Oltre le nuvole e il cielo - Filely

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Oltre le nuvole e il cielo – Filely «Chiudi gli occhi». Annuii e serrai le palpebre. Le lacrime stavano ancora inondando il mio volto e io sentivo solo il mio dolore. «Ricominciamo da qui» sussurrò al mio orecchio. «Ricominciamo dall’attimo in cui hai respirato di nuovo la vita» continuò, pronunciando le parole lentamente. Noah stava riattivando i miei sensi, stava riportandomi nel luogo in cui, secondo lui, io avevo ripreso la percezione del mondo, quel contatto con la realtà che non sapevo di aver perso. «Ascolta il battito del tuo cuore Silvia, concentrati solo su quello». Obbedii al suo ordine senza nemmeno rendermene conto. Un attimo prima ero assorta dal peso che sentivo sul cuore e un attimo dopo invece, udivo solo il suo palpitare. «Sentilo Silvia… batte. E tra poco batterà più forte» mormorò, accarezzandomi il viso. La sua carezza e il suo inconfondibile profumo fecero accelerare il mio respiro e poi una morbida stoffa asciugò le mie lacrime. Di nuovo. Riaprii gli occhi e vidi il fazzoletto bianco, lo stesso fazzoletto che aveva utilizzato durante il nostro primo incontro. «La tua vita ricomincia da qui, da questo fazzoletto, da me che ho cancellato le tue lacrime». I suoi occhi erano due pozze scure puntate su di me. Era determinato, ipnotico, carismatico. «Cosa vedi?». Mi domandò, sedendosi difronte a me e porgendomi il fazzoletto. «Guardalo bene. Afferralo, stringilo tra le tue dita. Non lasciarlo andare Silvia. Usalo, consumalo, tienilo stretto, blandisci ogni millimetro di quella stoffa. Sfruttalo, fagli assolvere il suo compito, ma non gettarlo via, non prima di aver preso da lui tutto quello che può offrirti». Osservai il cotone candido, toccai l’orlo, ne tastai la morbidezza e mi soffermai sui punti umidi che avevano raccolto le mie lacrime. «Quello è il tuo dolore. È lì adesso… su quel fazzoletto. E io voglio raccoglierlo». Continuai a guardarlo, ad assorbire le sue parole, a farle mie. Sembravano un mantra, una sorta di litania che mi penetrava nel corpo. «Mi stai ascoltando Silvia?». Mi domandò, mentre i miei occhi ammiravano la sua bocca incantatrice. La sua domanda riportò la mia attenzione sul nocciolo della questione, sul discorso così ammaliante che stava portando avanti, ma di cui io non riuscivo ad afferrarne il senso. «Mi stai offrendo una spalla su cui piangere Noah? È consolazione quella che mi stai propinando? Io non ho bisogno di nulla. Posso farcela da sola». «Hai bisogno di me… Tu hai dimenticato tutto Silvia, hai scordato cosa significa accendere l’anima, cosa vuol dire far vibrare i corpi. Tu non respiri ossigeno, tu respiri ricordi, ti nutri di essi e ti uccidi ogni giorno. Io posso farti rivivere. Sono quello che può riportarti al mondo e lo farò. Ti ridarò l’aria, ridarò vita al tuo corpo».


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