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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BRERA DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE
Scuola di Nuove tecnologie dell’Arte Direttore Prof. Roberto Rosso Tesi di diploma accademico
VISUAL STORYTELLING Il Sogno ad Occhi Aperti
Relatore Tesi: Prof.ssa Maria Arena Relatore del Progetto: Prof. Carlo Tombola
Filippo Magrini Matricola N° 31318
Anno Accademico 2014/2015
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
Il cinema dovrebbe farti dimenticare che sei seduto in un teatro. (Roman Polanski)
Ai miei genitori. All'Accademia il cui pregio maggiore è stato farmi incontrare le migliori persone di questo pianeta, compagni di avventure ed esperienze straordinarie.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
INDICE I.
PARTE PRIMA: VISUAL STORYTELLING 1. Introduzione......................................................................................4 2. Il Bisogno di Tramandare.................................................................6 3. Medium caldo o freddo?.................................................................10
II.
PARTE SECONDA: L'ESPERIENZA FILMICA 1. Il Cinema e il Sogno.........................................................................12 2. Esperienza Immersiva.....................................................................18 3. Le Tecnologie dell'Immersione.....................................................25 4. Il Fluire della Mente.......................................................................32 5. Storie Interattive.............................................................................36
III.
PARTE TERZA: PER UNA PROGETTAZIONE DELL'IMMAGINE 1. Sceneggiatura..................................................................................42 2. Storyboarding..................................................................................46 3. Pre-produzione...............................................................................49 4. Analisi ed Esempi............................................................................51
IV.
PARTE QUARTA: IL PROGETTO 1. "Luce Nera"......................................................................................60 2. Note di Regia...................................................................................62 3. Allegato: Estratto dalla Sceneggiatura.........................................66
V.
BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA...........................................................68
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INTRODUZIONE In queste brevi pagine di tesi si discuterà di narrazione visiva, "visual storytelling", come viene chiamata in ambito professionale. Ci si concentrerà prevalentemente sull'uso della narrazione visiva nel cinema, i meccanismi mentali che suscita, insieme ad un'analisi approfondita dell'esperienza filmica al fine di trarne ispirazioni e spunti per lo sviluppo di una drammaturgia consapevole dei processi mentali che suscita, e di cui ne mima il comportamento. Alcuni studiosi del cinema sostengono che la "settima arte" sia morta con l'avvento del sonoro. E' vero che la maggior parte del linguaggio cinematografico contemporaneo sia stato inventato prima di questa innovazione tecnologica, eppure sono dell'opinione che la ricerca visiva del cinema non sia ancora terminata, che lo sfruttamento delle tecniche e della rielaborazione del linguaggio possono ancora portare a nuove frontiere, sia sul grande schermo che sui nuovi supporti che la tecnologia digitale sta continuamente creando. La narrazione visiva fa parte della storia umana da millenni, da quando fu necessario comunicare al popolo pensieri complessi senza l'uso della scrittura, mezzo di comunicazione elitario sin dal suo principio. L'educazione delle masse fu quindi affidata all'oralità e alla visione, e grandi opere del passato come i cicli di affreschi, i fregi dei templi, le illustrazioni sulle Bibbie, le maestose vetrate delle cattedrali, avevano questo scopo preciso, una funzione non più utile all'uomo contemporaneo, che fin troppo spesso riduce lo scopo di un'opera del passato al mero significato figurativo. L'uomo del passato non era nemmeno immerso nelle immagini così come lo siamo noi: una vita sedentaria, con poche possibilità di spostamento, una conoscenza limitata di quanto potesse esistere a cinquanta chilometri da lui, dava un senso ulteriore alla visione di una meravigliosa scultura o un affresco gigante, un senso di stupore di un'intensità ragguardevole; l'opera riusciva a comunicare anche 4
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti tramite l'emozione che suscitava. La vita metropolitana contemporanea è invece invasa, sommersa da un flusso indistinto di immagini e media audiovisivi, che hanno portato ad una generale assuefazione delle emozioni provocate dalla vista. Compito del cinema è quindi risvegliare i sensi, donare un'esperienza coinvolgente ed immersiva, capace di suscitare le emozioni che è sempre più difficile provare nella vita reale. Aiutati dagli importanti saggi sul cinema, si analizzerà il funzionamento dell'esperienza filmica e come lo spettatore riesce ad immergersi nell'azione, tramite un complesso sistema psicologico di immedesimazioni che passa dapprima dal punto di vista, quello della macchina da presa, e successivamente con i personaggi che compongono la storia. Le tecnologie della visione sono in costante evoluzione per garantire un coinvolgimento dello spettatore sempre maggiore e un degno supporto alla storia che ogni autore desidera trasmettere al pubblico. Non si possono tralasciare le nuove tecnologie e i nuovi media di comunicazione che, per citare Bolter e Grusin, hanno "rimediato" il cinema, in particolar modo il videogame, che da semplice gioco si è traformato in un'esperienza narrativa a tutto tondo, simile in certi versi ad un film. Si continuerà il discorso sulla narrazione per immagini cinematografica analizzando il lato pratico e progettuale che porta alla resa finale sullo schermo: sceneggiatura e storyboarding in primis, seguiti dalla fase di sviluppo dell'idea sintetizzabile come pre-produzione. Infine si concluderà con una relazione sul cortometraggio "Luce Nera", attraverso il quale si è tentato di mettere in pratica i ragionamenti sull'esperienza filmica come immersione, sogno e flusso dell'immaginazione.
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IL BISOGNO DI TRAMANDARE
Figura 1. Pitture rupestri nelle grotte di Lascaux.
Fin dalle sue origini la società umana ha avuto la necessità di rappresentare visivamente ciò che vedeva. I ritrovamenti archeologici dimostrano senza ombra di dubbio che questa tradizione sia di gran lunga precedente all'invenzione della scrittura. Ne sono un esempio le celeberrime pitture rupestri delle grotte di Lascaux in Francia: data la forte componente simbolica di queste arcaiche raffiguarazioni, nel corso degli anni si sono succedute diverse teorie interpretative, la più accreditata delle quali è dell'etnoastronoma Chantal Jegues-Wolkiewiez. Secondo le ricerche della studiosa le pitture formano un'antichissima mappa celeste, in cui le costellazioni principali vengono rappresentate sotto forma di animali, a loro volta probabilmente raffigurazioni di dèi. La grotta quindi, come altri siti archeologici sparsi per l'Europa, sarebbe un antico tempio e le sue pitture rappresentazione di una cosmogonia e di rituali propiziatori e d'iniziazione. E' dunque facile pensare che questo antico popolo possedesse una mitologia attraverso la quale si cercasse di comprendere il mondo e la vita, e avesse bisogno di spiegarla agli altri e soprattutto tramandarla ai posteri affinchè questa cultura non andasse persa nel corso delle generazioni. La tradizione orale fu quindi trasmessa e conservata anche attraverso immagini, e l'usanza rimase anche dopo l'invenzione della scrittura, fino ad evolversi in narrazioni visive complesse nel 6
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti momento in cui dalla scrittura ideografica si passò alla scrittura alfabetica, più adatta ad esprimere la complessità del pensiero 1. L'immagine diventa importante poichè narra, racconta una storia e trasmette cultura, messaggi ed insegnamenti a chi non sa leggere. E' infatti per quasi tutta la storia dell'Europa e del mondo che l'immagine assolve il compito di divulgazione della conoscenza: la scrittura e il saper leggere è stato infatti fino a pochi secoli fa privilegio di una minuta elìte. Le cronache testimoniano che nei secoli del Medioevo anche diversi re erano analfabeti, tra cui Carlo Magno. Secondo questa logica furono realizzate nei secoli opere come la Colonna Traiana, bassorilievi che raffigurano la storia di Buddha o cicli di affreschi sulla vita dei Santi o sulla passione di Cristo. Nel raffigurare storie complesse nella loro interezza, spesso le opere prevedono una sequenza di immagini disposte una accanto all'altra, che narrano ognuna un episodio particolare. All'occhio dell'uomo moderno lo si potrebbe intendere come uno storyboard o un fumetto ante litteram.
Figura 2. Particolare dell'Arazzo di Bayeux.
Una delle narrazioni visive più importanti del Medioevo è sicuramente l'Arazzo di Bayeux, un telo di lino di 70 metri di lunghezza e alto in media 50 1
cfr. Balzola A., Pesce R., Storyboard. Arte e tecnica tra script e set, Roma, Dino Audino, 2009, pag. 17.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti centimetri che narra tutte le vicende che hanno portato i Normanni di Guglielmo il Conquistatore alla conquista dell'Inghilterra nel 1066, con la battaglia di Hastings. La narrazione è un fluire unico di scene senza interruzioni, da seguire da sinistra verso destra, esattamente come si legge un testo scritto. L'opera fu realizzata verosimilmente tra il 1070 e il 1077 su commissione di Odone, vescovo di Bayeux e fratellastro di Guglielmo, probabilmente come omaggio per il vittorioso parente. E' indubbiamente chiara la funzione propagandistica dell'opera, ma si discute ancora su come essa venisse mostrata al popolo: mentre sembra confermato che il tessuto venisse appeso attorno alla navata centrale della cattedrale di Bayeux nei giorni di festa, è ancora da dimostrare che, come ipotizza il Centre Guillaumele-Conquérant di Bayeux, dove tuttora è esposto al pubblico in un suggestivo corridoio a forma di U, venisse pure esposto in piazza durante ricorrenze particolari e illustrato da abili cantastorie, mentre lo si faceva scorrere con un rudimentale macchinario a rulli. Questo utilizzo così particolare, così come le dimensioni dell'opera suggeriscono che al tempo potessero esistere arazzi simili, andati ormai perduti, che narrassero altre vicende o leggende. La scarsità di fonti scritte di quel periodo manterrà questo mistero probabilmente irrisolto, peraltro l'Arazzo di Bayeux è anche una delle rarissime testimonianze iconografiche del periodo, giunto peraltro a noi incompleto dell'ultima parte, la quale secondo le cronache medievali raffigurava l'incoronazione di Guglielmo. L'idea che l'arazzo venisse utilizzato come sostegno visivo per i cantastorie, nonostante sia ancora da dimostrare, trova fondamento nella consuetudine dei cantori medievali e rinascimentali di sostenere le loro esibizioni pubbliche da raffigurazioni degli eventi narrati su supporti quali tavole di legno o ricami su telo. Queste opere hanno la doppia funzione di sostenere la narrazione guidando l'immaginazione del pubblico e di traccia per i cantori, i quali spesso declamavano oralmente i loro testi non tramite studio di un testo scritto bensì tramite improvvisazione. Un esempio celebre di narrazione per immagini a scopo religioso è invece il ciclo delle "Storie di san Francesco" di Giotto, dipinto ad affresco sulla parte inferiore delle pareti della navata della Basilica Superiore di San Francesco ad 8
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti Assisi. Il ciclo è composto da ventotto scene disposte in ordine cronologico in senso orario a partire dall'angolo destro dell'imbocco della navata sul transetto per concludersi sull'angolo opposto. All'epoca nelle chiese non erano presenti panche per sedersi e pregare, quindi la meditazione era favorita dal deambulare lungo il perimetro dell'edificio sacro. Camminando avanti e indietro lungo la navata è quindi possibile seguire la storia di San Francesco senza interruzioni, tra l'altro in questo modo la narrazione anche in questo caso si sviluppa da sinistra verso destra. Gli affreschi sono posti a circa due metri d'altezza, abbastanza vicini allo spettatore. Le scene sono inscritte in finte architetture che seguono la prospettiva dei dipinti e l'architettura della basilica: in questo modo Giotto crea uno spazio tridimensionale continuo, in cui i personaggi si muovono con una naturalezza senza precedenti. La fluidità della narrazione è favorita proprio da queste cornici architettoniche, che dividono lo spazio in ventotto parti uguali di 230 x 270cm, scandendo in questo modo una sorta di ritmo narrativo.
Figura 3. Tre scene dalle "Storie di san Francesco" di Giotto.
In sintesi, la narrazione visiva fa parte della nostra storia, manifestandosi in opere d'arte di svariati generi ed età, le quali hanno tramandato storie ad infinite generazioni, ponendo nel corso dei secoli le basi per la fondamentale evoluzione delle immagini in sequenza: le immagini in movimento.
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MEDIUM CALDO O FREDDO? Marshall McLuhan in "Capire i Media - Gli Strumenti del Comunicare" definisce "caldo" qualsiasi medium che estende un unico senso fino a un’“alta definizione”: fino allo stato, cioè, in cui si è abbondantemente colmi di dati. Dal punto di vista visivo, una fotografia è un fattore di “alta definizione”, mentre un cartoon comporta una “bassa definizione”, in quanto contiene una quantità limitata di informazioni visive. I media caldi non lasciano molto spazio che il pubblico debba colmare o completare; comportano perciò una limitata partecipazione, mentre i media freddi implicano un alto grado di partecipazione o di completamento da parte del pubblico. È naturale quindi che un medium caldo come la radio abbia sull’utente effetti molto diversi da quelli di un medium freddo come il telefono. Il cinema e la sua drammaturgia visiva rientrano a pieno titolo tra i medium caldi: forniscono un messaggio unidirezionale, sfruttando tutto il potenziale del senso della vista. Allo spettatore è chiesto solo di assimilare le informazioni e rielaborarle nella propria mente per formare un discorso unitario. La narrazione visiva, da sempre componente di media caldi, grazie alle nuove tecnologie sta invadendo anche i nuovi media freddi, basti pensare alla realtà virtuale o ai videogames; così come le innovazioni tecnologiche nel campo dell'immersività e della rete stanno aprendo la strada al "raffreddamento" dei media televisivo e cinematografico: internet, coi nuovi sistemi di streaming come Netflix, appena approdato in Italia, ha rivoluzionato il rapporto dell'utente con la televisione, mentre l'applicazione della realtà virtuale nel mondo del video ha creato un nuovo modo di fare drammaturgia: una narrazione in cui la visuale è decisa dall'utente comporta una nuova gestione degli spazi e della troupe di ripresa, così come un nuovo modo di strutturare ed immaginare le proprie scene, non più
rappresentabili
bidimensionalmente,
attraverso
l'inquadratura
cinematografica classica, bensì in uno spazio reale e tridimensionale.
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IL CINEMA E IL SOGNO « Sarà così la vostra fantasia a vestire di sfarzo i nostri re, a menarli dall'uno all'altro luogo, saltellando sul tempo, e riducendo a un volger di clessidra gli eventi occorsi lungo diversi anni;» W. Shakespeare, Enrico V, Prologo all'Atto I
Un punto di partenza fondamentale per parlare di narrazione visiva cinematografica è la pura esperienza filmica. Essa non può essere paragonata alla visione di un quadro o di una fotografia, mentre somiglia, senza però corrispondere, all'assistere a uno spettacolo teatrale. Componente essenziale per un'opera di teatro è infatti la cosiddetta "volontaria sospensione del dubbio", nome coniato da S.T. Coleridge all'inizio del XIX secolo 2. Come però si può evincere dal piccolo estratto che introduce questo capitolo, il concetto era già noto secoli prima, come ci testimonia Shakespeare. Oggigiorno ci si riferisce a questa idea principalmente col nome "Sospensione dell'Incredulità". Come sottolinea Coleridge, la sospensione dell'incredulità è volontaria, affinchè lo spettatore possa godere appieno di un'opera di finzione tralasciando realismo e talvolta la logica. E' proprio su questa volontarietà della sospensione che l'esperienza filmica si differenzia da quella teatrale: è infatti
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« ... venne accettato, che i miei sforzi dovevano indirizzarsi a persone e personaggi sovrannaturali, o anche romanzati, ed a trasferire dalla nostra intima natura un interesse umano e una parvenza di verità sufficiente a procurare per queste ombre dell'immaginazione quella volontaria sospensione del dubbio momentanea, che costituisce la fede poetica. » Samuel Taylor Coleridge, Biographia Literaria, cap. XIV, 1817
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti un insieme di processi mentali che riguardano anche il subconscio e la accomunano ad un sogno ad occhi aperti. E' importante ricordarsi che il linguaggio cinematografico non obbedisce alle leggi della realtà, bensì della mente. H. Munsterberg sostiene che il cinema può funzionare come funziona la nostra immaginazione: libero di viaggiare nel passato e nel futuro, di spostarsi da un luogo all'altro e di collegare concetti tra loro distanti senza il limite delle leggi fisiche e della realtà 3. Il cinema appare così nello spettatore come un susseguirsi di immagini, suoni ed emozioni che trasportano in un altro mondo, dove la mente collega in automatico quello che in realtà non potrebbe esserlo: il mondo dei sogni. Innanzi tutto, il sogno può essere inteso come puro processo mentale senza mediazione della coscienza. Esso consiste in una rielaborazione di memorie, esperienze vissute durante la veglia e stimoli esterni sotto forma di percezioni fittizie, visive ed uditive. Freud teorizza che il sogno sia il simulacro di un desiderio rimasto inappagato durante il giorno. Nonostante questa teoria sia stata ridimensionata in tempi successivi a Freud a solo una larga percentuale di casi, è curioso come essa possa spiegare il piacevole desiderio d'evasione che porta il pubblico alla visione di un film: la voglia di voler vivere un'esperienza straordinaria, isolati dal mondo esterno, provando emozioni e stimoli in risposta ad immagini fittizie e situazioni che non potrebbero mai capitare nella vita reale. Trovare due ore di rifugio nel mondo di un film è come rifugiarsi nei sogni. L'esperienza filmica più totalizzante, quella in sala cinematografica, ambisce alla mimesi più vicina possibile all'esperienza onirica: il buio, la proiezione che occupa quasi tutto il campo visivo, la durata dell'esperienza, una media di due ore: la durata ideale per ogni film, concordano gli studiosi di cinema, poichè si avvicina alla durata media della fase REM del sonno, dove viene prodotta la maggior parte dei sogni. Il sogno, essendo puro processo mentale, ha ispirato largamente il linguaggio cinematografico attuale a partire dai primi decenni di
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Mustenberg H., The Photoplay. A psychological study, 1916.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti vita della settima arte, in cui il parallelismo cinema-sogno non fu affatto creato a regola d'arte, bensì scoperto, come suggerisce Jean Goudal nell'articolo "Surrealisme et Cinèma" del 1925: “Tutti i procedimenti espressivi e visivi del cinema si ritrovano nel sogno, ed esistono in esso da quando l’uomo ha cominciato a vivere e a pensare. La simultaneità delle azioni, il flou, le dissolvenze, le sovrimpressioni, le distorsioni, lo sdoppiamento delle immagini, il ralenti e il movimento silenzioso non sono forse l’anima della fantasticheria e del sogno?” Centro di tutta l'esperienza è il punto di vista rispetto alla scena presentata: lo spettatore infatti si identifica nella macchina da presa, lo strumento principale su cui ruota l'intero cinema. E' essa che stabilisce la posizione dello spettatore nei confronti della vicenda narrata, la "guida" all'interno del mondo fittizio della storia. Christian Metz pone un importante paragone tra il film e il famoso "stadio dello specchio" della psicanalisi di Lacan. Lo specchio secondo Lacan è il momento in cui il bambino, condotto da un genitore, prende piena coscienza del proprio corpo, formando appieno la propria soggettività. L'analogia di Metz si concentra sull'idea che per raggiungere la propria soggettività si passi per l'identificazione con altri, essenzialmente l'adulto che pone il bambino davanti allo specchio, ma anche con la propria immagine riflessa. E' qui che Metz divide somiglianze e differenze tra specchio e film: "Quindi il film è come lo specchio. Ma in un punto essenziale esso differisce dallo specchio primordiale: per quanto, come in quest’ultimo, vi possa venir proiettato di tutto, c’è una cosa, una sola che non vi si riflette mai: il corpo dello spettatore." Quanto detto sopra porta molto facilmente alla conclusione che la macchina da presa sia "l'adulto" che pone lo spettatore/bambino davanti allo specchio. Per questo il pubblico si identifica in essa, o meglio ancora nel punto di vista rappresentato dalla cinepresa, ovvero si identifica con se stesso in qualità di puro atto di percezione. A differenza dello specchio di Lacan, che definisce l'identificazione con il proprio sguardo una fase secondaria, successiva alla fase dello specchio, Metz definisce questa fase per il film la fase primaria poichè basilare per l'intera esperienza. La denomina infatti "identificazione cinematografica primaria". L'identificazione con i personaggi 14
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti della storia, successiva all'identificazione con la macchina da presa, viene intesa invece come "identificazione cinematografica secondaria". In sostanza, è come se lo spettatore si identificasse nelle proprie percezioni, amplificandole,
trattandole
come
proprie,
come
reali.
Il
linguaggio
cinematografico in questo senso può essere inteso come la giusta trasmissione di percezioni al fine di veicolare macro e micro-messaggi, dall'eventuale "morale della storia" al ruolo di un dato personaggio, fino alla trasmissione di emozioni che lo spettatore proverà proprio perchè indotte da ciò che verrà mostrato. Il linguaggio cinematografico moderno si basa sul montaggio, la "grammatica del film" come molti lo chiamano. Il montaggio fin dalla sua invenzione scoprì le vere potenzialità del film, ma ci vollero anni prima che esso diventasse linguaggio puro, sostituendosi alla "mise en scène" come centro della narrazione. Grazie sia a perfezionamenti della tecnologia che sperimentazioni ben riuscite di diversi registi e artisti, il cinema di narrazione si allontanò dal teatro per formarsi come linguaggio a sè stante, il linguaggio dell'immaginazione e del sogno, del processo mentale di creazione. Il sogno è infatti l'elemento più vicino alla nostra esperienza diretta a cui il nostro subconscio accomuna la visione di un film, poichè l'atto immaginativo in sè può essere talvolta distratto o sopraffatto da percezioni reali. Nel sogno invece le percezioni visive ed uditive prodotte dalla mente hanno il sopravvento su ciò che il corpo percepisce veramente, tranne ovviamente quando il corpo avverte un imminente pericolo. Per questo l'isolamento dagli stimoli esterni, ottenuto ad esempio grazie al buio della sala e al silenzio, favorisce un'esperienza filmica migliore e piena. Ogni sogno si conclude con il risveglio. Che sia repentino o calmo il passaggio, ci sarà sempre un momento di lucidità prima della fine e un momento di rielaborazione dell'esperienza dopo di essa. Nel film si possono ritrovare questi due momenti rispettivamente nel "Ritorno con l'Elisir", punto finale del Viaggio dell'Eroe di C.Vogler, di cui si tratterà nei capitoli successivi, e nei titoli di coda. La lucidità prima del risveglio prevede la consapevolezza di trovarsi in un sogno. Tralasciando discorsi su onironautica e sogno lucido, in 15
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti questo momento il desiderio del sognatore è il restare più tempo possibile all'interno del sogno, conscio che l'esperienza stia volgendo al termine. La stessa sensazione la si prova durante l'epilogo di un film, il "Ritorno" dell'eroe al mondo ordinario, accresciuto dell'esperienza vissuta durante le sue avventure. Ogni spettatore, come l'eroe, vive il suo viaggio nel mondo straordinario, abbandonando il proprio mondo per un intervallo di tempo e condividendo le esperienze del protagonista. Il ritorno al mondo reale è mediato dai titoli di coda, parte integrante dell'esperienza poichè sollevano gradualmente dallo stato di torpore indotto dall'immersione dell'esperienza filmica, oltre alla loro basilare funzione di citare tutte le maestranze che hanno contribuito alla realizzazione dell'opera. Il "risveglio" in sala cinematografica è favorito anche dall'accensione graduale delle luci, le quali rivelano la presenza di una realtà attorno allo schermo, unica finestra sul mondo durante la visione del film. Agli inizi del XX secolo, il pubblico era entusiasta per l'invenzione del momento: il cinematografo. Questo grazie soprattutto agli sforzi e all'intuizione di autori come Georges Meliès, che per primi compresero il vero potenziale della tecnologia che avevano tra le mani. Probabilmente ancora non si conosceva in linea teorica la sua affinità con il sogno, ma sicuramente il desiderio della gente di sognare ha confutato la profezia dei fratelli Lumière, che bollarono la loro invenzione come "senza futuro". Il desiderio di vivere un sogno ad occhi aperti, di restare in un'altra realtà, è innato in ciascuno di noi in quanto richiama l'esperienza ludica del "fingiamo che...", dove si era pienamente consapevoli di star interpretando una storia, ma la propria immaginazione la rendeva reale e piacevole, qualsiasi essa fosse. Per concludere, quindi, immaginare, viaggiare con la mente è già per sua natura un film. La sua visione sullo schermo non può che essere appagante per lo spettatore, che per un breve lasso di tempo ritorna in quel bambino che fantasticava di eroi e mondi lontani. Dall'inizio del XX secolo ad oggi, il funzionamento del nostro cervello è rimasto invariato, così come lo rimase per molti secoli addietro, se non 16
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti millenni. Nel frattempo il progresso scientifico e tecnologico ha portato un'ampliamento delle possibilità di conoscenza, una maggiore fruizione delle informazioni tramite televisione, radio e web, nuovi modi di interagire tra persone, contemporaneamente ad una maggiore frenesia della vita cittadina e un sovraccarico costante di immagini ed informazioni. Questo flusso ininterrotto secondo alcuni ha garantito l'abitudine alla visione frammentata tipica del montaggio cinematografico, rendendo naturali alla percezione stacchi, cambi di punti di vista e di luogo, argomento che a tutti gli effetti potrebbe anche coesistere con l'idea del cinema come simulacro della mente; ha però indubbiamente portato anche un senso di assuefazione sempre maggiore per qualsiasi stimolo esterno. Il cinema contemporaneo assume quindi nuovi ruoli oltre alla narrazione di storie e all'intrattenimento: diventa una vera e propria via di fuga dove risvegliare la propria mente, stimolando i sensi e fornendo un'esperienza di immersione e di immedesimazione che agisce sulla percezione e su un'esperienza di grande realismo e di impatto emotivo, tramite tecnologie più avanzate di produzione e visione e soprattutto una narrazione che immerge lo spettatore nel mondo rappresentato sullo schermo. Oggigiorno si è anche abituati ad una successione di media diversi senza soluzione di continuità, negli spazi pubblici come sul web. Il film può quindi facilmente fornire una narrazione frammentata ed "ipertestuale" senza troppo rischio che lo spettatore non riesca a seguirne il flusso, a patto che la comprensibilità, l'integrità e l'immersione non passino in secondo piano. Per concludere, un medium contemporaneo sta fornendo esperienze immersive ed emotive sempre più efficaci, aiutato da una rimediazione del cinema così come da soggetti e sceneggiatori abilissimi: il videogioco. Di questi argomenti si tratterà nei prossimi capitoli.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
ESPERIENZA IMMERSIVA Con
"immersiva"
si
intende
un'esperienza
totalizzante
che
mira
all'accorciamento delle distanze tra il mondo del film e lo spettatore. Questa ricerca da parte di registi e autori è sostanzialmente innata nel mondo del cinema, sebbene sia stata ottenuta con un lungo iter di miglioramenti del linguaggio e in parte delle tecnologie. Il film, per la sua proprietà di essere percepito come un sogno ad occhi aperti, punta ad apparire più reale possibile, differenziandosi in questo modo dal teatro, il quale come sottolineato precedentemente sfrutta meccanismi differenti per mantenere la propria integrità. L'immersione avviene su vari livelli. Il principale è sicuramente il "flow", il flusso della narrazione. In narrativa viene sovente descritto come l'intero periodo in cui il lettore non si concentra più sulle singole parole o frasi ma le scene descritte appaiono automaticamente nella sua mente per mezzo dell'immaginazione. In questo modo il testo diventa un flusso continuo, in cui la fine di un periodo non segna più il termine di una nozione o di un'idea. Non esiste un metodo univoco per ottenerlo, solitamente è necessaria una congruenza stilistica, una fluidità delle frasi e dei dialoghi così come un'attenta distribuzione di artifici linguistici per evitare che appaiano troppo pesanti per chi legge e che dunque interrompano il flow. E' comunque difficile anche per autori già affermati e acclamati trovare il giusto utilizzo delle parole affinchè i propri lettori rimangano attratti dalla narrazione, poichè sono scelte che dipendono da numerosi fattori quali la tipologia di scena che si vuole raccontare, il punto di vista da cui la si descrive, i messaggi che si vogliono trasmettere e così via. Può facilmente valere lo stesso discorso per il cinema: lo spettatore entra in un mondo che, nonostante possa pure rappresentare luoghi vicini a lui, persino la strada di casa sua, è alieno, estraneo ma soprattutto artefatto: gli spazi sono quelli decisi e delimitati dalla macchina da presa, la quale, come la penna dello scrittore, descrive e mostra quello che è stato 18
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti deciso dal regista. Anche in questo campo è quindi facile disturbare il flow tramite scelte inaccurate o addirittura clichés. Una scena, nel cinema così come nel romanzo, può essere raccontata in infinite maniere, ma solo alcune di esse sono efficaci a trasportare lo spettatore all'interno di essa. Per questo il lavoro di sceneggiatura e storyboarding è fondamentale ai fini della potenza espressiva del film, nonostante capiti piuttosto spesso il bisogno di apportare modifiche al progetto in itinere.
Figura 4. Uno degli strampalati messaggi pubblicitari in "The Zero Theorem", con una delle ultime apparizioni di Robin Williams.
Il
mondo
rappresentato
nel
film
è
quindi
delimitato
dai
bordi
dell'inquadratura. Ma è un mondo vivo e si lascia intendere che esista da prima dell'inizio del film e che continui ad esistere dopo la fine di esso. E' pratica comune descrivere il mondo in cui è ambientata la storia durante le prime scene del film, specialmente in film di genere fantascientifico, fantasy o storico in cui non sempre il mondo rappresentato corrisponde a quello reale: in questo modo si guida lo spettatore ad ambientarsi all'interno di esso, definirne regole ed aspetti chiave, così come nella discesa dal macroscopico "ramo del lago di Como" all' "una di quelle stradicciole", famoso incipit de "I Promessi Sposi", in cui in un paragrafo il Manzoni riesce a sintetizzare l'intero mondo in cui si intrecceranno le vicende di Renzo e Lucia. Naturalmente il come rappresentarlo è discrezione dell'autore: un notevole esempio contemporaneo 19
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti nel cinema avviene nel film di fantascienza "The Zero Theorem" di Terry Gilliam (2014), in cui tramite un rapido montaggio di strampalati messaggi pubblicitari si descrive sia l'ambientazione di questa città del futuro che la mentalità dei suoi abitanti, determinando in questo modo differenze ed inquietanti vicinanze col mondo reale. Per scrivere una sceneggiatura è quindi importante "far vivere il mondo" attraverso di essa, dedicando del tempo alla ricerca e alla determinazione delle sue regole. In questo modo la macchina da presa si muoverà all'interno di un mondo reale e coerente, uno sfondo vivo che è parte integrante della narrazione e motiva le scelte dei personaggi. L'immersione è sostenuta anche dal ritmo della narrazione, il quale solitamente si adatta al genere di storia che si desidera raccontare. Un disattento cambio di ritmo, specialmente un rallentamento, può far perdere l'attenzione del pubblico. Questo perchè il flow permette di concentrarsi più sul susseguirsi della narrazione che sulle singole scene o inquadrature: continuando il parallelismo cinema-processo mentale, tra l'altro, è naturale per la nostra mente immaginare un flusso costante piuttosto che immagini univoche. Capita spesso in fase di montaggio di dover eliminare intere scene o parti di esse per ragioni di ritmo. Una grande prova di padronanza del ritmo della narrazione avviene nei piani sequenza, tecnica di ripresa rischiosa poichè vi è sempre il rischio di ostentare coreografie troppo artefatte ed innaturali, così come potrebbe rivelarsi troppo dilungato rispetto al resto della narrazione. Il piano sequenza ha però un potere immersivo notevole, in quanto permette di godere di tutta l'azione di una scena senza la mediazione del montaggio: in questo modo si avvicina anch'esso all'esperienza onirica poichè sognando non si percepiscono cambi di spazio o di tempo. In virtù di questo, appaiono naturali ed affascinanti anche piani sequenza "impossibili", che mostrano un susseguirsi di azioni impossibili da realizzare nella realtà. Essi sono ottenuti tramite stacchi nascosti nei movimenti di macchina o effetti speciali: esistono diversi film basati interamente con questa tecnica, da "Nodo alla Gola" di Alfred Hitchcock (1948) al più recente "Irréversible" di Gaspar Noé (2002), in cui un finto piano sequenza mostra le vicende narrate in ordine cronologico inverso, per mantenere alto l'interesse dello spettatore sul 20
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti rapporto lineare di causa-effetto che il regista intendeva narrare. Esistono anche rari esempi di film in vero piano sequenza, come "Arca Russa" di Aleksandr Sokurov (2002), che combina l'esperienza immersiva del piano sequenza con quella della soggettiva.
Figura 5. Un fotogramma da "Arca Russa" di Aleksandr Sokurov.
Anche i personaggi diventano veicolo dell'immersione. Il pubblico si identifica primarimente nella macchina da presa, successivamente essa diventa veicolo della visione e del punto di vista dei vari personaggi: per questo Metz denomina l'identificazione con i personaggi "identificazione secondaria", "terziaria", "quaternaria" a seconda del ruolo di ognuno. Tra di esse la più importante è l'identificazione col protagonista, il personaggio per il quale si deve parteggiare, qualsiasi sia la sua causa. Uno strumento molto potente in mano al regista per delineare il protagonista e il suo rapporto con gli altri è far vedere il mondo attraverso i suoi occhi: la soggettiva. Il vedere in prima persona definisce sotto quale punto di vista ci si sta rapportando ad una data situazione, eliminando o almeno accorciando la distanza tra identificazione primaria e secondaria. Esistono diversi tipi di soggettive: la soggettiva in sè consiste nella rappresentazione dello sguardo del personaggio; quando invece la macchina da presa inquadra qualcosa che sta vedendo anche il protagonista si può parlare di soggettiva impropria. Esiste pure una variante della soggettiva 21
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti in cui si mostra quanto ripreso da una telecamera in mano al protagonista o a un altro personaggio. Un sapiente e creativo utilizzo della soggettiva avviene nel film "Enter the Void" di Gaspar Noé (2009). Il film è girato quasi interamente in soggettiva propria o impropria, fonte principale dell'esperienza totalizzante e psichedelica che questa opera offre. In alcune sequenze, per rendere la soggettiva ancora più realistica, Noé ha fatto aggiungere in postproduzione gli ammiccamenti involontari delle palpebre. Una scena famosa del film consiste nella soggettiva del protagonista mentre si guarda allo specchio, ripresa impossibile da ottenere nella realtà ma realizzata tramite un muro cavo e una controfigura che mimava i gesti dell'attore principale.
Figura 6. Gaspar Noè, "Enter the Void". La scena dello specchio.
Lev Vladimirovic Kuleshov fu il primo a dimostrare, negli anni venti del XX secolo, che il montaggio non solo mostra una sequenza di scene, ma stabilisce un rapporto tra inquadrature che la mente è in grado da sola di riconoscere. Il celebre esperimento di Kuleshov consistette nell'alternare, tramite montaggio analogico, un primo piano dell'attore Ivan Muzzochin, inespressivo, con diverse scene: un piatto di zuppa, una donna morta in una bara e una bambina intenta a giocare con un orsacchiotto. Il pubblico, visionando queste sequenze, ebbe l'impressione che l'attore esprimesse appetito alla vista della zuppa, tristezza alla vista della bara e gioia alla vista della bambina. L'espressione di Muzzochin restava in realtà invariata nelle tre diverse inquadrature. L'"effetto Kuleshov", così denominato successivamente, fonda le basi della sintassi filmica, dimostrando che lo spettatore contribuisce attivamente alla creazione 22
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti di significati. Lo spettatore associa automaticamente la zuppa, la bara e la bambina a tre emozioni differenti e le proietta sul volto dell'attore con un processo mentale automatico ed inconscio, basato sull'esperienza diretta. In questo modo il regista, tramite la giusta sequenza di immagini, riesce a manipolare le sensazioni dello spettatore per creare una narrazione puramente visiva che si appropria della psicologia della Gestalt secondo la quale "il tutto è maggiore della somma delle singole parti". La mente dello spettatore quindi si impadronisce delle percezioni fornite dal regista e le rende proprie, espandendole e formulando un discorso unico. In sintesi, la mente dello spettatore non si spegne alla visione di un film, al contrario riesce ad espandere esponenzialmente gli stimoli percepiti dalla vista - e opzionalmente dall'udito - per mezzo dell'inconscio e dell'immaginazione. Michael Snow nel 1967 dimostrò che la mente dello spettatore può creare una propria narrazione mentale alla vista di una stanza vuota e di scene completamente sconnesse tra loro con il mediometraggio "Wavelength". Il film consiste in un lungo zoom che, dal totale di una sala vuota con quattro finestre, raggiunge il dettaglio di una fotografia di onde del mare, affissa tra le due finestre centrali. L’unica narrativa presente nel film consiste in una donna che mostra a due uomini dove posizionare un armadio, due donne che entrano nella stanza ed una di queste ascoltano la radio, un uomo che cade morto in mezzo alla sala e una donna che telefona segnalando la presenza di un uomo morto sul pavimento. “Wavelength”, nel suo rappresentare una stanza quasi completamente vuota e momenti sconnessi tra di loro, stimola lo spettatore a formulare pensieri e collegamenti logici, creando un rivoluzionario rapporto tra film e pubblico, che sfiora l’astrattismo. Lo spazio rappresentato quasi trascende dalla bidimensionalità dello schermo, proiettandosi attorno allo spettatore che è chiamato lui stesso a riempire il vuoto della stanza con il proprio pensiero e la propria fantasia. Questo intento giustifica inoltre la durata del film, che per uno
spettatore
disattento
potrebbe
risultare
eccessiva
e
fastidiosa:
“Wavelength” invece dona ben 43 minuti di puro isolamento, in cui i pensieri possono scorrere liberamente senza condizionamenti esterni. Per alcuni questo potrebbe rappresentare una perdita di tempo, per altri un vero 23
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti momento di libertà intellettuale. La lunga onda sonora che accompagna il film assomiglia peraltro al sottile fischio che le orecchie sentono quando ci sono condizioni di silenzio prolungato. "Wavelength" rimane tuttora uno dei migliori esempi di immersività nel cinema poichè dona al pubblico la libertà di pensare quello che si vuole di fronte ad un vuoto posto davanti a lui con il preciso proposito di essere riempito.
Figura 7. Un fotogramma da "Wavelength" di Michael Snow.
Nel corso della storia del cinema si sono susseguiti numerosi miglioramenti tecnologici che migliorassero il coinvolgimento del pubblico e sostenessero la narrazione con efficacia, facendo credere allo spettatore di trovarsi nel mezzo dell'azione. Nel prossimo capitolo si elencheranno le tecnologie che costituiscono l'attuale standard della produzione ad alto budget, così come nuove frontiere tuttora da esplorare.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
LE TECNOLOGIE DELL'IMMERSIONE Obiettivo principale del cinema di narrazione è, per l'appunto, narrare. Il veicolo con cui un regista narra la propria storia è una tecnologia in costante evoluzione. Nel corso degli anni si sono succeduti ininterrottamente perfezionamenti tecnici mirati al coinvolgimento più totalizzante possibile, contemporaneamente ad un ampliamento delle possibilità creative dovuta alla continua evoluzione degli effetti speciali e delle tecniche di post-produzione in generale. In poche pagine si analizzeranno le tecnologie attuali utilizzate dalle grandi produzioni, le nuove possibilità portate dal digitale per un filmmaking a basso costo e in conclusione nuove prospettive tecnologiche, su cui artisti e videomakers stanno ancora ferventemente sperimentandone le infinite potenzialità.
Figura 8. Una tipica sala cinematografica IMAX®.
L'obiettivo principale del miglioramento delle tecnologie della visione è abolire le distanze tra il pubblico e la proiezione, puntando alla mimesi completa con la vista umana. La tecnologia IMAX® è stata dagli anni '70 del XX secolo la principale pioniera in questo campo, ed è inoltre riuscita egregiamente a 25
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti riciclare le sue potenzialità anche con l'avvento del digitale e della rivoluzione che esso ha portato con sè. La tecnologia IMAX® si avvale di un proprio standard di ripresa e proiezione: le pellicole IMAX® sono infatti molto più grandi delle normali pellicole 35mm, in questo modo riescono a catturare una definizione dell'immagine sbalorditiva. Il formato IMAX® 70mm/15perf è tuttora il più grande in circolazione. Per un'esperienza degna di questo standard di produzione, IMAX® proietta in sale specifiche, progettate appositamente per ottenere il massimo coinvolgimento del pubblico. Lo schermo di proiezione è notevolemente più grande dei normali schermi cinematografici, sono inoltre riflettenti per aggiungere vividezza alla proiezione e leggermente concavi affinchè avvolgano il campo visivo dello spettatore. La distanza delle poltrone dallo schermo è inoltre proporzionata affinchè si riesca a vedere l'intera immagine in tutte le posizioni possibili. Lo svantaggio principale di questo standard di produzione e proiezione è il costo: oltre al grande costo di costruzione di una sala cinematografica del genere, nettamente superiore alla norma, la pellicola 70mm/15perf è estremamente costosa. Le macchine da presa apposite, inoltre, per via della loro meccanica modificata hanno il difetto di essere più rumorose delle cineprese classiche, rendendole inadatte a certi tipi di ripresa. Per questi motivi questa tecnologia è stata utilizzata solo per una percentuale più o meno alta di scene di alcuni blockbuster. Con l'avvento del digitale IMAX® è riuscito a modernizzarsi creando nuovi standard di produzione e proiezione, sebbene siano in molti a sostenere che i nuovi sistemi non riescano a reggere il confronto con il vecchio. Contemporaneamente, la tecnologia digitale ha permesso alle industrie di sviluppare macchine da presa e sensori dalla risoluzione maggiore con potenzialità incredibilmente maggiori della pellicola. Il formato digitale 4K raggiunge una definizione tale che le sue immagini possono essere facilmente confuse con la realtà, nel frattempo esistono già macchine da presa in grado di registrare immagini 8K. Il progresso della computer grafica ha inoltre rivoluzionato il mondo degli effetti speciali e dell'animazione: i moderni film d'animazione 3D mostrano immagini estremamente realistiche, mentre gli effetti visivi digitali hanno aperto nuove frontiere creative su cui un 26
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti regista può appoggiarsi per narrare la propria storia. E' tuttavia credenza comune che dei buoni effetti speciali possano equilibrare ad una mancanza o banalità di trama e sceneggiatura. George Lucas, pioniere degli effetti speciali cinematografici, puntualizza che "gli effetti speciali sono uno strumento, un modo per raccontare una storia. Un effetto speciale senza una storia è una cosa estremamente noiosa." 4 Dall'uscita del film "Avatar" di James Cameron (2009), anche la tecnologia 3D ha fatto passi da gigante, sebbene sia una tipologia di visione non apprezzata unanimemente, principalmente perchè la metodologia di proiezione reca in alcuni casi fastidi quali emicrania o nausea e spesso comporta costi aggiuntivi sul prezzo - già discutibile - del biglietto. Per questo questa tecnologia difficilmente diventerà uno standard di produzione o distribuzione, specialmente se non saranno attuate migliorie sui due problemi precedentemente elencati.
Figura 9. La riduzione dei costi di produzione portata dall'avvento del digitale ha favorito le produzioni indipendenti e a budget ridotto.
Il cinema digitale ha ridotto drasticamente i costi di produzione sul campo della ripresa e del montaggio: diverse macchine da presa o reflex digitali costano soltanto qualche migliaio di euro e producono video digitali full HD o addirittura 4K; mentre una suite di programmi di editing e grafica come la Adobe® Creative Cloud costa meno di un migliaio di euro all'anno. Questo è 4
https://www.youtube.com/watch?v=ykmZp5cgbkU - Young George Lucas's ideas on special effects "Star Wars to Jedi: The Making of a Saga" 1983
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti sicuramente uno dei fattori principali di un generale rinascimento del cinema indipendente e a basso budget, insieme con l'avvento del web, che ha enormemente cambiato il modo di promuovere e distribuire i propri film. La piattaforma Vimeo, ad esempio, da la possibilità ai cineasti di distribuire il proprio film in streaming a pagamento ad un costo di iscrizione annuo relativamente basso e conveniente tramite il programma "Vimeo On Demand". Lo streaming
potenzialmente potrebbe indebolire l'esperienza filmica
immersiva, a meno che non si disponga di un impianto domestico dignitoso quali grande schermo e/o sistemi audio surround, tuttavia rappresenta un'opportunità incredibile per la nuova generazione di cineasti e uno spazio libero per narrare le proprie storie senza l'intermediazione dei circuiti convenzionali delle case di produzione e distribuzione. Inoltre, è necessario ricordare che l'efficacia narrativa di un film è insita nell'opera stessa, non nel come la si guarda. Il metodo e il luogo di visione può solo migliorarne l'esperienza, ma ciò non significa che il film acquisti valore solo se proiettato in una sala cinematografica. In sintesi, l'avvento del digitale ha modificato standard di visione e aperto la strada a nuove generazioni di filmmakers, che con un investimento ridotto possono avere in mano tutti gli strumenti utili a trasformare in realtà la storia che desiderano narrare. L'unica cosa che si è persa nel passaggio dall'analogico al digitale? "L'odore della sala montaggio", dice il regista David Cronenberg, "ma potresti averlo sotto forma di profumo d'ambienti. Dovrebbero proprio cominciare a produrla l'Eau de Kodak." 5 Una nuova tecnologia di immersione uscita recentemente è il "video 360°". Implementando la tecnologia dei videogames in realtà virtuale, in questo innovativo sistema visivo si può interagire con l'inquadratura stessa, ruotandola e muovendola a proprio piacimento. Questi video possono essere
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Thornsteinsson A.G., Why David Cronenberg Hates The Weinstein Company and Rejected "True Detective" Season 2, su Indiewire.com. http://www.indiewire.com/article/why-davidcronenberg-hates-the-weinstein-company-and-rejected-true-detective-season-2-20151001
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti visti e trovati su piattaforme come YouTube, oppure possono essere visti tramite un visore per la realtà virtuale. Il video 360° viene realizzato da un apparato di diverse macchine da presa che riprendono simultaneamente in qualsiasi angolazione.
Figura 10. Un'apparecchiatura per video 360°, realizzata unendo sei videocamere GoPro®.
Le immagini ottenute vengono quindi unite tra loro tramite software di compositing e poi visualizzate tramite dei player appositi. YouTube, come accennato prima, ha implementato da poco questa tecnologia nel suo player HTML5. Poco dopo anche Facebook ha reso possible la visione di video 360° nel suo player video. Esistono inoltre diverse piattaforme per la distribuzione di contenuti a 360°, la più conosciuta è VRSE Works®. Attraverso un'app per smartphone è possibile navigare all'interno di essi o ruotando il cellulare attorno al proprio corpo, oppure inserendolo in appositi visori per la realtà virtuale. L'esperienza immersiva è inoltre potenziata dall'audio binaurale che accompagna solitamente questa tipologia di video. Sarà tuttavia difficile a breve periodo vedere un lungometraggio realizzato con questa tecnica, ma finora ha trovato grandiosi utilizzi nel settore del videoclip: famosi sono infatti il video di "Stonemilker" di Bjork, diretto da Andrew Thomas Huang (2015) e il video di "Revolt" dei Muse, diretto da Guy Shelmerdine (2015), entrambi disponibili sull'app VRSE®. In Italia un esempio famoso di video 360° è il videoclip di "Compro Horror" di Caparezza, diretto da Alex Bufalo (2015).
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti Il cinema si impadronisce della realtà virtuale così come della realtà reale: è il caso delle installazioni audiovisive, che hanno trovato nuove forme d'espressione con l'evolversi dei sistemi di proiezione digitali. Silenziosi, trasportabili e in alcuni casi utilizzabili anche in esterno, riescono a trasformare qualsiasi superficie in un telo da proiezione. In coordinazione con sofisticati software di computer-grafica, è anche possibile fare in modo che il video dialoghi con l'ambiente su cui è proiettata. Questa tecnica si chiama "video-mapping" e trova utilizzi nel settore dell'intrattenimento, della pubblicità e naturalmente nell'ambito artistico e sperimentale. Il cinema si impossessa del mondo reale, trasformandolo e rendendolo vivo, uscendo dalla sala cinematografica alla ricerca di nuovi modi di narrare storie. Spesso uno schermo non basta, così come un solo proiettore: talvolta servono supporti molteplici, di materiali diversi a seconda dell'effetto che si vuole rendere, così come talvolta servono spazi molto grandi per immergere lo spettatore-visitatore in un ambiente al limite tra il reale e il virtuale. Può capitare che serva un intero palazzo, come nell'installazione "Ripopolare la Reggia" di Peter Greenaway (2007), in cui le stanze vuote del Palazzo della Venaria Reale di Torino vengono riempite da una moltitudine di personaggi, che guidano il visitatore all'interno delle sale. Il tragitto che lo spettatore compie diventa così narrazione e montaggio, lo sguardo diventa la macchina da presa che gira il suo personale film, le porte e i varchi costituiscono un primitivo montaggio.
Figura 11. Una delle stanze occupate dall'installazione "Ripopolare la Reggia". Palazzo della Venaria Reale, Torino.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti Il cinema invade il quotidiano, le tecnologie dell'audiovisivo puntano ad un coinvolgimento totale dello spettatore, risvegliando i sensi e trasmettendo emozioni "più reali del reale". La società contemporanea è caratterizata da un sovraccarico di immagini ed informazioni, a tal punto da generare un senso di assuefazione da qualsiasi stimolo esterno. In un certo senso, le tecnologie che al giorno d'oggi garantiscono un'esperienza cinematografica immersiva e coinvolgente si sono evolute di pari passo con il crescere di questa desensibilizzazione generale. E' quindi necessario distinguere tra immersione e alienazione, affinchè non si giunga alla conclusione che queste tecnologie abbiano favorito questo processo nel corso della loro evoluzione. L'alienazione si basa in tal caso sul principio che il mondo delle immagini e del film sia un mondo vero, dove vivere realmente, tralasciando la vita reale. La piena consapevolezza della finzione, tuttavia, è parte intrinseca dell'esperienza cinematografica, nonostante il flow tenti di cancellarne il pensiero per tutta la durata dell'opera. E' una conoscenza acquisita durante l'infanzia con gli "stadi dello specchio", già citati nei capitoli precedenti. Tuttavia è necessaria un'educazione e una regolamentazione precisa sull'utilizzo degli strumenti per la visione così come per televisione e videogiochi, che possono essere utilizzati per quanto tempo si desidera a differenza del tempo definito e limitato della sala cinematografica. Un'esposizione prolungata agli schermi e a quello che proiettano velocizza la produzione di dopamina, specialmente in età infantile, e può diventare una vera dipendenza in alcuni casi di elevata fragilità se non controllata a dovere. Come ricordato precedentemente, è bello rifugiarsi nei sogni, ma ogni sogno si conclude con il risveglio, affinchè l'esperienza assuma senso.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
IL FLUIRE DELLA MENTE "Il film può arrivare direttamente al futuro o tornare indietro e compiere in un minuto, un salto di vent’anni. In breve, il cinema può funzionare come funziona la nostra immaginazione. Esso possiede la stessa mobilità di idee, che non sono controllate dalla necessità fisica di eventi esterni, ma dalle leggi psicologiche della loro associazione. Nella nostra mente il passato e il futuro sono intrecciati al presente. Il Film obbedisce alle leggi della mente, piuttosto che a quelle del mondo esterno." Con queste parole Hugo Munsterberg nel saggio "The Photoplay" del 1916 sintetizza un intero ragionamento sul cinema come simulacro della mente, ispirandosi probabilmente alle nuove tecniche di montaggio e narrazione sperimentate negli stessi anni da David Wark Griffith, uno dei padri del linguaggio cinematografico moderno. La mente è in costante movimento, un fluire unico che lega tutti i nostri pensieri. Esistono tuttavia stati di coscienza e di controllo diversi: abbiamo infatti la facoltà di gestire il flusso, arginandolo o liberandolo completamente. Il flusso di coscienza, o "stream of consciousness" è la più pura rappresentazione del pensiero libero. Sperimentato e teorizzato dopo le scoperte di Freud sull'inconscio, trova la sua notorietà come tecnica narrativa grazie alle opere di James Joyce "Gente di Dublino" (1906) e "Ulisse" (1922) e al lavoro di numerosi altri autori a lui contemporanei, come Virginia Woolf, Italo Svevo e Luigi Pirandello. Il flusso di coscienza consiste sinteticamente nella rappresentazione dei pensieri esattamente come appaiono nella mente, prima che essi vengano riordinati razionalmente in frasi. Nel cinema questo fluire libero dell'immaginazione avviene continuamente, ad ogni stacco, ad ogni movimento di camera, ad ogni flashback, eppure nel cinema narrativo classico è tendenza comune lasciare in secondo piano questo campo tutto da esplorare in favore di un generale realismo della rappresentazione, una trama monolitica e lineare, una fotografia accomodante e studiata, un montaggio invisibile. Il funzionamento della nostra mente può comunque influenzare ed ispirare il 32
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti processo creativo di realizzazione di un film, dalla sceneggiatura alla ripresa e al montaggio. Lo stesso soggetto cinematografico può prevedere una frammentazione tipica del discorso mentale, perdendo traccia della linearità della vicenda per raggiungere la conclusione attraverso un labirinto di episodi apparentemente sconnessi, impostazione peraltro cara a chi desidera avventurarsi
nei
ragionamenti
sul
linguaggio
tipici
della
corrente
postmodernista. Il film esce dai limiti del genere cinematografico, ibridando diversi generi o alternandoli. Molti registi contemporanei hanno sperimentato con successo queste tipologie di narrazione, come Quentin Tarantino, che con il suo "Pulp Fiction" del 1994 esplora le possibilità della frammentazione narrativa sovrapponendo diverse "storylines" in un cui si va a perdere il punto di riferimento e nessuno è il vero protagonista. Nella celebre commedia "Il Grande Lebowski" di Joel ed Ethan Coen (1998), è possibile trovare quasi tutti i generi cinematografici classici: commedia, sentimentale, musical, action, horror. Gli spunti che il flusso mentale offre non si fermano naturalmente alla macrostruttura
della
trama.
La
drammaturgia
visiva
può arricchirsi
straordinariamente da quello che il pensiero può ispirare. L'immaginazione contemporanea è contaminata da concetti, immagini e idee che derivano dalla costante immersione nei media audiovisivi. La larga diffusione del cinema ci ha abituati a ragionare "cinematograficamente", si riconducono esperienze reali a scene di film piuttosto che il contrario. Lo stesso discorso vale per altri media che compongono la cultura pop contemporanea: fumetto e videogioco modificano la nostra visione del mondo esattamente come il cinema. Inoltre, con l'avvento della tecnologia digitale si ha assunto la totale consapevolezza che la rappresentazione figurativa non corrisponde per forza ad un suo equivalente reale, così come la memoria, la quale inevitabilmente distorce le percezioni, modificandole automaticamente, selezionandole, distorcendole, ingigantendole o rimpicciolendole, a meno che non si possieda una memoria fotografica o una dei suoi sottotipi naturalmente. Tuttavia anche in questi casi non si è immuni alla rielaborazione dei pensieri durante il sogno o l'immaginazione pura.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti Il cinema quindi, così come ha trasmesso il suo linguaggio a fumetto e videogioco, può prendere grande ispirazione dai due grandi media pop, integrandoli in una narrazione coerente che rispecchia l'immaginario popolare. In questa ricerca di visioni sintetiche, si fa spesso uso degli effetti visivi digitali, in grado di mostrare ciò che può accadere solo nella nostra immaginazione e nei nostri sogni.
Figura 12. Per chi conosce l'opera originale, vedere "Sin City" di Robert Rodriguez, Frank Miller e Quentin Tarantino (2005) è come immaginare che la "graphic novel" di Miller prenda vita.
Il ricorso alle suggestioni visive di fumetti e videogiochi risulta però tuttora rischioso, può infatti risultare artificioso senza un utilizzo cosciente o lo sviluppo di un'estetica precisa, senza trascurare l'importante aspetto che i media popolari sono apprezzati e seguiti generalmente dalla sola fascia d'età giovanile e solo essa riesce a riconoscere i giusti riferimenti cogliendone ogni volta la chiave di lettura. Il pubblico generalista, senza le basi appropriate, riuscirebbe a cogliere solo la presenza di una citazione, quando in realtà l'incorporamento di un linguaggio esterno alla grammatica e all'estetica cinematografica classica corrisponde alla ricerca in un pool culturale specifico, al fine di rielaborare un'estetica visiva coerente, in grado di dialogare con il pubblico e la sua cultura. Per questo il ruolo della ricerca assume un'importanza fondamentale: capire e comprendere il proprio pubblico e 34
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti garantire un'esperienza immersiva completa passa anche attraverso uno studio accurato sull'immaginario collettivo e alla ricerca di modi sempre nuovi per rielaborarne canoni ed estetiche. Ed è una ricerca che deve continuare lungo tutta la propria carriera, ad ogni nuova sceneggiatura, e può avvenire in qualsiasi direzione richieda l'idea, sino alla possibilità di raggiungere casi estremi, come avvenne con la progettazione del già citato "Enter the Void" (2009), dove il regista Gaspar Noé sperimentò di persona diversi allucinogeni per poter dare realismo alle diverse sequenze psichedeliche presenti nel film. Ovviamente non è richiesto a nessun regista questo tipo di estremismi, eppure l'aneddoto racconta meglio di qualsiasi manuale il desiderio di conoscere i limiti e il funzionamento della propria mente e trasformarla in narrazione visiva. E' proprio in "Enter the Void" che il flusso della mente non solo ispira una drammaturgia fatta di movimenti rapidi, montaggio onirico, salti temporali e soggettive estreme, ma viene effettivamente rappresentato dalla macchina da presa sotto forma di lunghe soggettive di una coscienza che fluttua liberamente, una volta morto il protagonista. Questo porta ad un'esperienza immersiva incredibilmente potente, dove il flusso mentale e il trip psichedelico ne fanno da padroni. Il fluire della mente, quindi, non solo rende possibile la narrazione classica ed ispira
strutture
narrative
originali,
ma
può
essere
effettivamente
rappresentato, sia come pura raffigurazione dell'immaginario sia come strumento narrativo, che trasforma l'esperienza filmica in un viaggio della mente, riscrivendo i canoni classici a favore di un nuovo rapporto con la visione pura, una visione che comunica più della parola.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
STORIE INTERATTIVE Se quindi si trova così gratificante seguire le avventure di un personaggio, come potrebbe essere il vestire i suoi panni? I videogames hanno compreso questo grandissimo potenziale già da tempo, diventando a pieno titolo una parte integrante della cultura pop internazionale. L'evoluzione dei videogames ha seguito di pari passo l'evoluzione dell'informatica e dei computer, fino a raggiungere al giorno d'oggi una generazione di prodotti estremamente articolati, con livelli di realismo impressionanti e trame complesse che non sfigurerebbero per nulla al cinema. E' necessario, prima di iniziare l'analisi sul visual storytelling nei videogiochi, naturale evoluzione del cinema, che per un videogame non è strettamente necessario che esso possieda una trama. Molti giochi non la necessitano, specialmente gli arcade o i giochi sportivi, oppure il meccanismo del gioco prevede che la storia venga scritta interamente dall'utente. E' il caso degli MMORPG, ad esempio: questo genere videoludico consiste infatti in un mondo virtuale online in cui gli utenti interpretano il loro personaggio e vivono avventure insieme ad altri utenti. Il mondo è lo stesso per tutti i giocatori ed è in costante evoluzione: la storia è completamente in mano alla comunità dei giocatori, e continuerà a scriversi finchè gli utenti popoleranno questo mondo. I titoli più conosciuti di questo genere sono il franchise di "World of Warcraft" della Blizzard Entertainment® e "EVE Online" della CCP Games®. Il medium videogioco possiede una caratteristica importante che lo accoumuna per natura al cinema: è possibile applicare al videogame la stessa gerarchia di identificazioni che Christian Metz elaborò per la settima arte. L'identificazione primaria rimane la stessa: la visuale, oltre all'ovvio scopo di mostrare il gioco dall'angolazione più comoda per l'utente, sancisce il rapporto tra il giocatore e l'opera e, come per il cinema, il punto di vista attraverso il quale comprendere il mondo. Nei videogiochi di genere gestionale o 36
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti strategico, la visuale dall'alto suggerisce un rapporto di dominio su ciò che si governa, ricalcando tra l'altro la tipica visuale che si ha sulla plancia di un gioco da tavolo, su una scacchiera o su un plastico modellistico. In questo modo sancisce senza possibilità di fraintendimento l'autorità massima in campo: il giocatore, le sue decisioni e le sue responsabilità. Questo aspetto è molto presente ed evidente nel franchise di "The Sims", ideato da Will Wright e distribuito da EA Games®. La visuale in prima persona, invece, immerge il giocatore nel mondo virtuale, con una permanente soggettiva del protagonista ci si cala nei suoi panni e si progredisce nel gioco sfruttando le proprie capacità e gli attrezzi a disposizione. La visuale in terza persona è invece un lungo piano sequenza a seguire: l'attenzione si concentra sul protagonista, un personaggio ben definito in cui il giocatore si riconosce tramite identificazione cinematografica secondaria. Esistono ulteriori tipologie e sottotipi di visuale nei videogames su cui non ci si soffermerà, naturalmente tutte comunicano un rapporto col mondo differente, esattamente come gli esempi elencati. Il videogame ha rimediato dal cinema anche e soprattutto il suo linguaggio: specialmente nelle nuove generazioni di videogiochi la componente narrativa e visiva hanno assunto un'importanza fondamentale. La trama è la naturale evoluzione dell'obiettivo del gioco, inoltre permette un'identificazione maggiore con il protagonista, il quale grazie ad essa possiede una sua personalità e dei suoi personali obiettivi. Il giocare quindi non rimane più una semplice attività d'intrattenimento, ma un'esperienza narrativa paragonabile al cinema, con l'aggiunta del coinvolgimento attivo dell'utente finale. Una sceneggiatura porta con sè il bisogno intrinseco di essere narrata visivamente: da qui l'utilizzo di un linguaggio cinematografico a supporto della trama e dell'esperienza visiva immersiva. Un esempio famoso e ben riuscito di visual storytelling videoludico avviene nell'avventura grafica "Syberia", sviluppata da Microids® in collaborazione col fumettista belga Benoit Sokal. Le inquadrature di "Syberia", come avviene in quasi tutte le avventure grafiche classiche, sono tutti campi totali, per poter visualizzare la scena esplorabile nella sua interezza, e particolari per evidenziare dettagli importanti di alcune 37
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti scene e per risolvere enigmi da vicino. Nei campi totali tutti gli elementi con cui si può interagire sono disposti in modo tale che siano ben visibili, senza sovrapporsi l'uno con l'altro; la composizione è estremamente fotografica e aiuta a mettere in risalto gli elementi principali di ogni scena senza il bisogno di alcuna interfaccia.
Figura 13. Una schermata di gioco di "Syberia".
Il visual storytelling nei videogiochi come nei film fornisce un supporto indispensabile alla storia narrata e definisce l'atmosfera del gioco attraverso colori, prospettive e composizioni studiate ad arte. In "Syberia", ad esempio, i grandi campi totali con cui il gioco si mostra permettono all'ambientazione di comunicare un preciso feeling di abbandono e desolazione, attraverso architetture lasciate a loro stesse e una gamma cromatica desaturata e fredda, in netta contrapposizione col calore umano e dell'estrema emozionalità dei personaggi che la protagonista incontra lungo la sua avventura. L'atmosfera malinconica caratterizza anche l'action RPG "Dark Souls", sviluppato da From Software®: le viste di questo gioco sono chiaramente ispirate dai maestri romantici e simbolisti quali Kaspar David Friedrich, Karl Friedrich Schinkel e Arnold Böcklin. In "Dark Souls" non è possibile vedere una mappa dei livelli nè viene spiegato dove andare di preciso: in questo modo il protagonista è spinto ad esplorare liberamente il mondo alla ricerca del suo obiettivo finale. Il 38
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti viaggio dell'eroe è guidato unicamente dai sentieri, dalla luce o... dal buio: capiterà infatti nel corso del gioco di trovare la via giusta attraverso l'oscurità. Tutti questi fattori, uniti alla celebre difficoltà del gioco, permettono di mantenere una continua suspense, aumentando la reattività del giocatore e generando il bisogno di ragionare strategicamente. Quando la storia è una componente fondamentale del gioco, essa può essere sostenuta da contenuti più strettamente cinematografici: è il caso di due grandi successi videoludici del 2015, "Life is Strange" e "The Witcher 3: Wild Hunt", dove eventi salienti e dialoghi vengono narrati tramite scene cinematografiche che talvolta raggiungono complessità notevoli. "Life is Strange", sviluppato dalla francese Dontnod Entertainment®, è un'avventura grafica in terza persona, dalla trama basata interamente sul concetto di "effetto farfalla": ogni scelta fatta nel gioco comporta conseguenze imprevedibili, talvolta tragiche. L'atmosfera nostalgica che permea l'intero gioco è trasmessa dalla stagione autunnale in cui le vicende sono ambientate, da scene e situazioni che rimandano a film come "Juno" di Jason Reitman, "La vie d'Adele" di Abdellatif Kechiche, "Donnie Darko" di Richard Kelly così come alla famosa serie "Twin Peaks" di David Lynch, e da una sceneggiatura sostenuta da una fotografia e un montaggio a regola d'arte. "The Witcher 3: Wild Hunt", sviluppato dalla polacca CD Projekt RED®, è invece un action RPG ambientato nel mondo fantasy della saga di Geralt di Rivia dello scrittore Andrzej Sapkowski. La drammaturgia visiva in questo gioco di ruolo è al servizio di una storia complessa ed articolata, in cui il giocatore viene messo alla prova da scelte complicate e difficili, dove lo scegliere il "male minore" non conduce per forza ad un miglioramento. Parecchie scene cinematografiche di questo gioco sono molto più cariche di potenza emotiva e ricerca visiva di parecchi film fantasy contemporanei. Il mondo di gioco, ispirato alla mitteleuropa rinascimentale e al folklore slavo, favorisce la libera esplorazione tramite viste sconfinate, punti d'interesse visibili in lontananza con cui ci si può peraltro orientare senza il bisogno della minimappa. Tutti questi elementi concorrono a creare un'esperienza immersiva per l'utente che è la naturale evoluzione dell'esperienza filmica, in cui il giocatore è sia spettatore che attore. 39
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
Figura 14. Dall'alto verso il basso: screenshot da "Dark Souls", "Life is Strange" e "The Witcher 3: Wild Hunt".
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SCENEGGIATURA Questa sezione della tesi si concentrerà sull'aspetto progettuale della narrazione visiva, il lungo iter di creazione ed ideazione prima dell'inizio delle riprese. Si concluderà con l'analisi di alcune scene esemplari tratte da film, affinchè si abbia riscontro sulle dichiarazioni che si enunceranno in questa parte e quelle già riportate nei capitoli precedenti. Con il sostegno delle immagini si noterà inoltre l'importante ruolo del montaggio, base del linguaggio cinematografico. E' importante comprendere che con lo stesso linguaggio vengano realizzati prodotti abissalmente diversi tra loro, anche se associati allo stesso genere cinematografico: questo perchè la tecnica è sempre e comunque al servizio della visione dell'autore, la cui personale padronanza delle tecniche e del linguaggio gli permette lo sviluppo di una propria poetica visiva. In principio vi è l'idea, la quale può provenire da qualsiasi fonte che l'autore desideri. L'idea si traduce in una storia lineare, il "soggetto", il punto di partenza letterario da cui si svilupperà un lungo e complesso iter che porterà alla realizzazione del film. Il soggetto può essere originale, ovvero scritto appositamente per il progetto cinematografico, oppure può essere tratto da un'opera pre-esistente, come ad esempio un romanzo. Dal soggetto si trae la sceneggiatura,
la
quale,
insieme
allo
storyboard,
che
analizzeremo
successivamente, costituisce un manuale a tutto tondo di realizzazione del film. La sceneggiatura e il mestiere dello sceneggiatore nascono con il teatro, da cui il cinema delle origini ne copiava in tutto e per tutto l'impostazione: i grandi campi totali fissi tipici del cinema muto di inizio '900 erano una chiara rimediazione dello spazio scenico teatrale, ma per ovvie ragioni tecniche le battute degli attori potevano essere comunicate solo tramite cartelli. La sceneggiatura, come si diceva prima, va vista come un manuale d'istruzioni, che contempla qualsiasi aspetto della messa in scena, poichè in fase di scrittura è necessario considerare contemporaneamente drammaturgia visiva e 42
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti sonora. Il passaggio dal soggetto alla sceneggiatura può, a seconda delle preferenze dell'autore o dello standard di produzione adottato, essere suddiviso in ulteriori fasi: trattamento, ovvero un'estensione del soggetto sotto forma di novella, che fornisce più dettagli su scene e in certi casi anche qualche dialogo importante, e scaletta, la quale consiste nell'elencazione di tutte le scene del film in maniera sintetica, nell'ordine con cui si vedranno sullo schermo (non per forza cronologico, quindi). L'utilizzo della scaletta è molto consigliato in sceneggiatura, così come nella scrittura creativa in generale, poichè evidenzia immediatamente una successione di concetti e la loro efficacia comunicativa, inoltre fornisce una traccia di scrittura da seguire prima di cominciare ad affrontare la stesura di ogni singola scena.
Figura 15. Una rappresentazione schematica del Viaggio dell'Eroe, proposta da Christopher Vogler.
La narrazione cinematografica classica, nel cinema così come nella fiction televisiva, prevede una serie di archetipi che derivano dagli antichi miti. Una storia riesce ad essere veramente coinvolgente quando all'interno di essa è presente una rielaborazione di questo antichissimo pattern letterario. Christopher Vogler nel saggio "Il Viaggio dell'Eroe" analizza e formula una struttura narrativa per la sceneggiatura cinematografica, basata sulle precedenti analisi di Joseph Campbell sul mito classico e formata da una serie 43
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti di archetipi facilmente adattabili ad ogni genere e concept. Vogler riadatta la struttura del mito, mantenendo l'idea del passaggio dal mondo ordinario al mondo straordinario e attualizzando diversi punti affinchè possano essere compresi e rielaborati sotto un'ottica contemporanea. Questo approccio classico alla scrittura cinematografica ha però bisogno di alcuni accorgimenti da parte dell'autore: la struttura proposta da Vogler è da considerarsi come una traccia da seguire ma soprattutto da rielaborare a modo proprio, affinchè si possa proporre una storia veramente originale. La pura copia di questa impostazione porterebbe ad una mostruosa banalità, "smascherando" uno schema che non dovrebbe riaffiorare nella percezione dello spettatore, conducendo inevitabilmente al clichè e ad una perdita di profondità narrativa, ottenibile solo tramite una consapevole e abile creatività nella rielaborazione di un linguaggio millenario. Non è nemmeno necessario utilizzare tutti gli stadi indicati dal saggio, nè considerare i diversi archetipi di personaggi come unità a sè stanti o necessariamente presenti. A questo proposito Vogler fa l'esempio
dell'eroe
del
cinema
western,
il
quale
grazie
alla
sua
caratterizzazione incarna un mentore interiore, sotto forma di "codice d'onore del pistolero" 6. Sinteticamente, gli archetipi dei personaggi che Vogler elenca sono: •
L'Eroe: colui che è pronto a sacrificare sè stesso per il bene degli altri;
•
Il Mentore: un personaggio che guida l'Eroe nel suo viaggio, proteggendolo e donandogli potenti doni;
•
Il Guardiano della Soglia: colui che separa l'Eroe dal Mondo Straordinario, il quale può essere sconfitto, superato oppure compreso a seconda della natura del Guardiano;
•
Il Messaggero: qualcuno che presenta una nuova sfida all'Eroe;
•
Lo Shapeshifter: un personaggio che nel corso della storia muterà secondo il punto di vista dell'Eroe;
•
L'Ombra: un personaggio che rappresenta il potere del male;
6
Vogler C., Il Viaggio dell'Eroe. La struttura del mito ad uso di scrittori di narrativa e di cinema, Roma, Dino Audino, nuova edizione 2010, prima edizione 1999. Ed. Or. 1992. Pag. 52
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti •
L'Alleato: un personaggio che viaggia assieme all'Eroe, dandogli supporto e aiuto in diversi modi;
•
Il Trickster: incarna la forza della malizia e del desiderio di cambiare. Buffoni e "spalle comiche" solitamente incarnano questo archetipo.
Il cinema americano è profondamente influenzato dalla struttura del Viaggio dell'Eroe, dopotutto Vogler stilò questa serie di schemi e archetipi sotto forma di manuale pratico per sceneggiatori di Hollywood, prima di trascriverne i contenuti in un saggio vero e proprio. Molti autori contemporanei, statunitensi e specialmente non, prediligono un approccio più libero al manuale di Vogler, o addirittura un rifiuto completo in favore di uno schema libero e una poetica personale, la quale non può contemplare significati e simboli preposti. Sul discorso della drammaturgia visiva, è importante ricordare che il nostro cervello ragiona per immagini. Quando si avvia un processo mentale di immaginazione al fine della scrittura di una scena, è già ben definito nella testa dell'autore come essa potrà essere rappresentata. Per questo esiste il decoupage, la "sceneggiatura di ferro" contenente tutte le indicazioni di ripresa, stacco e montaggio, incorporando in sè anche la sceneggiatura letteraria, la quale si occupa unicamente della mise en scéne e dei dialoghi dei personaggi. Il decoupage si occupa di trascrivere su carta l'esatta visione dell'autore, affinchè essa possa essere ricreata dalla troupe di produzione nell'esatto modo con cui il regista l'ha pensata. La narratologia, non per altro, indica come parte principale della realizzazione del film il suo lato letterario, la sceneggiatura, in quanto vero momento di creazione, vero stadio in cui l'autore riporta su un supporto fisico la propria idea, con la sua visione e la sua poetica. Il passaggio successivo alla sceneggiatura mette alla prova l'efficacia del decoupage e definisce in maniera inequivocabile quale sarà la drammaturgia visiva del film che si andrà a realizzare, e consiste nella creazione di un altro strumento fondamentale per la produzione di un film e di un visual storytelling dal successo assicurato: lo storyboard. 45
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STORYBOARD Lo storyboard, che tradotto letteralmente significherebbe "tavola della storia" dall'inglese, è la rappresentazione grafica delle varie inquadrature definite nella sceneggiatura. Nasce nel mondo del cartoon come necessità di visualizzare gli elementi salienti di ogni animazione e quindi come traccia per gli artisti che ci lavoreranno. Venne adottato dal cinema classico in tempi brevissimi, sempre come indispensabile supporto alla realizzazione delle riprese, si ricordi ad esempio le maestose scene d'azione del film "Gli Angeli dell'Inferno" di Howard Hughes (1930), che consistevano in pericolose acrobazie di aerei militari: lo storyboard aiutò enormemente la corretta disposizione delle cineprese e la previsione degli attacchi di montaggio, consentendo un'unica esecuzione della scena - estremamente complessa da ripetere una seconda volta - tramite venti riprese simultanee. Successivamente, lo storyboard aiutò l'evoluzione delle tecniche di ripresa poichè forniva un supporto di previsualizzazione e sperimentazione facilmente modificabile: fu, ad esempio, indispensabile per Orson Welles nella realizzazione del suo capolavoro, "Quarto Potere" (1941), che comprendeva tecniche avanzate, movimenti di camera, montaggio complessi ed espressivi. Lo storyboarding compare nel consolidato workflow della Walt Disney Pictures sin dai primi esordi, con il processo creativo delle "Tre Stanze" formulato da Disney stesso. Le tre stanze di Disney erano tre ambienti reali in ognuno dei quali avveniva una specifica fase creativa: •
La Stanza delle Idee, o "del Sognatore", è il luogo dove si partoriscono le idee per mezzo della fantasia più sfrenata;
•
La Stanza della Progettazione, o "del Realista", è l'ambiente dove si concretizza l'idea, mediante la creazione dello storyboard e dello sviluppo di soluzioni pratiche per la realizzazione del progetto;
•
La Stanza della Critica è invece il luogo dove artisti e produttori revisionano il progetto, approvandolo o evidenziandone punti deboli o 46
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti scorretti affinchè possano essere modificati nelle due precedenti stanze prima di passare alla fase di produzione 7. Questa macrostruttura di workflow risulta molto utile per una buona progettazione del film. La suddivisione fisica in stanze diverse è in realtà secondaria, poichè l'importanza sta nel processo stesso: un continuo iter di creazione e perfezionamento affinchè qualsiasi dettaglio venga chiarito e contemplato prima delle riprese. Lo storyboard traduce in immagine tutte le indicazioni di ripresa contenute nel decoupage, rendendo quindi concreta la visione del regista e permettendone la revisione e quindi il perfezionamento, evitando incomprensioni e soprattutto errori in fase di ripresa.
Figura 16. Storyboard del cortometraggio "Peppino" (2013). 7
Questo ambiente (spesso una sala di proiezione dove visualizzare storyboard e animatic) viene tuttora chiamato ironicamente in gergo "sweatbox", Stanza del Sudore, poichè originariamente la Walt Disney usava una sala degli Hiperion Studios priva di aria condizionata.
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Figura 17. Appunti e prove di storyboarding per il cortometraggio "Luce Nera".
In una scena complessa, con diversi movimenti di camera studiati, l'utilizzo di effetti speciali e/o un intricato montaggio, lo storyboard risulta estremamente utile, come supporto alla ripresa ma soprattutto come supporto alla creazione: è infatti molto costruttivo poter visualizzare l'idea su un supporto fisico, poichè è possibile riordinare le varie suggestioni prodotte dalla mente in maniera chiara, generando una visione d'insieme che porta alla coerenza narrativa, fattore chiave dell'esperienza immersiva che si vuole trasmettere allo spettatore. L'autore incline alla continua sperimentazione delle potenzialità espressive del cinema troverà molto utile lavorare contemporaneamente su sceneggiatura
e
bozzetti
di
storyboard
affinchè
possa
visualizzare
immediatamente una possibile resa visiva dell'idea, così come il tenere un taccuino su cui abbozzare liberamente mini-storyboard, schizzi e appunti pratici di realizzazione, le cosiddette "note di regia". Nonostante l'indubbia utilità dello storyboard, alcuni autori come David Cronenberg o David Lynch lo considerano una "gabbia" che limita la libertà espressiva della macchina da presa. Dopotutto ogni regista possiede un metodo lavorativo che rispecchia il proprio approccio al medium, e certi punti di vista comprendono pure il rifiuto dello standard. Bisogna ricordarsi sempre che la prima regola del cinema è che... non esistono regole. 48
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PRE - PRODUZIONE
Figura 18. Concept art di Luca Negri per il cortometraggio "I Maschi non Soffrono". Questa tavola raggruppa diverse varianti per due grafiche delle magliette indossate dalla protagonista del film.
La coerenza e la solidità della narrazione sono veicolate da qualsiasi cosa venga mostrata (o non mostrata) dalla macchina da presa. Per questo l'attenzione ad ogni aspetto della messa in scena è fondamentale per definire il mondo che si desidera rappresentare. Il mondo si plasma secondo l'idea dell'autore, ed è lui a decidere l'estetica del proprio prodotto. A questo obiettivo concorrono diverse fasi progettuali ed organizzative raggruppate sotto il nome di "Preproduzione", poichè consistono tutte nella preparazione alla produzione vera e propria, ovvero la fase di ripresa: a questo insieme di processi appartengono ad esempio la concept art, da cui si trae la realizzazione e/o la selezione dei costumi e degli oggetti di scena, la costruzione dei set e la ricerca delle location; inoltre vi è il casting e le prove di recitazione così come i test dell'attrezzatura e le prove di resa cinematografica. Questa fase può avvenire contemporaneamente alla stesura della sceneggiatura e dello storyboard, sebbene alcuni aspetti necessitino strettamente l'utilizzo dei due documenti. La concept art, ovvero l'illustrazione grafica di una qualsiasi idea, dal bozzetto di un accessorio speciale del protagonista a una grande scenografia a un 49
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti terribile mostro da realizzare in computer-grafica, solitamente viene realizzata a partire dalla stesura del soggetto se non ancora prima, affinchè possa ispirare pure la sceneggiatura. Il film è il risultato della visione del regista, ma contemporaneamente è un lavoro collettivo, che comprende maestranze di diversi e variegati ambiti: ognuno di loro è pronto a trasformare in realtà la storia che l'autore desidera narrare, eppure il regista deve essere in grado di far dialogare la sua autorità con il pensiero della sua equìpe e di saperne valorizzare le idee. In questo modo il regista assume il ruolo di leader di una squadra coesa, determinata e valorizzata.
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ANALISI ED ESEMPI In queste pagine si analizzeranno alcune microsequenze provenienti da diversi film, con un'attenzione particolare alla narrazione visiva applicata nelle tecniche di ripresa e nel montaggio. Si potrà notare, attraverso questi brevi esempi, la grande potenza espressiva del linguaggio cinematografico, e come i registi riescano ad utilizzarlo per strutturare una narrazione coinvolgente e emozionante.
Alien (1979) Regno Unito/USA, 117'. Regia di Ridley Scott. La narrazione cinematografica è, sinteticamente, un continuo gioco di cosa non mostrare, cosa mostrare e quando mostrarlo. La combinazione di questi tre aspetti può suscitare le reazioni più disparate a seconda della scena che si desidera raccontare. In "Alien" è estremamente importante il non mostrare il mostro che si nasconde nei corridoi dell'astronave Nostromo: in questo modo si ottiene una prolungata e snervante suspense, la quale combinata a lunghe inquadrature di ambienti intricati, profondi e scarsamente illuminati costringe lo spettatore a mantenere un costante senso d'allerta, trasmettendo quindi lo stesso stato d'angoscia che sta provando l'equipaggio della nave.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti Questa sequenza all'interno del film (da 1h 36' in poi) è perfettamente significativa sotto questo aspetto. Poco prima, la protagonista Ellen Ripley è scampata per un pelo all'incontrare l'essere alieno in questa parte della nave, che 0ra è costretta a riattraversare per raggiungere la navicella che la farà evacuare dall'astronave, negli ultimi minuti prima dell'autodistruzione.
In questa scena, molto intensa quanto semplice, lo spettatore è spinto ad analizzare ogni dettaglio di queste ampie inquadrature in piano medio o figura intera, che immergono la protagonista in un ambiente che è rappresenta una terribile minaccia ad ogni angolo e ombra.
In questa situazione di stress, ogni elemento sorpresa appare inaspettato e terrificante, come questo sbuffo di vapore proveniente da uno sfiatatoio, che crea una sorta di montaggio all'interno di un breve piano sequenza, poichè l'attenzione del pubblico viene spostato continuamente tra la protagonista e l'ambiente circostante. 52
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Il Silenzio degli Innocenti (1991) USA, 118'. Regia di Jonathan Demme.
"Si sieda", dice il dottor Hannibal Lecter alla giovane recluta Clarice Sterling. Lei, per non contraddire il folle criminale, si siede immediatamente. In questo modo la protagonista è costretta ad osservare il prigioniero dal basso verso l'alto, instaurando un rapporto di sottomissione evidenziato dall'angolazione verso il basso della macchina da presa nei suoi primi piani. Il campo e il controcampo sopra riportati sono due soggettive: Hannibal Lecter vede l'investigatrice dall'alto verso il basso, opprimendola. La soggettiva di Clarice invece non rispecchia la sua reale posizione spaziale, bensÏ la propria condizione mentale di totale assoggettamento, resa tramite un primissimo piano frontale leggermente inclinato verso l'alto e lo sguardo magnetico 53
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti dell'attore Anthony Hopkins rivolto verso l'obiettivo della cinepresa. In questo modo, lo stesso ipnotico rapporto di subordinazione viene trasmesso al pubblico, che instaura un contatto visivo ravvicinato a cui è impossibile distaccarsi, poichè la corta profondità di campo dell'inquadratura non mostra nient'altro se non quello.
Questo totale della scena mostra in maniera oggettiva e inequivocabile il rapporto instaurato tra i due personaggi.
Le Iene (1992) USA, 99'. Regia di Quentin Tarantino. Il cinema di Tarantino è interamente permeato di lunghe attese e climax vertiginosi, esplosivi. Questa scena del suo primo successo, "Le Iene", esemplifica perfettamente questa poetica della tensione. Mr. Blonde è stato appena lasciato solo dai suoi complici insieme a un poliziotto, Marvin Nash, tenuto prigioniero e già picchiato per farsi rivelare chi tra la banda sia l'infiltrato della polizia. Il bandito sfrutterà questo periodo di solitudine per rivelare la sua vera natura di sadico, torturando l'agente per puro piacere personale. Mr. Blonde temporeggia e dialoga per un po', minacciandolo anche con la pistola, ma questo non porta ancora a nulla, non vi è una svolta vera e propria, vi è solo aspettativa. Questa attesa viene mostrata con un lungo piano sequenza, interrotto talvolta da qualche primo piano del prigioniero. Con 54
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti l'ultimo stacco di ritorno sul piano sequenza, mr.Blonde rivela le sue intenzioni all'agente, lo imbavaglia e poi lo minaccia con la pistola. L'inquadratura non si interrompe per piĂš di un minuto, generando una tensione per qualcosa di cui non si ha ancora idea di come andrĂ a finire.
A questo punto, improvvisa e inattesa, avviene la svolta: stacco sul dettaglio dello stivale di mr. Blonde, da cui il criminale estrae un rasoio da barba.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti Da questo momento in poi avverrà un costante climax di tensione, che sfocerà con il taglio dell'orecchio di Nash. Il rasoio, infatti, non verrà utilizzato subito ma in seguito all'incalzare del brano "Stuck in the Middle with You", degli Stealers Wheel, su cui mr. Blonde improvviserà un balletto ridicolo quanto inquietante. Sull'utilizzo di questo specifico brano bisogna anche far notare l'utilizzo per questa scena della nota tecnica del montaggio per contrasto, che prevede l'esaltazione di una sensazione provocata dalla visione tramite il contrasto con una sensazione opposta, in questo caso un'immagine cruenta e spaventosa messa in relazione ad una musica gioviale e spensierata.
Shaun of the Dead (2004) Regno Unito/Francia, 99'. Regia di Edgar Wright. Passiamo alla commedia. Lo stile del regista britannico Edgar Wright prevede il massiccio utilizzo della comicità visiva, trasmessa attraverso tecniche di ripresa, montaggio, effetti speciali e talvolta anche musica: basti pensare alla celebre scena del suo ultimo film, "La Fine del Mondo", in cui i cinque protagonisti, consci di essere controllati a vista da una colonia di alieni mascherata da popolazione di una ridente cittadina inglese, eseguono meccanicamente qualsiasi azione - camminare, bere, parlare, ecc. - al ritmo del brano "Alabama Song" dei Doors, fingendo di non sapere dell'esistenza della minaccia che incombe su di loro, sperando in questo modo di cavarsela. "Shaun of the Dead" fa parte di una trilogia a cui appartengono anche i film "Hot Fuzz" e "La Fine del Mondo", scritti da Wright e dall'amico e attore Simon Pegg. La trilogia consiste in parodie di diversi generi cinematografici: fantascienza per "La Fine del Mondo", action/detective story per "Hot Fuzz" e horror per "Shaun of the Dead": nel film vediamo Shaun, un demotivato commesso di un negozio di elettrodomestici nella periferia di Londra, affrontare insieme ai suoi amici nientemeno che l'apocalisse zombie. Nella prima parte del film si mostra un articolato piano sequenza che illustra la routine mattiniera del protagonista, ovvero la consueta visita al minimarket vicino casa per comprare una bibita. 56
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Qualche scena dopo avviene lo stesso piano sequenza, ma l'atmosfera è completamente cambiata. Durante la notte è esplosa infatti l'apocalisse zombie, e i morti viventi hanno già devastato il tranquillo quartiere della periferia londinese. Shaun non si accorge di nulla, proseguendo tranquillo sulla sua strada, inciampando nello stesso punto in cui inciampa nello scorso piano sequenza, comprando la solita bibita, rifiutandosi di dare l'elemosina allo stesso vagabondo del giorno prima, che nel frattempo è diventato uno zombie, e tornando, come al solito, a casa. Saperne di più del protagonista solitamente è un espediente narrativo utile per creare suspense, come dovrebbe accadere in un normale film horror. In "Shaun of the Dead" questa strategia viene utilizzata in chiave comica: la scena che si crea con il piano 57
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti sequenza è totalmente surreale ed esilarante, e tutte le gag che lo compongono sono puramente visive e non hanno bisogno di un qualsivoglia dialogo o battuta dell'attore.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
LUCE NERA
Regia di Filippo Magrini. B/N, 4'44''. Con Chiara Bertoli, Jacopo Bongini, Marta Casalini, Marco Mezzocapo, Luca Negri, Federico Tenti. Musiche di Marius Arcioni.
Sinossi Una ragazza si risveglia di soprassalto, per terra, in un bagno: la testa le gira, non ha memoria di quanto successo la notte precedente. Attraverso un percorso a ritroso, ricostruirĂ a mano a mano una terrificante vicenda fatta di alcol, personaggi inquietanti e satanismo.
La Genesi Il film "Luce Nera" fa parte di una serie di cortometraggi col tema del nichilismo, diretti da Jacopo Bongini, Filippo Magrini e Luca Negri. Tutti i tre film costituiscono progetto di tesi dei rispettivi autori, a dimostrazione di un percorso di studi collettivo incentrato sull'arte cinematografica. Il desiderio di portare un progetto coordinato per le proprie tesi di laurea nasce intorno al gennaio 2015, quando si iniziò a pensare ad un soggetto che avrebbe soddisfatto i tre rispettivi campi di ricerca. La prima idea fu di realizzare un mockumentary, un finto documentario ispirato a "Lost in La Mancha" di Keith Fulton e Louis Pepe (2002), in cui si narrava la nostra personalissima impresa 60
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti fallimentare di realizzare un kolossal. Il nome in codice del progetto era "Lost in La Spezia". Ironia della sorte, dopo pochi mesi di scrittura si accantonò il progetto in favore di qualcosa che avrebbe dato ad ognuno un'eguale opportunità di mostrare la propria visione. Il progetto precedente, infatti, prevedeva una precisa divisione di incarichi, svalutando l'essenza autoriale di ogni componente del trio. Si optò quindi per una serie di cortometraggi, più brevi del progetto collettivo, a tema condiviso. Per garantire l'imparzialità nella scelta del tema, questo onere fu affidato ad un esterno al trio, un'esterna in questo caso: Marta Casalini, già collaboratrice del trio in diversi progetti, tra cui il cortometraggio "I Maschi non Soffrono". Scelse il nichilismo. Era ormai settembre 2015, ognuno cominciò a sviluppare il tema in una sceneggiatura. Il soggetto attuale non fu la prima idea che mi venne in mente: dapprima infatti
scrissi
una
sceneggiatura
completamente
diversa
dall'attuale,
ambientata in un mondo medievale intrappolato in una costante notte. Erano già presenti tuttavia diverse soluzioni estetiche e narrative utilizzate nella versione attuale del film. Il buio della notte ispirò anche il titolo dell'opera, "Luce Nera", un ossimoro che suggerisce un sovvertimento dei canoni e dei valori. Dopo circa due mesi scartai la sceneggiatura, non mi soddisfaceva la piega moraleggiante che assunse il progetto, specialmente sul finale. Decisi quindi di riscrivere tutto da capo, partendo da un soggetto completamente diverso. Intorno all'inizio di dicembre 2015 completai la sceneggiatura e lo storyboarding; le riprese sono avvenute sabato 9 gennaio 2016 a Milano. Il titolo è rimasto invariato, poichè lo trovavo consono pure al nuovo soggetto e alle sue tematiche, molto simili all'idea precedente.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
NOTE DI REGIA
Figura 19. Una pagina di storyboard preliminare.
"Luce Nera" è il risultato di una ricerca estetica e narrativa cominciata solo da poco, con il cortometraggio "I Maschi non Soffrono", dopo anni di sperimentazione in diversi progetti audiovisivi. Ho voluto narrare una trama abbastanza semplice e surreale, circondando la protagonista
da
un
continuo
straniamento
dalla
realtà
che
sfocia
nell'allucinazione dell'ultima scena, in cui la ragazza del presente vede sé stessa nel passato commettere il "peccato" che probabilmente la segnerà per molto tempo. Non sono familiare con il mondo del satanismo, non ne conosco i riti e le consuetudini, nè penso che i personaggi del film lo siano veramente: il loro obiettivo è più far compiere una specie di rito di passaggio alla ragazza, la quale, ubriaca fradicia, non comprende assolutamente cosa stia accadendo. Solitamente il mondo del satanismo viene associato ad alcune sottoculture giovanili quali il movimento goth o alcuni sottogeneri dell'heavy metal: ho evitato questo stereotipo sin dal principio, mostrando una combriccola di
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti giovani altolocati, con maschere che rievocano famose scene di "Eyes Wide Shut" di Stanley Kubrick (1999). La macchina da presa viaggia tra passato e presente in un flusso costante e disorientante. Il cortometraggio si apre con una sequenza onirica, in cui si mostrano tutte i dettagli chiave della narrazione: il ciondolo, la messa nera, l'alcol. Questi brevi flash sono intervallati da un dettaglio macro sull'occhio della protagonista, che spalancato esegue dei movimenti meccanici e repentini. Con questa ripresa ho voluto contemporaneamente rappresentare la confusione mentale della ragazza, che è costretta a riordinare nella propria testa ricordi sconnessi e sconosciuti, e mostrare il "Rapid Eye Movement" dell'omonima fase del sonno. Dopo essersi risvegliata ed alzata a fatica (si nota già che le manca una scarpetta), la ragazza nota una bottiglia di vodka abbandonata sul bordo della vasca da bagno. La visione rievoca quindi un piano sequenza che percorre a ritroso i passi della ragazza, concludendosi in un carosello di immagini che si susseguono ininterrotte, tra di esse una soggettiva della protagonista, che viene assalita dai flash delle macchine fotografiche che tentano di immortalare lo stato pietoso della malcapitata. Tramite questo montaggio vorticoso e serratissimo ho voluto trasmettere lo stesso senso di nausea e la confusione della profonda ubriacatura della protagonista, la quale vede il mondo come se fosse un tunnel degli orrori. Ancora non si comprende realmente cosa sia successo di preciso quella notte, ma si lascia ad intendere che ci sia ancora molto da scoprire. Il falso piano sequenza si interrompe con la caduta della ragazza: in questo momento perde una scarpetta. Si ritorna al presente, la ragazza recupera la scarpetta ma nota che c'è qualcosa di strano sulla sua faccia: del colore nero. Con un secondo falso piano sequenza si passa ad un secondo flashback e successivamente di nuovo al presente, dove la protagonista, allo specchio, scopre di avere dei simboli satanici disegnati a pennarello sulla guancia. Ho voluto mostrare il panico che ne segue con varie sovrapposizioni della stessa immagine.
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti La scena successiva ha un'impostazione narrativa più classica. La tranquillità della rappresentazione crea un distacco netto con la scena precedente, tanto da suscitare il sospetto che debba succedere qualcosa da un momento all'altro. Si alimenta così una tensione, nel susseguirsi delle inquadrature, che va a sfociare inaspettatamente non con la scoperta di cosa ci sia oltre la "misteriosa" porta, bensì con lo svenimento della ragazza. Una soggettiva sfocata della ragazza a terra rivela successivamente l'interno della stanza: i contorni sono vaghi e irriconoscibili, non si distinguono nettamente le forme. Sovrapposta alla soggettiva, improvvisamente, una visione della sera passata, ma anche in questo caso è impossibile comprendere cosa stia succedendo. La ragazza chiaramente non si sente bene, ha le visioni, tant'è che poco dopo vede entrare in scena una sé stessa del passato, introducendo un altro flashback: la messa nera. L'intera scena della "messa nera" è stata ripresa con un unico piano sequenza, con molti movimenti improvvisati. Il piano sequenza è stato successivamente montato per mantenere soltanto i momenti salienti della scena e velocizzato del 150% per aggiungere più frenesia. La macchina da presa segue a mano l'azione senza costrutti nè preimpostazioni, assumendo un tono quasi documentaristico. Con un raccordo di movimento sul lancio del ciondolo, si ritorna al presente, dove nell'ultima scena si mostra un enigmatico "falso dialogo" di sguardi tra la ragazza del presente e una misteriosa ragazza del passato, che guarda in camera con un tono quasi di sfida.
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Fotogrammi dal cortometraggio
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Allegato: Estratto dalla sceneggiatura di "Luce Nera" SCENA 5. Casa, interno, notte. 1°Flashback, parte 3 Figura intera, la ragazza cade per terra. La testa è tagliata
fuori
dall'inquadratura,
ha
perso
una
scarpa
nella caduta. Strisciando ed incespicando, si rialza. Gli altri ospiti sono indifferenti, gli stessi personaggi di prima le scattano a ripetizione foto col flash. Appena la ragazza sta per rimettersi in piedi, la mdp si sposta su un
dettaglio
a
piombo
della
scarpa.
INCLUDERE
STACCO
NASCOSTO per il cambio di luce da notte a giorno. SCENA 6. Casa, interno, giorno. Il PIANO SEQUENZA continua da prima. TEMPO PRESENTE La ragazza ritrova la scarpa e la indossa senza chinarsi. Dettaglio
delle
gambe
dal
busto
in
giù,
mdp
altezza
volto. La mdp si sposta in tilt verso un primo piano di profilo della ragazza (guancia dipinta nascosta), che si massaggia la testa e la guancia. Sentendo un attrito strano
sulla
guancia
nascosta,
abbassa
la
mano
e
la
osserva. La mdp si sposta da PP del volto a particolare della mano, che ha le dita sporche di colore nero. TILT VELOCE - STACCO NASCOSTO -> SCENA 7 SCENA 7. Casa, interno, notte. 2°Flashback, parte 1 Il PIANO SEQUENZA continua da prima. TILT VELOCE su PP della ragazza, che viene stretta sulla guancia visibile dalla
mano
divertita,
di
un'adepta.
l'adepta
ha
La una
protagonista faccia
è
oltremodo
spiritata,
bocca
inespressiva, occhi sbarrati e volto completamente teso. Con l'altra mano sta disegnando con un pennarello sulla guancia nascosta della ragazza. La ragazza non sembra consapevole di quello che sta succedendo. Appena l'adepta 66
Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti termina di disegnare sulla guancia, lascia la presa con l'altra mano e si allontana off-screen a dietro. La mdp ruota attorno alla ragazza molto velocemente -> STACCO NASCOSTO SU SCENA 8 SCENA 8. Casa, interno, giorno. Il PIANO SEQUENZA continua da prima. STACCO NASCOSTO -> Dettaglio
della
inquadrano
le
guancia
della
guancia
croci ragazza.
disegnata.
rovesciate
in
Panoramica,
Finalmente pennarello
la
ragazza
si
sulla si
sta
guardando allo specchio spaventata. E' chiaro che non ricordi molto della notte precedente. Tenta di cancellare i disegni con la mano. STACCO SU -> Scena 9
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Visual Storytelling | Il Sogno ad Occhi Aperti
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