sono di preferenza umide, i cieli pregni di nuvole e foschia, e sul selciato brillano i rimasugli dei violenti scrosci di pioggia [164]. Trionfano le tonalità verdi, e le terre servono solo a contorna-
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re, per esaltare, i lucidi riflessi delle foglie di quercia o quelle più argentee degli ulivi. Querce e ulivi, non già o in minima parte mandorli, ciliegi o vigne. Una preferenza significativa per piante forti e secolari [154], che contraddistinguono il territorio del sud-est barese, quella campagna che sale da Polignano e Monopoli verso la valle d’Itria e la Selva di Fasano. Non c’è da meravigliarsi che l’animo del pittore traducesse in intime elegie di colori lucidi e prevalentemente freddi le inquietudini provate negli anni difficili della guerra. Tra questi sintomi di un malessere interiore espresso attraverso l’arte, tuttavia stavano emergendo i segnali di un ulteriore rinnovamento: un processo stilistico il cui principio si potrebbe circostanziare intorno al 1943, forse più precisamente in quella benedetta estate che vide cambiare le sorti dell’Italia e del conflitto. De Bellis risulta sempre meno presente a Milano, dove si fa vedere giusto per piazzare qualche sua novità alle mostre sociali o a delle collettive improvvisate. Non è certo un allontanamento piacevole, perché significa allontanarsi dai giri della scena artistica e rischiare di restarne fuori per esclusione. Ma c’è pure un fatto contingente, non da poco, il bisogno del pane così come la paura delle bombe. Già nel febbraio del 1943 era a Castellana, ed il consueto soggiorno estivo del medesimo anno veniva anticipato ai primi di luglio; cosicché arrivò quel giorno fatale d’agosto, quando durante un bombardamento su Milano fu colpita e distrutta la palazzina di piazza Mentana dove abitava. D’un colpo si polverizzarono anni di lavoro e studio: secondo la stima dei danni fatta a memoria dello stesso De Bellis, furono distrutti «130 [quadri] a olio, 200 disegni, 20 pastelli, 30 acquerelli»61, oltre ai mobili, alle lettere e a tutto il resto. Nemmeno molti giorni dopo ci furono i fatti dell’8 settembre, e tutte le note conseguenze. Con la casa milanese perduta, e la penisola italiana tagliata all’altezza della linea Gustav, non restava che rassegnarsi, e restarsene a Castellana aspettando tempi migliori. Sergio De Bellis non si perse d’animo; anzi, nella nuova situazione del “Regno del Sud”, venutasi a creare con l’occupazione alleata, affiancò al suo mestiere d’artista l’impegno politico che da tempo coltivava, ma che fino a quel momento aveva portato avanti in clandestinità. Con i pochi compagni rimasti, e qualcun altro rientrato dal confino, ricostituì la sezione castellanese del Partito Comunista, con la sede in un locale dell’arco Barberio; giacché c’era, pensò bene di arredarvela con un ritratto alla memoria del compagno Gramsci, che tempo addietro era stato recluso nel vicino carcere di Turi [141]. De Bellis assunse la carica di segretario cittadino, mantenuta fino al suo definitivo ritorno a Milano, a guerra ormai conclusa. Non è un lavoro semplice ricostruire questa parte importante della sua biografia, dal momento che non esistono, per ovvie ragioni, documenti cartacei comprovanti la sua attività politica durante gli anni della dittatura fascista. Ho potuto elaborarne solo una minima ricostruzione basandomi sulle testimonianze orali delle poche persone ancora viventi che lo hanno conosciuto e frequentato, insieme a delle reminiscenze di seconda mano (dei figli e nipoti dei suoi amici dell’epoca) e ad una preziosa relazione documentata, risalente agli anni giovanili62. È verosimile che l’impegno politico dell’artista castellanese risalisse già
Milano, piazza Mentana, vista dal punto dov’era la casa di De Bellis, al civico 3.
ai suoi anni giovanili, precedenti il suo trasferimento a Milano, quando ancora adolescente frequentava i socialisti del paese, tra i quali c’erano Nicola Pinto, Francesco Lanzilotta, Michele Tapogna; e i più anziani del partito dovevano ricordare spesso ai giovani militanti di quella volta che in piazza venne a parlare Filippo Turati, in un comizio appassionato che catturò in ogni modo, nonostante la voce sottile dell’onorevole compagno, l’attenzione di tutti i convenuti. All’interno della famiglia socialista dovremmo poi dedurre che si sentisse più vicino ai massimalisti. A Milano, del resto, già intorno al 1918-19, De Bellis cominciò a frequentare un giro di personalità che progressivamente lo fecero transitare in ambienti anarchici, dove conobbe la scrittrice Leda Rafanelli, figura carismatica e singolarissima del movimento62. La lunga amicizia con la Rafanelli, documentata tra 1920 e 1928 - ma sicuramente estendibile agli anni successivi - costituisce un’esperienza fondamentale per l’evoluzione del suo pensiero politico, perché fosse, per dirla con le parole dell’amico Vittorio Sabbatelli, «con signorilità / uomo di parte giacobina / e con i disagiati». Dal massimalismo all’anarchismo, dunque, per fare infine la sua scelta giacobina, dopo la scissione di Livorno del 1921, con l’adesione al PCd’I, poi PCI. Se vi fosse – e di che genere – un suo peculiare ruolo, non ci è dato di sapere, almeno allo stato attuale delle ricerche, ancorché alcune fonti affermino che fosse affiliato ad una cellula comunista milanese e che svolgesse qualche segreta attività antifascista, forse come staffetta di collegamento tra Lombardia e Puglia. Dopo gli avvenimenti politici e bellici dell’estate 1943, Sergio De Bellis poté operare di conseguenza allo scoperto, alternando le ore trascorse a dipingere con la sua militanza nel partito. La vita ricominciava, insomma, da Castellana. Questa specie di ripartenza segna un ulteriore, nuovo periodo, di cui s’erano accusati i sintomi qualche mese addietro, e che non è altro che lo sviluppo di quello precedente. È il periodo ultimo, il più luminoso e non vorrei dire chiarista, anche se dei chiaristi De Bellis fu un compagno di strada, oltre che un sincero amico. Nella lunga e triste stagione dell’Italia travagliata dalla guerra, l’unica consolazione poteva stare nella consapevolezza di risiedere in un posto relativamente più tranquillo, ove trovare il tempo e la serenità d’animo per immergersi nella campagna, dimenticare le bombe e giocare con gli acquerelli nel silenzio naturale, interrotto solo dal rumore del vento e dal canto degli uccellini. Anche la sua sensibilità religiosa, in quel tormentato periodo di lutti e stenti, doveva essersi ampliata, nel pensiero e nel dialogo interiore con Dio, nella meditazione sulla morte, nel pensiero del mistero della salvezza. I quadri religiosi [158, 179], come i paesaggi, rappresentano un’interrogazione alla natura e a Dio sui misteri più grandi, espressa anche in un singolare (e polemico) appunto privato, il cosiddetto “Frammento morale”64. Quale tempra dimostra un figlio che assiste all’agonia dei propri genitori, e ne traccia con frenetici schizzi la sofferenza dei volti, l’attesa sofferta della liberazione finale? Nel giro di due settimane del febbraio 1944, De Bellis vide morire entrambi i genitori. Prima il padre, poi la madre, vegliati sul letto di morte e raffigurati in una serie di disegni a matita [267-270] e a china [272-276], successivamente raccolti in un album privato, intitolato «alla radiosa
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memoria di mia madre». Assistere consapevole alle ultime ore di vita dei propri genitori, meditare sulla sincera fede che resse quelle vite: «Parlatemi di Dio: sento ch’Ei giunge»65. La madre, novella Ermengarda negli struggenti tratti d’inchiostro del figlio [276], avrà allora esternato l’estremo pensiero, immaginiamo espresso nel più pratico idioma castellanese. È un saggiare soglia per soglia l’intensità del dolore, ed imparare a conviverci. Il pensiero della morte, così pervadente nell’intimo come nell’aria della guerra che ogni giorno si respirava, lo accompagnava nell’animo, tanto da indurlo a scrivere un proprio testamento. Quella carta purtroppo non esiste più, ne abbiamo solo una prova indiretta66 che ci fa pensare che il pittore, debole di cuore, avesse avuto negli ultimi tempi qualche avvisaglia, qualche sintomo preoccupante magari confermato dall’amico medico, Nicola Simone. Il 28 novembre 1944 arrivò per il nostro l’incarico di insegnamento di disegno nella scuola media di Castellana, per l’anno scolastico 1944-45: un incarico certamente richiesto da tempo e a lungo desiderato, in quel frangente così precario in cui un dipinto a olio si barattava al massimo con un polletto o qualche sacchetto di farina, e un acquerello si dava (e volentieri) in cambio di qualsiasi cosa da mangiare. Non è pensabile, a mio avviso, che De Bellis abbia accettato a malincuore, che si trattò di una decisione sofferta, come qualcuno ha sostenuto67: quanti ce n’erano a fare la fila per andare al posto suo? Della sua esperienza di professore ci ha lasciato belle pagine Emilio Putti68, che ne fu allievo, a conferma della larga sensibilità e simpatia dell’artista nei confronti della gioventù, testimoniata a sua volta da alcuni lavori di intensa grazia, come Lisa [125], o i ritratti dei nipotini Michele [171] e Pinù [172]. Annotava molti anni dopo Luigi Russo, in alcuni suoi appunti privati: «Nei ritratti dei ragazzi – di cui il disegno [248] che mi mandò in visione – De Bellis voleva rendere la pena dei suoi anni infantili. Amava poveri ragazzi che eseguiva con grande amore, pensando spesso ai romanzieri russi di cui era grande ed appassionato lettore. Autodidatta, lì aveva trovato se stesso!». De Bellis trasferiva dunque i suoi sentimenti d’amore e solidarietà nei ritratti dei ragazzi, i quali gli dovevano ricordare le sofferenze e i giorni difficili della sua giovinezza: l’uomo maturo aveva così sentimenti di nostalgia per un passato infelice ma pur sempre gravido di emozioni e ricordi, anche talvolta belli. La fine della guerra sembrò la fine di tutte le angosce e di tutti i problemi professionali. La vita artistica sarebbe ricominciata, soprattutto a Milano, si sarebbero riaperte le gallerie e riacceso il mercato dell’arte. Si doveva lavorare sulle ceneri delle defunte sindacali, come pure delle sociali, visto che la gloriosa Permanente aveva subito la medesima sorte della casa di piazza Mentana. Riprendere il treno, trovare una nuova casa, riprendere i contatti, magari incominciando dal caro ingegnere sempre pronto ad aiutare gli amici in difficoltà. C’era pur sempre una gran voglia di ricominciare, questa volta in un clima veramente nuovo, libero e democratico, di fiduciose speranze per tutti. Tornato finalmente a Milano69, nel dicembre del 1945 il pittore si sistema in un malagevole locale al secondo o terzo piano di via del Bollo 8, sem-
Milano, via del Bollo 8, l’ultima abitazione di De Bellis dal 1945 al 1946.
pre nello stesso rione delle “cinque vie”, a due passi da piazza Cordusio. Una ricevuta del padrone di casa, del 4 dicembre 1946, fornisce un dato interessante: dal dicembre 1945 fino al maggio successivo, l’affitto era stato pagato a metà con una donna, Colombina Zaffaroni, fugace meteora di questa storia, di cui non si sa altro. Forse fu una condivisione tra artisti bohemien, o la rara stagione d’amore di un uomo incline alla solitudine, o la mutua solidarietà di due compagni di sventura. Ritornare nella metropoli significava anche potersi ributtare a capofitto nella partecipazione ai concorsi e alle collettive, riallacciare i legami interrotti durante la guerra con quelli della Famiglia Artistica milanese, ora ricostituita dopo lo scioglimento voluto dal fascismo, e con gli amici del Craja. Il clima fervido e ottimistico si riflette di conseguenza sulla sua ultima produzione, più che altro paesaggi e nature morte. Un fremito espressionistico ne agita le forme, come fossero mosse da un vento che rende palpitanti i piccoli dettagli d’ogni composizione, come se un’energia superiore e invisibile s’infondesse nelle figure e le animasse. La Trita del grano [185] è l’esempio emblematico del fervore di colui che assurge all’arte attraverso un procedimento d’intensa, intima sublimazione dei sensi e della conoscenza della natura. Il dipinto fu esposto alla “Mostra del lavoro e del sacrificio”, allestita nelle sale del Castello Sforzesco nel febbraio 1946, e non a torto fu apprezzato e premiato. In tale occasione De Bellis conseguì l’ultimo riconoscimento della carriera, il “Premio Galleria Italiana d’arte” per il tema del lavoro: quel premio doveva essere interpretato come un buon auspicio, l’inizio di una stagione professionale foriera di sempre maggiori soddisfazioni e gratificazioni. Dei buoni risultati portò poi l’estate pugliese dello stesso anno, trascorsa tra Castellana e il mare di Monopoli, da cui trasse fonte di soggetti splendidi e suggestivi [198-202]. La contemporanea produzione di nature morte non è altresì semplice da ordinare cronologicamente: c’è da regolarsi sulla stagionalità dei frutti raffigurati (un discorso che oggi non si potrebbe più fare) e sulla considerazione che per soggetti del genere si lavorava in studio, quindi eseguiti di preferenza quando il pittore risiedeva a Milano [203215]. L’autunno entrante De Bellis ritrovò quello slancio di energia ed iniziative dei mesi antecedenti. Gli affari, per così dire, sembravano girare dal verso giusto, come testimoniano le lettere alla sorella stella, che facevano intuire quale aria nuova tirasse. Commovente in taluni punti: «Se il vestito non l’hai venduto, non lo vendere più, che me lo faccio io quando verrò; e per festeggiare bene il Natale, le 750 lire di rimanenza della botte, fai un bel piatto dolce, così i bambini sono più felici»70. In novembre gli artisti frequentatori del Craja allestiscono una mostra collettiva nel caffé dove si ritrovano, e vi organizzano un fantomatico premio che, provocatoriamente, non sarà assegnato da una giuria d’esperti, ma verrà estratto a sorte tra i partecipanti; per di più, il premio consiste in una cena offerta dal ristorante, in condivisione con tutti gli artisti e i critici. È in sostanza una presa di posizione polemica e un po’ goliardica contro certi meccanismi dei concorsi e dei premi artistici, e delle mostre a selezione, firmata da quest’allegra brigata di artisti dalle varie tendenze71. Vale la
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pena riportare i nomi degli “amici del Craja”, gli artisti firmatari, con De Bellis, del manifesto-invito al premio, utile riferimento delle frequentazioni del nostro artista: Bartolini, Bertucci, Cerrina, Colombo, Consadori, De Amicis, De Rocchi, Figini, Labò, Lilloni, Marzano, Massaro, Monti, Morelli, Nardella, Pepe, Reggiani, Rosti, Secchia, Spilimbergo, Taccani, Viviani e Zocchi. Con la casa invasa dai topi, i piccoli debiti e i grandi sacrifici, vi fu da parte del pittore castellanese un’attività artistica straordinariamente intensa, in quella ultima parte dell’anno. A tal riguardo si deve riflettere anche su un altro aspetto, non insignificante, della sua vita milanese, la sempre crescente passione per la musica, che lo aveva spinto fino all’incredibile acquisto, a rate, di un pianoforte, dove – anche allora da autodidatta – si esercitava sovente in brani di classica. Sergio De Bellis era un uomo capace di saltare dei pasti, per porre l’arte comunque al di sopra d’ogni altra sua esigenza. Le sue cose, in fondo, cominciavano a girare per il verso giusto; pazienza se all’imminente concorso per il paesaggio “Le quattro stagioni”, alla Galleria Italiana d’arte di via Agnello, non si è stati fortunati col sorteggio, per la pubblicazione delle opere sul catalogo della mostra e sul numero natalizio de L’Illustrazione Italiana. C’è qualche aspettativa per il premio, che sarà assegnato dalla giuria la mattina del 21 dicembre, cui seguirà nel pomeriggio l’inaugurazione. In giuria c’è Bonardi, c’è Tauscheck, c’è gente che stima l’artista pugliese, la voce fuori dal coro dei gruppi e dei movimenti. E tuttavia – avrà pensato il nostro – se non si dovesse vincere c’è sempre la possibilità di vendere. Siamo sotto Natale, e i collezionisti e gli amatori magari faranno qualche acquisto, perché no? La mostra ha avuto già tanto spazio sui giornali… All’inaugurazione, come è noto, mancò Sergio De Bellis, colpito poco prima da un infarto, cui inutilmente servirono i soccorsi. Morì durante il trasporto in lettiga, verso l’ospedale. Di avvisare la famiglia si prese carico la buona portinaia dello stabile, mentre la salma fu portata all’obitorio: giusto il tempo, per i pochi parenti che intervennero, di prepararsi, prendere il treno e organizzare il funerale. Prima ancora della famiglia furono gli amici del Craja a pubblicarne il necrologio, cui seguì, quattro giorni dopo, quello dei parenti72. Il funerale si tenne la domenica 29 dicembre 1946, alle nove e trenta della mattina. Di quell’evento si conserva un prezioso reportage fotografico, di cui si ignora l’autore: ma fu certo, se così lo volessimo intendere, un privilegio che si riservava alle persone famose e importanti, le cui foto venivano poi pubblicate nelle pagine di cronaca dei giornali. Quanta impressione, a scorrere quelle foto d’epoca in bianco e nero: la nebbia, il freddo73, una atmosfera che sarebbe piaciuta a Pasternak74, un gran bel funerale. Chi c’era, quella mattina a rendergli l’estremo saluto? La comunità degli artisti di Milano in gran rappresentanza: i chiaristi Lilloni, De Amicis, De Rocchi, i pugliesi Marzano e Speranza, e pure Fontana, Cascella, Viviani, Figini, Frisia, Melandri, Bellesia per fare qualche altro nome. C’era la delegazione comunista venuta apposta da Castellana, i critici e i collezionisti a lui più vicini, Zoffili e Bonfanti, con le rispettive mogli75. Quando il corteo cominciò a snodarsi dalla via del Bollo verso la chiesa,
ecco che si videro sfilare davanti a tutti gli addetti dell’impresa funebre Fusetti, poi le bandiere rosse con falce e martello, portate dai compagni pugliesi e milanesi. Dopo i comunisti, le corone e i preti di Sant’Alessandro, che precedevano il cataletto. Dietro il feretro, i pochi parenti e i molti amici milanesi. Di lì, dopo la messa, al Musocco. Un cortese impiegato dell’ufficio dei morti del Comune di Milano mi informò del seguito. La salma di Sergio De Bellis riposò nel Cimitero Maggiore fino al 10 ottobre 1959, allorquando vi fu la definitiva traslazione. Un degno sepolcro nel cimitero di Castellana accoglie oggi le sue spoglie. Permangono a noi le testimonianze vive delle sue opere, le quali ci raccontano, quando le ammiriamo, il genio che traduceva nei colori la poesia, la grazia di un’anima sensibile che nell’arte cercava la verità.
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Milano, sequenze del funerale di Sergio De Bellis, 29 dicembre 1946.
1 Da
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“La Stampa” del 28 febbraio 1898: De Bernardi A. – Guarracino S., La conoscenza storica. Settecento e Ottocento, vol. II, Bergamo, 2000, p. 488. Le carestie che imperversarono in quegli anni costituirono l’aspetto più visibile di una situazione di larghissimo disagio sociale, colpendo soprattutto i salariati e determinando un crollo del potere d’acquisto dei redditi familiari dei ceti medi e bassi, ed un aumento della disoccupazione; ma le cause remote della cosiddetta “crisi di fine secolo” erano riconducibili in parte alla spregiudicata politica finanziaria del governo Crispi, (il quale risolse i fallimenti delle banche private con una riforma del sistema bancario che permise di scaricare il peso dei debiti sui contribuenti) e in parte sugli sperperi della sciagurata avventura coloniale italiana in Africa orientale, cui la disfatta di Adua ne determinò la caduta. Cfr. Candeloro G., Storia dell’Italia moderna. La crisi di fine secolo e l’età giolittiana, vol. VII, Milano, 1974. 2 È da notare che nei registri comunali e parrocchiali il pargolo sia stato dichiarato col solo nome Nicola. Castellana, Archivio Comunale, Stato Civile, 1898: «De Bellis Nicola. L’anno 1898 addì 13 di marzo a ore anti meridiane 8 e minuti 50, avanti di me, Nicola Viterbo […] ufficiale Stato Civile del Comune di Castellana, è comparso Giuseppe Leone De Bellis di anni 42, contadino, domiciliato in Castellana, il quale mi ha dichiarato che alle ore pomeridiane 4 e minuti 15 del dì 11 [in realtà 8] del suddetto mese, nella casa posta in via Pascale al numero 16 da sua moglie Anna Maria Insalata di Nicola, contadina […] è nato un bambino di sesso maschile che egli mi presenta e a cui dà il nome di Nicola De Bellis». Vedi anche Castellana, Archivio parrocchiale di S. Leone Magno, Registri battesimali, 1898, n. 5953 (trascrivo dal latino): battezzato il 17 marzo dal proparroco Giovanni Silvestri l’infante nato l’8 marzo, alla 16ª ora in via Pascale dai coniugi Giuseppe Leone De Bellis fu Giovanni e da Anna Maria Insalata di Nicola, cui fu imposto il nome Nicola (Nicolaus). 3 Pellegrino N., Sergio Nicolò De Bellis (1898-1946) nel centenario della nascita in “Fogli per Castellana”, n. 14, 1999, p. 13. 4 Castelnuovo E. - Ginzburg C., Centro e periferia in “Storia dell'arte italiana”, vol. I, Torino, 1979, pp. 285-352. 5 Sia in Russo L., Il fascino dei paesaggi di Castellana rivive nell'arte di Sergio Nicolò De Bellis in “Tempi nostri”, 1955, che negli altri, Mazzarisi F., Ricordo di Sergio Nicolò De Bellis - Pittore castellanese in “Susasuso”, n. 7, 1995, p. 10-12, Id., Profilo di Sergio Nicolò De Bellis in “Susasuso”, n. 10, 1998, pp. 14-15, Piepoli P., Sergio Nicolò De Bellis in Castellana Grotte e il suo territorio. Guida storico-turistica, Fasano, 1997, p. 111, Levato C., La figura e l'opera di Sergio Nicolò De Bellis in “Fogli di periferia”, a. IX, n. 2, 1997, pp. 9-19 e Pellegrino N., cit., 1999, non viene espressa alcuna data certa. 6 «Sono nato a Castellana (Bari) quarant’anni fa, e da venticinque vivo a Milano»: così l’artista dichiara nel pieghevole d’invito della mostra personale alla Casa d’artisti di Milano, del febbraio 1941, contenente peraltro varie inesattezze, a mio avviso calcolate. Stando a tale dichiarazione e facendo un po’ di conti, dovremmo fare risalire il trasferimento a Milano al 1916, una data difficilmente plausibile e non suffragata da altra documentazione. Il pittore non è nuovo a queste piccole variazioni anagrafiche, tutte finalizzate a ringiovanirlo agli occhi del pubblico e della critica. 7 Luigi Russo (Monopoli, 1904-1992) fu una figura poliedrica e straordinaria della cultura pugliese del XX secolo, intellettuale, pittore, incisore, critico d’arte e di musica e uomo politico. Laureato in lettere a Napoli nel 1927, insegnò a lungo nei licei di Taranto, Conversano e Bari. Collaboratore dal 1929 de La Gazzetta del Mezzogiorno, in veste di critico d’arte e musicale, ed autore di numerose pubblicazioni sulla storia e su figure del mondo delle lettere e delle arti, fu vivace animatore della vita culturale ed artistica barese, negli anni trenta e quaranta e poi dal dopoguerra. Amico tra gli altri di Nino Rota e Onofrio Martinelli (cui si deve una buona parte dell’influenza artistica, particolarmente correlata alla produzione di nature morte), negli anni 1951-53 fu presidente del comitato organizzatore del Maggio di Bari, e promotore delle retrospettive dedicate a De Bellis del 1955 presso il Maggio di Bari e il Salone delle Grotte di Castellana. Senatore della Repubblica dal 1948 al 1976, prese parte alla VI Commissione Permanente (Istruzione Pubblica e Belle Arti), della quale fu per
NOTE
molti anni presidente. La lunga amicizia con Sergio De Bellis è documentata da un fitto carteggio conservato nell’archivio privato del nipote, Vito Saponara di Monopoli. Riguardo alla sua figura d’artista, vedi: De Venere L., Pittori e scultori a Bari negli anni ’30 e ’40, Bari, 1991, pp. 74-76; Pastore L. R., Luigi Russo e il “doloroso giuoco del dipingere” in “Fogli di periferia”, a. XI, nn. 1-2, 1998, pp. 12-26; Ead., Il sacro nell'arte di Luigi Russo, Bari, 2003; Giorgio M., Corrispondenza fra due artisti pugliesi del Novecento: Francesco Speranza di Bitonto e Luigi Russo di Monopoli in “Studi bitontini”, n. 72, 2002, pp. 131-138. 8 Russo L., cit., 1955; cfr. anche il Discorso del 2 ottobre 1955 pubblicato in questo volume. 9 E si potrebbe anche andare più indietro col tempo, a proposito di compaesani: vale il caso del pittore Vincenzo Fato (1705-1788), che da giovane andò a Napoli a imparare il mestiere. 10 Non è da annoverare il caso di Michele Martiradonna (1895-1971), il quale anche se già a Milano dal 1911 al 1915 ritornò a Bari alla fine del Conflitto (e definitivamente dal 1922), fcendo dunque parte del gruppo di artisti attivi in Puglia e restando sostanzialmente estraneo alle dinamiche artistiche milanesi di quegli anni. 11 Russo L., cit., 1955; cfr. anche il Discorso del 2 ottobre 1955 pubblicato in questo volume. 12 Aperto nel 1930 (arch. Baldessari – Figini – Pollini), distrutto nel corso degli anni sessanta. 13 Cfr. Marzano E., Ricordo in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 14 giugno 1955, testimonianza pubblicata in questo volume. 14 Sono anche anni, è utile rammentarlo, di drammatici avvenimenti politici: in tutta la penisola si consuma l’irreversibile tramonto del sistema liberale, tra le violenze e le devastazioni delle squadre fasciste. A Milano nell’agosto del 1922 gli squadristi arrivarono a incendiare la sede dell’Avanti, e ad occupare Palazzo Marino, costringendo l’amministrazione socialista a dimettersi. Cfr. Candeloro G., Storia dell’Italia moderna. La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l’avvento del Fascismo, vol. VIII, Milano, 1978. 15 Non va comunque dimenticata la presa di distanza di alcuni di loro per il richiamo al primitivismo e al giottismo: uscito sotto forma di volantino, il manifesto Contro tutti i ritorni in pittura, fece la sua comparsa l’11 gennaio 1920, e portava le firme di Sironi, Russolo, Funi e Dudreville. 16 Nella sua Storia della pittura moderna la Sarfatti fa cominciare il “Novecento” nel 1920, mentre la prima mostra ufficiale del gruppo si tenne alla Galleria Pesaro di Milano nel marzo 1923: Pontiggia E., “Novecento” milanese, Novecento Italiano in Pontiggia E. - Colombo N. Gianferrari C. (a cura di), Il “Novecento” milanese. Da Sironi ad Arturo Martini, Catalogo della mostra, Milano, 2003, pp. 9-21; cfr. anche Sarfatti M., Storia della pittura moderna, Roma, 1930, p. 125. 17 Una prima svolta critica sul giudizio del Novecento è in Ragghianti C. L. (a cura di), Arte moderna in Italia 1915-1925, Catalogo della mostra, Firenze, 1967; seguono Barilli R. Caroli F. - Fagone V., Anni Trenta, Catalogo della mostra, Milano, 1982, Pontiggia E., cit., 2003, in particolare pp. 9-54 e Pontiggia E. - Colombo N. (a cura di), Milano anni Trenta. L'arte e la città, Catalogo della mostra, Milano, 2004. 18 Scorrendo il catalogo dei dipinti è evidente la scarsità di testimonianze degli anni 192326, per cui il ragionamento critico proposto si fonda soprattutto sulle opere del periodo 192730. Già, ma perché il Novecento? Perché un ragazzo di vent’anni, catapultato nella metropoli senza una formazione precisa e giusto molte letture disordinate, poteva solo intuire, o affidarsi a quel movimento che in quel dato momento storico sembrava essere il più all’avanguardia (si fa per dire); la parabola futurista, tanto alla moda quando cavalcava l’onda dell’interventismo, e sempre sulla cresta per tutto lo sciagurato trascorso dell’avventura bellica dell’Italia, sembrava non trovare più largo consenso, nemmeno negli ambienti fascisti e dannunziani. Solo Novecento trionfava indisturbato per tutti gli anni venti, fino all’emergere delle fronde polemiche quali i Sei di Torino, la Scuola romana, fino a Corrente e ai Chiaristi lombardi.
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19 Di ciò De Bellis era consapevole. Scrive in una lettera a Luigi Russo il 25 novembre del 1927: « …non mi resta che chiederti scusa nel modo di scrivere. Ma tieni presente che per la mia educazione non si è consumato nessuna somma »; cfr. Epistolario. 20 Sereni di dentro come i pesci e gli uccelli, volgendo al plurale il verso d’un mio amico poeta, Francesco Guccini. 21 Micca Longo F., I Fotografi di Castellana in “Fogli per Castellana”, n. 12, Castellana Grotte, 1992, pp. 78-79. 22 In una chiave di lettura più scherzosa non si deve tralasciare il Ritratto di Francesco Francavilla a colazione [56]: una rappresentazione domestica che vuol essere una caricatura dell’amico, scrittore e giornalista al Corriere della sera, anche lui residente a Milano. 23 Taccone D., Foglietti per Castellana: l’igiene pubblica in “Fogli per Castellana”, n. 14, 1999, pp. 104-109. 24 Il fascino e la poesia della montagna conquista il viandante sensibile che vi si accosta per la prima volta, e ne resta preso per sempre; per chi non c’è mai stato e vorrebbe farsene un’idea, vale la pena ritornare su certe pagine de I promessi sposi o sul racconto del diacono Martino nell’Adelchi, atto III, scena IV. 25 La realtà di oggi non rispecchia più così fedelmente le suggestive vedute del pittore: buona parte del paesaggio dei dintorni di Castellana è ormai irriconoscibile, o sfigurato, a causa dell’intensa cementificazione intercorsa a partire dagli anni settanta del secolo scorso. 26 Morro C., Les artistes aux recent expositions in “Revue moderne”, 15 febbraio 1929; Maselli D., Il grande successo della mostra del pittore De Bellis in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 13 ottobre 1929. 27 Anche in questo caso i riferimenti possono essere innumerevoli, per cui ci limitiamo a pochi esempi: Claude Monet che si dedicò con costanza quasi ossessiva a certi soggetti paesaggistici, come la cattedrale di Rouen o le ninfee del suo giardino a Giverny, tanto da ispirare le ironie di un commentatore moderno («…tutto il tempo da borghesi perso a coltivar ninfee / senza mai capire gli uomini e le idee»); ma altrettanto si può dire di Giorgio Morandi, che nel chiuso dello studio di via Fondazza concentrava la sua visione del mondo nelle nature morte. Venendo ai contemporanei di De Bellis, raffinati interpreti di nature morte furono Luigi Russo e Onofrio Martinelli. 28 Pastore L. R., cit., 2003, p. 13. 29 Tornano alla mente i versi de L’amica di nonna speranza: «Loreto impagliato ed il busto d’Alfieri, di Napoleone / i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto), / il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti, / i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, / un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve, / gli oggetti col monito salve, ricordo, le noci di cocco, / Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po’ scialbi, / le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici, / le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature, / i dagherottipi: figure sognanti in perplessità, / il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone / e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto…». 30 È sufficiente fare una sommaria statistica sui soggetti di quegli anni destinati alle mostre, come pure è indicativa la scelta di partecipare a mostre a tema, come a Bologna nel 1927 o alla Mostra del Naviglio nel 1929. Infatti alla personale di Bari del ’29, tra paesaggi e vedute urbane si contano almeno 44 lavori su 75; le nature morte sono all’incirca 7. così, alla I Sindacale pugliese del 1930, l’opera scelta (perlomeno l’unica che si conosce) è Sereno autunnale, un paesaggio con masseria. Già alla Promotrice di Torino del 1928, Morro aveva ammirato i paesaggi, e aveva citato l’Agosto in Puglia. Infine alla I Quadriennale Romana del 1931 De Bellis inviò il dipinto Cascine di Lambrate. 31 In morte di Carlo Imbonati, vv. 208-209. 32 Pochi esempi indicativi per chiarire il discorso. I veneti del Rinascimento (Bellini, Cima, Lotto e non solo loro) amavano scrivere il proprio nome su un piccolo cartiglio spiegazzato, dalla non sempre agevole lettura. La firma di Bartolomeo Passerotti consisteva nella presenza di un passerotto nel quadro, così come una rosa valeva da firma del bitontino Carlo Rosa.
Caravaggio non firmava mai i suoi dipinti, eccetto la Decollazione di S. Giovanni Battista della cattedrale di Malta, ove è il sangue che sgorga dalla carotide recisa a dare forma alla firma, drammatico riferimento alle sue vicende biografiche. Van Gogh firmava solo col nome. Per passare agli artisti del secolo XX, Klimt e Schiele inserivano il proprio nome e cognome entro una cornice rettangolare. Kandinskij, Kokoschka, Mondrian apponevano soltanto le iniziali. E si potrebbe continuare ancora per molto. Non è questa la sede per analizzare tal particolare aspetto della personalità degli artisti, che meriterebbe senz’altro degli studi specifici. Per quanto ci riguarda, è essenziale chiarire come pure lo stile della firma sia un elemento di cui tenere conto nell’analisi dell’evoluzione artistica di De Bellis. 33 Della descrizione che segue, si ritrova il riscontro più dettagliato nei cataloghi dei dipinti e delle opere grafiche. 34 Micca Longo F., cit., 1992, pp. 78-79. 35 Non va infine dimenticato lo pseudonimo Nicò col quale firma alcuni disegni per il settimanale per ragazzi Il Novellino, nel 1935. 36 In Russo L., Un pittore novecentista in “La Gazzetta del lunedì”, 16 novembre 1929, p. 3, viene pubblicata l’immagine del Pensieroso (alias Figura) con la titolazione in didascalia “La partenza”. A mio avviso si dovette trattare di un refuso, probabilmente originato dalla scelta di pubblicare una tra più foto relative ai dipinti di De Bellis, una dei quali raffigurante il vero quadro de La partenza. Pertanto tale soggetto è stato alla fine catalogato tra le opere non rintracciate. 37 Il giovane De Bellis si impiegava all’occorrenza da piscinìn, cioè da garzone, aiutante nei lavori di fatica. Una volta stava prestando il suo aiuto nel montaggio di una grande vetrina ad un negozio; il capo, in piedi su una sedia, stava sollevando il vetro per sistemarlo, quando, accortosi dell’instabilità della sua posizione, gli grida: «Ciàpa la cadrega! Ciàpa la cadrega!» (acchiappa, tieni ferma la sedia). De Bellis non capì e un secondo dopo il suo principale rovinò con tutto il vetro, che andò in frantumi. Testimonianza (10 luglio 2006) della moglie del pittore Leo Spaventa Filippi, uno dei suoi amici artisti più vicini. 38 Cfr. in proposito la testimonianza di Antonio Zoffili pubblicata in questo volume. 39 Morro C., cit., 1929. 40 Persico E., Scritti critici e polemici, Milano 1947, p. 73, ed. postuma a cura di A. Gatto. Vedi anche Pontiggia E., L’aurora lombarda. Il Chiarismo negli anni Trenta in Ead. (a cura di), Il Chiarismo, Milano, 2006, p. 57. 41 Pastore L. R., cit., 2003, pp. 9-31. 42 Maselli D., cit., 1929; il testo è ripubblicato in questo volume. 43 Cfr. Pontiggia E., Le mostre sindacali lombarde negli anni trenta in Ead. – Colombo N., cit., 2004, pp. 291-302, e Giudici L., Le mostre sociali negli anni trenta in Ibidem, pp. 303304. In quest’ultimo saggio l’autrice sbaglia quando indica Vellani Marchi quale vincitore del Premio Malerba per il disegno, nel 1939; in realtà il premio fu vinto proprio da De Bellis, come del resto è ampiamente documentato nel presente volume (vedi Cronologia e Catalogo delle opere grafiche). Come si vede, per incredibile sfortuna l’artista castellanese non è riuscito a beneficiare di una citazione, ancorché dovuta, in un volume di studi sull’arte a Milano di quel periodo. 44 Marzano E. cit., 1955. 45 Bucci V., Sette pittori moderni in “Corriere della Sera”, 2 marzo 1928. Carlo Carrà (18811966) sul finire degli anni venti lavora con particolare intensità allo studio del paesaggio e delle composizioni di figure, ambientate in interni spogli o in esterni altrettanto nudi ed essenziali, ancora riecheggianti le precedenti esperienze metafisiche. All’attività artistica diretta vi affianca la collaborazione all’Ambrosiano, quotidiano milanese, di cui redige le recensioni sulle mostre. Della nutrita bibliografia sulla sua opera pittorica, si segnalano, a titolo indicativo, i seguenti: Longhi R., Carlo Carrà, Milano, 1937; Carrà M., Carrà, tutta l’opera pittorica, Milano, 1967-68 (con bibliografia completa); Id. (a cura di), Carrà C., Tutti gli scritti, Milano, 1978; Marescalchi P., Carlo Carrà in Barilli R. - Caroli F. - Fagone V., cit., 1982, p. 503.
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46 Carrieri R., Tosi, Milano, 1972 (ma lo scritto è del 1938), p. 11. Arturo Tosi (1871-1956) è da considerarsi un pittore continuatore del naturalismo lombardo romantico e scapigliato, autorevolmente estraneo alle esperienze delle avanguardie e pertanto inquadrato nella definizione piuttosto ristretta di “post-impressionista”. In virtù dell’amicizia con la Sarfatti si era avvicinato, senza molta convinzione, al Novecento, entrando perfino a far parte del comitato direttivo del movimento. Vedi anche: Scheiwiller G., Arturo Tosi, Milano, 1942; Argan G. C., Tosi, Firenze, 1942; Ragghianti C. L., Tosi, Catalogo della mostra, Firenze, 1967; Marescalchi P., Arturo Tosi in Barilli R. - Caroli F. - Fagone V. cit., 1982, pp. 534-535. 47 Altro dato non trascurabile, una sala della Biennale dedicata a Klee e Kandinskji: a prescindere dalla poetica astrattista, non doveva restare inosservato il forte messaggio che dalle loro opere traspariva, cioè il valore del colore, liberato dalla forma, quale veicolo di lirica espressione. 48 Secondo don Nicola Pellegrino si devono riconoscere nei due personaggi il pittore stesso, in primo piano, seguito dal maestro Pietro Lanzilotta: Pellegrino N., cit., 1999, p. 20. 49 Morro C., cit., 1929. 50 Maselli D., cit., 1929. 51 Luigi Russo ricordava i giorni che De Bellis trascorreva nello studio dei cavalli presso un maneggio di carabinieri, verosimilmente quello della caserma di via Machiavelli a Milano. Dagli appunti che prendeva poi ricavava dei soggetti molto spesso ambientati nella campagna pugliese, come nel Paesaggio delle Murge [94] presentato al Premio Puglia nel 1939: Russo L., Il fascino dei paesaggi di Castellana rivive nell'arte di Sergio Nicolò De Bellis in “Tempi nostri”, 1955, testimonianza pubblicata in questo volume. 52 Leonardo Spaventa Filippi, pittore ed illustratore formatosi a Brera, partecipò alla vita artistica lombarda e nazionale condividendo molte esperienze comuni ed una lunga amicizia con De Bellis e con altri pittori della cerchia milanese. Fu anche un gustoso narratore, nella sua raccolta autobiografica pubblicata in occasione di una personale del 1996 alla Galleria Ponte Rosso di Milano: Spaventa Filippi L., Racconti coloriti da un pittore, Galleria d'arte Ponte Rosso, Milano, 1996. Luigi Melandri, noto come prolifico illustratore per diverse case editrici tra gli anni venti e quaranta, realizzò anche un dipinto raffigurante l’amico De Bellis, del 1927, conservato nella collezione del Comune di Castellana: Pallottino P., Luigi Melandri in Barilli R. - Caroli F. - Fagone V., cit., 1982, pp. 593. Brunetta (Bruna Moretti Mateldi) fu illustratrice di largo respiro e collaborò a testate nazionali ed internazionali, quali Corriere dei piccoli, La Stampa, L’Espresso, Vogue, Elle, Harper’s Bazaar. Notevole fu anche la sua attività di pittrice, con mostre personali in tutto il mondo: Pallottino P., Brunetta in Ibid., pp. 582-583. Ubaldo Cosimo Veneziani fu illustratore, pittore e acquafortista, ricordato dalla Pallottino per «il caratteristico segno pulviscolare che materializza le figure calamitando i tratti spezzati»: Pallottino P., Ubaldo Cosimo Veneziani in Ibid., p. 604. 53 Nel primo numero compaiono alcune caricature di volti noti castellanesi, accompagnati da componimenti scherzosi in versi semplici e acrostici. C’era anche una poesia dedicata al pittore, ripubblicata in questo volume: Sabbatelli V., Il pittore De Bellis in “Il Cardo”, Putignano, 1938, p. 2. 54 Le personali potrebbero essere tre, se includessimo quella del 1941 alla Galleria Nova di via della Spiga: ma è quasi per niente documentata, risultandomi la sola menzione di Cerrina nel pieghevole d’invito alla retrospettiva del 1947. Di conseguenza, i casi sono due: o si tratta di una svista di Cerrina, o si trattò di un allestimento di scarsa importanza, dal momento che non se ne fa alcuna menzione nei documenti né nelle fonti. 55 Paradiso, XVII, 68-69. 56 De Venere L., cit., 1991, p. 74. Sconcertano tuttavia nella lista dei pittori alcuni nomi: qualche mediocrità presente e diverse illustri assenze. 57 Costantini V., Milano: la VI mostra del sindacato lombardo in “Emporium”, a. XLI, n. 6, giugno 1935, pp. 398-401; Id., Milano: l'esposizione sociale alla Permanente milanese in “Emporium”, a. XLII, n. 1, gennaio 1936, p. 41; Id., Milano alla Permanente in “Emporium”, a. XLIII, n. 2, febbraio 1937, pp. 114-115; Id., Milano: la prima mostra pro-
vinciale in “Emporium”, a. XLIII, n. 11, novembre 1937, p. 615; Id., Milano: la IX Mostra sindacale in “Emporium”, a. XLIV, n. 7, luglio 1938, pp. 57-58; Id., Milano alla Permanente in “Emporium”, a. XLV, n. 1, gennaio 1939, p. 47; Id., Mostra Sociale e Seconda Sindacale in “Il Popolo d'Italia”, 26 maggio 1940, p. 3; Id., Mostra Sociale e Seconda Sindacale in “Il Popolo d'Italia”, 26 maggio 1940, p. 3; Id., Gallerie italiane d'arte moderna: la galleria di Milano in “Emporium”, a. XLVII, n. 3, marzo 1941, pp. 105-116; V. R., Note d'arte: il pittore Sergio De Bellis in “Il Sole”, 17 febbraio 1938; Bonardi D., Imponente panorama dell'arte lombarda in “La Sera”, a. XIV, 21 febbraio 1936, p. 3; Id., Sergio De Bellis in “La Sera”, 16 febbraio 1938, p. 3; Id., La Mostra sociale della Permanente: rigoglioso fiorire dell'Arte lombarda in pittura, scultura e bianco e nero in “La Sera”, 10 novembre 1939, p. 3; Id., La Mostra nazionale sindacale al Palazzo dell'arte di Milano in “Cultura moderna”, a. L, 1941, pp. 3-11; Id., Mostre d'arte: Sergio De Bellis in “La Sera”, 28 febbraio 1941; N. N. (Torriano P.), Recensione in “L'Illustrazione italiana”, a. LXV, n. 9, 27 febbraio 1938, p. VII; N. N., Concorso Nazionale del Paesaggio Pugliese. Gli artisti ammessi alla Mostra in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 9 giugno 1939, p. 5; N. N., Mostre d'arte: quattro pittori in “Il Popolo d'Italia”, 10 maggio 1941; N. N. (Piovene G.), Artisti che espongono: Sergio De Bellis in “Il Corriere della sera”, 28 febbraio 1941; Carrà C., Cronaca delle mostre: Sergio De Bellis in “L'Ambrosiano”, 2 marzo 1938, p. 8; Amendola A., Dove c'è veramente un po' di Puglia in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 15 luglio 1939, p. 3; Nebbia U., La mostra dei sindacati a Milano in “Emporium”, a. XLVII, n. 7, luglio 1941, pp. 3-36. 58 Per la precisione, negli anni trenta aveva ricoperto il ruolo di vicedirettore della scuola di pilotaggio della Breda, passando successivamente alla Isotta Fraschini dove fu ‘ingegnere di officina’. 59 Zoffili fu anche animatore e presidente di un circolo artistico, l’Esagono, e promotore di varie mostre a Milano negli anni del secondo dopoguerra. 60 Fu proprio la lingua mordace, o un chissà quale giorno di luna storta, a causare un momentaneo raffreddamento dei rapporti con Russo, un pomeriggio d’estate del 1941. Nell’occasione De Bellis era venuto a Monopoli con Leo Spaventa Filippi, per visitare l’amico nel suo atelier; guardando alcune tele di recente produzione l’artista castellanese fece delle osservazioni che dispiacquero a Russo. L’episodio è raccontato in uno scritto del senatore di molti anni dopo, inedito, pubblicato in questo volume. 61 Lettera a Mario Zoffili del 25 agosto 1945, pubblicata nell’Epistolario. 62 La raccolta di testimonianze di chi ha vissuto certi fatti è un esercizio fondamentale per chi si occupa di storia contemporanea, e per dirla con Alfredo Germont, croce e delizia dei ricercatori. Nel nostro caso, chi scrive ha iniziato ad occuparsi del pittore castellanese solo dal 1999, quando già erano scomparse tante persone che gli erano state vicine, due fra tutte, la sorella Stella e il senatore Luigi Russo. È andata così, e pazienza; vale la pena consolarci che almeno qualcosa, col presente lavoro, s’è fatto per preservare la memoria della sua arte. Le persone da cui ho ricavato le rarissime testimonianze dirette sulla biografia di De Bellis (non solo riguardanti l’impegno politico, ma aneddoti della sua vita in generale), intervistate tutte tra il 2000 e il 2006, sono le seguenti: Teresa Campanella, Nicola De Bellis, Angelo Domenico Lanzilotta, Antonio Sgobba, Maria Teresa Spaventa Filippi, i fratelli Giselda, Antonio e Marcello Zoffili. A tutte queste persone va la mia grata riconoscenza per la preziosa collaborazione. 63 Scrittrice, militante anarchica e femminista, Leda Rafanelli (1880-1971) fin da giovane si interessò alla questione sociale. Nata a Pistoia e trasferitasi ad Alessandria d’Egitto con la sua famiglia, in Egitto conobbe un giovane anarchico toscano, Luigi Polli, suo futuro marito. Nel 1907 iniziò una proficua intesa anche amorosa, con Giuseppe Monanni, attraverso “Vir” rivista di propaganda anarchica (Firenze, 1907-1908). Attorno al 1908 si trasferì a Milano insieme con il compagno Monanni, un’unione che durò fino a metà degli anni Trenta. Nel 1910 diede alla luce il suo unico figlio: Marsilio Monanni (Aini, “occhi miei” in lingua araba). Milano divenne la loro città di adozione: qui con Ettore Molinari e Nella Giacomelli fece parte del gruppo redazionale della “Protesta umana” (1906-1909). Con il compagno
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Monanni diede vita ad una rivista politico-letterario-individualista “La sciarpa nera” (19091910); iniziarono insieme l’attività editoriale creando la Società Editoriale Milanese (1909) ed in seguito la Libreria Editrice Sociale, la Casa Editrice Sociale, la Casa Editrice Monanni. Leda, amica di Filippo Turati e Pietro Gori, frequentò per un certo tempo anche Carlo Carrà, divenendone poi fiera avversaria quando questi aderì al nazionalismo interventista. Altrettanto drastica la rottura con Benito Mussolini che aveva creduto “uno dei pochi socialisti che dimostrano ancora di credere nella rivoluzione”. Costante fu, in questi anni, il suo impegno nel movimento anarchico, nel movimento sindacale ed in quello femminile, energica la sua attività antimilitarista, anticlericale, anticoloniale. Parallelamente, altrettanto dinamica fu la sua opera di scrittrice, sia nel versante della protesta sociale, della propaganda anarchica e dell’impegno politico, sia in quello della narrativa, nella quale si cimentò con la pubblicazione di romanzi, racconti, poesie, prose ritmiche e fiabe per ragazzi. Dagli inizi degli anni venti o poco prima si inquadra la lunga amicizia con Sergio De Bellis. Un profilo critico della sua complessa personalità sta in: Dizionario biografico degli anarchici italiani, Leda Rafanelli, Pisa, 2004 (con bibliografia completa); vedi anche Italiano G., Leda Rafanelli un’anarchica femminista, tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche, a.a. 1996-97. 64 Il manoscritto autografo, conosciuto anche col titolo “Frammento su Dio” è conservato presso la Biblioteca civica “Giacomo Tauro” di Castellana Grotte, insieme ad altri manoscritti e dattiloscritti dell’artista (collocazione: cartella D-II-a-2/64). La trascrizione del documento è di Marco Lanera: «… Come si può pensare che un [Dio miseri]cordioso, che tutto comprende e tutto perdona, resta impassibile alle loro sofferenze in vita e dopo la morte; e crea i supplizi più crudeli e più raffinati; e consola il suo cuore vendicativo allo spaventoso spettacolo della sofferenza. [Ma] solo chi è arido di cuore può concepire Idoli tanto assurdi. Si rinfaccia[no] agli uomini i peccati commessi. E pensare che quasi [d]ella totalità dei peccati commessi dagli uomini il maggiore responsabile è chi li ha fatto [= fatti] come sono. È come una casa che ne piove dal tetto e si punisce chi è andato ad abitarla e non chi la [= l’ha] costruita: poiché la casa fà [sic] acqua non per manomissione, ma per difetto d’origine. E allora dov’è la misericordia? Se Dio tutto può, perché non pone un rimedio a tutto ciò dopo gli esperimenti negativi di migliaia di secoli? La verità è che nell’altra vita l’uomo si sperde descrivendo ciò che non sa… e non saprà mai. Vorrei accennare alle prime manifestazioni che [= cui] si è soggetti dopo morti ma… le forze [concrete? concessime?]». Databile a mio avviso tra 1943 e 1945. Nella biblioteca di Castellana si conservano diversi documenti autografi ed altri che lo riguardano. Tra i vari documenti vi sono sei racconti del De Bellis, alcuni manoscritti e altri dattiloscritti, non datati. Nell’ordine cronologico elaborato dal Lanera, sono i seguenti: 1) La donna velata, ms. incompleto (edito in “La Forbice”, a. XXIV, n.101, aprile 1998, p. 8); 2) I cavallini di zucchero, datt. (edito nel multimediale: Levato C., Per… Sergio Nicolò De Bellis, 1998); 3) Una donna di carattere, ms.; 4) Un ritorno insperato, ms. (edito in “Il Bullone”, Putignano, 1971, pp. 6-7); 5) Una gita, ms. incompleto; 6) Un sogno, ms. (edito in “Fogli per Castellana”, n. 3, 1971, pp. 5-10). Non è questa la sede per una adeguata valutazione della frammentaria produzione narrativa del pittore castellanese, ma si tratta senz’altro di un dato ulteriormente indicativo della multiforme creatività dell’artista, impegnato a misurarsi e a sperimentare nuovi canali espressivi e di comunicazione. In diverse occasioni De Bellis confidò a Russo del suo desiderio d’esprimersi, e della difficoltà a trovare le parole giuste. Cfr. nell’Epistolario la lettera del 25 novembre 1927: «Come è angoscioso sentire il bisogno di dire mille cose buone e non riuscire a dirne una. – Beati voi letterati – che potete (se volete) farne del vostro cuore uno specchio». 65 Adelchi, atto IV, scena I, 210. 66 Vedi la lettera dell’avvocato Sergio Papeschi a Giovanni De Bellis del 28 dicembre 1946, pubblicata in questo volume. 67 Mazzarisi F., cit., 1995, p. 11; Id., cit., 1998, p. 14. 68 Putti E., Malinconia di un esilio in “La città e il suo poeta: Castellana: Carlo Francavilla”, Manduria, 1988, pp. 73-78.
69 Non è ben chiaro in quale data pur approssimativa De Bellis sia tornato a Milano, o comunque in Lombardia, perché sul retro d’un suo dipinto, gli Scavi presso la Curia di Bergamo [183], si legge chiaramente una data, incredibile e curiosissima: aprile 1945. Dunque, il pittore castellanese si trovava a Bergamo in quel cruciale momento della storia, e quando esattamente? prima della liberazione, o subito dopo? La data del quadro contraddice il fatto che il pittore fosse ancora impegnato nella scuola media di Castellana, ad anno scolastico non ancora finito. Altro aspetto non trascurabile, con quali mezzi si sarebbe spostato per più di mille kilometri? Mi auguro che ulteriori ricerche in futuro possano aiutare a chiarire questi interrogativi. 70 Lettera alla sorella Stella non datata, all’incirca del 14-17 dicembre 1946, pubblicata nell’Epistolario. 71 L’inaugurazione della mostra si tenne il 23 novembre 1946, alle ore 17, presso il caffé Craja in piazzetta Filodrammatici. Sul foglio d’invito vi era scritto, tra l’altro, a proposito dell’estrazione a sorte del premio: «Sarà la sorte più giusta ed imparziale delle varie giurie dei numerosi premi che imperversano nelle contrade della penisola? Gli artisti se lo augurano, certi ad ogni modo che la mancanza di melanconie inevitabili ad ogni umana decisione di merito basata sul gusto e sulle tendenze, servirà a cementare sempre più quella concordia e quella cordialità che regnano nelle discussioni spesso animate e tempestose delle loro quotidiane riunioni». Vedi anche la lettera a Luigi Russo del 22 novembre 1946, pubblicata nell’Epistolario. 72 I necrologi uscirono rispettivamente il 24 e il 28 dicembre 1946, sulle pagine del Corriere della Sera, ripubblicati in questo volume. 73 N. N., 7 sotto zero ieri in città in “Il nuovo Corriere della sera”, 24 dicembre 1946, p. 2; nei giorni successivi il termometro non registrò sensibili aumenti della temperatura. 74 «I passanti facevano largo al corteo, contavano le corone, si segnavano. I curiosi, mescolandosi alla fila, chiedevano: “Chi è il morto?”. La risposta era: “Zivago”. “Ah! Allora si capisce”. “Ma non lui. La moglie”. “È lo stesso. Dio l’abbia in gloria. Gran bel funerale.”»: è l’incipit del capolavoro di Boris Pasternak, Il dottor Zivago, ed. it. Milano, 1957 (traduzione di Pietro Zveteremich). 75 Trascrivo di seguito l’elenco delle firme di partecipazione al funerale del pittore (documento conservato nell’archivio privato Michele Intini a Castellana): Piccioli G. Luigi, Ghizzoni Francesco, Maria Villa, Elvira Crotti, Carlo Vento, Ugo Piattina, [illeggibile], Aristide Fiorini, Rolando Ariani, Pasquale Panattoni, Bottarelli, Pino Agostinelli, Angela Agostinelli, Ferdinando Faruffini, Giuseppe Galli, Michelina Ferrari ved. Maggi, Clelia Cipriani, Ennio Marzano, Ing. Mario Zoffili, Maria Appiani, Dante Masini, Marcella Gulli, Paride Vela, Gambetti, …Russi, Vito Longo, Giuseppe Longo, Giuseppe Raimondi, Gonnella, Savio Zoppetta, Carlo Sessa, Vittorio Viviani, Daniele Fontana per la Famiglia Artistica, Zanghi, Giuseppe Viganò, F. De Rocchi, Lilloni, Restellini, Amleto Secchia, Fam. Cavallari, [illeggibile], Vito Loprete, Salvatore Leovati, Guido Volpi, Picozzi, G. Colognese, Luigi Inzucchi, Augusto Durini, Del Giunta, Regina Bracchi, Luigi Melandri, Carlo Pagani, Arnaldo Ronchi, Silvio Bonfanti, Luigi Savicchio, Tullia Bonfanti, Alberico Chiesa, Daria Sellerio, V. Bresciani, Tullio Figini, Giuseppina Berta Lazzoli, Giuseppe Grassini, Ersilia Manaresi, Antonio Mario Vago, V. Garbagnati, Filippo Pedote, Leonardo Garbagnati, Enrico Marasse, Maria Zoffili, Ugo Carreca, Giuseppe Cerrina, Donato Frisia, G. Cantoni, Luigi Sanpatò, Sergio Bertocchi, A. Verona, Emma Zorda, Ernesto Tomassi, Scultore Restelli, Arduino Nardella, Giuseppina Nardella, Romano Di Massa, Stefano Cerruti, Sandro Colonilo, [illeggibile], Michele Cascella, Morelli, Vittoria Martolini, C. Zanni, Cesare Monti, Francesco Speranza, C. Fortunato Rosti, [illeggibile], Augusto Scardelli, Ugo Robusti, G. Fortunelli, [due illeggibili], G. Azzini, Bolognesi, Gian Fedele Lario, Giovanni Pellegrini, Gaetano de Nittis, Bonomelli, Francesca Sabatelli, Beatrice Gironi, Giuseppe Mastrosimini, Angelo…, M.° D. A. Veronesi, Carlo Bellesia, Rag. Domenico Aranisi. Dell’elenco, riportato nell’ordine di registrazione, sono indicati in corsivo i nomi degli artisti.
45
DIPINTI
47
Il profeta Elia incoraggiato dall’angelo a partire, 1917
Re Davide rimproverato dal profeta Nathan, 26 gennaio 1917
1
48
2
DIPINTI
Bozzetto di scenografia: capriccio con rovine, 1918-24
Esercizio decorativo: paesaggio con motivo di farfalle, 1918-23 3
49
4
Ritratto della madre Anna Maria Insalata, 1923
Telero scenografico, 1921-23
5
50
6
DIPINTI
Masseria, 1924
Ritratto del padre Giuseppe Leone De Bellis, 1923 7
51
8
Ritratto del cognato Domenico De Leonardis, 1925
Castellana, largo Porta Grande, 1927
9
52
10
DIPINTI
Paesaggio lombardo, 1925
Ritratto della sorella Teresa, 1925 11
53
12
Il Castello di Marchione, 1926-30
Ritratto della sorella Stella, 1926
13
54
14
DIPINTI
Il Castello di Conversano, 1927
Autoritratto, 1927 15
55
16
Veduta di Castellana dalla Madonna della Grotta, 1928
Panorama di Fasano dalla discesa della Selva, 1927
17
56
18
DIPINTI
Natura morta con arance e mele cotogne, 1928
Natura morta con mele cotogne e statuetta raffigurante un leone, 1928 19
57
20
Prime luci, 1928
Figura (Pensieroso?), 1928
21
58
22
DIPINTI
Strada campestre (Castellana, contrada la Cupa), 1928
La chiesa di San Giuseppe a Castellana sotto la neve, 1928 23
59
24
Le Grazie del naviglio, 1928-30
Crisantemi, 1928
25
60
26
DIPINTI
Campagna lombarda, 1929
Autoritratto, 1929 27
61
28
Milano, corso Buenos Aires, 1929
Milano moderna: Porta Venezia, 1929
29
62
30
DIPINTI
Scorcio di villa lombarda, 1929
Naviglio milanese, 1929 31
63
32
Campagna di Castellana, contrada Genna (II), 1929
Campagna di Castellana, contrada Genna (I), 1929
33
64
34
DIPINTI
Panorama di cittĂ (Taranto?), 1929
Campagna di Castellana, panorama dalla villa comunale, 1929 35
65
36
Sereno autunnale (prima versione), 1929
Veduta di Monopoli dal mare, 1929
37
66
38
DIPINTI
Paesaggio innevato, 1929 [recto]
Sereno autunnale (II versione), 1929 39
67
40
Castellana, veduta di viale Virgilio, 1929
Castellana, veduta dell’arco Pascale dal balcone di casa, 1929 [verso del precedente]
41
68
42
DIPINTI
Strada campestre (Castellana, contrada La Cupa), 1929
Paesaggio pugliese con case rurali, 1929 43
69
44
Ritratto di bambino dal berretto rosso, 1930 [recto]
Sacro Cuore di Ges첫, 1930
45
70
46
DIPINTI
Paesaggio lombardo innevato, 1930
Schizzo di paesaggio lombardo, 1930 [verso del precedente] 47
71
48
Natura morta con pernici, 1930
Natura morta con conchiglia e girasoli, 1930
49
72
50
DIPINTI
Natura morta con uva e crisantemi, 1930
Natura morta con uva, arance e banana, 1930 51
73
52
Cascine di Lambrate, 1930
Natura morta con aragoste, 1930
53
74
54
DIPINTI
Francesco Francavilla a colazione, 1930-34
Panorama di Castellana dalla collina del cimitero, 1930 55
75
56
Interno della cattedrale di Conversano, 1930-35
Castellana, il cancello della masseria Serritella, 1930-35
57
76
58
DIPINTI
Natura morta con piatto, damigiana e mele cotogne, 1931
Paesaggio lombardo, 1930-35 59
77
60
Scorcio lombardo con lavandaia, 1931
Uomini in cammino, 1931
61
78
62
DIPINTI
Paesaggio, 1932
Scorcio lombardo con casa a ballatoio, 1931 63
79
64
Ritratto del padre Giuseppe Leone De Bellis, 1933
Paese lombardo, 1932-38
65
80
66
DIPINTI
Case a Gorla, 1934
La Spezia dalla Dogana, 1933 67
81
68
Luciano, 1934
Il naviglio di via Vallone, 1934
69
82
70
DIPINTI
Paesaggio milanese, 1935
Il ponte, 1935 71
83
72
Castellana, veduta del Casalicchio, 1935-38
Paesaggio brindisino (con natura morta), 1935-37
73
84
74
DIPINTI
Natura morta metafisica, 1936
Paesaggio pugliese con masseria, 1935-46 75
85
76
Cavalli, 1936-38
Cavalli all’abbeverata, 1936
77
86
78
DIPINTI
Bagnante, 1937
Bozzetto di paesaggio, 1936-46 79
87
80
Paesaggio con masseria, 1937-46
Nudo femminile, 1937-38
81
88
82
DIPINTI
Veduta di Castellana dall’incrocio tra via Selva e via Madonna della Grotta, 1937-46
Castellana, la chiesa della Madonna della Grotta, 1937-46 83
89
84
La battaglia di Civitella (anno 1053), 1938
Vaso di rose bianche, 1938
85
90
86
DIPINTI
Castellana, veduta di Largo Porta Grande, 1938-43
Bozzetto raffigurante scena di battaglia, 1938-40 87
91
88
I giardini di Villa Reale a Milano, 1938-46
Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1938-43
89
92
90
DIPINTI
Veduta di Monopoli con uomini al lavoro, 1939
Marina di Polignano, 1939 91
93
92
Paesaggio delle Murge, 1939
Doppio ritratto di Mariuccia e Andrea, 1939
93
94
94
DIPINTI
Quattro leoni, 1939-41
Leoni a caccia, 1939-41 95
95
96
Castellana, prospettiva di via Caroseno dall’angolo della chiesa, 1940
Paesaggio pugliese con masseria, 1940
97
96
98
DIPINTI
100
Castellana, il Caroseno visto da via Poerio, 1940
La Curia badessale di Castellana, 1940 Castellana, Palazzo Comunale 99
97
102
Pesci, 1940
Alberobello, 1940
101
98
DIPINTI
104
Monopoli dal mare (il lido Bianco), 1940
Monopoli dal molo del faro, 1940
103
99
106
Cachi, 1940
Marina di Monopoli, 1940
105
100
DIPINTI
108
Bambina in blu, 1940
Natura morta con cachi e uva, 1940
107
101
Natura morta con uva, pere, brocca rovesciata e coltello, 1940-46
Ritratto della madre, 1940-44
109
102
110
DIPINTI
112
Natura morta con boccale, 1941 [recto]
Pera, 1940-46
111
103
Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1941
Castellana, prospettiva di via Mazzini dalla piazza Garibaldi, 1941 [verso del precedente]
113
104
114
DIPINTI
116
Natura morta con pere e bicchierino, 1941
Castellana, strada rurale (via La Cupa?), 1941
115
105
Fiori (trombini), 6 marzo 1942
Autoritratto, 1942
117
106
118
DIPINTI
Castellana, prospettiva di via Brennero dalla scalinata, 1942 [recto]
Leone solitario, 1942
119
107
120
122
Composizione marinara: alici, cozze e limone, 1942
Natura morta con pesci, 1942 [verso del precedente]
121
108
DIPINTI
124
Natura morta con uva e pera, 1942
Piatto d’alici con limoni, 1942
123
109
126
Strada rurale, 1942
Lisa, 1942
125
110
DIPINTI
128
Monopoli dal molo dal faro, 1942
Strada rurale, 1942
127
111
130
Copia della Madonna degli Alberelli di Giovanni Bellini, 1942
Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1942
129
112
DIPINTI
132
Paesaggio pugliese, 1942-4
Paesaggio castellanese, 1942
131
113
134
Scorcio lombardo con pompa di benzina, 1943
Veduta di Castellana da sud-est, 1942
133
114
DIPINTI
130
Piatto d’uva, 1943
Natura morta con uva e melagrana, 1942-46
135
115
138
Paesaggio pugliese, 1943
Collina di terra rossa, 1943
137
116
DIPINTI
140
Vaso di fiori, 1943
Marina, 1943
139
117
142
Autoritratto, 1943
Ritratto di Antonio Gramsci, 1943
141
118
DIPINTI
144
Paesaggio castellanese: il Convento degli Alcantarini, 1943
Ritratto della madre Anna Maria Insalata, 1943
143
119
146
Paesaggio rurale, 1943
Paesaggio rurale, 1943
145
120
DIPINTI
148
Paesaggio rurale con trullo, 1943
Cavallo con masseria, 1943
147
121
150
Veduta di Castellana da via Gravinella, 1943?
Veduta di Castellana da nord-est, 1943
149
122
DIPINTI
152
Paesaggio rurale castellanese, 1943?
Paesaggio rurale verso il mare, 1943
151
123
154
Querceto, 1943
Paesaggio rurale con casolare, 1943
153
124
DIPINTI
156
Veduta di Castellana da via Gravinella, 1943-44
Campagna di Castellana, veduta della masseria di Genna, 1943
155
125
158
Adorazione, 1944
Veduta di Castellana dalla collina del cimitero, 1944
157
126
DIPINTI
160
Paesaggio rurale con case e muretti, 1944
Uva, 1944
159
127
162
Natura morta con fragole, 1944
Veduta di Castellana, 1944
161
128
DIPINTI
164
Tratturo, 1944
Paesaggio rurale, 1944
163
129
166
Guantiera di dolci, 1944
Buoi nella stalla, 1944
165
130
DIPINTI
168
Uva appassita, 1944
Natura morta con ciliegie, 1944
167
131
170
Ritratto del nipote Michele Intini, 1944 [verso del precedente]
Ritratto della madre Anna Maria Insalata, febbraio 1944 [recto]
169
132
DIPINTI
172
Ritratto del nipote Pin첫 Intini, 1944
Ritratto del nipote Michele Intini, 1944
171
133
Paesaggio con tratturo, 1945
Querce della Serritella, 1945
173
134
174
DIPINTI
176
Paesaggio rurale, 1945
Campagna di Castellana, 1945
175
135
178
Vaso di fiori vari, 1945
Paesaggio rurale con casolare, 1945
177
136
DIPINTI
180
Natura morta con frutta, 1945
Crocifissione, 1945
179
137
182
Veduta di Castellana da sud-est, 1945
Natura morta, 1945
181
138
DIPINTI
184
Scorcio di Milano sotto la neve, 1946
Scavi presso la Curia di Bergamo, 1945
183
139
186
Doppio ritratto di Maria Zoffili e sua figlia Giselda, 1946
La trita del grano, 1946
185
140
DIPINTI
188
Veduta di Castellana da via San Benedetto, 1946
Natura morta con ciliegie, 1946
187
141
190
Campagna di Castellana, 1946
Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1946
189
142
DIPINTI
192
Paesaggio pugliese con masseria, 1946
Paesaggio pugliese, 1946
191
143
194
Panorama della campagna pugliese, 1946
Panorama di Monopoli dal monte San Nicola, 1946
193
144
DIPINTI
196
Vaso di fiori rossi, 1946
Veduta di Castellana dalla via San Benedetto, 1946
195
145
198
Marina di Monopoli, 1946
Vaso di fiori vari, 1946
197
146
DIPINTI
200
Scogliera, 1946
Monopoli dal mare, 1946
199
147
202
Spiaggia di Monopoli, 1946
Marina di San Giovanni di Polignano, 1946
201
148
DIPINTI
204
Natura morta con uva, cachi e pera, 1946
Natura morta con brocca rovesciata, pesche e fichi, 1946
203
149
206
Natura morta con uva, pera e cachi, 1946
Natura morta con uva, pere e cachi in carta di giornale, 1946
205
150
DIPINTI
208
Piatto di uva bianca, 1946
Natura morta con uva e cachi, 1946
207
151
210
Natura morta con brocca, 1946
Uva e cachi, 1946
209
152
DIPINTI
212
Natura morta con uva, pere e cachi, 1946
Natura morta con cavolfiore, 1946
211
153
214
Natura morta con brocca, pere e arance, 1946
Natura morta con pere e arance, 1946
213
154
DIPINTI
Natura morta con uva, pera e limone, 1946
215
155
I
l presente elenco, ordinato cronologicamente, include tutte le opere pittoriche che si conoscono dell’artista. Sono ivi inclusi gli acquerelli, rientranti a pieno titolo nella categoria delle opere di pittura, in quanto lavori eseguiti con l’uso di pennelli e colori su supporto cartaceo. Sono escluse le opere grafiche, raccolte nell’apposito secondo catalogo di questo volume. Il soggetto dei dipinti, cioè il titolo da assegnare a ciascuna opera, è di chi scrive, e pertanto suscettibile di avversi pareri, errate indicazioni (specie nei toponimi di campagna), definizioni discutibili. Ho ritenuto in ogni caso più utile cercare di assegnare una chiara intitolazione ai diversi quadri raffiguranti paesaggi e nature morte, che non fossero soltanto generiche indicazioni, del tipo, appunto, “Paesaggio”, “Natura morta”. 1. Re Davide rimproverato dal profeta Nathan, 26 gennaio 1917 Conversano, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 42x64 firmato e datato in basso a destra NDE BELLIS / 26-1-1917 2. Il profeta Elia incoraggiato dall’angelo a partire, 1917 Conversano, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 42x64 firmato in basso a destra DE-BELLIS
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3. Esercizio decorativo: paesaggio con motivo di farfalle, 1918-23 Castellana, collezione privata tecnica mista di acquerello, china, tempera e matite su cartoncino, cm 9x17,5 4. Bozzetto di scenografia: capriccio con rovine, 1918-24 Castellana. Collezione privata acquerello su carta da studio, cm 15x26 bibl.: Lanzilotta 2000 5. Telero scenografico, 1921-23 Dipinto perduto Commissionato dal fotografo castellanese Vito Spagnuolo come fondale per le pose nel suo studio; la foto è dello stesso Spagnuolo e raffigura il giovane pittore in posa. bibl.: Micca Longo 1992
firmato e datato in basso a destra DE-BELLYS / 1923 bibl.: Lanzilotta 2000 8. Masseria, 1924 ubicazione ignota olio su tela firmato e datato in basso a destra N. S. DE-BELLYS / 1924 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987 9. Castellana, largo Porta Grande, 1927 Maglie, collezione privata olio su tela, cm 33x33 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1927 esposizioni: Bari, Circolo Artistico, Personale 1929 bibl.: Maselli 1929, Russo 1929 10. R itratt o del cognato Dom enico D e Leonardis, 1925 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 70x50 firmato e datato in basso a destra N. DE-BELLYS / 1925 bibl.: Lanzilotta 2000 11. Ritratto della sorella Teresa, 1925 Padova, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 70x50 firmato e datato in basso a destra N. DE BELLYS / 1925
6. Ritratto della madre Anna Maria Insalata, 1923 Castellana, collezione privata olio su cartone, cm 65x50 firmato e datato in basso a destra DE-BELLYS / 1923
12. Paesaggio lombardo, 1925 Castellana, collezione privata olio su cartone, cm 16x24 firmato e datato in basso a destra N. DE BELLYS 25 bibl.: Lanzilotta 2000
7. Ritratto del padre Giuseppe Leone De Bellis, 1923 Albignasego, collezione privata olio su cartone, cm 65x50
13. Ritratto della sorella Stella, 1926 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 42x42 bibl.: Lanzilotta 2000
CATALOGO RAGIONATO DELLE OPERE DI SERGIO NICOLÒ DE BELLIS DIPINTI
14. Il Castello di Marchione, 1926-30 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 17x24,5 bibl.: Lanzilotta 2000 15.Autoritratto, 1927 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 35x25 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1927 / AUTORITRATTO bibl.: Lanzilotta 2000 16. Il Castello di Conversano, 1927 Monopoli, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 18x26 firmato e datato in basso a destra N. S. DE BELLYS / 1927 17. Panorama di Fasano dalla discesa della Selva, 1927 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 17x24 firmato e datato in basso a destra NS DE BELLYS / 1927 bibl.: Lanzilotta 2000 18. Veduta di Castellana dalla Madonna della Grotta, 1928 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 50x60 19.Natura morta con mele cotogne e statuetta raffigurante un leone, 1928 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 33x35 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1928 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 bibl.: Maselli 1929, Russo 1929 20. Natura morta con arance e mele cotogne, 1928 Castellana, Palazzo Comunale
olio su tavola di compensato, cm 33x35 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 firmato e datato in basso a sinistra S. N. DE BELLIS / 1928 bibl.: Maselli 1929, Russo 1929
olio su tavola di compensato, cm 33,5x26,5 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1928 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 bibl.: Maselli 1929, Russo 1929
Personale 1929 Dedica autografa del pittore sul retro del dipinto: «Alla N. D. / Sig. Rosa De Filippis – Re David / omaggio devoto / N. S. de Bellys / 3-111929-VIII». bibl.: Maselli 1929, Russo 1929
21. Figura (Pensieroso?), 1928 ubicazione ignota firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1928 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 bibl.: Maselli 1929, Russo 1929
26. Le Grazie del naviglio, 1928-30 Varese, collezione privata olio su cartone, cm 12,5x8 firmato in basso a sinistra S. N. DE BELLYS Il minuscolo dipinto raffigura una cancellata non più esistente di un naviglio milanese; alla sommità dei pilastri v’erano due bustini femminili conosciuti popolarmente come “le Grazie” del Naviglio.
31. Naviglio milanese, 1929 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLYS / 1929 bibl.: Lanzilotta 2000
22. Prime luci, 1928 Bari, Pinacoteca Provinciale, inventario 61/1055 olio su tavola di compensato, cm 57,5x67 firmato e datato in basso a destra: S. N. DE BELLYS / 1928 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929; Bari, Pinacoteca Provinciale, “Arte in Puglia negli anni Trenta” , 1977; Bari, Pinacoteca Provinciale, Mostra “Da Museo Archeologico a Pinacoteca Provinciale. Settant’anni di un’istituzione”, 1999; Monopoli, Mostra “Il nostro novecento in forma d’arte: dipinti e sculture dalla Pinacoteca Provinciale di Bari”, 2000; Noicattaro, Mostra “Maestri pugliesi del Novecento nella Pinacoteca Provinciale di Bari”, 2002. Acquistato dall’Amministrazione Provinciale di Bari in occasione della Personale del 1929. bibl.: Maselli 1929, 1930; Russo 1929; Farese Sperken 1977; Gelao 1999, 2000, 2002; Pastore 2005 23. La chiesa di San Giuseppe a Castellana sotto la neve, 1928 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x30,5 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1928 S. GIUSEPPE bibl.: Lanzilotta 2000 24. Strada campestre (Castellana, contrada la Cupa), 1928 ubicazione ignota olio su tavola di compensato firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1928 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 bibl.: Maselli 1929, Russo 1929 25. Crisantemi, 1928 Monopoli, collezione privata
27. Autoritratto, 1929 Castellana, Scuola Media Statale “Sergio Nicolò De Bellis” olio su tavola di compensato, cm 34x33 firmato e datato in basso a sinistra S. N. DE BELLYS / 1929 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 bibl.: Maselli 1929, Russo 1929, Levato 1997, Lanzilotta 2000 28. Campagna lombarda, 1929 ubicazione ignota firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1929 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 Annotazione di Luigi Russo (riguardanti anche il Pensieroso, 1928, e Milano moderna, 1929): «Vecchie foto che si riferiscono alla vecchia maniera: i ritratti di profilo ed i paesaggi di Milano vanno già nella prima mostra barese». bibl.: Maselli 1929, Russo 1929 29. Milano moderna: Porta Venezia, 1929 ubicazione ignota, probabilmente perduto firmato in basso a destra S. N. DE BELLYS esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 Annotazione di Luigi Russo: «Temo che questa foto sia il ricordo di uno dei quadri di De Bellis che andarono perduti a causa del bombardamento allo studio di Piazza Mentana». bibl.: Maselli 1929, Russo 1929 30. Milano, corso Buenos Aires, 1929 Bari, collezione privata - olio su compensato, cm 18x25 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1929 VIII esposizioni: Bari, Circolo artistico,
32. Scorcio di villa lombarda, 1929 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 38x49 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1929 bibl.: Lanzilotta 2000 33. Campagna di Castellana, contrada Genna (I), 1929 Corato, collezione privata olio su tela, cm 9x13 firmato in basso a destra NS. DE BELLYS 34. Campagna di Castellana, contrada Genna (II), 1929 Corato, collezione privata olio su tela, cm 9x13 firmato e datato in basso a destra NS DE BELLYS 29 35. Campagna di Castellana, panorama dalla villa comunale, 1929 Corato, collezione privata olio su tela, cm 9x13 36. Panorama di città (Taranto?), 1929 Corato, collezione privata olio su tela, cm 9x13 37. Veduta di Monopoli dal mare, 1929 Castellana, Palazzo Comunale - olio su tavola di compensato, cm 21x25 firmato in basso a sinistra S. N. DE BELLYS bibl.: Mazzarisi 1995 38. Sereno autunnale (prima versione), 1929 ubicazione ignota olio su tavola di compensato, cm 75x90 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS 1929 esposizioni: Bari, I Sindacale pugliese 1930 Cfr. lettera di De Bellis a Russo del 21 settembre 1934 e relativo schizzo ad acquerello [225]; dal Sorrenti è indicato col titolo Quiete autun-
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DIPINTI
nale in collezione privata a Bari. 39. Sereno autunnale (II versione), 1929 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato Quasi del tutto sovrapponibile al dipinto della scheda precedente, verosimilmente eseguito a breve distanza dalla prima versione. bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987 40. Paesaggio innevato, 1929 [recto] Monopoli, collezione privata olio su cartone, cm 18x24,3 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1929 Se non erro dovrebbe trattarsi del convento di San Francesco di Paola a Monopoli; il supporto conserva anche un’immagine dipinta sul retro (vedi scheda seguente).
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41.Castellana, veduta dell’arco Pascale dal balcone di casa, 1929 [verso del precedente] Monopoli, collezione privata olio su cartone, cm 18x24,3 Cartone dipinto su entrambi i lati: il presente è da intendersi (secondo l’autore) come opera di scarto; tra l’altro si distinguono chiaramente altri segni sovrapposti di uno schizzo di case. 42. Castellana, veduta di viale Virgilio, 1929 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 55x67 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1929 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987; Lanzilotta 2000 43. Paesaggio pugliese con case rurali, 1929 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 17,5x24,5 firmato e datato in basso a destra N. S. DE BELLIS / 1929 bibl.: Lanzilotta 2000 44. Strada campestre (Castellana, contrada La Cupa), 1929 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 11x12 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 1929 bibl.: Lanzilotta 2000 45. Sacro Cuore di Gesù, 1930 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 42x27 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1930
46.Ritratto di bambino dal berretto rosso, 1930 [recto] Bari, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 25,5x23,5 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1930 Il supporto conserva anche uno schizzo dipinto sul retro (vedi scheda seguente).
bibl.: Lanzilotta 2000 53. Natura morta con aragoste, 1930 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 33x38 firmato in basso a destra S. N. DE BELLIS bibl.: Lanzilotta 2000
47. Schizzo di paesaggio lombardo, 1930 [verso del precedente] Bari, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 23,5x25,5 Il soggetto è qui semplicemente rimasto a livello di abbozzo e poi abbandonato.
54. Cascine di Lambrate, 1930 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 48x52,5 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 1930 esposizioni: Roma, I Quadriennale d’arte nazionale 1931 bibl.: Pellegrino 1999
48. Paesaggio lombardo innevato, 1930 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 11x12 firmato e datato in basso a sinistra S. N. DE BELLYS / 1930 bibl.: Lanzilotta 2000
55. Panorama di Castellana dalla collina del cimitero, 1930 Putignano, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 50x60 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 1930
49. Natura morta con conchiglia e girasoli, 1930 ubicazione ignota, già a Milano in collezione Gherardini Volpi olio su tavola di compensato, ca. cm 60x50 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLYS / 1930 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1932 Annotazione di Luigi Russo: «Nella foto un’antica natura morta di De Bellis. Notevole l’eleganza; vedo fino al virtuosismo l’ansia della resa e dell’evidenza: vedi i riflessi della boccia e le trasparenze della conchiglia. La pittura di De Bellis è ancora statica, decorativa, anche se rispettabile per l’impegno ed il nobile mestiere». bibl.: Savelli 1932
56. Francesco Francavilla a colazione, 1930-34 Castellana, collezione privata olio su tela, cm 46,5x64 firmato in basso a destra DE BELLIS N. bibl.: Lanzilotta 2000
50. Natura morta con pernici, 1930 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 33x38 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 1930 bibl.: Lanzilotta 2000 51. Natura morta con uva, arance e banana, 1930 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 33x38 firmato in basso a destra S. N. DE BELLIS bibl.: Lanzilotta 2000 52. Natura morta con uva e crisantemi, 1930 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 33x38 firmato in basso a destra S. N. DE BELLIS
57. Castellana, il cancello della masseria Serritella, 1930-35 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 11x12,5 bibl.: Lanzilotta 2000 58. Interno della cattedrale di Conversano, 1930-35 Conversano, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 14x9 Sul retro ‘autentica’ da parte di Luigi Russo, che negli anni ottanta del secolo scorso donò il quadretto all’attuale proprietario. 59. Paesaggio lombardo, 1930-35 Monopoli, collezione privata olio su cartone, cm 11x20 60. Natura morta con piatto, damigiana e mele cotogne, 1931 Castellana, Palazzo Comunale olio su cartone, cm 52x75 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 1931 bibl.: Lanzilotta 2000 61. Uomini in cammino, 1931 Castellana, Palazzo Comunale olio su tela, cm 122x100
firmato e datato in basso a sinistra S. N. DE BELLIS / 1931 bibl.: Mazzarisi 1995; Pellegrino 1999; Lanzilotta 2000
1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955; Comanducci 1971; Caramel - Pirovano 1975; Sorrenti 1990
62. Scorcio lombardo con lavandaia, 1931 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 60x60 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 1931 bibl.: Mazzarisi 1995; Lanzilotta 2000
69. Il naviglio di via Vallone, 1934 Milano, Civiche Raccolte d’Arte, inv. 6570 olio su tela, cm 70x90; restaurato nel 2006 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 1934 Acquistato nel 1939 dalla Galleria d’arte moderna di Milano e successivamente destinato al Museo di Milano di via S. Andrea con inventario n. 1094. Oggi il toponimo via Vallone (con le vie Conchetta e Olocati) non più esistente, è stato rinominato via Conca del Naviglio.
63. Scorcio lombardo con casa a ballatoio, 1931 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 74x75 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 1931 bibl.: Pellegrino 1999 64. Paesaggio, 1932 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 17x24 firmato e datato in basso a sinistra N DE BELLIS / 1932 65. Paese lombardo, 1932-38 Castellana, collezione privata olio su cartone, cm 34,5x47,5 66. Ritratto del padre Giuseppe Leone De Bellis, 1933 Conversano, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x30 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 33 67. La Spezia dalla Dogana, 1933 ubicazione ignota firmato e datato in basso a sinistra S. N. DE BELLIS / 1933 esposizioni: La Spezia, Casa d’Arte 1933 68. Case a Gorla, 1934 Milano, Civiche Raccolte d’Arte, inv. 5435 olio su tela, cm 60x70 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 1934 esposizioni: Milano, Permanente, V Sindacale lombarda 1934; Milano, Permanente, Esposizione sociale autunnale 1935; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955. Acquistato nel gennaio 1936 dalla Galleria d’arte Moderna di Milano a conclusione della Mostra sociale autunnale. bibl.: Milano 1934/b, 1935/c; Nicodemi Bezzola 1939; Serra 1952; Bari 1955; Fiore
70. Luciano, 1934 ubicazione ignota, già nella Collezione della Provincia di Milano firmato e datato in alto a sinistra S. DE BELLIS / 1934 esposizioni: Milano, Permanente, VI Sindacale lombarda, 1935 Acquistato nel maggio 1935 dall’Amministrazione Provinciale di Milano in occasione della VI Sindacale lombarda. Annotazione di Luigi Russo: « Interessante il ritratto del ragazzo, anche se non […] in ogni sua parte. La mano ad esempio pare eccessivamente studiata». bibl.: Milano 1935/b 71. Il ponte, 1935 Milano, Civiche Raccolte d’Arte, inv. 6152 olio su tela, cm 56,5x66; restaurato nel 2006 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 1935 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955 Acquistato nel febbraio 1938 dalla Galleria d’arte Moderna di Milano in occasione della personale del pittore alla Galleria Piccola. bibl.: Nicodemi - Bezzola 1939; Serra 1952; Bari, 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955; Comanducci 1971; Caramel - Pirovano 1975; Sorrenti 1990 72. Paesaggio milanese, 1935 ubicazione ignota firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 35 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale primaverile 1938 Annotazione del De Bellis sul retro della foto-
grafia che riproduce il dipinto, inviata nel 1938 a Luigi Russo: «Questo paesaggio lo avevo alla mostra Sociale di questa primavera; però non è una delle ultime cose». bibl.: Milano 1938/a 73. Paesaggio brindisino (con natura morta), 1935-37 Corato, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 64,5x54,5 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 bibl.: Lanzilotta 2000 74. Castellana, veduta del Casalicchio, 1935-38 Corato, collezione privata olio su tela, cm 54x64 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS bibl.: Lanzilotta 2000 75. Paesaggio pugliese con masseria, 1935-46 Cava de’ Tirreni, collezione privata olio su cartone, cm 14x19,5 firmato in basso a destra S. DE BELLIS 76. Natura morta metafisica, 1936 ubicazione ignota firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 36 esposizioni: Milano, Permanente, VII Sindacale lombarda 1936 Dalla stessa opera l’autore realizzò un ex libris per Luigi Filippo Bolaffio (1936). bibl.: Milano 1936/a 77. Cavalli all’abbeverata, 1936 Ponte Lambro, collezione privata olio su cartone, cm 36x44 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 36 Acquistato nel 1941 per lire 200 direttamente dal pittore. 78. Cavalli, 1936-38 Milano, collezione privata acquerello su carta pregiata, cm 48x60 firmato in basso a destra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938; Milano, Permanente, XIX Esposizione sociale degli acquerellisti lombardi 1938 bibl.: Carrà 1938; Milano 1938/c 79. Bozzetto di paesaggio, 1936-46 Padova, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 16x23
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DIPINTI
80. Bagnante, 1937 ubicazione ignota firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 37 esposizioni: Milano, Permanente, VIII Sindacale lombarda 1937; Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 bibl.: Milano 1937/a; Carrà 1938 81. Nudo femminile, 1937-38 Castellana, collezione privata olio su tela incollata su cartone, cm 50x40 firmato in alto a sinistra S. DE BELLIS Già nella collezione di Carlo Ferrario a Rogoredo (oggi Milano); di quest’opera si accenna in due lettere non datate a Luigi Russo, circa marzo-aprile 1938, pubblicate nell’Epistolario. 82. Paesaggio con masseria, 1937-46 Padova, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 32x46 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS [?]
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83. Castellana, la chiesa della Madonna della Grotta, 1937-46 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x50 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987 84. Veduta di Castellana dall’incrocio tra via Selva e via Madonna della Grotta, 1937-46 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 21x30 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987 85. Vaso di rose bianche, 1938 Corato, collezione privata olio su tela, cm 55x65 bibl.: Lanzilotta 2000 86. La battaglia di Civitella (anno 1053), 1938 ubicazione ignota acquerello, cm 80x100 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Accademia di Brera, concorso per l’acquerello “Premio Alessandro Durini” 1938; Milano, Permanente, X Sindacale lombarda – opere premiate ai concorsi di Brera 1939 Premio Alessandro Durini per l’acquerello 1938. Bibl.: Milano 1939/a 87. Bozzetto raffigurante scena di battaglia, 1938-40 ubicazione ignota
esposizioni: Milano, Casa d’artisti, Personale 1941 bibl.: Bonardi 1941 88. Castellana, veduta di Largo Porta Grande, 1938-43 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 45x58 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS 89. Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1938-43 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 34,5x34,5 bibl.: Lanzilotta 2000 90. I giardini di Villa Reale a Milano, 1938-46 Castellana, collezione privata olio su tela incollata su cartone, cm 35x45 firmato in basso a destra S. DE BELLIS Da non identificarsi col dipinto intitolato “Giardini pubblici, Milano” esposto alla personale di Bari nel 1929. 91. Marina di Polignano, 1939 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 39x59 bibl.: Lanzilotta 2000 92. Veduta di Monopoli con uomini al lavoro, 1939 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 39x49 bibl.: Lanzilotta 2000 93. Doppio ritratto di Mariuccia e Andrea, 1939 ubicazione ignota olio su tela firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Venezia, XXII Biennale Internazionale d’Arte 1940 bibl.: Milano 1939/b; Venezia 1940 94. Paesaggio delle Murge, 1939 ubicazione ignota esposizioni: Bari, Castello Svevo, Premio Puglia – Mostra del paesaggio pugliese 1939 III Premio ex aequo con Luigi Russo. bibl.: Bari 1939, Russo 1955, Pastore 2003 95. Leoni a caccia, 1939-41 Milano, collezione privata acquerello su carta pregiata, cm 50x70 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS Acquistato nel 1941 per lire 250 direttamente dal pittore.
96. Quattro leoni, 1939-41 Milano, collezione privata acquerello su carta pregiata, cm 50x70 Acquistato nel 1941 per lire 250 direttamente dal pittore. 97. Paesaggio pugliese con masseria, 1940 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl.: Levato 1997; Piepoli 1987; Lanzilotta 2000 98. Castellana, prospettiva di via Caroseno dall’angolo della chiesa, 1940 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 33x48 bibl.: Lanzilotta 2000 99. La Curia badessale di Castellana, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 41x55 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 40 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987; Lanzilotta 2000 100. Castellana, il Caroseno visto da via Poerio, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 24x29 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS / 40 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987; Mazzarisi 1995; Lanzilotta 2000 101. Alberobello, 1940 Bari, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 50x60 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 40 102. Pesci, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 36x48 bibl.: Lanzilotta 2000 103. Monopoli dal molo del faro, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 45x58 bibl.: Lanzilotta 2000 104. Monopoli dal mare (il lido Bianco), 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 30x40 bibl.: Lanzilotta 2000 105. Marina di Monopoli, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 49x59
bibl.: Lanzilotta 2000 106. Cachi, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 15x20 bibl.: Lanzilotta 2000 107. Natura morta con cachi e uva, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 16x26 bibl.: Lanzilotta 2000 108. Bambina in blu, 1940 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 39x50 bibl.: Mazzarisi 1995; Levato 1997; Lanzilotta 2000 109. Ritratto della madre, 1940-44 Padova, collezione privata acquerello, cm 48x33 firmato e datato in basso a destra S. N. DE BELLIS 4[?] 110. Natura morta con uva, pere, brocca rovesciata e coltello, 1940-46 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 30x40 111. Pera, 1940-46 Milano, collezione privata olio su cartone, cm 10,5x15,5 112. Natura morta con boccale, 1941 [recto] Albignasego, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 39x54 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 41 Il supporto conserva anche un’immagine dipinta sul retro (vedi scheda seguente). 113. Castellana, prospettiva di via Mazzini dalla piazza Garibaldi, 1941 [verso del precedente] Albignasego, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 39x54 Tavola dipinta su entrambi i lati: come in altri casi l’opera del verso è da intendersi (secondo l’autore) come opera di scarto. 114. Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1941 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987; Lanzilotta 2000
115. Castellana, strada rurale (via La Cupa?), 1941 Castellana, collezione Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte – Credito Cooperativo olio su tavola di compensato, cm 40x50 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 41 Cfr. con il disegno n. 4 presentato per il Premio Malerba [260]. bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987; Pellegrino 1999 116. Natura morta con pere e bicchierino, 1941 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 35x45 bibl.: Lanzilotta 2000 117. Autoritratto, 1942 Albignasego, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 33x25 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 42 118. Fiori (trombini), 6 marzo 1942 Ponte Lambro, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 15x19 firmato in basso a destra S. DE BELLIS 119. Leone solitario, 1942 Ponte Lambro, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 15x19 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS 120. Castellana, prospettiva di via Brennero dalla scalinata, 1942 [recto] Castellana, Circolo Unione Andrea Angiulli olio su cartone, cm 39,2x50,1 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS Il supporto presenta anche un dipinto sul retro (vedi scheda seguente). bibl.: Pellegrino 1999, Lanzilotta 2000 121. Natura morta con pesci, 1942 [verso del precedente] Castellana, Circolo Unione Andrea Angiulli olio su cartone, cm 39,2x50,1 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 42 Cartone dipinto su entrambi i lati: il presente è da intendersi (secondo l’autore) come opera di scarto. bibl.: Lanzilotta 2000 122. Composizione marinara: alici, cozze e
limone, 1942 Castellana, Palazzo Comunale olio su tela, cm 47x61 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 42 bibl.: Lanzilotta 2000 123. Piatto d’alici con limoni, 1942 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 35x50 bibl.: Lanzilotta 2000 124. Natura morta con uva e pera, 1942 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 21x31 bibl.: Lanzilotta 2000 125. Lisa, 1942 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 51x66 esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955. bibl.: Bari 1955; Marzano 1955; Russo 1955; Montanaro 1955; Venturoli 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Lanzilotta 2000 126. Strada rurale, 1942 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl.: Lanzilotta 2000 127. Strada rurale, 1942 Castellana, Circolo Unione Andrea Angiulli acquerello su carta pregiata, cm 33x48 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 42 bibl.: Pellegrino 1999, Lanzilotta 2000 128. Monopoli dal molo dal faro, 1942 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 bibl.: Lanzilotta 2000 129. Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1942 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 50x65 bibl.: Lanzilotta 2000 130. Copia della Madonna degli Alberelli di Giovanni Bellini, 1942 Milano, collezione privata olio su tela, cm 70x50 firmata sul retro in basso a destra con annota-
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DIPINTI
zione S. DE BELLIS / COPIA DA MADONNA DEGLI / ALBERELLI DI G. BELLINI Acquistato nel 1942 per lire 200 direttamente dal pittore. 131. Paesaggio castellanese, 1942 ubicazione ignota firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 42 esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955. bibl.: Bari 1955; Marzano 1955; Russo 1955; Montanaro 1955; Venturoli 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955
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132. Paesaggio pugliese, 1942-46 ubicazione ignota acquerello esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955. bibl.: Bari 1955; Marzano 1955; Russo 1955; Venturoli 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955 133. Veduta di Castellana da sud-est, 1942 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 38x48,5 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 42 134. Scorcio lombardo con pompa di benzina, 1943 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 26x32 bibl.: Lanzilotta 2000 135. Natura morta con uva e melagrana, 1942-46 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 38x53 firmato in basso a destra S. DE BELLIS bibl: Lanzilotta 2000 136. Piatto d’uva, 1943 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 34x49 bibl: Lanzilotta 2000 137. Collina di terra rossa, 1943 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 33x48 (foto antecedente ai danni subiti nel 2004) firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 43
bibl: Lanzilotta 2000
bibl: Lanzilotta 2000
138. Paesaggio pugliese, 1943 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x50 Già in collezione Reali a Monza (ma non facente parte del relativo gruppo nel catalogo delle opere non rintracciate); autentica sul retro di Ennio Marzano, con data 1943. 139. Marina, 1943 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 30x40 bibl.: Lanzilotta 2000
147. Cavallo con masseria, 1943 Bari, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 33x48 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 43 Se non erro la masseria è quella in contrada S. Pietro nei pressi di Triggianello. 148. Paesaggio rurale con trullo, 1943 Bari, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 33x48 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS 43
140. Vaso di fiori, 1943 Conversano, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x30 Dono del pittore per il matrimonio di una nipote nel 1943.
149. Veduta di Castellana da nord-est, 1943 Bari, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 33x48 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 43
141. Ritratto di Antonio Gramsci, 1943 Castellana, sezione “Sergio Nicolò De Bellis” del Partito Democratico della Sinistra olio su tavola di compensato, cm 50x37 firmato in basso a destra S. DE BELLIS
150. Veduta di Castellana da via Gravinella, 1943? Castellana, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 33x48 ‘Autentica’ sul retro del quadro di Ennio Marzano.
142. Autoritratto, 1943 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 41x31 firmato in basso a destra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Galleria Gussoni 1947 bibl.: De Bellis 1971; Piepoli 1987; Mazzarisi 1995; Lanzilotta 2000
151. Paesaggio rurale verso il mare, 1943 Castellana, collezione privata acquerello su carta pregiata, cm 33x48 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS 43
143. Ritratto della madre Anna Maria Insalata, 1943 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 49x34 bibl: Lanzilotta 2000
152. Paesaggio rurale castellanese, 1943? Castellana, collezione privata acquerello su carta pregiata, cm 33x48 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS / … La firma è parzialmente occultata dal passepartout. bibl.: Lanzilotta 2000
144. Paesaggio castellanese: il Convento degli Alcantarini, 1943 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 25x35 bibl: Montanaro 1986; Piepoli 1987; Lanzilotta 2000 145. Paesaggio rurale, 1943 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl: Lanzilotta 2000 146. Paesaggio rurale, 1943 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49
153. Paesaggio rurale con casolare, 1943 Castellana, collezione privata acquerello su carta da studio, cm 33x48 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 43 154. Querceto, 1943 Castellana, collezione privata acquerello su carta pregiata, cm 33x48 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS 43 155. Campagna di Castellana, veduta della masseria di Genna, 1943
Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 35x45 Sul retro ‘autentica’ di Ennio Marzano, con data 1943.
163. Paesaggio rurale, 1944 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl.: Lanzilotta 2000
olio su tavola di compensato, cm 40x30 Tavola dipinta su entrambi i lati: il presente è da intendersi (secondo l’autore) come opera di scarto.
156. Veduta di Castellana da via Gravinella, 1943-44 Bari, collezione privata acquerello su carta pregiata, cm 33x48
164. Tratturo, 1944 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl.: Lanzilotta 2000
157. Veduta di Castellana dalla collina del cimitero, 1944 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl: Lanzilotta 2000
165. Buoi nella stalla, 1944 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 34x50 (foto antecedente ai danni subiti nel 2004) esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955 bibl.: Bari 1955; Russo 1955; Mazzarisi 1995; Lanzilotta 2000
171. Ritratto del nipote Michele Intini, 1944 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 47x34 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 44 bibl.: Lanzilotta 2000
158. Adorazione, 1944 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 35x49 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 44 bibl.: Lanzilotta 2000 159. Uva, 1944 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 15x25 bibl.: Lanzilotta 2000 160. Paesaggio rurale con case e muretti, 1944 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 17x25 bibl.: Lanzilotta 2000 161. Veduta di Castellana, 1944 Castellana, collezione privata olio su cartone, cm 16x24 firmato in basso a destra S. DE BELLIS Sul retro del dipinto autentica di Ennio Marzano con data 1944; vi è applicato pure un cartellino della III Mostra del Sindacato fascista delle belle arti di Lombardia (III Sindacale regionale), con riportate le generalità del pittore, residente in piazza Mentana 3 a Milano, e il titolo, “Disegno”. Dal momento che né tecnica né soggetto coincidono, e nemmeno il senso dell’autentica con il contenuto del cartellino, si evince che il piccolo dipinto sia stato sovrapposto su un altro soggetto preesistente, già presentato alla terza Sindacale del 1932, con numero di catalogo 113. 162. Natura morta con fragole, 1944 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 31x41 bibl.: Lanzilotta 2000
172. Ritratto del nipote Pinù Intini, 1944 Albignasego, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 44x35 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 44 Annotazione di Pinù Intini: «All’epoca avevo circa cinque anni. Ricordo di aver posato per almeno altri due quadri di mio zio».
166. Guantiera di dolci, 1944 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 30x40 firmato in basso a destra S. DE BELLIS / 44 bibl.: Lanzilotta 2000
173. Querce della Serritella, 1945 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 bibl.: Montanaro 1986; Piepoli 1987; Totaro 1997; Lanzilotta 2000
167. Natura morta con ciliegie, 1944 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 36x46 bibl.: Lanzilotta 2000
174. Paesaggio con tratturo, 1945 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl.: Lanzilotta 2000
168. Uva appassita, 1944 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 30x40 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 44 esposizioni: Siena, Premio della Vendemmia di pittura 1947 Menzione d’onore. bibl.: Borgese 1947; Lanzilotta 2000
175. Campagna di Castellana, 1945 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x48 bibl.: Lanzilotta 2000
169. Ritratto della madre Anna Maria Insalata, febbraio 1944 [recto] Bari, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x30 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 44 La cronologia del dipinto può restringersi ai giorni compresi tra il 6 febbraio (dopo la morte di suo marito Giuseppe Leone De Bellis, dato l’abito di lutto) e il 14 febbraio (prima dell’inizio della sua agonia; cfr. i disegni 267-276). 170. Ritratto del nipote Michele Intini, 1944 [verso del precedente] Bari, collezione privata
176. Paesaggio rurale, 1945 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 34x49 bibl.: Lanzilotta 2000 177. Paesaggio rurale con casolare, 1945 Cava de’ Tirreni, collezione privata olio su cartone, cm 14,5x20 firmato in basso a destra S. DE BELLIS / 45 178. Vaso di fiori vari, 1945 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 bibl.: Lanzilotta 2000 179. Crocifissione, 1945 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 47x31 firmato in basso a destra S. DE BELLIS / 45
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DIPINTI
Diversamente dagli altri acquerelli dello stesso periodo, realizzati senza un precedente abbozzo a matita sulla carta, in questo lavoro si vedono le tracce di un disegno preparatorio. bibl.: Lanzilotta 2000
Premio Galleria Italiana d’Arte per il tema “Il lavoro” alla Mostra del lavoro e del sacrificio, 1946. bibl.: Bonardi 1946; Bari 1955; Russo 1955; Mazzarisi 1995; Levato 1997; Lanzilotta 2000.
180. Natura morta con frutta, 1945 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 30x50 esposizioni: Milano, Galleria Gussoni 1947 bibl.: Levato 1997; Lanzilotta 2000
186. Doppio ritratto di Maria Zoffili e sua figlia Giselda, 1946 Milano, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 60x50 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 46
181. Natura morta, 1945 Padova, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 30x40 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 4[?]
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182. Veduta di Castellana da sud-est, 1945 Varese, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 11x12 firmato in basso a destra N. S. DE BELLIS Sul retro ‘autentica’ da parte di Leo Spaventa Filippi, con la seguente annotazione: «Sergio de Bellis / squisito pittore pugliese nativo di Castellana 1945 / per autentica Leo Spaventa Filippi». 183. Scavi presso la Curia di Bergamo, 1945 Castellana, collezione Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte – Credito Cooperativo olio su tavola di compensato, cm 27x35 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS Sul retro del quadro vari scarabocchi, appunti numerici e le seguenti iscrizioni: S. de Bellis / aprile 1945 / Scavi nella Curia di Bergamo [due volte] / Sesto si rinnova [quest’ultima frase cancellata]. 184. Scorcio di Milano sotto la neve, 1946 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x49 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS 46 bibl.: Lanzilotta 2000 185. La trita del grano, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 50x59 firmato in basso a destra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Castello Sforzesco, Mostra del lavoro e del sacrificio 1946; Milano, Galleria Gussoni 1947; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955
187. Natura morta con ciliegie, 1946 Monopoli, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 30x37 firmato in basso a destra S. DE BELLIS / 1944 esposizioni: Bari, Pinacoteca Provinciale, Mostra “Arte in Puglia negli anni Trenta” 1977 bibl.: Bari 1977; Lanzilotta 2000 188. Veduta di Castellana da via San Benedetto, 1946 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta pregiata, cm 34x49 bibl.: Lanzilotta 2000 189. Veduta di Castellana da via Alcantarini, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 50x60 bibl.: Levato 1997; Lanzilotta 2000 190. Campagna di Castellana, 1946 Castellana, Palazzo Comunale acquerello su carta da studio, cm 34x49 bibl.: Lanzilotta 2000 191. Paesaggio pugliese, 1946 Albignasego, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 30x40 ‘Autentica’ sul retro del quadro di Ennio Marzano. 192. Paesaggio pugliese con masseria, 1946 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 30x40 firmato in basso a destra SN DE BELLIS ‘Autentica’ sul retro del quadro di Ennio Marzano. bibl.: Lanzilotta 2000 193. Panorama di Monopoli dal monte San Nicola, 1946 Castellana, collezione privata
olio su tavola di compensato, cm 40x50 194. Panorama della campagna pugliese, 1946 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x50 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 46 195. Veduta di Castellana dalla via San Benedetto, 1946 Castellana, collezione Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte – Credito Cooperativo olio su tavola di compensato, cm 45x60 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 46 ‘Autentica’ sul retro del quadro di Ennio Marzano. 196. Vaso di fiori rossi, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 firmato in basso a destra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Galleria Gussoni 1947 bibl.: Lanzilotta 2000 197. Vaso di fiori vari, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tela, cm 40x50 bibl.: Lanzilotta 2000 198. Marina di Monopoli, 1946 Ponte Lambro, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 50x60 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS 46 esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955 Acquistato nel dicembre 1946 direttamente dal pittore. bibl.: Bari 1955, Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Marzano 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, Venturoli 1955 199. Monopoli dal mare, 1946 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 50x60 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 46 200. Scogliera, 1946 Castellana, collezione Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte – Credito Cooperativo
olio su tavola di compensato, cm 40x50 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS 201. Marina di San Giovanni di Polignano, 1946 Milano, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x50 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 46 esposizioni: Milano, Galleria Gussoni 1947 202. Spiaggia di Monopoli, 1946 Milano, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 40x49,5 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS 46 esposizioni: Milano, Galleria Gussoni 1947 203. Natura morta con brocca rovesciata, pesche e fichi, 1946 Castellana, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 50x59 firmato in basso a destra S. DE BELLIS / 46 bibl.: Lanzilotta 2000 204. Natura morta con uva, cachi e pera, 1946 Castellana, collezione privata olio su cartone, cm 20x29,5 ‘Autentica’ sul retro del quadro di Ennio Marzano. 205. Natura morta con uva, pere e cachi in carta di giornale, 1946 Laterza, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 30x45 firmato in basso a destra S. DE BELLIS / 46 Sul retro del dipinto alcuni schizzi architettonici a matita (cfr. il catalogo delle opere grafiche, n. 280). 206. Natura morta con uva, pera e cachi, 1946 Laterza, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 20x30 207. Natura morta con uva e cachi, 1946 Laterza, collezione privata olio su tavola di compensato, cm 11x20 208. Piatto di uva bianca, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 20x30 bibl.: Lanzilotta 2000 209. Uva e cachi, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 21x31
bibl.: Lanzilotta 2000 210. Natura morta con brocca, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 30x40 bibl.: Lanzilotta 2000 211. Natura morta con cavolfiore, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS 46 esposizioni: Bellagio, Casinò, Premio Bellagio 1946 bibl.: Borgese 1946; Lanzilotta 2000 212. Natura morta con uva, pere e cachi, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 30x40 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 46 bibl.: Lanzilotta 2000 213. Natura morta con pere e arance, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 40x50 esposizioni: Milano, Galleria Gussoni 1947 bibl.: Lanzilotta 2000 214. Natura morta con brocca, pere e arance, 1946 Castellana, Palazzo Comunale olio su tavola di compensato, cm 25x31 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS bibl.: Lanzilotta 2000 215. Natura morta con uva, pera e limone, 1946 Castellana, collezione Cassa Rurale ed Artigiana di Castellana Grotte – Credito Cooperativo olio su tela, cm 40x54 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 46
165
OPERE GRAFICHE
167
Conversano, il castello visto da levante, 1927-28 Autoritratto, 1923-28
216
168
217
OPERE GRAFICHE
221
Schizzetto di una sezione di cornice, 1929
Trulli di Cozzana, 1929
219
Schizzo di figura con cappello, 1929-46
Schizzo di figura con cappello, 1929-46
Conversano, le mura megalitiche e il monastero di San Benedetto, 1927-28
218
220
222
169
224
Gli umili, 21 febbraio 1934
Caricatura di un uomo obeso, 1929-46
223
170
OPERE GRAFICHE
226
Il giudizio di Paride, 12 ottobre 1934 Schizzo di paesaggio pugliese (Sereno autunnale), 21 settembre 1934
225
171
228
L’appetito aguzza l’ingegno anche ai cani, 1935 Schizzo di uomo e cavallo impennato, 1934
227
172
OPERE GRAFICHE
230
I ladri golosi e il cane poliziotto, 1935 Come fu catturato il bandito Tim-Tom, 1935
229
173
232
Punti di vista, 1935 Caccia alla tigre, 1935
231
174
OPERE GRAFICHE
234
Sportivi ad ogni costo, 1935 Campionato ragazzi, 1935
233
175
Il giudizio di Paride (prima versione), 14 ottobre 1935
176
Il giudizio di Paride (seconda versione), 14 ottobre 1935
OPERE GRAFICHE
La Quadriennale, 1935
235
236
237
239
Donna seduta, 1935
Autoritratto (con l’acqua alla gola), 14 ottobre 1935
238
177
241
Studio di testa virile, 1935 Studio di testa femminile, 1935
240
178
OPERE GRAFICHE
244
Bozzetto di una natura morta metafisica, 17 marzo 1936
243
Schizzetto di un nudo femminile, 17 marzo 1936 Mezza figura femminile seduta, 1935
242
179
Ex libris Bolaffio, 1936 245
180
246
Bozzetto di una composizione metafisica, 17 marzo 1936
OPERE GRAFICHE
248
Bozzetto del ritratto intitolato “Il ragazzo in blu�, 1938 Studio di figura virile, 1936
247
181
250
Il logo del Cardo, 1938
Cavalli, 1938
249
182
OPERE GRAFICHE
Ritratto dell’amico Silvio, 1938 Vittorio Sabbatelli sul carretto, 1938
251
183
252
254
Ritratto di Tito De Michele, 1938
Ritratto di Domenico Sbiroli, 1938
253
184
OPERE GRAFICHE
256
Ritratto di Vincenzo Tria, 1938 Ritratto di Vincenzo Lovecchio, 1938
255
185
258
Coppia di antilopi, (n. 2/8), 1939 Antilope (n. 1/8), 1939
257
186
OPERE GRAFICHE
Campagna di Castellana, contrada La Cupa (n. 4/8), 1939 Leonessa (n. 3/8), 1939
259
187
260
Antilope (n. 6/8), 1939 Antilope (n. 5/8), 1939
261
188
262
OPERE GRAFICHE
Antilope (n. 8/8), 1939 Testa di leonessa (n. 7/8), 1939
263
189
264
266
Scena umoristica: “Buona Pasqua”, 1942
Sulla spiaggia, 1939
265
290
OPERE GRAFICHE
Secondo ritratto del padre morente, 5 febbraio 1944 Primo ritratto del padre morente, 5 febbraio 1944
267
291
268
270
Ritratto del padre nella bara, 6 febbraio 1944
Terzo ritratto del padre morente, 5 febbraio 1944
269
192
OPERE GRAFICHE
Primo ritratto della madre morente, 15 febbraio 1944 271
193
272
Paesaggio pugliese con masseria, 10 febbraio 1944
274
Terzo ritratto della madre morente, 17 febbraio 1944
273
194 Secondo ritratto della madre morente, 16 febbraio 1944
OPERE GRAFICHE
276
Quinto ritratto della madre morente, 18 febbraio 1944
275
195
Quarto ritratto della madre morente, 18 febbraio 1944
278
Leone e cavallo in corsa, 1946
277
196 Leone in corsa, 1946
OPERE GRAFICHE
280
Schizzi architettonici, 1946 Ritratto di Giselda Zoffili, 1946
279
197
N
el novero delle opere grafiche dell’artista rientrano tutti i disegni conosciuti, eseguiti e pensati come autonome espressioni figurative, gli schizzi, gli studi preparatori, i bozzetti sintetici delle diverse opere, le caricature e le vignette umoristiche pubblicate a stampa, nei periodici o come ex-libris; sono ivi compresi i lavori a tecnica mista, di grafica e acquerello, laddove emerge la prevalenza dell’esercizio grafico sul resto.
216. Autoritratto, 1923-28 Castellana, collezione privata matite, pastelli e gessetti colorati su cartoncino scuro, cm 35x27 217. Conversano, il castello visto da levante, 1927-28 Monopoli, collezione privata disegno a china su cartoncino (con tracce di sottostante matita), cm 30,4x19 firmato con monogramma in basso a destra DEBS
198
218. Conversano, le mura megalitiche e il monastero di San Benedetto, 1927-28 Monopoli, collezione privata disegno a china su cartoncino (con tracce di sottostante matita), cm 31,2x21 firmato con monogramma in basso a destra DEBS 219. Trulli di Cozzana, 1929 Monopoli, collezione privata disegno a china su carta da lettera, cm 5,5x5 (cm 17,7x30 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo dei primi mesi del 1929, pubblicata nell’Epistolario. 220. Schizzetto di una sezione di cornice, 1929 Monopoli, collezione privata disegno a china su carta da lettera, cm 2,5x9 (cm 17,7x30 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo dei primi mesi del 1929, pubblicata nell’Epistolario. 221. Schizzo di figura con cappello, 1929-46 Castellana, Biblioteca Civica “Giacomo Tauro”, cart. D-II-a-64 disegno a china su carta, cm 9x10 (cm 21x27,5 intero foglio) Di difficile datazione; eseguito sul verso di uno dei fogli utilizzati per il racconto manoscritto “Un ritorno insperato”, pubblicato in De Bellis 1971. 222. Schizzo di cassapanca, 1929-46
CATALOGO RAGIONATO DELLE OPERE DI SERGIO NICOLÒ DE BELLIS OPERE GRAFICHE
Castellana, Biblioteca Civica “Giacomo Tauro”, cart. D-II-a-64 disegno a china su carta, cm 7,5x12 (cm 21x27,5 intero foglio) Di difficile datazione; eseguito a latere di uno dei fogli utilizzati per il racconto manoscritto “Una gita” (incompleto).
del 12 ottobre 1934, pubblicata nell’Epistolario.
223. Caricatura di un uomo obeso, 1929-46 Castellana, Biblioteca Civica “Giacomo Tauro”, cart. D-II-a-64 disegno a china su carta, cm 12x9 (cm 27,5x21 intero foglio) Di difficile datazione; eseguito sul verso di uno dei fogli utilizzati per il racconto manoscritto “Un sogno”, pubblicati in De Bellis 1971.
229. Come fu catturato il bandito Tim-Tom, 1935 pubblicato sul settimanale “Il Novellino”, a. II, n. 8 del 24 febbraio 1935
224. Gli umili, 21 febbraio 1934 Monopoli, collezione privata disegno a china acquerellata su carta da lettera, cm 11x14,2 (cm 28x22 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 21 febbraio 1934, pubblicata nell’Epistolario. 225. Schizzo di paesaggio pugliese (Sereno autunnale), 21 settembre 1934 Monopoli, collezione privata matita e acquerello su carta da lettera, cm 13x15,9 Foglio allegato ad una lettera a Luigi Russo del 21 settembre 1934, nell’Epistolario. Annotazione di Russo sul retro del foglio: «Sereno autunnale / Esposiz. Sind. Barese / riprodotta nel catalogo». 226. Il giudizio di Paride, 12 ottobre 1934 Monopoli, collezione privata disegno a china acquerellata su carta da lettera, cm 14x18 (cm 28,5x22,2 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 12 ottobre 1934, pubblicata nell’Epistolario. 227. Schizzo di uomo e cavallo impennato, 1934 Monopoli, collezione privata acquerello e china su carta da lettera, cm 14,2x11,6 Foglio allegato ad una lettera a Luigi Russo
228. L’appetito aguzza l’ingegno anche ai cani, 1935 pubblicato sul settimanale “Il Novellino”, a. II, n. 4 del 27 gennaio 1935
230. I ladri golosi e il cane poliziotto, 1935 pubblicato sul settimanale “Il Novellino”, a. II, n. 13 del 31 marzo 1935 231. Caccia alla tigre, 1935 pubblicato sul settimanale “Il Novellino”, a. II, n. 18 del 5 maggio 1935 firmato nell’ultima vignetta in basso a destra NICÒ 232. Punti di vista, 1935 pubblicato sul settimanale “Il Novellino”, a. II, n. 25 del 23 giugno 1935 233. Campionato ragazzi, 1935 pubblicato sul settimanale “Il Novellino”, a. II, n. 33 del 18 agosto 1935 firmato nell’ultima vignetta in basso a destra NICÒ 234. Sportivi ad ogni costo, 1935 pubblicato sul settimanale “Il Novellino”, a. II, n. 36 dell’8 settembre 1935 firmato nella quinta vignetta in basso a sinistra NICÒ 235. La Quadriennale, 1935 Monopoli, collezione privata disegno a china su carta da lettera, cm 3x7 (cm 28,5x22,2 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo non datata dell’aprile 1935, pubblicata nell’Epistolario. 236. Il giudizio di Paride (prima versione), 14 ottobre 1935
Monopoli, collezione privata disegno a china acquerellata su carta da lettera (2° foglio/4), cm 13,5x20 (cm 27x21 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 14 ottobre 1935, pubblicata nell’Epistolario.
Sindacale lombarda 1936 Acquistato nel marzo 1936 per lire 200 (assieme ad altri quattro disegni del pittore) dal Museo di Milano – Raccolta delle stampe e dei disegni. bibl.: Milano 1936/a
237. Il giudizio di Paride (seconda versione), 14 ottobre 1935 Monopoli, collezione privata disegno a china acquerellata su carta da lettera (3° foglio/4), cm 14,5x21 (cm 27x21 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 14 ottobre 1935, pubblicata nell’Epistolario.
242. Mezza figura femminile seduta, 1935 Milano, Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’Arte, inventario 2304/B/843 disegno a china acquerellata su carta, cm 27,2x21,2 esposizioni: Milano, Permanente, VII Sindacale lombarda 1936 Acquistato nel marzo 1936 per lire 200 (assieme ad altri quattro disegni del pittore) dal Museo di Milano – Raccolta delle stampe e dei disegni. bibl.: Milano 1936/a
238. Autoritratto (con l’acqua alla gola), 14 ottobre 1935 Monopoli, collezione privata disegno a china su carta da lettera (3° foglio/4), cm 3,5x5 (cm 27x21 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 14 ottobre 1935, pubblicata nell’Epistolario. 239. Donna seduta, 1935 Milano, Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’Arte, inventario 2301/B/840 disegno a china acquerellata su carta, cm 27,1x21,2 esposizioni: Milano, Permanente, VII Sindacale lombarda 1936 Acquistato nel marzo 1936 per lire 200 (assieme ad altri quattro disegni del pittore) dal Museo di Milano – Raccolta delle stampe e dei disegni. bibl.: Milano 1936/a 240. Studio di testa femminile, 1935 Milano, Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’Arte, inventario 2302/B/841 disegno a china acquerellata su carta, cm 27,2x21,2 esposizioni: Milano, Permanente, VII Sindacale lombarda 1936 Acquistato nel marzo 1936 per lire 200 (assieme ad altri quattro disegni del pittore) dal Museo di Milano – Raccolta delle stampe e dei disegni. bibl.: Milano 1936/a 241. Studio di testa virile, 1935 Milano, Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’Arte, inventario 2303/B/842 disegno a china acquerellata su carta, cm 27,1x21,2 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 35 esposizioni: Milano, Permanente, VII
243. Schizzetto di un nudo femminile, 17 marzo 1936 Monopoli, collezione privata disegno a china su carta da lettera (2° foglio/4), cm 2,3x1,9 (cm 19x14,5 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 17 marzo 1936, pubblicata nell’Epistolario. 244. Bozzetto di una natura morta metafisica, 17 marzo 1936 Monopoli, collezione privata disegno a china su carta da lettera (3° foglio/4), cm 8,2x8,1 (cm 19x14,5 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 17 marzo 1936, pubblicata nell’Epistolario. 245. Bozzetto di una composizione metafisica, 17 marzo 1936 Monopoli, collezione privata disegno a china su carta da lettera (4° foglio/4), cm 8,8x6,4 (cm 19x14,5 intero foglio) Realizzato in una lettera a Luigi Russo del 17 marzo 1936, pubblicata nell’Epistolario. 246. Ex libris Bolaffio, 1936 Milano, Civica Raccolta di Stampe “Bertarelli” Soggetto derivato dalla Natura morta metafisica esposta alla VII Sindacale lombarda del 1937. Il committente, Luigi Filippo Bolaffio, era il titolare della Galleria Piccola di Milano, presso la quale De Bellis allestì una personale nel febbraio 1938. 247. Studio di figura virile, 1936
Monopoli, collezione privata disegno a china acquerellata su carta da lettera, cm 28x22 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 36 Foglio allegato ad una lettera a Luigi Russo non datata del 1936, pubblicata nell’Epistolario. 248. Bozzetto del ritratto intitolato “Il ragazzo in blu”, 1938 Monopoli, collezione privata disegno a china acquerellata su carta da lettera, cm 15x12 Foglio allegato ad una lettera a Luigi Russo non datata (circa 22 marzo 1938), pubblicata nell’Epistolario. Annotazione di Luigi Russo: «Nei ritratti dei ragazzi – di cui il disegno che mi mandò in visione – De Bellis voleva rendere la pena dei suoi anni infantili. Amava poveri ragazzi che eseguiva con grande amore, pensando spesso ai romanzieri russi di cui era grande ed appassionato lettore. Autodidatta, lì aveva trovato se stesso!». 249. Cavalli, 1938 Milano, Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’Arte, inventario Aggiunte/398 disegno a matita e acquerello su carta, cm 48,5x66,5 firmato in basso a destra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Permanente, XIX Esposizione sociale degli acquerellisti lombardi 1938 Acquistato nel gennaio 1939 per lire 600 dal Museo di Milano – Raccolta delle stampe e dei disegni. bibl.: Milano 1938/c 250. Il logo del Cardo, 1938 pubblicato sul giornale satirico “Il Cardo”, numero d’esordio [a. I, n. 1], Putignano 1938 251. Vittorio Sabbatelli sul carretto, 1938 pubblicato sul giornale satirico “Il Cardo”, numero d’esordio [a. I, n. 1], Putignano 1938 firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS 252. Ritratto dell’amico Silvio, 1938 pubblicato sul giornale satirico “Il Cardo”, numero d’esordio [a. I, n. 1], Putignano 1938 Può darsi che il soggetto raffigurato sia lo scultore castellanese Silvio Pinto (18811943). 253. Ritratto di Domenico Sbiroli, 1938 pubblicato sul giornale satirico “Il Cardo”, numero d’esordio [a. I, n. 1], Putignano 1938
199
OPERE GRAFICHE
254. Ritratto di Tito De Michele, 1938 pubblicato sul giornale satirico “Il Cardo”, numero d’esordio [a. I, n. 1], Putignano 1938 255. Ritratto di Vincenzo Lovecchio, 1938 pubblicato sul giornale satirico “Il Cardo”, numero d’esordio [a. I, n. 1], Putignano 1938 256. Ritratto di Vincenzo Tria, 1938 pubblicato sul giornale satirico “Il Cardo”, numero d’esordio [a. I, n. 1], Putignano 1938
200
257. Antilope (n. 1/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 15x13,2 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”. bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 258. Coppia di antilopi, (n. 2/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 12,2x17 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”. bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 259. Leonessa (n. 3/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 12x17,6 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra
sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”. bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 260. Campagna di Castellana, contrada La Cupa (n. 4/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 17,5x23 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 39 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”. bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 261. Antilope (n. 5/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 15x17,7 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”.
bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 262. Antilope (n. 6/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 15x13,2 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”. bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 263. Testa di leonessa (n. 7/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 9,5x12,9 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”. bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 264. Antilope (n. 8/8), 1939 Milano, Museo della Permanente disegno a matita su carta, cm 12,5x16 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1939; Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955; Castellana, Salone delle Grotte, 1955; Milano, Permanente, “1896-1986 La Permanente: un secolo d’arte a Milano” 1986 Premio Emilio Malerba per il disegno; fa
parte di una serie di otto disegni acquistata nel novembre 1939 per lire 500 dalla Permanente in occasione della Mostra sociale autunnale, quale premio-acquisto “Malerba”. bibl.: Milano 1939/b, 1986; Bari 1955; Fiore 1955; Giacovazzo 1955; Montanaro 1955; Russo 1955, 1968; Venturoli 1955 265. Sulla spiaggia, 1939 ubicazione ignota firmato in basso a destra S. DE BELLIS esposizioni: Milano, Galleria Nova 1940 bibl.: Accetti 1940
S. DE BELLIS / 10-2-44 272. Primo ritratto della madre morente, 15 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a china su carta, cm 20,3x22,5 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 15-2-44 273. Secondo ritratto della madre morente, 16 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a china su carta, cm 20,1x22,5 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 16-2-44
266. Scena umoristica: “Buona Pasqua”, 1942 Ponte Lambro, collezione privata disegno a matita e acquerello su cartoncino, cm 15x10 firmato e datato sul margine destro in basso S. DE BELLIS / 42
274. Terzo ritratto della madre morente, 17 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a china su carta, cm 19,3x22,5 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 17-2-44
267. Primo ritratto del padre morente, 5 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a matita su carta, cm 19,2x22,5 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 5-2-44
275. Quarto ritratto della madre morente, 18 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a china su carta, cm 26,7x22,5 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 18-2-44
268. Secondo ritratto del padre morente, 5 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a matita su carta, cm 20,1x22,5 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 5-2-44
276. Quinto ritratto della madre morente, 18 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a china su carta, cm 19,5x22,5 firmato e datato in basso a destra S. DE BELLIS / 18-2-44
269. Terzo ritratto del padre morente, 5 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a matita su carta, cm 20x22,5 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 5-2-44
277. Leone in corsa, 1946 Ponte Lambro, collezione privata disegno a matita su un foglio di calendario, cm 13x13 firmato in basso a destra S. DE BELLIS
270. Ritratto del padre nella bara, 6 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a matita (con firma a china) su carta, cm 19,2x27 firmato e datato in basso a sinistra S. DE BELLIS / 5-2-44 271. Paesaggio pugliese con masseria, 10 febbraio 1944 Castellana, collezione privata disegno a china acquerellata su carta, cm 17,5x27 firmato e datato in basso a destra
cm 30x45 Realizzati sul retro di un dipinto raffigurante una “Natura morta”, firmata e datata 1946 (cfr. il catalogo dei dipinti, n. 205). Dei cinque schizzi, i tre in alto raffigurano la facciata di una chiesa, i due in basso raffigurano un colonnato (o forse la teca delle mummie della chiesa del Purgatorio a Monopoli) e un antico ciborio.
278. Leone e cavallo in corsa, 1946 Ponte Lambro, collezione privata disegno a matita su un foglio di calendario, cm 13x13 firmato in basso a destra DE BELLIS 279. Ritratto di Giselda Zoffili, 1946 Ponte Lambro, collezione privata disegno a matita su un foglio di calendario, cm 13x13 firmato in basso a destra S. DE BELLIS 280. Schizzi architettonici, 1946 Laterza, collezione privata disegno a matita su tavola di compensato,
201
S
ono di seguito elencate tutte quelle opere documentate dalle fonti (citazioni in lettere dell’artista o di altri, presenze nei cataloghi delle mostre personali e collettive, carte d’archivio, testimonianze dirette, etc.) che non è stato possibile rintracciare. Non si tiene conto delle opere di ubicazione ignota o non rintracciabili di cui esiste tuttavia un documento fotografico, ugualmente inserite nei cataloghi precedenti. La presente elencazione sarà utile pertanto a lasciare memoria (chissà: per degli studi successivi?) dell’attività pittorica conosciuta del De Bellis, nella speranza che alcune di queste opere possano in un futuro prossimo o lontano finalmente riemergere; d’altro canto, essa serve ad avere un’idea approssimativa della quantità del patrimonio artistico che lo riguarda. Non si può peraltro essere così certi dell’esistenza ancor oggi di molti di questi dipinti, dati i trascorsi biografici del pittore e le vicende della sua epoca: si pensi alla distruzione della sua casa-studio milanese nell’agosto 1943, alle tante distruzioni causate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale (compreso, tra l’altro, il palazzo della Permanente), ai saccheggi perpetrati nei giorni convulsi della liberazione (come avvenne alla Camera di Commercio di Milano); e si aggiungano negli anni successivi le dispersioni, le sottrazioni indebite, i furti. Davanti al problema della titolazione fin troppo ripetitiva dei soggetti (innumerevoli i paesaggi, le nature morte, le marine), e al rischio di includervi opere già catalogate, ho ritenuto opportuno adottare dei criteri di media restrizione: sono elencati quei dipinti che lo scrivente ha ritenuto, nell’insieme assoluto delle opere, esenti dal rischio predetto. La relativa datazione è sempre presunta, e generalmente desunta dai documenti. Siccome poi non siamo infallibili (parlo a nome della categoria, quella di chi percorre per mestiere o per vocazione il doloroso sentiero della ricerca), vi metto in conto un certo margine di errore, che però viene automaticamente compensato da tutti quei casi di opere affatto ignote, e pertanto sfuggite all’inclusione in uno dei tre cataloghi.
281. Copertina di Evangelario, 1924 saggio per l’esame finale del corso di decorazione alla scuola d’arte del Castello Sforzesco di Milano; menzionata dal Russo (che la vide personalmente) nel discorso inaugurale alla mostra retrospettiva di Castellana, il 2 ottobre 1955. 282. Verso l’ignoto, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 1 del catalogo). 283. Capriccioso, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 2 del catalogo). 284. Milano, piazza Mentana, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 3 del catalogo). 285. Milano, Sant’Ambrogio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 4 del catalogo). 286. Cortile della Certosa di Garegnano, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico,
CATALOGO RAGIONATO DELLE OPERE DI SERGIO NICOLÒ DE BELLIS OPERE NON RINTRACCIATE
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Personale 1929 (n. 7 del catalogo).
Personale 1929 (n. 18 del catalogo).
287. Milano, viale Monza, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 9 del catalogo).
293. Vigilia d’esami, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 19 del catalogo).
288. Milano, corso Buenos Aires, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 10 o 17 del catalogo; l’altro dipinto del medesimo soggetto è nel catalogo dei dipinti, n. 30).
294. Rose, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 20 del catalogo).
289. Milano, Giardini pubblici, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 12 del catalogo). 290. Serritella pugliese, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 13 del catalogo). 291. Milano, Sant’Ambrogio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 15 del catalogo). 292. Milano, Sant’Alessandro, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico,
295. Studio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 21 del catalogo). 296. Bozzetto del quadro “La partenza”, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 22 del catalogo). 297. Paese di Puglia, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 24 del catalogo). 298. Dolce riposo, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 25 del catalogo).
OPERE NON RINTRACCIATE
299. Castellana, il Casalicchio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 26 del catalogo). 300. Trullo, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 27 del catalogo). 301. Studio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 28 del catalogo). 302. Dopo il tramonto, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 30 del catalogo). 303. Castellana, il Convento degli Alcantarini, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 31 del catalogo). 304. Contadina pugliese, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 32 del catalogo).
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305. Ricordi di Puglia, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 33 del catalogo). 306. Macchie di sole, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 34 del catalogo). 307. Un angolo del mio studio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 35 del catalogo). 308. Agosto in Puglia, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 36 del catalogo). 309. Querce, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 38 del catalogo). 310. Impressione, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 39 del catalogo). 311. Studio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 40 del catalogo). 312. Adriana, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 41 del catalogo). 313. Colline nocesi, 1925-29
esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 42 del catalogo). 314. Milano, l’Arco della Pace, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 44 del catalogo). 315. Milano, Santa Maria delle Grazie, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 45 del catalogo). 316. Castellana, la stazione ferroviaria, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 47 del catalogo). 317. Milano, cortile del Castello Sforzesco, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 48 del catalogo). 318. Boheme, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 49 del catalogo). 319. Disegno (composizione Rinascimento), 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 50 del catalogo). 320. Prima neve, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 51 del catalogo). 321. Dopo la pioggia, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 53 del catalogo). 322. Milano, Foro Bonaparte, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 54 del catalogo). 323. Solitudine, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 55 del catalogo). 324. Milano, Naviglio di via Vallone, 192529 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 56 del catalogo); non è possibile identificarlo con certezza nel dipinto raffigurante un naviglio milanese oggi nel Municipio di Castellana, datato 1929 [31]. 325. Alle falde delle Murge, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 57 del catalogo).
326. Castellana, largo Porta Grande, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 58 del catalogo). 327. Natura morta, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (delle quattro opere dello stesso soggetto, due sono identificabili con gli esemplari datati 1928 nella collezione municipale castellanese; altre due possono rientrare tra i nn. 8, 29, 52 e 59 del catalogo). 328. Natura morta, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (cfr. la scheda precedente). 329. Milano, piazza Castello, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 60 del catalogo). 330. Scorcio di bosco, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 61 del catalogo). 331. Pronto per il the, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 62 del catalogo). 332. Incertezza, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 63 del catalogo). 333. Ottobre, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 64 del catalogo). 334. La mia finestra, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 65 del catalogo). Sicuramente non è da identificarsi con la Veduta dell’arco Pascale dal balcone di casa, del 1929, ora in collezione privata a Monopoli; suppongo si tratti di una finestra della sua casa milanese di piazza Mentana. 335. Ritratto di bimbo, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 67 del catalogo). 336. Studio per il quadro “La partenza”, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 68 del catalogo). 337. Torna il sereno, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 69 del catalogo).
338. Danzatrice russa, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 70 del catalogo).
351. Dipinto/i Viterbo, 1925-46 già nella collezione di Michele Viterbo, Castellana.
339. Sacro Monte di Varese, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 71 del catalogo).
352. Paesaggio, 1925-46 già nella collezione del prof. Vito Lenti, Castellana.
340. Campagna lombarda, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (delle due opere dello stesso soggetto, una è identificabile con il dipinto datato 1929 di ubicazione ignota; l’altra può rientrare tra i nn. 11 e 72 del catalogo).
353. Beatrice Cenci, 1927 illustrazioni per un almanacco; dichiarazione del pittore in una lettera a Luigi Russo del gennaio 1928, pubblicata in questo volume (Monopoli, archivio privato Vito Saponara).
341. Conversano, chiesa del collegio, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 73 del catalogo). 342. Milano, la darsena di Porta Genova, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 74 del catalogo). 343. Milano, il Castello Sforzesco, 1925-29 esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 75 del catalogo). 344. Dipinto Di Masi (n. 1/3), 1925-46 già nella collezione di Irene Di Masi, Castellana. 345. Dipinto Di Masi (n. 2/3), 1925-46 già nella collezione di Irene Di Masi, Castellana. 346. Dipinto Di Masi (n. 3/3), 1925-46 già nella collezione di Irene Di Masi, Castellana. 347. Dipinto Miccolis, 1925-46 Castellana, collezione Miccolis. 348. Ritratto di bambino, 1925-46 Monopoli, collezione del prof. Giovanni Maizza; il dipinto non è stato visionato per la mancanza di collaborazione del proprietario. 349. Campagna di Polignano, veduta della casina di Andrea Longo in contrada Serra di Grosso, 1925-46 già nella collezione di Carlo Mancini, Castellana. 350. Dipinto/i Manghisi, 1925-46 già nella collezione di una non meglio identificata signorina Manghisi, di origini castellanesi, in Monopoli.
354. Selva di Fasano, 1928 già a Bari, Palazzo Comunale; dipinto ad olio, non risulta negli inventari del Comune di Bari esposizioni: Bari, Circolo artistico, Personale 1929 (n. 23 del catalogo); acquistato dall’Ente in tale occasione. 355. I re magi portano i doni al presepio, 1928 dichiarazione del pittore in una lettera a Luigi Russo del gennaio 1928, pubblicata in questo volume (Monopoli, archivio privato Vito Saponara). 356. Trulli di Cozzana, 1928-29 dipinto a olio, cm 58x68; dichiarazione del pittore in una lettera a Luigi Russo dei primi mesi del 1929, pubblicata in questo volume (Monopoli, archivio privato Vito Saponara). 357. Veduta di Monopoli dal mare, 1928-29 dipinto a olio, cm 55x65; dichiarazione del pittore in una lettera a Luigi Russo dei primi mesi del 1929, pubblicata in questo volume (Monopoli, archivio privato Vito Saponara). Non può identificarsi col dipinto di soggetto analogo del 1929 nel municipio di Castellana, poiché le misure non coincidono. 358. La partenza, 1928-29 Opera di cui si conoscono bozzetti e studi, forse identificabile col ritratto altrimenti definito Figura (Pensieroso?) del 1928, pubblicato in Russo 1929. 359. Dipinto/i La Rocca, 1929-34 presente nella collezione del commendator La Rocca di Bari (una o più opere). Dichiarazione del pittore nella scheda informativa redatta per l’Archivio storico d’arte contemporanea della Biennale di Venezia, datata 15 novembre 1934. 360. Dipinto/i D’Atri, 1929-34
presente nella collezione del ragionier D’Atri di Milano (una o più opere). Dichiarazione del pittore nella scheda informativa redatta per l’Archivio storico d’arte contemporanea della Biennale di Venezia, datata 15 novembre 1934. 361. Dipinto/i Manaresi, 1929-34 presente nella collezione del professor Alfonso Manaresi di Milano (una o più opere). Dichiarazione del pittore nella scheda informativa redatta per l’Archivio storico d’arte contemporanea della Biennale di Venezia, datata 15 novembre 1934. 362. Dipinto/i Berlanda, 1929-46 Secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, una o più opere si trovavano presso la Galleria d’arte Berlanda, in corso Venezia n. 36 a Milano (Castellana, archivio privato Michele Intini). Secondo la testimonianza di Mario Zoffili, in una lettera a Stella De Bellis del 25 marzo 1947, pubblicata in questo volume, il titolare della galleria, Giuseppe Berlanda fece un’offerta per l’acquisto di un gruppo di dipinti. Non sappiamo se in seguito vi fu l’acquisto. 363. Dipinto/i Gian Ferrari, 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, una o più opere si trovavano presso la Galleria d’arte Gian Ferrari, all’epoca (1946-47, e tre già esposte nel 1943, come afferma Ugo Carreca) in via Clerici a Milano; dato confermato dalla testimonianza del Carreca, nella sua lettera al De Bellis pubblicata in questo volume (Castellana, archivio privato Michele Intini) e da altra testimonianza di Leo Spaventa Filippi, in relativa lettera a Stella De Bellis, anch’essa ivi pubblicata (Castellana, archivio privato Michele Intini). 364. Dipinto/i Brivio, 1929-46 Secondo la testimonianza di Mario Zoffili, in una lettera a Stella De Bellis del 25 marzo 1947, pubblicata in questo volume, il ragioniere Giovanni Brivio (una delle cinque persone incaricate di liquidare il patrimonio artistico lasciato nello studio di via del Bollo alla morte del pittore) fece un’offerta per l’acquisto di un gruppo di dipinti. Non sappiamo se vi fu alcun acquisto; è tuttavia certo che il Brivio ebbe in omaggio alcuni acquerelli a titolo di compensazione per l’incarico espletato (Castellana, archivio privato Michele Intini). 365. Dipinto/i Marzano, 1929-46 Secondo la testimonianza di Giovanni, fratel-
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OPERE NON RINTRACCIATE
lo del pittore, una o più opere si trovavano presso il pittore Ennio Marzano, all’epoca residente in Foro Bonaparte n. 48 a Milano (Castellana, archivio privato Michele Intini). 366. Dipinto/i Marconi, 1929-46 Secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il corniciaio milanese Egisto Marconi trattenne alcune opere del pittore in conto avere per precedenti crediti nei suoi confronti (Castellana, archivio privato Michele Intini). 367. Dipinto/i Viganò, 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il corniciaio milanese Giuseppe Viganò trattenne alcune opere del pittore in conto avere per precedenti crediti nei suoi confronti (Castellana, archivio privato Michele Intini).
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368. Acquerello cognato Bonfanti (n.1/6), 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il cognato di Silvio Bonfanti acquistò sei acquerelli per lire 50 mila (Castellana, archivio privato Michele Intini). 369. Acquerello cognato Bonfanti (n. 2/6), 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il cognato di Silvio Bonfanti acquistò sei acquerelli per lire 50 mila (Castellana, archivio privato Michele Intini). 370. Acquerello cognato Bonfanti (n. 3/6), 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il cognato di Silvio Bonfanti acquistò sei acquerelli per lire 50 mila (Castellana, archivio privato Michele Intini). 371. Acquerello cognato Bonfanti (n. 4/6), 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il cognato di Silvio Bonfanti acquistò sei acquerelli per lire 50 mila (Castellana,
archivio privato Michele Intini). 372. Acquerello cognato Bonfanti (n. 5/6), 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il cognato di Silvio Bonfanti acquistò sei acquerelli per lire 50 mila (Castellana, archivio privato Michele Intini). 373. Acquerello cognato Bonfanti (n. 6/6), 1929-46 secondo la testimonianza di Giovanni, fratello del pittore, in una lettera alla sorella Stella del 26 maggio 1947, pubblicata in questo volume, il cognato di Silvio Bonfanti acquistò sei acquerelli per lire 50 mila (Castellana, archivio privato Michele Intini). 374. Castellana, cancello della masseria Serritella, 1930-35 dipinto ad olio, versione definitiva del bozzetto in collezione privata castellanese [57]; già in collezione di Paul & Maria Vesco, località Jamul – La Crescenta, California, Stati Uniti d’America. 375. S. Antonio parla ai pesci, 1932-33 esposizioni: Milano, Mostra dell’arte sacra 1933. 376. Bambino con libro, 1932-33 esposizioni: Milano, Permanente, Esposizione sociale autunnale 1933 (n. 51 del catalogo); Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 31 del catalogo). Forse da identificarsi col Bambino che legge citato in una lettera a Luigi Russo del 9 novembre 1933, pubblicata in questo volume (Monopoli, archivio privato Vito Saponara). 377. Bambino con racchetta, 1932-33 esposizioni: Milano, Permanente, Esposizione sociale autunnale 1933 (n. 62 del catalogo); Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 26 del catalogo). 378. Nevicata, 1932-33 esposizioni: Milano, Permanente, Esposizione sociale autunnale 1933 (n. 119 del catalogo); Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 32 del catalogo); Milano, Permanente, Esposizione sociale, febbraio 1935 (n. 282 del catalogo). 379. Cartelli per la Fiera Campionaria di Milano, 1933
dichiarazione del pittore in una lettera a Luigi Russo dell’aprile 1933 (Monopoli, archivio privato Vito Saponara). 380. La lezione di boxe, 1933 esposizioni: Firenze, Palazzo del Parterre di S. Gallo, I Intersindacale – Sindacale nazionale 1933 (per la medesima mostra fu presentato pure un Paesaggio di Puglia; ma non si può escludere che quest’ultimo dipinto sia da individuarsi in uno dei paesaggi realizzati negli anni 1931-33). 381. Piazza Sant’Ambrogio, 1933-34 esposizioni: Milano, Permanente, Esposizione sociale, febbraio 1934 (n. 218 del catalogo). 382. Ritratto di Franco De Agazio, 1933-34 esposizioni: Milano, Permanente, Esposizione sociale, febbraio 1934 (n. 219 del catalogo). 383. Paese lombardo, 1933-34 esposizioni: Milano, Permanente, V Sindacale lombarda 1934 (n. 22 del catalogo). Opera premiata dalla Confederazione professionisti e artisti nel 1934. 384. Gli umili, 1934 Quadro in lavorazione menzionato in una lettera a Luigi Russo del 21 febbraio 1934, pubblicata in questo volume (Monopoli, archivio privato Vito Saponara). Dell’opera si conosce il bozzetto (cfr. il Catalogo delle opere grafiche). 385. Lago di Como, 1934-35 esposizioni: Como, mostra del paesaggio lariano; Milano, Permanente, Esposizione sociale, febbraio 1935 (n. 281 del catalogo). 386. Paesaggio, 1934-35 già nella collezione del pittore Arturo Tosi, Milano; esposizioni: Milano, Permanente, Esposizione sociale, febbraio 1935 (n. 280 del catalogo). Opera acquistata dalla Società Permanente per lire 100 e toccata in sorte al Tosi (Milano, Archivio del Museo della Permanente, Registro degli acquisti di opere di soci da parte della Società). 387. Paese della Brianza, 1934-35 esposizioni: Milano, Permanente, VI Sindacale lombarda 1935 (n. 69 del catalogo). 388. Il giudizio di Paride (I versione), 1934-35 esposizioni: Milano, Permanente, Esposizione sociale autunnale 1935 (n. 188 del catalogo). 389. Il giudizio di Paride (II versione), 1934-35
quadro in lavorazione menzionato in una lettera a Luigi Russo del 14 ottobre 1935, pubblicata in questo volume (Monopoli, archivio privato Vito Saponara). Dell’opera si conosce il bozzetto [237]. 390. Ragazzi sulla spiaggia, 1934-36 già in deposito presso la Permanente; testimonianza del pittore in una lettera non datata (pubblicata in questo volume) del marzo 1936 indirizzata alla segreteria della Permanente (Milano, Archivio del Museo della Permanente, Faldone 1936). 391. Paesaggio, 1934-36 esposizioni: Venezia, XX Biennale Internazionale d’Arte 1936 (sala XLIX, n. 10 del catalogo). 392. Castellana, la via di Genna, 1934-37 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 2 del catalogo).
402. Milano, via Olocati, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 11 del catalogo). 403. Frutta, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 12 del catalogo). 404. Conchiglie, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 13 del catalogo). 405. Ritratto di Giovannino, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 14 del catalogo). 406. I selciatori, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 15 del catalogo). 407. Paesaggio di Meda, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 16 del catalogo).
393. Castellana, il Convento degli Alcantarini, 1934-37 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 3 del catalogo).
408. Funghi e fiori, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 19 del catalogo).
394. Paesaggio barese, 1934-37 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 25 del catalogo).
409. Contadini lombardi, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 20 del catalogo).
395. Agosto in Puglia, 1934-37 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 27 del catalogo).
410. Fiori, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 30 del catalogo).
396. Putignano, 1934-37 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 36 del catalogo).
411. Strumenti musicali, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 33 del catalogo).
397. Periferia (Porta Genova), 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 4 del catalogo).
412. Fiori, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 34 del catalogo).
398. Villapizzone, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 7 del catalogo).
413. Milano, viale Monza, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 37 del catalogo).
399. Anemoni, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 8 del catalogo). 400. Ritratto della signora Doria, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 9 del catalogo).
414. Milano, piazzale Oberdan, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 38 del catalogo).
401. Paesaggio a Monza, 1934-38 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 10 del catalogo).
415. Uva nera, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano (residente intorno agli anni 1946-47 in viale Bianca Maria n. 31); esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n.
339 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 18 del catalogo). 416. Le amiche, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 341 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 5 del catalogo, col titolo Figure). 417. Paesaggio pugliese I, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 342 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 22 o 28, 36, 37 del catalogo). 418. Paesaggio pugliese II, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 344 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 22 o 28, 36, 37 del catalogo). 419. Paesaggio pugliese III, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 354 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 22 o 28, 36, 37 del catalogo). 420. Paesaggio pugliese IV, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 374 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 22 o 28, 36, 37 del catalogo). 421. Natura morta con cachi, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 364 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 3 del catalogo, col titolo Frutta). 422. Natura morta (uva e mele), 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 370 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 21 del catalogo).
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OPERE NON RINTRACCIATE
423. Pere, 1934-46 già nella collezione di Silvio Bonfanti, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 371 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 19 del catalogo). 424. Paesaggio I (n. 1/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza (residente intorno agli anni 1946-47 in via Alessandro Volta n. 5); esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 345 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 2 del catalogo). Secondo un elenco dattiloscritto compilato nel 1947 da Giovanni, fratello del pittore (Castellana, archivio privato Michele Intini), il Reali acquistò ventidue dipinti del De Bellis per una somma totale di lire 45 mila.
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425. Paesaggio II (n. 2/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 347 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 6 del catalogo). 426. Paesaggio III (n. 3/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 350 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 30 o 32, 33, 35, 38 del catalogo). 427. Paesaggio IV (n. 4/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 351 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 30 o 32, 33, 35, 38 del catalogo). 428. Paesaggio V (n. 5/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 352 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 30 o 32, 33, 35, 38 del catalogo). 429. Paesaggio pugliese I (n. 6/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea
del “Maggio di Bari” 1955 (n. 355 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 23 o 25, 30, 32, 33, 35, 38 del catalogo). 430. Paesaggio pugliese II (n. 7/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 356 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 23 o 25, 30, 32, 33, 35, 38 del catalogo). 431. Paesaggio pugliese III (n. 8/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 359 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 23 o 25, 30, 32, 33, 35, 38 del catalogo). 432. Paesaggio pugliese IV (n. 9/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 375 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 30 o 32, 33, 35, 38 del catalogo). 433. Dipinto Reali (n. 10/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 434. Dipinto Reali (n. 11/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 435. Dipinto Reali (n. 12/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 436. Dipinto Reali (n. 13/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 437. Dipinto Reali (n. 14/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 438. Dipinto Reali (n. 15/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 439. Dipinto Reali (n. 16/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 440. Dipinto Reali (n. 17/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 441. Dipinto Reali (n. 18/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 442. Dipinto Reali (n. 19/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza.
443. Dipinto Reali (n. 20/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 444. Dipinto Reali (n. 21/21), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Reali, Monza. 445. Ragazza con Mandola, 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Canù (o Cantù, se si trattasse di un refuso), Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 361 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 12 del catalogo, col titolo Ritratto). 446. Uva bianca, 1934-46 già nella collezione di Ernesto Cattaneo, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 365 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 14 o 26 del catalogo, col titolo Natura morta). 447. Paesaggio pugliese, 1934-46 già nella collezione di Ernesto Cattaneo, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 367 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 20 del catalogo). 448. Fichi, 1934-46 già nella collezione di Ernesto Cattaneo, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 368 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 14 o 26 del catalogo, col titolo Natura morta). 449. San Nicola di Genna, 1934-46 già nella collezione di Luigi Pagano, Pontecurone; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 366 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 24 del catalogo). 450. Veduta di Monopoli, 1934-46 già nella collezione di Mario Zoffili, Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 369 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 11 del catalogo). Da non confondersi con Marina di Monopoli, del 1946, in collezione privata lombarda, esposta nelle medesime mostre a Bari (n. 373 del catalogo) e Castellana (n. 13 del catalogo).
451. Uva bianca, 1934-46 già nella collezione di Mary Anny Guzzoni (o Cuzzoni), Milano; esposizioni: Bari, Castello Svevo, V Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” 1955 (n. 376 del catalogo); Castellana, Salone delle Grotte, 1955 (n. 10 del catalogo, col titolo Natura morta). 452. Dipinto Castelli (n. 1/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano (residente intorno agli anni 1946-47 in piazza Fontana n. 1). Secondo un elenco dattiloscritto compilato nel 1947 da Giovanni, fratello del pittore (Castellana, archivio privato Michele Intini), il Castelli acquistò otto dipinti del De Bellis per una somma totale di lire 56 mila. 453. Dipinto Castelli (n. 2/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano. 454. Dipinto Castelli (n. 3/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano. 455. Dipinto Castelli (n. 4/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano. 456. Dipinto Castelli (n. 5/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano. 457. Dipinto Castelli (n. 6/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano. 458. Dipinto Castelli (n. 7/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano. 459. Dipinto Castelli (n. 8/8), 1934-46 già nella collezione di Giuseppe Castelli, Milano. 460. Dipinto Stuani (n. 1/5), 1934-46 acquerello; già nella collezione di Ettore Stuani, Milano. Secondo un elenco dattiloscritto compilato nel 1947 da Giovanni, fratello del pittore (Castellana, archivio privato Michele Intini), lo Stuani acquistò cinque acquerelli del De Bellis per una somma totale di lire 20 mila. 461. Dipinto Stuani (n. 2/5), 1934-46 acquerello; già nella collezione di Ettore
Stuani, Milano. 462. Dipinto Stuani (n. 3/5), 1934-46 acquerello; già nella collezione di Ettore Stuani, Milano. 463. Dipinto Stuani (n. 4/5), 1934-46 acquerello; già nella collezione di Ettore Stuani, Milano. 464. Dipinto Stuani (n. 5/5), 1934-46 acquerello; già nella collezione di Ettore Stuani, Milano. 465. Dipinto Novelli (n. 1/3), 1934-46 già nella collezione di Guerino Novelli, Milano (residente intorno agli anni 1946-47 in piazza San Materno n. 10). Secondo un elenco dattiloscritto compilato nel 1947 da Giovanni, fratello del pittore (Castellana, archivio privato Michele Intini), il Novelli acquistò tre opere del De Bellis per una somma totale di lire 12 mila. 466. Dipinto Novelli (n. 2/3), 1934-46 già nella collezione di Guerino Novelli, Milano. 467. Dipinto Novelli (n. 3/3), 1934-46 già nella collezione di Guerino Novelli, Milano. 468. Ritratto di Antonella Mancini, 1935-46 già nella collezione di Carlo Mancini, Castellana. 469. Bambino in blu, 1936 esposizioni: Milano, Piccola Mostra, Personale 1938 (n. 28 del catalogo). 470. Coppia di cavalli (uno bianco e uno nero), 1936-46 acquerello, cm 50x70; già nella collezione di Mario Zoffili. Dipinto trafugato dalla residenza di Proserpio tra la fine degli anni sessanta e gli inizi dei settanta del XX secolo. 471. Paesaggio con cavalli, 1936-46 acquerello, cm 50x70; già nella collezione di Mario Zoffili. Dipinto trafugato dalla residenza di Proserpio tra la fine degli anni sessanta e gli inizi dei settanta del XX secolo. 472. Lo sconosciuto, 1938 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale primaverile 1938 (n. 256 del catalogo). 473. Istrumenti musicali e fiori, 1938
esposizioni: Milano, Accademia di Brera, Concorso di pittura “Premio E. Mylius” (n. 344 del catalogo). 474. Disegni, 1938 esposizioni: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno 1938 (n. 354 del catalogo). 475. Signora con borsetta, 1938-40 esposizioni: Milano, Casa d’artisti, Personale 1941. 476. Natura morta con pere, mele e uva nera, 1938-40 esposizioni: Milano, Casa d’artisti, Personale 1941. 477. Ritratto del pittore Mario della Foglia, 1939-40 esposizioni: Milano, Permanente, II Sindacale provinciale di Milano (n. 56 del catalogo); Milano, Casa d’artisti, Personale 1941. 478. Studio di animali, 1939-40 disegno; esposizioni: Milano, Permanente, II Sindacale provinciale di Milano (n. 491 del catalogo, sezione “bianco e nero”). 479. Dipinto, 1940-43 premio acquisto del Ministero dell’Educazione a Milano; non è stato possibile risalire a data e occasione dell’acquisto. 480. Vecchia Milano, 1941 già nelle Civiche Raccolte d’arte del Comune di Milano con inventario n. 7057; firmato in basso a sinistra S. DE BELLIS; esposizioni: Milano, Permanente, III Sindacale provinciale di Milano (n. 268 del catalogo); acquistata in tale occasione dalla Galleria d’arte moderna di Milano per lire 1500, e data in deposito alla Camera di Commercio, risulta dispersa dal 1945. 481. Paesaggio pugliese, 1943 dipinto a olio; dalla Società Permanente sorteggiato e toccato in sorte a Giacomo Habersaat (Milano, Archivio del Museo della Permanente, Registro degli acquisti di opere di soci da parte della Società, sorteggio del 6 luglio 1943). 482. Paesaggio pugliese, 1943 acquerello, cm 32x48; già nella collezione di Mario Zoffili, dono degli eredi del pittore nel maggio 1947, quale disobbligo per la partecipazione alla “commissione dei cinque” (per la liquidazione del patrimonio artistico
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OPERE NON RINTRACCIATE
del De Bellis, lasciato nello studio di via del Bollo alla sua morte). 483. Ritratto del nipote Pinù Intini (n. 1/2), 1944-46 dipinto a olio; dalla testimonianza di Pinù Intini: «All’epoca avevo circa cinque anni. Ricordo di aver posato per almeno altri due quadri di mio zio». 484. Ritratto del nipote Pinù Intini (n. 2/2), 1944-46 dipinto a olio; vedi scheda precedente. 485. Primavera, 1946 dipinto a olio, cm 16x22; esposizioni: Milano, Galleria Italiana d’Arte, Mostra delle quattro stagioni 1946. 486. Estate, 1946 dipinto a olio, cm 16x22; esposizioni: Milano, Galleria Italiana d’Arte, Mostra delle quattro stagioni 1946.
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487. Autunno, 1946 dipinto a olio, cm 16x22; esposizioni: Milano, Galleria Italiana d’Arte, Mostra delle quattro stagioni 1946. 488. Inverno, 1946 dipinto a olio, cm 16x22; esposizioni: Milano, Galleria Italiana d’Arte, Mostra delle quattro stagioni 1946.
APPENDICE: UN FALSO Nel 2003 fu venduto all’asta un Paesaggio lacustre del 1931, opera dichiarata di Sergio De Bellis (olio su tela, cm 20x31), dalla casa d’aste Meeting Art di Vercelli. Tale dipinto è stato rintracciato dallo scrivente in una collezione privata a Bari: da un’accurata analisi dell’opera si evince trattarsi di un palese falso, per evidenti difformità stilistiche, documentarie e grafologiche. In sintesi, il quadro presenta un’immagine qualitativamente mediocre, sul piano formale del tutto estranea alla condotta figurativa del De Bellis dei primi anni trenta. In basso a destra, seminascosta dalla cornice, si trova anche una firma, leggibile “VITTO”, che la casa d’aste spaccia per pseudonimo del De Bellis: un’affermazione che non sta né in cielo né in terra. L’attribuzione della casa d’aste sembra essere giustificata dalla presenza di un’iscrizione sul retro, “S. DE BELLIS” che però risulta, nel confronto con gli originali autografi del pittore castellanese, apocrifa e tendenziosa.
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CRONOLOGIA 1898 - 1946 Abbreviazioni: AMP Archivio del Museo della Permanente di Milano ASAC Archivio storico d’arte contemporanea della Biennale di Venezia ASSAP Archivio scuola superiore d’arte applicata all’industria del Castello Sforzesco, Milano BCC Biblioteca Civica di Castellana Grotte
S
ono di seguito riportate informazioni biografiche generali, eventi significativi riguardanti la sua attività artistica, mostre personali ed esposizioni collettive cui prese parte. Molte informazioni si ricavano dalle sue dichiarazioni nei piccoli cataloghi e in vari documenti e carte private; pertanto possono risultare, ove non riscontrabili, generiche, imprecise, parziali. Laddove possibile sono stati riportati, nell’ordine: data, città, sede logistica e/o titolo dell’esposizione, eventuali premi, menzioni, riconoscimenti, tra parentesi quadre l’elenco delle opere in catalogo, tra parentesi tonde la fonte archivistica. Non vengono inclusi i singoli dipinti, ancorché di datazione certa, già inseriti nel Catalogo ragionato, ad eccezione di quelli presenti negli elenchi summenzionati di mostre. 1898 8 marzo, alle ore 16: nasce a Castellana da Giuseppe Leone e Anna Maria Insalata. All’anagrafe del Comune viene registrato con data di nascita 11 marzo (Castellana, Archivio Comunale, Stato Civile, 1898); battezzato il 17 marzo nella chiesa madre di S. Leone Magno (Castellana, Archivio parrocchiale di S. Leone Magno, Registri battesimali, 1898, n. 5953). 1916? Presunto anno del trasferimento a Milano: così l’artista dichiara nel pieghevole della mostra alla Casa d’artisti di Milano, del 1941, contenente varie inesattezze (calcolate?): «Sono nato a Castellana (Bari) quarant’anni fa, e da venticinque vivo a Milano».
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1917 chiamata alle armi nel Regio Esercito. 1918 autunno: si iscrive presso la Scuola superiore d’arte applicata all’industria del Castello Sforzesco di Milano, dove frequenta i corsi della sezione Ornamentale, matr. n. 164, per l’a. s. 1918-19; nella scheda personale è segnalata una menzione nello spazio delle premiazioni (ASSAP, scheda studente De Bellis Nicolò). 1919 autunno: si iscrive e frequenta il secondo anno dei corsi della sezione Ornamentale, matr. n. 85, per l’a. s. 1919-20; è segnalata una “medaglia d’argento”, “2° gr.[aduato]” (ASSAP, scheda studente De Bellis Nicolò). 1920 autunno: si iscrive e frequenta il primo anno della sezione Pittura decorativa, matr. n. 83, per l’a. s. 1920-21 (ASSAP, scheda studente De Bellis Nicolò). 1921 autunno: si iscrive e frequenta il secondo anno della sezione Pittura decorativa, matr. n. 237, per l’a. s. 1921-22 (ASSAP, scheda studente De Bellis Nicolò). 1922 autunno: si iscrive e frequenta il terzo anno della sezione Pittura decorativa, matr. n. 157, per l’a. s. 1922-23 (ASSAP, scheda studente De Bellis Nicolò). 1923 autunno: si iscrive e frequenta il quarto anno della sezione Pittura decorativa, matr. n. 302, per l’a. s. 1923-24; “Licenziato” (ASSAP, scheda studente De Bellis Nicolò). 1926 Roma, VII centenario francescano. 1927 Bologna, Il Paesaggio italico.
1928 Torino promotrice [tra le opere in catalogo: Agosto in Puglia]. 1929 maggio-giugno: Milano, Permanente, Mostra del Naviglio [opera in catalogo, sala V, n. 266: Via Vallone]; ottobre: Bari, Circolo Artistico, personale [opere in catalogo: 1. Verso l’ignoto, 2. Capriccioso, 3. Piazza Mentana (Milano), 4. S. Ambrogio (Milano), 5. Castellana, panorama, 6. Milano moderna, Porta Venezia, 7. Cortile della Certosa di Garegnano, 8. Natura morta, 9. Viale Monza, Milano, 10. Corso Buenos-Aires, Milano, 11. Campagna lombarda, 12. Giardini pubblici, Milano, 13. Seritella pugliese, 14. Autoritratto, 15. S. Ambrogio, Milano, 16. Prime luci*, 17. Corso Buenos-Aires, Milano, 18. S. Alessandro, Milano, 19. Vigilia d’esami, 20. Rose, 21. Studio, 22. Bozzetto del quadro “La Partenza”, 23. Selva di Fasano**,24. Paese di Puglia, 25. Dolce riposo, 26. Castellana (Casalicchio), 27. Trullo, 28. Studio, 29. Natura morta, 30. Dopo il tramonto, 31. Convento degli Alcantarini, 32. Contadina pugliese, 33. Ricordi di Puglia, 34. Macchie di sole, 35. Un angolo del mio studio, 36. Agosto in Puglia, 37. Campagna pugliese, 38. Querce, 38. Impressione, 40. Studio, 41. Adriana, 42. Colline nocesi, 43. Crisantemi, 44. Arco della Pace (Milano), 45. Santa Maria delle Grazie, 46. Pensieroso, 47. Stazione ferroviaria (Castellana), 48. Cortile del Castello Sforzesco (Milano), 49. Bohéme, 50. Disegno (composizione Rinascimento), 51. Prima neve, 52. Natura morta, 53. Dopo la pioggia, 54. Foro Bonaparte (Milano), 55. Solitudine, 56. Naviglio di via Vallone (Milano), 57. Alle falde delle Murge, 58. Castellana, Largo Porta Grande, 59. Natura morta, 60. Piazza Castello (Milano), 61. Scorcio di bosco, 62. Pronto per il thé, 63. Incertezza, 64. Ottobre, 65. La mia finestra, 66. Strada campestre, 67. Ritratto di Bimbo, 68. Studio per il quadro “La partenza”, 69. Torna il sereno, 70. Danzatrice russa, 71. Sacro Monte, Varese, 72. Campagna lombarda, 73. Chiesa del Collegio, Conversano, 74. La Darsena di Porta Genova, Milano, 75. Castello Sforzesco, Milano; *acquistato dalla Pinacoteca Provinciale di Bari; **acquistato dal Comune di Bari]; 13-27 ottobre: Torino, I Mostra di artisti pugliesi; Torino promotrice. 1930 risulta già residente in piazza Mentana n. 3 a Milano, indirizzo che conserverà fino all’estate 1943; Bari, I Sindacale Pugliese [opera in catalogo: Sereno autunnale]; Torino, Società Promotrice. 1931 Roma, I Quadriennale d’arte nazionale [opera in catalogo, n. 12: Cascine di Lambrate]; II personale; Torino, Società Promotrice. 1932 Si iscrive tra i pittori della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano, ove risulta associato fino al 1941 (AMP, Partitario soci residenti in Milano, A-Z, 1922-33 e 1934-45: risultano pagate regolarmente tutte le quote dal 1932 al 1941 e mancano le restanti; vi è annotato a mano “In Puglie” quale motivo dell’interruzione); febbraio-marzo: Milano, Permanente, III Sindacale lombarda [opera in catalogo, n. 113: Disegno]; giugno: Bari, Circolo Artistico, personale; novembre-dicembre: Milano, Permanente, Esposizione sociale – Mostra dell’Autoritratto [opera in catalogo, n. 63: Autoritratto]. 1933 Milano, Mostra dell’arte sacra [opera in catalogo: S. Antonio parla ai pesci]; opere per la Fiera Campionaria di Milano; marzo-aprile: Milano, Permanente, IV Sindacale lombarda [opera in catalogo, sala III, n. 94: Piazza Mentana]; aprile-giugno: Firenze, Palazzo del Parterre di S. Gallo, I Intersindacale – Sindacale nazionale [opere in catalogo: Paesaggio di Puglia,
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La lezione di boxe]; maggio: Milano, Permanente, Esposizione sociale primaverile [opere in catalogo, sala II: 52. Paesaggio di Puglia, 53. Figura]; novembre: Milano, Permanente, Esposizione sociale autunnale – Il bambino nell’arte [opere in catalogo: sala II, 51. Bambino con libro; sala III, 62. Bambino con racchetta; sala IV (generico), 119. Nevicata]; La Spezia, Casa d’Arte [opera in catalogo: La Spezia dalla Dogana]. 1934 febbraio-marzo: Milano, Permanente, Esposizione sociale [opere in catalogo, sala IX: 218. Piazza S. Ambrogio, 219. Ritratto di Franco De Agazio, 220. Porto mercantile – La Spezia]; maggio: Milano, V Sindacale lombarda, vince il Premio Confederazione Professionisti e Artisti per l’opera “Paese lombardo” [opere in catalogo, sala I: 20. Naviglio a Porta Genova, 21. Case a Gorla, 22. Paese lombardo]; ottobre: Milano, Casa d’artisti, collettiva con Augusto Alvini, Elia Alberani, Carlo Bellesia, Cesare Breveglieri, Cesare Cantoni, Ennio Marzano, Umberto Montini, Oreste Pozzi, Francesco Speranza, Leonardo Spaventa Filippi, con discorso inaugurale di Giuseppe Fanciulli e presentazione sul pieghevole d’invito di Gino Rocca; Como, Paesaggio lariano. Collabora (fino alla chiusura nel 1935) al settimanale per ragazzi “Il Novellino”, realizzandovi vignette umoristiche. Novembre: si candida per l’edizione 1936 della Biennale di Venezia e compila una scheda informativa in cui dichiara come data di nascita 11 marzo 1899 (redatta per l’Archivio storico d’arte contemporanea della Biennale, datata 15 novembre 1934: ASAC, De Bellis Sergio, scheda informativa).
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1935 febbraio-marzo: Milano, Permanente, Esposizione sociale [opere in catalogo, sala VIII: 280. Paesaggio*, 281. Lago di Como, 282. Nevicata; *acquistata dalla Società Permanente per lire 100 e toccata in sorte – consuetudine praticata dalla Società – ad Arturo Tosi (AMP, Registro degli acquisti di opere di soci da parte della Società)]; maggio: Milano, Permanente, VI Sindacale lombarda [opere in catalogo, sala III: 69. Paese della Brianza, 70. Luciano**, opera riprodotta tra le illustrazioni del catalogo, tavola XI; **acquistata dalla Provincia di Milano per lire 500 (AMP, Faldone 1935, VI Mostra sindacale, 1 maggio – 9 giugno 1935, gestione vendite; AMP, Faldone 1935, lettera del De Bellis datata 14 maggio 1935, e ricevuta autografa del pittore datata 12 giugno 1935 con timbro datato 11 giugno 1935)]; dicembre: Milano, Permanente, Esposizione sociale [opere in catalogo: sala II, 28. Paesaggio, 29. Case a Gorla***, 30. Paesaggio; sala VI, sez. “bianco e nero”, 188. Il giudizio di Paride; ***acquistata dalla Galleria d’arte moderna di Milano per lire 600 (AMP, Faldone 1935, Mostra sociale di autunno, 30 novembre – 29 dicembre 1935, gestione vendite; AMP, Faldone 1935, comunicato del Podestà di Milano del 13 gennaio 1936 prot. 1762.1935 e ricevuta della Galleria d’arte moderna di Milano dell’elenco di opere acquistate, datata 27 gennaio 1936)]. 1936 febbraio-marzo: Milano, Permanente, VII Sindacale lombarda [opere in catalogo: sala I, 18. Paesaggio lombardo, 19. Composizione (natura morta), opera riprodotta tra le illustrazioni del catalogo, tav. n. n.; sala XV, 398. Disegni*; *acquistati dal Museo di Milano – Raccolta delle stampe e dei disegni (oggi Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’arte) del Comune di Milano per lire 200 (AMP, Faldone 1936, VII Mostra sindacale, 15 febbraio – 15 marzo 1936 XIV, gestione vendite, e confermato in altro elenco n. d., “Opere acquistate per la raccolta delle stampe e dei disegni”; AMP, Faldone 1936, biglietto n. d. - febbraio 1936 - di accettazione da parte del De Bellis dell’offerta d’acquisto)]; aprile-maggio: in relazione all’allestimento di una mostra di
“opere donate dai soci”, un biglietto del De Bellis dichiara l’accettazione dell’invito a partecipare, con l’opera Ragazzi sulla spiaggia (AMP, Faldone 1936, lettera n. d.); la mostra non è però confermata da altra documentazione successiva; prendendo in considerazione l’esposizione del novembre successivo si evince che l’opera scelta in origine non fu più esposta. Estate: Venezia, XX Biennale Internazionale d’Arte [opera in catalogo, sez. pitture, sala 49, n. 10: Paesaggio]; luglio: Bari, Sindacale pugliese; novembre: Milano, Permanente, Esposizione di opere donate dai soci alla Società [opera in catalogo, sala II, n. 39: Paesaggio pugliese]; dicembre: Milano, Permanente, Mostra sociale autunnale [opere in catalogo, sala III: 73. Natura morta, 74. Paesaggio pugliese]; vince il premio “Per un giovane pittore”. 1937 febbraio-marzo: Milano, Permanente, VIII Sindacale lombarda [opera in catalogo, sala IX, n. 159: Composizione (bagnante), opera riprodotta tra le illustrazioni del catalogo, tav. n. n.]; aprile-maggio: Milano, Permanente, Mostra sociale primaverile [opere in catalogo, sala III: 87. Castellana di Puglia, 88. Ritratto, 89. Paese di Puglia]; settembre-ottobre: Napoli, Palazzina Spagnola, II Intersindacale – Sindacale nazionale; ottobre: Milano, Permanente, I Sindacale provinciale di Milano [opera in catalogo, sala IX, n. 240: Natura morta]; novembre 1937 – gennaio 1938: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno [opere in catalogo, sala VIII: 291. Fiori, 292. Paesaggio]. 1938 14-24 febbraio: Milano, Piccola Mostra, personale [opere in catalogo: 1. Paesaggio brindisino, 2. La via di Genna, 3. Convento degli Alcantarini, 4. Periferia (Porta Genova), 5. Paesaggio pugliese, 6. Composizione, 7. Villapizzone, 8. Anemoni, 9. Ritratto della Sig.ra Doria, 10. Paesaggio a Monza, 11. Via Olocati, 12. Frutta, 13. Conchiglie, 14. Ritratto di Giovannino, 15. I selciatori, 16. Paesaggio di Meda, 17. Paesaggio brianzolo, 18. Paesaggio delle Murge, 19. Funghi e fiori, 20. Contadini lombardi, 21. Il ponte*, 22. Cavalli, 23. Campagna di Castellana, 24. Bagnante, 25. Paesaggio barese, 26. Ragazzo con racchetta, 27. Agosto in Puglia, 28. Bambino in blu, 29. Paesaggio milanese, 30. Fiori, 31. Ragazzo con libro, 32. Nevicata, 33. Strumenti musicali, 34. Fiori, 35. Natura morta, 36. Putignano, 37. Viale Monza, 38. Piazzale Oberdan; *acquistata dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano] con discorso inaugurale di Dino Bonardi e presentazione sul pieghevole d’invito di Fred Pittino; marzoaprile: Milano, Permanente, Mostra sociale primaverile [opere in catalogo, sala IX: 255. Paesaggio milanese, 256. Lo sconosciuto]; maggio-giugno: Milano, Permanente, IX Sindacale lombarda [opera in catalogo, sala IX, n. 277: Cavalli]; estate: disegna alcune vignette ed il logo della testata per il primo numero del giornale umoristico “Il Cardo”, diretto dall’amico Vittorio Sabbatelli, stampato a Putignano; Milano, Accademia di Brera, partecipazione a diversi concorsi (AMP, Faldone n. 1, Mostre 1888-1938, busta 1938, Elenco delle opere presentate ai concorsi banditi per l’anno 1938 – XVII) [opere in catalogo: sala VIII, 189. Paesaggio di Puglia (Premio G. Ricci); sala XIII, 334. Battaglia di Civitella - 1053 - (Premio A. Durini); sala XIV, 344. Istrumenti musicali e fiori (Premio E. Mylius)]; ottobre-novembre: Milano, Permanente, XIX Esposizione sociale dell’Associazione degli acquerellisti lombardi [opere in catalogo: 243-244. Cavalli**; **(una delle due opere del medesimo soggetto) acquistata dal Museo di Milano – Raccolta delle stampe e dei disegni (oggi Gabinetto dei disegni delle Civiche Raccolte d’arte) del Comune di Milano per lire 600 (AMP, Faldone 1939, lettera di Achille Beltrame al Podestà di Milano del 17 gennaio 1939)]; novembre-dicembre: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno [opere in catalogo: sala I, 19-20-21. Paesaggio; sala XIII, “sala
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delle artiste, dell’acquerello e del bianco e nero”, 354. Disegni].
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1939 gennaio-luglio: Roma, III Quadriennale d’arte nazionale; aprile-maggio: Milano, Permanente, X Sindacale lombarda – opere premiate ai concorsi di Brera [opere in catalogo: sala III, “opere premiate ai concorsi (1938) della Regia Accademia di Brera”, 59. La battaglia di Civitella (anno 1053), premio Alessandro Durini per l’acquerello; sala IV, 87. Frutta]; Roma, III Quadriennale d’arte nazionale; 10 giugno: Bari, Castello Svevo, Premio Puglia – Mostra del paesaggio pugliese, consegue il 3° premio ex-aequo con Luigi Russo [opera in catalogo: Paesaggio delle Murge]; 19 giugno: risulta presente all’assemblea generale dei soci della Permanente (AMP, Faldone 1939, Elenco dei soci presenti all’assemblea generale, 19 giugno 1939, al n. 44 della lista); settembre: Bergamo, Mostra nazionale per il paesaggio italiano – Primo Premio Bergamo; novembre-dicembre: Milano, Permanente, Mostra sociale di autunno [opere in catalogo: sala II, 37. Frutta, 38. Paesaggio, 39. Ritratto di Mariuccia e Andrea; sala XVI, “bianco e nero”, 438. Disegni*; *acquistati dalla Permanente per lire 500 (premio-acquisto Malerba: AMP, Faldone 1939, lettera – copia interna – di Remo Taccani a De Bellis del 26 novembre 1939; AMP, Faldone 1939, comunicato stampa del 27 novembre 1939, “Assegnazione di premi alla Mostra sociale della Permanente”)]; in tale occasione vince il premio Emilio Malerba per il disegno; dicembre 1939 – gennaio 1940: Milano, Permanente, XX Esposizione sociale degli acquerellisti lombardi (AMP, Faldone 1940, Nota contabile: mandato n. 2 del 31 gennaio 1940, Artisti che hanno venduto le loro opere alla mostra degli acquerellisti lombardi 1939-40; De Bellis risulta aver venduto per complessive lire 595). 1940 gennaio: Milano, Galleria Nova, collettiva con Carlo Bisi, Giuseppe Cerrina, Albino Dal Castagné, Gino Moro, Fortunato Rosti, Remo Taccani, Lorenzo Pepe, Mario Restelli [opera in catalogo: Sulla spiaggia], con presentazione di Carlo E. Accetti; aprile: alla votazione per la giuria della prossima mostra sindacale provinciale, il De Bellis si classifica al quarto posto con 94 preferenze (votanti 195 con più espressioni di preferenza); nonostante l’ampio suffragio ottenuto, non viene tuttavia inserito nella giuria per opposizione del Sindacato (AMP, Faldone n. 3, Mostre 1940-41, Cartella A-1940, ms. “Votazione per la Giuria della mostra Sociale e Provinciale Sindacale a. XVIII” del 14 aprile 1940, e relazione dattiloscritta a firma di Remo Taccani del 15 maggio 1940); maggio-giugno: Milano, Permanente, II Sindacale provinciale di Milano [opere in catalogo: sala II, 55. Paesaggio, 56. Ritratto del pittore Mario Della Foglia, 57. Paesaggio; sala XVI, “bianco e nero”, 491: Studio di animali]; maggio-ottobre: Venezia, XXII Biennale Internazionale d’Arte [opera in catalogo, sez. concorso ritratto, sala 3, n. 6: Mariuccia e Andrea; sulla didascalia della scheda fotografica il titolo del dipinto è invece Mariuccia e Antonio]; a Bergamo viene rifiutata l’opera I selciatori per il Secondo Premio Bergamo (AMP, Faldone n. 3, Mostre 1940-41, Elenco opere scartate – provenienti da Milano: l’opera I selciatori figura al n. 45 della lista); a Bari vince per la seconda volta il Premio Puglia. 1941 febbraio-marzo: Milano, Casa d’artisti, personale. Nel pieghevole d’invito c’è un breve profilo autobiografico in cui l’artista dichiara, tra l’altro: «Ho partecipato ad oltre cinquanta mostre collettive; a tutte le Sindacali e Interregionali di Firenze e Napoli; alla Quadriennale Romana ed alla Biennale di Venezia»; non è ivi presente l’elenco dei dipinti, mentre compaiono estratti di recensioni di Dante Maselli, Gaetano Savelli, Clement Morro, Dino Bonardi, Carlo Carrà
(ma con datazioni non corrispondenti); maggio: Milano, Galleria Mazzucchelli, collettiva con Olmedo Mezzoli, Leo Spaventa Filippi ed Evaristo Zambelli; maggio-luglio: Milano, Palazzo dell’arte, III Intersindacale – Sindacale nazionale; settembre: Bergamo, Mostra nazionale per il paesaggio italiano – Terzo Premio Bergamo (AMP, Faldone 1941, elenco dattiloscritto “Opere destinate al III Premio Bergamo”: al n. 3 è presente De Bellis con tre opere non meglio specificate); ottobre-novembre: Milano, Permanente, III Sindacale provinciale di Milano [opera in catalogo, sala IX, n. 268: Vecchia Milano*; *acquistata dalla Galleria d’arte moderna di Milano per lire 1500; in deposito alla Camera di Commercio, risulta dispersa dal 1945 (AMP, Faldone 1942-43, Ricevuta della Galleria d’arte moderna di Milano del 3 gennaio 1942 e allegato)]; Milano, Galleria Nova, personale. Milano, Premio acquisto Ministero dell’Educazione (1941-43). 1942 maggio: il pittore risulta presente all’assemblea generale dei soci della Permanente (AMP, Faldone 1942-43, Cartella 1942, Elenco dei soci presenti all’assemblea generale, 30 maggio 1942, al n. 40 della lista; è da osservare che la quota associativa del 1942 non fu pagata); ottobre-novembre: Milano, Permanente, XII Sindacale lombarda – Concorsi del paesaggio lombardo e del ritratto [opere in catalogo: sala II, 2. Ritratto di fanciulla; sala XVI, sez. degli acquerellisti, 1. Paesaggio]. 1943 febbraio: Milano, Galleria Gianferrari; nello stesso periodo il pittore risulta assente da Milano, probabilmente è a Castellana; giugno: un olio del 1943, Paesaggio pugliese, viene ceduto alla Società Permanente e successivamente toccato in sorte a Giacomo Habersaat (AMP, Registro degli acquisti di opere di soci da parte della Società, sorteggio del 6 luglio 1943); agosto: mentre De Bellis è in Puglia (già dal 2 luglio), un bombardamento su Milano distrugge la casa di piazza Mentana; secondo la testimonianza di Ennio Marzano (1955), in quell’episodio si persero centoventi dipinti; in una lettera a Mario Zoffili del 25 agosto 1945, De Bellis fa una stima più precisa: «130 [quadri] a olio, 200 disegni, 20 pastelli, 30 acquerelli ». Dopo i fatti dell’8 settembre, prolunga la permanenza a Castellana fino alla fine della guerra. Nel frattempo, partecipa alla ricostituzione del Partito Comunista a Castellana, di cui assume l’incarico di segretario di sezione. 1944 aprile: Bari, Galleria Incontri [opera in catalogo: Piatto di alici e limoni, 1942]; 28 novembre: dal commissario prefettizio Francesco Aurelio Persio riceve l’incarico dell’insegnamento di disegno nella scuola media castellanese, per l’a. s. 1944-45 (Castellana, Archivio privato Michele Intini). 1945 aprile: stando a un’iscrizione sul retro di un quadro [Scavi presso la Curia di Bergamo] il pittore è a Bergamo, ma è un dato da verificare; dicembre: ritorno a Milano; prende in affitto un appartamento in via del Bollo n. 8, come risulta da una ricevuta del proprietario, Mario Calvi (BCC, Sergio Nicolò De Bellis, cartella D-II-a-2/64). Nel documento, risulta anche partecipe per metà della spesa tale Colombina Zaffaroni, fino al seguente mese di maggio. 1946 gennaio: Milano, Casa d’artisti, collettiva; gennaio-febbraio: Milano, Galleria S.Andrea, collettiva; febbraio: Milano, Castello Sforzesco, premio “Galleria Italiana d’arte per il tema: il lavoro” alla Mostra del lavoro e del sacrificio [opera premiata: 16. La trita del grano]; giugno: Bellagio, Casinò, Premio nazionale di pittura per il paesaggio lariano – Premio Bellagio [opera in catalo-
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CRONOLOGIA 1947 - 2006 ESPOSIZIONI POSTUME, EVENTI RILEVANTI
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go: Natura morta con cavolo, 1946]; luglio: Milano, Galleria Ranzini, collettiva “Mostra del fiore” seguita nella stessa sede da altra collettiva “Mostra del mare”; settembre: Milano, Galleria Ranzini, collettiva “Milano di ieri e di oggi”; settembre-ottobre: soggiorno pugliese (a partire forse dalla fine di agosto, come testimonia una cartolina con timbro 2 settembre inviata da Castellana all’amico Mario Zoffili) e ritorno a Milano (domenica 13 ottobre). Tra ottobre e novembre: Milano, Galleria Gianferrari, personale. 23 novembre: collettiva del Premio Craja. 21 dicembre, ora imprecisata: De Bellis è colpito da un infarto nella sua casa di via del Bollo; soccorso dalla portinaia Gina Stella e da alcuni vicini, muore durante il trasporto in lettiga, prima dell’arrivo in ospedale. Lo stesso giorno a Milano, alle 17, presso la Galleria Italiana d’Arte, si inaugurava la mostra “Concorso per il paesaggio: le quattro stagioni”, cui il pittore aveva partecipato con quattro opere sul tema. Alle 9:30 del 29 dicembre si celebra il funerale: il corteo segue il tragitto di via del Bollo, via Zecca Vecchia, via S. Maurilio, via Torino, via Palla, piazza S. Alessandro, con cerimonia religiosa nell’eponima chiesa (ed accompagnamento musicale di Giuseppe Cerrina all’organo). Viene sepolto al Cimitero Maggiore di Milano, ove resterà fino al 10 ottobre 1959, allorquando le sue spoglie saranno traslate a Castellana. 1947 maggio: Milano, Galleria Gussoni, a cura di Giuseppe Cerrina [elenco delle opere in catalogo: 1-5. Paesaggio (acquerello), 6. Natura morta (acquerello), 7-9. Paesaggio (acquerello), 10. Paesaggio pugliese, 11. Natura morta (frutta), 12. Marina, 13. Natura morta (frutta), 14. Paesaggio pugliese, 15. Michelino, 16. Natura morta (frutta), 17. Ragazza in rosso, 18. Natura morta, 19. Natina col fiore, 20. Natura morta (frutta), 21. Viole del pensiero, 22. Natura morta, 23. Paesaggio pugliese, 24. Marina, 25. Paesaggio pugliese, 26-27. Paesaggio (acquerello), 28. Paesaggio pugliese, 29. Autoritratto, 30. Paesaggio pugliese, 31. La trita del grano (Premio “Sacrificio e lavoro”, Milano 1946), 32. Paesaggio di Castellana, 33. Natura morta, 34. Marina, 35. Paesaggio pugliese, 36. Natura morta (frutta), 37. Ragazza con mandola, 38. Natura morta, 3940. Paesaggio pugliese, 41. Natura morta (frutta), 42. Paesaggio pugliese, 43. Ritratto della madre, 44. Paesaggio pugliese, 45. Fiori rossi, 46. Natura morta (frutta), 47-48. Paesaggio (acquerello), 49. Natura morta (frutta)]; agosto: Siena, Premio della Vendemmia di pittura, menzione d’onore per l’opera Uva appassita. 1948 giugno: Milano, Bar Ristorante Mercanti, 3° Mostra del Gruppo dell’Esagono a cura di Mario Zoffili. 1955 maggio-giugno: Bari, Castello Svevo, V mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari”, retrospettiva a cura di Umberto Baldassarre, Domenico Cantatore, Ennio Marzano, Pasquale Morino, Vittorio Viviani [elenco delle opere in catalogo: 339. Uva nera, 340. Natura morta, 341. Le amiche, 342. Paesaggio, 343. Disegni, 344. Paesaggio, 345. Paesaggio, 346. Paesaggio, 347. Paesaggio, 348. Buoi, 349. Paesaggio, 350. Paesaggio, 351. Paesaggio, 352. Paesaggio, 353. Natura morta, 354. Paesaggio, 355. Paesaggio pugliese, 356. Paesaggio pugliese, 357. Natina col fiore, 358. Trebbiatura, 359. Paesaggio pugliese, 360. Lisa, 361. Ragazza con mandola, 362. Case a Gorla, 363. Il ponte, 364. Natura morta con cachi, 365. Uva bianca, 366. S. Nicola di Genna, 367. Paesaggio pugliese, 368. Fichi, 369. Monopoli, 370. Natura morta, 371. Pere, 372. Piazza Mentana, 373. Marina di Monopoli, 374. Paesaggio pugliese, 375. Paesaggio pugliese, 376. Uva bianca], con presentazioni di Luigi Russo ed
Ennio Marzano. Ottobre: Castellana, Salone delle Grotte, Mostra retrospettiva [elenco delle opere in catalogo: 1. Trebbiatura, 2. Paesaggio, 3. Frutta, 4. Natina col fiore, 5. Figure, 6. Paesaggio, 7. Natura morta, 9. Case a Gorla, 10. Natura morta, 11. Veduta di Monopoli, 12. Ritratto, 13. Marina di Monopoli, 14. Natura morta, 15. Veduta di Castellana, 16. Natura morta, 17. Piazza Mentana, 18. Uva, 19. Pere, 20. Paesaggio, 21. Uva e miele, 22. Paesaggio pugliese, 23. Paesaggio di Monopoli, 24. S. Nicola di Genna, 25. Veduta di Castellana, 26. Natura morta, 27. Il ponte, 28. Paesaggio pugliese, 29. Paesaggio, 30. Paesaggio, 31. Buoi, 32. Paesaggio, 33. Paesaggio, 34. Paesaggio, 35. Paesaggio, 36. Paesaggio pugliese, 37. Paesaggio pugliese, 38. Paesaggio, 39. Otto disegni (Premio Malerba)], con presentazione di Luigi Russo. 1956 Con deliberazione di Consiglio n. 13 del 10 aprile 1956 (Amministrazione presieduta dal sindaco Nicola Rotolo) il Comune di Castellana Grotte acquista per lire 1.200.000 dagli eredi dell’artista la collezione dei dipinti ancora in loro possesso, consistente in n. 59 quadri ad olio e 22 acquerelli (ma nel patrimonio comunale attualmente risultano inventariati n. 55 quadri ad olio e 21 acquerelli). 1959 ottobre: traslazione della salma del De Bellis e sepoltura definitiva al Cimitero di Castellana. 1976 Castellana, Municipio, Mostra retrospettiva dei pittori Francesco dell’Erba e Sergio Nicolò De Bellis, con scritti di Gaetano Montanaro e altri. 1977 Bari, Pinacoteca Provinciale, “Arte in Puglia negli anni Trenta” [opere in catalogo: Prime luci, 1928; Natura morta, 1944] 1987 settembre: Castellana, Festa dell’Unità, Mostra retrospettiva nel 40° della morte, a cura della sezione castellanese del PCI, con presentazione di Gaetano Montanaro. 1999 Bari, Pinacoteca Provinciale, Mostra “Da Museo Archeologico a Pinacoteca Provinciale. Settant’anni di un’istituzione” [opera in catalogo: Prime Luci, 1928] 2000 Monopoli, Mostra “Il nostro novecento in forma d’arte: dipinti e sculture dalla Pinacoteca Provinciale di Bari” [opera in catalogo: Prime Luci, 1928] 2002 Noicattaro, Mostra “Maestri pugliesi del Novecento nella Pinacoteca Provinciale di Bari” [opera in catalogo: Prime Luci, 1928] 2004 nel Municipio di Castellana, a seguito di un violento rovescio di pioggia, le infiltrazioni dell’acqua in sala corridoio provocano alcuni danni a due dipinti del De Bellis, Buoi nella stalla e Collina di terra rossa. 2005 dopo il restauro dei locali al primo piano del Municipio, la collezione comunale viene allestita nei due ambienti maggiori, la sala Ricevimento e l’annesso corridoio, dotati di un nuovo impianto di illuminazione. 2006 la famiglia di Leo Spaventa Filippi dona al Comune di Castellana il Ritratto di Sergio De Bellis che il pittore lombardo realizzò intorno ai primi anni quaranta.
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A Luigi Russo [Monopoli, Archivio privato Vito Saponara] Milano, 25 novembre 1927* Carissimo Russo, nella metà del prossimo mese, cercherò di mandarti tutto quello che ti dissi a voce. Certo, non tutti saranno belli. Manderò pure qualche lavoro assieme ai piccoli e spero di mandare anche uno incorniciato. Una sola cosa mi preoccupa. – Come potrò io compensarti di tutto quello che fai per me? – Mi rattrista pure il pensare che mi è negato tutto, anche il piacere di poter dire tutto quello che sento. Come è angoscioso sentire il bisogno di dire mille cose buone e non riuscire a dirne una. – Beati voi letterati – che potete (se volete) farne del vostro cuore uno specchio. Non si crederà mai quanto è fastidiosa e desolante la mia situazione quando ho da scrivere ad un amico; bisognerebbe essere presenti. Con un tavolinetto, dove c’è tutto fuori che un po’ d’ordine, che mi lascia appena lo spazio di poggiare un foglio, che ostinatamente resta bianco. – Sembra impossibile che debbono passare dei buoni quarti d’ora in quella stupida posizione – La penna abbondantemente inzuppata di inchiostro e lo sguardo per aria. Ma ecco, finalmente, mi ricordo che ho una cosa da dirti. Vorrei pregarti – se puoi – di mandarmi quella novella, che non ricordo più il titolo, ma che c’era una vecchia e una bambina che prende il fuoco sulla mano. Vorrei farla leggere al sig. Spaventa, che se incontra il suo gusto, sarebbe una bella cosa. Perché non tentare? Tanto non ci perdi niente. Non altro per adesso, e non mi resta che chiederti scusa nel modo di scrivere. Ma tieni presente che per la mia educazione non si è consumato nessuna somma. Sono sicuro che sarai generosamente indulgente e mi perdonerai. Abbiti una stretta di mano. Tuo amico N. S. De Bellys P.S. mi sono interessato per le vetrate – per il prof. Masulli – e mi hanno detto che sebbene fanno a metro, ma più metri sono meno è il prezzo, perciò, per un preventivo è necessario sapere la misura delle finestre. *Annotazione di Russo: (Giacché mi disse disposto e volenteroso) Invitai De Bellis ad inviarmi gli scarti del suo studio: mi pervenne un gran pacco con disegni, appunti, quadrucci anche interessanti. Mi detti da fare e con poche lire vendetti tutto a scolari ed amici. Ho venduto persino [passo incomprensibile] … per lire 5. Il pittore ne fu contento. Io non potei di più.
Milano, n. d. (gennaio 1928) Carissimo Russo, ho ricevuto proprio ora una tua cartolina, e ieri l’altro ricevetti la tua bella lettera. Mi dispiace che i vetri si sono quasi tutti rotti, e non so come farai ad aggiustarli. Mi chiedi di dirti i prezzi, che vuoi che ti dica: tanto sono lavori fatti così, per studio; perciò di nessuna pretesa. Fai a tuo piacere. L’interessante è di ricavare almeno le spese di trasporto, e la montatura all’inglese dei paesaggetti. Non ti ho mandato le cornici, perché sarebbe stato necessario fare la cassa d’imballaggio; che verrebbe a costare più di trenta lire; oltre poi all’aumento ferroviario. Così dovetti a male in cuore rinunciare. Unisco alla presente una primizia: Beatrice Cenci che spero vorrà piacerti. Questo almanacchino, uscirà niente meno che, il 1929. In quanto a quadri, ti manderò – sempre se ti fa piacere, qui è necessaria la sincerità – qualche cosa di meglio, di quanto ti ho mandato adesso. Ringrazio infinitamente il Prof. De Mola dell’interessamento a mio riguardo. Tu mi domandi, se lo ricordo? Ebbene vuoi che te lo dica! – tra tutti i professori mi è stato sempre il più simpatico – E le persone che piacciono non si dimenticano mai. Dimenticavo! Non badare tanto ai prezzi, li puoi fare anche, da non temere concorrenza. Io attendo con ansia, quel lavoro che mi hai pro-
EPISTOLARIO DI SERGIO NICOLÒ DE BELLIS Nota: Luigi Russo pensò ad una pubblicazione sull’amico pittore, con il commento delle lettere ricevute. In alcune missive a lui indirizzate sono riportate le annotazioni (Monopoli, Archivio privato Vito Saponara) che il senatore raccolse nel corso del tempo in cui si dedicò a tal progetto. Tutti gli altri commenti non chiaramente associabili a determinate lettere sono pubblicati nel Regesto.
messo. Ne ho parlato a Spaventa, e mi ha detto che mandi pure; che lui è felicissimo di conoscere la tua arte. Ti scrivo su foglietti, che mi ha regalato la cara amica Leda Rafanelli. Vedi anche lei si diverte a disegnare qualche cosa. I disegni di qui dietro oltre ad esse[re] porta fortuna, sono disegnati da lei. E nei girolifici egizi deve dire – mi pare – finalmente ho messo un po’ di frutta sul mio nome. Non ho niente da dire, augurandoti un felice anno caramente ti saluto. N. S. de Bellys Milano, 21 febbraio 1928 Carissimo Russo, ho ricevuto la cartolina, e molti giorni [fa] una illustrata di Alberobello; e ti ringrazio molto. Veramente, se io dovessi ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me, mi metteresti in una situazione imbarazzante. Tra qualche giorno, ti manderò come ti dissi nell’ultima mia lettera, uno dei paesaggi, cioè quello di Monopoli. Ti vorrei pregare d’essere un po’ indulgente, se trovi qualche inesattezza: per esempio qualche comignolo, non so se di più o di meno. È forse bene che dico subito, che questo lavoro non è certo uno dei migliori, pur non essendo brutto?! E forse manderò pure, qualche disegno; ne ho uno bello, e rappresenta i Re magi che portano doni al presepio. Il prezzo di questi lo terrò molto basso, e te lo farò sapere appena li metto in cornice. Questa volta però, te li manderò in una cassetta affinché arrivino in buono stato. Riguardo alla mia attività – diciamo così – artistica, non va tanto male. Te lo dico solo a te, perché è una cosa molto audace quello che ho fatto; perciò non l’ho detto a nessuno neanche ai più cari amici di qui. Ho mandato a Venezia un quadro grande dal titolo Villaggio di Puglia. Ma non ho nessuna speranza, neanche la più pallida. Basta pensare, che su quattromila pittori circa che manderanno quasi ottomila quadri, ne debbono accettare solo sessantacinque, ma che importa! Almeno non avrò nulla da rimproverare alla mia coscienza; potrò sempre dire “ho fatto quello che ho potuto”. Ieri mi sono inscritto, per la mostra che vi sarà a Torino per festeggiamenti del quarto centenario di Emanuele Filiberto e il decimo anniversario della Vittoria?!!! Manderò tre paesaggi (s’intende) pugliesi. Qui però spero mi accettino, è meno difficile, per quanto non si può mai sapere. Adesso che ho finito di parlare di me, incomincio col domandarti: quel lavoro che era già incorniciato, e che dovevi mandarmi, a che punto si trova?Io come ti dissi gliene parlai a Spaventa ma poi non ho detto più nulla. Quando mi scrivi, fammi sapere, è pronto? Diamine non devi avere paura; fai come faccio io, che senza pensarci tanto mi iscrivo a tutte le mostre. E poi è da dire, che a me c’è un altro inconveniente, che ogni iscrizione, c’è da pagare £ 20 a fondo – purtroppo – perduto. Non ti dico poi cornici, colori, tela, casse per l’imballaggio, trasporti con prezzi proibitivi: eppur si muove!... Non ho più niente da dire, con ansia attendo il tuo lavoro, che deve essere per forza bello. Abbiti i miei affettuosi saluti. Sergio de Bellys P. S. contraccambio di cuore i saluti del prof. De Mola Milano, n. d. (primi mesi del 1929) [datata erroneamente da Levato 24 novembre 1946]* Caro Russo, è la quinta o sesta volta, che rileggo la tua bella lettera. E ritorno a rileggerla, per assicurarmi che quello che ho letto, è veramente scritto. Troppe cose belle, mi dici in una volta sola; perciò appena finito mi torna il dubbio, di non avere capito, o che ho letto quello che non c’era. Che strano temperamento il mio. Invece, di giorno mi lascio prendere dalla malinconia.
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Sono troppe cose belle per avverarsi. Caro Russo, tu mi hai messo in una situazione imbarazzante; per tutto quello che hai fatto per me. E anche questo mi addolora; io non merito tanto! Lo so di non meritarlo! Ci ho pensato parecchie volte, ma non sono riuscito a nulla, cosa posso fare. Se vuoi, posso farti un ritratto, quando verrò, è tutto quello che potrò fare. L’invito del censore mi ha addirittura commosso. Ho l’intenzione di fare una mostra – forse nel prossimo anno – e avevo pensato alla selva di Fasano. Ma per me era un continuo tormento, per i mezzi finanziari che non ho, e che con sicurezza non avrò. Adesso invece, sembra una valida speranza. Quanto vorrei trovarmi in Aprile in Puglia! Sono anni e anni che non vedo quello spettacolo meraviglioso. Mi sforzo a farmi tornare in mente le belle colline di color rosa pallido, striato qua e là, da macchie più scure, dalle pesche in fiore, con la fascia scura del mare all’orizzonte. Volevo fare un quadro, così di maniera. Ma troppo pallido è il ricordo; sono più di dodici anni, che non vedo in Aprile che gente frettolosa, case scure, e automobili che vengono addosso. Mi domandi se ci vuole una preparazione speciale per un affresco? Certo, ma il male, è che io non ho mai dipinto ad affresco, perciò non lo so. Ma è proprio necessario farlo ad affresco? Non si potrebbe fare a colla come usano forse dalle nostre parti? Tanto non si distingue ugualmente fino alla distanza di venti centimetri. Ma questo, è il meno, l’interessante che si vada a spese gratis. Tu mi domandi se ho bisogno… purtroppo sì, ho bisogno, come solo un pittore può averne. E per risparmiare, fatica tanto a te, come pure a me, se puoi farmi il grande piacere di mandarli ai miei a Castellana, invece di mandarmeli a me. Così, in qualche modo i debiti diminuiscono. Riguardo i quadri che ho adesso: i maggiori sono due, delle seguenti misure, e prezzo. [segue schizzo 219] Trulli di Cozzana: dimensione cornice (guillioche) compresa 58 x 68 - £ 300. Monopoli vista dal mare: 55 x 65 – £ 250 cornice compresa. Come vedi i prezzi sono un po’ alti (?)… per i nostri paesi, ma di meno non posso, solo la cornice costa un patrimonio. Non dico altri quadri che ho, dato che il prezzo è molto alto – relativamente – [se] si pensa che un quadro di Previati l’altro giorno (grande come il mio di S. Ambrogio) fu pagato £ 100.000. In quanto alle cornici che stai facendo fare; perché non li fai fare nere lucidate a spirito come i mobili, e con una sagoma semplice come questa per esempio? [segue schizzo 220] Non altro, saluti tuo N. S. de Bellys Perdonami se ti ho scritto in maniera un po’ indecente. *Annotazione di Russo: Il prof. Cofano, censore del Convitto Vescovile di Conversano, c’invitò a trascorrere qualche giorno nella sua villa accogliente a la Selva di Fasano. C’intrattenemmo per una settimana: a l’alba uscivamo per dipingere. Lui eseguì un paesaggio che mi pare di aver visto nella collezione del Comune di Bari; anch’io feci delle cosettine, andate perdute. Furono giorni deliziosi; godevamo massima libertà. A prim’ora fra i campi sentivamo anche fresco, e si era d’estate.
Castellana, 20 agosto 1929 Caro Russo, ti scrissi una cartolina ieri, non so se l’hai ricevuta. Ritorno a pregarti di fare l’articolo più presto che ti sia possibile; ho creduto fare bene raccomandandomi a Rivizzigni per una sollecita pubblicazione. Ma non sarebbe male se tu puoi impegnarlo maggiormente – è un uomo un poco trascurato. Le fotografie le ho già pronte. Non oso chiederti una tua visita che mi farebbe tanto piacere. In attesa cordialmente ti saluto S. N. de Bellys
Milano, n. d. (1932) Carissimo Russo, ti ringrazio della tua bella lettera; mi fecero tanto bene le tue belle parole, e le tue buone intenzioni d’aiutarmi. Io attraverso un periodo piuttosto burrascoso, che perfino il mio temperamento questa volta ne ha risentito. Troppe tegole mi piovono sulla testa, ho un bel da fare per evitarle, ma come si fa ad evitare l’imprevisto! È vero, le tegole prese in pieno cucuzzolo sono tutte di carattere finanziario; ma si ha un bel dire – che non conta molto! – io vedo invece che conta, e tanto!... Come si può lavorare – non dico con tranquillità, con quella calma indispensabile per qualunque genere di lavoro – quando ci si deve affannare per non saltare il pasto! Caro Russo, è mortificante molto, vien voglia di dare fuoco a tutto. Ho scritto all’ingegnere Bianco se mi vende i quadri che lasciai da lui, a qualunque prezzo, spero in un risultato benigno. Dibattendomi con tutte le mie forze, e tutte le mie risorse (facendo qualche debito, che Dio sa quando potrò restituire), sono riuscito a prepararmi per Firenze ove si terrà la prima mostra interregionale, chissà! se riuscirò a spuntarla! Pensi, che è più importante della quadriennale romana. Se stavo nel sindacato pugliese ero sicuro di essere ammesso; ma non ho da confrontare con cinque o sei più o meno migliori di me; qui è con tremila che bisogna lottare; ma affidiamoci alla speranza. Ora ho un altro problema da risolvere – oltre a quello banalissimo ma indispensabile che è il mangiare. Nella scheda di notifica era sottolineato quanto segue: non potranno prendere parte tanto alla quarta sindacale lombarda, quanto alla prima interregionale di Firenze coloro che non sono in regola col pagamento della quota annuale – Io mi trovo tra coloro che non sono in regola: e tanto per rendere più difficile la mia situazione l’altro giorno è fallita la ditta che aveva in mano i miei (piccoli) risparmi. Tu caro Russo scusami, se ti ho scritto tutte queste cose noiose (gli inglesi dicono che agli amici bisogna scrivere solo quando si è in uno stato d’animo primaverile). Hanno ragione … ma come si fa a tacere quando tutto va per traverso! Spero che tu stai bene di tutti e ti ringrazio del disegno che mi allegasti; se ne fai ancora cerchi di farne uno molto semplice, appena una linea di contorno, chissà che non venga anche più chiaro! Saluti tuo De Bellis Milano, 6 febbraio 1933 Carissimo Russo, ti ringrazio infinitamente del tuo immediato aiuto, che mi ha arrecato un grande sollievo dal lato finanziario, ma sono rimasto mortificato, pensando all’abuso che faccio della tua bontà, e della tua costante amicizia. In grazia al tuo aiuto, e a quello dell’ingegnere Marino, ho potuto superare gli ostacoli più fastidiosi, e ho potuto ritornare in possesso di quella calma ch’è indispensabile, per potermene uscire dalle noiose circostanze in cui mi trovo. Ora che il temporale è quasi passato (non del tutto però) ti vorrei pregare di non fare sacrifici per me. Il debito di riconoscenza che io ho per te (ormai) è molto e non mi restano che queste povere parole di ringraziamento per tutto quello che hai sempre per me. Tu che tieni bene in [mente] i miei lavori scegli quelli che ti piace di più. Qui ho sistemato le cose più urgenti, e appena saprò l’esito te lo farò sapere. Salutandoti molto affettuosamente Tuo S. N. de Bellis Milano, n. d. (aprile 1933) Carissimo Russo, ti ringrazio moltissimo di tutte le gentilezze e le premure, che solo da un uomo di cuore e di mente come te si possono avere. Ho aspet-
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tato a rispondere per saperti dire qualche cosa in merito a Firenze, ora temo molto, (almeno mi andasse bene il lavoro dell’opera ispirata allo sport). Io ho mandato La lezione di box. Se mi sarà possibile ti allegherò alla presente il catalogo della mostra dell’arte sacra, dove avevo S. Antonio parla ai pesci. Ma vedi caro Russo, la chiesa si lamenta che l’arte sacra languisce, per forza deve languire; lo Stato che è sostenitore dell’arte profana, sovvenziona (come meglio può) delle compere, e cerca in tutti i modi d’incoraggiare gli artisti. Ma la chiesa cosa fa! Con tutti i mezzi che ha, niente; vuole i quadri regalati (donati). Quando si ha una mentalità simile, sarebbe più onesto non parlarne, e non lamentarsi che gli artisti si allontanano da Dio. Quello che volevo dire, è che alla mostra d’arte sacra ultima, malgrado le ristrettezze in cui si trovano la maggior parte degli artisti, in tutti si vedeva chiaramente lo sforzo finanziario, mettendo insieme una mostra dignitosa. Gli artisti sono rimasti delusi, scoraggiati; non un acquisto è stato fatto, né da privati e né (è quasi una vergogna) dalla Chiesa. Le opere brutte non vanno, e va bene; le belle le accettano e nessuno le compera, come si fa a salvare la sorti dell’arte sacra? Stamattina ho mandato 4 lavori dei quali 2 grandi alla permanente, l’inaugurazione sarà, credo, il primo maggio. Io sono sicuro che mi accettino, ma non so se prendono il quadro grande. Comunque ti terrò informato. Come vedi caro Russo, io cerco di essere presente in tutte le mostre, ma lo faccio più per istinto che per convinzioni, io sono come quelli che continuano a lottare anche quando il più vicino avversario è lontano cento metri. E questo me ne sono accorto di già, sono i sintomi della stanchezza dello sconvolgimento. Ora non ho più quella fede (l’ultima rimastami) di riuscire. Non lo so più io stesso in che modo dovrò comportarmi! Potessi esplicare la mia attività in qualche altro ramo, ma non so far niente! Ho pensato perfino di impiegarmi, ma non ho titoli in quel ramo. Come vedi io sono un uomo che non serve a niente, nemmeno a me stesso. È sconcertante, a 34 anni domandarmi – Ed ora che faccio! – Questo è il mio stato morale, quello materiale è meno scuro, per ora non ho preoccupazioni. Ho guadagnato un poco facendo qualche cartello alla fiera. Salutandoti cordialmente Tuo de Bellis Milano, 5 maggio 1933 Caro Russo, facendo seguito alla presente che non ebbi il coraggio né di dirti la verità, e neanche mi basta il cuore di spedirtela. Il rifiuto di Firenze aveva fatto crollare la mia fede, aveva distrutto tutte le mie speranze: non era una sconfitta, no, era per me una completa disfatta. Feci ricorso (concesso dall’articolo 7) ma non avevo fiducia (poiché gli scartati si lamentano sempre). Senza contare che la commissione nazionale formata dagli artisti più rappresentativi, era un vero scoglio: poiché accettando un’opera rifiutata a Milano era come dare dell’insufficiente alla commissione lombarda. Bene, io questo grande scoglio l’ho superato. In questo momento mi è stato comunicato che la commissione nominata (per la revisione) da Roma ha accettato la mia opera. Vedi caro Russo, non è l’essere accettato quello che conta; ma è il giudizio favorevole che poi è di rimprovero alla commissione lombarda che mi fa grande piacere. Tu perdonami se ti scrivo male e al di sotto delle mie possibilità; ma ho tanto sofferto in questi ultimi tempi, ed ora questa vera vittoria mi ha messo il cuore sossopra. Queste confidenze le faccio solo a due persone, uno sei tu, e l’altro è l’ingegnere Bianco. Io davo grande importanza [a] Firenze perché, qui non è come in Puglia, che hanno fatto le cose in famiglia, e poi sono in pochi. Ma qui! Pensa, bisogna lottare con un migliaio e quasi tutti superio-
ri alla mediocrità, senza contare i quotati: qui la lotta è terribile. In questi giorni si è chiusa la mostra d’arte sacra dove avevo S. Antonio, e domenica si inaugurò la mostra sociale alla Permanente dove ebbi il piacere di vedere le mie cose nella sala d’onore. E molti colleghi che prima mi guardavano appena domenica mi fermarono per congratularsi (pur tenendo conto della ipocrisia, è però sempre qualche cosa). Salutandoti affettuosamente Tuo N. S. de Bellis P. S. mi vogliono proprio far morire con colpi sensazionali! Anche il mio quadro sportivo è stato accettato. L’ho saputo proprio ora. Castellana, 22 settembre 1933 Carissimo Russo, ho saputo da Rivizzigni che sei tornato a Taranto, e mi disse pure che non stavi molto bene: io mi auguro che quando ti giungerà la presente, ti sarai completamente rimesso. Io sono tornato dalla Spezia martedì scorso. Quando torni a Monopoli, mi faresti un grande piacere se ti fermi a Castellana qualche ora; dopo un anno, avrò certamente qualche cosa da dirti. Se ti sarà possibile dimmi – a mezzo posta – quando sarai di passaggio io vengo ad aspettarti. Cordialmente S. N. de Bellis Milano, 9 novembre 1933 Carissimo Russo, io non so come potrò sdebitarmi con te. Ringraziarti con i miei poveri mezzi espressivi no, è troppo poco. Contraccambiarti neppure, poiché la natura (o il Signore come diresti tu) non mi ha concesso il dono della squisita gentilezza. È destino che io devo essere in qualche modo debitore di tutte le persone che hanno la disavventura di avvicinarmi. Poiché è così, mi è comodo ripetere la frase tanto cara ai fatalisti: al proprio destino nessuno sfugge. Naturalmente la mia venuta a Taranto, ha fatto aumentare di parecchio il numero dei miei creditori. Casotti fu molto gentile, ma mi pesa meno sulla coscienza, dato che è un collega; ma verso i tuoi allievi mi sento molto obbligato. Vuol dire che se qualcuno di quei bravi ragazzi capitasse di venire a fare un viaggetto a Milano, mi faranno un vero piacere se vengono a trovarmi. È appena quattro giorni che sono in questa rumorosa e pericolosa città, ma è bastato per darmi quella forza di volontà, di iniziativa e di decisione, che in Puglia mi aveva quasi abbandonato. Mi sento perfino (non ti scandalizzare) più intelligente! Tante cose si sono schiarite, forse è perché qui c’è tanta gente che lavora con tanto entusiasmo e con tanta convinzione che si resta presi piacevolmente nell’ingranaggio. In questi quattro giorni ho visitato molte mostre di pittori notissimi, e proprio osservando costoro che mi sono rinfrancato. Notissimi, celebri fin che vuoi, ma grandi cose nessuno ne fa. Siamo sempre di fronte a lavori ragionati, disegnati, dipinti molto bene; ma nessuno ti fa tremare per audacia di concezione o di tecnica. Il bambino che legge qui è piaciuto molto (meno il fondo, che rifarò domani); io spero di cavarmela bene. Leggo nel giornale “La terra dei vivi” che esce alla Spezia, che è già in vendita il catalogo illustrato e costa sei lire, però contiene circa 100 riprodu[zio]ni. Io sono quasi sicuro che ci sarò anch’io. Se Casotti lo vuole l’indirizzo è: Casa d’Arte La Spezia via Fossati 2. Ti saluto assieme a tutti gli amici Tuo de Bellis
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Milano, 21 febbraio 1934 Carissimo Russo, devi scusarmi se ti scrivo questa lettera affrettatissima. In altri momenti dirti che mi mancava il tempo era la scusa più banale, ora è una verità vera. Ho cominciato un quadro grande, e ci lavoro materialmente da due giorni; ma l’ho pensato da tanto tempo. Ti faccio uno schizzo approssimativo. Ho scritto ai miei, dunque tu puoi andare quando vuoi, anzi è meglio che tu vai al più presto, perché c’è una ragione che ora ti spiegherò. Io non so se te l’ho scritto, ma credo di no. Ho deciso di disfare la mia casetta in Puglia. Non puoi credere quanto mi addolora, ma non c’è via di mezzo; è un lusso che non me lo posso più concedere! E così in agosto la fitteranno. I quadri?... Ma li metterò in casa dei miei. E anch’io dovrò rinunciare ai lunghi soggiorni nella nostra terra; però verrò per un mese all’anno: in settembre. Verrò con il biglietto a riduzione per la fiera del Levante. Puoi dire a Casotti che se trova qualche cosetta che gli possa piacere, se la prenda pure, in cambio della sua bella impressioncina che tengo sempre sott’occhio, ora mi ci sono affezionato tanto, e l’ho messa assieme ad un monotipo di Alvini. Non credo sia necessario farti questo avvertimento; tutto ciò che c’è in Puglia di mio, è tutta produzione di due anni fa e quasi tutta superata tecnicamente. [segue schizzo 224] - Gli umili Approssimativo lo schizzo, e ancora più approssimativo il titolo. Fammi sapere qualche cosa a riguardo, e aiutami per il titolo se quello messo ti sembra un po’… frusto. Salutandoti molto cordialmente, assieme a tutti gli amici di Taranto Tuo S. de Bellis Castellana, 21 settembre 1934 Caro Russo, mi affretto a mandarti il disegnino del paesaggio che ho cercato di farlo il meglio che mi è stato possibile. Mi affretto pure a chiederti scusa assieme al caro Casotti di non aver potuto tenervi con me a colazione come era mio vivo desiderio. A te ho detto tante cose intime mie, perciò mi posso permettere di dirti, che la buona volontà non è bastata, ci vogliono mezzi, ed io – come al solito – ne sono privo. Credimi Russo, a me il denaro non ha fatto mai gran colpo, ma questa mattina avrei voluto averne, così avrei avuto anche il piacere di passare un’ora di più in vostra compagnia. Sarà una mia fissazione, ma io mi sento avvilito e mortificato. Amici ne ho pochi e a quei pochi non poter dare quel minimo necessario, tu puoi dire quello che vuoi, ma si resta avviliti. Ti rinnovo la preghiera di scusarmi, e la stessa preghiera la faccio pure a Casotti. Che devo farci, se è destinato che io debba essere sempre nella eterna bolletta, ahimé, e sia fatta la volontà di Dio (dato che non è possibile fare la mia volontà che ben altra cosa da quella di Dio). Beh, beh… non tocchiamo certi tasti… Con il piacere di poterci vedere presto ti invio i miei saluti cordialissimi assieme a Casotti. Tuo S. de Bellis P. S. Caro Russo, riguardandolo questa mattina il disegno che feci ieri, m’accorgo che è un po’ lontano dall’originale, ma io credo che un’idea la può dare ugualmente. Qualche tono stridente ieri quando lo feci non si vedeva, forse a causa del tempo un poco buio. Frugando nelle mie carte ho trovato una fotografia così spero potrai farti un’idea più precisa. La dimensione con cornice è 90 x 75. Se Casotti tiene il catalogo della I sindacale pugliese, c’è il medesimo quadro riprodotto, e nello stesso tempo si valorizzerebbe anche un poco verso il possibile acquirente. [segue schizzo 225]
Milano, 12 ottobre 1934 Caro Russo, proprio in questo momento ho portato a termine l’ultima fatica, un quadro grande a soggetto mitologico – Il giudizio di Paride – non so dirti se è riuscito, per ora sono contento che l’abbia finito. Questo quadro è stato per me, come suol dirsi, un vero colpo di testa! Mi sono ridotto in malo modo. È stato un puntiglio, ma non ho voluto lasciare a metà un lavoro che mi stava tanto a cuore. Martinelli mi ha mandato l’invito per tre opere, e ho deciso di mandare i tre paesaggi che avevo l’anno scorso alla Quinta Sindacale Lombarda, tra i quali c’è pure il Paesaggio Lombardo, premiato dalla confederazione professionisti e artisti. Mi sarebbe piaciuto mandare il quadro dei Selciatori ma non ho la cassa e i miei mezzi presenti sono così sottili che non posso distrarre nemmeno una lira. Tu che sei amico di Martinelli se puoi spendere qualche parola a mio favore, lo sai quanto te ne sono grato. Questo lo dico, per avvisarti, che gli acquisti ufficiali ci saranno senz’altro, e spetta a Martinelli segnalare i meritevoli. Appena saprò l’esito te lo comunicherò. L’inaugurazione è stata fissata per il primo maggio in modo che verso il venti di questo mese te lo saprò di certo. Leggi per caso Novellino? Un settimanale per ragazzi, alla rubrica umoristica collaboro anch’io. Io i disegni non li firmo, ma sono sicuro che tu li riconoscerai ugualmente. Salutandoti cordialmente, S. de Bellis Se vedi Casotti, me lo saluti tanto. Ti faccio uno schizzo approssimativo del quadro che [ho] finito oggi. [segue schizzo 226] Ti avverto che Venere è un poco più belloccia di quella che ho schizzata qui, Venere sarebbe nientemeno che la figura centrale, ma guardandola bene vedo che lo schizzo di Venere assomiglia di più a chin-cong. Mettendo così in serio imbarazzo Paride. Milano, 1 aprile 1935 Carissimo Russo, non so perché mi ero fissato in mente che tu saresti venuto a trovarmi a Milano. Sarebbe stata una bella sorpresa per me, e mi avresti fatto un grande piacere. Milano, per me, è un’altra cosa che Castellana. È destino che io a Castellana devo stare sempre nella bolletta assoluta. La ragione sarà perché non vendo quasi mai nulla, qui invece, c’è sempre qualcosa che rende, così si ha il piacere di vedere almeno il colore del benedetto/ maledetto denaro. Ti ringrazio dell’interessamento che ti prendi delle mie cose, e di me, ma sei sicuro che io lo merito? Ieri scrissi a casa mia, e dimenticai di avvisarli, e non mi preoccupo nemmeno di farlo. A casa mia ormai ti conoscono, e hanno per te tutta la stima, tutta la simpatia, e la riconoscenza che si può avere per uno amico buono come te. Tu puoi andare quando vuoi, e puoi portar via tutto ciò che c’è di mio. I miei lo sanno quanto mi sei amico, e come mi sei amico. Ti ringrazio della cartolina che mi hai mandato da Venezia, ora mi piacerebbe sapere quali sono i pittori che ti hanno maggiormente impressionato, e quali sono quelli che ti hanno dato maggior emozione. Io purtroppo, non ho potuto andare, mille ragioni una più prepotente dell’altra me lo hanno impedito. Son convinto quante esclamazioni, obiezioni hai dovuto sorbirti. Casotti è davvero una buona e simpatica persona. Ha molte qualità, è sincero, è simpaticamente espansivo, e naturalmente come tutti gli uomini ha dei difetti anche lui: parla molto e… (perdonami) dipinge. Caro Russo, io non so se tu te ne accorgesti, ma non mi riesce nemmeno di complimentarlo. Mi dispiaceva ma non potevo assolutamente dire che le sue cose erano belle ma nemmeno buone, erano tremende. Considerandolo come pitto-
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re, impossibile come dilettante. La colpa è un po’ tua; i tuoi lavori, e i tuoi giganteschi progressi tecnici, contribuivano a farlo sfigurare. Ma quello che è peggio, è che va indietro. Le cose che vidi l’anno scorso a casa sua, erano molto, ma molto migliori. Però, è meglio che lui non lo sappia, pover’uomo; del resto, chi più, e chi meno, siamo tutti degli illusi, e lasciamo credergli che fa belle cose, tanto non fa male a nessuno. Se ti domanda di me digli che ho molta simpatia e gli voglio molto bene. Se torni a Conversano ti prego di salutarmeli tutti, e gli dite che io li ricordo tutti con molta simpatia, e il Censore in modo particolare. Salutandoti cordialmente N. De Bellis P.S. Per non venire meno a quello che ho sempre affermato che voglio concorrere a tutti i concorsi, ora sto facendo quello della Quadriennale, l’ho già colorato, mi mancano solo le parole. Ti mando un bozzettino tanto per darti un’idea. Un proverbio Toscano dice – chi persevera e non dispera vede il sole prima di sera – bè anche se questo sole lo vedrò per poco, e non tanto splendente come a mezzogiorno è sempre meglio che non vederlo affatto; perciò sarò tenace e perseverante.
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Milano, n. d. (aprile 1935) Caro Russo, il ritardo questa volta è dovuto a quella benedetta quadriennale che non vuole assolutamente saperne della mia produzione … artistica. Ha ragione! Mah! … E chi ci capisce niente! Chi vuole essere spiccio, se la cava dicendo – se i tuoi lavori fossero veramente buoni li avrebbero presi! È un giudizio che può sembrare esatto, ma non lo è. Cinquemila quadri esaminati in otto giorni, non resta che un secondo o due per opera. Dillo tu se è possibile che un quadro in un secondo possa essere giudicato bene. Non dico poi come hanno funzionato le commissioni; altra buffonata. Quando un lavoro non piaceva all’onorevole Oppo veniva senz’altro eliminato. I giudici prima di pronunciarsi guardavano prima Oppo e poi si regolavano sul pronunciarsi. E queste cose le ha dette Carpi che era della commissione. Lui però i suoi allievi, di otto ne ha fatti passare sette. Trecentocinquanta accettazioni ogni membro ne aveva una decina di raccomandati e di molti ne potrei fare i nomi, vedi un po’ come mai è possibile essere accettati. Del resto se tu vuoi fartene un’idea più precisa, e più vicina al tuo controllo vedrai che i veli cadono tutti. Come vedi i miei lavori hanno il solo torto di non piacere all’onorevole Oppo e dato che è un uomo di carne come gli altri il suo giudizio non è assoluto. E di questo ne riparleremo il primo maggio alla VI sindacale lombarda. Quello che ho detto fin’ora non sono che delle considerazioni obiettive, e siccome tutti quelli che non vengono ammessi hanno sempre un’attenuante a portata di… lingua è giusto che me ne trovo una anch’io. – Quando feci la cassa – e non sarò mai satollo di rampognarmi di essere così babilone…! – non tenni presente (oh fatal imprudenza) di fare i tre esorcismi, e i due scongiuri di rito, non toccai ferro, o alcune parti delicate del corpo, e non pronunciai le magiche parole del mago zugù-zugù. Come vedi, troppe cose lasciai correre. Di fatti tutti quelli che la formula magica del gran mago l’hanno messa in pratica ci sono riusciti (il mago zugù-zugù nel suo saggio libro dice: non basta fare una bella opera, ma bisogna anche difenderla, … strofinati più che puoi e fin che puoi ai pezzi grossi … e riuscirai); la prossima volta mi proverò. Fammi sapere qualche cosa di te, e non togliermi la stima, che io ci tengo più alla tua che a quella di tutti gli Oppi di questo mondo. Cordialmente ti saluto, S. de Bellis P.S. salutami tanto Casotti.
Alla Segreteria della Società Permanente [Milano, Archivio del Museo della Permanente, Faldone 1935, VI Mostra Sindacale 1 maggio – 9 giugno 1935, gestione vendite] Milano, 14 maggio 1935 Ho ricevuto questa mattina la sua preg. lettera dove mi si comunica l’offerta di l[ire] 500 da parte del Preside della Provincia per la mia opera “Luciano” e mi affretto a rispondere che accetto. Ringraziandola molto gradisca distinti saluti. Sergio de Bellis A Luigi Russo [Monopoli, Archivio privato Vito Saponara] Milano, 14 ottobre 1935 Caro Russo, la tua lettera mi ha fatto molto piacere, e sono contento che tu sia tornato a Conversano. Quest’anno sono venuto in Puglia per pochi giorni, non certamente per il gran lavoro che non ho, ma perché il biglietto aveva solo la validità di dieci giorni, che passarono come il vento. La tua cartolina la ricevetti il giorno prima della mia partenza. Nella tua lettera mi fai una domanda che mette in imbarazzo: “che fai in bello?” Mah! Non lo so nemmeno io se quello che faccio si può considerare nella categoria delle cose belle, o in quell’altro campo dove la porta è sempre spalancata… i miei colleghi in Puglia sono certamente di diverso avviso… ma, caro Russo, a parte il giudizio degli amici e colleghi, il male è che sono io che non mi accontento. Quest’anno ho dipinto sempre perché il mio ufficio mi fa fare al massimo una settimana al mese; figurati se ne ho di tempo. Ma ho distrutto il settanta per cento delle cose che ho fatte. Mi serbo solo le opere dove c’è un passo avanti, le altre, anche se buone, ma uguali per esempio a quelle che mandai alla famigerata sindacale pugliese, le distruggo. Non so se ti ho parlato di un quadro grande, Il giudizio di Paride. Feci il primo per la sindacale ma poi non mi piacque più. Il primo approssimativamente era così [segue schizzo 236]. Però questo l’ho distrutto, anzi domani devo sapere qualche cosa in merito da un signore di Novara che ha intenzione di acquistarlo. Questa sera farò una speciale preghiera a tutti i Santi protettori dell’arte, affinché illuminino, e gli tolgono completamente i lumi della ragione nel momento in cui mi paga il quadro. Io poi per conto mio lancerò due o tre esorcismi, di quelli che tiro fuori nelle grandi occasioni. Sì, caro Russo, se mi va male questo affare, vade retro Satana, ecco come mi trovo [segue disegnino intitolato Autoritratto 238]. Come, vedi non è il caso di parlare di acqua alla gola… poi pensai di riprendere il medesimo soggetto, che attraverso le difficoltà del primo, alcune superate e altre no, e di spingerlo un po’ più avanti come tecnica. Il secondo su per giù è così [segue altro schizzo 237]. Come vedi non sto inoperoso, ma non basta lavorare, è la realizzazione che non viene. Avrei tanto desiderato vedere le tue cose, che sono sicuro sono buone. Per adesso bisogna che mi accontento di vedere la fotografia del tuo lavoro riprodotta sul Catalogo della Sindacale. Anzi, scusami se non ti ho ringraziato prima per la tua gentilezza. In verità, io aspettavo da te qualche ritaglio di giornale, che come ti avevo detto qui non sapevo dove trovarlo, ma si vede che ti era sfuggito di mente, o certamente non potesti farlo. Poi seppi che c’è un’edicola di giornali, anzi due, che vendono la Gazzetta, e così mi misi al corrente di qualche cosa. Alcune altre cose non molto edificanti riguardo gli organizzatori le ho sapute da terze persone. Tutto sommato, mostre sindacali a Bari credo non se ne faranno più. Se si faranno, gli artisti residenti in città lontane non manderanno.
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Non ti dico in che modo arrivarono i miei lavori – due addirittura sfondati – anch’io dissi Basta!. Saluti, Tuo De Bellis Salutami tutti i professori che mi conoscono. Alla Segreteria della Società Permanente [Milano, Archivio del Museo della Permanente, Faldone 1936, VII Mostra Sindacale 15 febbraio – 15 marzo 1936, gestione vendite] Milano, n. d. (febbraio 1936) Spett. Segreteria, in risposta alla loro offerta di lire 200 per l’acquisto: disegni – accetto ringraziando molto. Distinti ossequi Sergio de Bellis
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A Luigi Russo [Monopoli, Archivio privato Vito Saponara] Milano, 17 marzo 1936* [manca il primo dei quattro fogli che compongono la lettera] le cadde sopra un quadro con la cornice, e lo sfondò in quattro o cinque punti vitali… e nella febbre di salvarlo (ero sotto la data di consegna) lo rovinai del tutto, e così sono andate in tante farfalline le fatiche di tre mesi di lavoro. L’unica cosa che ne è rimasta è un disegno che avevo fatto dal quadro: è una mezza figura [segue schizzo 243], come vedi, è ben poca cosa. Ma ho deciso di rifarlo come prima con qualche ritocco. Per Venezia sto lavorando, manderò delle opere di modeste dimensioni ma io credo siano buone, o almeno una è buona. La fotografia che vedi alla mostra ha incontrato molti consensi perciò ho pensato che superandola pittoricamente poteva andare per Venezia, e ne ho fatto un altro. La mia intenzione era di far rivivere qualche cosa che è in tutti noi ma che non è mai esistito e se è esistito è per noi irrimediabilmente perduta. Oh! Come sarei contento se riuscissi a dare nei lavori quel senso, come di una realtà sognata o vista sulla nostra prima infanzia ma è arduo il compito e non mi mancherà di sicuro qualche amarezza. Ma non importa qualunque sia l’esito non terrò conto, ma voglio insistere. E proprio oggi ne ho cominciato un altro. Ci tengo a sapere un tuo schietto giudizio così, in linea di massima. E tu cosa fai? Fammi sapere qualche cosa. Saluti S. de Bellis *Annotazione di Russo: «La mia intenzione … infanzia». Concetti che mi sembrano notevoli: De Bellis s’accosta alla scuola metafisica e cerca di affrontarne la complessa problematica. Dal culto della realtà egli s’avvia verso il sogno: il vero non gli basta, pensa a qualcosa di più, ovviamente in poesia.
Alla Segreteria della Società Permanente [Milano, Archivio del Museo della Permanente, Faldone 1936, Mostra di “Opere donate dai soci”] Milano, n. d. (aprile-maggio 1936) In risposta alla loro lettera mi affretto a comunicarle che accetto il loro invito. Riguardo l’opera, ho deciso per “Ragazzi sulla spiaggia” che si trova già nel deposito della Permanente. Il prezzo minimo è £ 700. Saluti fascisti Sergio de Bellis
Alla Segreteria della Biennale di Venezia [Venezia, Archivio Storico delle Arti Contemporanee, Scatola Nera 100, 1936, fasc. “D”, cart. post. del 27.VI.36 (100 A 121)] 27 giugno 1936 Spettabile Segreteria, essendomi giunto l’invito da parte dello spedizioniere Mangili da voi incaricato, per il ritiro delle mie opere non accettate dalla Commissione vorrei spiegazioni per sapere come loro intendono spedire l’opera esposta e a carico di chi sarà la cassa che eventualmente loro dovranno fare dato che i quadri furono spediti in una sola. In queste condizioni si trovano quasi tutti coloro a cui avete rimandato i quadri. In attesa di un loro cortese riscontro distinti ossequi; Sergio de Bellis, piazza Mentana 3 Milano. [Venezia, Archivio Storico delle Arti Contemporanee, Scatola Nera 100, 1936, fasc. “D” (100 A 144)] n. d., entro il 1° luglio 1936 Spett. Segreteria, desidererei (se possibile) avere alcune copie fotografiche della mia opera, e un catalogo. Non sapendo quanto potrà essere l’importo, possono spedire contro assegno. Ringraziando molto gradisca distinti ossequi Sergio de Bellis, piazza Mentana 3 Milano. [Segue nota dattiloscritta] Catalogo spedito in assegno il I°/7 L[ire] 10.40 – foto non ve ne sono perché non venne eseguito mai il negativo. A Luigi Russo [Monopoli, Archivio privato Vito Saponara] Milano, 15 luglio 1936* Caro Russo non ti ho scritto prima poiché aspettavo di sapere il risultato di Venezia, e tu puoi immaginare come mi stava a cuore. Ero sicuro delle opere che avevo mandato, ma temevo che si ripetesse il brutto scherzo che mi fu fatto a Roma. Credimi! Il rifiuto della Quadriennale fu così stupido, così ingiusto, che non sono mai riuscito né a dimenticarlo, e neanche a spiegarlo. A Venezia, malgrado le stupidaggini che ha detto Oietti ho un paesaggio molto buono, e poi, lo vedrai. Mi dispiace che alla sindacale pugliese ho dovuto mandare cose di alcuni anni fa. Se mi avessero detto che si inaugurava il primo luglio, non mi sarei tanto affrettato, e avrei potuto mandare cose recenti e anche più buone – le opere le avevo pronte, ma non avevo le cornici e né i mezzi per farle fare – Bè, vuol dire che li manderò l’anno venturo… Ora caro Russo ti prego di tenermi al corrente di tutto quello che avviene a Bari durante e prima della mostra. Marzano non l’ha spuntata; ma questo è il meno. Correva voce che era stato accettato, lui si era creato in anticipo uno stato d’animo color di rosa… e sul più bello non era vero niente e non puoi credere come è rimasto! Nelle sue condizioni sarei rimasto male anch’io. Però sono cose che a me non capiteranno mai – nelle grandi mostre voglio entrare per merito, e non per altre vie... Saluti tuo de Bellis P. S. Ti prego di non dire niente ai colleghi della faccenda di Marzano, è una confidenza che faccio a te solo. *Annotazione di Russo: La missiva a grandi caratteri non reca data, ma ritengo che sia del luglio 1936 [come si ricava dal timbro postale] e mi raggiunse ad Altamura [Foggia, secondo l’indirizzo sulla busta] dove ero in commissione di esami. È certo che l’accettazione alla Biennale di Venezia costituì per il nostro una grande vittoria che gli procurò viva gioia e me ne volle subito far parte, sicuro di farmi cosa gradita. A Venezia si
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andava per inviti, ma c’era pure la possibilità di entrarvi per giuria, che doveva necessariamente operare una severa selezione. L’impegno posto nella preparazione e nell’applicare i propri mezzi espressivi gli era stato parzialmente riconosciuto e di tanto si sentiva giustamente soddisfatto. Senza tale certezza l’accettazione, oltre a lasciarlo indifferente, forse l’avrebbe umiliato. L’autodidatta, che aveva cominciato dal nulla e che si era fatto tra difficoltà e sacrifici di ogni sorta, si sentiva inserito ufficialmente tra gli artisti più validi e promettenti. Di ciò non poteva non sentirsi preso. Da tutta la lettera emerge il carattere fiero, adamantino; il De Bellis protesta per il rifiuto di Roma, a suo giudizio immotivato, ma considera a base di tutto l’accettazione di Venezia come un traguardo ambito. Allora quella di Venezia, per limitarsi alle arti figurative, costituiva l’approdo più significativo e bastava a laureare un artista. La contestazione più vivace si è fatta sentire (però in tono minore) anche a Venezia, gli artisti invitati ritirano le loro opere, ed è sperabile che la riforma dello Statuto valga a ridare a quella rassegna internazionale il prestigio che merita. L’episodio dell’amico deluso è schizzato con pochi tratti. Egli, pur ricavandone ammonimento per la sua condotta, ne prova pietà. La vita degli artisti – di questi eroi dell’ideale – è tramata di successi e di sconfitte, di silenzi colpevoli e di reazioni veementi, e solo i profani ne possono trarre stupore. Notevole la raccomandazione di non diffondere la notizia nell’ambiente degli artisti. […]
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Milano, n. d. (1936)* Caro Russo, la tua lettera mi fece molto piacere per tutto quello che mi dicevi, ed io te ne sono grato. A Venezia non ci sono ancora stato, ma ci andrò senz’altro, naturalmente con un treno popolare. Ho mandato a prendere un catalogo della XX Biennale, e non ti nascondo la mia sorpresa di non trovare i nomi di alcuni amici che io ero sicurissimo di trovare. E ancora di più mi ha sorpreso l’assenza di Martinelli, come si spiega? E Morino perché non è presente? Stringi e stringi i Pugliesi nuovi ammessi siamo solo due, io e Speranza, un po’ poco però. Caro Russo io sto lavorando molto e sul serio, – il risultato? – non c’è male, alcuni quadri falliti, alcuni mediocri, e due e forse anche tre buoni. Io non te lo nascondo miro all’invito per la prossima biennale. Tu mi dicevi che ora lo sapranno anche a Castellana! Magra soddisfazione, quella gente è solamente invidiosa (parlo dei gerarchi del posto) e non mi aiuteranno mai, mentre io non ho avuto mai tanto bisogno quanto ne ho ora. Io verrò in Puglia verso la metà di Agosto e spero di potermi trattenere un paio di mesi circa, ma quest’anno voglio lavorare, vengo per quello. Ho una piccola commissione, mi è stato chiesto un paesaggio (buono) e voglio farlo tra Sicarico e Monopoli. Con il piacere che presto ti potrò vedere, ti saluto molto Tuo S. de Bellis Ti allego un disegno particolare di un quadro che comincerò oggi [segue schizzo 247]. *Annotazione di Russo: degno di nota l’attenzione con cui sfoglia il catalogo e legittima il suo stupore nel trovarsi solo con Francesco Speranza, tra i Pugliesi. Egli conosceva il valore di Martinelli che proprio a Venezia s’era imposto per tempo e non poteva non stimare Pasquale Morino, egregio pittore barese, che rese forse meno di quanto il suo talento gli consentisse, anzitutto per le angustie familiari che l’obbligasse ad un lavoro non artistico e poi per accentuato senso critico. L’ambiente artistico di Bari deve molto anche a lui. […] Interessa certo l’accenno ai castellanesi. La notizia dell’ammissione a Venezia certo gli dava un battesimo di notorietà di cui poteva essere fiero e lo poneva in diversa luce nei confronti dei concittadini che forse ricordavano la sua umile origine ed i suoi affrettati studi. La freccia è avvelenata, ma è chiaro che fa riferimento a qualche notabile che forse avrebbe
potuto aiutarlo, tanto più che – commuove l’allusione – l’artista aveva tanto bisogno di aiuto e di riconoscimenti concreti della sua raggiunta maturità artistica. Il disegno che mi acclude, a riguardarlo dopo tanti anni, non perde di rigore. Felice il segno, rapida la sintesi, concentrata la carica umana che si rivela nello sguardo intenso e dimesso.
Milano, n. d. (1938, circa 22 marzo) Caro Russo, ho aspettato che la mia personale finisse per poter tirare le somme; – vedi parlo già di somme – La mia mostra si è chiusa con un risultato buono, ho venduto per lire cinquemila, ma tolte le spese, me ne sono rimaste tremila nette, questo è il lato più prosaico di una mostra, ma va tenuta d’occhio!!! Dal lato morale si può dire è curata un po’ meglio, che come hai potuto constatare, ne hanno parlato tutti… e tutti bene… Corriere, Popolo d’Italia, Sera, Sole, Ambrosiano, Illustrazione Italiana. Naturalmente l’unico pezzo a modo è quello di Carrà, che poi è l’unico che se ne intenda sul serio. Ti ringrazio di esserti ricordato di me, e in questi giorni farò fotografare il quadro dei cavalli e te la manderò assieme a quella del nudo (che ho venduto); credi che sono due cose che hanno un certo interesse. E tu mandi a Venezia? Io non volevo mandare, ma poi non ho voluto avere un rimorso di coscienza. Ho mandato due paesaggi pugliesi, e un ritratto di ragazzo (Il ragazzo in blu), ma c’è poco da sperare, se tu pensi al numero delle opere inviate ti fa accapponare la pelle. Pensa! 2450 artisti notificati che possono mandare anche sei opere; anche facendo una media di tre, siamo già alla rispettabile cifra di 7000 e di questi, a parte raccomandazioni, ne sceglieranno al massimo un’ottantina. Logicamente, non si può essere ottimista, ma però, in bocca al lupo. Saluti, N. S. De Bellis P.S. Non ti allarmare della carta intestata, è un regalo che mi è stato fatto alla mostra; 1000 fogli e mille buste, naturalmente intestate anche le buste. Che vuoi farci? Pazienza… Perciò per qualche anno bisogna rassegnarsi…! [segue schizzo 248] Milano, n. d. (marzo-aprile 1938) Caro Russo, ti mando le fotografie come ti avevo promesso, penso che queste tre sono le cose mie più significative, mi sarebbe piaciuto mandarti il ritratti che ho mandato a Venezia ma l’avevo già imballato… e poi costano troppo. In questi giorni sono fuori dalla grazia di Dio!... è una cosa veramente vergognosa, un vero saccheggio per i miei risparmi: tassa dei celibi, contributi sindacali, il padrone di casa, il corniciaio, il doratore, la lavandaia e perfino oggi una modella, dice che le dovevo venti lire fin da l’anno scorso. «ho letto sul giornale della sua mostra e ho pensato…» Bella cosa ha pensato!... Vedi che scherzo ti può fare una mostra? E poi dicono, più i giornali ne parlano meglio è… Saluti, de Bellis. A Mario Zoffili [Milano, Archivio privato Marcello Zoffili] Milano, n. d. (circa 1938-40) Caro ing[egnere], dovete scusarmi se mi permetto di importunarvi con il presente biglietto, ma siccome vi parlai dei quadri di scarto, e nella prossima settimana viene il solito mobiliere di Cantù a fare repulisti, ho creduto far bene di avvisarvi, se credete, io sono lieto di dare a voi la precedenza. In attesa di un gentile vostro riscontro colgo l’occasione di salutarvi assieme alla vostra gentile signora molto distintamente. Sergio De Bellis, p.za Mentana 3.
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A Luigi Russo [Monopoli, Archivio privato Vito Saponara] Milano, 7 luglio 1939* Caro Russo, rispondo alla tua lettera con un inedito ritardo; ti avrei scritto prima, se non avessi voluto aspettare l’esito di Venezia. Questa mattina m’è giunta la lettera con esito favorevole per il concorso del ritratto. Ora aspetto tue buone nuove, poiché ricordo che tu mi dicesti che mandavi. Io avevo mandato pure una composizione per la celebrazione di Venezia, ma… me l’hanno silurata. In questi giorni spedisco la cassa per il concorso di Bari, e tra i paesaggi, ce n’è uno che sono sicuro ti piacerà molto e accontenta anche me, non ti dico quale è dei tre, per vedere se ho indovinato. [mancano i fogli seguenti] *Annotazione di Russo: La lettera mi fu girata ad Altamura dove ero in una Commissione di maturità. È breve, ma ricca di una bella notizia, l’ammissione a Venezia. Premiava la speranza e le fatiche di un nobile artista. Per quanto mi riguarda non ho mai mandato a Venezia. Quando mi cimentai col quadro grande di mia madre pensai un momento di tentare la sorte, giacché c’era una gara riservata. […] Ma il ritratto richiese più tempo del previsto, dimenticai i termini validi per l’invio e così mi sottrassi ai rischi di un severo vaglio. Per la prima volta affrontava un tema complesso e vasto: un ritratto grande dal vero, intero ed in ambiente. Per un autodidatta era proprio un’impresa. L’opera [non delude molto] neanche dopo tanti anni; fu esposta a Bari e non dispiacque a Martinelli.
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Milano, 24 aprile 1940* Tu che fai, lavori? io lavoro sempre, e sempre mi dibatto per cavarmela alla meglio. Da quattro o cinque mesi mi son messo a fare ritratti (gratis) e ne voglio fare tanti da raggiungere un buon risultato per poter procacciarmi da vivere ritrattando il prossimo, visto che diventa sempre più difficile vendere paesaggi, qui ci fanno concorrenza oltre agli imbianchini, vi sono i meccanici che dipingono paesaggi a tutto spiano, e naturalmente sono preferiti a noi. Fammi sapere in Puglia come vanno le cose artistiche. Salutandoti molto cordialmente S. de Bellis *Annotazione di Russo: Fin dai suoi tempi De Bellis si lamenta della concorrenza da parte d’imbianchini e di meccanici “che espongono paesaggi a tutto spiano”. Li credevano un soggetto più facile. Che dire dei nostri tempi: tutti pittori! Va bene dipingere: non va bene confondere i valori. Notevole la battuta finale: De Bellis aveva umorismo. I paesaggi dei meccanici erano preferiti a quelli dei pittori che scoprivano nuovi valori e significati.
Milano, 10 giugno 1941 Caro Russo, il proverbio dice che non c’è due senza tre, bene questa è la terza lettera che ti mando, ma se anche questa ottiene il risultato delle altre t’assicuro che non ti importunerò con una quarta. Ho pensato anche: che siano andate perdute?... ma ho pensato pure che tu sia offeso, il perché non lo so ma può darsi… qualche giudizio un po’ aspriccio… beh, non avevo mai pensato che tu fossi così suscettibile… ti credevo diverso. Questa fu pure l’impressione che n’ebbe Spaventa; naturalmente apprezzò pure la tua bella intelligenza. Lui ti scusò pensando alla vita troppo isolata che fai. Martinelli è un uomo più avveduto di me, solo ora mi spiego la sua laconicità riguardo ai tuoi lavori. Io spero che tu verrai a Milano appena sarai libero dagli esami che certamente avrai in questi giorni. La III intersindacale è una buona mostra ed è
ricca di opere buone, molti fifoni romani toscani e… pugliesi hanno avuto paura della prova del fuoco lombardo e forse non hanno torto. Alcuni divi di Roma fanno pietà; si salva Ferrazzi, dico si salva. Figura bene la Campania malgrado ci sia Cortiello. La Puglia mi spiace a dirlo è la cenerentola della mostra. Dei tuoi il migliore è la Natura [morta] grande, il quadro con i fiori sotto vetro è il pezzo più bello che hai dipinto fino ad oggi, e saresti figurato ancora meglio se mandavi pure quella con i fiori sotto alla campana di vetro, invece di tre due, ma era meglio il paesaggio a nero e leggermente affumicato; la natura morta con la damina nuoce più che giovare e… ahi! Avevo dimenticato che tu sei tanto ombroso… ma ormai è fatto; beh, ti consolerò dicendoti che domandai cosa ne pensava dei tuoi lavori (senza dire che eri un mio amico) a Bartolini, a Cerrina, e dissero le testuali parole: “Sono cose (parlavano della Natura morta grande) fatte con tanto amore che si fa amare, e perdonare le lacune che vi sono qui e là, carica la mano un po’ nel mettere troppe cose; in complesso è buono”. Tieni presente che nella sezione della Puglia ci sono anche la Pinto, Vacca, Morino, Stifano, ma l’unico che interessa dopo di te, fu un certo Conte con un paesaggino, e Vacca. I quadri di Morino incorniciati da cani, perdono molto e sono anche collocati male, i tuoi hanno la parete più bella. Saluti Sergio de Bellis Milano, n. d. (primo semestre del 1942)* Caro Russo, tornando a Milano questa mattina, sono stato assente circa un mese per poter prepararmi a dovere al concorso che si terrà a Bergamo a settembre prossimo. Tra le molte lettere ammucchiate nella mia cassetta due ne ho riconosciute subito, la tua e l’altra per l’incerta calligrafia… di mio padre. Io, caro Russo, questo mese, ad eccezione di otto giorni di sosta a Bergamo, ho vissuto un po’ fuori dal mondo e come uno zingaro da un paese all’altro tra le alte colline e montagne della Lombardia. Non nego la gradita sorpresa che mi hai dato. Io non mi aspettavo niente… ho sempre creduto di avere un ambiente ostile in Puglia, e non ti nascondo il timore che me ne rifiutassero qualcuno dei lavori che ho mandato. Vedi anche ora che dovrei essere sicuro… ho dato ancora un’occhiata alla tua lettera per accertarmi. Nei ritagli della “Eco della stampa” che ne ho trovato una decina di questo Stifano e saltano in pieno il tuo nome, quello di Morino e Vacca, ma pensa, questo in due o tre giornali. Tu come lo spieghi…? Ha per davvero quest’uomo un merito più degli altri…? Son curioso, e ne riparleremo quando ritornerò, e stai sicuro che la mostra la guarderò; e gli interrogativi spariranno. La data del mio ritorno quest’anno è molto incerta, aspetto da Roma una risposta che, se positiva, vado all’Estero a dipingere per una ventina di giorni. Comunque ti scriverò. Cordialmente, Sergio De Bellis *Annotazione di Russo: Evidentemente allude al pittore Vito Stifano: De Bellis non lo disprezza, non ne aveva motivo; non sa spiegarsi il motivo di certi silenzi ed omissioni. Eppure è una vecchia storia che anche a lui doveva essere ben nota. Col tempo le cose certo non sono migliorate.
Castellana, 28 settembre 1942 Caro Russo, ieri parlando col prof. Lanzilotta che insegna al liceo di Monopoli, e parlando di Monopoli è naturale che io domandassi di te. Lui mi disse del grave lutto che ha colpito la tua famiglia.
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LETTERE
Io conoscendo il tuo temperamento e quanto tu sei affezionato alla tua famiglia, capisco quanto dev’essere stato amaro questo dolore per te. Ti prego di accettare le mie sincere condoglianze. Salutandoti molto affettuosamente Sergio de Bellis Castellana, 24 [ottobre?] 1942 Caro Russo, ieri sera parlando con comuni amici, accennarono – vagamente – di una tua pubblicazione, e mi dissero che ti eri ricordato di me. Questo mi ha incuriosito. Se non ti dispiace mi piacerebbe sapere di che si tratta. Salutandoti molto cordialmente S. de Bellis
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A Mario Zoffili [Milano, Archivio privato Marcello Zoffili] Castellana, 25 agosto 1945 Caro Zoffili, questa mattina dopo due anni e mezzo ho avuto il piacere di ricevere tue notizie. Oggi è un giorno fortunato, poiché ne ho ricevute anche da Spaventa; come vedi, la tua mi è giunta in gradita compagnia, essendo Leo un comune e caro amico. Sono molto contento nell’apprendere che tutta la tua cara famiglia ne [è] uscita illesa, da tutto questo cataclisma dove le vittime innocenti si contano a milioni. Proprio ieri sera parlandone a tavola con mia sorella degli amici di Milano, ci facemmo molte domande, e molti “chissà!...” e naturale non manco il “chissà Zoffili con tutti [i] suoi bambini?”. Io per dire il vero dissi: la sua signora è una donna intelligente ed energica, e non è tipo da perdersi d’animo, speriamo che la fortuna non gli sia stata contraria. Ora sono veramente lieto che le mie previsioni ottimiste si sono avverate. Mi ha veramente sorpreso e dispiaciuto di quello che è capitato a Dudreville. Io con Dudreville non sono in amicizia (forse lui personalmente non mi conosce neppure) ma io ho sempre avuto per lui molta stima, perciò me ne dispiace che abbia sofferto tanto. Me ne dispiace anche di Carpi – artista indubbiamente di valore – sebbene io abbia ricevuto da lui alcune sgarbatezze. Ma non è il caso certo di affacciare risentimenti di fronte a gente che è stata strappata con tanta crudeltà alla propria famiglia, per seguire la via del calvario quale era la defunta Germania. Tu hai ragione quando mi dici “questo tremendo incubo è passato”. Tra tanta gente che io conosco, quello che ne [è] uscito dalla guerra veramente spennato, sono io. La fortuna – questa famigerata puttana – mi [ha] tenacemente avversato. A che è servito il coraggio, la mia costanza, le mie rinunzie, la mia volontà a tutta prova?... Cinque minuti di fuoco sono bastati, e dieci anni di perduto lavoro, e di travaglio sono rimasti polverizzati. Un mio amico, l’altro giorno mi scrisse “sono spiacente comunicarti che non è stato possibile salvare niente, hai perso pure – oltre la casa – anche le due casse di quadri che avevi in cantina”, cioè 130 [quadri] a olio, 200 disegni, 20 pastelli, 30 acquerelli. A questa legnata sulla testa non ero preparato, poiché in un primo momento mi avevano scritto “la tua casa è bruciata, ma hai salvato solo le casse che avevi in cantina”. Io verrò a Milano a fine ottobre e voglio vedere quello che ne [è] rimasto. Nel mio ritorno porterò dell’acquerelli (parecchi), alcuni di prim’ordine, e porterò pure (sono riuscito a tirare un pizzicotto sulla natica destra di quella famigerata…) una madonna del cinquecento, penso sia di un grandissimo autore. Salutandoti affettuosamente assieme alla tua gentile signora e i tuoi bambini che trovai veramente molto cresciuti.
Sergio De Bellis Castellana, 8 ottobre 1945 Caro Zoffili, rispondo con un po’ di ritardo alla tua lettera, essendomi dovuto ritirare dalla campagna in questi giorni, la casa in paese era in completo disordine. La campagna quest’anno è stata più breve degli altri anni perché il Padreterno finalmente si è deciso di far piovere. A dire la verità, ci eravamo stancati di mesi e mesi di belle giornate; adesso però che piove da una settimana quasi tutti i giorni, la gente brontola perché il tempo è cattivo. Mai contenti!... La tua supposizione per la mia carta listata di nero, purtroppo, è proprio così. L’anno scorso ho perduto i miei genitori in pochi giorni di distanza uno dall’altro: morirono in febbraio. Mio padre ci abbandonò dopo un giorno e mezzo di letto, questa fine così repentina fu la causa della seconda sciagura; mia madre colta improvvisamente da questa morte non attesa, non ebbe la forza di reagire data l’età avanzata, e quasi all’istante perdette la ragione, che acquistò solo nei giorni lunghi della affannosa agonia. Povera madre, morì di dolore.Ho qualche ricordo grafico – vegliai tutte le notti – ma non oso guardare quei disegni, tanto traspare tutto lo spasimo della faticosa agonia: è un dolore amaro vedere morire la nostra gente. Io penso, che chi ha figli – il dolore è sempre profondo – soffra meno, perché i figli rubano una buona parte d’affetto che portiamo ai genitori, i bambini oltre all’affetto assorbono pure il tempo materiale… e la mente si riposa… Ma chi è solo come sono io, il pensiero non ha diversivi e non fa che richiamare alla mente i ricordi che più ci son cari al nostro cuore. Ma anche in questa mortificazione del continuo pensare, vi è un compenso, la mente è tanto fissa alle persone amate, che la notte nel sonno essi vengono a trovarci, e sono come noi li desideriamo. Io di queste notturne fuggevoli apparizioni mi appago, e la malinconia nostalgica di un ritorno senza speranza mi tormenta meno. Caro Zoffili, devi scusarmi se ti ho annoiato con questo mio piccolo sfogo intimo e sconclusionato. Lo confesso, io sono veramente mortificato quando non riesco ad ordinare i miei pensieri, che si accavallano talmente uno sull’altro, e rimangono tutti poco chiari. Penso che dev’essere difficile seguirmi per questa mancanza di ordine. E per evitare un vero sconforto, evito di rileggere quello che scrivo. Riguardo al nostro comune amico Spaventa, si trova a Garbagnate al sanatorio, ma credo che in questi giorni sia tornato a Milano. Al piacere di vederti presto assieme alla tua gentile signora e alla tua numerosa e graziosa famiglia abbiti i miei cordialissimi saluti, Sergio Alla sorella Stella [Castellana, Archivio privato Michele Intini] Milano 17 ottobre 1946 Cara Stella, come era previsto dall’orario arrivai a Milano a mezzogiorno di domenica. Novità! poche, solo i prezzi molto alti, e il tempo veramente bello, quasi insolito per questi luoghi in questa stagione. Nella casa trovai che regnava sovrana la polvere, i topi davano seralmente dei ricevimenti, e si comportavano da veri screanzati, hanno insudiciato da per tutto, ma è finita la cuccagna, il gatto della mia vicina gli sta dando la caccia, e adesso è lui che fa pranzi fuori programma. Nella prossima settimana avrò l’accertamento della casa vecchia, e spero di prendere un acconto prima di Natale. Vi terrò informato appena avrò buone nuove da comuni amici. Degli amici non ho ancora visto nessuno, mi sono contentato di vedere prima le persone con cui posso combinare qualche cosa, perché la prospettiva non è molto buona. Saluti, Nicola
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LETTERE
A Luigi Russo [Monopoli, Archivio privato Vito Saponara] Milano, 22 novembre 1946 Caro Russo, ti mando l’invito di questo nostro premio ch’è una sferzata sarcastica a quanto avviene ora in Italia riguardo le arti figurative e letterari[e]. Quanto ti dico è già scritto nel verso di questo foglio, ma ti aggiungo una cosa che lo scritto non dice; cioè il premio viene consumato la stessa sera nel ristorante Craia con un pranzo; la lista delle vivande è tale che farebbe venire l’acquolina in bocca anche a Gioacchino Rossini. La somma è di 100.000 lire, ma è solo allegorica, poiché nessuno la vedrà, perché a tavola tra pittori e critici e scultori siamo trentacinque. Marzano l’ho fatto entrare io in questo gruppo per incoraggiarlo maggiormente poiché si sta mettendo in… carreggiata. Fammi sapere di te cose buone. Saluti cordiali S. de Bellis
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Alla sorella Stella [Castellana, Archivio privato Michele Intini] Milano, n. d., tra l’11 e il 19 dicembre 1946 (verosimilmente intorno al 14-17 dicembre) Cara Stella, ieri giunse a Milano Minoia e mi ha portato dello zucchero: meno male! È proprio arrivato al momento giusto! Ti scrivo senza aspettare la tua lettera, perché ho una buona notizia da dare. (La questione della casa comincia a mettersi bene per me e spero tra non molto di sistemarla definitivamente.) La buona notizia è che oggi ho venduto per 60.000 lire, in modo che questo mese ho venduto per 90.000 lire: speriamo [anche] in appresso. Se il vestito non l’hai venduto, non lo vendere più, che me lo faccio io quando verrò; e per festeggiare bene il Natale, le 750 lire di rimanenza della botte, fai un bel piatto dolce, così i bambini sono più felici. Però voglio proprio che fai un piatto dolce! Per adesso non ho altro da dire. Appena avrò delle altre novità, ve le scriverò. Buone feste a tutti. Cordialmente, Nicola Se hai del denaro mio delle mandorle, dai 50 lire a Michelino, 50 lire a Pinuccio e 50 a Mariella. Milano, 20 c.m. [dal contenuto si deduce 20 dicembre 1946] Cara Stella, non dirai adesso che non scrivo mai, ora ti scrivo quasi ogni settimana. Ho bisogno per i danni di guerra il certificato penale al più presto, dì a Minguccio di trovare il modo regalando qualche cosa, basta che mi giunge presto. Poi una buona notizia, oggi ho venduto un altro quadro a L. 25.000; come vedi è cambiata la situazione in quindici giorni, speriamo che voglia andare sempre così. Quel tale di cui mi mandasti lo zucchero non deve avere tutti i venerdì; qualche rotella gli manca, mi ha combinato un piccolo guaio che ti scriverò la prossima volta, ora ho il riso sul fuoco e non posso prolungarmi. Saluti, e buone feste Nicola [Castellana, Archivio privato Michele Intini] Da Ugo Carreca Milano, 10 febbraio 1943 Carissimo De Bellis, vi ringrazio del gradito augurio che spero… efficace, e auguro a voi di dipingere molto e con soddisfazione. Qui abbiamo avuti e ancora abbiamo avvenimenti d’arte interessanti. Una collettiva da Barbaroux con due Venezie di Tosi bellissime e altri paesaggi dello stesso autore. Vi sono poi cinque Carrà del 1943 che purtroppo a me non sono piaciuti molto ma che testimoniano dell’inesausta attività del grande artista. Seguono dei Semeghini sempre leggeri leggeri, dei buoni De Pisis e dei piccoli De Chirico fra cui una
LETTERE DI PERSONE DIVERSE A SERGIO NICOLÒ DE BELLIS
Deposizione veramente bella e commovente. Al Milione altra collettiva con un De Chirico grande e affascinante (Atleti nella palestra), con un grande paesaggio di Carrà del 1926, importantissimo e bello, con due splendidi Gola, un grande paesaggio di Tosi ed altri lavori di noti autori. Alla Galleria dell’Annunciata una esposizione di opere di Zandomeneghi dove è dato conoscere abbastanza bene questo ancora troppo poco apprezzato artista dell’Ottocento. Vi sono infatti cose bellissime e forti, dipinte con vera perizia e con grande sentimento. In corso Venezia al n. 8 si è inaugurata una nuova galleria d’arte, la Galleria Cairola, la quale ha ordinato una personale di Rosai che però non mi ha entusiasmato. Pittura grigia, malinconica, quasi direi trasandata, che fa forse rimpiangere i lavori pur belli di Rosai di una diecina d’anni addietro. Precedentemente avemmo da Barbaroux una personale di Sassu il quale apparì più irrobustito, pur mantenendosi fedele al suo modo di vedere e di sentire. Basarini, Taccani e un altro espongono in via Durini 1, ma non li ho ancora visti. Da Gian Ferrari possono ancora ammirarsi i tre vostri lavori. Come vedete c’è un notevole incremento nell’attività delle varie gallerie e ciò è veramente soddisfacente. E voi che fate, caro De Bellis? Spero, anzi sono certo, di poter vedere vostre opere importanti e belle e che presto vorrete salire ancora dei gradini sulla difficile e scomoda scala dell’arte. Avrò molto piacere se mi direte qualcosa di voi. Vorrei proprio che voi trovaste la vostra via fuori dall’influenza degli Agazzi, dei gruppi, delle tendenze e delle polemiche più o meno utili ai fini della pittura come arte. Che, cioè, trovaste la più assoluta libertà di spirito e ricominciaste a fare appello soltanto al vostro forte istinto e alla vostra calda, fine natura pittorica che – bisogna che ve lo ripeta – è moderna – moderna nel senso che è viva, fresca, spontanea – Ma sì! Ammiriamo pure gli artisti e i maestri del passato, ma non dimentichiamo che è oggi che noi viviamo e operiamo. E l’arte vuol essere sinonimo di vita e non di ricordi più o meno polemici o nostalgici. Vi dico questo perché vi stimo assai e so che avete tutti i numeri per essere all’altezza della situazione. Sono sicuro che in questo lungo periodo in cui sarete solo farete assai di più e quindi aspetto una vostra personale molto in gamba. Scrivetemi, qualche volta. Mi farete sempre grande piacere, specie se mi direte qualcosa della vostra arte, anzi delle vostre arti (dimenticavo la musica). Da parte mia nessuna novità. Tante e tante cose cordiali e saluti affettuosi anche da Silvio. Ugo Carreca Da Silvio Romagnoli Milano, 27 luglio 1943 Caro de Bellis, rispondo in ritardo alla tua del 2 luglio e gli avvenimenti mi hanno preceduto. Le invio la ricevuta allegata del trimestre d’affitto aprile-giugno. Il Domenico [Aranisi] è in stretto lutto ed anche il suo impiego assai precario. La sua bella è finita miseramente come meritava, come lui è in condizioni precarie. Speriamo in tempi migliori nel prossimo avvenire. Abbiamo incominciato a respirare, ma l’atmosfera è molto satura ancora dei miasmi venefici del defunto fascismo che ci ha portato il nemico sul nostro sacro suolo. A lei poi così vicino sembrerà di essere già in prigionia. Speriamo abbiano ad arrestarli dove ora si trovano e porre fine a questa guerra distruttrice. Un passo si è fatto, speriamo di proseguire lestamente verso la fine. L’aspetto presto a Milano per parlarci a viva voce. Saluti cordiali Silvio Romagnoli
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LETTERE
Da Luigi Russo [Monopoli] 1° dicembre 1946 Caro De Bellis, ti ringrazio del pensiero e del saluto. Dandomi inoltre l’indirizzo mi hai offerta la possibilità di scriverti. Mi sono incuriosito a leggere il bando del concorso, ma non posso partecipare anche perché la comunicazione è giunta con ritardo. Certo le cose artistiche in Italia non vanno meglio di prima, anzi con la distruzione delle Sindacali io le vedo seriamente peggiorate. Ma speriamo in bene per l’avvenire. Io sono sempre nelle solite faccende che non mi consentono di spendere molto tempo per il lavoro preferito. In una sosta ho fatto degli acquerelli, ed anche dalle dimensioni considerevoli, sebbene mi vada convincendo che questa tecnica non consenta che dei formati modesti. Tra una decina di cose vi è qualcuna che merita di essere vista. Per l’olio non riesco a vincere la repugnanza, o la pigrizia, di preparare una tavolozza e di mettere le mani nella cassetta che mi spaventa col suo disordine. Scrivimi qualche volta che n’avrò grande piacere e dimmi del tuo lavoro che è quello che più conta. Fa cose belle e sta bene. Luigi Russo
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[Castellana, Archivio privato, Michele Intini] Leda Rafanelli alla famiglia dell’artista Ritratto fatto nel luglio 1920. Alla cara famiglia De Bellis di Castellana, per la fraterna amicizia che mi lega al loro Sergio Nicolò. Leda Rafanelli e Aini Gina Stella a Stella De Bellis Milano, 22 dicembre 1946 Gentil Signora Sorella del Pittore Nicolò Sergio. Io portinaia di Via del Bollo 8, mi spiace al doverle dare una brutta notizia. Il povero Pittore è morto da una cardiaca al cuore in poche ore. L’abbiamo aiutato finche abiamo potuto, ma poveretto prima che arrivasse all’ospedale è morto in lettiga. Ora dal Orbitorio, che aspettiamo qualcuno di loro della famiglia (o mandato anche un telegramma). Partite subito, subito urgente. Le chiave li o io. Saluti. La portinaia Stella Gina Avvocato Sergio Papeschi a Giovanni De Bellis Milano, 28 dicembre 1946 Ho letto con la dovuta attenzione lo scritto lasciato dal Suo defunto fratello Nicolò Sergio. Lo scritto sarebbe valido solo nel caso che contenesse la firma del defunto, ma la mancanza di questa rende il testamento nullo a tutti gli effetti giuridici. L’art. 602 c. c. stabilisce infatti che il testamento deve essere scritto per intero e sottoscritto di mano del testatore. L’articolo 606 c. c. stabilisce che il testamento è nullo quando manca la firma. Pertanto Ella dovrà considerare il testamento come inesistente e procedere alla divisione ereditaria nelle forme stabilite dal Codice per le successioni legittime. Nel Suo caso tutte le attività mobiliari e immobiliari, al netto delle passività, devono essere divise in parti uguali fra Lei e le Sue Sorelle. Gradisca distinti saluti. Sergio Papeschi [segue annotazione manoscritta a matita: Art. 148 c. c.]
LETTERE DI PERSONE DIVERSE CHE PARLANO DI SERGIO NICOLÒ DE BELLIS
Giovanni De Bellis a Teresa, Caterina e Stella De Bellis Milano, 7 gennaio 1947 Teresa, Caterina e Stella, dovete prima di ogni altra cosa decidere per la Salma se dovrà essere portata a Castellana oppure seppellito a Milano, per quanto riguarda il trasporto a mezzo ferrovia non è possibile per nessuna ragione, perciò decidete subito per non andare incontro a spese maggiori di giacenza in deposito che ogni giorno che passa sono 100 lire da pagare. Sono andato dalla impresa Fusetti insieme a nostro nipote Nicolino ed egli vi potrà dire a voce quello che ha detto. Stanti così le cose è necessario che il trasporto della Salma avvenga a mezzo furgone funebre appena si presenta l’occasione di qualche altra salma per diminuire la spesa; se si tratta di portarlo solo occorrono 140.000 lire, mentre con qualche altro la spesa diminuisce*. Per quanto riguarda la mia volontà è indifferente, sia che venga seppellito a Castellana od a Milano, però per assecondare al vostro desiderio vi do facoltà associandomi alla vostra decisione. Per quanto riguarda il vostro mandato per la delega di chi deve tutelare gli interessi vostri e miei, ho nominato il sig. Marzano per avere un controllo e tutelare i miei interessi e quelli di mia sorella Antonietta. Nicolino vi porterà una lettera dell’ing. Zoffili che rappresenta voi tre. Voi vi farete un dovere di elencare tutto quello che il defunto ha lasciato e trovasi in casa di Stella, il piano compreso; vi avverto che ad evitare complicazioni, di non occultare oggetti di proprietà del defunto ad evitare un intervento legale. Farete un inventario di tutto senza tralasciare la mia cosa poiché dovrà essere periziato ed incluso nella divisione in cinque parti uguali. Per quanto riguarda la vigna e la casa, io nomino un mio delegato che Nicolino vi presenterà; se il mio fiduciario potrà essere anche di vostro gradimento vuol dire che affiderete pure voi l’incarico alla persona da me scelta, dato che lo ritengo competente sia dal lato giudiziario sia dal lato tecnico per la perizia della campagna e della casa e degli accessori. Per quanto riguarda la delega sia dei mobili esistenti a Milano sia per i danni di guerra, dovete mandarmi una delega a me solamente per poter curare le dovute pratiche che nessuna persona all’infuori di un congiunto si potrebbe accollare. Dovete per ciò sollecitare l’invio del denaro per il trasporto della Salma, poi una cifra che vi dirà Nicolino per la prossima mostra ed altri scoperti che il defunto ha lasciato e che si devono regolare al più presto. se il danaro nessuno di voi lo possiede, si deve prendere ad interessi per un breve periodo di tempo. Null’altro per il momento, attendo vostre decisioni. Giovanni * Il cinismo dell’impresario funebre suggerisce insomma di aspettare qualche altro morto di origine meridionale: per fare un doppio guadagno con un solo viaggio. E i parenti risparmiano… [G.L.]
Mario Zoffili a Teresa, Caterina e Stella De Bellis Milano, 7 gennaio 1947 Via Giulio e Carlo Venini, 35. Per bocca di vostro nipote Farina Nicola ho ieri appreso che è vostro desiderio di affidarmi – con regolare delega – l’incarico di procedere alla definizione ed eventuale liquidazione di tutto quanto costituisce la produzione artistica del compianto vostro fratello Sergio Nicola, intendendosi anche compresa l’autorizzazione a regolare conti attivi o passivi verso terzi. Ciò premesso io dichiaro di accettare il suddetto incarico, escludendo però la trattazione del risarcimento per danni di guerra, e la liquidazione di quant’altro costituisca eredità patrimoniale mobiliare ed immobiliare all’infuori
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dellla produzione artistica sopra menzionata. Poiché a mani del predetto Sig. Nicola Farina riceverete copia conforme dell’inventario redatto il 31 dicembre u. s. dal pittore Ennio Marzano in merito ai dipinti trovati nello studio-abitazione di Milano – Via del Bollo, 8; è necessario che a completamento altrettanto sia fatto da voi per ciò che riguarda tutti i dipinti di produzione e proprietà del defunto, che secondo quanto mi dichiarò il Sig. Domenico Intini, marito della Sig.ra Stella De Bellis, debbono trovarsi nella di lei casa. Copia di detto secondo inventario vorreste cortesemente far pervenire – per opportuna conoscenza – al Sig. Ennio Marzano (Milano, foro Bonaparte, 48), e a me stesso. In attesa di quanto sopra, porgo distinti saluti. Ing. Mario Zoffili del fu Ermanno e di fu Staurenghi Giselda, nato a Bari il 6 marzo 1905. Mario Zoffili a Stella De Bellis Milano, 25 marzo 1947, Via Giulio e Carlo Venini, 35.
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Gentile Sig.ra Stella Intini De Bellis, rispondo alla gradita sua del 16 c. m., avvisandola anzitutto di aver ricevuto, a suo tempo, anche la lettera del 3 febbraio: non ho – prima di oggi – ritenuto necessario darle notizie perché attendevo di settimana in settimana di concludere qualcosa di concreto. In altri termini io e gli altri quattro incaricati della sistemazione dell’eredità artistica del compianto Sergio Nicolò, abbiamo finora svolto un lavoro preparatorio che, se non ha ancora apportato un concreto [sviluppo] alla vicenda, ha però costituito la indispensabile prima fase di contatti, accordi, programmi fattivi. Sta dunque di fatto che ciascuno di noi cinque per l’affettuosa stima che aveva per il valente suo fratello, ha impegnato la propria buona volontà non solo per l’incarico legale conferitogli dagli eredi, ma anche – e soprattutto – per giungere a una meritata valutazione postuma ma adeguata, dell’arte pittorica di un giovane prematuramente scomparso. Da un paio di settimane il buon Marzano è partito per Lecce; da qualche mese Milano è afflitta da un inverno eccezionalmente avverso e da conseguenti infermità; tutto ciò ci ha ostacolato, ma sta di fatto che a buone condizioni la Galleria Gussoni ha stipulato con noi l’impegno di effettuare la mostra dal 2 al 16 maggio p. v. A tal proposito tutti e cinque (in presenza di suo fratello Giovanni) già da quindici giorni almeno, abbiamo scelto le opere (una cinquantina) più adatte per l’esposizione. Contemporaneamente abbiamo avute due offerte di acquisti parziali in blocco: l’una dal mercante d’arte Sig. Giuseppe Berlanda, l’altra dal Rag. Giovanni Brivio (uno di noi cinque). Ma ancor oggi non è stato possibile concretare in cifre queste richieste: infatti il Berlanda è stato un po’ di giorni assente da Milano, e il Brivio è stato colto da influenza. Quanto alle cornici (numerose, varie e costose), gli accordi sono stati presi col famoso fabbricante Egisto Marconi, il quale presterebbe (gratis) i formati correnti, e cederebbe (con eventuale pagamento in quadri) la cornici costruite appositamente. Ma anche qui non vi è definito concretamente nulla: infatti se prima non si stabiliscono le opere da esporre, non si può fissare le cornici. Da ultimo esiste (tramite il prof. Luigi Russo che ha scritto il 3 corrente a suo fratello Giovanni) un’offerta di mostra a Bari presso la Galleria dei fratelli Spizzico (in piazza Mercantile). Ad oggi questo è tutto: come vede, gentile Signora, molto è stato avviato, ma poco è stato concretato; dico questo agli effetti dei dubbi che lei mi esprime circa inopportune e sconvenienti decisioni che noi cinque potremmo aver prese senza metterne al corrente gli eredi. Stia dunque tranquilla che tutto quanto noi facciamo oggetto di trattative è
improntato alla migliore e più scrupolosa diligenza; e che, inoltre, decisioni pecuniarie importanti sarebbero prima sottoposte al parere dei parenti. Sta bene? Del resto le vicende più interessanti saranno esposte nella prima relazione mensile che spero presto di poter compilare con gli altri quattro delegati (come previsto dall’incarico legale), e di far pervenire ai parenti dello scomparso. Credo, almeno per oggi di aver detto abbastanza chiaramente tutto quanto possa interessarle. Credo, inoltre, di aver dissipato qualche suo dubbio penoso, e di averla confermata la mia buona volontà e quella dei miei amici che pure ambirono con affetto l’incarico avuto. Mi scriva pure quando ne avrà necessità; e intanto, con rispettosa stima mi creda Suo de[votissi]mo Ing. Mario Zoffili Giovanni De Bellis a Stella De Bellis Milano, 26 aprile 1947 [I membri della commissione] hanno pure pregato il critico d’arte di fare un buon articolo sul giornale affinché possa dare maggior importanza alla mostra stessa. Il Prof. Cerrina che suonò la messa il giorno del Funerale si è impegnato di fare una buona pagina nel cataloghetto elogiando le opere del defunto. […] Giovanni De Bellis a Stella De Bellis Milano, 26 maggio 1947 Cara Stella, Fino a questo momento non mi è pervenuta alcuna tua lettera in risposta alla mia ultima. Ieri sono state fatte i lotti dei quadri, e ne sono toccati 37 per ciascuna parte con cornice poiché erano state approntate per la mostra e la rimanenza senza cornice, la divisione è stata fatta in parti uguali senza alcuna differenza dall’uno all’altro. Detta operazione è stata fatta nel negozio di Viganò, il corniciaio al quale Nicola aveva un debito di 15.000 lire che in questi giorni la commissione provvederà a regolarlo. Ieri Marzano mi disse che a te ti ha scritto Leo Spaventa, che ti propone di vendere ed esporre in una seconda mostra che pare voglia farla a Bergamo, questo per quanto riguarda i tre lotti vostri, e cioè, il tuo, quello di Teresina e quello di Caterina, mentre quello di Antonietta rimane insie[me] al mio, ora si aspetta da voi la risposta se volete accettare quanto vi propone e non, se accettate che siete d’accordo, i quadri vostri verranno consegnati a Leo spaventa ed egli ne è il solo responsabile, se invece non siete d’accordo verranno spedite a Castellana, io penso che a quest’ora avrai ricevuto la sua lettera, perciò scrivimi presto al riguardo. Ieri fu fatta la divisione, vennero elencati tutti i quadri ad ognuno spettanti col relativo numero e valore di perizia, adesso il rag. Bonfanti dovrà redigere un verbale che ne farà tenere una copia per ognuno. Il quadro ritratto di Michelino l’ho fatto capitare nel tuo lotto, come pure ho fatto assegnare un ritratto di mamma per ognuno e sono state pure destinati ad ognuno che venne scritto dietro il nome a chi appartiene. La commissione per il loro disturbo che si sono preso, hanno voluto un acquerello per ognuno che dicono lo terranno per ricordo, benché di fastidio se ne sono preso ben poco ma ad ogni modo non sono stato capace di negarglielo, questi acquerelli erano esposti in mostra al prezzo di lire 15.000 cia-
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scuno ma non se ne sono venduti nemmeno uno. N. 6 acquerelli li comperò il cognato di Bonfanti per lire 50.000 e tre altri li trattenne pure Bonfanti per le lire 15.000 di debito che Nicola aveva fin prima della guerra. Adesso rimane da regolare il Dentista, che avanza 13.000 e poi regoleranno il corniciaio Marconi e Viganò che in parte si sono presi dei quadri in conto loro avere, ecco perciò nella divisione ne sono toccati solo 37 per ciascuno a qualcuno saranno toccati qualcuno di più per la differenza di valore sulla cifra globale. Come ti avevo scritto nella mia precedente per il quadro di don Carlo Mancini, l’ho fatto cadere nel tuo lotto affinché potrai vendercelo al prezzo di lire 10.000 oppure ti regoli tu di andare d’accordo, anzi se tu decidi di consegnare i quadri a Leo Spaventa, farmi [sic] memoria affinché lo posso mandare insieme ai ritratti di mamma che viene distribuito uno ciascuno. Ti raccomando poi sollecitare i documenti che ti ho mandati col mio espresso l’altra settimana, così si potrà ricevere qualche acconto per poi pagare le spese sostenute fino a questo momento. Null’altro da aggiungere per il momento, fammi sapere qualche notizia che mi può interessare e scrivimi presto. Tanti saluti a tutti. Giovanni
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Leo Spaventa Filippi a Stella De Bellis Morazzone, n. d. (1947, secondo semestre) Cara Stella, mi scuserete che veramente da tanto tempo non mi sono fatto più vivo con voi, benché il ricordo di Sergio mi sta sempre presente. Ora vi rispondo anche in ritardo perché non mi trovavo a casa. Spero che starete tutti bene e mi farete il favore di salutarmi tutti compresi i vecchi amici del mio tempo trascorso a Castellana. In quanto ai quadri io già vi dissi se voi volevate lasciarli presso di me perché me ne sarei occupato quando le mie precarie condizioni di sfollamento fossero finite*. Io nelle condizioni in cui sono oggi vado a Milano una volta ogni tanto per fare il giro della gente che mi dà lavoro di illustrazione, torno in campagna e faccio il lavoro per riportarlo a Milano. Questa è la mia vita che alterno col lavoro di pittore che faccio e metto da parte perché voi sapete che in campagna non vi è né possibilità né soddisfazione a vendere. Ora una mostra a Milano costa 50 e 60 mila lire, dura appena 20 giorni e non si vende nulla. In più l’ambiente artistico è caotico e in piena evoluzione e tra qualche anno si riuscirà a schiarire. Se voi avete qualche amico che compra qualche cosa io vi mando i quadri, perché solo gli amici che ci conoscono personalmente di tanto in tanto fanno questo sforzo di comprare a noi soli. La mia intenzione era di fare una bella mostra di Sergio al ricostruendo palazzo della Permanente, che ora sembra lo ricostruiscano sul serio. Ma per questo ci vuole ancora un anno, epoca in cui io vedo di poter riessere a Milano poiché ora ho fatto un grave sacrificio per riavere la mia casa. Ora i quadri di Sergio sono presso dei nostri amici a Milano, i quadri li tengono esposti alle pareti. Due sono da Gian Ferrari (galleria) e li lasciai dalla mostra che vostro fratello fece e che io modificai un poco insieme a Gian Ferrari per dargli un volto migliore. Io i quadri li lasciai per vedere se li vendeva e più volte passai. Altri li lasciai presso un’altra persona che poteva occuparsene. Credo che è inutile dilungarsi perché credo abbiate già capito che non vi è nulla da chiarire in quanto tutto è sempre stato chiaro naturalmente. Aspetto una vostra lettera, mi saluterete tutti e mi ricordate ai bambini che
ora saranno giovanottini. Io conservo sempre il disegno che voi mi avete mandato, vi saluto caramente insieme a vostro marito Leo Spaventa Filippi Villa Perucconi (non Salvi) Morazzone (Varese) * In altre lettere dello Spaventa a Stella De Bellis (archivio Michele Intini) il gruppo dei dipinti risulta constare di ventiquattro lavori, nello specifico «1) un quadro di pesci (telaio senza cornice), 2) due quadri piccoli ad olio con cornice, 3) sette quadri ad acquerello con cornicetta e vetro, 4) tutto il resto acquerelli con solo paspartù, di cui uno piccolo del convento» (n. d.). L’acquerello «piccolo del convento» deve identificarsi con l’esemplare in collezione comunale [144]. È comunque probabile che i suddetti dipinti, non meglio identificabili, furono infine restituiti alla famiglia De Bellis, seguendo il destino della restante collezione ereditata: in parte venduta al Comune di Castellana, in parte ad altri acquirenti, e in parte conservata presso i famigliari. Leo Spaventa raccontò in una lettera del 3 febbraio 1947 (archivio M. I.) di avere appreso in ritardo la notizia della morte di De Bellis, perché da molti mesi assente da Milano (essendo in quel periodo in cura nel sanatorio di Garbagnate). [G.L.]
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REGESTO: CRITICA DOCUMENTI TESTIMONIANZE
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Clement Morro Les artistes aux recent expositions in “Revue moderne”, 15 febbraio 1929 De Bellys Nicola Sergio Paysagiste de la contrée pittoresque des Pouilles. Sergio de Bellys a su trouver une manière simple et nerveuse qui restitue pleinement le caractère souvent un peu fruste et sauvage de la contrée et accuse en même temps une personnalité d’artiste qui compte parmi les plus dignes d’intérêt. Sergio de Bellys est, d’ailleurs, un des favoris du succès, et si son Août en Pouille a compté à Turin de nombreux admirateurs, ce n’est qu’une satisfaction de plus pour le brillant artiste qui fut fêté déjà à l’Exposition du Paysage Italien de Rome, à Bologne, à Milan. Or, de Bellys est un jeune, dont les trente ans annoncent tout au plus le commencement d’une maturité pleine de promesses. Car c’est un travailleur qui se plaint ni son temps, ni sa peine, un sensible qui possède, semble-t-il, d’invisibles auteurs pour pénétrer les secret les plus cachés de la nature, un chercheur qui sait varier constamment sa manière et adopter l’expression au sujet choisi.
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Luigi Russo Un pittore novecentista in “La Gazzetta del Lunedì”, 16 settembre 1929 […] il De Bellis non ha mai perduta di vista l’arte pura. Egli è uno dei paesisti più originali della Puglia; pur passando gran parte dell’anno a Milano, ha studiato con l’ardore d’innamorato il nostro pittoresco paesaggio, in quei mesi che nella quiete del paese nativo trova sé stesso lungi dall’affannoso movimento della metropoli lombarda. Ama la natura, la campagna con quel trasporto con cui l’amano le anime grandi; cerca le plaghe più caratteristiche, più tranquille e ne fissa rapidamente sulle sue tele la suggestiva bellezza. La visione offerta al suo sguardo lo innamora, lo commuove e n’esce poi, attraverso il travaglio dell’arte, rivestita di quell’intima commozione, di quella nota suggestiva, che è così necessaria. Nell’anima il paesaggio riceve un’impronta di melanconia e l’accecante brillare delle nostre terre riarse dal sole, viene velato, attenuato, raggentilito per ubbidire non già a maniere più o meno in voga, ma ad un intimo bisogno dell’anima. […] Dante Maselli Il grande successo della mostra del pittore De Bellis in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 13 ottobre 1929 Iersera l’inaugurazione della prima Mostra della nuova stagione richiamò nel salone del Circolo Artistico una folla di signore, autorità e di amatori d’arte che fecero subito il viso del consenso all’opera del nostro conterraneo Sergio De Bellis che, sebbene giovanissimo, manifesta già una vibrante personalità la quale si afferma con una serie di quadri varia e numerosa. Fra le autorità, che furono ricevute dal presidente del Circolo prof. Gervasio e dalla vice presidente donna Rosetta de Filippis – Re David, notammo fra l’altro il Segretario Federale col. D’Alonzo, la Delegata provinciale dei Fasci Femminili donna Wanda Gorjux, il commissario al Comune dottor Vella col capo di gabinetto cav. Monetti, il Preside prof. Viterbo, il nostro Direttore e il prof. Durante. Il successo della Mostra, per la quale bisogna essere grati ai dirigenti del sodalizio di Palazzo Fizzarotti, è pienamente giustificato. Nei quadri di De Bellis non v’è infatti retorica, non v’è ingegnosa predisposizione di toni, v’è invece testimonianza viva di un processo tutto interiore che gli fa trionfalmen-
te superare ogni bassura. L’artista ha saputo armonizzare il vigore e l’austerità del classicismo con le squadrature e le turgidezze del novecentismo; l’artista si è mantenuto devoto alla maternità della tradizione, si è liberato dai futili pesi dell’impressione disciplinando il suo spirito, la sua mante e perfino la sua mano, ed ha prodotto delle opere sane nell’ideazione e nella estrinsecazione coloristica. È evidente in questo artista, la cui giovane età fa giustamente sperare più miracolosi sviluppi, il bisogno di navigare in una atmosfera ventilata in cui non è possibile la permanenza di apriorismi e di bizantinismi stilistici. Tutte le opere portano il segno di una derivazione sentimentale e di una visione plastica vissuta in profondità. C’è nei suoi quadri di paese pugliese e milanese una visibile serenità, una incisiva linearità, una plasticità asciutta e scabra che sono lontane mille spanne dalle interpretazioni cui ci avevano abituato finora i nostri migliori paesisti. In questi paesaggi forma e colore ispirano una statica tranquillità, quella stessa che talvolta ci vien fatto di notare in certe caliginose ore crepuscolari della nostra Terra, quando su tutte le cose pesa il fastidio della luce abbagliante durata tutto il giorno e quando i cieli si colorano di grigio. Gli alberi non sono contorti tragicamente ma palpitano in un’atmosfera ariosa con una freschezza ed una lucentezza di linfa. Anche quando queste visioni sono materiate di arsura e di tempesta acquistano una piacevole immobilità passando attraverso il filtro del tranquillo e ottimistico temperamento del pittore. Si può dire insomma che Sergio De Bellis sia un calmo e contemplativo pugliese che all’ottimismo della vita accoppia una singolare sensibilità. Lo si vede subito dal modo come egli interpreta fedelmente e pacatamente gli aspetti degli uomini e delle cose; lo si vede da come egli dispregia ogni allettamento di pregiudizi intellettualistici; lo si nota attraverso la soavità dell’incarnato femminile ed attraverso la dolce linea ch’egli ricerca in modelli che si offrono con facile docilità alla morbida ed appena sensibile levigatezza delle tinte. Sospinto dall’aspirazione verso un ideale estetico virile e severo l’artista si presenta nella complessità e nell’intensità della sua produzione, dal ritratto alle nature morte e dai paesaggi alle composizioni, sempre schivo dal mascherarsi con i figurini in voga e sempre accessibile ad ogni sorta di figurazione. Questa varietà di elementi ispiratori ci fa pensare che il nostro artista, oltre ad essere dotato di squisita fantasia, ha un saldo senso di intuizione ed uno sviluppatissimo senso di osservazione. Sono tutte figurazioni che non si arrestano alla superficie ma rendono lo spirito oltre che la forma; sono opere che testimoniano una facoltà di penetrazione e di emotività non comune, una continua ricerca di armonia così nelle tonalità chiaroscurati che nell’equilibrio delle composizioni. Siamo spiacenti di non potere in questa breve ed affrettata nota esaminare partitamente tutti i pregi delle 75 opere esposte. Possiamo però dire che esse rivelano tutte un pittore di razza che onora la Puglia e che è destinato a raggiungere una più vasta notorietà. I visitatori lo han subito capito ed hanno proceduto ai primi acquisti con un entusiasmo che ha segnato il completo grande successo della Mostra […]. Gaetano Savelli Sergio Nicolò De Bellis in “Puglia letteraria”, 30 giugno 1932 Non grido al miracolo, né annunzio clamorosamente la scoperta di un nuovo astro nel firmamento artistico. Voglio soltanto semplicemente e brevemente accennare all’opera di un giovane pittore pugliese, sbalzato chi sa come dal
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suo paese di provincia nella metropoli lombarda, dove tuttora vive e lavora. Sergio Nicolò De Bellis fece la sua prima apparizione tre anni or sono a Bari con una mostra personale che entusiasmò critica e pubblico; ritornò dopo con pochi lavori che espose alla prima ed unica mostra sindacale regionale pugliese, ed infine quest’anno stesso ha dato modo in un’altra personale tenuta pure a Bari, nella sede del Circolo Artistico, di meravigliare gli intenditori per la perfezione raggiunta nell’estrinsecazione della sua arte. La pittura del De Bellis, pur non essendo proprio austera, fa restar pensoso chi la osserva. Trovo qui adatto riportare un periodo di Margherita Sarfatti, che calza a pennello per il De Bellis: «L’unità stilistica fra la concezione e la rappresentazione dà l’impronta della sincerità, con la quale l’artista ha veduto e sentito nel mondo esterno la propria anima, e dell’energia con cui sa imporre la inevitabile autorità della sua creazione». Passato attraverso l’esperienza careniana, Sergio Nicolò De Bellis ha saputo, lungo il suo cammino, abbandonare tutte le scorie imitative, acquistando una spiccata personalità, che è una delle sue doti principali. La sua arte è moderna, ma non di quel modernismo manierato e di seconda mano, tanto di moda oggi, specie presso gli illusi ed i falliti; modernismo, invece, inteso come rappresentazione di un mondo interiore, attraverso il quale è stato distillato quello reale. In altri termini, questo pittore non fa parte di quella categoria di «fotografi» che Baudelaire definiva felicemente «muratori». La pittura di De Bellis va considerata oltre il fatto mimetico; premesso che non v’è nulla da obiettare sulla forma e sul colore, è il sentimento che principalmente bisogna ricercare nei quadri del giovane artista pugliese, sentimento che sempre traspare dalle sue tele, qualunque sia il soggetto trattato, e che è espressione della sua arte e specchio della sua spiritualità. Bisogna aggiungere che la pittura del De Bellis è dignitosa nella forma e nel contenuto e non si appaga di certe sterili e bugiarde rifritture, perché io sono del parere (e per fortuna non io soltanto) che in arte chi non è rinnovatore è plagiario. Lascio da parte ogni classificazione di questa pittura: tutto ciò può interessare solo gli archivisti; quello che preme far sapere è che la sensibilità di questo giovane raggiunge realizzazioni meravigliose, ed il suo lirismo è tale da suscitare commozioni profonde, per cui lo definisco, senz’altro, poeta. L’arte sua aborre il dettaglio inutile, se non dannoso, e la sua linea è nobilissima e pura: ogni quadro è un pezzo sinfonico, o meglio un cantico francescano per le creature tutte della terra, un inno appassionato alla natura, una laude al Creatore. Dino Bonardi Imponente panorama dell'arte lombarda in “La Sera”, 21 febbraio 1936 […] Seguiremo l’ordine delle sale, partendo dalla prima, per notare subito […] una composizione di Sergio De Bellis, assai fine di colore e originale, nella quale tuttavia si notano ancora talune incertezze di esecuzione che un pittore tanto naturalmente dotato, dovrà impegnarsi a superare. […] Fred Pittino Sergio De Bellis, presentazione sul pieghevole d’invito alla mostra personale del De Bellis, a “Piccola Mostra”, 14 febbraio 1938 Pittore pugliese operante da molti anni a Milano, […] presenta in questa sua prima personale l’opera di cinque anni di attività, con una semplicità priva di malizia o di preparato, che lo rivela all’osservatore in tutti i suoi sviluppi. Chiari si avvertono nella sua produzione due periodi pittorici. Il primo è qui ridotto ad una diecina di pezzi rappresentativi: Ragazzo con
libro e Ragazzo con racchetta di un sereno naturalismo, con evidenti influssi delle esperienze novecentiste, ne sono gli esempi salienti. In essi la preoccupazione di un disegno e di una plasticità un po’ convenzionali non bastano ad offuscare la nativa freschezza del colore ed una soffusa dolcezza di sentimento che il pittore conserverà nelle esperienze successive. In un secondo tempo si nota in lui un graduale rinnovarsi. Alla facilità plastica succede il desiderio di rendere la forma più aderente all’intima manifestazione pittorica. Il contorno, ridotto lineare, comincia a serrare stesure tonali piatte e decise. Lo spazio diventa cristallino e la struttura compositiva assume accenti nuovi. Più che nel paesaggio dove la natura affascina la volontà dell’artista, esempio Il ponte, nella natura morta, esempio Strumenti musicali, si manifestano i sintomi di questo rinnovamento che avrà poi più chiari sviluppi a mano a mano che questa volontà diventa stato d’animo. Le stesure piatte si arricchiscono di materia sensibile ed il colore risuona poeticamente. Con la conquista plastica si evolve e si approfondisce anche il senso intimo delle cose. Così nei paesaggi, che qui emergono per numero sul resto delle opere, si notano delle eccellenti qualità evocative. Quelli eseguiti nella scorsa estate in Puglia ne fanno rivivere il calore della terra e del sole con una narrazione limpida sia nella grafia che nel colore. Nella natura morta l’indugio in raffinatezze tonali e di segno è più sensibile: gli elementi sono scelti con evidente interesse pittorico, esempio Funghi e fiori, così come nella figura si osserva un più forte desiderio di approfondimento. Da ciò, le opere degli ultimi due anni hanno anche nei leggeri contrasti dovuti all’irrequietezza della ricerca, un preciso carattere. Ma già in Bambino in blu, uno dei quadri più recenti, si notano delle manifestazioni che fanno supporre un’ulteriore evoluzione e delle continue nuove conquiste. De Bellis è cosciente di questo e vuole con quest’esposizione, fatta soprattutto di sincerità, mostrare attraverso le sue opere la strada che egli percorre e che vede continuare aperta innanzi a sé. Dino Bonardi Sergio De Bellis in “La Sera”, 16 febbraio 1938 Dalla Puglia nativa Sergio De Bellis esprime con autentica poesia lo spirito in parecchi dei suoi paesaggi esposti, con molte altre tele, a Piccola Mostra. Pittore di una evidente sanità interiore, De Bellis giunge oggi alle maturate prove del suo equilibrio pittorico. La sua è pittura che per chiarezza, armonia, e per quel placato senso delle cose, sta accanto alla tradizione, ma invece per audacie tonali e libero spirito di composizione mostra di avere assorbito, con molto discernimento le parti migliori della polemica moderna. Ne danno la prova certe sue fantasiose nature morte che hanno a sfondo vasti paesaggi di mare, e che sono risolte in una gamma di toni perlacei di raffinata rarità: sopra questi saggi alita un vasto senso di poesia, un rarefatto silenzio che incombe e domina. Altrove il colore di De Bellis si incendia invece di tonalità solari: da delicati i toni si fanno accesi, conquistano tutto il vigore della gamma, che garrisce in piena luce: i rossi, i verdi, i gialli di una natura morta, danno la misura della splendente energia tonale acquistata dall’artista nella sua più vicina maniera. Quel limpido e caldo spirito delle cose che dà voce ai suoi paesaggi, vivi di poesia, ingentilisce e offre un’elevata dignità anche alla sua rappresentazione dell’umano: il Ritratto in blu resta un modello di equilibrio per la animata e limpida chiarezza della espressione tanto plastica quanto psicologica, cioè nel vivo sentimento che circola nella forma e nel colore. In sostanza è questa la mostra di un altro dei giovani seri che, apparsi nelle mostre
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Sindacali, con tenacia e valore si sono aperti il varco e oggi si propongono all’attenzione della critica con risultati già vivi, affacciati su un costruttivo futuro. Il pittore Fred Pittino presenta la mostra con un meditato e attento studio critico dedicato specialmente agli aspetti tecnici della pittura di De Bellis. R.V. Note d'arte: il pittore Sergio De Bellis in “Il Sole”, 17 febbraio 1938 Pugliese di nascita, Sergio De Bellis da parecchi anni lavora a Milano, ma per la prima volta si presenta con una personale, allestita a «Piccola Mostra» (via S. Vincenzo, 28), esponendo la sua attività di cinque anni. Paesaggi,interni, ritratti, nature morte rappresentano il ciclo dell’attività dell’artista, nella quale la preoccupazione del disegno e della plasticità un po’ convenzionali non bastano ad offuscare la nativa freschezza del colore. Il pennello del De Bellis è agile, descrittivo, e mentre la sua fantasia corre dietro all’idea, la tela si riempie di colore che la sensibilità del pittore sa festosamente armonizzare. De Bellis è artista cosciente e sincero e attraverso l’opera sua ci mostra la strada che egli percorre e che vede continuamente aperta dinnanzi a sé, con lo scopo evidente di misurare le proprie forze per raggiungere quelle mete cui giustamente aspira. […]
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Anonimo (Pietro Torriano?) Recensione in “L'Illustrazione italiana”, 27 febbraio 1938 Sergio De Bellis espone a Milano (Piccola Mostra) una bella serie di dipinti: ove, dalle rappresentazioni della Puglia nativa, alle nature morte, al ritratto, egli si dimostra pittore ricco di mezzi. Assai vivo è il suo sentimento del colore, ch’egli sa portare dalle più tenere note alle più accese; e fresca e feconda la sua fantasia, che sa creare con novità d’immagini e di forme. Carlo Carrà Sergio De Bellis in “L’Ambrosiano”, 2 marzo 1938 Artista in pieno sviluppo si manifesta Sergio De Bellis nelle opere riunite a Piccola Mostra, ma attraverso ricerche di vario genere si avvalora la legittimità di un’attitudine che non esito a definire significativa. Si tratta dunque di esperienze utilissime dal punto di vista artistico, intese a precisare un rapporto effettivo di concordanza fra sentimento estetico e realtà viva delle cose. A chiarimento di questa nostra impressione ci limitiamo a citare due esempi: Bagnante e Cavalli. Con quest’ultimo lavoro il De Bellis riesce ad effettuare un concetto stilistico e costruttivo che nelle tele precedenti era soltanto frammentariamente indicato. Pure negli ultimi paesaggi vi è la presenza di uno sforzo costruttivo rispetto al quale la materia pittorica appare talvolta come svuotata in passaggi cromatici generici, per preventivo volere di lievitarla nella luce. Vittorio Sabbatelli Il pittore De Bellis in “Il Cardo”, Putignano 1938 De Bellis Sergio Nicolò è un castellanese che tutto deve a le sue forze. Egli portò ne le pitture, dal tocco lieve, un po’ di questa nostra terra che non apprezziamo mai
a sufficienza, anche se serra in essa le cose migliori assai de la nostra vita, del passato da cui io,vecchio crepuscolare traggo tutto il bene che mi è dato trarre perché, ne le delusioni amare, abbia conforto e incitamento. Come il buon camminatore del deserto porta, pel momento di grande sete e di calore, le ghirbe piene d’acqua, così portiamo noi il bene del passato per dissetarci nei tristi ed afosi dì di grande arsura. De Bellis ha portato perciò, attraverso le pitture la poesia de la nostra terra ferace e, se ben ricordo, un po’ pure de l’anima nostra senza pace, che piange e ride per un nonnulla, come quella di una timida fanciulla. Carlo Accetti Sergio De Bellis pittore in Nove artisti alla “Nova”, Milano 1940 […] Ricercatore costante dal vero, si è proposto nell’arte la sincerità, lontano da astrattismi e da polemiche, che non approdino a opere o disgustino l’armonia della vita. È un autodidatta. Tra i paesaggi che predilige sono quelli della campagna Pugliese e della campagna Lombarda. Gli piace l’onestà in arte, che è, stile e carattere. […] Anonimo (Guido Piovene?) Artisti che espongono: Sergio De Bellis in “Il Corriere della sera”, 28 febbraio 1941 Al pittore Sergio De Bellis non mancano certo la disposizione e l’agevolezza. Egli ama tutti i soggetti e in tutti infonde il suo gusto del colore libero e delicato. I suoi quadri sono apprezzabili per gentile e quasi timida compiutezza o come gradevoli appunti: non sono mai volgari, né stentati. La stessa approssimazione di alcune articolazioni del disegno ha valore di intelligente o di estrosa prova. I ritratti – e qui a «Casa d’artsti» ce ne sono due o tre degni di nota – sono i più commossi, più affettuosi e felici dipinti del De Bellis. Magistrali, non diremmo; ma pieni di caldo e lieto sentimento sì. Non sono bloccati, non sono troppo aperti; non impettiti, non cascanti; il colore vi circola con naturalezza; e una vivacità temperata dall’abitudine delle quotidiane gioie della famiglia tiene moderatamente acceso il fuoco tonale. Tra i paesaggi, particolarmente considerevoli i pugliesi, per lucentezza e castità di gamma. Dino Bonardi Mostre d'arte: Sergio De Bellis in “La Sera”, 28 febbraio 1941 Nei dipinti esposti a Casa d’Artisti in via Manzoni 21, Sergio De Bellis fa notare altri svolgimenti della sua arte. Abbiamo seguito, da lontani tempi, que-
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sto giovane artista nelle sue sempre nobili manifestazioni. Non ci sorprende la sodezza di forma in cui si è ormai stabilito: abbiamo di continuo documentato il suo procedere sulla strada dell’arte. La mostra è riassuntiva e fa conoscere l’artista negli aspetti vari della sua personalità, dal paesaggio, alla natura morta, trattata con trasparente finezza come quella con pere, mele e uva nera, al ritratto che novera saggi cordiali e forti come quello che ricorda il compianto pittore Della Foglia, ma specialmente come il Ritratto di signora con borsetta che su questo piano appare l’opera più elevata per densa pittura e per intensi valori d’umanità. De Bellis si protende gagliardamente anche verso il quadro storico e in qualche bozzetto qui esposto dimostra la varietà viva e suadente del suo talento, capace di serrare in fervida unità plastica anche scene a cui concorrono plurimi elementi. Necrologio I In “Il nuovo Corriere della sera”, 24 dicembre 1946 Annunciano costernati l’improvvisa morte del collega Pittore Sergio De Bellis gli amici del Craja: Bartolini, Bertucci, Cerrina, Colombo S., Consadori, De Amicis, De Rocchi, Figini, Labò, Monti, Dante Montanari, Morelli, Nardella, Pepe, Rebasti, Reggiani, Rosti, Secchia, Spilimbergo, Taccani, V. Viviani, Zocchi. Milano, 21-12-1946. Si associano al lutto: le famiglie Zoffili, Bonfanti, Somacal, Balducci.
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Necrologio II In “Il nuovo Corriere della sera”, 28 dicembre 1946 Il fratello Giovanni, le sorelle Teresa, Antonia, Caterina e Stella, i cognati, i nipoti e i parenti tutti annunciano desolati la prematura scomparsa del Pittore Sergio Nicolò De Bellis deceduto in Milano il 21 corrente. I funerali seguiranno da via del Bollo 8 alle ore 9,30 di domenica 29 corrente per la parrocchia di Sant’Alessandro. I congiunti ringraziano gli amici che vorranno intervenire alla mesta cerimonia. Milano 27-12-1946 Vittorio Sabbatelli Ricordo funebre stampato in occasione del trigesimo della morte, 21 gennaio 1947 In questa vita di negri da fatica in cui ci si azzanna per non cedere un boccone di pane a chi ha fame fu con signorilità uomo di parte giacobina e con i disagiati. Indipendente sempre dopo aspre lotte e incomprensioni vide coronato il suo sogno d’arte in mostre internazionali dove i suoi quadri pieni di alato lirismo lo consacrarono pittore. La morte lo ghermì quando avrebbe potuto affermarsi ancora
a dare maggior lustro al suo paese natale le cui campagne lo videro pellegrino d’amore per fissare nelle sue tele le bellezze donateci da Dio perché avessimo una visione del suo Regno. Luigi Russo Ricordando Nicola De Bellis in “La Voce - quotidiano del Mezzogiorno d'Italia”, 26 gennaio 1947 […] un’altra fonte di ispirazione per De Bellis era Monopoli con il suo mare ed il suo motivo dominante dei campanili; nell’ottobre scorso quando si preparava al suo ultimo viaggio, egli mi mostrò tutta la serie dei lavori eseguiti a Monopoli. Erano questi gli ultimi canti della sua vita di artista. Negli ultimi tempi si era invaghito a tal punto della musica da cominciare lo studio del piano come uno scolaretto. Nel suo studio infatti quel giorno c’era un pianoforte con su il leggio qualche rigo molto facilitato di Beethoven e pretese che io, inesperto al par di lui, lo eseguissi. Mi parlò inoltre di un sogno che aveva fatto e che gli era rimasto impresso in ogni particolare. Il suo spirito era alieno da ogni misticismo, da ogni fantasticheria, e si atteggiava a spirito spregiudicato e libero da ogni forma di religiosità. Perciò non poteva quella notizia non destare in me un certo interesse. Mi aggiunse perfino che dopo quel sogno riusciva a spiegarsi certi aspetti metafisici dell’arte contemporanea. Quel certo che di fantastico e di surreale che appare in certe opere, mai prima prese da lui in considerazione. Dopo quel sogno tutti i suoi lavori ne avrebbero risentito. Sognando egli si era recato in una cattedrale dove delle figure di un affresco appeso ad una parete lo accusavano con parole minacciose, gl’incutevano un terrore schiacciante. Altri lo difendevano finché sull’affresco appariva il suo quadro con l’immagine del Redentore, che pronunciava parole severe ed amorevoli ad un tempo, che lo sollevavano da un peso mortale. Un raggio si staccava da quella sorgente a rischiarare le tenebre del suo smarrimento e del suo dolore. Quel sogno ha per me, dopo la sciagura della sua morte, un senso diverso, un valore speciale che a tutta prima mi era sfuggito. Non fu quello un segno premonitore di un pericolo incombente, una chiamata dall’angustie della terra verso una sponda lontana ed invisibile? Quel richiamo nello schianto del suo trapasso sarà stato il conforto più dolce, un balenare fra le tenebre che tanto precocemente lo avvinsero. Mario Zoffili Presentazione della Mostra postuma alla Galleria Gussoni di Milano; testo inedito, non pronunciato perché sostituito dalla presentazione di Giuseppe Cerrina (che compare sul pieghevole d’invito; cfr. più avanti la testimonianza di Antonio Zoffili), aprile 1947 Specchio fedele e appassionato del periodo più conclusivo dell’arte di Sergio De Bellis è questa mostra che alcuni amici suoi allestiscono a quattro mesi dalla morte di lui non ancora cinquantenne. Testimonianza accorata ma anche un poco orgogliosa, di chi, avendolo seguito per decenni interi di lavoro ostinato e spesso luminoso, ancor oggi vuole – per affetto della conclusione prematura – accompagnarlo di fronte al pubblico, ad un esame in cui il protagonista non potrà addurre giustificazioni attuali, né invocare appelli futuri. Ma
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invero il fattore negativo dell’assenza è questa volta non corretto dal pietoso rammarico per la morte, ma del tutto annullato dall’eloquenza che le pitture prescelte esprimono a chi sappia nelle opere d’arte scoprire provenienza e funzioni: vale a dire l’impulso creativo e lo stimolo morale. Perché Sergio De Bellis fu, per naturale inclinazione e per sistema di vita un artista coerente con i propri mezzi e con la propria anima. Se i primi, infatti, ebbero, evoluzione e perfezionamenti progressivi, la seconda fu lineare e severa, sì da improntare di se stessa una vita solitaria e modesta non per fredda misantropia, ma per spontanea astrazione dai contorni superflui ad una ferma vocazione. Queste, per chi lo ha conosciuto, sono le fonti alimentatrici dell’opera di un pittore che qui non si vuole collocare e classificare attraverso la terminologia critica che altri, in sede diversa, saprà stabilire. Queste parole definite presentazione vogliono e possono soltanto costituire un invito suadente per le persone attratte verso la pittura che allieta con la sua festosità esteriore ma che sa, nel contempo, alimentare il fondo di sentimentali fantasie che ogni essere evoluto custodisce nel suo intimo. Meridionale nato in quella terra di Puglia che unisce la suggestiva e rigogliosa ampiezza delle campagne di pianura con la maestosità mutevole del mare di scogliera, Sergio De Bellis subì l’attrazione autorevole del clima artistico milanese. Ma tale ambiente egli volle intendere soprattutto come campo di azione vasto e ricco di esempi, non mai rinunciando alla sua spontanea e personale ispirazione. Se, infatti, lui meridionale non praticò mai un cromatismo esuberante di tipo napoletano, non subì peraltro in alta Italia le influenze di stili polemici e di gruppi costituiti. Invano, quindi, si cercherebbero nella pittura di De Bellis le tracce di ciò che suol chiamarsi la lezione di un grande maestro, né i caratteri estetici di una tradizione regionale. Egli, insomma, volle esprimere – con padronanza sempre più significativa e con sincerità genuina – quanto il suo spirito vigile e fattivo andava attingendo dal mondo in cui viveva: il suo mondo reale, anzi quotidiano, ma tradotto attraverso una specifica interpretazione psicologica. Oggi, infatti, dipinti ad olio e ad acquerello ci dicono tutto – o quasi – di lui, con autorevole e duratura chiarezza: sono i paesaggi e le marine spesso vivaci di colore perché visioni entusiaste della terra di cui era figlio; sono i composti ritratti e le attonite figure improntate alla sua sottile contemplazione dell’umanità; sono infine le domestiche e quasi intime nature morte emananti la commossa suggestione del suo mesto romanticismo. Giuseppe Cerrina Presentazione della Mostra postuma alla Galleria Gussoni di Milano, aprile 1947 Scrivere di un artista immaturamente scomparso per tentare di definirne la figura estetica e morale è sempre molto melanconico, ma parlare di Sergio De Bellis, per noi che gli fummo vicino e gli volemmo bene, è una tristezza ancora maggiore. Siano adunque, queste poche parole, un affettuoso ricordo dell’amico, a cui tante volte avevamo promesso di scrivere della sua pittura, mentre non avremmo mai pensato di dover mantenere la promessa quando la gioia della contemplazione del lavoro compiuto e l’ammirato consenso di chi l’avrebbe capito non avrebbero più potuto illuminare i suoi occhi arguti e sorridenti. Dalla Puglia nativa De Bellis aveva portato quell’ardore silenzioso, quelle sincerità dei propositi che erano fra i suoi caratteri più salienti, una certa angustia anche, che nel soggiorno lombardo e al contatto colle correnti artistiche più vivamente operanti si era andata a poco a poco dileguando e nelle ulti-
me opere aveva ceduto il posto ad una visione più larga e comprensiva della realtà, ad un senso più drammatico del vero, ad una più pura contemplazione di quell’infinito che è nel soggetto dell’arte il solo ed unico scopo dell’artista. Modesto e quieto De Bellis pensava che soltanto il lavoro assiduo, la tenacia nel perfezionare i propri mezzi, la sincera commozione dinanzi al vero potessero ogni giorno aggiungere un elemento, sia pure piccolo, all’espressione della propria personalità. Nessun sacrificio gli pareva sufficiente per la pittura: visse per anni come un certosino, contento delle scarse risorse che l’esercizio dell’arte gli dava, purché potessero queste servire ai nuovi tentativi e alle nuove speranze che gli sorgevano nell’animo. E fu così che, in questi ultimi tempi, quando già il successo cominciava a sorridergli e le preoccupazioni materiali ad attenuarsi e sopratutto la sua visione a delinearsi nella forma schietta del colore e del segno, lo raggiunse l’ombra solenne a cui tante volte egli aveva guardato con animo sereno e quasi presago. Delle sue aspirazioni, delle sue speranze, delle sue tappe raggiunte parlerà ora soltanto questa raccolta delle sue opere. E in esse, dall’intimismo delle figure e delle nature morte, in cui forse la sua pittura ha raccolto il fiore dell’arte, alla sciolta freschezza degli acquerelli paesistici, alle ultime opere dense di valori tonali e già preannuncianti una nuova visione estetica, sarà facile vedere la continua ascesa di uno spirito, conscio sì delle proprie possibilità, ma tutto inteso, nella profondità delle proprie meditazioni, nel silenzio delle sue lotte quotidiane, nella gioia delle piccole vittorie, ad esaltarne la capacità e la pienezza espressiva. Leonardo Borgese Mostre d'arte: De Bellis in “Il nuovo Corriere della sera”, 11 maggio 1947 Pochi mesi fa moriva a Milano il pittore pugliese Sergio De Bellis. Nato nel 1898, venne giovanissimo nella nostra città dove studiò e dove, partecipando con pazienza e passione alla vita artistica, ebbe modo di farsi, specialmente nell’ultimo decennio, un suo nome e, quel che conta, una sua personalità. De Bellis era molto modesto e schivo; poco gli bastava per vivere e per lavorare; non amava che la pittura e, alieno da qualsiasi arrivismo e commercialismo, non pensava che ad approfondirsi nel senso tonale e chiaroscurale e ad esprimere con intensità il proprio animo melanconico e poetico. Se l’aggettivo non fosse ormai inefficace per troppo uso si potrebbe dire che De Bellis fu un crepuscolare. Alcune sue nature morte, ad esempio, con gli oggetti e i fiori immersi in un’atmosfera cupa e morbida danno con esattezza la misura del romanticismo e del crepuscolarismo dell’artista. Ma queste cose, pur non mancando di una particolare finezza e anche di un originale calore, tutto sommato lo avrebbero condotto in un vicolo cieco, si sarebbero concluse nel decorativo e sarebbe caduto in un cromatismo artificioso. De Bellis capì il pericolo e volle riconquistare il colore netto e fondo: vi giunse, a nostro parere, con le marine, alcune delle quali piene di vivo azzurro e di aria sono veramente belle. Il loro carattere ad ogni modo, rimane sempre assai romantico: il tono generale del colore lascia una impressione di argenteo, e il tono intimo un’impressione, diremmo, di spirituale pallore. La Mostra postuma, per la quale Giuseppe Cerrina ha scritto commoventi e giuste parole, si è inaugurata alla Galleria Gussoni. […] Franco D’Acquati In giro per mostre: Sergio De Bellis in “Corriere degli artisti”, 20 maggio 1947 Mostra postuma. La pittura di Sergio De Bellis intimamente ci parla; chi
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non l’ha conosciuto comprende attraverso i suoi dipinti quanto amore aveva per l’arte. Infatti ogni sua opera esposta è una confessione sincera, direi quasi umile, profondamente vissuta con spirito di rinuncia sino al sacrificio. Fraternamente lo ricordiamo con rimpianto mentre Gussoni nella sua Galleria ci illude di averlo ancora tra noi.
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Spartaco Trevisan Le esposizioni a Milano: De Bellis (postuma) in “L'Araldo dell'arte”, 20 maggio 1947 Con una bella presentazione di Giuseppe Cerrina s’è inaugurata alla Galleria Gussoni la mostra postuma di Sergio De Bellis, il pittore pugliese scomparso a Milano nel dicembre 1946. Venuto giovanissimo a Milano ed allievo alla scuola d’arte del Castello, De Bellis s’è abbeverato alle fonti della più bella tradizione pittorica lombarda. Ma non ha tardato, come la mostra attuale dimostrava, ad assumenre una netta personalità artistica che, di gradino in gradino, stava per portarlo alle vette più alte. La morte lo ha colto in piena maturità artistica, quando, dopo lunghi anni di incomprensione e di quasi indigenza, cominciava a raccogliere i frutti del suo tenace, intelligente lavoro. Una cinquantina di dipinti, tra i quali molti acquerelli adornano le pareti della Galleria di via Manzoni. Accanto ai ritratti, tra i quali emergeva quello della madre, si ammiravano alcune composizioni come la Trita del grano (31) premiato alla Mostra Sacrificio e lavoro, molti paesaggi, delle belle marine e non poche nature morte. Una mostra che ha richiamato gran folla di intenditori e che la critica ha accolto con vero favore. Luigi Russo Appunti per un commento al carteggio con Sergio Nicolò De Bellis, inediti, n. d. (tra 1948 e 1976) I. Vecchie foto che si riferiscono alla vecchia maniera: i ritratti di profilo ed i paesaggi di Milano vanno già nella prima mostra barese. Il paesaggio che riproduce una scena di periferia è più tardivo. Fa pensare ad altre cose di sempre anche se la maniera è più larga. Interes[sante] il ritratto del ragazzo, anche se non [parola incomprensibile] in ogni sua parte. La mano ad esempio pare ecces[sivamente] stud[iata] II. Non è lecito scandalizzarsi per l’ortografia di De Bellis. Ben poco aveva potuto imparare a scuola: da ragazzo nessuno [si] prendeva cura di lui e fu un miracolo che non si perdesse. Quando decise di andare a Milano per fare il pittore, il padre dette un sospiro di sollievo, tanto gli pareva insopportabile quel[lo] scalmanato di ragazzo. Disse anche di più: nel rancore lasciò intendere che si sarebbe rassegnato presto, se un tram … avesse travolto (come richiesto) il figlio. III. Questo mio quadro del vaso di porcellana con damina è presso la soprintendenza ai Monumenti di Bari. Fu dipinto con amore ed acquistato per L. 700. A mia insaputa s’intende: ero col lutto di mio padre e non potetti curarmi delle mie cose. Tra l’altro c’era una cornice originale inargentata. Il quadro credo sia ancora valido, specialmente per i fiori; cardi, melograno, rami e fiori
di capperi. Se la damina s’inserisce, o distrae, non so proprio dirlo. Allude a Giovanni Conte di Bari, gentile sempre, e delicato. Francesco Vacca fu pittore non certo trascurabile. Gli fui amico e lo invitai qualche volta a darmi un parere tra i quadri da scegliere per le mostre. Aveva notevoli capacità di assimilazione e lavorò molto, e piuttosto disordinatamente. Ebbe un gran carico di famiglia e fu sempre fra gran difficoltà economiche. Si sa, il bisogno non è buon consigliere. De Bellis amò indugiarsi a lungo in ritratti di ragazzi. Prese a modello spesso suo nipote. In questo nobile filone della sua produzione s’inserisce il [scritto incompiuto] Nei ritratti dei ragazzi – di cui il disegno che mi mandò in visione – De Bellis voleva rendere la pena dei suoi anni infantili. Amava poveri ragazzi che eseguiva con grande amore, pensando spesso ai romanzieri russi di cui era grande ed appassionato lettore. Autodidatta, lì aveva trovato se stesso! Il paesino è nella maniera del suo Novecento. I colori bassi, i toni velati e smorti. Questa maniera influì anche nel mio lavoro. Per fortuna corrispondeva ad un bisogno del mio spirito: Martinelli mi liberò da preoccupazioni, prive di fondamento. La pittura di acquerello mi aiutò a scaldare il colore. De Bellis lavorò molto per approntare soggetti di almanacchi illustrati. Ne fece di belli, erano molto richiesti. Eseguiva le tavole ad acquerello, che poi venivano ridotti di formato. L’acquerello non aveva segreti per lui. Un lavoro quasi artigianale con cui si procurava di vivere. Il lavoro di artista l’impegnava molto, ma su piani diversi. Spesso lavorava per procurarsi i mezzi necessari per attendere a lavori degni della sua arte. [Marzano] fu molto amico del nostro. Marzano ricorda De Bellis con vivo rimpianto. Le vicende delle mostre, gli insuccessi; chi non fece le sue esperienze anche dolorose in questi campi! Ora tutti espongono e si sprecano elogi non sempre meritati e convinti. Si parlò di un concorso di ritratto promosso, se ricordo bene, dalla Biennale. La cosa m’interessò e mi buttai nel grande ritratto di mia madre. Il lavoro andò avanti con viva emozione; i tempi del concorso passarono e di Venezia non se ne parlò più. Esposi quel ritratto (una sorta di capolavoro sbagliato) in una sindacale in cui mi fu riservata la parete d’onore. Oltre il ritratto c’era la Natura morta della Quadriennale, finita alla Questura di Bari, il Paesaggio di Matera ed altri due quadri di cui non ricordo. Il concorso di Bari era per un paesaggio pugliese. Divisi col caro De Bellis ex aequo il terzo premio. Fu per me una grande gioia trovarmi vicino a lui che mi aveva seguito nei primi passi. Temo che questa foto sia il ricordo di uno dei quadri di De Bellis che andarono perduti a causa del bombardamento allo studio di Piazza Mentana. Non so perché chiesi notizie per l’affresco. Come si vede egli pensava anche
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alle sagome delle cornici. Un Previati per L. 100 mila pareva una favola. Il suo S. Ambrogio non ebbe fortuna. A corto di tavolette dipinse sul rovescio. Venne una cosa espressiva, e la donai al prof. [Bramante]. Il guaio è che il compensato, nel sito della duplice dipintura, è assediato dai tarli. L’interno di S. Ambrogio non mi parve opera felice. Dante Serra Pittori pugliesi di ieri e di oggi in “Il Popolo”, 6 luglio 1952 Di temperamento malinconico e misantropo era invece Sergio De Bellis […]. I primi saggi sono improntati ad una specie di crepuscolarismo, che ben risponde all’animo poetico e malinconico del nostro: lo palesano alcune nature morte con fiori e oggetti immersi in una atmosfera cupa e morbida. Queste opere pur non mancando di una particolare finezza e anche di un originale calore da taluni studiosi sono preferite tra tutte le pitture del De Bellis. Pur rilevando talora qualche influsso del Tosi nell’estrosità della grossa fattura di talune vedute montane, la critica è concorde nel riconoscere la spiccata personalità del De Bellis, la cui esistenza è stata interrotta quando sembrava preannunciare una nuova visione estetica, specie nella «isciolta freschezza» dei paesaggi all’acquerello. […]
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Marcello Venturoli Le retrospettive di S. N. De Bellis e G. Martinez in “Paese Sera”, 9 giugno 1955 […] Il De Bellis è pittore post-scipionesco, ma con un limite di compitazione quasi sempre invalicato. Le sue nature morte dai fondi rossi, eseguite con una pennellata corta, di strato, sono, a nostro parere, le opere che restano, per le quali si giustifica anche la retrospettiva. […] Ennio Marzano Presentazione della Retrospettiva su Sergio Nicolò De Bellis in “Maggio di Bari. V mostra nazionale di pittura contemporanea / 29 maggio - 29 giugno 1955”, Catalogo della mostra, Bari 1955; testo ripubblicato col titolo Ricordo del pittore De Bellis in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 14 giugno 1955 Quasi nove anni sono passati dalla morte di Sergio Nicolò De Bellis ed io mi accingo a parlare del collega ed amico con la stessa commozione del giorno in cui, dopo i funerali, entrai nel suo studio di via del Bollo 8 a Milano per redigere un inventario completo di tutto quello che vi si trovava: quadri, mobili, oggetti, corrispondenza. E oggi mi piace fermare sulla carta un ricordo di lui e della vita che per lunghi anni conducemmo insieme a Milano. Lo conobbi, appena vi giunsi, nel 1931: abitava in una povera soffitta che dava sulla tranquilla e raccolta piazza Mentana, nel cui centro c’era un monumento circondato da imponenti ippocastani. Egli era intento a prepararsi un modesto desinare, cosa che fece sino al giorno della sua morte. Viveva solo nella grande città e, per procurarsi lo stretto necessario, non disdegnava eseguire lavori di umile artigianato pittorico, sempre con animo sereno e lieto perché poteva così comperare buone tele e colori fini. De Bellis era un innamorato della pittura. Oggi, dopo alcuni anni dalla sua morte, posso sinceramente affermare che il suo cuore e il suo pensiero erano costantemente protesi verso l’arte, tutte le sue silenziose giornate confortate dall’esercizio della pittura. Quante volte discutevamo appassionatamente sul tono di un quadro, sulla
patina di una cornice, sul modo di preparare una assicella! Poi si andava per le Mostre per imparare dai migliori: si ammirava la metafisica di Carrà, la forza costruttiva di Sironi, o il puro lirismo di Tosi o la delicatezza dell’allora nascente «chiarismo». De Bellis era molto noto nell’ambiente artistico milanese. Tutti ricordano la sua figura piccola e vivace dai folti capelli castani e gli occhi chiari e penetranti; il suo vestire modesto; il suo camminare un po’ dondolante; il suo accento lombardo-pugliese; la sua battuta pronta e pungente; l’aperta ribellione a tutto ciò che potesse suonare ipocrisia o disonestà. Egli amava la vita milanese, così densa di iniziative e di insegnamenti ma più ancora, e di un affetto veramente filiale, egli amava la sua, la nostra Puglia; sicché ogni anno vi trascorreva i mesi estivi e ne riportava i suoi paesaggi preferiti della natia Castellana, con case bianche, argentei ulivi e grandi alberi di castagno. Erano i motivi che non si stancava mai di ripetere, scoprendo ogni volta un modo più efficace e pittorico di esprimersi e questo suo lento ma continuo progredire era la sua sola e vera gioia. Poi vennero i primi riconoscimenti ufficiali; la critica si occupò benevolmente delle sue opere; i collezionisti cominciarono a richiedergli i quadri ed intanto egli poteva discendere dalla sua povera soffitta al secondo piano della stessa casa di piazza Mentana, in due locali più decenti e più comodi. Ma un grande dolore attendeva De Bellis: nell’agosto 1943 durante la sua assenza estiva, mentre infuriava la guerra, una bomba colpì in pieno la sua casa distruggendo centoventi dipinti, mobili e carteggio! Da questo fiero colpo il povero artista si riebbe non appena poté tornare a Milano e, nutrendo nell’animo la segreta speranza che in pochi anni di intenso lavoro avrebbe colmato il gran vuoto, trovò un nuovo studio in via del Bollo, 8. ma qui, dopo un anno e mezzo, in una sera del 21 dicembre 1946, la «Potente nemica», falciò addirittura la sua vita! De Bellis aveva 48 anni, si trovava negli anni pieni, alla soglia della maturità – che è la giovinezza degli artisti – e noi che gli volevamo bene fummo sgomenti dalla crudezza del suo destino. Non tocca a me parlare della sua pittura: persone più qualificate lo faranno in opportuna sede. Solo mi sia permesso di dividere idealmente l’opera di Sergio De Bellis in tre periodi: il primo che chiamerei «novecentesco» poiché proprio da quel movimento egli trasse i toni bassi e distesi dei suoi primi quadri, attentamente composti ma di una stilizzazione un po’ sorda e di seconda mano. Il secondo periodo è quello di un colore sgorgato da una commozione dell’animo di fronte alla forte rude e tenera terra pugliese; la materia è più fine, la stesura assai curata; dai suoi dipinti comincia ad affiorare un senso poetico, sano e semplice della vita. Ed infine l’ultimo periodo che anche altri hanno chiamato «romantico» per un certo fuoco nel colore e nei soggetti, per una maggiore definizione della personalità che prometteva di sbocciare rigogliosa! Così, nel commemorare Sergio De Bellis con questa Mostra postuma al V Maggio di Bari, noi ci auguriamo che le sue opere, condotte con tenacia, amore e sincerità ed ormai affidate alla inesorabile selezione del tempo, possano sempre più parlare agli animi sensibili e costituire la salda testimonianza di una vita breve ma intensamente vissuta in nome dell’Arte. Vittore Fiore Le retrospettive di Martinez e De Bellis. Pittori per tutti i gusti nella V mostra regionale del “Maggio” in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 23 giugno 1955 Sergio Nicolò De Bellis […] risulta essere stato un onesto e delicato pitto-
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re che riuscì a liberarsi dall’impasse del decorativismo postscipionesco e dell’accademismo novecentesco lombardo. Forse 38 pezzi son troppi e non giovano a raccomandare il nome dell’artista. Dieci, quindici sì, ci avrebbero ricordato quel suo affidarsi all’emozione più schietta del paesaggio castellanese, della sua atmosfera, che parve restituirgli freschezza di ispirazione e invenzione poetica. […]
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Luigi Russo Discorso commemorativo pronunciato all’inaugurazione della mostra retrospettiva al Salone delle Grotte di Castellana, il 2 ottobre 1955; pubblicato in Il fascino dei paesaggi di Castellana rivive nell'arte di Sergio Nicolò De Bellis in “Tempi nostri”, 9 ottobre 1955 Sono certo vissuto a lungo, se la sorte mi offre oggi, dopo molti anni dalla morte, di rievocare il grande amico della mia giovinezza, Nicola Sergio De Bellis. La mestizia del rito si placa appena nel compimento di ardenti voti. Una lapide che ne perpetuasse il ricordo nel dedalo della città vecchia, la solenne retrospettiva nella cornice del “Maggio” di Bari, questa mostra qui in Castellana, tutta per i castellanesi. Altro si potrà fare in seguito. Non mi stanco di lodare il proposito che non vada disperso quanto resta di lui. Se poi per volontà di popolo le sue ossa venissero tolte dall’esilio del cimitero di Milano, e riposassero qui tra quelle dei suoi cari, sarebbe grande e ben meritato onore. Anche per questo… videant consules. Nel parlarvi di lui, sarò breve ed obiettivo. Non si può che parlare così delle cose care, tacendo e velando. Così ogni parola s’intoni in modo che pio riesca all’Estinto questo tardivo tributo d’affetto. Dell’infanzia di De Bellis dirò quel poco che affiora dai ricordi delle lunghe conversazioni avute con lui. Più che vivace, apparve ragazzo irrequieto, direi piuttosto inasprito. I suoi genitori, modesti e semplici, non seppero scoprire la scintilla particolare, di cui era dotato. Si stancarono dei capricci, delle riottosità, conseguenza di incomprensione; e quando decise di andarsene a Milano, suo padre, in un momento d’esasperazione e col tono della massima sincerità, lo mandò a farsi benedire e gli augurò… se non proprio di finire sotto un tram, almeno di non trovarselo oltre tra i piedi. Ricordava egli tali cose da adulto, ridacchiando, e non dubitava pertanto dei sentimenti veri del padre, uomo duro, ma sostanzialmente buono e laborioso al massimo. Che l’artista si sentisse più vicino alla madre, è facile intuirlo: per lei eseguì disegni interessanti, mentre la vegliava sul letto di morte; ed intendeva custodirli tra i più cari ricordi. La storia del ragazzo che scappa di casa non è del tutto inedita. Si pensi, ad esempio, al Toma e si avrà un’idea del senso di soffocazione, da cui furono presi taluni giovani di talento nell’ambiente familiare e cittadino, e non ci stupiranno le loro decisioni avventurose. A Milano cominciò per lui una vita nuova, non certo agevole; ma non stentò a ritrovare in se stesso impensate attitudini e mirabile spirito di sacrificio. Forse per tali esperienze, rimastegli in fondo all’anima, piacque al pittore insistere su certe mezze figure di ragazzi, non solo per affinare i suoi mezzi espressivi, ma con l’intento di rendere l’interno rodio a lui non ignoto. Per lo stesso motivo ammirava certi profili di ragazzi che fioriscono nelle complesse trame dei romanzi dostojevskiani. Egli vi trovava specchiato quel lontano e caro se stesso. Le figure dolcissime di bambine dell’ultima produzione, egregiamente rese,
frutto di tecnica provetta, meno risentono di quel fermento emotivo e vivono in un’atmosfera più rasserenata. Se quella del disegno gli era apparsa una vocazione sincera, non tardò a trovare la via di una scuola. Frequentò un corso di arte decorativa e ne trasse molto profitto e meritò lode un suo saggio finale, che molti di noi hanno visto, raffigurante una copertina di un antico evangelario. Lavoro scolastico, ma ben composto ed illuminato da sobri tocchi di acquerello. Tale tecnica non ebbe segreti per lui e se ne servì, oltre che per acquisiti successi, per molti lavori di carattere decorativo, con cui si assicurò un minimo per sbarcare il lunario ed attendere sul serio all’arte. La sua aspirazione di artista mirava in alto; egli voleva dire una sua parola, essere qualcuno e distinguersi nel mondo artistico milanese. Ne valutava le difficoltà, ma volle buttarsi in questa decisiva battaglia. Avvertì il bisogno di formarsi una cultura e si abbandonò a letture molteplici e varie, col disordine proprio degli autodidatti, e si assicurò un coacervo di nozioni per orientarsi nei problemi più gravi dello scibile, non senza inevitabili sbandamenti. La sua conversazione era piacevole per l’arguzia, che, mitigando affermazioni categoriche e paradossali, suppliva alle inevitabili discontinuità di un sapere raccogliticcio. Egli costruì tutto dal nulla, se nelle scuole aveva appena imparato a tenere la penna in mano. Predilesse i romanzi russi, che divorò nelle edizioni popolari. Né lo lasciarono freddo gli aneliti di lotta che sono al fondo di quella letteratura, e si sentì con retta intenzione partecipe del dramma che abbracciava i popoli desiderosi di libertà e di giustizia. Mentre ricercava una strada da percorrere in quell’incerto inizio, si convinse che per l’artista la scuola per eccellenza ed insostituibile è il vero; che quindi occorreva ricercare nel grande dizionario della natura le parole per un discorso aderente ad una propria visione artistica. Né si può disconoscere che egli riuscisse, sia pure con fatica, a trovare una sua maniera, un linguaggio improntato a nobiltà e decoro, il cui vero viene amorevolmente interpretato. Si tormentò alla ricerca del meglio, con profitti e perdite, come avviene; ma i suoi lavori, anche quelli meno validi, senza urti violenti, rientrano in una linea ascensionale d’indiscusso progressivo approfondimento stilistico e poetico. Dopo qualche timida presa di contatto con certi aspetti della metropoli e dei dintorni, fissò la sua attenzione sul nostro paesaggio. Rivide con occhio nuovo le campagne, le case di Castellana; scoprì la bellezza del Convento col suo grande olmo, e trovò tutto interessante e prezioso come un filone inesplorato. Come De Nittis giovane rese famose le lineari solitudini dell’Ofanto, Netti le plaghe murgiose, Damaso Bianchi la Selva di Fasano, come Ciardo resta fedele alla sua terra di Leuca, così De Bellis rivelò il Paesaggio di Castellana, che fece le apparizioni ufficiali nelle mostre italiane, destando curiosità ed interesse per i suoi aspetti peculiari. Invero la zona che è chiusa dalle due strade che conducono al Convento, la nuova e la vecchia, l’una più amena dell’altra, specialmente quando non erano state abbattute certe magnifiche querce, forse anche in virtù delle interpretazioni dell’artista, appare, a chi la guardi con occhio di pittore, come un “motivo” di grande interesse, ricco di spunti suggestivi. Il Novecento rappresentò nel primo dopoguerra un movimento artistico degno di nota. Milano ne fu il centro ed accolse una mostra notevolissima che, nell’ansia di superare il passato, voleva essere una sintesi di nuovi indirizzi ed una rassegna delle forze più promettenti. L’insegnamento degli Impressionisti, quello dei Macchiaioli toscani, mentre erano ancor vivi Mancini, Spadini e Gemito, obbligavano a ripensamenti salutari e a revisioni di retta.
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De Bellis si trovò nel mezzo della mischia. Ma al Nostro mancava una preparazione critica adeguata, una conoscenza diretta dei classici antichi e recenti; gli sfuggì lo spirito vero di quel pronunciamento. Lo comprese a modo suo e finì con l’invaghirsi di una cifra che gli parve suggestiva. Volle bandire dalla sua tavolozza ogni colore che si prestasse a frivolezza e superficialità, velò ogni tinta, s’attenne ad un tonalismo rigoroso e mortificante, privo di vera sonorità cromatica. Il disegno sempre semplice, sintetico, definito, ma statico; l’accordo dei colori ricco di equilibrio, ma non privo di maniera, contenuto in un cilizio di bruni. Incappò praticamente in una cifra, cui fu fedele per tanto tempo, come si può vedere in molti suoi dipinti che sono certamente i meno validi e che sono esclusi quasi completamente da questa mostra. Tenace nei propositi, si impose una disciplina che tuttavia gli fu giovevole, come ogni ricerca sorretta da buoni intendimenti. Egli, così operando, voleva essere novecentista avanti lettera e credeva di porsi in un atteggiamento polemico. La sua prima mostra fu allestita nei locali del Circolo Artistico di Bari. Io stesso che facevo le primissime armi, osai scrivere per la Gazzetta del Mezzogiorno l’articolo di presentazione, col titolo pretenzioso: un pittore novecentista. Era il meno che potessi fare per lui che era ad un tempo per me un fratello maggiore ed una guida, se non proprio un maestro. Egli che mi precedeva di pochi anni, era tanto avanti nel mestiere, ed io guardavo alle sue cose con un’ammirazione esaltata. Gli sono grato dei consigli e degli incoraggiamenti, di cui mi fu largo nella mia emozionante esperienza d’autodidatta. Quando poi mi vide fare passi più impegnativi e più liberi, mi comprese sempre meno e non mi lesinò critiche, che non sempre riuscirono a convincermi. Ed invero mai mi era passato per la mente che, in un concorso nazionale per il paesaggio pugliese, avrei diviso con lui un premio ex-aequo. Intanto la cifra pseudo-novecentista, che tra l’altro gli aveva suggerito meticolosi autoritratti di classicismo oleografico, gli apparve finalmente logora e sospetta. Poiché scaturiva dall’interno, tale crisi non poteva che riuscirgli salutare. Non mancò l’occasione. Dopo una grave infermità, mi scrisse che gli erano cadute dalla tavolozza le tetraggini e che sentiva il desiderio di una maggiore freschezza e spontaneità. S’apriva un nuovo periodo della sua vita artistica, certamente molto più interessante e fecondo. In questo tempo studiò amorevolmente i cavalli in un maneggio di Carabinieri e si fornì di appunti che abilmente sviluppò. Non sono i cavalli di Delacroix o di De Chirico, ma egli li ambientò nel nostro paesaggio che, dimesso ed assorto, si arricchì di una nota estrosa, se non proprio eroica. Il grosso delle opere di questo periodo, tra cui pezzi pregevoli, andò perduto con la rovina del suo studio di piazza Mentana in Milano, colpito in un bombardamento. Per cospicui che fossero i risultati raggiunti e più lusinghieri i giudizi della critica, mentre cresceva la sua notorietà, l’artista si sentì sospinto verso una fase più feconda. Ad agevolare l’iniziato processo di liberazione, giovò un più approfondito esame dei problemi estetici. Scoprì nel fatto pittorico qualcosa di più profondo; divenne più consapevole dei mezzi espressivi, si fece aderente al mondo interiore. Si convinse che ogni quadro è un fatto nuovo per cui occorrono paro-
le nuove, accenti diversi; che i colori hanno qualcosa di misterioso e che, espressioni dello stato d’animo, hanno mirabile potere evocativo. Rientrava così nel solco della nostra migliore tradizione. L’ultimo De Bellis appare pertanto il più sostanzioso e maturo. A mano amano che si faceva più tenue lo stame della vita, si dilatava la sua vista per orizzonti più vasti. I gialli, i rossi, gli arancioni, i verdi, i viola, mirabilmente orchestrati nei suoi ultimi olii, richiamano i colori di un tramonto autunnale. L’artista avvertì che qualcosa di nuovo accadeva, ne parlò a noi ignari ed increduli, ma sorrise mestamente al mistero da cui si sentì irretito, finché la morte non lo colse di sorpresa. De Bellis vive nel nostro ricordo e nel nostro affetto, e, più durevolmente, nelle sue opere, dono a noi di serenità e di gioia. In questa ricchezza, frutto di tanti eroici sacrifici, nella generosa offerta di un messaggio di bellezza in cambio di inauditi stenti, ravviso qualcosa di veramente grande e nobile, per cui l’Arte, nel porsi tra i primi posti dei valori morali di un popolo civile, merita a buon diritto un tributo di riconoscenza e di commossa ammirazione. Giuseppe Giacovazzo De Bellis è tornato alla sua terra d'argento in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 9 ottobre 1955 Alle soglie del decimo anno dalla morte, che immaturamente lo colse in Milano nel tempo fervido della sua migliore stagione, il pittore Sergio Nicolò De Bellis è tornato nella nativa «terra d’argento» alla quale donò i canti più luminosi e teneri della sua contemplazione. Prima che le sue spoglie mortali, egli stesso, è tornato in Castellana, vivo e presente in quello che di men caduco i vivi sanno esprimere. Son tornate le sue tele, i suoi acquerelli, i disegni; pagine di un diario che svelano, a chi sappia leggervi con amore, le più intime vibrazioni, le ansie i sogni, gli smarrimenti, le ore sorrise della gioia, il segreto di un’anima non bramosa di esteriori successi, ma tenacemente assorta in una incessante ricerca di sé, cui solo la morte riuscì a strapparlo. Ritorno insolito, questo di Nicola De Bellis, in autunno: la stagione in cui egli, dopo aver trascorso in patria l’annuale soggiorno estivo, soleva dire addio ai suoi cari, agli amici, alla sua terra diletta, per ripartire verso Milano con gli occhi e il cuore ricolmi della luce dei tramonti goduti sulle colline della Murgia bassa. Risaliva in treno, una sera di settembre, sostava lungamente al finestrino, respirando la campagna odorosa di vendemmia, incapace di rompere per primo l’ultimo colloquio con i grandi uliveti immersi nelle sere, quando nuvole di fumo salgono nel buio lampeggiando dai trulli come da piccoli vulcani. Il sentimento di quegli addii traspare sovente nel paesaggio di De Bellis. Specialmente i suoi acquerelli, grazie anche alla finissima tecnica da lui raggiunta, testimoniano l’aprirsi del suo cuore ad una tenerezza nuova verso la campagna castellanese. Egli la vide come avvolta di lontananza, velata quasi da una segreta nostalgia, stupendamente irraggiungibile ed inviolabile nel suo mistero. Questa sua tenerezza effuse negli ultimi aloni tenuissimi che vibrano nei paesaggi come un fumore di mattini appena invasi da sole; espresse nella evanescenza degli orizzonti, nel morire degli ulivi contro luce, nel tonalismo dei bruni che fiocamente cedono al pallore serico dei cieli. Poesia della memoria? del rimpianto? Difficile rispondere. Più importante è che il pittore abbia saputo elevarsi sulle giovanili tentazioni di un crepusco-
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lare provincialismo, tenendosi peraltro lontano dalle banalità di un dispersivo verismo paesano e bozzettistico. Ed è proprio questo che più sorprende di lui: come ciò[è] abbia saputo superare i suoi stessi limiti culturali per liberare infine da ogni cifra stilistica il suo tormentoso bisogno di purezza ed avviarsi al canto grande dell’arte. […] De Bellis può dirsi il cantore del paesaggio castellanese, il pittore della sua terra, alla quale in fondo rimase intimamente fedele nonostante la precoce fuga a Milano e i timidi contatti pittorici con taluni aspetti periferici della metropoli lombarda. Un ricordo marmoreo orna da qualche giorno il muro calcinato della sua vecchia casa nascosta tra i vicoli del paese. Mentre la lapide viene scoperta, sulle scale esterne delle case buie donne e bimbi erano usciti silenziosi ad assistere con occhi di meraviglia al semplice rito. L’epigrafe per Sergio Nicolò De Bellis, dettata dall’amico suo più caro, dice del pittore: del nostro paesaggio interprete gentile Questo fu soprattutto il pittore castellanese. Ora i suoi dipinti, esposti nel luminoso salone delle Grotte, hanno ritrovato l’aria in cui nacquero. Una grande vetrata li separa dalla stupenda campagna ispiratrice, dal plein air degli uliveti. Ed è come se Nicola De Bellis vi fosse tornato. Le piante vetuste stormiscono al vento fresco e leggero di ottobre. Tengono compagnia al grande amico, con il quale hanno ripreso un’antica conversazione.
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Luigi Russo Ricordando e per una precisazione, giugno 1972 (inedito) De Bellis con l’amico Spaventa era venuto (quanti anni fa?) a visitarmi e con spirito canzonatorio e sufficiente espresse (così mi parve) nel mio studio alcune critiche su un Paesaggio con covone che ho esposto dopo tanti anni in una non lontana personale a Bari. Quando lo spinsi ad un discorso critico mi parve traesse scandalo perché il covone ricusava la centralità del quadro. Mi destreggiai nel terreno estetico come meglio mi riuscì ed alla fine ne fui contrariato. A De Bellis avevo sempre mostrato le mie cose; ho sempre tenuto al suo parere fin dai primi passi quando cercavo di conoscere la mia vocazione alla pittura. Conosciuto poi Martinelli [ebbi] certezza di una guida di ben altra esperienza e certo devo a lui se trovai la lena per un lavoro più impegnativo e fecondo. Forse per la presenza del collega milanese che per vero osservò un comportamento corretto, mi parve che Nicola fosse andato oltre il consentito. Mi sbaglierò ma lo spirito critico, alimentandosi di verità, non può mancare di rispetto per ciò che, come l’espressione artistica, frutto d’impegno e di amore, tocca le fibre più delicate dello spirito. L’amico mi fece poi sapere quasi a discolpa e con aria di vanto che i pittori della sua cerchia a Milano, quando discutevano dei loro dipinti, non si risparmiavano ad indicem espressioni e frecciate pesanti. Ognuno a suo modo. Al riparo da ogni sciocca vanità, con tutta la autocritica, la cosa – per mia poca virtù – non mi andò giù. L’amico dové avvertire il colpo e lo desumo rileggendo i fogli ingialliti: si dolse delle mancate risposte e tentò per sua bontà di ricucire lo strappo con schermaglie di scanzonate e facili ironie. La nuvola passò, e fu ritrovato il filo interrotto. Nelle amicizie più care come quella che mi unì a De Bellis (amai quanto lui Piero Casotti ed Onofrio
Martinelli), qualche parentesi di freddezza e d’incomprensione non può stupire. Sono delicati ed umbratili i rapporti con gli artisti. Li ho sempre amati, e non solo a parole. Ora invero mi riesce un po’ difficile seguirli nella loro astratta e ghiribizzosa incoerenza. De Bellis cita Martinelli, ma non a proposito. Non lo conosceva se non di nome ed attraverso i miei entusiastici giudizi che forse finirono col toccare la sua suscettibilità. Martinelli non era autodidatta e la sua cultura [vuota e sorda] veniva assiduamente accresciuta ed approfondita direttamente tra i testi letterari ed artistici. Lo dimostrano le lettere che pubblicai per una mostra retrospettiva che riuscii ad allestire a Monopoli, prima ancora di quella di Bari e di Firenze. La sua pittura è certo colta e non per questo priva di spiriti astrali. Critico esigente, evitava vuote parole. Per quel che mi riguarda ogni volta che gli mostrai le mie cose, ne trassi grande vantaggio per la rotta da seguire. Martinelli guardava a lungo ed in profondità, non dava peso ai particolari e scansava consigli tecnici; cercava nell’opera lo spirito animatore, il grido originale, l’emozione autentica. Si limitava a qualche monosillabo. Il sì aveva un grande peso. Ricordo di avergli mostrato ancor fresco il benedetto Paesaggio con covone e mi disse testualmente: “che vuoi fare, il Van Gogh della Puglia?”. Non vi colsi ironia, anzi con tutte le necessarie riserve, mi sembrò che apprezzasse il coraggioso tentativo. Avessi potuto continuare come era mio vivo desiderio! Martinelli sapeva entrare nel mondo degli altri (l’ho scritto altrove), non pretendeva che gli altri avessero la sua cultura ed i suoi gusti; per questo i giudizi che pronunciava erano molto attendibili, se non proprio sicuri e definitivi. Era finita l’estate e mi ritrovai con De Bellis a Castellana. Egli s’accingeva a tornare per l’ultima volta a Milano e volle che con lui passassi in rassegna tutto il lavoro delle vacanze. Giacché mi invitava, m’arrogai le prerogative del giudice. Osservai con attenzione e vivo interesse la cospicua produzione appoggiata senza cornici su i muri di tutta una stanza. Non gli nascosi nessuna riserva e gli parlai con libertà. Gradì apprezzamenti ed elogi, ma accettò le osservazioni che spesso si risolvevano in sfumature e promise che ne avrebbe tenuto conto nella rielaborazione che si prometteva di fare. Fu l’ultimo incontro e gli mancò il tempo di dare veste definitiva alla ricca messe che per l’ultima volta la luce di Puglia e la cara terra di Castellana gli avevano suggerito. Avrei potuto distruggere questa lettera ma non ho voluto sottrarla al manipolo [custodito con cura]. Le ombre danno risalto al quadro. Poi sono gentili e care le parole che l’amico scrisse per una mia partecipazione ad una mostra milanese. Queste lettere riguardano la vita di chi le scrisse e gettano una grande luce su un periodo di vita culturale, e riguardano me stesso, ne rispecchiano le ansie e la fede donde fu sorretta la mia novizia artistica. Carlo Francavilla Incontro a Castellana - per il pittore Sergio Nicolò De Bellis in “Le terre della sete”, Manduria 1977 Fredda notte di quiete a Castellana tra scalette di pietra a Sant’Onofrio mi riportava a luminosa infanzia nel biancore deserto delle case. Lì lo incontrai con faccia alla Charlot
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che mi scherniva senza mai voltarsi. Farfugliò qualche cosa mentre l’unghia graffiava l’intonaco e poi con voce non sua, non so di dove filtrata, non so da quali profondità scavata, parlava di Milano. «Lì a Milano si muore anche d’inedia… non lo sai che ad uccidermi fu il freddo?» E insisteva e insisteva in quell’intonaco. «Trasuda – disse – vedessi quanto. Intonaco? Ma no questa è stagnola; e non è bianco e tanto meno argento. È la stagnola a riflettere la luna.» Fu allora che arrischiai: «I tuoi paesaggi» «I verdi i verdi» - mi diè sulla voce. «Quei verdi luminosi – lo placavo – i mandorli e gli ulivi l’erba umida e viva giù dal convento degli Alcantarini.» «Ma la cupola ha venature rosse» - mi interruppe severo «Sì rosso sangue.» «Chi ha detto sangue? Il sangue è così amaro! come la calce bianca del convento. Sapessi, quella cupola è un berretto che sferrucchiò mia madre ad uncinetto.» «Il paesaggio è rimasto come allora» gli dico balbettando - «E non le hai viste - mi borbottò - le bocche spalancate delle ruspe?» «Sì ma ancora resistono i trulli e le casucce macchie imbiancate dal tuo pennello.» Un breve riso apparve sul suo viso. «E tu che hai fatto per Castellana?» «Poco o nulla – risposi intimidito – Qui fosti tu a condurmi nel partito la prima volta» – dicevo elusivo – «Lo so, lo so ma tu, tu puoi tornare a rivedere il bianco che m’acceca e le donne che lavano in ginocchio fin sulla strada davanti quegli usci.» Il geranio fiorito e il prezzemolo sui balconcini in pietra ci mandavano un odore di menta e di pulito. Oh come respirava quel pulito il dolce amico dei tempi lontani! Di nuovo si attristò: «Una finestrella incorniciava qui un lume a petrolio ed un gesto implorante per zittire un alterco sull’angolo. È scomparsa.» e come lui si allontanava rapido anche la luna prese a navigare
remando su una tenebrosa nuvola mossa da spuma di onde luminose. Emilio Putti Malinconia di un esilio in “La città e il suo poeta: Castellana - Carlo Francavilla”, Manduria 1988 Professore di disegno era Nicola De Bellis, pittore di buon nome. Era un signore di quarantasette anni, mite e riservato, che sembrava mostrare una particolare fragilità, un po’ curvo per una lieve cifoscoliosi, pallido in volto, con gli occhi scuri leggermente infossati, uno sguardo penetrante, una certa timidezza come di fanciullo impaurito, sempre sulla difensiva. Spesso manteneva il capo appena reclinato da un lato, credo a sinistra, per un vezzo spontaneo, mentre il viso assumeva un’espressione intensamente pensosa. Sulle labbra sottili portava due baffetti neri, allora di moda, che evidenziavano l’indulgenza e la bonomia del suo sorriso. Non di rado tuttavia esso si faceva ironico ed amaro: come il suo parlare piano, che conosceva toni amorevoli per noi ragazzi, ma diventava severo e sprezzante, quando si riferiva al mondo che lo circondava. Aveva in sé il garbo e la finezza del suo piccolo ceto artigiano e contadino, con un distacco signorile dalle cose e dal loro consumo. Semplice e mai sciatto. Il suo accento aveva assunto un’intensa coloritura lombarda, per il lungo soggiorno a Milano. Non si adirava mai. Al massimo, alzando di poco il tono della voce, minacciava: «Ti metto un zero». Non parlava di sé, delle sue rare qualità di artista, di cui era consapevole. Ce l’aveva con i critici: pittori falliti, che cercavano negli altri con malevolenza ciò che non riuscivano a realizzare in prima persona. Se mai era in vena di confidenze, al di fuori della scuola, si rivelava maestro di vita. Diceva che ogni uomo doveva imparare a bastare a se stesso, spogliandosi dei vili preconcetti di cui era schiava la società, vergognandosi solo del male, per tendere all’essenziale. Sognava un mondo di uguali governato dall’amore. […] Guardava il vero e solo dalla sua contemplazione – imitazione alla maniera degli antichi – traeva argomento di rappresentazione. Mi raccomandava: «Non copiare mai. Prendi tua sorella e cerca di ritrarla. La prima volta ti verrà storta, poi sempre meglio». Ricordo i suoi paesaggi, sempre conclusi e d immersi in un’aura ben definita, dai colori intensi – viola e verdi profondissimi –, con una luce spesso un po’ offuscata, sì da rendere sfumati i contorni delle cose, come nelle grandi calure estive e nelle nebbie autunnali. Ne spira il senso di una mesta quiete, di un consapevole abbandono, come di chi medita su di una realtà precaria e fuggitiva. […] Nicola De Bellis amava farci disegnare dal vero. In un mattino tiepido e smagliante ci condusse fuori dalla scuola, fino al convento dei cappuccini, in lunga fila, per la strada ora in salita, ora in discesa, ricca di prospettive e di argomenti di contemplazione, fino a quando ci disponemmo tutti intorno all’immensa quercia dalla chioma scura che sorgeva presso il sagrato: e ci lasciava fare, dandoci dei consigli, passando dall’uno all’altro con uguale interesse, per incoraggiarci ed apprezzare ogni tentativo di rappresentazione. Conservo quel disegno, che gli piacque, in ricordo di lui e di una felice stagione. […] Dopo gli esami, ancor lui, lieto della buona conclusione dell’anno e convinto dell’intesa stabilitasi con gli alunni, a darsi da fare per mettere insieme una mostra di disegno, collocata nella sala grande del palazzo municipale: una lunga fascia di tela grigia, prestata da un commerciante cortese, disposta intorno lungo le pareti, reggeva appuntati i nostri fragili capolavori. […]
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Antonio Zoffili 11 luglio 2006 (inedito) Ho conosciuto Sergio De Bellis quando aveva il suo studio in via del Bollo, a Milano. Prima, abitava in piazza Mentana, ma non ne ho un preciso ricordo: so soltanto – come diceva mio Padre – che la sua casa fu bombardata e parecchi quadri andarono distrutti. Erano gli ultimi anni della guerra. Avevo otto o nove anni e, spronato dai miei genitori, disegnavo tutto quello che mi passava per la mente. Mio Padre, collezionista d’arte, voleva che diventassi un artista e, proprio per questo, mi portava negli studi dei pittori e alle loro personali. Dirò di più: mio Padre era nato a Bari e aveva trovato in Sergio De Bellis, pugliese pure Lui, un legame d’affetto per quella terra e quei luoghi dove aveva trascorso la sua prima giovinezza. Gli edifici di via del Bollo erano stati straziati dal diluvio delle bombe: c’erano soltanto quei tre o quattro piani, uno sull’altro, che erano lì come per sfidare la minaccia incombente degli attacchi aerei. La scala è ripida e, a tratti, senza ringhiera. Sergio De Bellis è sulla porta e ci accoglie con un mesto sorriso dal quale traspare la soddisfazione dell’uomo che è riuscito a sopravvivere e a produrre – nella vita e nell’arte – qualcosa che era sfuggito agli altri. Alcuni vetri delle finestre erano rotti e racconciati con carta oleata: il cavalletto, i colori col sentore di acquaragia, le tavolozze, i pennelli, un tavolo con carta e acquerelli, qualche sedia, una poltrona, un armadietto, una stufetta bigia a carbone, quadri per terra ed alle pareti e, in fondo, un lettuccio. Dimenticavo: il pianoforte! Sergio De Bellis coltiva la musica, che ama quasi quanto la pittura. Il pianoforte lo ha preso a rate. «Attenzione a quella porta! Dietro c’è un baratro…». Sergio De Bellis è di media statura e dimostra meno degli anni che ha. Ha una folta chioma appena ingrigita sulle tempie, porta i baffi e il suo volto è schietto, il suo sguardo è talvolta fiero talvolta triste. Non ride quasi mai. Mi guardo attorno ed il mio occhio di bimbo vede dei bei santini riprodotti su cartone, una o due copie di quadri celebri e le piastre dei letti di ferro battuto, decorate con soggetti sacri: è un antiquario, che gli commissiona quei lavori. Questo ci dice Sergio De Bellis. Ma sono sicuro di una cosa: mio Padre comprerà tanti di questi bei quadri. In effetti, decine e decine di acquerelli, olii e disegni arricchirono la collezione di mio Padre. Sergio De Bellis, quando dipingeva ad olio, diceva. «Uso il cartone, perché la tela è cara…». Nell’estate del 1946, mio Padre porta un ricco signore nello studio di via del Bollo. C’ero anch’io. Il ricco signore, pugliese pure lui, adocchia un paio di quadri. Quando chiede il prezzo, incomincia a tirare, ma lo fa in maniera tale da urtare la suscettibilità di Sergio De Bellis, che disdegna le manate sulle spalle e le arguzie nell’idioma nativo. L’artista si irrigidisce e risponde chiaramente in italiano: il prezzo è quello e tale resta. Il ricco signore se ne va. Mio Padre comprerà in seguito quei quadri. L’ultimo quadro che mio Padre commissionò a Sergio De Bellis è stato il ritratto di mia Madre e della mia sorella primogenita, la Titti. Era la primavera del 1946 ed io ero quasi sempre presente alle pose. Mia Madre indossava un completo rosso e mia sorella un vestitino azzurro. Il quadro era realizzato in olio su cartone, era di medio formato ed è nella collezione di mia
sorella Titti. Mio Padre – come tutti noi – fu felice di avere quell’opera, che dimostrava in maniera molto eloquente che l’artista, oltre che al paesaggio, alla natura morta ed ai soggetti di fantasia, affrontava con disinvoltura anche il ritratto. Sergio De Bellis, talvolta, indulgeva all’arguzia: un giorno, dopo aver visto alcune opere di un collega pittore, sussurrò all’orecchio di mio Padre: «È bravo… sì; ma si vede che è gobbo…». Mio padre ammirava il cromatismo di De Bellis: «È un grande colorista! Ha i colori della Puglia nel sangue!». Erano come due fratelli e, nel periodo che si conobbero, più di una volta Sergio De Bellis venne a pranzo e a cena in casa nostra. Dopo un ottimo pranzo, una volta disse: «Ho mangiato troppo… non sono abituato a mangiare così…». Me lo ricordo con Carlo Bisi – il disegnatore del Sor Pampurio sul Corriere dei Piccoli –, con Giuseppe Cerrina, con Gino Moro, con Arturo Tosi e con lo scultore Lorenzo Pepe. Sergio De Bellis muore il 21 dicembre 1946. Di lì a poco, mio Padre, con tutti i colleghi pittori e scultori, decide di fare una mostra postuma alla Galleria Gussoni di Milano. Mio padre si impegna nella stesura della commemorazione: ma anche Giuseppe Cerrina fa altrettanto. Costui è preside del Liceo Classico Berchet di Milano e, oltre a saperne di latino e greco, è appassionato di musica – aveva suonato l’organo durante la cerimonia in chiesa – ed è anche un discreto pittore. Predilige, nelle sue composizioni, i teschi e le tibie che, uniti a qualche fiore appassito in grezze ampolle, suscitano in chi le guarda un’aura funerea. Quasi tutta la maggioranza dei convenuti votò per la commemorazione di Giuseppe Cerrina. Mio Padre ci rimase piuttosto male.
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Sergio Nicolò De Bellis The small village in the country of Castellana in the Land of Bari counted, around the year 1898, about ten thousand inhabitants: the most part of them was dedicated to agriculture, the others were craftmen and traders. The fifth son of Giuseppe Leone De Bellis (1853-1944) and Anna Maria Insalata (1859-1944) was born on the 8th March at four o’clock in the afternoon in one of those countryside families forming its characteristic social fabric, and he was called with the Christian name of Nicola. Later on, the young Nicola De Bellis wanted to place next to his signature his second name, Sergio. Since he was a little boy, Nicola had a very sensitive soul and felt a real rapture for drawing and painting, feeling this passion as a real vocation. But, in the meantime, he maybe reflected about the future of a provincial artist, with no concrete way out and evident satisfactions. So it was clear that he had to look far away for a real vocational training and find a favourable environment to try an artistic achievement of his own. We may suppose that he asked someone’s advice about it: during the years of De Bellis’s adolescence, in 1916-17, the painter Nicola Colonna from Bari frescoed and signed the segments of the dome inside the Church of Purgatory in Castellana. We can imagine, in that occasion, Sergio Nicola (then Nicolò) De Bellis showing to Colonna some proofs of his first works of art, asking him a good advice about where he could go to get a real artistic guidance. But just a few months, or weeks, passed by and the young boys who were born in 1898 were drafted for their homeland requirements: De Bellis was called up by the Royal Army as well, and his delicate constitution saved him from the front. We could add this short military experience to extend the range of world’s knowledge of a countryboy who was confused about skills, but with a definite idea on his mind: becoming an artist. Finally, in autumn 1918, that boy was in Milan, to register the Municipal School of Art, situated inside the Sforza Castle. With his hardly collected savings and a little luggage, he maybe caught a train on a summer night reaching early in the morning Milan, at that time and still nowadays the most modern and european town in Italy. He rented a small mansard in 3, Mentana Square, as home and studio. De Bellis was looking for an artistic identity of his own, so on his first artistic beginning he decides to draw near to Novecento, at that time considered by De Bellis as an avant-garde movement. His young production covers a period of seven or eight years, between 1923 and 1930, and it can be defined close to the movement named Novecento. During this period all main subjects are faced up: landscape, still life, portrait, mixed compositions; every genre having a specific nature and accent, but all used to reach an expressive language of his own. He made portraits of his parents, his sisters and his brother-in-law. They all posed to immortalize the small and decorous country class, everyone dressed in his best clothes. A portrait, that was a real opportunity! As regards landscapes, we must distinguish two prevalent lines, the lombard one and the apulian one. About the first one, urban landscapes are prevailing, most of all he represents the town of Milan: this is a very frequent subject during the period 1924-35, as we can deduce from the lists of his works of art, showed during his first personal and collective art exhibitions.
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Just a few images of that period are left, but we can get from them perspectives of streets, squares, and solid buildings that are a clear manifest of trust in human work and hope to grow artistically in a metropolitan context: those were things that the province of far southern Italy, where he came from, could never offer. From one side there was Milan with its views and neighbourhoods, on the other side there was Puglia: De Bellis paints landscapes in the territory that includes Castellana, Conversano, Selva di Fasano and along the coast. The period is nearly always between the end of August and the first days of October, during the season of the almonds and the vintage time. He represents the country and urban views on his rural, naturalistic, uncontaminated visual, far away from those aspects not so noble and lovely of the city life. He paints human warmth, clean air, those fields whose quiet was broken by birds singing (and not by the rattle of the tram). Painting a landscape, for a professional artist, is a philosophic act. Those who paint as a hobby, instead, they only look for the “picturesque” picture, nice and pleasant: houses, trees and all he judges part of an eternal universe regardless time, season and the feelings of the author, not to consider his latitant or puerile ideas. On the contrary, the painter performing his mission and profession, once he has recognized a point where he can represent a landscape, he looks for that ideal window in his mental order, tended to the light of truth and to a real feeling not found yet.This is a philosophic act as it is a research of a truth that it’s not a representation in a sketch or naturalistic way, in fact researching means longing to reach something unknown, not owned. All De Bellis’s painting is research and desire of truth, that it’s not demanded to reach during this mortal life, however. In his rural representations, it’s a constant element the presence of farmhouses and homesteads, but even urban views: it’s a reflex, a transposition of the milanese movement Novecento manner in southern vulgata. Houses, trullis, domes and bell towers stand out as solids of clear and static volumes, as they were nails put to fix a surface otherwise moving. Landscape, as interpretation of life and nature according to an open vision of reality, is one of his most recurring expressive canals. At the same time, De Bellis’s daily research of truth through art is drawn in realizing still-life. Opposite to landscape, still-life is the expression of meditation and of the atelier, and it has a totally different approach in painting: as landscape exists, the artist looks for its best point of observation, while still-life does not exist till it’s created by the artist himself before he thinks to represent it in a picture. Every element of these compositions is chosen in accordance with certain criteria by the artist (or maybe unselected, but still a criterion) that makes a glass, a carafe or a particular fruit an essential element, a word part of a period, a sentence otherwise senseless. Summing up, research in landscape occurs through senses experience and direct knowledge, while research in still-life occurs through rational stimulus and meditated experimentation. In both cases it’s a matter of a inner and unconcious practice experienced by the artist as a communication and expression of his own soul. Can we talk about poetics from the movement Novecento regarding this painting? With benefit of inventory, a positive answer is convenient, even if defining De Bellis as a member of the movement Novecento it’s a easy synthe-
sis convention: because he never sided with this group, neither he ever exhibited during their big collective art exhibitions. With a certain pride he refused this one and other labels, persisting on an individual artistic production and a growing way of his own, distinguished by a persevering and resolute will in asserting himself in the milanese and national artistic scenery. His painting technique is always a mellow and accurate oil; we do not know, about this period, watercolour paintings, and this is an element to think about. Oil technique grows slowly its shapes, awarding them a solemn steadiness and firmness in composition. Watercolour, when it comes out from the limits of a ordinary decorative exercise, is more spontaneous and expresses more instinct than reason: in that moment great works of art appear, as the watercolour paintings of his last period. During the first thirties a change in his style appears, a slow progress towards lighter tones, a gradual loose of his plastic and compositive priorities at the same time, and a braver attitude to experimentation, even if sometimes in a shy way and other times more convinced. The painter attends to various solutions, apparently irreconcilable, but his formal, compositive and technical experiments are a compulsory and necessary step to rise to his wished aims: a period that stops around the year 1935, when new ideas and more convinced creative solutions break in his production. Therefore, there’s nothing to be surprised at the eclectic results of his researches. Anyway, reading well the pages of this catalogue, even the most attentive reader could have a perplexed feeling about the artist’s course changing in the production after 1930. There has been a change and a new period began, but, while explaining De Bellis’s work, it’s important to stress that we’re facing a very sensitive soul, but gradual in assimilation and elaboration: from 1930 on, he will need time to get out from the Novecento manner that was longing for order, revealing the longing of a restless soul, rather then his real stylistic guidance. Wishing for soul order, a self-taught artist can immediately translate that in a form order, in a plastic stillness suggesting immutability. Dante Maselli sensed downright in advance the hidden lyricism of those silent contemplations: «In these landscapes, shape and colour inspire a static peacefulness, that one sometimes we notice in the misty and twilight hours of our Land, when the annoyance of the all day lasting dazzling light lies heavy over all, and when skies turn to grey. Trees are not tragically twisted, but they palpitate in a airy atmosphere with lymph freshness and brightness. Even when these visions are plenty of parching heat and storm, they gain a pleasant stillness, passing through the filter of the calm and optimistic character of the painter». The same speech is valid for the meditated lombard views made in the half thirties, as Houses in Gorla or The Naviglio in Vallone street, both purchased by the Modern Art Gallery of Milan: in those clear visions, once weeded out the heavy tonalities coming from Novecento, we can see his way clear and the conviction in using a palette bringing a sentimental feature to every chromatic range. Around 1934, De Bellis entered the track of Chiarismo. The Bridge, as regards his renewal style, is his emblematic work of art par excellence: a corner of lonely calm in the milanese suburbs, it can be Martesana or Barona, where the quiver of indefinite shapes of vegetation sheltering the channel rules, unsteady and faint in the light of the silent afternoon. The bridge itself is a communication metaphor as connection, passage, overcoming: it’s the expression of an artist that unconsciously feels he has found
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what he was looking for, or at least that he set out on the right way. This is the period of metaphysical and oneiric suggestions, the moment when he borrowed the most from his elected masters Carrà, De Chirico, De Pisis. This was an alternate production, from the enigmatic compositions with a classical setting, to the magic seduction of the strenght of the unbridled horses in the prairie, till his unexpected studies of nude, both rare and full of charm. So, after the slow transition during the years 1930-34, that we can isolate and define “second period” or “experimentation period”, from 1935 a new and longer season is opening, a “third period” that we can include by spring 1943, when, during the critical period of the war, De Bellis leaves Milan to Castellana. This third period was definitely his most fortunate phase regarding his professional appreciation: the acquisitions of the Modern Art Gallery and of the Drawing Cabinet of Milan, two Biennale di Venezia, two Bergamo Award, two Puglia Award and two very important personal art exhibitions in Milan. De Bellis’s choice of staying irreducibly alone, both in life and in art, enhanced him and allowed him to reach artistically the highest tops of his genius; but, at the same time, this choice penalized him in the medium and in the long period: art reviewers of his days appreciated him while he was in competition with other artists but all, or most of them, forgot about him as soon as he died. After the oubreak of the war it’s probable that De Bellis took the opportunity, when he had the chance, to leave Milan: it was a matter of hunger and surviving, among ration cards, something at the black market, the rising cost of living, the growing lack of means of those doing his job, in a general hard time for everybody. A painting does not satisfy a stomach, unfortunately. Consequently, from 1942 we get less and less information about his milanese life, while subjects of apulian landscapes were more and more numerous. As De Bellis was a old manner painter, reproducing his landscapes en plein air, we can deduce that his stays in Castellana were more frequent or protracted. Right from 1942, up to his death, the bright season of watercolour rural landscapes begins, lyric polyphony of the apulian country, alternated with his oil paintings production, but worth a critical examination apart. Every technique carries a peculiar expressive program itself: oil painting requires patience, meditation, a slow construction of the right tones, measured oppositions of bright and dark, lights and shadows. The result of what it’s seen through the eyes, and then translated on canvas or on ply-wood, it’s the outcome of shapes rielaboration process, widened in a time long enough to rectify some parts and let reflections flow while painting. So oil landscape appears composed and static, quiet and serene in its simplicity. Watercolour is congenial to his expressive will: it is quiver, restlessness, suffering knowledge about human troubles and world’s unfairnesses, the immediate executive vehicle you can’t turn back on. The hand, moving the paint-brush between water and colours, flowing quickly his tracks on the paper, builds and transforms all shapes, it dissolves them till rarefaction, until it almost abstracts them. His last watercolours tell about a inner pain, sketched in frenetics strokes where there is no place for the heat of the sun and the land. And yellow, the colour of light and sun, is not considered in his palette indeed. Days are pre-
ferentially wet, skies are cloudy and full of haze, on pavement the remains of violent rains are shining. Tones of green are triumphant, and lands serve only the purpose to surround the reflex of oak leaves or those of bright silver olives to exaltate them. Oaks and olive trees, not almond trees, cherry trees or vineyards. A meaningful preference for strong and secular trees marking the southern-east territory of Bari, that country rising from Polignano and Monopoli to the Itria Valley and Selva di Fasano. But a subsequent feeling of revival was coming over: a style process beginning around 1943, maybe in that summer that changed the destiny of Italy and of the war. De Bellis is ever less present in Milan, where he goes to place some of his new works in social exhibitions or in extemporized collective exhibitions. This is not a pleasant estrangement, because that means getting out of the way of the artistic scenery and risking to be left outside of it by elimination. Under this circumstance, the worry of food and bombs was prevailing, so De Bellis in February 1943 was in Castellana, and he anticipated his summer stay on the first days of July. So that fatal day of August came, when, during a air raid on Milan, the building in Mentana place where he lived in was struck and destroyed. In a moment years of work and study turned to powder: according to the estimate of damages, made by De Bellis himself, «130 oil [paintings], 200 drawings, 20 pastel drawings, 30 watercolours», besides furnitures, letters and all the rest. Just a few days later, the events of 8th September happened, with all the very well-known consequences. With his milanese home lost and Italy cut across Gustav line, De Bellis had to give in and stay in Castellana, waiting for better times. Life started again from Castellana, then. This kind of restart marks a further new period, that is the developing of the previous one. It is his last period, the brightest one, and I would not say belonging to Chiarismo, even if De Bellis was a travelling companion of the members of this movement, and even a true friend of them. During this long and sad season for Italy, afflicted by war, the only consolation was the awareness to stay in a relatively more reassuring place, where he could find time and serenity to be immersed in the country, there he could forget about bombs and play with watercolours in a natural silence, interrupted by wind blowing and birds singing. The end of the conflict seemed the end of all troubles and of all professional problems. Artistic life would have had a new start, most of all in Milan, with his galleries and the art market. There was a great willingness to start again, this time in a real free and democratic climate, even if it was required to work on the ashes of what remained, even the illustrious Permanente suffered the same destiny of De Bellis’s home in Mentana place. In December 1945 finally the painter is coming back to Milan. He found an accomodation in a uncomfortable room in 8, Bollo Street, always in the same district called “the five lanes”, just two minutes walk from Cordusio square. Turning back to the metropolis meant attending competitions and collective exhibitions, resuming his relations, suspended during the war. This fervent and optimistic climate reflects on his last production, most of all consisting of landscapes and still-life.
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An expressionist quiver agitates shapes, as they were moved by a wind that makes every little detail in every composition palpitating, as a superior and invisible energy should infuse into figures, to animate them. The grain mince it’s the emblematic example of the ardour of the one who rises to art through an intense, intimate sublimation of senses and a nature consciousness process. The painting was exposed at the “Work and Sacrifice Exhibition”, prepared in the staterooms of the Sforza Castle in February 1946, it was appreciated and it awarded a prize. In that occasion De Bellis achieved his last award of his career: the “Italian Art Gallery Prize”, regarding labour subjects: that prize had to be interpreted as a good-omened one to start a new professional period bringing lots of satisfactions and gratifications. He spent then his summer between Castellana and the seaside of Monopoli, getting a source of marvellous and impressive subjects with good results. The same energy rush continued in autumn: business seemed to turn in a right way, as De Bellis’s letters to his sister Stella testify, talking about his house overun by rats, his little debts and his big sacrifices. But in that last part of the year there was a straordinary and intense artistic activity. There is another significant aspect in his milanese life: his growing passion for music drove him to the incredible on hire-purchase of a piano. De Bellis loved playing classical music, he was able to renounce eating to put art above any other need he had. The painter took part in a competition at the Italian Art Gallery named “The Four Seasons”, but his name wasn’t drawn for art works to be published on catalogue and on the Christmas issue of the magazine Italian Illustration. De Bellis’s expectation was for the prize but, anyway, there was a good chance to sell his works, as well. It was Christmas time, and the art exhibition had a good interest on newspaper... The jury awarded the prize on 21st December in the morning, while opening followed in the afternoon. But Sergio De Bellis missed it, struck by a heart attack. Any aid was vain, he died during the transport to the hospital. His funeral was on sunday 29th December 1946, at half past nine on a hazy morning. There is a precious and anonymous photographic reportage about this event: this was a privilege reserved only to famous and important people, whose photos then were published on local news. Sergio De Bellis’s corpse rested in Cimitero Maggiore in Milan until 10th October 1959, when definitive tranfer was made to Castellana. His works of art, as living testimonies, remain us and, when we admire them, they are talking about the talent translating poems in colours, the grace of a sensitive soul that was searching for truth in art.
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Sergio Nicolò De Bellis Le petit village rural de Castellana, dans la Terre de Bari, devait compter vers l’an 1898 à peu près dix mille habitants, la plus part exploitants agricoles, les restants adonnés à l’artisanat et au commerce de détail. C’est dans une de ces familles qui ne constituait le caractéristique tissu social que, le huit de Mars, à quatre heures dans l’après-midi, naissait le cinquième fils de Giuseppe Leone De Bellis (1853-1944) et de Anna Maria Insalata (1859-1944), baptisé du nom de Nicola. Plus tard, le jeune Nicola De Bellis veut adjoindre avec sa signature son second prénom, Sergio. Le petit Nicola, extrêmement sensible en esprit, cultivait en soi-même un extraordinaire élan pour le dessin et la peinture tel de le ressentir come une véritable vocation. Mais, au même temps, il aura aussi reflechi sur le futur qui attend un artiste de province, sans concrets débouchés ni gratifications évidents. C’etait clair que bien plus loin il aurait dû chercher une formation véritable, et même une ambiance favorable pour tenter sa affirmation artistique. A qui est-ce qu’il aura demandé un conseil à ce propos? On doit remarquer que autour de 1916-17, pendant les ans de l’adolescence de De Bellis, le peintre de Bari Nicola Colonna peignait à fresque et signait les quartiers de la coupole de l’église du Purgatoire à Castellana. On peut imaginer que, à ce momentlà, Sergio Nicola (puis Nicolò) De Bellis eut lui montrè des essais de son art à ses premières armes, et il aura aussi lui demandè où est-ce qui’il pouvait aller pour une vèritable formation artistique. Nèanmoins quelques mois, ou semaines, passèrent et les jeunes de son âge furent appelés sous le drapeaux pour les exigences de la patrie: De Bellis aussi fut appelé par l’Armée Royale, mais le front fut lui épargné grâce à sa constitution fràgile. On peut ajouter cette brève expérience militaire pour étendre le rayon de connaissance du monde d’un jeune garçon de province, désorienté dans la pratique, mais avec une idée fixe: être artiste. En automne 1918 le jeune homme était enfin à Milan pour s’inscrire à l’école municipale d’art, abritée dans le Château des Sforza. Avec ses petits bagages et ses épargnes durement ramassées, il partit probablement une soirée, à la fin de l’été, vers Milan, avec un train arrivant le lendemain matin vers la ville, en ce temps-là comme aujourd’hui la plus moderne et européenne d’Italie. Il prit à loyer une petite mansarde au 3, place Mentana, à usage d’habitations et d’atelier. Ses débuts artistiques voient De Bellis s’approcher de Novecento, qu’il entendait un mouvement d’avant-garde. Ses oeuvres de jeunesse, entre 1923 et 1930, peuvent se définir près du mouvement Novecento. Dans cette production il affronte tous les principaux genres de sujet : paysages, natures mortes, portraits, compositions mixtes, à la recherche de son langage expressif, chaque genre avec ses caractères et accents particuliers. Les portraits des parents, des soeurs et de son beau-frère, tous gardant la pose pour immortaliser la petite et digne classe paysanne de la profonde province, chacun endimanché. Le portrait, ça c’est une vraie occasion! Il faut distinguer deux filons prédominants pour les paysages: le lombard et le pouillais. En ce qui concerne le premier, plus que les paysages, les vues urbaines prévalent, surtout de Milan: sujets très fréquents dans l’époque 192435, comme on peut déduire par les listes des oevres exposées dans ses premières expositions, collectives et individuelles. Peu d’images restent de cette
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période: on voit perspectives des places et rues de la ville, bâtiments solides. Ils sont manifeste de confiance en l’ouvrage humain et, par extension, confiance et espoir de pouvoir grandir artistiquement dans le contexte métropolitain: une chance que la province du loin midi pourra jamais offrir. D’un côté Milan, avec ses vues et ses alentours, de l’autre les Pouilles. De Bellis se consacre à la peinture de paysage dans le territoire compris parmi Castellana, Conversano, Selva de Fasano et la côte, presque toujours pendant la saison des amandes et des vendages, entre la fin d’Août et dans les premiers jours d’Octobre. Il représente la campagne et des vues urbaines, dans un cadre de toute façon rural, naturaliste, sans tache et sain, éloigné des aspects moins nobles et beaux de la vie métropolitaine: la chaleur humaine, l’air propre, le silence des champs entrecoupé par les chants des oiseaux, non pas par le bruit de ferraille du tramway. Mais peindre un paysage c’est un acte philosophique, si on considère un artiste professionnel, non pas un peintre du dimanche. Celui-ci cherche le “pittoresque” dans ce qu’il voit, gracieux et aimable: les maisons, les petits arbres et tout ce qu’il croit faire partie d’un univers qui est toujours le même, abstraction faite de la saison, de l’heure, de l’humeur de l’auteur et de ses idées, qui sont en fuite, ou qui sont puériles. Le peintre qui fait de son oeuvre sa mission et son métier, quand il repére un endroit où représenter un paysage, il cherche une fenêtre idéale dans son ordre mental, orientée au jour de la vérité et vers un sentiment pas encore trouvé. Peindre avec tel esprit c’est un acte philosophique car on recherche une vérité qui ne signifie pas représentation sous une forme naturaliste ou d’esquisse, recherche ça veut dire désir ardent atteindre à quelque chose qu’on ne connait pas et qu’on ne posséde pas. Ainsi, toute la peinture de De Bellis c’est recherche et désir de vérité, qu’on ne prétend pas atteindre dans cette vie mortelle, quand même. Dans ses représentations rurales, c’est constante la présence des maisons rustiques, des fermes et des vues urbaines: c’est un reflet, une transposition de la manière du Novecento milanais dans le vulgaire du Midi. Les maisons, les trulli, les dômes des églises et les clochers tranchent comme solides aux volumes clairs et statiques, comme s’ils fussent des clous fixant une surface autrement en mouvement. Le paysage, interprétation de la vie et de la nature selon une vision ouverte de la réalité, c’est un de ses canaux expressif qui revient le plus. En parallèle, De Bellis conduit son recherche quotidienne de la vérité par l’art en réalisant ses natures mortes. À la différence des paysages, les natures mortes sont expression de la méditation et de l’atelier, une prise de contact diamétralement opposé de peindre: le paysage existe et l’artiste y recherche son meilleur point d’observation, alors que la nature morte n’existe pas au début, mais c’est l’artiste qui la crée avant de penser à la représenter en peinture. Chaque élément est choisi selon un déterminé critère du peintre (ou sans discrimination, mais néanmois un critère), qui fait d’un verre, d’une carafe ou un fruit un élément essentiel, un mot sans lequel la phrase n’aurait aucun sense. En résumé, dans le paysage la recherche se produit à travers l’expérience des sens et la coinnaissance directe, dans la nature morte elle se produit à travers une tension rationnelle et une expérimentation méditée. Dans les deux cas il s’agit d’un exercice intérieur et inconscient qui est vecu par l’artiste comme expression et communication de l’esprit, ou de l’âme même. Est-ce qu’on peut parler de poétique du mouvement Novecento en ce qui concerne cette peinture? Sous bénéfice d’inventaire, c’est utile répondre affir-
mativement, même si ça reste une convention pour une synthèse de facilité, car c’est vrai que De Bellis jamais prit fait et cause publiquement pour ce mouvement, ni il exposa jamais aux grandes expositions du groupe. Il refusa, avec un certain orgueil, cette étiquette et des autres encore, en persévérant dans son chemin extrêmement individuel, caractérisé d’une constante et tenace volonté de s’imposer dans la scène artistique milanaise et national. Il utilise toujours la technique à l’huile, moelleuse et soignée, on ne connait pas d’ouvres à l’aquarelle à cette époque, ça c’est un élément pour réfléchir: l’huile édifie lentement les formes et leur donne une solennelle stabilité dans l’espace composant. L’aquarelle, quand elle sort des limites d’un habituel exercice décoratif, c’est plus instinctive : c’est là que très belles oeuvres sortent, comme les aquarelles du dernier temps. Au cours des premières années trente on remarque un virage dans son style: c’est une lente progression vers des tonalités plus claires et donc un graduel relâchement de ses priorités plastiques et composantes pour s’appliquer à différentes solutions d’expérimentation formelle, apparemment incompatibles, mais nécessaires pour atteindre à ses buts. Ça c’est une phase qui s’arrête à peu près vers l’an 1935, quand des nouvelles idées et plus convaincantes solutions creatives font irruption dans sa production. Par conséquent, l’éclectisme qui résulte par ses recherches ne doit pas étonner: De Bellis a une âme très sensible, mais il lui faut beaucoup de temps pour assimiler et élaborer de nouveau et il lui faudra encore beaucoup de temps pour se décharger de l’halètement à l’ordre, à la manière du mouvement Novecento, qui est donc révélateur du désir ardent de son esprit inquiet à l’ordre de son âme. De Bellis, autodidacte, le rend en peinture par un ordre des formes, une immobilité plastique qui suggère immutabilité. Dante Maselli, bien ayant l’intuition du lyrisme secret de ses contemplations silencieuses, écrivit : « Dans ces paysages forme et couleur inspirent une tranquillité statique, la même que parfois on remarque pendant certaines heures brumeuses crépusculaires de notre Terre, quand partout pèse l’ennui de la lumière qui a durée toute la journée et quand le ciels se colorent en gris. Les arbres ne sont pas tragiquement tordus mais ils palpitent dans une atmosphère bien aérée avec fraîcheur et brillant de lymphe. Même quand ces visions sont matérialisées à la chaleur brûlante et à la tempête elles acquièrent une agréable immobilité en passant à travers le filtre du tranquille et optimiste tempérament du peintre ». Cette pensée est valable aussi à l’égard de ses méditées vues lombardes, qui remontent au milieu des ans trente, comme Maisons à Gorla ou Le Naviglio de la Rue Vallone, achetées par la Galerie d’Art Moderne de Milan: visions limpides qui donnent une connotation sentimentale à chaque gamme chromatique. Autour de 1934, De Bellis s’est engagé dans le chemin du Chiarismo. Le Pont c’est, par antonomase, son oeuvre emblématique dans le renouvellement de son style: un coin de solitaire calme dans la banlieue milanaise, qui peut être la Martesana ainsi que la Barona, où le frémissement des formes indéfinies de la végétation à l’abri du canal gouverne, faibles et légères dans la lumière d’un après-midi silencieux. Le pont même c’est métaphore de communication, c’est-à-dire liaison, passage, dépassement: c’est l’expression d’un artiste qui sent inconsciemment avoir trouvé ce qu’il cherchait, ou, au moins, avoir pris le bon chemin. Ça c’est le temps des influences métaphysiques et oniriques par ses maîtres élus Carrà, De Chirico et De Pisis. Une production alterne, dès compositions énigmatiques d’inspiration classique, à l’attrait magique de la force des
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chevaux effrénés dans la prairie, jusqu’à inattendues études de nu, aussi bien rares que charmantes. Donc, après sa douce transition pendant les ans 1930-34, qu’on peut isoler et définir “deuxième époque” ou “époque de l’expérimentation”, depuis 1935 une nouvelle et plus longue époque s’ouvre : une “troisième époque”, jusqu’au printemps 1943 quand, à cause de la guerre, De Bellis part à Castellana. Cette époque fut la plus heureuse au regard de sa reconnaissance professionnelle: les acquisitions de la Galerie d’Art Moderne et du Cabinet des Dessins de Milan, deux Biennales de Venice, deux prix Bergame, deux prix Pouilles, deux expositions individuelles très importantes. Son choix de rester irréductiblement tout seul dans la vie et dans l’art exalta le peintre et lui permit de s’élever artistiquement aux sommets les plus hauts de son génie, mais au moyen et au dernier délai ce choix lui pénalisa tellement que, dans la compétition artistique avec les autres nombreux artistes, les critiques de son temps apprécièrent De Bellis, sauf l’oublier – tous ou la plus part – aussitôt sa mort. Dès 1942 on commence avoir moins de nouvelles à propos de sa vie milanaise, par contre ses lumineux paysages rurals pouillais à l’huile et à l’aquarelle sont toujours plus nombreux. Mais ses dernières oeuvres à l’aquarelle racontent une souffrance intérieure, esquissée dans les traits frénétiques, où il n’y a pas de place pour la chaleur du soleil ou de la terre: en effet la couler du jour et du soleil, le jaune, dans sa palette n’existe pas. Les journées sont de préférence humides, les ciels chargés des nuages et de brume, sur le pavé brillent les résidus des violents bruits de pluie. Les tonalités des vertes triomphent, les terres servent seulement à entourer les reflets brillants des feuilles des chênes ou celles plus argentées des oliviers, pour les exalter. Chênes et oliviers, pas d’amandiers, cerisiers ou vignobles. De Bellis a une préférence significative pour des plantes fortes et séculaires, celles qui marquent le territoire du sud-est de Bari, la campagne qui monte de Polignano et Monopoli vers la vallée de l’Itria et Selva di Fasano. Le peintre donc rend ses soucis éprouvés pendant les ans difficiles de la guerre en profondes élégies par couleurs brillantes et pour la plupart froides, mais, autour de l943, un renouvellement est en train d’arriver. De Bellis est présent à Milan seulement pour placer ses nouveautés dans les expositions sociales ou dans des collectives improvisées: il ne s’agit pas d’un éloignement que lui plait, car ça signifie s’éloigner de la scène artistique et donc faillir la perdre par élimination, mais il faut aussi considérer un facteur contingent : le besoin de pain ainsi que la peur et l’inquiétude à cause des bombes. Au mois de Février 1943 le peintre était déjà à Castellana, et son habituel séjour d’été du même an fut anticipé au premiers jours de Juillet. À ce moment-là, il arriva aussi le jour fatal d’Août quand, pendant un pilonnage sur Milan, l’ immeuble de place Mentana où il habitait fut frappé et détruit. Tout à coup des ans d’étude et de travail se pulvérisent: selon une évaluation des dégâts par De Bellis même furent détruits «130 [tableaux] à l’huile, 200 dessins, 20 pastels, 30 aquarelles», en outre des meubles, des lettres et tout le reste. Quelques jour après, les événements du 8 Septembre arrivaient, avec ses suites connues. Il avait donc perdu sa maison milanaise et l’Italie était taillée à la hauteur de la ligne Gustav, on ne restait que se résigner et demeurer à Castellana, en attendant des temps plus favorables.
Ce nouveau départ marque aussi une nouvelle époque, qui est le développement de la précédente : c’est sa dernière époque, la plus lumineuse, mais on peut pas dire appartenant au mouvement Chiarismo, même si De Bellis fut compagnon et ami sincère de ses membres. Dans la longue et triste période où l’Italie fut tourmentée par la guerre, la seule consolation c’était savoir d’être dans un endroit relativement plus sûr, en ayant le temps et la sérénité de se plonger dans la campagne, oublier les bombes et peindre à l’aquarelle dans le silence naturel, au chant des oiseaux et au son du vent. La fin du conflit semblait être la fin de toutes les angoisses et des problémes professionnels du peintre, il aurait repris sa vie artistique à Milan, dans les galeries et le marché de l’art. On devait travailler sur les cendres des défunts sièges syndicaux et sociaux, car la glorieuse Permanente avait subi le même destin de sa maison en place Mentana. On avait une grande envie de recommencer, cette fois dans un climat tout à fait nouveau, libre et démocratique, plein de bon espoir pour tous. Revenu enfin à Milan, en Décembre 1945 De Bellis s’installe dans une inconfortable pièce au 8, Rue du Bollo, toujours dans le même quartier appelé “les cinq ruelles”, très près de Place Cordusio. Revenir à la métropole signifiait aussi pouvoir participer aux concours, exposer aux collectives, renouer les liasons interrompues pendant la guerre. Ce climat vif et optimiste se reflét par conséquent sur sa dernière production, surtout des paysages et des natures mortes. Un frémissement expressionniste agite ses formes, déplacées par le vent qui rend palpitants les petits détails de chaque composition, c’est comme si une énergie supérieure et invisible s’inspire dans les figures pour les animer. La Broye du Blé c’est l’exemple emblématique de la ferveur de qui s’éleve à l’art à travers un procédé d’intense, profonde sublimation des sens et de connaissance de la nature. Le tableau fut exposé chez l’“Exposition du Travail et du Sacrifice”, préparée dans les salles du Chateau des Sforza en Février 1946, où il fut bien apprécié, en obtenant un prix. Pendant cette occasion, De Bellis reçoit la dernière reconnaissance de sa carrière, le “Prix Galerie d’Art Italienne” dans le sujet du travail: le prix devait être interprété par le peintre comme un bon augure, le début d’une époque professionnelle qui apporte satisfactions et gratifcations. L’été pouillaise du même an apporta des bons résultats, une été passée entre Castellana et la mer de Monopoli, source de sujets splendides et suggestifs. En automne, De Bellis retrouva l’élan d’énergie et d’initiative des mois antécédents. Ses affaires, comme témoignent les lettres à sa soeur Stella, semblaient tourner du bon côté. Avec sa maison plein de rats, ses petites dettes et ses grandes sacrifices, pendant cette époque on remarque une activité artistique extraordinairement intense. Un autre important aspect de sa vie milanaise fut sa passion croissante pour la musique: il avait acheté un piano à tempérament et il jouait souvent des morceaux classiques. Sergio De Bellis était un homme capable de sauter un repas pour mettre l’art au-dessus de toute autre exigence il avait. Le nom de De Bellis ne fut pas tiré au sort pour la publication des oeuvres sur le catalogue et sur le numéro de Noël de L’Illustration Italienne, dans l’im-
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minent concours pour le paysage “Les Quatre Saisons” chez la Galerie Italienne d’Art. La jury va attribuer le prix dans le matin du 21 Décembre, dans l’aprèsmidi le vernissage va suivre: De Bellis a quelque attente à l’égard du prix mais, dans le cas contraire, on a toujours la possibilité de vendre, l’exposition à eu beaucoup de retentissement sur la presse... Sergio De Bellis manqua le vernissage: il fut frappé par un infarctus peu avant et les secours furent inutiles, il mourit pendant le transport en civière vers l’hôpital. Son enterrement eut lieu le dimanche 29 Décembre 1946, à neuf heures trente dans une matinée brumeuse. On garde pour cet événement un précieux reportage photographique dont on ignore l’auteur: mais ça fut certainement un privilège reservé aux gens célèbres et importants, avec les photos publiées dans les pages de chronique. Le corps de Sergio De Bellis reposa au Cimetière Major jusqu’à le 10 Octobre 1959, quand il fut transféré à Castellana. Les témoignages vivantes de ses oeuvres nous restent, quand on les admire elles nous racontent du génie qui traduisait dans les couleurs la poésie et la grâce d’une âme sensible qui recherchait la vérité dans l’art. (Sintesi inglese e francese di Marina Ferrero)
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BIBLIOGRAFIA
“Legenda: l’elenco delle voci segue l’ordine alfabetico degli autori e/o curatori; riguardo ai cataloghi di mostre – laddove non si sono trovate indicazioni sui curatori – è stato adottato il criterio di indicare la città e l’anno; le recensioni anonime sui giornali sono state convenzionalmente contrassegnate dalla sigla N. N. in luogo dell’autore. La bibliografia è aggiornata fino all’ottobre 2006. ACCETTI C. E. (a cura di), Nove artisti alla “Nova”, Catalogo della mostra, Milano, 1940; AMENDOLA A., Dove c'è veramente un po' di Puglia in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 15 luglio 1939, p. 3; ARGAN G. C., Tosi, Firenze, 1942; ARGO, In giro per le gallerie: Galleria Ranzini in “Corriere degli artisti”, a. I, n. 1, 15 luglio 1946, p. 2; BARI 1930, I Mostra del Sindacato regionale fascista delle belle arti di Puglia, Catalogo della mostra, Bari, 1930; BARI 1939, Paesaggio di Puglia, Catalogo della mostra, Bari, 1939; BARI 1955, Maggio di Bari. V mostra nazionale di pittura contemporanea / 29 maggio - 29 giugno 1955, Catalogo della mostra, Bari, 1955; BARI 1977, Arte in Puglia negli anni Trenta. Materiali e documenti di ricerca, Catalogo della mostra, Bari, 1977; BARILLI R. - CAROLI F. - FAGONE V. (a cura di), Anni Trenta, Catalogo della mostra, Milano, 1982; BONARDI D., Imponente panorama dell'arte lombarda in “La Sera”, a. XIV, 21 febbraio 1936, p. 3; BONARDI D., Sergio De Bellis in “La Sera”, 16 febbraio 1938, p. 3; BONARDI D., La Mostra sociale della Permanente: rigoglioso fiorire dell'Arte lombarda in pittura, scultura e bianco e nero in “La Sera”, 10 novembre 1939, p. 3; BONARDI D., La Mostra nazionale sindacale al Palazzo dell'arte di Milano in “Cultura moderna“, a. L, 1941, pp. 3-11; BONARDI D., Mostre d'arte: Sergio De Bellis in “La Sera”, 28 febbraio 1941; BONARDI D., Concorso per il paesaggio “Le quattro stagioni” - Galleria Italiana d'arte, Milano, 1946, pp. 3-6; BONARDI D., La mostra delle quattro stagioni in “L'Araldo dell'arte”, a. I, n. 30, 5-20 dicembre 1946, p. 2; BONARDI D., Cronache della mostra: la premiazione in “L'Araldo dell'arte”, a. I, n. 6, 9 febbraio 1946, p. 3; BONARDI D., Lavoro e Sacrificio nella grande mostra al Castello Sforzesco di Milano: i premi a Gregori, Annovati, De Bellis, Mezzoli per la pittura, e a Cendali e Di Ceglie per la scultura in “L'Araldo dell'arte”, a. I, n. 6, 9 febbraio 1946, p. 3; BORGESE L., La mostra di Bellagio in “Il nuovo Corriere della sera”, 25 giugno 1946, p. 3; BORGESE L., Mostre d'arte: De Bellis in “Il nuovo Corriere della sera”, 11 maggio 1947, p. 3; BORGESE L., Il premio della vendemmia in “Il nuovo Corriere della sera”, 23 agosto 1947; BOSSAGLIA R. - LILLONI R., Umberto Lilloni. Catalogo generale, Milano, 2002; BUCCI V., Sette pittori moderni in “Corriere della Sera”, 2 marzo 1928; CANDELORO G., Storia dell’Italia moderna. La crisi di fine secolo e l’età giolittiana, vol. VII, Milano, 1974; CANDELORO G., Storia dell’Italia moderna. La prima guerra mondiale, il dopoguerra, l’avvento del Fascismo, vol. VIII, Milano, 1978; CARAMEL L. – PIROVANO C., Galleria d'arte moderna di Milano. Opere del Novecento, Milano, 1975; CARDONE M., De Bellis, una vita per l'arte in “Roma”, 19 aprile 1998; CARRÀ C., Cronaca delle mostre: Sergio De Bellis in “L'Ambrosiano”, 2 marzo 1938, p. 8; CARRÀ M., Carrà, tutta l'opera pittorica, Milano, 1967-68;
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Opere multimediali LEVATO C. (a cura di), CD-ROM Per… Sergio Nicolò De Bellis, © Scuola Media Statale “S. N. De Bellis“, Castellana Grotte, 1997-98.
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ADDENDA Veduta di Castellana dal loggiato degli Alcantarini, 1925 Maglie, collezione privata olio su tela, cm 45x35 firmato e datato in basso a destra N. S. DE-BELLYS 1925 Dipinto pubblicato in: M. Viterbo, Dagli ultimi re borbonici alla caduta del fascismo. Memorie, fatti, testimonianze,Fasano, 2006. Per gentile concessione di Schena Editore.
Castellana, largo Porta Grande, 1927 Maglie, collezione privata olio su tela, cm 67x47 firmato e datato in basso a destra NS DE BELLYS / 1927 Dipinto pubblicato in: M. Viterbo, Dagli ultimi re borbonici alla caduta del fascismo. Memorie, fatti, testimonianze, Fasano, 2006. Per gentile concessione di Schena Editore.
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Mimmo Guglielmi Tavole illustrative nn. 60, 61, 126, 146, 162, 164, 166, 188, 210, 214. Giacomo Lanzilotta Foto alle pp. 28, 29, 32, 35. Tavole illustrative nn. 1, 2, 3, 4, 6, 10, 12, 14, 16, 17, 23, 25, 26, 27, 30, 33, 34, 35, 36, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 63, 64, 65, 66, 68, 69, 71, 73, 74, 75, 77, 78, 81, 83, 84, 85, 88, 89, 90, 95, 96, 101, 110, 111, 115, 118, 119, 120, 121, 127, 130, 133, 137, 138, 140, 141, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154, 155, 156, 161, 165, 169, 170, 171, 182, 183, 184, 186, 187, 192, 193, 194, 195, 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205, 206, 207, 215, 216, 217, 218, 219, 220, 221, 222, 223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 234, 235, 236, 237, 238, 243, 244, 245, 247, 248, 250, 251, 252, 253, 254, 255, 256, 257, 258, 259, 260, 261, 262, 263, 264, 266, 267, 268, 269, 270, 271, 272, 273, 274, 275, 276, 277, 278, 279, 280. Eveljne Pedroli Tavole illustrative nn. 8, 9, 13, 15, 18, 19, 20, 31, 32, 37, 39, 62, 91, 92, 97, 98, 99, 100, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 114, 116, 122, 123, 124, 125, 128, 129, 134, 135, 136, 139, 142, 143, 144, 145, 157, 158, 159, 160, 163, 167, 168, 173, 174, 175, 176, 178, 179, 180, 185, 189, 190, 196, 197, 208, 209, 211, 212, 213, I di copertina.
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Stefano Sgobba Tavole illustrative n. 177. Archivio Civiche Raccolte d’Arte del Comune di Milano Tavole illustrative nn. 239, 240, 241, 242, 246, 249. Archivio Pinù Intini Tavole illustrative nn. 7, 112, 113, 117, 172, 191. Archivio Maria Intini Tavole illustrative nn. 11, 79, 82, 109, 181. Archivio Michele Intini Foto alle pp. 15, 16, 17, 18, 20, 21, 30, 31, 36, 37. Tavole illustrative nn. 5, 86. Archivio Giacomo Lanzilotta Tavole illustrative nn. 76, 131, 132, 265. Archivio Pinacoteca Provinciale di Bari Tavole illustrative n. 22. Archivio Vito Saponara Foto alle pp. 23, 24, 25, 26, IV di copertina. Tavole illustrative nn. 21, 24, 28, 29, 38, 49, 67, 70, 72, 80, 87, 94. Archivio Scuola Media Statale “Sergio Nicolò De Bellis” di Castellana Grotte Tavole illustrative n. 93.
REFERENZE FOTOGRAFICHE