VOCI - libretto di scena

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VOCI Libretto di scena

1. Quello che racconterò ai miei figli

2. Lisa ha gli occhi verdi

3. La notte poco prima della foresta

4. Amore

5. Autocontrollo

6. Passione

7. Sguardi

8. Albero

9. Buona Fortuna

10. Pensieri reconditi

Quello che racconterò ai miei figli

Quando succede qualcosa di forte, in senso positivo, si vive quell'attimo di euforia e destabilizzazione.

Siamo contenti, emozionati ma costantemente pronti al "cosa succede adesso?".

Questo, perché siamo esseri pessimisti che vanno alla ricerca di una vittoria costante, perché abbiamo fame di approvazione.

Cerchiamo la felicità ovunque, ma vogliamo solo l'ennesima medaglia da metterci addosso. È così, è la società.

Ci impone di correre verso il nuovo obiettivo mentre, invece, l'obiettivo più grande è passare da "sono felice?" Al "sono felice".

Rendersi conto di stare bene.

Ed io, sto bene.

Perché ho vinto nella vita.

Non vorrei sembrare presuntuoso ma è così.

Lo capisco quando mi guardo intorno.

Quando vi guardo negli occhi.

Quando vi sento vicini.

Quando anche dopo anni di fastidi siete ancora qui.

Quando penso a ciò che è stato ed a ciò che sarà.

Quando guardo la mia scatola dei ricordi e la vedo piena.

Piena di cose incredibili.

Quando mi guardo intorno, capisco di aver vinto.

Lo capisco nei giorni, inevitabili, in cui tutto fa schifo.

E lo capisco anche in quei giorni dove la vita sembra la cosa più bella del mondo.

E lo è, davvero.

E quello per la vita è l'Amore vero. Gli altri vanno e vengono. Questo resta.

Vi guardo negli occhi e mi chiedo: "sono felice?" "sono felice".

Per sempre, non è una bella frase, perciò diciamoci: "a domani!" E facciamolo tutti i giorni.

Oggi, un po' più degli altri giorni. Sulle spalle ho ciò che mi fa capire che ho vinto anche la mia più grande paura. Quella del futuro.

E non perché la strada non sia faticosa o sia in discesa, ma perché ora so cosa amo e non smetterà mai di essere così.

Mi guardo indietro e vedo il me di qualche anno fa, che non sapeva niente di cosa avrebbe fatto.

Università...si...boh...ma...però...

Lavoro...si... i soldi fan comodo...però...boh...ma

Stagione di animazione...si...bello...però...

Ingegneria informatica...no. Questo no. Non l'ho mai pensato.

Mi guardo dietro e penso: "va beh dai, la scelta l'hai presa alla fine. E menomale che era questa".

Ora, non dico di sapere tutto di cosa farò, forse non so nemmeno la metà delle cose.

Ma so che ho trovato la mia strada.

Devo solo percorrerla.

Dove mi porta; non lo so.

Ed io questa mattina mi sono svegliato e la prima cosa che ho pensato è stata: "wow, che vita assurda che sto vivendo! Chissà cosa racconterò ai miei figli..."

Racconterò loro della guerra, della pandemia, della crisi economica, della destra al potere ed un sacco di altre cose brutte?

No. Racconterò loro di questa assurda, pazza e meravigliosa vita. E racconterò loro delle persone e delle esperienze che ne hanno fatto parte. Grazie.

Lisa ha gli occhi verdi

Partiamo dal principio.

6:45 di mattina. Suona la sveglia, come sempre. Lisa apre gli occhi per la prima volta oggi e guarda lo schermo del telefono che lampeggia sul comodino.

Alza faticosamente la mano, da un colpo al cellulare e spegne la sveglia.

Si mette seduta, gambe distese, guarda fuori dalla finestra e cerca di capire se oggi possa essere una giornata migliore di ieri.

Anche perché peggiore la vede dura.

Sì, ieri è stata la giornata più brutta degli ultimi anni. Ha persino piovuto ed erano 6 mesi che non lo faceva.

Lisa si alza, motivata a dare una svolta alla sua piattezza emotiva ma consapevole che il tempo passato è troppo poco e probabilmente starà male, almeno un po'.

Tempo al tempo. Però, Lisa, di tempo non ne ha.

Insomma, la giornata è iniziata esattamente come un'infinità di altri giorni nella vita di Lisa e di qualsiasi altra persona nel mondo. Non come ieri, il presagio di qualcosa di triste si percepiva.

Come quando sta arrivando la tempesta e nell'aria si sente qualcosa che ci dice: "mettiti al coperto, stai per bagnarti".

Oggi invece sembra che sarà tutto asciutto e che sarà un giorno come un altro.

Lisa non sa quanto questa cosa possa essere positiva. Cioè, il fatto che non succederà niente di brutto è logicamente una bella notizia, però che non succeda proprio niente no. Se non hai niente di nuovo a cui pensare, pensi alle cose passate. Se non puoi pensare a cosa succede oggi, pensi a cosa è successo ieri.

In tutto ciò, si sono fatte le 7:30. Se non ai muove farà tardi per il lavoro, allora prende una fetta di pane precedentemente tostato, una mela e si incammina verso la fermata del treno.

Oggi niente macchina. Non ha la testa per guidare.

Ore 8:12. Treno stranamente in orario. Riuscirà persino ad arrivare in anticipo e magari prendersi un caffè.

Ore 8:35. Arriva a destinazione. Lisa è una donna di spettacolo. Fa performance teatrali, non è un'attrice, o meglio a lei non piace definirsi così.

"Metto me stessa in scena esasperando ciò che ho dentro" dice sempre. Ma in realtà, cosa significhi di preciso non lo sa.

In ogni caso, oggi di cose da mettere in scena e da esasperare ne ha parecchie, dato che deve pensare a cosa è successo ieri non potendo pensare a ciò che succederà oggi.

Lisa si siede davanti al suo computer ed inizia a scrivere.

"6:45 di mattina. Suona la sveglia, come sempre. Lisa apre gli occhi per la prima volta oggi e guarda lo schermo del telefono che lampeggia sul comodino. Alza faticosamente la mano, da un colpo al cellulare e spegne la sveglia.

Si mette seduta, gambe distese, guarda fuori dalla finestra e cerca di capire se oggi possa essere una giornata migliore di ieri..."

Va beh il resto lo sapete già.

Non è un granché, ma Lisa non riesce a pensare a nient'altro che non sia ieri.E quello che è successo ieri è difficile da raccontare.

Ma Lisa vuole provarci

...

Si dice che se una persona ci tiene, non ti abbandonerà mai.

Lisa ci credeva a questo detto, lo ha messo in dubbio solo una volta nella sua vita. Ieri.

Sì, perché lui diceva di amarla ma le sue gambe andavano verso l'uscita dalla sua vita e conoscevano molto bene la strada.

Ma partiamo dal principio.

Ieri mattina Lisa si è svegliata tardi, era domenica, poteva dormire. Lui era seduto alla scrivania a lavorare.

Appena sveglia, lei, ha guardato fuori dalla finestra. Poi ha guardato verso la porta di ingresso della camera e poi di nuovo verso la scrivania. Si sono guardati e si sono salutati. Ma Lisa sapeva. Sapeva tutto.

Pochi giorni prima, erano usciti a cena e, nel mezzo della serata, lui aveva detto di doversi assentare per qualche istante. Lisa sapeva che non era normale, non lo aveva mai fatto, però non voleva rovinarsi la serata e quindi: "Vai pure, ti aspetto alla macchina!"

"Non mi aspettare, ci vediamo a casa"

"D'accordo."

Non era d'accordo. Per niente. Ma del resto, cosa poteva farci?

Lisa sapeva tutto. Sapeva di Lui. Sapeva di Sara. Lo sapeva da un po'. Ma del resto, cosa poteva farci? Lisa era innamorata e non voleva finisse tutto.

Ieri mattina, però, Lisa si è alzata stanca. Non aveva dormito bene. Qualcosa l'aveva tenuta sveglia.

Sapeva che avrebbe dovuto dirgli la verità, ma non sapeva come. Non voleva soffrire e non voleva essere impulsiva.

Appena scesi a fare colazione, lui le ha chiesto come avesse dormito e lei di impulso ha risposto:

"Male". Non una parola di più.

"c'è qualcosa che non va?"

"Si, certo che c'è"

"Ne vuoi parlare?"

"Non lo so, vorrei, però non so se sia il momento giusto"

"Non sarai incinta" disse lui ridendo.

Che cazzo ridi. Sai bene cosa non va. Pensò Lisa.

"Magari fossi incinta" disse Lisa.

"Dai, dimmi cosa c'è"

"Sara. Ecco cosa c'è." Silenzio.

Non una parola. Mutismo totale.

Lisa si è alzata dalla sedia e se n'è andata. Si è vestita in fretta ed è uscita di casa.

Il silenzio era la conferma ai suoi sospetti.

...

Lisa, dopo essersi schiarita le idee, è tornata a casa decisa a mettere un punto alla situazione.

Era disposta a perdonarlo, se fosse pentito davvero.

Al suo arrivo a casa, ha trovato il vuoto ed una lettera sul tavolo della cucina.

Non l'ha letta. Sapeva già che l'aveva abbandonata.

...

Oggi è un altro giorno, Lisa deve scrivere per elaborare.

Allora scrive.

"Tu sei,

Quel quadro che guardano tutti

Ma capiscono in pochi.

Perché superi

Il concetto stesso

Di Arte. La vita è quella cosa che Cerchi a tutti i costi l'amore della tua vita

E poi alla fine trovi un lavoro.

E ti compri un cane.

E un gatto.

E un pappagallo.

Anzi, due gatti.

...

Hai abbandonato me

Ma almeno a me

Rimangono un cane

Un gatto

E un pappagallo.

Avevo due gatti

Ma uno te lo sei portato via Quando mi hai abbandonato."

...

Cancella tutto. Non le piace niente di quello che ha scritto. Banale ed incredibilmente autocommiserativo.

Prova un'altra strada. La prima che trova e che la soddisfi almeno parzialmente.

"Se fossi in mezzo al mare, senza nessun faro accanto a farmi luce, abbandonata la ragione ritroverei l'amore"

Non lo sa se le piace. Però la tiene scritta ed impressa davanti al suo viso. Una parte di lei non vuole dimenticarla, l'altra parte di lei non la dimenticherà.

"Se dovessi uscire dai miei pensieri, avrei la testa leggera ma il cuore pesante."

Forse ci siamo. Forse ha davvero trovato la strada giusta.

Sentiva che stava arrivando qualcosa. Che stava elaborando. Ma sapeva anche che dai pensieri lui non sarebbe mai uscito e quindi non avrebbe mai sperimentato la frase appena scritta. Alla fine, credo le andasse bene così. Credo si tratti di auto sabotaggio. Lisa sta facendo di tutto per non smettere di soffrire, è l'unica cosa che in questo momento la fa sentire viva.

Così tu

Apre il suo diario, quello dei pensieri nascosti e reconditi, e legge l'ultima frase scritta:

"La pioggia, inaspettata, batte forte sulla finestra dei miei pensieri.

Tu sei distante ed io ti aspetto, perché ogni volta che i tuoi occhi incrociano i miei, muoio."

Qualche giorno fa, piena d'amore e di voglia di vivere, scrisse questo piccolo ma molto significativo aforisma. Voleva vivere, tantissimo.

Ed adesso vorrebbe morire, metaforicamente sotto un suo sguardo ma anche realmente, lontana da esso.

Lisa si ricorda che fino a ieri non era così. Prima di essere abbandonata dalla persona a cui ha dedicato la sua esistenza degli ultimi sette anni, amava la vita ed amava vivere.

Questo le insegna che affidare ad una persona l'intero nostro essere è un grave errore da non fare mai, ed inconsciamente si lasciava andare fisicamente ma soprattutto mentalmente, a tal punto da diventare dipendente dal sentimento che provava quando stava con lui. E la dipendenza, come si sa, porta a crisi di astinenza. Esattamente come l'eroina, che Lisa conosce bene.

...

"Mamma, te lo giuro. Ne sono uscita. Non mi faccio più. Ti prego, devi credermi. Ho smesso con tutto ciò che mi può uccidere. Ho capito che non è il modo migliore per morire".

Due anni.

24 mesi.

730 giorni.

17.520 ore.

Un sacco di tempo quello che è passato dall'ultimo messaggio a sua madre.

Però diceva la verità, aveva smesso e tutt'ora non si drogava più.

...

Solo che l'eroina è una brutta storia, smetti e stai malissimo. La crisi di astinenza ti uccide, letteralmente e lentamente. Però ci era riuscita. Due anni esatti dall'ultima dose.

...

Lisa pensava che se era riuscita a superare una dipendenza così forte, poteva superare anche quella che stava vivendo. La dipendenza da un sentimento e dalla persona che te lo fa provare.

Ricorda quando era in comunità e c'era un'educatrice che le voleva bene più degli altri.

Lei diceva sempre: "Lisa ha gli occhi verdi, come il prato di casa sua. Lisa ci tornerà presto a casa sua e sarà di nuovo libera." E lo diceva perché voleva che Lisa si convincesse di questo e si rendesse conto di quanta forza avesse. Il problema è che, quando non vedi la possibilità di una luce, il buio si fa ancora più intenso ed ogni passo che fai potrebbe essere quello che ti fa cadere ed ogni caduta potrebbe essere quella che ti fa male, o che ti uccide. E se anche c'è una voce che ti dice dove andare, chi parla è nel tuo stesso buio, come può vederci bene? Però Lisa non ha mai mollato e di questo è sempre grata a sé stessa. È riuscita a sopravvivere ad ogni caduta.

Alla fine, lo ha rivisto davvero quel prato verde come i suoi occhi.

Ed adesso che è nel suo ufficio, immersa da pensieri che dovrebbe trasformare in parole ma incapace di portare alla luce quello che sente, il prato verde le manca. Nella casa in cui era andata a vivere con lui, non c'è un giardino.

...

Lisa vorrebbe chiamare sua mamma e dirle: "torno a casa. Torno a sdraiarmi sul prato verde come i miei occhi", ma farlo sarebbe ammettere di aver fallito. Come donna e come persona.

Guarda lo schermo del telefono. Lampeggia per colpa delle notifiche.

6 mail.

10 notizie di cronaca.

8 richieste di amicizia.

23 nuovi followers.

1 messaggio.

Lo apre sapendo che non sarebbe stato niente di buono.

"Prendo le mie cose. Addio."

Un messaggio. Niente di più. Ecco quanto vale una storia d'amore. Un messaggio. Sette anni riassunti in cinque parole.

...

...

Lisa cancella il messaggio. Scrive a sua madre.

"Mamma te lo giuro. Ne sono uscita. Non sto più con lui. Non può più farmi del male. Ma vorrei morire all'istante. Per questo torno a casa, morirò sul prato verde. Morirò sopra il colore dei miei occhi, che ora sono bagnati per la pioggia che c'è dentro. Ora non sono verdi, sono solo spenti".

Cancella il messaggio.

Spegne il telefono.

Prende le sue cose e torna a casa.

Anche senza aver parlato con sua madre sa di aver fallito. Come donna e come persona.

...

La fine di qualcosa porta sempre scompiglio.

Lisa lo sa bene. Sono giorni che sente questo scompiglio addosso.

Lisa scrive un' unica grande lettera per mettere fine a questa storia.

"Guardo giù e vedo il mondo che sta sotto le mie braccia, che poi sono i rami che tirano i tuoi capelli.

Mi sento come immobile sotto il peso dei pensieri che non riesco a farti intendere, che poi sono radici che trasformano il mio corpo in tronco.

Il cielo sopra la mia testa mi rende nervos!, vorrei poter toccare le nuvole per prenderle e portarle a te.

Sei strano e ti proteggi, come cercassi l’ombra che ripara da quel sole troppo forte che è la vita.

...

A volte ti ho pensato, quando sotto la pioggia mi bagnavo e stavo bene perché sapevo che sotto di me tu eri protetto, mentre tu avresti solo voluto sentirti libero e ballare.

Altre volte mi son dimenticata come si facesse a pensarti, non curante del fatto che di riparo ne avevi più bisogno in quei momenti che negli attimi in cui le gocce al massimo ti scalfivano.

Vorrei che tu costruissi la tua casa sull’albero, sulle mie spalle. Quella casa che vogliamo da bambini, per sentirci più in alto di chi ci dice “non farlo, ti fai male”.

Desidero che tu abbia bisogno di rischiare, senza preoccuparti del dolore che potrai provare, perché tanto sai che quando costruisci la tua casa su un terreno poco stabile, probabilmente crollerà.

...

Così sono le mie spalle, utili solo a sorreggere una massa informe di sogni, parole, pensieri e contraddizioni.

Mentre, attorno al tuo collo, si crea un invisibile cappio si sentimenti ed emozioni mai ricambiate.

...
...
...

E così sei tu, incapace di rischiare perché il male che hai provato tempo fa è stato troppo. Ed ora non hai più voglia di farti male con me.

Magari con nessun altro, ma specialmente con me."

...

Così Lisa pone fine a questa storia.

Si volta a guardare la lama appoggiata al tavolo e pensa: "forse un'altra volta. Questa è un'altra storia da raccontare".

... ...

Chiude il suo diario. Lo mette nel cassetto. Poi esce dall'ufficio.

Torna a casa.

Va a dormire.

Domani è un altro giorno. Si vedrà.

La notte poco prima della foresta

Bisognerebbe stare dall’altra parte senza nessuno intorno, amico mio quando mi viene di dirti quello che ti devo dire, stare bene tipo sdraiati sull’erba, una cosa così che uno non si deve più muovere con l’ombra degli alberi.

Allora ti direi: ‘qua ci sto bene, qua è casa mia, mi sdraio e ti saluto’.

Ma qua, amico mio, è impossibile, mai visto un posto dove ti lasciano in pace e ti salutano.

Ti dobbiamo mandare via, ti dicono, vai là, tu vai là vai laggiù, leva il culo da là e tu ti fai la valigia, il lavoro sta da un’altra parte, sempre da un’altra parte che te lo devi andare a cercare, non c’è il tempo per sdraiarsi e per lasciarsi andare, non c’è il tempo per spiegarsi e dirsi ‘ti saluto’.

A calci in culo ti manderebbero via, il lavoro sta là, sempre più lontano, fino in Nicaragua. Se vuoi lavorare, ti devi spostare, mai che puoi dire ‘questa è casa mia e ti saluto’ tanto che io quando lascio un posto ho sempre l’impressione che quello sarà casa mia, sempre di più di quello in cui vado a stare.

Quando ti prendono a calci in culo di nuovo, tu te ne vai di nuovo là dove te ne vai sei sempre più straniero, sempre meno a casa tua.

E quando ti prendono a calci in culo, tu te ne vai di nuovo quando ti giri a guardarti indietro, amico, è sempre il deserto.

Fermiamoci una buona volta e diciamo ‘Andate a fanculo’ io non mi sposto più, voi mi dovete stare a sentire se ci sdraiamo una buona volta sull’erba e ci prendiamo tutto il tempo che tu racconti la tua storia, quelli venuti dal Nicaragua che ci diciamo che siamo tutti, più o meno stranieri ma che adesso basta, stiamo a sentire, tranquilli, tutto quello che ci dobbiamo dire

allora sì che capisci che a loro non gliene frega un cazzo di noi.

Io mi sono fermato, ho ascoltato, mi sono detto: ‘Io non lavoro più’ finché non ve ne frega un cazzo di me.

A che serve che quello del Nicaragua viene fino qua e che io vado a finire laggiù se da tutte le parti la stessa storia.

Quando ho lavorato ancora, ho parlato a tutti quelli presi a calci in culo che sbarcano qua per trovare lavoro e loro mi sono stati a sentire.

Io sono stato a sentire quelli del Nicaragua che mi hanno spiegato com’è da loro Laggiù c’è un vecchio generale, che sta tutto il giorno e tutta la notta al bordo di una foresta gli portano da mangiare perché non si deve spostare che spara su tutto quello che si muove gli portano le munizioni quando non ce ne ha più.

Mi parlavano di un generale coi suoi soldati che circondano la foresta tutto quello che si muove diventa un bersaglio tutto quello che compare al bordo della foresta tutto quello che notano che non c’ha lo stesso colore degli alberi e che non si muove allo stesso modo

Io sono stato a sentire tutto questo e mi sono detto che da tutte le parti è la stessa cosa più mi faccio prendere a calci in culo e più sarò straniero loro finiscono qua e io finirò laggiù laggiù dove tutto quello che si muove sta nascosto nelle montagne

Io ho ascoltato tutto questo e mi sono detto: “Io non mi muovo più, se non c’è lavoro non lavoro se il lavoro mi deve far diventare matto e mi devono prendere a calci in culo, io non lavoro più

Io voglio sdraiarmi, una buona volta, voglio spiegarmi, voglio l’erba l’ombra degli alberi, voglio urlare, voglio poter urlare, anche se poi mi sparano addosso.

Tanto è quello che fanno. Se non sei d’accordo, se apri la bocca,

ti devi nascondere in fondo alla foresta. Ma allora meglio così almeno ti avrò detto quello che ti devo dire.

Amore

Ogni volta che inizio un nuovo progetto, nella testa sento mille voci che mi dicono cosa fare e cosa non fare.

Faccio mille discorsi silenziosi che mi fanno provare mille emozioni estremamente rumorose.

Una gara tra parole, sentimenti, bisogni e tante altre cose che vorrei provare ma che non riesco nemmeno ad immaginare

Però poi vince sempre l'amore, quella cosa tanto complicata da non averla mai provata a fondo, sempre solo un assaggio.

Come quel piatto che ti piace tanto, allora te lo prepari, ma poi dopo due bocconi scopri che te lo ricordavi diverso ed inizia a nausearti.

È che alla fine io ci provo anche ad amare, ma la prima donna che ho amato davvero aveva un altro in testa. Così, anche questa volta ho assaggiato quel sentimento magico di cui tutti parlano. Ho dato due morsi, poi ho scoperto che me lo ricordavo diverso ed ha iniziato a nausearmi.

Ci ho messo mesi a dimenticare questo senso di nausea e forse non lo ho nemmeno fatto del tutto eppure, quella donna, continua ad avere un altro in testa ed io continuo a pensarci e mi sale la nausea.

E allora finisco per odiare, tutto.

Questa vita del cazzo, questa gente del cazzo e quella donna del cazzo.

Che non mi ha fatto niente. Ma proprio assolutamente niente.

Ma ha in testa un altro e questa cosa mi da la nausea. Io odio avere la nausea.

A volte succede anche con le cose che scrivo.

Penso: "wow che capolavoro!", poi rileggo tutto e mi viene da vomitare.

Ed allora ripenso alla donna che ho pensato di amare. E ricomincio a scrivere.

Solo che la nausea persiste e mi fa sembrare sempre estremamente pessimista.

Ma ditemi voi, come può qualcuno scrivere qualcosa di positivo se sente il bisogno di vomitare ogni volta che si guarda dentro?

Autocontrollo

In amore e nel sesso serve autocontrollo.

In realtà non so nemmeno cosa voglia dire questa parola.

È da quando ero bambino che mi dicono: "devi avere autocontrollo!".

Che poi, ho l'ADHD, non mi è molto facile prestare attenzione e quindi quando mi dicevano: "devi avere autocontrollo!", non prestavo attenzione e quindi non avevo autocontrollo.

In ogni caso, in amore e nel sesso serve autocontrollo.

Innanzitutto, per non correre troppo.

Che poi se si corre troppo in due si arriva velocemente alla tappa finale ma le tappe intermedie non ce le si gode.

Se corri troppo da solo, invece, ti lasci indietro la persona con cui stai affrontando il percorso e quindi, anche se riesci a farti qualche tappa intermedia, te la godi da solo.

Poi, l’autocontrollo serve ad avere coscienza di cosa si fa.

Altrimenti, ti ritrovi con qualche notte di sonno in meno, con qualche ora per te in meno e con qualche pannolino in più per casa.

Oppure, ti ritrovi con qualche esame sballato e poi sono davvero i così detti cazzi amari.

Autocontrollo serve anche a non innamorarsi della persona sbagliata, non avere rapporti sessuali con persone che non ritieni opportune, sesso occasionale, oppure non innamorarti di una persona con cui hai fatto sesso e che non ritieni opportuna.

Ci sono un sacco di altri motivi, ma questi mi bastano a capire che forse la teoria la conosco bene ma la pratica no.

Forse bastava anche solo l'ultimo motivo.

Però giuro, per me non era sesso occasionale.

Passione

Incontri lei, che ti fa battere il cuore e ti fa dimenticare di quella storia che te lo aveva fatto fermare per un po'.

Sai che è una cosa effimera e passeggera, non durerà, però te la vuoi godere fino in fondo.

Per un attimo, ti dimentichi di tutto quello che non va, di quello che provavi per lei che hai desiderato prima di incontrare la passione di uno sguardo momentaneo ma profondo.

Poi capita che i vostri corpi si uniscano in una danza meravigliosa, si desiderano.

I vostri occhi si cercano in viaggi astrali che toccano l'anima, si vogliono.

Le vostre mani si stringono sudate ma felici di essere così vicine, si chiedono.

Le vostre bocche si intrecciano e si scambiano respiri intensi, si incollano.

Vivete la passione di una storia estiva, quella intensa che non dimenticherete mai ma che sapete finirà.

Fate dei viaggi incredibili, nella speranza di perdervi e rimanere per sempre in quel limbo dove tutto sembra perfetto.

È passione. Passione pura.

Ma non è amore.

Quindi finirà.

Ma finché dura, è la cosa più bella che possa esserci.

Sguardi

Con te ho fatto il sesso migliore della mia vita e non ci siamo nemmeno spogliati.

Con te ho fatto i balli più intensi che ci siano e non ci siamo mai alzati a danzare davvero.

Con te ho fatto i discorsi più lunghi, più puri e più profondi che si possano sentire, senza mai dire una parola.

Stando con te ho scalato montagne, ho affrontato tempeste, ho corso maratone e non mi sono mai mosso dallo spazio chiuso nei tuoi occhi.

Dio, i tuoi occhi!

Rimarrei ore a guardarli, a cercare di mischiare i tuoi pensieri con i miei.

"Mi dispiace..."

No, non parlare. Non dirmi niente.

Non rompere la perfezione che l'incrocio delle nostre sinapsi ha creato.

"Davvero, mi dispiace"

Lo so cosa vuoi dirmi, ma non serve. Rilassati.

Godiamoci l'istante che ci sta rendendo eterni.

Ciò che c'era prima e che ci sarà dopo è momentaneo.

Il momento del contatto mentale è permanente.

"Non voglio farti soffrire"

Allora non parlare. Guardami.

Balla con me.

Fai l'amore con me.

Parla con me.

Ma non dire una parola. Guardami.

Albero

Guardo giù e vedo il mondo che sta sotto le mie braccia, che poi sono i rami che tirano i tuoi capelli.

Mi sento come immobile sotto il peso dei pensieri che non riesco a farti intendere, che poi sono radici che trasformano il mio corpo in tronco.

Il cielo sopra la mia testa mi rende nervoso, vorrei poter toccare le nuvole per prenderle e portarle a te.

Sei strana e ti proteggi, come cercassi l’ombra che ripara da quel sole troppo forte che è la vita.

A volte ti ho pensata, quando sotto la pioggia mi bagnavo e stavo bene perché sapevo che sotto di me tu eri protetta, mentre tu avresti solo voluto sentirti libera e ballare.

Altre volte mi son dimenticato come si facesse a pensarti, non curante del fatto che di riparo ne avevi più bisogno in quei momenti che negli attimi in cui le gocce al massimo ti scalfivano.

Vorrei che tu costruissi la tua casa sull’albero, sulle mie spalle. Quella casa che vogliamo da bambini, per sentirci più in alto di chi ci dice “non farlo, ti fai male”.

Desidero che ti abbia bisogno di rischiare, senza preoccuparti del dolore che potrai provare, perché tanto sai che quando costruisci la tua casa su un terreno poco stabile, probabilmente crollerà.

Così sono le mie spalle, utili solo a sorreggere una massa informe di sogni, parole, pensieri e contraddizioni.

E così sei tu, incapace di rischiare perché il male che hai provato tempo fa è stato troppo. Ed ora non hai più voglia di farti male con me.

Magari con nessun altro, ma specialmente con me.

Buona Fortuna

Buongiorno,

Questa mattina mi sono svegliato prima di te.

Volevo farti una sorpresa e farti trovare la colazione già pronta. Caffè, latte e due biscotti. Non di più che si rovina la linea.

Appena sveglio mi sono fermato un attimo a guardarti.

Vederti in quella pace. Nel sonno. Mi ha rallegrato e mi ha fatto capire cosa mi faccia stare bene davvero.

Ma ho ripensato a noi. Ho ripensato a quello che siamo ed a quello che abbiamo passato.

Nella testa avevo troppi pensieri.

Tanti ancora adesso li ho.

Nel cuore avevo troppi dubbi e troppe ferite. Volevo tante cose ed allo stesso tempo nessuna.

Come puoi vedere, la colazione non è pronta ed io non sono a casa.

Non ce l’ho fatta. Mi dispiace. Non sono stato in grado di combattere le perplessità.

Ho avuto paura così ti ho scritto questa lettera, per andarmene.

Dove non lo so, ma lontano da te. Dove non puoi raggiungermi e non puoi farmi male.

Me ne sono andato perché per una volta nella vita, ho scelto me. E così sarà per tutta la mia esistenza.

Sei stata una bellissima pagina della mia vita, ma ora è il momento di scriverne un’altra. Beh, buona fortuna.

Pensieri reconditi

UNPOSTED.

Dal diario dei miei pensieri più reconditi.

Ciò che non vi ho mai detto e che non direi mai.

LE PILLOLE PER DORMIRE, MI FANNO STARE SVEGLIO LA NOTTE, DORMO DI GIORNO. PIOVE SUI NOSTRI VOLTI STANCHI, LACRIME DI COCCODRILLO SUI NOSTRI ZIGOMI BIACHI.

MIO FIGLIO NON AVRA’ UN PADRE. NE VALE SEMPRE LA PENA, SE TI MANCA IL RESPIRO.

TOGLIMI IL RESPIRO SENZA FARE NULLA. PARLAMI SENZA DIRE NULLA. AMAMI SENZA AMARE NULLA.

PUZZO DI MORTE ED ALLEGRIA.

SUPERO LIMITI IMPOSTI DA ALTRI.

SEMPRE FUORI DAL CORO DI VOCI CHE NON MI APPARTENGONO.

IO TI UCCIDERO’ MA TU MI LASCERAI A TERRA. CHI L’AVREBBE MAI DETTO? PRENDE TUTTI UNA PIEGA GIUSTA. FORSE SMETTERA’ DI PIOVERE. HO FAME! ACUTA. MI TUFFO, MAGARI NON E’ COSI’ FREDDA L’ACQUA.

PIOGGIA DI SENSI. MENTIVI, SI’, MA IO SAPEVO. DI FIANCO A ME. O SOTTO DI ME.

TRUFFARE IL SISTEMA MI APPAGA.

PILLOLE DI FILOSOFIA

1. Tramonto

2. Luce

3. Aspro vespro mattutino

4. Fratello della notte

5. Come si fa?

6. Equilibrio

7. Verità distratta

Tramonto

Il giorno è quasi compiuto.

Siamo noi due soli, seduti davanti a quest’immensità.

Noi due separati nei corpi, ma in un tutt’uno con le nostre anime.

La luce soffusa e fioca del sole illumina i nostri volti stanchi ma felici.

Felici di aver appena finito una guerra e pronti ad iniziarne un’altra.

Le nostre mani intrecciate come a proteggerci.

I nostri battiti come colpi di fucile.

Capaci di difendere e di uccidere.

Gli occhi verso l’orizzonte, rosso fuoco, meraviglioso.

Non ci vediamo ma ci guardiamo.

Non ci parliamo ma ci sentiamo.

Non ci baciamo ma ci vogliamo.

Mentre la notte quasi arriva e con lei i pensieri di chi non riesce a dormire, prendimi i pensieri e fai come se fossero i tuoi.

Sta notte non ti preoccupare. Siamo in due a non avere sonno.

Al tramonto l’amore è più forte, perché dobbiamo affrontare il buio.

Oggi sono qui, davanti a questo foglio, per parlare di qualcosa, o meglio qualcuno, che non è mai stato a fondo capito.

Un uomo che riusciva a comunicare con lo sguardo, ma che ciò che veniva trasmesso era diverso da quello che si voleva far intendere.

Il suo sguardo spento lo s’intendeva come morto, senza tener a mente che potesse aver bisogno di accendersi soltanto.

Eppure, essere visto come quasi invisibile, non era qualcosa che lo turbava. Si adagiava alla perfezione in questa visione distorta che gli altri avevano di lui.

L’unico problema che portava parecchi pensieri alla sua attenzione, a cui avrebbe voluto trovare una soluzione definita, era quello del buio, o vuoto che dir si voglia, interiore.

Per l’appunto, il suo sguardo non era per nulla morto. Necessitava di quella scintilla che si va spesso cantando in poemi, romanzi e quant’altro di poetico si possa trovare. Insomma, era uno sguardo spendo che attendeva di essere acceso. Attendeva di brillare di luce propria, oppure indotta.

Io non so dir se questo dilemma interiore lo potesse in qualche modo depistare e distrarre da ciò che nella sua vita era importante, però conosco certamente quello che non lasciava mai intendere, nascosto da superficiali sorrisi elargiti alla maggioranza. Sotto i nodi del cuoio capelluto, si trovavano i nodi più difficili da districare. Quelli del suo cuoio celebrale (chi mi legge mi passi questo termine inventato, necessitavo di qualcosa che potesse essere chiaramente esplicativo di ciò che voglio intendere).

Questi nodi, forse cumuli di pensieri sarebbe più appropriato, erano troppi e troppo densi ma meravigliosi allo stesso tempo.

Sapete voi dirmi qualcosa di più incredibile di ciò che ognuno di noi porta dentro la sua testa?

Concorderete con me, nel dire, che la psiche umana e non è l’aspetto più positivamente sconvolgente della natura.

Ora, con queste mie parole forse poco chiare, vorrei farvi intendere qualcosa che va oltre la banale e superficiale apparenza a cui noi tutti, in un certo modo, siamo abituati.

Vorrei invitarvi, se me lo permettete, a guardare più in là e più a fondo, per riuscire a raggiungere quella tanto agognata luce.

Ecco, l’uomo di cui io in prima persona mi sono interessato sapeva di voler fuggire dal suddetto buio, ma la forza di farlo effettivamente non l’aveva.

Rimase perciò intrappolato nella sua condizione di apparente felicità. Solo apparente, sia chiaro.

Quindi va da sé, che per poter uscire dalla nostra schiavitù di pensiero, la quale ci costringe in un mondo dominato dalla mancanza di luce e dalla conseguente tenebra, bisogna trovare la forza di spostare il nostro guardo da ciò che c’è fuori a ciò che sta dentro. Così facendo, è solo così, la luce si manifesterà di sua spontanea volontà.

A quel punto, la nostra ricerca sarà compiuta. Finalmente.

Luce

Aspro vespro mattutino

Così ti sento e così ti perdo.

È da un po’ che ti cerco.

Nel vespro mattutino io ti vedo, sostanza del sogno che ho appena terminato. Non voglio ma penso.

Tu che suoni le corde dell’anima mia e componi melodie assordanti.

Corri da me. Ma stammi lontana. Attenta alle sponde di questo fiume in piena.

Lava che scorre sul fianco di un vulcano, che non vorrebbe ma brucia.

Branchi di cani ululano nelle mie sinapsi.

Sciami di api volano nel mio petto.

Aquile che scendono in picchiata nelle mie viscere.

Tu sai calmare, perciò vieni.

Vieni da me. O vita, prendimi con te.

O morte, io ti conosco. Non ti temo. Solo fammi vedere l'aspro vespro mattutino ancora una volta.

E fosse l’ultima fammela portare con me.

Fratello della notte

Fratello della notte vieni a prendermi.

Ti aspetto qui, sotto questo cielo stellato.

La brezza mi avvolge e mi culla mentre cerco un senso a ciò che non lo ha.

La luna mi bacia ed illumina le imperfezioni del mio cuore.

Impercettibili istanti di intangibile ed attesa felicità.

Sorrido al pensiero di essere qui, davanti all’immensità.

Mi sento potente come non lo sono stato mai.

Sono un guerriero che combatte nel deserto della mente.

Sono la forza che si oppone al nulla cosmico, assoluto, opprimente.

Felice di essere, nel modo più semplice, più puro ma più vero, elemento instabile alla ricerca dell’armonia.

È il mio io interiore che vuole uscire, può opporsi e prendere il posto del mio corpo fisico.

La mia anima si fa più viva che mai.

Io sono energia. Io sono emozione. Io sono l’uomo.

Oh, fratello della notte, potessi tu vedermi ora sapresti davvero di cosa parlo.

Daresti una nuova dimensione a tutto questo, ma per il momento quello che abbiamo è ciò che è importante.

Proteggimi come un lupo.

Accoglimi come un padre.

Ma tu sia per me un fratello.

La notte non è eterna. Accorri.

Forse non esiste altro. Forse siamo destinati a vivere alla ricerca dell’irraggiungibile. L’unica cosa che ci tiene e ci terrà per sempre in vita. Non intendo fisicamente. Quello ha una fine, prima o poi, per tutti. Parlo dell’anima, l’unica cosa a continuare ad esistere dopo la morte. L’anima vive di speranza e di ricerca di ciò che non possiamo avere. Di desiderio, insomma.

L’anima potrebbe non esistere, ci hai mai pensato?

Certo che ci ho pensato. Molte volte. Ed ho capito che è impossibile non esista. Forse non esiste per tutti allo stesso modo, forse tu la intendi in modo diverso da me. O forse ne esiste una per tutti. Quello che è certo è che l’anima è ciò che ci fa stare in vita, ciò che ci guida, ci orienta e ci porta a desiderare qualcosa talmente fortemente da non interessarci se questo sia raggiungibile o meno.

Dipende da cosa intendi per anima. Se la intendi come essenza dell’essere, allora sono d’accordo. Esiste. Ma se la intendi come la cosa che ci guida nella vita, nutro qualche risentimento.

Perché, come la vedi l’essenza dell’essere?

Non ci ho mai pensato, credo sia troppo difficile rispondere.

Io la vedo esattamente come la cosa che ci guida e ci spinge a scegliere. L’unica ragione che ci spinge ad andare avanti, in un modo o nell’altro.

È una visione troppo distorta e troppo complessa. Non credo di riuscire a capirti a fondo.

Non è una cosa che capisci, è una cosa che arriva da sola. Quando sarà il momento, quando dentro tutto sarà pronto e disposto a ricevere ciò che il mondo ha da offrire, a quel punto l’anima si manifesterà da sola e mi dirai: “Avevi ragione, esiste”.

Forse sì. Forse no. Non mi resta che aspettare…

E sperare

Equilibrio

In bilico sul ciglio di un burrone.

Sensazione già conosciuta dai più e già capita da molti. Equilibrio fragile di corpi che si muovono, sapendo di rischiare la caduta.

L’istinto dice di sporgermi e lasciarsi cadere, la razionalità dice di no.

Ma non spaventa tanto il volo, l’impatto fa la paura vera

Il tempo che separa il salto e la terra è quasi eccitante.

Fisicamente e mentalmente, l’equilibrio, è un filo sottile su cui brivido ed emozione permettono di stare.

Una sorta di bivio tra impulso e pensiero controllato.

E quando lo subiamo direttamente, esso ci pare labile ma immensamente tangibile.

Ci accorgiamo della sua presenza, anche non volendo, ed essa grava sulle nostre azioni.

Distrattamente, la nostra distratta mente, ci porta a scegliere tra impatto violento e atterraggio morbido.

In bilico, ciò che dico non ha senso ma comunque va detto.

Verità distratta

Oggi è uno di quei giorni in cui non so chi sono.

Mi capitano spesso in questo periodo.

Quando sono sotto stress. Sotto pressione. Distratto da qualcosa di importante. Beh, in questi momenti mi dimentico di essere. Non lo so più.

Improvvisamente penso troppo poco.

Sento. Rido. Vivo. Mangio. Troppo poco.

È inspiegabile, ma succede.

In genere dura poco. Nemmeno un giorno. Poi qualcosa mi piomba addosso e mi ricommette con la realtà.

La chiamo verità distratta. Cioè quella cosa che compare solo quando mi dimentico che esista.

Quella cosa che mi riporta coi piedi per terra quando sono distratto o sconnesso dal mondo.

Quella cosa paragonabile ad una secchiata d’acqua fredda o ad uno schiaffo in piena faccia.

Non so se sia positiva o negativa. Sicuramente smuove qualcosa.

È la pura e semplice verità che dice “ci sono, non ti dimenticare di me”.

Come potrei dimenticarmi di lei? Per quanto cerchi di nasconderla sotto mentite spoglie, torna sempre a galla.

Prima leggera come una piuma, poi pesante come un macigno.

Mi dimentico di lei per un istante e poi distratta ritorna.

O verità, come potrei dimenticarmi di te.

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